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Autore: Oggetto: Ieri, i perchè, ed il monito d'un sacrificio.

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 20/04/2005 alle 10:59
Ieri, abbiamo assistito ad un’altra pagina dello squallido teatrino dell’ipocrisia che coinvolge lo sport sul tema doping: l’ha riportato qui, Salite, ma vedo che non è stato molto notato.....
Ieri, abbiamo visto dirigenti che sanno benissimo, da sempre, tutto ciò che c’è e che sono stati, loro stessi, fautori di quella funzionale e flagellante metodica; abbiamo avuto un altro segno di quegli assistenti giornalisti, pronti a render cassa di risonanza, con lo scopo di farla diventare cementazione di salvezza, per il piatto sul quale mangiano a iosa, dimenticando il valore trainante della loro funzione; abbiamo di nuovo ascoltato un magistrato che porterà dietro di sé il sospetto di egocentrismo e dell’opportunismo, ma che non è paragonabile a nessun altro per studi sul tema e coerenza anche di fronte ai potenti; abbiamo subito la falsa indifferenza della politica, tutta, sempre pronta, da una parte a coprirsi da perfetta “paraculo” (come nel gergo si usa dire) e, dall’altra, lavorare dietro le quinte, attraverso i propri rampolli portaborse, magari con incarichi sportivi, al fine di salvare i rispettivi “uccelli di richiamo”.
Ieri abbiamo capito, quanto si possa usare uno stratagemma, poggiato sulle possibilità anche infime lasciate dalla scienza, per non colpire il calcio; abbiamo letto quanto conti questa ex disciplina sportiva, sugli equilibri del vetusto, inutile, CONI (se deve esistere un organismo autonomo di governo dello sport, non è questo carrozzone funzionale alla politica ad esserlo); abbiamo notato come si cerchi immediatamente di sopire la scheggia impazzita che ha osato rompere quel muro ipocrita, per il quale il più grande e popolare campione dello sport italiano, è stato assassinato come capro espiatorio ed agnello sacrificale.
Ieri, sono venuti tanti echi dal lercio, sporco, vergognoso mondo sportivo, in degna sincronia con la perfida politica, più o meno attuata da tutti i partiti di evidenza di una società, basata sulla libera volpe nel libero pollaio (sentirete spesso da me menzionare questa massima che, più mi invecchio, e più vedo come conciso riassunto delle società cosiddette liberiste).
Certo, la passione per quella che ho sempre definito una forma d’arte, non si scardina di fronte a questi infausti passaggi, ma resta la rabbiosa e atroce consapevolezza dell’essenza.
Ed in un quadro simile, non potevo che ricadere sulla tragedia che si lega siamese a questo turbine di vergogne, a quel campione torturato ed ucciso, pian piano, sull’altare di uno status che, sulla spinta del suo sacrificio, cerca di risalire su un trono sempre più odioso. Quel campione di nome Marco e di cognome Pantani, che ho avuto la fortuna di conoscere mentre dipingeva istintivamente toccandomi il cuore e che mai dimenticherò come stella lucente della mia vita; quel giovane il cui tratto dimostra quanto possa essere perfido l’uomo, nel momento in cui tocca il suo diavolo peggiore: l’ipocrisia.
Ed il Caso di Marco, pesa come un macigno sui volti che incontriamo con le vesti di chi vuole raccontare o testimoniare qualcosa. Una spada che vivrà perenne sulle infinitesimali coscienze di qualcuno e che grava come uno sfregio profondo, sull’immanenza e la passione di chi vuole veramente amare lo sport. Già, quella forma d’arte per la quale ho dato una fetta forse troppo grande della mia vita e che oggi vedo come una lucciola quando prima brillava come il Sole.
Voglio ricordarlo con una disamina, che sento come un monito quotidiano, scritta da una persona che ogni tanto fa capolino qui, Maria Rita (Donchisciotte) , una donna di cultura che trovo così condivisibile, da strapparmi le ennesime lacrime. Sarà perché lo sport l’ho conosciuto anche in altra veste, ma la vicenda di Marco continuerà a farmi scendere quel liquido dagli occhi per il resto dei giorni che mi mancano all’irreparabile. La consapevolezza e la tragedia sublimate nella passione e nella conoscenza, d’altronde sono terribili se si possiede un minimo di sensibilità.
A quello che leggerete, aggiungerei solo certi particolari dell’impiccagione di Madonna di Campiglio, tratti di cui parlerò prima o poi.

Intanto, un amaro “Chapeau” a Maria Rita.


IL CAPRO ESPIATORIO – 18- CONTINUA.

IL RITUALE VITTIMARIO: IL CASO MARCO PANTANI


Questa è una puntata speciale di Approfondimenti, Il capro espiatorio: il caso Marco Pantani.

Sospendiamo la cronaca giudiziaria ( per riprenderla nella prossima puntata) e guardiamo la vicenda di Marco da un altro punto di vista, forse il più importante, visto che ho la convinzione che nella creazione di Pantani come capro espiatorio dello sport italiano moltissimo c’entri la storia del Prof. Francesco Conconi.

Spero si tenga presente la premessa di questo mio discorso, l’analisi di Girard sul capro espiatorio( vedi prima puntata di Approfondimenti): la necessità dell’olocausto nasce quando c’è una situazione di grave disagio e conflittualità in una comunità, solo allora serve un capro espiatorio,lo si differenzia miticamente dagli altri membri della comunità e si concentra su di lui il disagio, il conflitto, il male da cui, perciò, la comunità viene liberata .Il capro espiatorio non può che essere chi , precedentemente, è stato oggetto dei massimi onori. L’unanimità della condanna presuppone il precedente, unanime consenso.


Seguiamo la vicenda di Conconi sul giornale Repubblica ( per una ragione pratica- ho comprato, anni fa, l’archivio di Repubblica in cd rom- e per una ragione di contenuto: per il discorso che farò, un giornale dichiaratamente di centrosinistra è maggiormente indicativo).

Fissiamo, per comodità, una data simbolica: il 1996 .

Durante il Giro d’Italia si verifica l’oscuro episodio del blitz fallito dei Nas, il blitz fallisce perché qualcuno ( e tra gli indagati c’è un esponente di primissimo piano del gruppo dirigente- organizzativo del ciclismo, non diciamo il nome perché non so come l’indagine sia finita) avverte i direttori sportivi delle squadre dell’imminenza della perquisizione e, quindi, tutti si liberano dei prodotti dopanti di cui disponevano.

In realtà , nel 1996, il ciclismo non aveva il seguito che avrà nel 1998/99, lo scandalo del doping nel calcio non era ancora scoppiato, nessuno reclamava che il ciclismo sacrificasse qualcosa per salvare lo sport italiano: non esisteva la necessità, perciò l’iniziativa del magistrato che ordina il blitz è bloccata sul nascere, dallo stesso ambiente ciclistico.

Il Prof. Conconi, prima vice e poi rettore dell’Università di Ferrara, studioso geniale e anticonformista, privo dei tratti seriosi dei baroni universitari, ciclista praticante, modi simpatici , è un personaggio già molto chiacchierato. Ha ammesso di aver praticato l’autoemotrasfusione prima che il Cio la dichiarasse pratica illegale ma si sospetta che abbia smesso solo quando questa tecnica viene superata dall’utilizzazione di una sostanza ( l’Epo) molto più potente, da lui studiata per fini terapeutici: ma uno scienziato ha sempre curiosità ulteriori.

Ad aprile 1996 l’Ulivo vince le elezioni, Prodi, molto amico di Conconi, pensa di nominarlo , nel suo governo, sottosegretario con delega allo sport. Sulla Repubblica esce un articolo contrariato di Gianni Mura, la contrarietà è dovuta soprattutto al fatto che Conconi non avrebbe la necessaria esperienza per questa carica.

Alla fine del 1996 esce , sulla Gazzetta dello Sport ( come mai non su Repubblica?), un articolo che rende pubblica l’esistenza di un dossier DI DUE ANNI E MEZZO PRIMA , preparato da Sandro Donati, membro della Commissione scientifica del CONI , in cui si denunciava la diffusione capillare dell’Epo nello sport e il ruolo di Conconi e della sua équipe in questa diffusione, Donati chiedeva l’intervento della magistratura. ( a cosa serviva? Bastava interrompere allora i finanziamenti a Conconi ……). Il dossier giace per due anni e mezzo nei cassetti dei dirigenti del Coni ( cioè, presumibilmente, dai primi mesi del 1994) fino alla pubblicazione della Gazzetta dello Sport.

A quel punto lo scandalo non può essere ignorato e Repubblica segue le indagini del Coni, le prime perquisizioni a Ferrara, il tono è, tuttavia, moderato rispetto a quello che vedremo qualche tempo dopo, in pochi mesi ,dell’indagine su Conconi non si parla più.

Tanto che il 7 giugno 1998, Repubblica, in occasione della cronometro di Lugano al Giro che sarà vinto da Pantani, manda Marco Marozzi a seguire la corsa in casa Prodi,presidente del Consiglio.

Nell’articolo si parla di Conconi come amico e compagno di pedalate di Prodi. Conconi viene definito “ medico sportivo famosissimo, ulivista tifosissimo”, senza alcun accenno al dossier di Donati e alle indagini che non si sono concluse.

Il 19 luglio 1998 , viene intervistato dal giornale sullo scandalo doping al Tour, in qualità di Presidente della Commissione medica UCI ( senza accenni all’indagine giudiziaria).

Ma tra la fine di settembre e i primi di ottobre 1998 va in crisi il governo Prodi, tanto che il 9 ottobre si verifica la caduta del governo stesso.

Su questo sono stati scritti fiumi di inchiostro ( soprattutto sui sospetti sul ruolo di D’Alema nella caduta di Prodi per poterlo sostituire, cosa che, in effetti, accade), è un fatto che , nell’Ulivo, tutto ciò che è prodiano diventa , in qualche modo, nemico.

Non bisogna avere l’ingenuità di credere che il potere funzioni secondo strategie occulte razionali, elaborate e messe in atto intenzionalmente attraverso ordini espliciti, non sempre è così, spesso il potere funziona per inerzia, per sussulti, per impulsi irrazionali, per segnali, per eccessivo zelo di qualche portaborse, forse non c’è un disegno , un piano, un complotto ma, a un certo punto, ciò che è prodiano, dentro l’Ulivo, diventa attaccabile, il segnale è che “si può fare”, il fine è consolidare e legittimare il “dalemiano” ( che governa , legittimamente dal punto di vista costituzionale, ma senza essere confortato dal voto degli elettori che avevano votato Prodi).

Fatto sta che c’è una coincidenza di date, nei primi giorni di ottobre va in crisi il governo ( il 9 ottobre cade), il 2 ottobre Repubblica ricorda, dopo quasi tre anni, il dossier Donati e i finanziamenti del Coni a Conconi, in quel dossier, ricorda il giornale, Francesco Conconi e Michele Ferrari ( collaboratore poi divisosi da Conconi) sono indicati come il punto di partenza del doping in Italia.

Il 4 ottobre il linguaggio si fa pesante, le accuse non sono più sospetti ma certezze, sentenze di condanna già pronunciate, Emanuela Audisio inizia ad usare espressioni insultanti, senza alcuna remora: definisce Conconi “ il Professor sangue”, sono passati solo quattro mesi da quando veniva definito famosissimo professore.

Il 30 ottobre 1998, Conconi e Pescante ricevono l’avviso di garanzia , l’indagine giudiziaria, sotterranea dal 1996 all’ottobre 1998, esplode con virulenza.

Non perché prima non ci fosse lo scandalo ma perché solo quando l’esplosione dello scandalo è funzionale ai rapporti di forza all’interno del “potere” lo scandalo può scoppiare, mai prima.

Perquisizioni a Ferrara, perquisizioni e interrogatori di atleti, soprattutto ciclisti, inizia un incalzare incessante di nomi, eppure ,MAI, in più di due anni di numeri di Repubblica consultati, viene sfiorato quello di Pantani .

E’ vero che l’indagine è all’inizio, che nulla si sa ancora (ufficialmente) del file che diventerà famoso, ma i nomi degli altri vengono fatti, se si cita un medico indagato si scrive di chi è medico.

Tutti sanno che fra i collaboratori di Conconi c’è il Dott. Grazzi , medico della Carrera del 1994/96, presto Grazzi entrerà fra gli indagati ma Repubblica non dice MAI i nomi Pantani e Carrera. Pantani è ancora la gallina dalle uova d’oro del ciclismo, è presentato come il simbolo del ciclismo pulito, quello che ha salvato il Tour del 1998, il silenzio è assoluto.

I primi nomi sono quelli dei corridori della Gewiss-Ballan di Riis su cui si dice ogni particolare sull’epo, sui valori di ematocrito, sembra non esistere segreto istruttorio, la sentenza che condanna è pronunciata sui giornali.

Ma in pochi mesi l’intero mondo del ciclismo è oggetto di perquisizioni e interrogatori: Gotti, Axel Merckx, Savoldelli, Tonkov, Cipollini, Chiappucci, Bartoli, Bugno, Fusi e tanti altri : vengono rivelati valori di ematocrito, le indagini si intrecciano ( quella di Ferrara, quella sulla farmacia dei Giardini Margherita a Bologna), il ciclismo, fra gli sport, è il più bersagliato ( visto che solo dei ciclisti si conoscono i valori di ematocrito) ma vengono fuori anche nomi di altri sportivi seguiti da Conconi.

Mai quello di Pantani.

Eppure , mentre i ciclisti coinvolti esibiscono una finta tranquillità e esprimono la loro tensione in forme private, l’unico che esce allo scoperto per denunciare l’accanimento sui ciclisti è colui che si sente, e viene considerato dagli altri, il capo del branco: Marco Pantani.

Il 29 gennaio 1999, Pantani rilascia una rabbiosa intervista, il cui titolo su Repubblica è: Pantani si ribella,non siamo delinquenti.

Nell’intervista Marco è, come sempre, attento e profondo: il problema del doping, dice, non si risolve andando a scavare qua e là. Serve una ricerca scientifica seria, mirata e finanziata dal CIO, metodi veri, non perquisizioni casuali.

In quel periodo Conconi ,che ha una sincera curiosità e genialità scientifica, sta studiando il metodo per trovare l’epo ai controlli.

Il 4 aprile 1999 Francesco Moser dichiara: l'epo la prendono tutti.

Il ciclismo non è il solo sport a cadere nella polvere, il calcio è sempre più nel mirino per il doping e le indagini su Conconi fanno emergere responsabilità pesantissime del Coni e dei suoi dirigenti

Abbiamo già visto nelle precedenti puntate come , sommersi dallo scandalo e dalle indagini, i dirigenti del Coni rispolverino frettolosamente il prof .Donati ( da sempre tenuto ai margini dell’attività dell’ente) a cui affidano il progetto “Io non rischio la salute” per ridare al massimo organo di governo dello sport un minimo di credibilità e di respiro.

Abbiamo visto il fallimento della campagna a causa del rifiuto degli atleti e delle federazioni di aderirvi, a quel punto il ciclismo ( e la FCI che, politicamente, sono notoriamente schierati) diventa indispensabile. La FCI accetta i controlli del Coni ( anche se i ciclisti sono gli unici atleti a sottoporsi già ai controlli dell’UCI), i corridori si ribellano ( naturalmente allo scoperto esce solo Pantani al Giro 1999).

