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Autore: Oggetto: Un nuovo libro su Marco Pantani, ne parla Repubblica...

Livello Fausto Coppi




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Registrato: Oct 2007

  postato il 26/10/2007 alle 09:39


Un libro riapre in Francia il caso della morte del campione più amato
Sotto accusa l'inchiesta: piena di ombre come i suoi ultimi, terribili mesi
L'affaire Pantani
una tragedia italiana
Il medico che eseguì l'autopsia si portò a casa il cuore del Pirata in un contenitore
Overdose, una verità che faceva comodo a tutti. E tanti dettagli mai chiariti

di GIANNI MURA

Marco Pantani
UN LIBRO appena uscito, di Philippe Brunel, riapre il caso Pantani. L'affaire Pantani, visto che il libro (Vie et mort de Marco Pantani) è uscito in Francia. Brunel, 51 anni, è un giornalista dell'Equipe, di quelli cresciuti nel solco di Pierre Chany. Ha seguito molti Giri, molti Tour, parla un discreto italiano. Siamo amici. Non è un dettaglio fondamentale, lo ammetto, ma serve a chiarire che non potrei essere amico di uno sparapalle (e neanche Philippe, del resto). Sapevo dell'idea di questo libro, Philippe ci ha lavorato sodo negli ultimi tre anni, come se avesse un debito da chiudere con quel ciclista morto. Morto di che? Di overdose, questa è la risposta della Legge e noi ci abbiamo creduto subito. Tutti, o quasi. Forse era la risposta che faceva più comodo, l'ultimo atto di un campione osannato e poi piombato nella polvere. Dopato e drogato. La droga dello sport, per andare più forte, e quella da sballo, per sballare.

Brunel accompagna l'ombra di Pantani dal 5 giugno 1999 al 14 febbraio 2004. A differenza di altri libri usciti in Italia, questo non si occupa delle grandezze delle miserie di una vita finita molto presto: il Galibier, l'Alpe d'Huez, tutto questo è risaputo. E' la zona d'ombra, quel vortice sempre più cupo e vasto che attrae Pantani, ad attrarre Brunel, dopo la definitiva discesa agli inferi di Pantani. La chiave per capire tutta la storia è da cercare negli ultimi mesi o sta tutta in quella mattina del 5 giugno a Madonna di Campiglio? Perché l'inchiesta ha scartato quasi subito le alternative, il suicidio e l'omicidio, o anche semplicemente la possibile presenza di altre persone accanto al campione nella notte della tragedia?

Confesso che la mia prima reazione, finito il libro, è stata questa: a porre domande anche scomode, ad aprire qualche falla nella versione ufficiale, doveva proprio pensarci un francese? O un belga, uno spagnolo, avrei avuto la stessa reazione. Perché non uno di noi, un giornalista italiano, di quelli che hanno seguito Pantani nel bene (apparente) e un po' meno nel male (reale)? E mi sono risposto che a noi andava bene così, un po' a tutti andava bene così. Un incidente, via. Per ricostruire i fatti, Brunel è stato a lungo nella Romagna d'inverno, e ne racconta i toni lividi, lo squallore, l'assenza di turisti ma la presenza di spacciatori, di hostess che fanno le puttane o viceversa, e questo era un passaggio obbligato. Ma ha anche visto foto e filmati dell'autopsia, ha scoperto particolari macabri, come quello del perito che, per timore che il cuore di Pantani fosse trafugato dall'ospedale, se lo porta a casa, in un contenitore apposito, e lo nasconde in cucina, senza dire nulla alla moglie.

A un certo punto mi son messo a pensare che l'inchiesta sulla morte di Pantani assomigliava un po' a quella fatta per Luigi Tenco, 40 anni fa a Sanremo. Un morto scomodo, da qualunque parte lo si prendesse. Un'indagine da chiudere alla svelta. E che restasse chiusa. Ma, scrive Brunel, tutti i testimoni che hanno visto la stanza del residence Le Rose hanno descritto in modo diverso i mobili spostati. Ma, aggiunge, sono state trovate due scatole con resti di cucina cinese, che non risultano ordinati da Pantani (che non amava quel cibo) né dalla reception. Ma, insiste, dalle foto scattate al cadavere risultano ferite al naso, al collo e alla testa non giustificate dall'autopsia. Ed è abbastanza improbabile che un uomo solo, non al comando ma inchiodato alla solitudine, timoroso di essere riconosciuto, abbia letteralmente ribaltato un appartamento, bagno incluso, senza neanche rompersi un'unghia, senza che nessuno udisse i forti rumori che senza dubbio provocava.

In questi giorni è ancora in corso il processo agli spacciatori, cioè agli ultimi che avrebbero visto vivo Pantani, e sui giornali (sportivi e no) non si trova una riga. Nessun avvocato Taormina, nel caso Pantani. E noi pensiamo a Garlasco o addirittura all'Olgiata, ad altre morti misteriose. Quella del campione più popolare degli ultimi 30 anni non sembra avere più motivi d'interesse. Tutto chiaro, nessun mistero. C'è stato anche un film in tv e, tra i tifosi, ognuno s'è tenuto la sua idea. Uno che ha barato. No, un grande. Un cattivo esempio per i bambini. No, un perseguitato. Ci sono monumenti per Marco Pantani, e striscioni, e ancora ce ne saranno, perché il ciclismo è lo sport più ricco di memoria ed effettivamente il modo di correre di Pantani (più ancora delle sue vittorie) prendeva il cuore, dava emozioni forti . E anche le sue parole, anche quelle definite del suo testamento, liquidate alla svelta come vaneggiamenti di uno ormai fuori di testa, prendevano il cuore.

Era diverso, Pantani. Più profondo della media dei ciclisti, e dava la sensazione di avere dentro un grumo di rabbia per qualche violenza patita, qualcosa che non avrebbe mai detto a nessuno. Il mio cuore, mi disse una sera con una metafora da ciclista, dalla fiamma rossa (l'ultimo km) ai 200 metri si può avvicinare, poi basta, non un metro di più. Ho pensato, leggendo Brunel, a quel suo cuore chiuso in una scatola, nascosto in una cucina, e a quanti sogni poteva ancora contenere, l'ultimo giorno, San Valentino, o quante illusioni, quanti rimpianti.

Il libro di Brunel è una controinchiesta da cronista vero, con tanto di date e orari. Così lo si può leggere, come il racconto di un'agonia molto lunga e poco chiara. Ho chiuso il libro con un brutto pensiero: se Marco Pantani era molto solo da vivo, molto più solo è stato lasciato da morto.

(26 ottobre 2007)

 
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Livello Herman Van Springel




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  postato il 26/10/2007 alle 11:35
Mi piacerebbe leggere il libro presentato da Gianni Mura, anche perché con il francese me la cavo bene avendolo studiato più di qualche anno alle medie ed alle superiori.
Ma credo sia ancora presto per trovarlo in Italia, vedremo più in là.