La campagna “Io non rischio la salute” , fallita, non basta più,emerge con chiarezza la necessità di un segnale fortissimo, che restituisca credibilità al Coni e, soprattutto, ai suoi dirigenti, che mostri la volontà di colpire anche “gli dei”, un segnale di rinnovata pulizia perché lo scandalo perda visibilità e tutto possa continuare come prima, lo scandalo deve concentrarsi su uno solo: un capro espiatorio, popolarissimo ma appartenente a uno sport poco importante per il Coni: il ciclismo professionistico che vive di sponsor, un ciclismo che, grazie a Marco, ha tolto sponsor e visibilità ad altri sport, ha modificato i rapporti di forza fra le federazioni, il ciclismo deve immolare il suo rappresentante più grande per salvare lo sport italiano ( e i suoi dirigenti). La FCI eseguirà questo compito accettando tutto, proclamando che la generazione dei Pantani deve sparire, non protestando mai per blitz, perquisizioni, intercettazioni ambientali, calunnie ad atleti morti ( vedi caso
Zanette) che non potrebbero mai verificarsi negli altri sport con l’assenso delle Federazioni ( basta vedere la reazione della Federazione nuoto appena vengono sfiorati i suoi atleti….).

I blitz non falliscono più, gli “avvisi” provvidenziali non arrivano più.

Il momento richiede il massimo della visibilità dello scandalo sul ciclismo e su Pantani e il meccanismo a tempo funziona, come sempre, come per tutti gli scandali.

Il 5 giugno 1999, a Madonna di Campiglio, il capro espiatorio è immolato.

E ancora una volta il potere dà un segnale: il capro espiatorio deve essere sacrificato con ferocia, deve assorbire tutto il male del doping in Italia, deve diventare il dopato d’Italia: e lo diventa.

Il nome che non è stato mai fatto ( quando serviva non farlo) viene offerto al pubblico ludibrio: il 12 giugno 1999, per la prima volta, Repubblica parla del Dott. Grazzi come del medico della Carrera di Pantani.

A titolo di esempio , guardiamo come il 20 novembre 1998, quando Pantani era lo sport pulito, il sito di Capodacqua annunciava ulteriori avvisi di garanzia dell’inchiesta di Ferrara ( notare i nomi degli atleti, loro vengono citati, e come viene presentato Grazzi).

“Gli ultimi sviluppi dell' inchiesta condotta dal Pm Pierguido Soprani giungono dopo che tre settimane fa vennero fatte una serie di perquisizioni, tra cui quelle delle abitazioni del prof.Francesco Conconi, del suo ex allievo Michele Ferrari e dell' ex presidente del Coni Mario Pescante. Gli ultimi avvisi di garanzia hanno raggiunto, oltre al dott.Mazzoni: altri due ferraresi, il biologo Ilario Casoni e Giovanni Grazzi che di Conconi è collaboratore stretto; il belga Jean Vanmol, preparatore di ciclisti, fra cui Chioccioli e Museeuw; il padovano Fabio Schiavo, ex allenatore di Francesca Delon; il funzionario del Coni Michele De Lauretis; l' ex campione di decathlon ed ora medico sportivo Daniele Faraggiana; Carlo Santuccione, preparatore atletico, fra gli altri, del ciclista Rodolfo Massi; Luigi Cecchini, preparatore di Bartoli e Luperini; Jakob Lechthaler, massaggiatore della Federazione italiana di canoa."

Dopo Campiglio, per Capodacqua , diventa “risaputo che la Carrera e Pantani erano seguiti da Conconi fino al 1995” ( risaputo? Non certo leggendo Repubblica….).

Il 10 giugno 1999 ( cinque giorni dopo Campiglio), inizia l’indagine di Guariniello sull’incidente alla Milano- Torino, poco dopo la situazione di Pantani (vedi www.sportpro.it) diventa quella di chi è indagato già da tre procure ( e solo per lui il giornalista ipotizza il reato di illecito sportivo, mentre il PM Soprani che indaga sul caso Conconi manterrà fermissima la linea degli atleti solo testimoni al processo. TUTTI GLI ATLETI TESTIMONI, NON ALCUNI TESTIMONI E ALTRI IMPUTATI).

Ecco, poco dopo Campiglio, quanto riportato da Capodacqua:

“Ma i guai di Marco Pantani non finiscono con l’inchiesta del pm Guariniello a Torino. Il Pirata è uno dei personaggi di spicco che figura, infatti, anche nell’inchiesta del pm di Ferrara Pierguido Soprani. Il suo nome è uno delle centinaia di illustri firme dello sport italiano che nel corso degli anni ’90 hanno frequentato il centro di Ferrara diretto dal professor Conconi. Inn questo caso l’ipotesi di reato potrebbe essere quella di illecito sportivo. Su Pantani indaga anche la Procura di Trento subito dopo l’episodio di Madonna di Campiglio.”

In pochissimo tempo l’esempio di sport pulito è indagato già da tre procure ( alla fine saranno sette), quando ci si chiede come mai Pantani abbia iniziato subito a cercare di contenere la sua depressione con la cocaina, si faccia attenzione alle date e all’enormità di quanto accade. Quando, frettolosamente e ipocritamente, si dice che, in fondo, era stato condannato solo a 15 giorni di sospensione e che volendo poteva continuare a correre già al Tour, si faccia attenzione alle date e a quello che succede: già meno di una settimana dopo Campiglio Pantani era perduto, massacrato da una gogna pubblica scattata come un meccanismo a tempo.

Questa lunga, ma necessariamente lacunosa , ricostruzione dei fatti vuole far riflettere sul fatto che in un SISTEMA sportivo dopato, è il potere a decidere chi, come e quando mettere alla gogna, chi, come e quando indicare come esempio di pulizia. E’ semplicemente un gioco delle parti il cui unico scopo è preservare il sistema stesso e le uniche motivazioni del gioco sono quelle del potere,perché in ogni ambito del reale si rappresentano niente altro che i rapporti di forza di un sistema sociale.

Pantani lo aveva capito e ne è stato psicologicamente schiacciato.

Alla fine della vicenda Conconi, guardiamo cosa è realmente accaduto: Conconi è stato assolto ( questo conta, non le motivazioni della sentenza e la prescrizione), la sua carriera non è stata sfiorata dallo scandalo ( non ha mai cessato di essere rettore dell’Università di Ferrara, professore universitario e ricercatore); i dirigenti del Coni coinvolti nell’inchiesta ( tutti prosciolti e assolti) sono ai loro posti di potere, nemmeno scalfiti da anni di protezione e finanziamenti del doping, la FCI è ancora intatta ( e per difendere Ceruti si muove l’Ulivo con un’interrogazione parlamentare sui metodi duri degli inquirenti), i giornalisti sono tutti lì e qualcuno ha fatto carriera, pochissimi ciclisti hanno avuto ripercussioni sulla loro carriera ( erano personaggi troppo piccoli,compreso Cipollini, per divenire capri espiatori).

Il ciclismo è rimasto anni sotto la tempesta ma manteneva spettatori ( e sponsor) grazie a Pantani. Adesso non c’è più bisogno di tempeste ( il caso Conconi è finito, la Juventus è innocente, solo il medico è un po’ bizzarro, i dirigenti dello sport hanno salvato le poltrone), certo ci è scappato il morto ( ma, si sa, il capro espiatorio muore) ma adesso è il momento di pensare a far tornare spettatori e sponsor , altrimenti si perde potere e denaro, perciò torna il tempo della favola del ciclismo pulito ( esempio : visto la rapidità con cui è sparita dai giornali l’indagine di cui faceva parte il blitz al Giro 2004? Beh, sono coinvolti la FCI e qualche compagno di stanza su cui è bene non soffermarsi…..).

Il potere è un meccanismo a tempo. Ma su tutto regna l’ipocrisia.

Nel 1997 , Marco Pantani , in un’intervista televisiva a Gianni Minà, parlando del doping diceva testualmente: E’ tutto alla conoscenza di tutti……….

In questo gioco delle parti, aveva ragione lui………

Donchisciotte

 

[Modificato il 20/04/2005 alle 11:07 by Morris]


 
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Livello Sean Kelly




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Registrato: Oct 2004

  postato il 20/04/2005 alle 11:24



Sono allibito!!!!

 

[Modificato il 20/04/2005 alle 12:11 by Admin]


 
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Livello Mondiali




Posts: 136
Registrato: Feb 2005

  postato il 20/04/2005 alle 13:46
Morris,
conosci il sito www.comedonchisciotte.org ?

E' il mio preferito (naturalmente dopo cicloweb). Loro sicuramente
pubblicherebbero molto volentieri questo articolo.
L'informazione non manipolata va diffusa il più possibile !



 
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Livello Ferdy Kubler




Posts: 422
Registrato: Jan 2005

  postato il 20/04/2005 alle 14:01
Morris sei un grande

Purtroppo la morte di Marco è una ferita ancora aperta per tutti gli amanti di questo sport

 
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Livello Tour




Posts: 229
Registrato: Apr 2005

  postato il 20/04/2005 alle 14:40
mi viene da dire..meglio non commentare va´...
certo che e´ cosi´. tutti lo sanno. solo qualche ingenuo crede ancora alle favole alla pane e marmellata...glielo fanno credere, con i controlli, con le campagne, con le autotassazioni...e il pesce abbocca..

soldi -sponsor-mercato-potere. il giocattolo si/lo facciamo rompere? nessun problema, c´e´ ne sono altri 100 pronti..il segreto e´ nel cercar di cavalcare l´ onda..

marco, purtroppo, non c´e´ riuscito.

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 20/04/2005 alle 15:54
Cari ragazzi, il grande non sono io, ma Maria Rita, qui come altrove Donchisciotte, autrice del blog http://pantani.splinder.com, che vi invito a leggere e dal quale è stato tratto l’intervento di cui sopra.
Il mondo del web è enorme ed è facile perdere, o non trovare, delle disamine acute come la sua.
Quando si trovano, o ti vengono, come in questo caso, attraverso un colloquio epistolare, si può essere solo grati di aver conosciuto una persona, così capace di giungere ad una lucida esposizione di fatti incancellabili, che continueranno a pesare sulla lista di chi s’è macchiato con le vesti del boia. Sul web si può cancellare, sulla carta stampata no, e sono proprio questi contenuti ad impedire a certi signori, di togliersi dal collo il fiato degli assetati di giustizia. E’ Il mio scopo: ho fame di chiarezza e di verità e non avrò pace fino a quando non sarà sgretolata una fetta di quel muro ipocrita, richiamante silenzio o deviazione, messo in atto da taluni troppi.
La storia non si cancella anche quando è cruda e perfida, deve insegnare, sempre, chi cerca di trasformarla o snaturala, non è storico, ma semplicemente delinquente.
Maria Rita è una collega che ha l’acume dettato da studi che aiutano a formulare dossier, e se appare fastidiosa a qualcuno, significa che ha colpito nel segno. Sono onorato di pensarla come lei, ed il mio contributo è solo un rafforzativo dettato da anni di protagonismo di campo, orizzontale a tante discipline sportive. Quando facevo politica avevo gli stessi idiomi, fortunatamente li ho mantenuti. Morirò povero ed incallito, ma non mi sento vipera e non è poco, visto il mare di serpentelli che pullulano nella società e, parimenti, nello sport.
Non c’è interesse di barbaro danaro (per chi crede in Dio, perfetta uccisione di Cristo), che valga la vita di un uomo.
Non c’è intellettuale che possa spiegare quanto il suicidio voluto o indirettamente cercato nel lasciarsi andare all’umana parte non tornacontista dell’uomo, non sia spesso un omicidio con tortura antecedente. Non ci sono riusciti Durkeim e Shopenauer, non ci possono certo riuscire quelle microbiche figure che pretendono, oggi, di rendere il personaggio Pantani un semplice (per non dir sempliciotto) debole.
E’ fin troppo facile cercare di far sragionare la gente allontanandola dalle spiegazioni psicologiche che gravavano su un uomo-artista sensibile come Marco. L’ho detto ancora, lo ripeterò fino all’infinito: se quel ragazzo non fosse stato così incredibilmente baciato dall’istinto dell’arte e da un’onestà di fondo, avrebbe reagito come un ipocrita qualsiasi, se ne sarebbe fregato di Madonna di Campiglio, ma non avrebbe tracciato tutto ciò che lo ha fatto amare come campione unico. In altre parole non sarebbe stato Marco Pantani.
Ho agganciato la tanto stupenda quanto drammatica disamina di Maria Rita ad un fatto, avvenuto o conosciuto ieri per molti, ma significativo nella sua sincronia con un criminale vezzo per gli altri. Non posso guardare lo sport con la medesima lucentezza d’un tempo, continuando a sapere e vedere le solite facce mostrare segni teatrali della loro perfida smorfia.
Questo aspetto non deve sfuggire: c’è un morto, più grande dell’intero cumulo di piedoni del calcio, che si trova infangato ulteriormente nel suo sacrificio, attraverso omertà e scuse, nonché col giogo del silenzio (gravissimo quello del ciclostilato di “capograppa”) di chi dovrebbe approfondire e aiutare un processo di reale cambiamento.
Ecco perché il Caso Pantani deve continuare a vivere fino a quando la verità non distruggerà l’ipocrisia. Ecco perché ogni giorno è buono per richiamarlo fino all’asfissia di chi s’è eletto per propri interessi carnefice. Il perdono si da a chi si pente, non a chi continua a vivere e tessere tela, per appoggiare dorate chiappe ad altro dorato scranno.
Visto che qui ci leggono dei “personaggi”, sappiano che c’è gente che non smetterà mai di punzecchiarli sul collo, pur non essendo dei "Dracula".

Morris



P.S. Caro Canguro, sono nei casini, ma ti invierò quanto prima una mail....

 

[Modificato il 20/04/2005 alle 16:09 by Morris]


 
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Livello Marco Pantani
Utente del mese Febbraio 2009
Utente del mese Agosto 2009




Posts: 2093
Registrato: Sep 2004

  postato il 20/04/2005 alle 16:34
Grazie Morris per la tua stima , come sai è assolutamente ricambiata, considero l’esserci conosciuti epistolarmente una fortuna preziosa..
Volevo precisare che con il sito solodonchisciotte io non c’entro nulla.
Sono convinta sin da quel 5 giugno 1999 che non si debba permettere che sulla vicenda di Marco Pantani cali il nostro silenzio, lì dove c’è un vuoto questo si riempie, in questo caso del frastuono di chi ancora usa Marco come simbolo del doping italico, di chi ancora tace sulla perizia di Fortuni.
Questo è un forum di ciclismo e ammiro molto la competenza di molti partecipanti, mi piace che non ci siano solo topic brevissimi e pieni di figure e emoticons, che si approfondiscano i discorsi.
Lo leggo spesso anche se il grande disamore che la vicenda di Marco mi ha procurato verso il ciclismo mi ha allontanato dal seguire con passione questo sport.
Lo seguo sin dal 1967 ( io ho 47 anni) , Pantani è stato il momento supremo, l’emozione pura, qualcosa che davvero non si era mai visto e non si vedrà più.
Io credo che il mondo del ciclismo abbia colpe immense verso Marco, dai corridori, ai dirigenti, ai giornalisti e non posso accettare l’autoassoluzione che tutto questo ambiente ha pronunciato addebitando la morte di Marco unicamente alla sua debolezza ( modo molto rozzo di esaminare l’animo umano, come dice giustamente Morris).
Dietro una persona che si lascia morire con determinazione come ha fatto Marco c’è una deriva esistenziale, Marco era un’artista, non era ipocrita, non accettava tutti i giochi, la vera causa della sua morte è il massacro di cui è stato oggetto, la sua riduzione a capro espiatorio dello sport italiano per sporchi giochi di potere.
Credo che chi, come i forumisti di cicloweb, ama il ciclismo non possa non volere che questo ambiente porti alla luce del sole lo scandalo della morte di Pantani, che si assuma delle responsabilità facendo piena luce su quanto è accaduto.
Fino a che quel macigno rimane sepolto e rimosso nelle coscienze, nulla sarà come prima.
Ma come dice Morris, ci sono molte persone che vogliono che tutto sia ricordato.
Già abbiamo fatto il miracolo di continuare a sostenere marco nonostante cinque anni di immondizia ininterrotta gettata su di lui, continuiamo. Verità e giustizia per marco pantani. Una battaglia di civiltà.
Ha ragione Morris: l’ipocrisia continua, con Hamilton, con hondo, con il beccato di turno. Come aveva capito Marco: dal doping o si salvano tutti o non si salva nessuno.
E’ ora che si inizi a fare un discorso serio su questo argomento, la criminalizzazione degli atleti spacciata come lotta al doping è solo un modo perché tutto sembri cambiare affinché nulla cambi.