 

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"Per quanto l'uomo sogni di valere, il difficile è
rimanere con i piedi per terra"

 
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Moderatore




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  postato il 26/10/2007 alle 12:05
Beh, io andrò in Francia tra breve, e credo che una capatina in una libreria la farò. Marketing? Boh, non lo so. Ma in ogni caso è da un po' che non leggo un libro in francese, per cui al posto di leggermi qualsiasi altra cosa posso anche "cedere alle lusinghe del marketing" promosso da Mura, soprattutto se davvero il libro amplierà un po' l'orizzonte sulla morte del Pirata.
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/10/2007 alle 12:16
E' Una storia quasi incrdibile. ma chi sa se verrà mai fatta piena luce.

quello che noi possiamo fare è ricordare Marco Pantani per le sue Vittorie, Solari e che ci hanno regalato emozioni forti....

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 26/10/2007 alle 13:10
No, non basta ricordare le vittorie e le emozioni, bisogna che sia fatta luce su quello che è accaduto, altro che storie.
Quando si cominciò a parlare di possibile omicidio, di una linea che portava da Madonna di Campiglio a Rimini, io restai perplessa.
Nonostante da tempo non abbia alcuna fiducia nella magistratura, nella polizia ecc, volevo credere che, almeno nel caso della morte di Marco, le cose fossero andate come le avevano raccontate.
Diciamo che negli ultimi tempi,messe insieme un po' di cose, ho cambiato idea.
Mi fa un po' rabbia che Mura si meravigli di certe cose. il suo giornale era troppo impegnato a descrivere la morte di Pantani come una delle tante dovute al doping, per poter pensare ad altro.
Era troppo impegnato, il suo giornale, a descrivere il baro per poter chiedersi altro.
Leggendo questo articolo ( e spero sia possibile presto leggere anche il libro in italiano) mi chiedo:la magistratura e la polizia giudiziaria, hanno fatto davvero tutte le indagini possibili?
Se è vera la storia del cuore, siamo in Italia nel XXI secolo o in uno dei paesi più barbarici di tempi medioevali?E dove stava il perito della fmiglia Pantani? da chi fu nominato?
Le ferite che Brunel descrive sul corpo di Marco, se non considerate da Fortuni, anatomopatologo del pubblico ministero, perché non furono fatte mettere a verbale dal perito della famiglia?
E certo anche l'avvocato. Come si è capito l'avvocato nominato subito dopo la morte di Marco non provvide nemmeno a costituire la famiglia parte civile verso tutti gli imputati, figuriamoci se si rese conto di quello che non quadrava.
Se Repubblica ne parla oggi ( non ho ancora comprato il giornale), vuol dire che finalmente il muro di silenzio intorno a Pantani comincia a avere delle fessure.
Da anni diaciamo che vogliamo verità e giustizia, credendo che fosse solo per Campiglio.
Adesso c'è da chiedersi se da Campiglio non si arrivi a Rimini, se Campiglio sia la causa della morte di Pantani PER QUELLO CHE E' AVVENUTO A CAMPIGLIO, LA CAUSA DELLA MORTE DI PANTANI E' IL MISTERO DI CAMPIGLIO? QUALCHE FILO MISTERIOSO UNISCE CAMPIGLIO E RIMINI?
Certo sono passati quasi quattro anni dalla morte, ma non ci si deve arrendere, soprattutto la famiglia non si deve arrendere. E da quanto ho sentito domenica non c'è aria di resa, anzi.
Il muro di silenzio comincia a sgretolarsi, ben vengano i libri verità che aprono la breccia, adesso, per Tonina e la famiglia è il momento del coraggio, della forza e della determinazione.
Capire CHI, PERCHE', COME DA CAMPIGLIO A RIMINI E' STATO UCCISO MARCO PANTANI.
E se quanto dice Brunel è vero, è spaventoso pensare a quale forza simbolica abbia la vicenda di Marco come segno del dolore del mondo, è spaventoso pensare al dolore che Marco ha dovuto sopportare e, come padre Zosima di fronte a Dimitri Karamazov, noi non possiamo che inchinarci.


 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

Hypocrisy free.

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/10/2007 alle 14:30
Premetto che non sono un COMPLOTTISTA, non so come sia andata la vicenda per cui non posso giudicare .

Se c'è da fare Chiarezza su la sua morte è giusto che venga fatta. Se le indagini furono gestite in maniera grossolana e archiviate troppo in fretta è giusto che vengano riaperte.



Io l'unica cosa che dico e che è un dato di fatto e che Marco Pantani era un vero CAMPIONE è stato colui che mi ha fatto innamorare del ciclismo.




 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/10/2007 alle 21:53
La storia del cuore ha del pazzesco!!

 

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Michela
"Stiamo Insieme, Vinciamo Insieme - Ivan Basso"


Vita in te ci credo le nebbie si diradano e oramai ti vedo non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l'anima fino quasi a renderla un po' sdrucita. Anche gli angeli capita a volte sai si sporcano ma la sofferenza tocca il limite e cosi cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto



http://www.adidax.com/
resisterai 5 minuti senza sport?

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 27/10/2007 alle 02:43
Un libro, che riapre interrogativi sulla morte di Marco Pantani.

Sono contrastanti e dolorosi i sentimenti che coinvolgono la famiglia Pantani dopo l’uscita, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, di un articolo, a firma Gianni Mura, riferito ai contenuti de “Vie et mort de Marco Pantani”, libro scritto dal giornalista francese Philippe Brunel. Innanzi tutto, lo stupore nell’apprendere una tesi, sicuramente frutto di ricerche approfondite, che coinvolge l’intero contesto della vita di Marco, dal 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, fino alla sua morte, in Rimini, il 14 febbraio 2004. Dal volume si evincono, sugli ultimi giorni della vita del campione, diversi particolari, taluni agghiaccianti, atti a ribadire quanto da noi affermato in un precedente comunicato, relativamente alle lacune, alla velocità e ai troppi interrogativi riscontrati nelle indagini che poi han dato vita al Processo in corso presso il Tribunale di Rimini. La disamina pubblicata nel testo di Brunel, oltre ad una nuova lettura delle circostanze e dei modi sui quali s’è consumata la morte di Marco, aggiunge il sinistro enigma di una autopsia svolta con modi che, se dimostrati, lasciano sbigottiti ed increduli.
“Questo libro – ci ha detto Tonina Belletti, madre del Pirata – sta in ogni caso a confermare la fondatezza delle mie forti perplessità sull’andamento delle ultime ore di mio figlio. Non erano dunque frutto di una madre impazzita dal dolore. Ora, sono ancora più affranta, ma se tutto questo rappresenta una via per giungere alla verità, bèh… allora sono contenta di vivere questa ulteriore tortura”.
Ma ci sarà un nuovo processo dopo questo libro?
“Intanto vediamo di chiudere quello di Rimini – ci ha detto l’Avvocato Danilo Mastrocinque, legale della famiglia Pantani – poi, se vi saranno ulteriori riscontri alle tesi di Brunel, faremo di tutto per favorire l’apertura di una nuova inchiesta, con tutto quello che ne seguirà”.

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 27/10/2007 alle 02:46
La riabilitazione di Marco Pantani è cominciata.