 
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Livello Tour




Posts: 229
Registrato: Apr 2005

  postato il 20/04/2005 alle 18:25
solo due parole a riguardo:
anche a me ha emozionato come corridore.
con le sue imprese.
come personaggio mi piaceva un pochino meno. a me piacciono i tipi alla bugno. con le sue bandane, pizzetti ed orecchini non solo estetici si prestava come icona-modaiola-mentale su orme calcistiche.
pantani non era un´ artista.
era un´ atleta. uno sportivo. un fuoriclasse.
l´ arte e´ altra cosa.
constato con rammarico che una certa "fulgidita´ eroica" e´ presente sempre col senno di poi. dire che una persona e´ caratterialmente debole non e´ un´ insulto. la debolezza e´ una componente dell´ umana caratterialita´. e´ congenita. come il coraggio ed il carisma.
anzi, qualche volta ,essa, ci rende piu´ o troppo in certi casi, umane, certe persone.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 20/04/2005 alle 18:37
Grazie Grande Morris,grazie per aver riportato questo bellissimo pezzo di Donchisciotte,e grazie soprattutto a lei per aver la forza e la convinzione di poter e saper lottare contro i mulini a vento!

Tutto'cio'che da quando sono qui dentro sento al riguardo di Marco e dell'omicidio che e'stato organizzato nei suoi confronti nn fanno altro che arricchire di decisivi particolari un'idea che e'sempre stata nella mia testa da quel famoso 5 giugno dalle parole dette a caldo(ma solo in apparenza..)da Candidi giornalistucoli che davano l'esempio da(dover)seguire dimostrando tutta la loro ipocrisia voltando le spalle in quel modo,fin troppo evidente per nn esser compreso anche da un'adolescente innamorato di questo sport,di Pantani,ed anche quindi di chi sapeva sublimarlo con articoli che ingenuamente credevo uscissero dal cuore,cosi come era,in modo pero'sincero e commosso,per migliaia,milioni di persone estasiate dal vedere cosi tanti nobili valori racchiusi in delle sublimi pedalate!

Si e'cosi deliniata in modo tristemente chiaro tutta la dolorosa vicenda,e se da una parte ho scoperto ancor piu'infamita',ancora piu'ipocrisa,ancora meno coscienza negli animi dei,nn pochi,protagonisti di un gesto cosi ignobile parallelamente ad esso cresce in me la sfiducia,che proprio nel vedere come viene corrottamente diffusa la verita',dove bastarifarsi all'esempio di Sandro Donati che credo sia a dir poco lampante,ma anche di chi,a discapito del cognome che richiama una trasparenza mai tanto inquinata,conosce bene la realta'dei fatti del mondo sportivo di quelli,ma anche di questi anni,e si erge a paladino per dichiararne solo la parte che gli fa piu'comodo al proprio portafogli!

Un disgustoso conoscere quali sono i meccanismi che mandano avanti questo controverso paese ed i suoi loschi figuri che sembrano purtroppo avere il dono dell'immortalita' che mi hanno sempre piu'dolorasemente convinto che LA VERITA'che riguarda Marco nn verra'mai rivelata e sara'purtroppo sempre una minoranza(solo di quantita's'intende)di pochi veri interessati a poterla gridare nella speranza si diffonda il piu'possibie,o a poterne piangere ancor piu'disperato per il veder che quel grido avra'la forza di un flebile,tanto sacrosanto quanto beffardo,sibillio....

....in un mondo che spesso mi chiedo se mostra in realta'in modo cosi opposto valori che sul dizionario vengono riportati come tali...


 

[Modificato il 20/04/2005 alle 19:56 by Pirata x sempre]

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  postato il 20/04/2005 alle 18:57
Che TUTTI gli sport avessero il problema doping lo sapevamo ben prima dell'affare Festina.
Che qui da noi la coltellata di Madonna di Campiglio avesse, oltre che cause legate ad una stupida invidia, anche lo scopo di tener coperta la pentola maleodorante dello sport nazional-popolare (foot-ball) lo avevamo intuito ed oggi se ne è dimostrata l'evidenza.
Che non siamo riusciti a comunicare a Marco che il nostro "sentire" era più importante dell'ignoranza ipocrita della pletora dei pennivendoli e televendoli o che Marco non abbia più cercato di comprenderlo è quello che ci rode.
Però non possiamo rassegnarci nello smettere di cercare anche quella "verità dei fatti" che tutti abbiamo fiutato e non riusciamo, per ora, a dimostrare : che a Madonna di Campiglio vi sia stata alterazione di esami.
Anche Zeman era stato subito o deriso o "aggredito"; adesso il lezzo che c'era sotto la pentola alza il coperchio.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 20/04/2005 alle 19:32
...il fatto nino e'che mai come in questo caso e'tutto dimostrato,scoperto,ed ormai tristemente noto....ma e'come se un'impenetrabile muro di gomma ed omerta'attutisse e rimbalzasse le nostre disperate grida,la nostra dolorosa voglia di verita',riempendoci quindi ancor piu'di rabbia,odio,ma anche di malinconica rassegnazione!

troppe cose dovremmo cambiare per poter sperare in un cosi grande ribaltone che,come tu stesso puoi leggere,va ben oltre il fatto sportivo e che da ben altri lidi si dovrebbe cominciare a combattere....


...e ne abbiamo,o forse e'meglio dire,ne abbiamo mai avuto veramente la possibilita'!?!?!?
purtroppo nn e'del mondo la virtu'di far vincere sempre e comunque il bene sul male....o almeno nn di questo!

 

[Modificato il 20/04/2005 alle 19:57 by Pirata x sempre]

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  postato il 20/04/2005 alle 20:11
Ero un po’ scettico in merito alla teoria del complotto, ho letto iperboli degne di una spy-story con tanto di sabotatori inviati dalla CIA, non mi aveva mai convinto l’ipotesi di Squinzi come primo attore mosso dall’invidia e dal livore verso Pantani, causa l’ostruzionismo contro la campagna "io non rischio la salute" promossa da Coni-Fci con il sostegno della Mapei (più credibile che fosse un elemento rafforzativo che la causa diretta), mi sembrava un po’ più realistica la querelle tra Pantani e la Rcs per via dei fatti della Milano-Torino, si sa che per chi le occupa le poltrone sono importantissime, ma diciamo che anche questa teoria non era inattaccabile, perchè comunque Pantani rappresentava un patrimonio enorme per Gazzetta e Rcs Eventi.
Non voglio dunque fare la voce fuori dal coro, ma ci sono dei punti che non mi sono del tutto chiari.
Non sono in disaccordo, intendiamoci, voglio solo capirci qualcosa di più.

Punto primo: riassumendo un po’ grossolanamente, sarebbe esistito questo legame di stampo democristiano tra CONI e Conconi, legame che per due anni e mezzo è riuscito nell’impresa di insabbiare il dossier di Donati, cioè dai primi mesi del ’94 fino alla pubblicazione sulla Gazzetta alla fine del ‘96. La Repubblica, sostenendo il governo di centro sinistra, si guarda bene dall’accusare un "ulivista tifosissimo" amico di Prodi come Conconi, se non infine nell’ottobre del ’98 (cioè ben due anni dopo che esso era stato reso di dominio pubblico), quando il governo del Mortadella è saltato e circola un tacito via libera ad attaccare tutto quanto sia di colore prodiano.
Il dossier di Donati coinvolgeva Coni, Conconi e Ferrari nella diffusione capillare dell’uso scientifico dell’epo all’interno dello sport italiano, e la magistratura si prende la briga di lasciar passare due anni prima di aprire le indagini.
Alcune domande: era Prodi o qualcuno per lui a frenare la magistratura? Era D’Alema o qualcuno per lui ad aizzarla successivamente? La magistratura è così pesantemente monopolizzata dalle poltrone cattocomuniste?

Punto secondo: Gennaio ’99, Pantani dice non siamo delinquenti, qualche mese dopo Moser sostiene che l’epo la prendono tutti.
Le cose sono due, o Pantani sosteneva che l’uso massiccio di Epo NON fosse diffuso a macchia d’olio, e che egli stesso non avesse mai praticato il doping selvaggio, in contrasto con quanto sosteneva Moser, oppure Moser altro non era che un fedele interprete dell’opinione di Pantani, cioè il doping è diffuso integralmente, lo assumiamo proprio tutti, quindi nessuno ruba niente a nessuno, e non siamo delinquenti perchè non abbiamo ammazzato nessuno.
In altre parole un ipocrita nè più nè meno delle persone che accusava, perchè figlio anch’egli di un sistema che non aveva mai messo in discussione ma nel quale aveva sguazzato alla grande, senza mai porsi troppe domande.
Fatemi capire.

Punto terzo: le indagini partite nell’ottobre del ’98 acclarano diretti coinvolgimenti del CONI nelle vicende di Conconi, tanto che si inizia a parlare di doping di stato. Il CONI democristiano toglie in fretta e furia la polvere dalle spalle di Donati e lo mette in sella al progetto "io non rischio la salute", purtroppo rigettato dalla quasi totalità delle federazioni italiane tranne la FCI, retta da un sindacalista eletto con i voti delle regioni "rosse".
A mettere d’accordo CONI e FCI non sarebbero più questioni politiche, giacchè la FCI avrebbe tutto l’interesse a voltare le spalle agli scudocrociati del CONI, ma evidentemente subentrerebbero interessi di carattere squisitamente personale, o sbaglio?

Punto quarto: perchè Pantani esce allo scoperto nel gennaio del ‘99? Se lui fosse stato un dopato incallito, sapendo perfettamente che i controlli UCI sono un colabrodo, che paura avrebbe mai dovuto nutrire verso i controlli del CONI? Sarebbero stati altrettanto inefficaci! Non è il CONI l’istituzione che l’ha cresciuto a pane e ormoni? Sarebbe stato l’ennesimo teatrino dell’ipocrisia , ed egli avrebbe continuato ad essere complice ipocrita di chi fino ad allora lo aveva coperto, o sbaglio? È questo che sostiene Anna Rita, che Pantani fino al giorno prima era colpevole ma coperto, addirittura portato ad esempio di pulizia, perchè avrebbe dovuto sospettare che le cose stavano volgendo al peggio?
O forse Pantani era un corridore pulito o abbastanza pulito, e la sua reazione era legata alla domanda esistenziale "perchè il ciclismo sì e il calcio no?", cioè una questione di principio? Allora non è vero che i ciclisti sono tutti dopati sino al collo? Anche ci fosse stato in atto un complotto, perchè Pantani avrebbe dovuto subodorarlo con così largo anticipo?
In fondo la campagna "io non rischio" fallì come era ampiamente prevedibile, un corridore bombato dagli alluci ai capelli avrebbe fatto bene a volare basso, molto basso, oppure era un fesso.
O non era bombato?

Punto quinto: il CONI per recuperare credibilità, e per allontanare l’attenzione mediatica dal calcio, si mette d’accordo con la FCI per sacrificare Pantani (ci può stare, spero sia chiaro che è un’ipotesi credibilissima anche per me). La FCI servirà l’agnello abbrustolito a dovere, il CONI che dovrebbe essere organo vigilante si impegna a chiudere tre occhi sulla gestione futura della FCI, strategie sportive e bilancio economico diventano luogo di anarchiche scorribande, sbaglio?

Ciao

 
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Livello Tour




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  postato il 20/04/2005 alle 20:51
e il punto sesto?
non ci dormo....

 
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Livello Amstel Gold Race




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  postato il 20/04/2005 alle 21:46
Il complotto era stato la prima cosa a cui avevo pensatto quel giorno, nn tanto perchè pensassi che Pantani nn avesse mai preso epo in vita sua, ma perchè mi sembrava strana la tempistica, insomma era da stupidi farsi beccare alla penultima tappa di un giro già vinto. Quello che mi chiedo ancora oggi e anche dopo aver letto tutti questi racconti è come è stato messo in atto il complotto se c'è stato? Insomma dovrebbe essere qualcuno molto potente, come mai nn è uscito fuori nulla in questi anni? Nn potrebbe semplicemente essere stato uno sbalzo improvviso dell'ematocrito? Come si fà a modificare così un valore? Lo scenario del complotto in questi termini mi sembra improbabile e vorrei vederci + chiaro..., poi ho una domanda per gli esperti..è vera la storia di uno scambio di provette tra Pantani e Forconi alla viglia della crono di Lugano del 1998?? Insomma mi ricordo di aver letto qualcosa in proposito anche se nn mi è chiarissimo se c'era qualcosa di fondato o fossero solo voci messe i ngiro dai detrattori di marco (mi ricordo che tonkov n nsi spiegava la grande prova di marco a cronometro..quando anche i sassi sanno che alla fine dei grandi giri più che le caratteristiche di cronoman contano le motivazioni e le energie residue) Nn potrebbe essere che a Marco salisse l'ematocrito alla fine dei grandi giri? Attendo lumi dagli esperti.
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 20/04/2005 alle 22:49
Se a Marco saliva l'ematocrito verso la fine di una corsa di venti giorni certamente lo sapeva già ( i controlli faidate si facevano abitualmente )e quindi non sarebbe andato in depressione; si faceva i suoi 15 giorni di stop e poteva perfino disputare il Tour ( anche se non era nei suoi programmi di quell'anno ).
Se Marco avesse assunto EPO in quei giorni non sarebbe andato in depressione perchè gli trovavano i livelli oltre 50 ; avrebbe negato, si sarebbe fatto i suoi 15 giorni di stop e poteva disputare il Tour ( anche se non era nei programmi di quell'anno).
Se ha subito la mazzata psicologica da cui ha avuto solo una prima (purtroppo parziale)ripresa addirittura un anno dopo è perchè gli era evidente che gli avevano piantato un coltello nella schiena e lui non avrebbe più potuto togliersi il marchio d'infamia: non erano più i tempi del Merckx del 1969 .