Qualcuno, potrà considerare la giornata di ieri, come un altro segno di quanto sia stato torturante il percorso che, da Campiglio, ha condotto Marco fino a Rimini. Qualcuno, avrà sicuramente trovato motivi per piangere ulteriormente sulla storia più triste dello sport degli ultimi decenni. In tanti, sarà sopraggiunta quella rabbia che diviene orizzontale da coprire ogni poro, proprio perché intrisa della consapevolezza più feroce: la tragedia. Ma il 26 ottobre 2007, e lo dico col cuore, possiede anche delle importanti luci, potrei dire, sicuro di non sbagliare, le più luminose da quel maledetto 14 febbraio 2004.
Marco, è vivo in noi e lo resterà fino all’ultimo frammento del nostro cammino, ma non potendo più farlo di persona, con la sua voce e quella cadenza ponderata che lo distingueva ulteriormente, ci ha lasciato un compito, un dovere: lavorare fin che ci è possibile, perché le sue vicende vengan finalmente lette con quella verità che non abbiamo mai visto. Ci ha chiesto di ridargli quella dignità di campione e di uomo, totale, di massa.
Un giorno mi disse: “…ogni uomo ha la sua storia, fatta di azioni e conquiste, che potranno anche non piacere a qualcuno, ma si distingue se non perde l’onestà di se stesso”. Mi pronunciò questa frase, nella tarda serata di un giorno di fine settembre ’98, a Riccione, durante una manifestazione su bici da camera, ed in coda ad una mia domanda che si intingeva di stupore nell’aver visto lui, il festeggiato ed ospite supremo, il campione che aveva appena vinto Giro e Tour, interessarsi col fare di chi rispetta, concepisce ed ammira, in quel caso, alcune mie ex atlete, giavellottiste e pesiste, di riferimento non più che regionale. Lui, lo sportivo più popolare d’Italia che si spendeva pari a quelle colleghe, il cui stupore non era certo inferiore al mio, mi rispose così, con quella frase forse ricercata all’apparenza, ma che poi, il tempo, ed una mia maggiore attenzione nel comporre il suo grandioso tratto, mi ha fatto capire come un segno-distinguo, l’ennesimo, di Marco Pantani.
Lui, il Pirata, era un uomo buono con una marcata volontà nel rimanere legato ad un concetto che dichiarava e spendeva per onestà: abbastanza per capire quanto abbia sofferto per esser stato speso, venduto, pubblicizzato, all’indomani di Campiglio, per usi vergognosi, come “dopato d’Italia”,“l’impostore”, l’esempio negativo.
E’ rimasto sempre dignitoso, vivo, persino poetico, come s’è potuto vedere nell’estremo della sua vita, in quelle sue ultime lettere, ed in quegli scritti appoggiati sulle superfici più disparate, come fossero quadri naif. Non i deliri giudicati tali da troppa superficialità d’osservatorio, perché troppo veri e significativi per essere, appunto, dei deliri; ma Marco ci aveva abituato ad anticipare con le sue considerazioni quelli che poi, tanti anni dopo, son divenuti fatti.
Ieri, Gianni Mura, la miglior firma del giornalismo sportivo italiano, nelle pagine di un giornale che si è distinto come il principale massacratore mediatico di Marco, ci ha donato, con un articolo che va letto e riletto anche nella punteggiatura, un quadro del nostro Capitano, sotto sfaccettature da considerarsi davvero inedite, per quanto siamo abituati a leggere sulla carta stampata. Il motivo conduttore, il fattore, un libro del suo collega ed amico Philippe Brunel, un francese che ha saputo fare come lo stesso Mura ha scritto, quello che nessun italiano a fatto, o voluto fare: una ricerca puntigliosa e, sicuramente documentata sugli anni della china, del fastidio per troppi, di quei mille perché, il più grande campione del ciclismo italiano degli ultimi trenta anni, sia finito là, morto in quel Residence di Rimini.
Il lavoro di Brunel, dal titolo “Vie et mort de Marco Pantani”, non ancora pubblicato in Italia, rappresenta dunque una novità assoluta e ci porta un’altra voce appassionata e di prestigio, su ciò che non si spiega e non si vuole spiegare di quella morte che pesa sulle coscienze di tanti. Una disamina che mette a nudo l’aspetto forse più inquietante ed esteriorizzabile dell’epilogo della vita di Marco: la fretta e quella incredibile superficialità investigativa che ha poi portato, dopo soli 55 giorni di indagine, alla determinazione di un Processo ancora in atto. Un esempio ben poco edificante, anche per chi vive l’ignavia, come il punto più illuminato della propria esistenza.

Non voglio giudicare qui, la massa di particolari, di domande e di interrogativi, taluni agghiaccianti, contenuti in quel volume e non voglio nemmeno spenderlo come un testo di verità inconfutabili, ma resta quella novità che spinge anche i più scettici, ad una rivisitazione orizzontale delle vicende che hanno coinvolto Marco dal maledettissimo 5 giugno ’99, fino alla tragedia di quel Residence.
Gianni Mura, è un grande giornalista, uno che è stimato da tutti e non si fermerà qui. Continuerà, sulla spinta del libro di Brunel, ad interessarsi del lasso finale della vita del Pirata e ci fornirà altre e ancor più circostanziate considerazioni, aiutando in questo modo, quei milioni di italiani che vogliono la verità su Marco. La sua carriera garantisce per lui. Intanto, questo suo articolo ha mosso l’incredibile. Ieri, le telefonate, i fax e le mail giunte in Fondazione, nello studio del legale della famiglia Pantani, non si contavano. Erano tutte di giornalisti, non era mai successo.

E poi, dulcis in fundo, un lungo servizio su Pantani e gli interrogativi nati dal libro di Brunel, proposti dal TG1 della sera, il telegiornale più visto del nostro Paese, con più di sei milioni di sintonizzati. Anche qui possiamo parlare di “prima” o quasi. Significativa la chiusura: “un primo passo verso la riabilitazione di Marco Pantani”.
Dopo anni in cui abbiamo sentito e visto il nostro Capitano associato a tutto il negativo possibile, una simile conclusione ha il sapore del sogno, ma è successa realmente.

Caro Marco, la memoria mi dona, ogni giorno, la tua voce ed il tuo sorriso, ma per la razionalità laica alla quale appartengo, non posso sapere dove tu sia adesso. Vorrei però che tu sapessi che ieri, finite le tante telefonate, sul far della mezzanotte, ho aggiunto alle lacrime che mi sai strappare da tanti anni, quelle copiose che son venute dalla luce di quell’occhio-sole che hai dipinto e che, finalmente, come un boomerang, s’è posato interamente su di te. Ne è uscito un raggio così luminoso, da abbagliare anche chi, verso di te, è in grosso debito, ed ha la coscienza sporca.

Morris

 

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  postato il 27/10/2007 alle 08:21
Faccio una domanda: Morris credi che questo libro sia riuscito ad essere così scritto e pubblicato perchè il giornalista è francesce?
Non so se mi spiego, magari da francesce non lo si può "accusare" di essere "partigiano nei confronti di Pantani".

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
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  postato il 27/10/2007 alle 10:18
Mamma Pantani: "Riaprite inchiesta"
"Qualcuno era in stanza quando è morto"

"Riaprite l'inchiesta sulla morte di mio figlio", questa la richiesta della signora Tonina, mamma di Marco Pantani, trovato morto il 14 febbraio 2004, dopo l'uscita del libro in francese "Vie et mort de Marco Pantani", in cui vengono rivelati particolari inquietanti sull'inchiesta. "Marco lo hanno fatto fuori - ha detto a "La Repubblica" - Io lo sento che c'era qualcuno in quella stanza quando è morto".