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 21/04/2005 alle 02:26
Non so usare bene questo forum, è pieno di icone ma insomma io vorrei rispondere a Aranciata Bottecchia.
Purtroppo la risposta sarebbe davvero troppo lunga perché io tutto quello che ho capito della vicenda pantani è un tentativo di ricostruzione a partire da studi di dati di fatto dell'epoca, sentenze, motivazioni delle sentenze ecc. che è diventato piuttosto lungo e che sta in http://pantani.splinder.com sezione il capro espiatorio.
Ovviamente è un tentativo di ricostruzione che non esclude altri rafforzativi ( come dici tu) tipo la vicenda con la RCS.
Comunque il punto centrale è, secondo me Conconi, uomo di sinistra non certo democristiano.
I dirigenti del Coni sono uomini di potere con qualsia regime ( lo sono anche oggi, le stesse persone assolte per prescrizione per aver finanziato Conconi e il suo centro studi all'Università di ferrara).
Lo scandalo Conconi ( il doping di Stato attraverso finanziamenti a un centro studi all'interno dell'Università di Ferrara di cui Conconi era ED E' rettore), non è uno dei tanti scandali possibili, è lo scandalo che fa tremare davvero il potere sportivo in Italia, al quale si sommano, nello stesso periodo, le denunce di Zeman sul calcio, la conseguente scoperta dello scandalo dei laboratori dell'Acqua Acetosa dove si fanno i controlli ai calciatori, le dimissioni del Presidente del Coni.
A quel punto la necessità di salvare la faccia e le poltrone e restituire un'immagine presentabile al potere sportivo , ai suoi massimi livelli, non è più rimandabile.
La campagna Io non rischio la salute fallisce, per farla fallire si espongono le Federazioni di tutti gli sport, nel ciclismo si espone solo Pantani.
A quel punto, ma qui, bisognerebbe leggere, appunto, l'analisi sulla funzione del capro espiatorio in qualsiasi comunità ( appunto nel blog segnalato prima , puntata n. 1) , solo il capro espiatorio può salvare poltrone e potere.
Da quel momento tutto è un precipatato necessario ma lungo, dalla federazione ciclistica alla magistratura ai giornali, ho tentato di ricostruirlo in quella sezione del blog.
Solo una cosa sull'ipocrisia: l'ipocrisia non è dell'individuo che sta in un sistema, l'ipocrisia è del sistema. Pantani è morto anche di questo: il disagio dell'individuo in un sistema orribilmente sporco.
Fosse stato ipocrita si rimetteva a correre e faceva finta di niente (comunque gli sarebbe stato difficile, lo braccarono immediatamente tre procure), non ha potuto, smascherare il sistema è stato il suo tormento finale.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/04/2005 alle 11:13
la ricostruzione di morris e donchisciotte sembra molto plausibile ed accurata e come dicono gli inglesi "makes sense".
vorrei ricordare ad aranciata ed altri che i meccanismi descritti sono quelli propri e reali del potere,quando alla necessità di salvare le poltrone si saldano logiche perverse che in ambiente giudiziario, universitario e giornalistico sono estremamente diffuse.
i giudici ed i giornalisti di un certo tipo non si muovono perchè viene ordito un complotto con un vero e proprio plot organico, ma vengono a saldarsi logiche diverse, quando certe protezioni non esplicitamente richieste ma considerate da essi gradite vengono meno; quando si verifica la necessità di collocarsi in una posizione più vicina al nuovo potere colpendo persone vicine al vecchio, in modo da rimarcare la loro stessa posizione.
essi agiscono non su richiesta esplicita ed organica del potere, ma compiono atti che ritengono graditi a chi comanda, così come si astenevano dall' agire o dallo scrivere prima pensando di compiacere così chi prima comandava, anche se questa protezione non era direttamente richiesta nè considerata dovuta.
quando queste logiche si saldano poi con altri interessi di salvataggio di poltrone, di cordate che salgono e scendono il meccanismo che si mette in moto è inarrestabile: di qui capri espiatori, amnesie che non sono più tali, personaggi un tempo scomodi ripescati per salvare la faccia.
avvenimenti simili a quelli descritti li ho visti capitare mille volte in università, dove pure i corposi interessi in gioco sono infinitamente minori rispetto a quelli accuratamente ricostruiti ( dal salvare il calcio alle poltrone del coni): non c' è un grande vecchio che fa un complotto perfetto, ma gli interessi di tanti omuncoli che si saldano e consentono di rendersi "amici ai potenti", salvare le poltrone , fare carriera, riposizionarsi negli schieramenti .
onore a morris e donchisciotte che ci consentono con questa plausibile ed accurata ricostruzione di capire meglio quanto è avvenuto e conoscere una verità ancora lontana.questi sono veri giornalisti, non capograppa (senza offesa per la nobile bevanda) e candidò.
verità, che come ho già detto altre volte, che ,quale che sia, non potrà mai sclfire le imprese di un enorme campione
ciao
mestatore

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/04/2005 alle 12:35
Ciao Anna Rita, il quadro d’insieme che hai tracciato è assolutamente credibile perchè, prima ancora di esprimere opinioni soggettive, hai svolto egregiamente quello che tu chiami "tentativo di ricostruzione a partire da studi di dati di fatto dell'epoca", attorno all’uso mediatico che il Potere fa delle informazioni e delle "immagini".
In altre parole, chi avesse conosciuto i costumi dell’ambiente-ciclismo, e avesse avuto un minimo di cultura sociologica e antropologica, avrebbe capito al volo che si stava concretizzando il fenomeno della comunità-sistema che sacrifica uno degli individui che ne stanno all’interno, per "salvare" la comunità stessa, e dovendo possedere delle caratteristiche non casuali ma precise, l’individuo altri non poteva che essere Pantani.
I miei studi sono molto limitati, ma non ho motivo di dubitare o di muovere critiche, mi sembra molto verosimile, o vero punto e basta.
Diciamo che mi rimane un po’ oscuro il motivo del gesto di Pantani, quell’esporsi contro "io non rischio la salute", non mi sembra appunto la reazione di una persona invischiata fino al collo nel sistema, quanto piuttosto quella di una persona che con il sistema aveva poco a che spartire ma aveva dovuto conviverci per forza di cose.
Anche successivamente direi che l’evoluzione della sua storia non sembra quella di un colpevole che ha pagato per espiare le colpe di tutti i colpevoli: fosse stato così, se ne sarebbe dovuto fare una ragione, o meglio la sua rabbia avrebbe dovuto trasformarsi in protesta "civile" senza sfociare in una profonda crisi esistenziale.
La sua mi è sembrata la reazione di un uomo consapevole di aver pagato per tutti, pur essendo profondamente meno colpevole di parecchi colleghi e di quasi tutti gli scaldasedie.
Questo mi è suggerito sia dalla sua esternazione del gennaio ’99 che dalla sua reazione dopo Campiglio.
Ma è un dettaglio, un’opinione personale che nulla toglie alla ricostruzione dei fatti che hai tracciato (e che ho provveduto a salvare in memoria perchè eccellente), anzi, accade forse il contrario.
Comunque grazie per la disponibilità.
Ciao
Davide

 
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  postato il 21/04/2005 alle 13:01
Frequento da 5-6 mesi il blog in questione e considero le premesse(la teoria del capro espiatorio) e le valutazioni e le indagini sul caso Pantani riportate molto attendibili e veritiere.Quantomeno verosimili e quindi agghiaccianti.La libera informazione nei media italiani non esiste e quindi è da illusi sperare che teorie come quella del blog vengano conosciute dal grande pubblico. Se davvero molti frequentatori di questo forum sono guidati dal totem di far conoscere alla maggior parte dell'opinione pubblica le verità su pantani, occorre infilarsi nelle trasmissioni radiofoniche e televisive che parlano di sport.Io qualche strategia ce l'ho e mi piacerebbe prossimamente condividerla e metterla in atto.a presto
 
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  postato il 21/04/2005 alle 13:07
La ricostruzione fatta mi sembra fatta bene e competente.
Anche a me mancano però alcuni elementi, anche se premetto che dovrei leggere con più attenzione una seconda volta.

a. Ok, c'è l'adempiersi della faida post crisi di governo tra prodiani e diessini in ambito sportivo. Ceruti sta con i DS e quindi ha un ruolo coerente con questa tesi. Pescante è di Forza Italia e ci lascia le penne.
Ma come mai nel 2001, quando tutto il potere passa al centrodestra le persecuzioni al ciclismo aumentano? Il capro espiatorio ora era già stato immolato. Lo si faceva ancora per spostare l'attenzione dal calcio dove tutto il potere economico e politico concentra i suoi interessi? Ma in questo caso Ceruti fa gli interessi del centrodestra???

b. E ora cosa accadrà? Si, la tempesta nel calcio e nella classe medica sembra finita ma cova ancora sotto la cenere. Dobbiamo aspettarci Cunego e Basso in manette tra qualche settimana?

c. La posizione de La Repubblica: Avete visto come Eugenio Capodacqua negli ultimi mesi non esiti a sparare sull'ambiente, nonostante è l'unico sport in cui si fa pulizia? Nel 2004 hanno fatto fuori tre campioni del mondo (Millar, Camenzind, Hamilton) e un sacco di gente di livello alto. Non si vedono più quelli che vincono tutto per un anno e poi scompaiono. Nei grandi giri si vede gente che prende da un giorno all'altro delle cotte paurose...
Petacchi ha provato al termine della Tirreno a polemizzare con Capodacqua ma tanto è il giornalista che avendo un giornale per se ha il coltello dalla parte del manico.

d. E Bicisport? Nei primi anni '90 Conconi è stato intervistato e osannato più volte sulle riviste di Neri. Il quale dal 1994 ha iniziato a invocare la Coverciano dei Tecnici e il ritorno del tecnico dell'ammiraglia. Come dire che nei preparatori e nei procuratori c'era del marcio. Ma mai e poi mai ha fatto mea culpa dell'incensazione fatta di alcuni carneadi, alcuni dei quali addirittura dovevano diventare da russi a italiani per vestire la maglia azzurra. Cosa sapeva BS di quelgi anni? Cosa non ci ha detto? Chi proteggeva? BS ha passato 6 anni a dare a Ceruti anche la colpa dell'asfalto viscido in caso di pioggia, ma mai che abbia affrontato con serietà il problema del doping o anche singoli episodi come quelle del pollo al probenicid mangiato a Liegi o delle caramelle alla coca della zia colombiana. Un noto corridore escluso dalla Vuelta 2004 per ematocrito alto è stato intervistato sul numero di aprile. Metà intervista è sulla sua stagione disastrosa ma manco una parola su quei controlli. Insomma, una comoda posizione di basso profilo di chi la sa lunga ma guai a rovinargli il businness.

Infine una considerazione su Pantani.

Pantani sarà anche un capro espiatorio ma non diamogli la patente del profeta-martire o dell'intelligentone che aveva capito tutto subito. Lui era un grande campione sui pedali e ci ha dato emozioni inegualgiabili. Ma certe sue prese di posizione a me sembrano più il frutto di una personalità forte, al limite della presunzione. E così lui pensava di essere un grande leader intoccabile che poteva dire e fare quello che voleva, altro che quello che aveva capito tutto! Il nostro mancava di diplomazia... ma ricordate la lite al giro con Tafi (allora campione nazionale)? Il giorno dopo il povero Andrea fu pure picchiato in fondo al gruppo. O la spallata a Gotti nella tappa piemontese? E che senso aveva volere vincere ovunque? A Lumezzane provò pure lo sprint. Direi che ci ha messo molto di suo nel prepararsi a diventare capro espiatorio... Dispiace ma Martinelli e Gimondi non sono riusciti a tenerlo a bada. E anche la storia della coca cìè chi dice che fosse iniziata nell'inverno precedente il Giro del 99, non dopo Campiglio. Pantani ci ha lasciato un grande vuoto e fortissime emozioni, ma che era uno sfrontato che non ascoltava che se stesso lo sapevano tutti e lo hanno pure detto, era così anche nelle giovanili e nel tempo libero... Adesso so che verrò crocifisso ma questo è quello che penso


 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 22/04/2005 alle 00:34
1) Quando si percepisce che qualcosa si può fare, si mette in moto un meccanismo che va avanti da solo. Allontanare lo scandalo dal calcio e ripulire la faccia dello sport italiano dopo Conconi, conveniva a tutti.
Del resto un potere rispetta sempre un altro potere: se le inchieste giudiziarie sono state spettacolari e criminalizzanti per il ciclismo, gli stessi giudici hanno considerato i calciatori come testimoni ( non imputati). Stesso PM , diverso trattamento.
2) Il carattere di pantani può piacere o non piacere, fatto sta che calamitò la passione di tantissimi , anche di chi non si interessava di ciclismo. Nel 1999 fece l'asso pigliatutto, è vero, ma, stranamente, suscitando solo simpatia nel pubblico, attesa per le sue imprese. Nel 1999 al Giro non aveva grandissimi avversari, ma lo spettacolo era lui, se la cantava e se la suonava, entusiasmando la gente. Il 5 giugno 1999 tutti eravamo in attesa dell'impresa, non certo urtati dal fatto che non vincessero anche gli altri.
3) L'uso saltuario della cocaina fra i ragazzi è piuttosto frequente. La tossicodipendenza è un a'altra cosa ed è incompatibile con l'attività sportiva ( Pantani negli ultimi anni correva solo quando tentava di smettere ). Lo stesso Ullrich fu trovato positivo dopo una serata passata in discoteca,può accadere, ma la tossicodipendenza di pantani inizia dopo Madonna di Campiglio.
4) Posto un articolo di Pier bergonzi del giugno 1999 che forse chiarisce meglio il comportamento di Marco:
PANTANI, CHI SEI ? La storia di un campione giudicato dalle leggi e raccontato dal cuore
Appunti di un giornalista che lo conosce molto bene.
di Pier Bergonzi

Quegli occhi. Quegli occhi di Marco che scende le scale, sono ancora lì che guardano e si chiedono perché. Quegli occhi gonfi di pianto, ma ancora così rapaci vorrebbero dire qualcosa che non riescono, non possono dire.
Dalla bocca escono parole messe in fila, che Marco non vorrebbe nemmeno dire: “Sono soltanto frasi in più”. Che deve dire, perché deve.
Il Pirata deve uscire a testa alta.


E invece sarebbe meglio che raccontasse il suo pianto disperato, sarebbe importante che parlasse col cuore. Potesse veramente parlare, potesse veramente dire tutto, Marco Pantani potrebbe prendere per mano il ciclismo e traghettarlo oltre questa parentesi buia.
Il Pirata che lascia Madonna di Campiglio e torna al suo Porto Canale è un leone ferito.
Il pugnale è entrato fino in fondo. Più che l'orgoglio dell'atleta è quello dell'uomo che si sente ferito mortalmente.


Giuseppe Martinelli racconta di non averlo mai visto piangere così. In quella stanza 27 dell' Hotel Touring, Marco ha lasciato più lacrime di quelle versate in tutta la sua vita spavalda. Marco ha picchiato un cazzotto contro il vetro di una finestra. Marco ha gridato che non tornerà mai più in bicicletta. Parole che servono a buttare fuori la rabbia.Parole che spaventano.


L'uomo è ferito perche assiste al crollo di un edificio che ha costruito in tanti anni di sacrifici, di rinunce, di prove di carattere. Pantani si sente tradito perché lui è sempre stato un passo avanti a tutti, perché il ricorso ad aiuti esterni è il nemico numero uno di chi ha talento. E Dio solo sa quanto talento abbia il Pirata di Cesenatico.
Lui che da junior si faceva sfilare in fondo al gruppo prima della salita per provare quel piacere ludico e cinico della rimonta. Li recuperava tutti, ad uno ad uno, e vinceva per distacco facendo saltare le tattiche convenzionali, frastornando di emozioni Vittorio Savini, che era il suo direttore sportivo ed ora è il capo dei suoi tifosi.


Savini, come tutti quelli che hanno visto da vicino l'anima del Pirata, sanno cosa c'è dietro quell'uomo che si è rialzato dopo tutti i trabocchetti della vita. C'è un carattere blindato che si fonda su un cuore tenero. Quando morì Casartelli, Marco fu l'unico a non piangere, ma quel giorno disputò una delle peggiori tappe della sua carriera e il ricordo di Fabio è sempre presente in lui. Come quello di Luciano Pezzi, Che Marco si ricorda di ricordare quando meno te lo aspetti, quando nessuno se ne ricorda. Duro fino al limite del cinismo, Marco si commuove per nulla e sa cosa vuol dire stare con i più deboli.
Un uomo così non può stare dalla parte dell'imbroglio, non può accettare la logica della scorciatoia. E semmai lo avesse fatto ha il dovere di ribellarsi: subito.


Pantani lo farebbe anche, ma non ha gli spazi per farlo. Perchè la lotta al doping è diventata anche una passerella politica, perchè la lotta al doping si fa ancora con i bastoni. “Se ci fosse un controllo giusto, che trovasse veramente le sostanze peggiori e fosse uguale per tutti io mi batterei fino alla morte per adottarlo”, ha rivelato Pantani.

Marco viene da una famiglia semplice, ha imparato la vita guardandola in faccia e sa benissimo che un ciclismo pulito gli porterebbe soltanto dei vantaggi.
I corridori di talento come Pantani, Bartoli, Cipollini, Figueras, Di Luca e Basso sarebbero ancora più leader del movimento se venisse finalmente azzerata la variabile farmacologica.
E possiamo spingerci ancora più in là. Forse Pantani è riuscito a vincere Giro e Tour nello stesso anno proprio perchè l'Uci ha introdotto i controlli preventivi sul sangue. Con il limite del 50 per cento di ematocrito sono scomparse le esagerazioni nell'uso di Epo e gli scalatori puri sono tornati a fare la differenza in montagna. Pantani lo sa benissimo e non avrebbe certo avuto bisogno di scorciatoie per mettere il sigillo ad un Giro che stava stradominando.


Marco ha sempre saputo che un leader ha il dovere dell'onestà. Marco si è sempre sentito un lupo a capo del branco, tanto è vero che ha sempre difeso la logica degli interessi del branco. Lo ha fatto lo scorso anno al Tour, quando c'era da stoppare i primi inattesi controllo incrociati sangue e urina dell'Uci e lo ha fatto al Giro, al limite dell'impopolarità, per sbarrare la strada alla campagna 'Io non risschio la salute' del Coni.


Qualcuno, che aveva interesse a farlo, ha cercato di far passare la sua come una guerra di retroguardia, ha cercato di dipingerlo come l'ultimo baluardo in difesa del doping. E invece Pantani si era soltanto preso sulle spalle la responsabilità del gruppo, criticava i metodi, non il merito dei controlli Coni. Tanto è vero che stava lavorando nell'ombra con l'associazione corridori perchè quei test incrociati sangue-urina venissero adottati con la garanzia del massimo rispetto per l'atleta.


E questo è il paradosso di questo ciclismo senza un centro di gravità. L'atleta che forse più di ogni altro sarebbe avvantaggiato da uno sport pulito, finisce per pagare il prezzo più salato.


C'è qualcosa di ingiusto, in questa giustizia sportiva che, comunque, deve andare avanti senza compromessi. C'è qualcosa che Pantani potrebbe-dovrebbe dire perché la gente che si è innamorata dei voli del Pirata non può svegliarsi e scoprire che il sogno è evaporato, come una bolla di sapone una mattina d'inizio giugno.
Il ciclismo è uno sport bellissimo, fatto di gente e di storie che nessun altro sport ha saputo raccontare. Non può diventare una faccenda di centrifughe e di percentuale di ematocrito. Questo, siamo sicuri, lo sa anche Pantani.


Un campione che non ha mai ceduto al ciclismo del cardiofrequenzimetro, che si allena a sensazioni e si allena, da solo, per otto ore, sotto il caldo della Romagna mangiando solo due fette di cocomero non può accettare quella logica così meschina. No, quello dell'over 50 per cento non è il ciclismo di Pantani, non è ciclismo da Pantani.

Pier Bergonzi, speciale di Bicisport sul Giro 1999, giugno 1999.


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/04/2005 alle 01:38
LACRIME MISTI A MALINCONICI APPLAUSI PER UNO DEI PEZZI PIU'BELLI DEDICATI ALL'AMATO PIRATA....un articolo senza tempo,tremendamente attuale ancora oggi,e soprattutto una lunghissima,commovente emozione leggerlo d'un fiato!


e ricordiamoci che....

"L'atleta che forse più di ogni altro sarebbe avvantaggiato da uno sport pulito, finisce per pagare il prezzo più salato."




Grazie Donchisciotte

 

____________________
Giuseppe Matranga

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  postato il 22/04/2005 alle 03:28
Il 30 ottobre 1998, Conconi e Pescante ricevono l’avviso di garanzia , l’indagine giudiziaria, sotterranea dal 1996 all’ottobre 1998, esplode con virulenza.

Non perché prima non ci fosse lo scandalo ma perché solo quando l’esplosione dello scandalo è funzionale ai rapporti di forza all’interno del “potere” lo scandalo può scoppiare, mai prima.



Intervengo nella discussione perché credo di poter apportare qualche elemento che potrebbe un po' spostarne l'asse.

L'ottima Maria Rita ha fatto una bella analisi su come funziona il potere, sugli equilibri che cambiano e che rendono attaccabili le persone che prima erano intoccabili.

Mi piace meno, però, la plateale accusa di organicità al potere rivolta ad alcuni mezzi di informazione (nella fattispecie: La Repubblica). Non perché io ritenga che sia inverosimile; ma perché mi sovviene un'episodio che mal si sposa con la tesi di Maria Rita.

Mi pare di capire che alcuni giornalisti sono stati prodiani fino alla crisi del governo Prodi (la cui caduta non era però così tanto annunciata: la sfiducia passò per 1 solo voto, non credo che alcuni giornalisti - che peraltro si occupano di sport e non di politica - potessero prevederlo in maniera così esatta e iniziare la campagna indirettamente antiprodiana con tanti giorni di anticipo); e infatti non si parla male dell'amico Conconi, dei suoi intrallazzi col Coni, degli atleti e collaboratori direttamente e indirettamente nella sua orbita.
Dopodiché (ma anche primadiché, come ho appena scritto nella precedente parentesi) tutto ciò che ha a che fare con Prodi (e il suo governo), e quindi anche Conconi, è passibile di censura e gogna.

Ma qui i conti iniziano a non tornarmi.
Roma correva per ottenere l'assegnazione delle Olimpiadi del 2004.
La decisione del Cio sarebbe stata presa nel 1997. Proprio nella primavera di quell'anno veniva varata dal governo Prodi la legge di riordino del Coni.
Senonché, per colpa della Coca Cola (che aveva cooptato l'edizione dei Giochi del '96 nella sua Atlanta, quando era pacifico che quelle Olimpiadi dovessero andare ad Atene, nel centenario), il Cio si sentì in dovere di risarcire la Grecia, e Roma andò a gambe all'aria, malgrado fosse favoritissima.
Ebbene, so per certo (da fonti interne allo stesso Coni) che Walter Veltroni, romano e amante dello sport e della cultura, prese malissimo la bocciatura; riversò il suo rammarico sul Coni, incapace di centrare l'obiettivo da tutti atteso. E, nel realizzare i decreti attuativi della riforma, fu preso da una sorta di cupio dissolvi: il Coni, quel Coni di incapaci, con le sue federazioni, doveva essere in qualche modo punito, azzerato, annullato, riformato dalle fondamenta.
Questa era l'aria che si respirava in quel periodo intorno al Comitato Olimpico Nazionale.

Ebbene, mi chiedo io, come mai un manipolo di giornalisti organici al potere (che, esattamente come me, potevano tranquillamente sapere questi fatti), in quei giorni del '97-'98 non affiancò il potere allora in carica, ma al contrario continuò a coprire le malefatte di Conconi, anziché sottolineare con forza le colpe del Coni a quel punto esponibile al pubblico ludibrio? L'amicizia del Rettore con Prodi poteva mai competere con la forza dirompente di una riforma del Coni condotta, a detta di qualcuno, a colpi di machete? No, non ci credo.
Non credo che i giornalisti organici al potere ritenessero Conconi più potente del vicepremier.
Non credo che i magistrati organici al potere non volessero cogliere, tra il '97 e il '98, la palla al balzo per mandare un avviso di garanzia all'odiato Pescante, forzista e a capo di un Coni di balenghi, che si era fatto scippare l'Olimpiade.

Umilmente, riandando con la memoria al 5 giugno del 1999, al prima e al dopo, provo a dare una mia interpretazione, che riguarda la stampa, o una parte di essa. E forse anche una buona parte degli appassionati.

Il ciclismo è quello che ha ormai a che fare continuamente con fatti di doping. Lo scandalo Festina è freschissimo. L'equazione ciclista=dopato è di uso corrente.
Un solo uomo regge le sorti del movimento, in quei mesi, e sappiamo bene chi è. È un omino di acciaio e nervi che ci sta facendo sognare tutti, tutti quanti. E quando si sogna si vuole continuare a farlo.
Quindi, siccome Pantani faceva sognare tutti gli amanti del ciclismo, non ultimi alcuni di quei giornalisti che vengono considerati ora suoi nemici, dei possibili rapporti di Marco con certi ambienti non si vuol saperne.
Grazzi era medico della Carrera di Pantani? No, non ci voglio credere, Pantani non può essere come gli altri, questa cosa quasi quasi la ometto, voglio che l'uomo che mi sta facendo sognare sia pulito.
Quanti di quelli che dal Tour del '97 al Giro del '99 sognavano con Pantani non sono stati sfiorati da quel pensiero "speriamo che lui no, speriamo che lui non sia come gli altri, come quelli dello scandalo Festina, come quelli dell'Epo, come quelli..."?
Io, e lo ammetto senza remore, ci pensavo. Ci speravo. Non volevo. Guardavo l'ambiente, vedevo che c'era del marcio. Ma lui lo vedevo al di fuori di certe pratiche; non perché avessi degli elementi in suo favore, ma perché VOLEVO che fosse quella la realtà. Ero troppo grato a Pantani per tutto quello che mi aveva dato, per voler ascoltare quella vocina recondita, "anche lui si dopa, magari meno degli altri, ma anche lui...", quella vocina che dall'intimo mi instillava atomi di dubbio.

E invece, maledetta vocina, quella mattina del 5 giugno dovetti darle ragione. Pensateci: non c'era corridore che, trovato positivo o fuori norma, non si dichiarasse innocente, cadendo dalle nuvole. Quel giorno, messi così di fronte a quell'enormità, come dovevamo porci di fronte all'eroe caduto, se volevamo usare un briciolo di spirito critico?

Personalmente mi sentii tradito e deluso. Tradito perché anche lui, anche il mio eroe...
Deluso perché lui, l'unico che avrebbe potuto, non ebbe il coraggio di scoperchiare il calderone e di buttarci tutti dentro, in maniera circostanziata, facendo nomi e cognomi e ponendo così le basi per un nuovo ciclismo.

Considerate che il 5 giugno non avevo ancora letto l'analisi di Maria Rita, per molti versi illuminante.

Gli elementi a nostra disposizione in quel dato momento storico erano quelli. L'alternativa era: continuare a fare i tifosi, e credere ciecamente a Pantani; oppure no.
La verità, ma lo sappiamo oggi e non lo sapevamo ancora allora, è verosimilmente nel mezzo.
Nel senso che potevamo avere motivo di sentirci un po' traditi (anche lui!), ma non delusi, perché evidentemente Pantani, perfino Pantani, non poteva far saltare il banco.

Oggi, a distanza di anni, sono convinto che Pantani si dopasse anche lui. Sicuramente meno di tantissimi altri, ma il principio era pur sempre il principio. L'eroe non doveva, non poteva.
Sono parimenti convinto che lui fosse parte del sistema, nel senso che non concepisse se stesso al di fuori di esso, a meno di non pagare uno scotto enorme (come poi è stato).

Altro esempio. Nel 1996 Marco era fermo in seguito all'incidente con la jeep. Lo intervistai, e non potei non fargli una domanda sul doping, "cosa ne pensi, cosa bisogna fare". La prima cosa che disse fu "occorre chiarezza", tiritera insopportabile che ora viene mutuata dai Gattuso della situazione.
"Ci vogliono dei controlli seri", d'accordo. E poi, DRANG!, "Quello che non viene trovato ai controlli non può essere considerato doping". Marco Pantani, non Michele Ferrari.
Mi parve una cosa forte, detta da lui. "Ah. Posso scriverlo, questo?". "Certo".
Lo scrissi. Non pensai che Pantani fosse un dopato di prima categoria, ma pensai che anche lui accettasse quel sistema. Poi rimossi tutto, quando Pantani tornò in sella e mi rifece sognare come nel '94 e nel '95.
Il 5 giugno è la data della fine della rimozione del ragionevole dubbio, dubbio che a quel punto prese il sopravvento.
A caldo fu così. Mi dispiace, ma fu così.

Il tempo ha poi riassestato un po' le cose. Il senso di tradimento se n'è andato, e anche quello di delusione. È rimasta solo una enorme amarezza, per come Pantani aveva pagato più di tutti; e un grandissimo affetto per quell'uomo fragile, ma l'affetto non era mai venuto meno.

Ecco, allora, quando pensate ai giornalisti che più odiate, pensate anche che sono uomini, che possono essere incappati anche loro nel meccanismo della rimozione del ragionevole dubbio, che possano essersi sentiti traditi anche loro.

Chiedo scusa per la lunghezza, e per qualche passaggio eventualmente poco chiaro. Sono a disposizione per ulteriori spiegazioni.

 

[Modificato il 22/04/2005 alle 03:35 by Marco Grassi]


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/04/2005 alle 12:15
Dopo la mina ben piazzata di Marco Grassi voglio intervenire su alcuni aspetti della vicenda Pantani, lasciando ad altri l’argomento "quarto potere", io potrei fare una grossolana accusa alla "Orson Welles", e niente di più.

Che fino ai fatti di Campiglio la diffusione dell’epo riguardasse con approssimazione per eccesso tutti i corridori, è accettabilissimo, e non credo proprio che Pantani sfuggisse ai meccanismi del ciclismo professionistico.
Nel forum, la mia personale battaglia è stata quella di dimostrare, attraverso l’osservazione dell’alterazione delle prestazioni, per la tipologia di corridore alla quale apparteneva Pantani, neppure con l’uso sistematico del doping avrebbe potuto ristabilire il divario naturale tra sè e gli scalzacani.
È un fatto importante, perchè ci sono ancora creduloni che pensano che il doping sollevi egualitariamente il livello di tutti i corridori, indistintamente, e che tutti accettino questa pratica perchè alla fine i valori sportivi vengono ristabiliti: ebbene questa è una menzogna, l’uso omogeneo del doping all’interno del plotone non ristabilisce i valori sportivi naturali.
Dico tutto ciò perchè spesso si tende ad inquadrare la questione doping solamente sotto il profilo etico e non sotto quello sportivo: quando Pantani vinceva sulle strade del Tour non era assolutamente un "primus inter pares", ma un corridore vincente nonostante l’handicap.
Questo mi preme, e chi mi conosce da tempo già lo sa, il resto sono provocazioni o chiacchiere, per amore di quella polemica che adoro.