Un urlo di dolore, ormai lungo quasi quattro anni. La mamma di Pantani non si dà pace da quella serata del 14 febbraio 2004, quando suo figlio Marco fu ritrovato morto nella stanza di un residence di Rimini. Quel dolore è riaffiorato, in occasione dell'uscita del libro di Philippe Brunel, giornalista dell'Equipe, in cui vengono messi in risalto dubbi e particolari inquietanti dell'inchiesta sulla scomparsa del ciclista di Cesenatico.
"Lo hanno fatto fuori, lo so - ha proseguito - L'ho detto subito e continuerò a dirlo, anche se c'è chi mi fa passare per pazza. Il motivo? Mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo. C'è anche in una delle ultime cose che ha scritto".

Non sono state rilevate le impronte digitali, il medico legale si portò a casa il cuore di Pantani, non fuorono sequestrate le telecamere di sorveglianza dell'albergo, il cibo cinese in camera nonostante non fosse amato dal corridore e, infine, la testimonianza discordante del portiere dell'albergo: queste sono solo alcune delle anomalie nell'indagine che vengono denunciate nel libro.
"Quella storia del cuore è terribile, l'abbiamo appresa dai giornali - sbotta la signora Tonina - Gli amici sono stati allontanati da Marco, anche io e mio marito siamo stati allontanati con una bugia e dopo tre giorni lui è morto. Lo so, c'era qualcuno nella stanza con Marco e spero di campare abbastanza per sapere il nome ed il cognome". Lo chiede tutto il mondo del ciclismo e dello sport in generale.

www.tgcom.mediaset.it

 

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  postato il 27/10/2007 alle 10:33
Ed ecco l'articolo di Mura, uno di quelli che il lungimirante Morris aveva preannunciato:

I familiari del ciclista trovato morto nel febbraio del 2004
chiedono nuove indagini dopo la pubblicazione di un libro

Pantani, l'urlo della madre
"Riaprite quell'inchiesta"

"L'hanno ucciso. E quella storia dell'autopsia è terribile"

di GIANNI MURA




LA FAMIGLIA Pantani, alla luce dei fatti nuovi contenuti nel libro di Philippe Brunel ("Vie et mort de Marco Pantani", ed. Grasset), di cui abbiamo scritto ieri, chiederà che sia riaperta l'inchiesta sulla notte del 14 febbraio 2004. "Un'inchiesta durata pochissimo, chiusa in 55 giorni. Nessuno ha preso le impronte digitali nella stanza di quel residence, che aveva gli ingressi sorvegliati da telecamere, ma nessuno ha guardato i filmati. Sul corpo non è stato fatto l'esame subungueale. Un morto famoso in una regione dove esistono gruppi specializzati, come il Ris di Parma, mai chiamato in causa. Sono stranezze, diciamo così". A parlare è l'avvocato Danilo Mastrocinque, legale della famiglia Pantani. Nel suo studio riminese c'è Tonina, la madre di Marco, che ha accettato di parlare con Repubblica.

"Marco lo hanno fatto fuori, lo so. L'ho detto subito e continuerò a dirlo, anche se c'è chi mi fa passare per pazza. Con Marco avevo delle sensazioni fin da piccolo. Pensavo che potesse cadere e lui cadeva".

Si uccide qualcuno se c'è un buon motivo per farlo, signora.
"Il motivo è che mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo".

Il doping, intende dire?
"Il marcio in generale. C'è anche in una delle ultime cose che ha scritto: parlate, ragazzi, parlate".

Marco, mi scusi, ha avuto quasi cinque anni per parlare.
"Gliel'hanno impedito, dicevano che non era credibile. La chiave di tutto è Madonna di Campiglio. Dopo, l'hanno tagliato fuori. Ha cercato di risalire in bici e ogni volta arrivava una procura, una convocazione, una denuncia, roba che neanche ai delinquenti peggiori. Babbo, diceva a mio marito, ma che ci torno a fare in corsa? Chi m'ha buttato fuori è sempre lì".

Signora, in quegli anni il doping era pratica corrente, in gruppo. C'è chi l'ha ammesso un po' d'anni dopo, chi mai.
"Marco era molto onesto. Se si fosse dopato l'avrebbe ammesso. Non l'ha mai ammesso perché era pulito".

Possiamo parlare della sua solitudine?
"Gli amici sono stati allontanati da Marco, negli ultimi anni non ne ho visti. Anche mio marito e io siamo stati allontanati con una bugia. Si parlava di far entrare Marco in una comunità, probabilmente San Patrignano, e ci è stato detto di partire, di lasciarlo solo perché così avrebbe trovato la forza di chiedere aiuto ad altri. Siamo partiti e dopo tre giorni Marco è morto".

Sapeva del libro di Brunel?
"Sì, lo leggerò quando lo traducono perché non so il francese. Ma il suo collega ci aveva anticipato i contenuti, a noi come famiglia e all'avvocato. Non sapevamo tutti i particolari. Quello, terribile, del cuore di mio figlio che il medico si porta a casa dall'ospedale l'ho saputo leggendo il giornale".

Interviene l'avvocato Mastrocinque.
"E può capire come l'ha presa la madre. Ma anch'io sono rimasto molto stupito. Stiamo parlando di un medico serio, stimato. Che parlando con un giornalista gli racconta di aver fatto una cosa illegale. Ma il fatto, secondo me, ancora più inquietante, è che si potesse immaginare un trafugamento del cuore di Pantani dall'ospedale".

Riprende a parlare la signora Tonina.
"Il fegato, aveva un fegato a postissimo Marco, non di uno che per anni manda giù porcherie. Mi fa piacere che qualcuno fuori dalla mischia scriva un libro sostenendo la mia stessa tesi, quello che sto ripetendo da tre anni e mezzo, e cioè che l'inchiesta doveva essere più approfondita. Gliene racconto un'altra, di quei giorni brutti. In casa di Marco trovo un beauty case da donna, con dentro della cocaina, e telefono al dottor Gengarelli per dirglielo. Lui mi dice: grazie, mando subito qualcuno a ritirarlo. Ma non è mai venuto nessuno, il beauty case è ancora lì. Io lo sento che c'era qualcuno in quella stanza quando è morto Marco, e spero di campare abbastanza da sapere nome e cognome".

Il libro di Brunel individua i punti deboli dell'inchiesta, solleva molti interrogativi, ma non dà una risposta, non predilige una pista. Né il suicidio né l'omicidio.

Ancora l'avvocato.
"Il bolo di materia commestibile e cocaina trovato vicino alla bocca di Marco può far pensare a una forma di ingestione forzata, ma toccherà a un magistrato valutare tutti i dati e decidere se riaprire l'inchiesta, come la famiglia Pantani si augura".
"La gente, tutti quelli che portano i fiori e lasciano poesie al cimitero, ha già capito qual è la verità", dice Tonina.

Io no, non tutta intera, e mi sento in numerosa compagnia. Aspettiamo. Sperando di non aspettare quarant'anni, come per un'altra morte misteriosa: quella di Luigi Tenco.

(27 ottobre 2007)


 
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Livello Eddy Merckx




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  postato il 28/10/2007 alle 10:58
...

Si uccide qualcuno se c'è un buon motivo per farlo, signora.
"Il motivo è che mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo".

Il doping, intende dire?
"Il marcio in generale. C'è anche in una delle ultime cose che ha scritto: parlate, ragazzi, parlate".

...