Questione sistema: il ciclismo è un ambiente chiuso, qualunque corridore fa parte del sistema ciclismo e probabilmente il suo modo di pensare viene condizionato dal costume dell’ambiente.
Detto questo, e non avendo mai ritenuto Pantani un pozzo di scienza, occorre comunque notare che nell’intervista che ti ha rilasciato (Marco Grassi) ci sono due passaggi consequenziali: A) occorrono controlli seri B) ciò che non viene trovato nei controlli non è doping.
Nemmeno io lo condivido, probabilmente nel forum nessuno lo condivide, ma c’è differenza rispetto a quanto sostenuto da Armstrong e Ferrari: A) allo stato attuale delle cose B) ciò che non viene trovato nei controlli non è doping.

Ma la mia domanda sulla questione sistema era questa: perchè mai in quel gennaio del ’99 Pantani se ne venne fuori criticando "io non rischio la salute" ? Nonostante il suo caratteraccio ribelle, faccio fatica a credere che fosse mosso da un delirio di onnipotenza, e se Pantani fosse stato un "ferrarizzato" come Armstrong, esattamente come Armstrong avrebbe lodato i controlli antidoping per sostenere attraverso di essi la propria falsa verginità.
Perchè mai, se fosse stato persona profondamente consapevole dei meccanismi del sistema, avrebbe dovuto lagnarsi? Sono un colabrodo, sono inefficaci, colpiscono qualche sfigato di secondo piano perchè sia offerto in pasto al pubblico, uno specchietto per le allodole. Un perfetto ingranaggio del sistema, se tale fosse stato, non avrebbe dovuto arruffianarsi la federazione?

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 23/04/2005 alle 00:08
Per marco Grassi: Io credo che , a volte, l’errore che si fa è pensare al potere ( già questa parola è comoda da usare perché riassuntiva di molto, ma troppo vaga) come un monolite che agisce con razionalità priva di screpolature e con piani sempre preordinati da realizzare.
Il potere è bizzarro, invece, era questo l’ammonimento che Pasolini dava agli studenti di Valle Giulia: credete di combatterlo e ,invece, il potere può perpetuarsi solo attraverso voi. L’eterogenesi dei fini, insomma.
Il dossier di Donati è del 1994, esce sulla Gazzetta nel 1996 ( pochi mesi dopo il fallito blitz dei nas al Giro, fallito perché le squadre furono avvertite con anticipo e fecero sparire tutto, non so come finì l’inchiesta e perciò lasciamo nel vago chi fu sospettato della spia), Conconi diventa un bersaglio su cui sparare colpi pesanti nel 1998.
Un caso? Può darsi , ma le date sono sospette e io credo che ci sia stato non un piano ma un “ si può fare”.
Solo che a quel punto non è uno scandalo qualsiasi: è doping di Stato, finanziato dallo Stato, protetto dallo Stato in una Università pubblica italiana. Conconi ha ruoli importanti anche nel Cio, i suoi allievi e allievi degli allievi hanno sparso l’insegnamento del maestro in tutto lo sport.
Quello che si rischia è che il giocattolo si rompa davvero, che vengano coinvolti ministri dello sport e quello scandalo va riparato.
Si può anche continuare a mettere sotto accusa il Coni per la gestione finanziaria ( come, infatti , si fece), si può combatterlo perché non ha avuto le Olimpiadi, si può fare tutto ma lo scandalo del doping di Stato va riparato.
Anche perché, estate 1998, parte Zeman con la denuncia dell’uso di doping nel calcio e dopo brevi indagini si scopre lo scandalo colossale dei controlli sui calciatori all’Acqua Acetosa. Il presidente del Coni si dimise immediatamente.
Subito dopo l’incriminazione di Conconi arrivano quelle dei dirigenti Coni, tutto ciò va riparato.
Va mostrato, con segnali forti, che si è trattato di errori, di ignoranza dei fatti, che il doping non è un sistema.
Si rispolvera Donati, si lancia Io non rischio la salute ma le federazioni dicono no, sanno bene che se ci fossero i controlli ematici si troverebbe quello che già si trova nel ciclismo ( unico sport dove vengono fatti sin dal 1996),gli atleti dicono no.
La FCI dice sì. Sommiamo i controlli. I corridori dicono no ( anzi, lo mandano a dire attraverso pantani).
A quel punto che si fa? Io non rischio la salute non basta più, serve un capro espiatorio su cui concentrare lo scandalo. Non è detto che ci sia un piano studiato a tavolino, i meccanismi di creazione del capro espiatorio in una comunità in difficoltà si mettono in moto quasi da soli.
Pantani ha le caratteristiche necessarie: più popolare del suo sport, amatissimo, appartenente a uno sport poco potente con una Federazione amica che non lo difenderà ( anzi), poco importante per il Coni ( il ciclismo professionistico su strada non è sport importantissimo per il Coni), si è pure esposto contro Io non rischio la salute: che si vuole di più?
A quel punto scatta un nuovo “ si può fare”. Una settimana dopo Campiglio è indagato da tre procure ( il 4 giugno era l’emblema dello sport pulito), indicato al pubblico ludibrio come dopato d’Italia ( in realtà è stato fermato a tutela della salute perché non ci sono mezzi per trovare l’epo esogena, l’ematocrito è una traccia ma non una certezza).
Certo che si sarebbe preferito che Pantani reggesse al massacro ( lo scandalo doping concentrato su di lui ma lui continua a correre, a vincere, a portare telespettatori e lettori, magari qualche sponsor in meno perché questo spostamento di sponsor da altri sport al ciclismo che Pantani aveva prodotto non è che stava bene proprio a tutti…), infatti la gazzetta con una mano lo massacra e con l’altra, si disse all’epoca, gli offrì mezzo miliardo per fare il Giro del 2000.
La TV di Stato con una mano linciava il dopato e con l’altra chiamava a raccolta i telespettatori perché assistessero al miracolo di Courchevel e magari pure a quello di Morzine ( vedere l’audience di quelle tappe, il TG che apre con la fuga di pantani a Morzine…).
Appunto perché il potere non è un monolite, procede a strappi e contraddizioni, perché solo se imprevedibile sa trasformarsi per non finire.
Invece repubblica lo massacra senza se e senza ma ( solo Gianni Mura qualche ma lo dice), ma per un gioco ( di potere, ovvio) che Repubblica conduce da anni, un gioco che i lettori abituali di Repubblica conoscono e che su Pantani ha effetti devastanti ( non mi dilungo su questo, sarebbe un discorso del tutto politico che non serve fare qua).
Tu dici , Marco Grassi, che non si voleva credere che Pantani avesse quel medico alla Carrera ecc.
Guarda, ho un libro del 1996 che si intitola l’uomo che viene dal mare e ama le montagne ( Pantani), c’è una breve dichiarazione di grazzi, è presentato così: medico, équipe Conconi..
No, non credo ai tanti Alice nel paese delle meraviglie di quei giorni, il sistema doping è sotto gli occhi di tutti, Bergonzi nel suo libro su pantani descrive una normale serata al Giro: tutti con le macchinette a misurarsi l’ematocrito, il tam tam fra le squadre perché erano stati avvistati i controllori, reverberi che dice a beppe conti che si è trattato di un fatto nuovo: le macchinette dell’Uci erano tutte tarate per regalare due/tre punti di ematocrito a tutti, proprio quella mattina furono tarate giuste………
Meno di un anno dopo Campiglio fu cambiata la normativa: per essere sospesi a tutela della salute non bastava avere l’ematocrito a oltre 50, l’emoglobina doveva arrivare a 17. Cioè pantani, con queste nuove regole, non sarebbe stato sospeso.
No, il sistema vuole, protegge, finanzia il doping, è un business stramiliardario.
La frase “ è doping quello che si trova ai controlli”. Detta da Pantani significa: Noi ciclisti siamo gli unici a fare i controlli ematici, perciò, ovviamente, gli ematocriti alti li trovano solo a noi, dal momento che non è certo che l’ematocrito alto sia sempre segno di assunzione di epo, fino a che non si trova il modo di rintracciare l’epo con certezza, l’ematocrito alto significa sospensione a tutela della salute ma non doping.
Facciamo regole certe, altrimenti i soli ciclisti vengono criminalizzati come dopati in una giungla di normative incerte ( ematocrito a oltre 50, no, non basta, bisogna avere anche l’emoglobina a oltre 17,come le tarate le macchinette?ecc. ecc.)
Nella giungla è possibile il ricatto: ti becco quando ti voglio beccare, se mi fa comodo non beccarti non sei dopato. IL, trionfo dell’ipocrisia.
Al fondo c’è una petizione di principio: se vieni beccato con oltre 50 di ematocrito la prova che sei un dopato è data dal fatto che tutti sanno la reale diffusione del doping, lo sanno da prima di beccarti, la prova precede il fatto.
Per Aranciata Bottecchia ( Davide), non ho capito quello che vuoi dire quando parli del gap fra Pantani e le mezzecalzette.
Noto che tutti i grandi rei confessi del doping ( Manzano, Simeoni, Mondini, il di arista pubblicato da Capodacqua ecc.) non hanno mai vinto praticamente nulla.Un caso.
Io penso che dall’antica Grecia a oggi il doping c’è perché c’è la scienza, che si usa, in ogni epoca, il meglio che è a disposizione e che vince sempre il campione. Come diceva Coppi: la bomba la prendiamo tutti, ma io arrivo mezz’ora prima degli altri”.



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 23/04/2005 alle 02:34
Ciao Anna Rita, mi limito a rispondere in merito alla piccola particina che mi vede coinvolto, per cercare di chiarire il mio pensiero.
Una prima bozza di carattere generale la scrissi in novembre, chiamandola "elogio della mediocrità"
La riporto anche ad uso e consumo degli altri forumisti.

postato il 09/11/2004 alle 11:57
Supponiamo che per la "macchina umana" esista un "tetto" per la
prestazione, ovvero un limite verso il quale essa tenda senza
tuttavia poterlo raggiungere.
Nelle discipline sportive dove la prestazione viene misurata
numericamente, che siano i secondi impiegati nei cento metri piani
piuttosto che i kilometri percorsi in un'ora nel velodromo, il
progressivo superamento dei record comporta che questo limite non
sia stato mai raggiunto, ma intuitivamente questo sviluppo può
procedere all'infinito solo teoricamente, perchè non vedremo mai un
centometrista tagliare il traguardo alla velocità della luce così
come l'atleta del salto in lungo non spiccherà mai il volo come una
rondine (sempre che i comitati etici riescano a frenare le
manipolazioni genetiche...).
Quindi supponiamo che esista il "tetto".
Come ha giustamente suggerito Morris, oggi consideriamo il doping di
Anquetil uno "zuccherino", ma lo stesso Anquetil all'epoca avrebbe
confessato di doparsi per ristabilire la distanza "naturale" tra sè
stesso e i suoi avversari fraudolenti che in qualche modo cercavano
di colmare il vuoto.
Poichè diamo per credibile che il 99% del plotone pratichi il
doping, sistematico o episodico che sia, "hard-core" piuttosto che
"soft", se ne può dedurre che tuttora i campioni autentici finiscano
nel torbidume del paradiso farmaceutico con l'intenzione di
ristabilire l'equilibrio che era stato predisposto da madre natura
(e penso ad Argentin, a Bugno, a Pantani o Museeuw, solo per fare
qualche nome).
Ma l'impresa non sarà mai pienamente raggiungibile, perchè se
l'ipotetico limite prestazionale esiste (che sia di potenza o di
resistenza indifferentemente), allora il CAMPIONE NATURALE sarà ad
esso molto più vicino di quanto non lo sia il MEDIOCRE NATURALE, di
conseguenza il campione autentico disporrà di un margine di
incremento prestazionale inferiore rispetto al mediocre, perchè
potrà avvicinarsi solo di una piccola misura al limite della
"macchina umana" che non può essere violato, mentre il mediocre si
vedrà catapultato in avanti, fino quasi a sfiorare la prestazione
del campione.
Accade poi che il mediocre, ritrovandosi l'equilibrio fisiologico
sballato, il più delle volte di rivelerà essere la cosiddetta
"meteora".
In definitiva il doping è l'ELOGIO DELLA MEDIOCRITA'.
Probabilmente per questo motivo abbiamo l'impressione che, rispetto
all'età dell'oro, i nostri siano i giorni della mediocrità, dove le
prestazioni migliorano eppure ci ritroviamo ad un livellamento verso
il basso della qualità dei corridori.


Certo, non è scienza, al limite filosofia e pure di quella spicciola.
Non dimentichiamo però che
1) La combinazione anabolizzanti/epo innalza la soglia oltre la quale si passa dalla sfera aerobica a quella anaerobica.
2) La grande qualità naturale degli scalatori, che fossero indipendentemente Pantani o Josè Maria Jimenez o Gibo Simoni, è la capacità esplosiva di lavorare con i muscoli gonfi di acido lattico, cioè in ambiente anaerobico, varcando quella soglia al di sotto della quale si godono invece i maggiori benefici della combinazione epo/ormoni.
Hai presente i passisti che "vanno su" coi rapportini, con frequenze di pedalata impensabili, e che giungono al traguardo con i migliori scalatori? Il loro scopo è mantenersi il più a lungo possibile nella sfera aerobica.
L’alta velocità con la quale il plotone affronta la prima parte delle montagne ha lo scopo di portare immediatamente i passisti-scalatori ad un filo dalla soglia, condizione ideale per essi, condizione però critica per gli scalatori puri, che sono costretti a ritardare l’attacco verso il finale di tappa (perchè la "rasoiata" non è più in grado di fare la differenza sul plotone), finale di tappa che tuttavia spesso li vede bolliti.
In questo caso a patire un gap "innaturale" non è il solo Pantani, ma l’intera categoria degli scalatori puri.
Non sono un visionario, è una circostanza che F errari, B ruyneel e A rmstrong hanno dimostrato ampiamente, alla pari di qualcuno che li ha preceduti.
3) Uno dei vantaggi dell’epo è la maggiore capacità di ossigenazione dei tessuti, e quindi una maggiore velocità di recupero tra una tappa e la successiva.
In assenza di doping, sarebbero i minuti scalatori o i massicci passisti a presentare una maggiore capacità di recupero?

Insomma, Pantani pativa un gap in quanto campione naturale, cioè vicino per natura al tetto della prestazione massima della macchina umana, cioè disponendo di minori margini di miglioramento rispetto a corridori di rango inferiore.
Inoltre, alla pari di tutti gli scalatori puri, nelle corse a tappe pagava dazio ai passisti.
In definitiva l’uso che Pantani faceva del doping (ipotizzando realisticamente che ne avesse fatto uso), poteva sortire nella sua psiche la sensazione di ristabilire l’uguaglianza stabilita da mamma natura, ma la eraltà batteva altre strade, poteva al limite ammortizzaresolo in parte la rivoluzione introdotta dal doping ormonale.
Assai differente, radicalmente differente dalle anfetamine assunte da Coppi o Anquetil.
Assai differente dal vino tracannato dagli atleti per sopportare il dolore e il sangue che scorreva a fiumi sugli agòni di Olimpia.
Chiaramente scrivo tutto ciò pensando anche agli altri forumisti, per alimentare il dibattito (o la polemica).
E posso anche cambiare idea se qualcuno mi spiega con logica e razionalità che le cose stanno differentemente.