Ma cosa si intende per "marcio in generale"?
Questa è una frase molto forte che nessuno ha mai affrontato.
Cosa c'era oltre il doping?
Io ho sentito parlare di scommette clandestine attorno a quelle che successe a Campiglio, addirittura di mafia.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 28/10/2007 alle 12:47
Originariamente inviato da Bridge

...

Si uccide qualcuno se c'è un buon motivo per farlo, signora.
"Il motivo è che mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo".

Il doping, intende dire?
"Il marcio in generale. C'è anche in una delle ultime cose che ha scritto: parlate, ragazzi, parlate".

...


Ma cosa si intende per "marcio in generale"?
Questa è una frase molto forte che nessuno ha mai affrontato.
Cosa c'era oltre il doping?
Io ho sentito parlare di scommette clandestine attorno a quelle che successe a Campiglio, addirittura di mafia.


Guarda, io come tutti vedo dei grossi punti interrogativi nella vicenda Pantani: ma credo anche che a volte la mancanza di lucidità della madre (comprensibile) non renda favore alla sua causa.

E' stato uno shock sentire che Fortuni si sia portato a casa il cuore di Marco, la notte dell'autopsia: ma questo è anche indicativo dell'onestà del lavoro di Fortuni, che non avrebbe avuto motivo di inventarsi frottole per coprire altri interessi.

Insomma, pur seguendo con attenzione gli eventi, e pur interrogandomi su certe affermazioni lette in questi giorni(il cibo cinese, la stanza a soqquadro), i contorni da spy story su quel giorno mi sembrano un pò grotteschi, con tutto il rispetto per il dolore altrui.


 
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  postato il 28/10/2007 alle 18:20
Intanto Mura risponde su repubblicatv alle domande dei lettori, il lunedì. Magari sarebbe opportuno fargliene un paio: repubblicatv@repubblica.it
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 29/10/2007 alle 13:01
una curiosità: Ma Brunel non è anche il marito di Alessandra de Stefano?

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 29/10/2007 alle 13:09
Originariamente inviato da simociclo

una curiosità: Ma Brunel non è anche il marito di Alessandra de Stefano?

... sono sposati da circa un anno...

 

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Fantaciclismo Cicloweb 2010

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Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

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  postato il 30/10/2007 alle 15:35
Originariamente inviato da Bridge

...

Si uccide qualcuno se c'è un buon motivo per farlo, signora.
"Il motivo è che mio figlio era una persona che quello che pensava diceva. E voleva dire quello che c'è di marcio nel ciclismo".

Il doping, intende dire?
"Il marcio in generale. C'è anche in una delle ultime cose che ha scritto: parlate, ragazzi, parlate".

...


Ma cosa si intende per "marcio in generale"?
Questa è una frase molto forte che nessuno ha mai affrontato.
Cosa c'era oltre il doping?
Io ho sentito parlare di scommette clandestine attorno a quelle che successe a Campiglio, addirittura di mafia.


Perchè nella gestione del coni in generale non ci vedi niente di mafioso?
Prova per esempio a cercare le ultime dichiarazioni di Petrucci a riguardo dei giochi del Mediterraneo del 2009 che si svolgeranno a Pescara.
Dopo tutti gli interrogativi legittimissimi ì, posti da Brunel, in che modo hanno risposto le istituzioni ed il coni stesso?
In che modo ha risposto Gengarelli al beautycase da donna ritrovato da TOnina nella casa di Marco, con dentro pare della cocaina, TOnina dice che Gengarelli stesso alla notizia ha risposto dicendole che mandava degli agenti a prenderelo, ed invece è ancora inb casa Pantani, come ha risposto??!!!
NOn ti semba di vedere niente di mafioso in tutta questa vicenda? Guarda bene, prova a rileggere tutta la vicenda, dal 5 Giugno 1999 alle ultime perplessità di Brunel, pensa che Vallansasca parlò delle scommesse clandestine, Marco non doveva arrivare4 a Milano, disse, non è mai stato ascoltato da nessun giudice in proposito, nonostante la difesa di Marco l'avesse richiesto.
Noin ci vedi niente di Mafioso?
COme possonoi poteri sportivi rimanere in carica in modo quasi perenne (guarda sempre Petrucci) se non con modalità mafiose??
Mai nessuno si è posto queste domande?

 
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Livello Rik Van Looy




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  postato il 30/10/2007 alle 17:16
Anche Le Monde, dedica la terza pagina a MArco!!!!


mpossible de ne pas reconnaître le cycliste de bronze qui escalade un rocher, place Marconi, sur le front de mer de Cesenatico. Tout désigne l'enfant du pays, depuis sa position sur la selle jusqu'à la pointe de ses oreilles décollées. C'est ainsi que Marco Pantani, décédé d'une surdose de cocaïne le 14 février 2004, grimpait l'Alpe-d'Huez ou le Mortirolo, lui devant et tous les autres derrière. Erigée un an après sa disparition, la statue est pourtant censée être anonyme. Ainsi l'a voulu le préfet, qui refusa l'autorisation de l'inaugurer officiellement.




Le représentant de l'Etat s'est retranché derrière la loi italienne qui instaure un délai de dix ans avant de pouvoir dédier à une personne un monument, une rue ou un quelconque lieu public. A moins qu'il s'agisse d'un héros, disent les textes.

Marco Pantani en était un pour les habitants de Cesenatico, la petite cité balnéaire de Romagne où il est né, lorsqu'il escaladait les chemins de la gloire aussi vite que les cols des Alpes. Mais, aujourd'hui, la marchande de journaux de la place Marconi traduit un sentiment général plus mitigé en désignant les essaims de gosses qui sortent des écoles avoisinantes : "Peut-on encore en faire un exemple pour la jeunesse ?"

Sa descente dans les enfers de la drogue jusqu'à sa mort à 34 ans dans une chambre d'hôtel anonyme de Rimini, à quelques kilomètres de là, brouille le souvenir d'un coureur exceptionnel. Trois ans et demi après, Cesenatico est partagée entre orgueil et amertume : "La ville a tendance à séparer l'homme et l'athlète, explique Mario Pugliese, rédacteur en chef de La Voce di Romagna, le quotidien local. Sur le champion, aucun doute, nous sommes tous convaincus qu'à dopage égal il était le plus fort. Mais sa fin de vie et sa mort de toxicomane font débat." Pour le journaliste, qui fut son condisciple au collège, "Marco est l'exemple que tout homme, même le plus nanti, a ses failles, ses limites."

Devant le bar des Pins, la banderole jaune et rouge du Club Magnifico Pantani proclame toujours l'amour de Cesenatico pour son champion. Au siège du club, ils sont plus d'une cinquantaine à se retrouver, chaque lundi soir, pour évoquer "les bons moments". Créée en 1994 par une poignée d'amis, l'association a compté jusqu'à 3 000 membres, de Brooklyn à l'Australie. "C'était le plus grand club cycliste du monde", précise son fondateur, Vittorio Savini, qui fut aussi le directeur sportif de Pantani chez les jeunes. Dans son garage Renault, il a conservé aux murs toutes les photos de leur amitié : "Dans les six derniers mois de sa vie, il s'est détaché de moi, je n'ai eu que deux coups de téléphone, il disait qu'il avait honte, il se sentait coupable."