Tornando alla questione "capro espiatorio, potere e strumentalizzazione dei media", si può dire che l’ancestrale istinto di sopravvivenza dell’individuo si ripercuote anche sulle dinamiche di un insieme di individui? Cioè che qualora gli istinti di sopravvivenza di più individui (classe dirigente, potere) arrivassero a coincidere, a collimare, senza che tra gli stessi individui ci fosse necessariamente intendimento o comunicazione, questa sommatoria di istinti si esprimerebbe come se fosse peculiare di un solo essere? È questo il concetto?
Un saluto cordiale.
Davide

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 25/04/2005 alle 16:25
Ti ringrazio della spiegazione Davide.
Ricordo Conconi che diceva ( cito a memoria) che il doping non è creazione dal nulla.
Attraverso il doping un atleta può arrivare ai limiti estremi delle sue possibilità, limiti che non toccherebbe mai solo attraverso il suo talento o gli allenamenti,
Ma, appunto, delle PROPRIE possibilità ( evidentemente le possibilità sono diverse fra un fuoriclasse e una mezzacalzetta).
Questo spiegherebbe anche perché atleti che hanno confessato un uso industriale di sostanze dopanti non abbiano mai vinto praticamente nulla.
Appunto perché, a d armi pari, il campione vince e che non lo è non vince.
Non so se un campione non dopato sia più vicino ai limiti estremi delle propri possibilità di quanto non lo sia un atleta mediocre, se così fosse, l'affermazione di Conconi andrebbe integrata con le tue considerazioni.
Su una cosa siamo certi: per chi ha talento il doping è uno svantaggio ( lo dice anche Bergonzi nell'articolo che ho postato), ma in un sistema dopato l'adeguamento è necessario.
Sul potere: si può essere d'accordo o meno sulle premesse "politiche" del mio tentativo di ricostruzione, ma quello che è avvenuto dopo il 5 giugno 1999, l'accanimento accusatorio, il massacro dei media, le squalifiche che non stavano in piedi ecc., è una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Una realtà che ha demolito Marco.
Ciao Maria Rita ( non anna rita).

 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jul 2004

  postato il 25/04/2005 alle 17:47
Ciao Maria Rita (chiedo scusa per la gaffe).
Pongo l’attenzione su questa frase
«Ricordo Conconi che diceva ( cito a memoria) che il doping non è creazione dal nulla.
Attraverso il doping un atleta può arrivare ai limiti estremi delle sue possibilità, limiti che non toccherebbe mai solo attraverso il suo talento o gli allenamenti»

Permettimi di dire agli amici del forum che questa di Conconi è una frase fuorviante, è fumo negli occhi.
Notate alcune contraddizioni: un atleta ha delle "possibilità", ma queste sono raggiungibili attraverso il doping.
Chiunque può capire che si tratta allora di "impossibilità" e non di "possibilità", giacchè senza il doping non sarebbero raggiungibili, tanto che candidamente il Conconi si sconfessa da solo: « limiti che non toccherebbe mai solo attraverso il suo talento o gli allenamenti».
Dobbiamo differenziare allora quelli che sono i "limiti naturali", che esprimono valori assoluti, da quelli che sono i "limiti assoluti", che esprimono valori relativi.
Senza doping, qual’è l’atleta i cui limiti naturali sono più vicini ai limiti assoluti?
Con il doping, qual’è l’atleta che possiede minori margini di miglioramento dei limiti naturali verso quelli assoluti?

La reazione di un corpo a differenti dosaggi ormonali è uguale per tutti gli atleti?
La scommessa di Conconi è di questo tipo: "vediamo quali sarebbero i limiti del tuo corpo se possedesse una produzione di eritropoietina superiore a quella che la natura ti ha attribuito".
La scommessa del Conconi di domani sarebbe di questo tipo: "vediamo quali sarebbero i limiti del tuo corpo se possedesse dei cromosomi differenti da quelli che la natura ti ha assegnato".
La menzogna è la stessa, non sono limiti "PROPRI", sono limiti ottenuti con innesti dall’esterno, sono limiti ibridi.
Michele Ferrari a pieno titolo è co-intestatario delle sei vittorie sulle strade del Tour de France.

Ritengo comunque che il doping ormonale funzioni con un effetto "moltiplicante" e non "sommatorio", cioè il doping non aggiunge aritmeticamente qualcosa alle tue prestazioni naturali, piuttosto le moltiplica, partendo da basi differenti, perchè differenti sono i valori naturali degli atleti, e agendo con percentuali di miglioramento differenti, perchè differenti sono le reazioni del corpo agli agenti dopanti.

La frase di Conconi può nascondere un fondo di verità se riferita al doping del sistema nervoso circolante fino alla fine degli anni settanta.
Riferita al doping ormonale, a mio avviso è pesantemente interessata, accomodante, una sorta di giustificazione etica, come se il dottorone sostenesse di limitarsi a tirar fuori ciò che è nelle corde di ciascuno.
Quando osservo un body builder non vedo una persona che ha raggiunto i propri limiti personali di essere umano, vedo un citrullo che li ha stravolti, un Frankenstein costruito con gli ormoni ricavati dalle ghiandole dei vitelli.

Salutissimi a Tutti quanti.

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 30/04/2005 alle 01:10
Non volevo intervenire di nuovo su questo thread, ma dopo il fattaccio del “no” del Prefetto di Forlì-Cesena alla collocazione del Monumento a Pantani nella sua cittadina di Cesenatico, nonchè la supina accettazione del Sindaco del luogo, sono così incavolato da sentire il bisogno profondo di farlo……



Alu.....
solo due parole a riguardo:
anche a me ha emozionato come corridore.
con le sue imprese.
come personaggio mi piaceva un pochino meno. a me piacciono i tipi alla bugno. con le sue bandane, pizzetti ed orecchini non solo estetici si prestava come icona-modaiola-mentale su orme calcistiche.

Aggiungici pure quelle politiche (bandane e orecchini)….Ogni generazione ha i suoi ornamenti simbolici. Chi di noi non ha mai avuto atteggiamenti un po’ particolari? Il suo raparsi alla Yul Brinner, ha anticipato quella di tanti calciatori…. Quando giocava a calcio le partite benefiche, ad esempio, spesso calzava scarpe da ginnastica e non scarpini calcistici i. Non si ricercava, era così, faceva tutto sull’istinto e questo, lasciamelo dire, è uno dei principali motivi per cui l’ho visto straordinario da subito ….

pantani non era un´ artista.
era un´ atleta. uno sportivo. un fuoriclasse.
l´ arte e´ altra cosa.

Su questo ho già discusso con Claudiodance e non mi ripeto. Mi limito a dire che se la considerazione più generale mette Eminem fra gli artisti….. allora Marco Pantani era un plutoniano….

constato con rammarico che una certa "fulgidita´ eroica" e´ presente sempre col senno di poi. dire che una persona e´ caratterialmente debole non e´ un´ insulto. la debolezza e´ una componente dell´ umana caratterialita´. e´ congenita. come il coraggio ed il carisma.
anzi, qualche volta ,essa, ci rende piu´ o troppo in certi casi, umane, certe persone.


Concordo in gran parte, ma il suicida o chi si lascia andare ad una morte lenta, non sempre è un debole, spesso trova nel coraggio della morte (bisogna provare cosa significhi mettersi una pistola carica alla tempia per dirlo), l’ultimo disperato acuto del proprio messaggio. Nessuno di chi si è posta la spiegazione di quell’atto fatale e conclusivo, da Kierkegaard a Schopenhauer a Durkaim, solo per citarne alcuni, è stato convincente. Il caso di Marco, secondo me, si dischiude nel momento in cui s’è sentito ucciso nella sua immanenza più profonda e nella consapevolezza che la sua battaglia non avrebbe mai potuto vincere quell’onda che lo voleva annegare. Queste cose, se ben guardi, sono comuni agli artisti supremi. Un conto, era tornare dopo atroci allenamenti il corridore che doveva correggere una gamba spezzata (vedere la sua rieducazione da vicino, ha lasciato me ad altri, in uno status di ammirazione–shoc incancellabile), ed un conto era combattere da solo (perché abbandonato da tutti, colleghi in primis), una guerra multiforme. L’ho detto ancora: su Pantani si è sviluppato uno dei linciaggi più vergognosi, mai svolti in un paese che si vanta di essere civile.


Mestatore.....
…di qui capri espiatori, amnesie che non sono più tali, personaggi un tempo scomodi ripescati per salvare la faccia.
avvenimenti simili a quelli descritti li ho visti capitare mille volte in università, dove pure i corposi interessi in gioco sono infinitamente minori rispetto a quelli accuratamente ricostruiti ( dal salvare il calcio alle poltrone del coni): non c' è un grande vecchio che fa un complotto perfetto, ma gli interessi di tanti omuncoli che si saldano e consentono di rendersi "amici ai potenti", salvare le poltrone , fare carriera, riposizionarsi negli schieramenti .


Esemplare Mesty!

Fante.....
Se davvero molti frequentatori di questo forum sono guidati dal totem di far conoscere alla maggior parte dell'opinione pubblica le verità su pantani, occorre infilarsi nelle trasmissioni radiofoniche e televisive che parlano di sport.Io qualche strategia ce l'ho e mi piacerebbe prossimamente condividerla e metterla in atto.a presto


Siamo sicuri che sia facile, quando è in atto un tentativo gigantesco sul tipo: “dai…. la vita va avanti…..guarda Tizio, guarda che razza d’impresa ha fatto Caio”? Strategie vanno ricercate sempre, ma si sappia che gli stessi interessi che hanno ucciso Marco come capo espiatorio, sono ancora lì a combattere per rimanere puliti agli occhi dei beccaccini e degli ipocriti….
Intanto noi inviamo dei fax al Comune di Cesenatico, tanto per far capir loro, che non li abbiamo persi di vista…..

Tondani.....
Ok, c'è l'adempiersi della faida post crisi di governo tra prodiani e diessini in ambito sportivo. Ceruti sta con i DS e quindi ha un ruolo coerente con questa tesi. Pescante è di Forza Italia e ci lascia le penne.
Ma come mai nel 2001, quando tutto il potere passa al centrodestra le persecuzioni al ciclismo aumentano? Il capro espiatorio ora era già stato immolato. Lo si faceva ancora per spostare l'attenzione dal calcio dove tutto il potere economico e politico concentra i suoi interessi? Ma in questo caso Ceruti fa gli interessi del centrodestra???


Ceruti aveva uno scopo: diventare parlamentare. Essere presidente di una Federazione sportiva contava poco, se non si segnava il mandato con qualcosa di eclatante. Il doping, a livello di facciata, era il terreno ideale. Ovviamente bisognava saper fare, ma questa non era materia in suo possesso. I DS, sono la delusione storica della sinistra, dentro quel partito che ho pure votato, c’è di tutto e dai suoi stanzoni sempre più vuoti, c’è da aspettarsi persino l’aria fritta, soprattutto pensando al ruolo di due che all’epoca dei partiti veri, basati su spinte ideali, avrebbero fatto gli uscieri e i telefonisti: Veltroni e D’Alema.
Quando si deve salvare poltrona, poteri, dio danaro, prestigio, credibilità con la regia dell’ipocrisia non ci sono distinzioni di area politica, perlomeno in quella che tutti trattano attraverso l’acculturazione dell’elettrodomestico televisivo. In quegli anni, all’interno dell’inutile e/o carrozzone CONI, i dirigenti cercavano partiti politici o aree più adatte alla funzionalità dei loro giochi di applicazione di pece fra fondoschiena e poltrona. Lo fanno anche oggi sia chiaro, ma dall’esplosione di Tangentopoli al secondo governo Berlusconi, il ritmo di ricerca è stato asfissiante. Pensare che certi nomi siano collocabili all’interno di qualcosa che non sia eterogeneo ruolo di paggi di corte, è come credere che un tapiro stia tranquillamente a vivere in Corso Sempione a Milano. Chi ha vissuto come me le stanze del mondo sportivo di quel periodo sa bene cosa intendo….

La posizione de La Repubblica: Avete visto come Eugenio Capodacqua negli ultimi mesi non esiti a sparare sull'ambiente, nonostante è l'unico sport in cui si fa pulizia? Nel 2004 hanno fatto fuori tre campioni del mondo (Millar, Camenzind, Hamilton) e un sacco di gente di livello alto. Non si vedono più quelli che vincono tutto per un anno e poi scompaiono. Nei grandi giri si vede gente che prende da un giorno all'altro delle cotte paurose...
Petacchi ha provato al termine della Tirreno a polemizzare con Capodacqua ma tanto è il giornalista che avendo un giornale per se ha il coltello dalla parte del manico.


Dare troppo credito a Capodacqua significa uccidere una parte di se stessi. Diciamo che è uno squallido clown che può essere persino divertente nei suoi autogol se non recitasse un ruolo comunque tragico alla verità, alla comprensione e all’elevazione delle entità dei problemi. In altre parole un giullare che scrive su un giornale che mi sento onorato di leggere poco, fin da quando “barba bianca”, modesto scrittore con la vocazione verso il girasole, lo fondò. Fogli che non si redimono con le firme di Leonardo Coen: un Capodacqua solo più capace di scrivere, ma pure peggiore per l’ignavia delle sue parole, sempre e comunque stese all’interno di una supina accettazione di chi conta e che lo può schiacciare come un moscerino. Questo intellettuale forte in un paese dall’intellettualismo perduto nelle facciate che contano, rimane un buon sonnifero per chi legge senza ideali, ed uno da evitare, sempre, se non si vuole stuzzicare troppo la propria pazienza e le parti bestiali che vivono in ogni uomo. Repubblica è un giornale di apparente denuncia che ti obbliga ogni volta ad approfondire i perché e le motivazioni dei suoi percorsi, ma che poi alla fine scopri perfettamente sincronico al potere, almeno otto volte su dieci. Un brutto ceffo di carta, appartenente ad un gruppo editoriale che, escluso Radio Capital (limitatamente alla sola musica), rappresenta un bel esempio della pochezza della nostra editoria. Pensare che Repubblica sia il New York Times o il Washington Post italiano è da 59 nella Scala Wechsler-Bellueve e che poi i beccaccini della sinistra (tanti, anzi troppi) l’abbiano scelto come organo di redenzione è da guinness delle comiche.

E Bicisport? Nei primi anni '90 Conconi è stato intervistato e osannato più volte sulle riviste di Neri. Il quale dal 1994 ha iniziato a invocare la Coverciano dei Tecnici e il ritorno del tecnico dell'ammiraglia. Come dire che nei preparatori e nei procuratori c'era del marcio. Ma mai e poi mai ha fatto mea culpa dell'incensazione fatta di alcuni carneadi, alcuni dei quali addirittura dovevano diventare da russi a italiani per vestire la maglia azzurra. Cosa sapeva BS di quelgi anni? Cosa non ci ha detto? Chi proteggeva? BS ha passato 6 anni a dare a Ceruti anche la colpa dell'asfalto viscido in caso di pioggia, ma mai che abbia affrontato con serietà il problema del doping o anche singoli episodi come quelle del pollo al probenicid mangiato a Liegi o delle caramelle alla coca della zia colombiana.