Si sa mort a été un coup de tonnerre pour ses fans à travers le monde, elle n'a pas surpris Cesenatico. Ses accidents de voiture, son comportement étrange, ses propos parfois incohérents et ses fréquentations douteuses avaient donné l'alerte depuis longtemps. La fête de son dernier anniversaire, le 13 janvier à Presappio, petit village voisin où il vivait quasi reclus depuis des semaines, avait confirmé à ses proches qu'il était au stade ultime de sa toxicomanie.

Fallait-il le dire bien que la famille s'y opposât, s'interrogeait la rédaction de La Voce. ""Aidez Pantani. Il est en train de mourir", c'est la "une" que nous avions préparée", confie Mario Pugliese. Trop tard.

Pour tous, Marco était déjà mort une première fois le 5 juin 1999, à Madonna di Campiglio. Une mort sportive que l'on évoque encore avec des accents indignés dans les cafés de Cesenatico.

A la veille de rallier Milan avec le maillot rose de vainqueur du Giro sur les épaules, le "pirate" avait subi un contrôle sanguin qui révéla un hématocrite "non conforme" (52 au lieu de 50). C'est là que "tout s'est fissuré", raconte le journaliste Philippe Brunel dans la contre-enquête qu'il publie ces jours-ci (Vie et mort de Marco Pantani, Grasset, 267 pages, 17,90 euros). L'auteur insiste sur les bizarreries de ce contrôle alors que le champion avait course gagnée.

La ville avait vécu les années de gloire en symbiose avec son champion, elle partagera le fardeau de la dégringolade : "Personne ne s'est senti trahi par Pantani, mais nous avons été en colère contre le monde du cyclisme, qui l'a laissé seul", affirme Mario Pugliese. Comme beaucoup de ses concitoyens, Vittorio Savini parle d'un "complot" et de "jalousies". Il incrimine pêle-mêle les grandes équipes, les organisateurs, les sponsors, mais surtout la Fédération italienne de cyclisme : "Non seulement elle ne l'a pas défendu, mais elle l'a enfoncé", insiste-t-il, en rappelant les procédures judiciaires ouvertes par la suite contre "le pauvre Marco" par sept parquets d'Italie.

A huit ans de distance, Cesenatico est toujours persuadée que "tout le mal est venu de l'injustice de Madonna". Voilà pourquoi la famille et les amis, bravant l'interdit officiel, ont apposé sur la statue de la place Marconi cette plaque vengeresse : "A Marco Pantani, un grand champion victime de la justice italienne".

Dans la station désertée par les estivants, les feuilles mortes s'accumulent devant le kiosque à piadine - ces galettes dont on fait les casse-croûte - que tenait Tonina, la mère de Marco. Fermé pour la morte saison, le petit établissement a été racheté - fort cher, prétend la rumeur - par deux admiratrices du champion. Restera-t-il le lieu d'animation qu'il était au temps du grand Marco ? Le souvenir du pirate se perpétue désormais à l'autre bout de la ville, près de la gare, où la Fondation Marco-Pantani, voulue et financée par la famille, a ouvert l'Espace Marco-Pantani, un musée tout à la gloire du coureur.

"Cette année, nous avons enregistré 21 000 entrées payantes", se félicite-t-on à la caisse. De sa première bicyclette, piquetée de rouille, jusqu'à la "lettre testament" qu'il griffonna en écriture bâton sur son passeport dans la solitude de ses dernières heures, c'est toute la vie d'un Pantani superbe et fragile qui est exposée là. Des vidéos diffusent en boucle ses exploits montagnards. Les visiteurs noircissent les livres ouverts à leur intention de messages affectueux. Posters, maillots et bandanas-souvenirs sont en vente à la boutique.

Le rendez-vous le plus émouvant est au cimetière : chaque week-end, des dizaines de cyclistes amateurs y font étape. Leur vélo à la main, ils font crisser le gravier jusqu'au caveau familial, selon un itinéraire fléché par le gardien. "Des gens de tous âges venus de toutes parts communier dans le culte d'un champion plus accessible dans la mort qu'il ne l'était de son vivant", écrit Philippe Brunel.

Le mythe de l'Elefantino perdurera, mais déjà la flamme de la passion est rallumée dans cette région de grande culture cycliste. Cesenatico croit tenir son futur Pantani. Il s'appelle Elia Ceccarelli. Il a seize ans. "A l'époque de Marco, je le voyais passer devant mon garage sur son petit vélo, sourit Vittorio Savini. Il avait le bandana et tout l'attirail du pirate."

Jean-Jacques Bozonnet
Article paru dans l'édition du 28.10.07.

 
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  postato il 30/10/2007 alle 22:24
Originariamente inviato da Laura Idril

Faccio una domanda: Morris credi che questo libro sia riuscito ad essere così scritto e pubblicato perchè il giornalista è francesce?
Non so se mi spiego, magari da francesce non lo si può "accusare" di essere "partigiano nei confronti di Pantani".



Spero ti risponda Morris, nel frattempo ti posso dire che se leggi l'articolo di Mura, il primo, publicato su repubblica.it e riportato qui, Mura chiarisce il tuo quesito in pieno, quando dice che l'ha scritto un giornalista francese "perchè a noi italiani in fondo andava bene così, la morte per overdose faceva comodo un pò a tutti". Te l'ho citato a memoria per mancanza di tempo, ma il senso è quello, e credimi, non è poco , è un "j'accuse" di Mura piuttosto significativo.
Lui non ha mai affondato il coltello contro Marco, ha fatto un pò il Ponzio Pilato, ma poteva anche non mettere quel "noi", però è un uomo che ha molta onestà intellettuale e si è giustametne inserito in quella frase di netta ammissione, la prima dopo anni di folle propaganda contro Marco.
ciao

 

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  postato il 31/10/2007 alle 01:08
Intanto da qualche giorno è on line il blog di Renato Vallanzasca: http://www.renatovallanzasca.com/

Non appena l'ho scoperto, questo pomeriggio, ho lasciato un messaggio in cui chiedo lumi sulle dichiarazioni del bandito sul caso Campiglio.
Ora, andato a spulciare con più attenzione gli altri commenti, ho scoperto che non solo un buon numero di interventi di altri utenti chiede la stessa cosa, ma che la stessa Fondazione Pantani, a nome di mamma Tonina, ha già da qualche giorno avanzato la stessa richiesta, proponendo addirittura un incontro con Vallanzasca.

Non so se essere contento per questa opportunità che è data dalla Rete, o se intristirmi per il fatto che siam dovuti arrivare a questo, senza che nessun pm si sia interessato alla correlazione tra scommesse clandestine e stop a Pantani.

In ogni caso, resto in fervida attesa di scoprire se Vallanzasca risponderà, e soprattutto come.

 

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Amarti m'affatica, mi svuota dentro
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  postato il 31/10/2007 alle 12:29
Io mantengo la tristezza perché non è stato sentito da nessun giudice.
Il blog, come si legge,non lo gestisce lui ( che non ha accesso a internet dal carcere) è un passaggio a persone di sua fiducia.
e poi, dopo quasi 9 anni, avrà voglia di parlare, mettersi contro qualcuno?
E poi un incontro è difficile con un pluriergastolano, potrebbe tentare l'avvocato di famiglia a chiedere un permesso al giudice.