Avendo vissuto quegli anni da dirigente sportivo, so bene quanto Conconi fosse il Messia di ogni operatore di quel mondo. Era lo sport…. e mai nessuno osava contestarlo. D’altronde, togliendo (e non è poco) gli aspetti morali, il professore era e resta un asso come scienziato. Il CONI dipendeva dalle sue labbra, semplicemente perché le “invenzioni” di quel signore, facevano vincere medaglie e facevano tornare ventenni i quarantenni, dando all’Ente dei meriti che non si è mai guadagnati. Neri e Bicisport si sono adeguati al trend, più o meno come tutti. Quando BS ha iniziato la campagna per il ritorno del tecnico d’ammiraglia, non ha fatto altro che mettere il dito su una piaga: non esiste uno sport più povero del ciclismo, in quanto a qualità e conoscenza dei suoi tecnici. Naturale che questa figura fosse sostituita dai santoni-zambottini chiamati dottori. Che nell’animo della rivista vi fosse questo o semplice opportunismo non lo so, resta un dubbio forte, alla luce di quello che avviene oggi nella trattazione della vicenda cardine dello sport moderno: il Caso Marco Pantani appunto. Bicisport, sa quello che sanno tutti, ma è un giornale appartenente ad un gruppo editoriale, ed è più facile prosperare senza farsi nemici, piuttosto che dare calci negli stinchi. Il sottoscritto ne sa qualcosa. Sparare su Ceruti era nelle cose, visto che il tutto veniva da un giornale di ciclismo.
Sul doping. Se uno vuole fare di questo flagello informazione e sviluppare una battaglia ideale, non può farlo sull’orticello della propria casa, perché è da stupidi, in quanto il problema e orizzontale allo sport tutto e alla stessa comunità civile, visto che oggi si consumano 4 volte le medicine che si consumavano 25 anni fa, ed alcune di queste, vengono somministrate per motivazioni che ben poco hanno a che fare con la reale necessità medica. Quindi, o sei capace di fare una disamina a 360 gradi nella più completa libertà di trattazione e di azione, contemplando l’intero sport, nonché le scienze dell’uomo senza escludere la politica, oppure fai solo della propaganda o, quel che è peggio, del terrorismo funzionale a quello che va a pescare col fucile, come mister Capodacqua insegna. In questo quadro, Bicisport non è più contestabile di altri, per il semplice motivo che, come gli altri, non vuole pestare i piedi a nessuno di quelli che contano, calcio in primis.

Pantani sarà anche un capro espiatorio ma non diamogli la patente del profeta-martire o dell'intelligentone che aveva capito tutto subito.


Il profeta è quello che dice per primo una cosa che poi s’avvera, e Pantani è stato l’unico sportivo italiano degli ultimi trenta anni, ad averlo fatto da posizioni dove ci poteva solo perdere. Se mi trovi un altro caso t’applaudo, ma sappi che non esiste. Per aver consapevolezza su come abbia anticipato tutti, basta guardare le date delle sue dichiarazioni pubbliche. Chi lo ha conosciuto di persona ed in privato poi, non può che confermarlo.
Martire lo è stato ben oltre la ragionevolezza dell’intelligenza, ed è ancor più grave la constatazione che sia stato l’unico a livello mondiale.
Intelligentone è un’espressione che nella mia terra si usa per non dire "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente". Ebbene sì, quel "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente" aveva capito tutto prima degli altri, quindi se lui è un "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente", c’è da chiedersi cosa siano gli altri.

Lui era un grande campione sui pedali e ci ha dato emozioni inegualgiabili.
Ma certe sue prese di posizione a me sembrano più il frutto di una personalità forte, al limite della presunzione.


Un campione, un artista, ha sempre un buon livello di presunzione. Fa parte del suo ego e se non fosse così, non sarebbe quel che vediamo, ma uno dei tanti che esprimono solo una parte del proprio potenziale.

E così lui pensava di essere un grande leader intoccabile che poteva dire e fare quello che voleva, altro che quello che aveva capito tutto! Il nostro mancava di diplomazia...


Lui era veramente un leader, un riferimento. Trovami un altro che con la maglia gialla addosso, ed un Tour praticamente vinto, si mette a sedere sull’asfalto per difendere una categoria che pagava, con metodi da medioevo, per tutte le altre. Trovami uno che abbia detto che le dita nel culo a Zulle (giusto per fare solo uno dei tanti nomi che ha subito quella non voluta visita ginecologica), non rappresentano un insulto ed una ingiustizia per la quale nemmeno la maglia gialla può reggere il peso. Tanto più di fronte alla consapevolezza che colleghi, forse anche più sporchi viventi sulle acque delle piscine o su un campo verde dietro ad un pallone, venivano riveriti di onori. In quanto alla Francia, paese teatro di quella buffonata che non ha risolto un celeberrimo "particolare anatomico che, se rotto, simboleggia seccatura", e terra sempre pronta alla “grandeur”, è bene se ne stia zitta, perché la cecità e le collusioni sul flagello doping, in occasione dei mondiali di calcio ’98, non ha pari in nessun altro paese.
Bèh, Pantani s’è messo in gioco, ed ha salvato quel trombone di Leblanc. Il fatto poi che il signore in questione, abbia partorito in seguito un atteggiamento ostile verso Marco, dimostra che la volontà di usare il capro espiatorio che l’Italia aveva offerto, si allargava anche al resto del mondo del ciclismo, UCI ovviamente compresa. In fondo, faceva comodo dare un segno di efficienza, quando i controlli erano spesso delle burle.
Mancava di diplomazia? Bèh questa è un’orrida parola per un genuino, un istintivo (perciò ancor più grande), un generoso. Diplomazia, è termine da tenersi naturalmente alla sfera della politica (dove spessissimo e solo compromesso vergognoso). Nello sport, sovente, fa a pugni con la logica, l’etica e persino la verità. E poi, quando conosci dal di dentro questo mondo e vedi che il grave è stato tratto, la diplomazia non esiste proprio, a meno che non la si voglia scambiare per stupidaggine, presa per il volgare culo, o iniezione di quella neoplasia che è l’ipocrisia.

ma ricordate la lite al giro con Tafi (allora campione nazionale)? Il giorno dopo il povero Andrea fu pure picchiato in fondo al gruppo. O la spallata a Gotti nella tappa piemontese? E che senso aveva volere vincere ovunque? A Lumezzane provò pure lo sprint. Direi che ci ha messo molto di suo nel prepararsi a diventare capro espiatorio...


Anche al più grande di tutti, diedero una borraccia con uno stimolante sciolto, lui scoprì dopo chi gliela preparò e se lo è sempre tenuto dentro, coprendo l’esecutore col suo sguardo. Erano altri tempi e la vittima di quell’atto, era il campione più straordinario che i miei occhi abbian mai visto nelle oltre venti discipline che ho seguito. Aveva dunque armi impensabili dalla sua: tempi decisamente migliori, ed un fisico che gli consentiva di piegare il ferro.
Pantani gli sprint li aveva fatti ancora, alla Vuelta del ’95, per prepararsi alla probabile volata con Indurain ai mondiali di Duitama (sue parole), ed in lui ha sempre vissuto l’istinto al divertimento (stupendo aspetto anche se le logiche della razionalità del menga, pardon della matematica, non lo vorrebbero), quindi di provare una volata ci poteva stare. Tra l’altro hai portato un esempio infelice, perché Lumezzane non è pianura, siamo oltre i 450 metri sul livello del mare e quella fu una tappa senza GPM, ma molto nervosa. Se poi guardi l’ordine d’arrivo di quel giorno, capisci che non ci fu nulla di strano: a vincere fu Jalabert (uno col quale Pantani viveva una sana rivalità sportiva che fu il filo conduttore di oltre metà Giro ’99), secondo lo stesso Marco, terzo Simoni (è un velocista?) e quarto, a 3”, Heras (altro velocista?).
La lite con Tafi andava letta nel quadro di quella cretinata che era la campagna “io non rischio la salute”, dove ancora una volta era il ciclismo lo sport colpito e sacrificato per rendere verginità agli altri. Insomma, non esiste battaglia contro il doping differenziando l’azione a seconda dei coinvolti. Le regole devono essere uguali per tutti. Chi dice che ognuno deve far la propria parte in casa sua, lasciando alle volontà dei dirigenti dei vari settori la posa in opera della trasmissione reale dell’annunciato, fa il miglior favore al doping. Certi giornalisti-preservativo, lo san bene.
Tafi non fu picchiato da Pantani, gli animi erano caldi e la Mapei (gran parlatore lo Squinzi, ma la sua creatura aveva la chimica degli altri e forse anche più degli altri), stava negli zebedei a molti umili. Le risultanze ed il fallimento dello “squinzipensiero” dimostrano che non era quella la via per pulire il ciclismo e lo sport più in generale.
In quanto a Gotti, bèh questo è il corridore più sopravvalutato degli anni novanta, faceva il santarellino ed era pieno fino a quelle orecchie a sventola che si operò prima di Marco. Ogni suo intervento era una frecciata verso Pantani e che il pirata abbia un po’ perso la pazienza, si spiega. Ma non era il solo a cui Gotti stava sui cosiddetti. L’arrivo del nuovo secolo e la scoperta del suo arsenale-camper, ha poi fatto vedere quanto fosse ipocrita il signor Ivan. Non dico altro.

Dispiace ma Martinelli e Gimondi non sono riusciti a tenerlo a bada.


Un campione istintivo, un artista, non si controlla se non attraverso passi di psicologia troppo raffinati per delle persone comuni o in possesso del semplice buon senso. Anche uno studioso profondo può poco, tra l’altro. Lo ripeto per l’ennesima volta: Pantani era così e per questo era grande ed unico. Fosse stato diverso, avremmo visto un semplice campione e non un leggendario. Mettergli i bavagli o legarlo allo scranno alla Vittorio Alfieri, significava trovare il modo migliore per allontanarlo e spingerlo verso i suoi furori interiori. Gestire gli atleti non è mai facile, ma pensare di ridurli tutti ad una catena di montaggio fisico-mentale, è davvero da "gemelli sferici solitamente molto fragili" o da distruttori. Marco quel tipo di persone non le sopportava, ed aveva ancora una volta ragione.

E anche la storia della coca cìè chi dice che fosse iniziata nell'inverno precedente il Giro del 99, non dopo Campiglio.


Questa è una delle tante cazzate romagnole (e nessuno è più "elemento di materiale organico atto a galleggiare" dei romagnoli quando vogliono esserlo!). Marco Pantani era un ragazzo che si voleva divertire come è pure giusto che sia: in fondo la gioventù viene una volta sola. Permettersi qualche stravizio rispetto a quella che è la cosiddetta vita da atleta, è possibile solo a chi ha sangue blu. Marco era uno di questi, oserei dire uno dei più chiari nel fondo blu. Ma nei suoi stravizi c’erano semmai l’alcol, le ore piccole, qualche sigaretta molto di rado, più per scherzo che per voglia (fumava anche Merckx!), ma non certamente la coca. Questa è arrivata dopo l’assassinio (dite quello che vi pare, ma nemmeno sotto tortura vedrei Madonna di Campiglio al contrario). Potrei portare una miriade di invenzioni “comaresche” romagnole sul conto di Marco, alcune addirittura grottesche al punto di mostrare un ammasso di semideficienti, ma per senso di schifo verso queste condite espressioni della mia terra, eviterò di farlo. Comunque, una conferma sull’inizio del consumo di coca in Pantani, che pochi fra i suoi dissacratori han voluto notare, ci viene proprio da una figura che ha recitato un pessimo ruolo negli ultimi anni della vita di Marco: l’ex fidanzata Christine. Costei, che non ha mai risparmiato graffianti dichiarazioni, su un punto è sempre stata coerente: il Pirata iniziò a farsi, all’indomani della pugnalata di Madonna di Campiglio.

Pantani ci ha lasciato un grande vuoto e fortissime emozioni, ma che era uno sfrontato che non ascoltava che se stesso lo sapevano tutti e lo hanno pure detto, era così anche nelle giovanili e nel tempo libero...


Anche qui c’è molta Romagna (terra di chiacchieroni, piena di luoghi comuni, che vede il danaro sopra ogni cosa, dove il ruffianismo è la pecora principale dell’infausta sociologia “mertoniana”, dove si mercifica tutto, cominciando dal sesso, per poi imbastire campagne di perbenismo ipocrita e bacchettone e dove l’invidia è un faro pronto a crocefiggere chiunque faccia qualcosa, ed io l’ho vissuto sulla mia pelle). Pantani era un uomo coi suoi pregi ed i suoi difetti, ma era genuino, non artefatto. Certo, non si fidava dall’imbecillità diffusa, per quella (uso le sue parole), semmai ci pensava da solo a farsela originale. Fidarsi poco nel mondo del ciclismo è ragionevole come ancora di salvezza (su questo frangente il ciclismo è uguale al calcio). Non gli piacevano troppo nemmeno i giornalisti, verso i quali, anche se l’apparenza poteva ingannare, teneva sempre la guardia alta. Marco era uno che decideva da solo: non ha mai avuto un medico (e questo la dice lunga anche per il prosciutto che è ancora davanti agli occhi di un certo osservatorio), andava da molti, li ascoltava e poi ragionava da par suo. S’allenava senza cardiofrequenzimetro, vivendo l’istinto e le sensazioni (una leggenda che mi fa piangere al solo sfiorare l’argomento), era tutto il contrario del programmatore da padelloni infarciti di chimica da zambottini (anche questo dava fastidio se si hanno orecchie per sentire ed occhi per vedere) e se trovava qualcuno di cui si fidava lo disossava di domande. Ai suoi gregari voleva bene, basta vedere quanto li faceva pagare. E poi non è un atteggiamento da sfrontato-testa di "particolare anatomico che, se rotto, simboleggia seccatura" (come qualcuno ha il coraggio di dire nella vergognosa Romagna), incontrare per caso un compagno di scuola di 13 anni prima, uno dei tanti, non l’amicone, lasciare la compagnia dei soliti, e trasferirsi verso il coetaneo per festeggiarlo e passare con lui un paio d’ore come due pari in tutto. Incontrai quel tipo, un ragazzo di Forlimpopoli, che mi raccontò quei particolari con gli occhi lucidi: per lui Marco Pantani era diventato un idolo, non già per le sue imprese sulla bici, o per l’essergli stato uno dei tanti compagni di scuola, ma per l’umiltà e la semplicità con le quali s’era rapportato con lui. Da notare che il periodo di riferimento del particolare, è precedente Madonna di Campiglio.

Adesso so che verrò crocifisso ma questo è quello che penso.


Non ti crocefiggo di certo, ti consiglio solamente di guardare le cose in senso non conformistico e fidarti poco delle chiacchiere e dei luoghi comuni che sono il perno culturale della Romagna, poi usati ad arte da chi ha tutti gli interessi a trasformarli in strumenti che possono sotterrare ancor più la scomoda figura di Marco. Altrimenti, se devi testimoniare semplice antipatia, premettilo direttamente. L’antipatia è una stanza presente nella casa dell’uomo e non ci si deve vergognare se ci coinvolge. Se la si vuole nascondere è peggio, perché lascia dentro noi stessi il disagio della falsità. La schiettezza, anche amara, è sempre da preferire.
Ciao!

(fine prima parte)

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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