 

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  postato il 31/10/2007 alle 12:39
Originariamente inviato da Admin

Intanto da qualche giorno è on line il blog di Renato Vallanzasca: http://www.renatovallanzasca.com/

Non appena l'ho scoperto, questo pomeriggio, ho lasciato un messaggio in cui chiedo lumi sulle dichiarazioni del bandito sul caso Campiglio.
Ora, andato a spulciare con più attenzione gli altri commenti, ho scoperto che non solo un buon numero di interventi di altri utenti chiede la stessa cosa, ma che la stessa Fondazione Pantani, a nome di mamma Tonina, ha già da qualche giorno avanzato la stessa richiesta, proponendo addirittura un incontro con Vallanzasca.

Non so se essere contento per questa opportunità che è data dalla Rete, o se intristirmi per il fatto che siam dovuti arrivare a questo, senza che nessun pm si sia interessato alla correlazione tra scommesse clandestine e stop a Pantani.

In ogni caso, resto in fervida attesa di scoprire se Vallanzasca risponderà, e soprattutto come.


Scusate l'ignoranza ma qualcuno mi sa spiegare chi è Renato Vallanzasca??
E cosa centri con il nostro Marchino?

 
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  postato il 31/10/2007 alle 13:04
Renato Vallanzasca è il bandito più famoso degli anni 70/80. Autore di centinaia di furti e rapine, omicidi e sequestri di persona.
Un personaggio davvero notevole.

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
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  postato il 31/10/2007 alle 13:11
Originariamente inviato da Laura Idril

Renato Vallanzasca è il bandito più famoso degli anni 70/80. Autore di centinaia di furti e rapine, omicidi e sequestri di persona.
Un personaggio davvero notevole.


Anche per l'indubbio fascino del personaggio, propagandato dalla letteratura giornalistica. Lo chiamavano il bel René o sbaglio?

 

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  postato il 31/10/2007 alle 13:17
Esatto il Bel Renè anche se a lui non piaceva essere chiamato così.
In suo onore, diciamo così, esiste anche un gruppo SKA: i VallanzaSKA.

 

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  postato il 31/10/2007 alle 13:21
Per quel che vale, ecco il pezzo della gazzetta:


Caso Pantani, l'accusa
"L'inchiesta è da riaprire"


L'avvocato Mastrocinque, legale della famiglia Pantani, parla della strategia che seguirà perché sia "riabilitato Marco". Troppi gli interrogativi ancora senza risposta, intanto il 21 dicembre ci sarà la sentenza del processo


(Marco Pantani con mamma Tonina: foto Ansa)

RIMINI, 31 ottobre 2007- "Marco me l’hanno ucciso", urla mamma Tonina Pantani, che riprende vigore e speranza dal libro-inchiesta Vie et mort de Marco Pantani del giornalista dell’Equipe, Philippe Brunel. "Il libro solleva interrogativi che le indagini non hanno chiarito. Aspettiamo la fine del processo, il 21 dicembre, ma la sua importanza è relativa, poi riparleremo col giornalista e vedremo di utilizzare eventuali nuovi elementi per cominciare una nuova indagine e capire qualcosa di più sulla morte di Marco. Noi vogliamo la verità, anche se non è ancora sicuro che faremo una nuova azione legale, per omicidio preterintenzionale o volontario", rilancia Danilo Mastrocinque, il terzo legale che difende gli interessi della famiglia Pantani dal 14 febbraio 2004, quando il campione di ciclismo fu trovato morto nella camera dell’hotel Le Rose di Cesenatico. Per overdose di cocaina, secondo l’inchiesta ufficiale della Procura di Rimini.
TESI DEBOLI - "L’indagine è stata superficiale e frettolosa", accusa il libro francese. "Il pubblico ministero, Paolo Gengarelli, dice che sono tesi tendenziose e false, ma le sue argomentazioni non sono pregnanti e se le indagini fossero state fatte a puntino o comunque con la giusta attenzione sarebbe venuto personalmente al processo a discuterle, invece s’è fatto sempre sostituire da un collega", incalza il portavoce-Pantani. "Addirittura, in quella famosa stanza non sono state prese le impronte digitali perché, sia pure in buona fede, tutti si aspettavano Marco in overdose, partendo dal preconcetto che doveva finire così. Ma come si fa a chiudere le indagini in 55 giorni, quando mediamente le Procure si prendono i 2 anni concessi per legge? La stanza era "un campo di battaglia", come dagli atti processuli, ma Marco non ha un graffio o un’unghia rotta; aveva una ferita alla testa, ma non gli è stato fatto il tampone; nessuno ha controllato i video delle telecamere di sorveglianza del residence; c’era del cibo cinese take-away che Marco odiava; non si è ipotizzato il reato di omissione di soccorso per gli addetti dell’hotel - la giovane stagionale alla reception e il titolare, che era stato comunque avvisato - i quali non sono intervenuti, malgrado Marco avesse protestato, in mattinata, perché qualcuno lo disturbava. E ancora: è entrato qualcuno nella stanza da allora a quando è stato ritrovato il cadavere, cioé in serata? Vogliamo riaprire le indagini per sapere tutto questo".
LA MOLLICA - "Riabilitare Marco", e quindi non accusare il medico legale, Giuseppe Fortuni, che ha rivisto le sue tesi dopo essersi allarmato per la mollica di pane, mista a cocaina, trovata vicino alla bocca di Marco (ingestione forzata?) e s’è portato a casa un campione del cuore del campione ("Perché impaurito da misteriosi inseguitori": giornalisti?). Riabilitare Pantani. "Lo stimatissimo dottor Fortuni ha analizzato il midollo osseo di Marco che non era così devastato come se l’aspettava, non era insomma quello di un atleta che facesse massiccio uso di doping o droghe", chiosa la voce legale dei Pantani.

 
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  postato il 01/11/2007 alle 09:42
Originariamente inviato da Laura Idril

Renato Vallanzasca è il bandito più famoso degli anni 70/80. Autore di centinaia di furti e rapine, omicidi e sequestri di persona.
Un personaggio davvero notevole.


Grazie Laura...Ma cosa c'entra con la vicenda del nostro Marchino?

 
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  postato il 01/11/2007 alle 12:09
Dopo la sospensione di Pantani a Campiglio, Vallanzasca disse che nelle carceri si sapeva da tempo che Marco non avrebbe finito il Giro, a causa di un vorticoso giro di scommesse clandestine che - se l'avesse vinto - rischiava di mandare all'aria gli allibratori.

Questo il succo.

 

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  postato il 01/11/2007 alle 12:45
Volevo chiedervi una cosa, che forse potrebbe anche rappresentare uno spunto per questa discussione. Lunedì sera, sapendo che il giorno dopo non sarei andato a scuola, ho guardato la tv fino a tardi, e su La7 mi sono casualmente imbattuto in un dibattito su Pantani (credo che la trasmissione fosse "Le partite non finiscono mai", ma non ne sono sicuro perchè di solito non la guardo). In questa occasione la mamma, Tonina, oltre a dire di non avere alcuna intenzione di arrendersi e di voler continuare a lottare, ha aggiunto che ha già avuto dei colloqui con persone che sanno cos'è successo, e che però al momento non possono parlare. Qualcuno sa dirmi qualcosa di più, visto che crollavo dal sonno e ho ceduto durante una pubblicità?

Aggiungo poi che, sempre in questa sede, in un servizio si diceva che vicino alla bocca di Pantani è stata trovata mollica di pane mista a cocaina, al punto che si ipotizzava che qualcuno potesse aver costretto il Pirata a mangiare la droga.

Nessuno sa dirmi di più?

 

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  postato il 01/11/2007 alle 14:40
Sui "testimoni" o "pentiti" non so dirti nulla, per la faccenda della mollica se ne parla nei tre articoli che abbiamo postato più sopra in questo 3d. Niente di eclatante, sono due artcoli di Mura per Repubblica e un pezzo dalla Gazzetta.. non aspettarti chissà cosa, comunque c'è scritto.
 
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  postato il 01/11/2007 alle 15:33
Originariamente inviato da desmoblu

Sui "testimoni" o "pentiti" non so dirti nulla, per la faccenda della mollica se ne parla nei tre articoli che abbiamo postato più sopra in questo 3d. Niente di eclatante, sono due artcoli di Mura per Repubblica e un pezzo dalla Gazzetta.. non aspettarti chissà cosa, comunque c'è scritto.


Grazie

 

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Livello Rik Van Steenbergen




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  postato il 01/11/2007 alle 16:16
se volete qualke informazione in + guardate qua...

guardate anke il video.. è davvero bello..

 Codice:

  Codice: http://www.italiaciclismo.net/071-comstampa/1027-pantani.htm




(italiaciclismo.net)

 

[Modificato il 01/11/2007 alle 17:11 by Silvy92]

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Livello Marco Pantani
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  postato il 01/11/2007 alle 17:02
Sì, Tonina Pantani ha detto nella trasmissione di La 7 che è in contatto con persone che possono parlare. Non ha voluto aggiungere altro ed ha fatto bene.
Su Vallanzasca, la cosa grave è che nessuno dei giudici che ha indagato su Marco ha mai voluto sentire Vallanzasca.
Nonostante quanto lui dice sia una notizia di reato da valutare ( se vera o meno) e nonostante Vallanzasca sia stato indicato come testimone dalla difesa di Pantani nel processo a Tione per i fatti di Madonna di Campiglio.
E nonostante Vallanzasca stesso avesse chiesto, nel 1999, di essere ascoltato da Guariniello.

SEGNALO quanto scrive oggi Thomas Casali, vicepresidente della Fondazione Marco Pantani onlus,direttore del Museo Pantani e cugino di Marco, sul forum della Fondazione:

Vi segnalo che Antonella D'Agostino, compagna di Renato Vallanzasca ci ha risposto in merito alla richiesta che avevamo inserito nel suo blog.
Antonella, che ringrazio pubblicamente, si è resa disponibile a farci da tramite per cercare di chiarire con Renato le sue dichiarazioni relative a Madonna di Campiglio. Casali

Segnalo anche che stasera Tonina Pantani sarà a Le Iene.


 

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  postato il 01/11/2007 alle 18:40
Purtroppo il suo messaggio sarà affidato alle iene, che- pur avendo una grande platea (punto favorevole- fanno uno pseudogiornalismo d'accatto (ovviamente punto negativissimo). Per cui strumentalizzeranno il tutto, un po' come nelle "rivelazioni" di qualche tempo fa..
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/11/2007 alle 18:57
A mio modo di vedere, la figura di Tonina Pantani rischia di tramutarsi in un boomerang mediatico, se non ben supportata e guidata.
Lo dico a chi, a qualunque titolo, è a contatto con lei....

Cosa caz.zo vuole dire "sono in contatto con persone che sanno ma non dico nulla"?!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/11/2007 alle 21:20
Originariamente inviato da Donchisciotte

Segnalo anche che stasera Tonina Pantani sarà a Le Iene.




E questo è perfettamente inutile - e per quanto mi riguarda anche controproducente - per mamma Tonina, per la memoria di Marco, per la ricerca della verità.

Ho tanta pena per mamma Tonina ma tutti sappiamo come Le Iene trattano il ciclismo...

 

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  postato il 01/11/2007 alle 21:21
Già, già.
 
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Utente del mese Aprile 2010




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  postato il 02/11/2007 alle 00:16
Originariamente inviato da Frank VDB

Originariamente inviato da Donchisciotte

Segnalo anche che stasera Tonina Pantani sarà a Le Iene.




E questo è perfettamente inutile - e per quanto mi riguarda anche controproducente - per mamma Tonina, per la memoria di Marco, per la ricerca della verità.

Ho tanta pena per mamma Tonina ma tutti sappiamo come Le Iene trattano il ciclismo...


Io dico che ha fatto bene e che l'intervista è anche venuta bene.

Vediamo se ne nasce qualcosa, a livello di giornali.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/11/2007 alle 00:18
Una domanda per chi conosce benone il caso Pantani (Donchisciotte &co): oggi Tonina ha detto che Pantani è morto MANGIANDO cocaina, e questo, personalmente, non lo sapevo. E voi? E' un dettaglio importantissimo, che esclude la semplice overdose accidentale, se fosse vero.

 

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Livello Luison Bobet




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  postato il 02/11/2007 alle 10:58
Originariamente inviato da Subsonico

Una domanda per chi conosce benone il caso Pantani (Donchisciotte &co): oggi Tonina ha detto che Pantani è morto MANGIANDO cocaina, e questo, personalmente, non lo sapevo. E voi? E' un dettaglio importantissimo, che esclude la semplice overdose accidentale, se fosse vero.


L'esame autoptico evidenziò proprio il fatto che Marco aveva ingerito cocaina: se ne trovò una certa quantità nello stomaco. La causa del decesso fu quella dell'overdose di cocaina, in quanto nel suo sangue c'era una quantità di sostanza ben 6 volte superiore a quella normalmente letale.
Fortuni nella sua perizia disse che Marco non aveva cercato il suicidio, ma che era 'affetto da delirium da cocaina'.
Il dubbio che venne solelvato subito fu se davvero fosse solo in quella stanza e, infine, se l'avesse ingerita lui o se qualcuno gliel'avesse cacciata in gola con la forza, mista a mollica di pane.
Tanti dubbi restano su quei giorni di Rimini, ma è a Campiglio e dintorni che bisogna scavare....

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 02/11/2007 alle 15:25
Originariamente inviato da luke
Tanti dubbi restano su quei giorni di Rimini, ma è a Campiglio e dintorni che bisogna scavare....

lo credo anch'io, invece, prendendo alla lettera le parole di Tonina, che ha affermato anche ieri che Marco "voleva dire quello sapeva sul mondo del ciclismo...", sembra che egli, se è stato ucciso, è perchè voleva fare nomi sul doping, come se avesse intenzione di fare qualche confessione scomoda. E così si slega di nuovo tutta la vicenda dai fatti di Campiglio e dalle ombre che questa vicenda getta su certi dirigenti dello sport italiano che ben conosciamo....per tornare a dire che questo universo di dopati è omertoso, bla, bla e bla
Invece la vicenda di Marco rivela l'azione di una regia superiore e minuziosa tesa a distruggere l'uomo e la sua immagine. Ad es., gli spacciatori del processo di Rimini, come trovavano il coraggio di contattarlo anche durante l'ultimo giro d'italia (come dicee Boifava), se erano semplicemente dei personaggi che facevano tutto di testa loro? Di certo non avrebbero avuto il minimo interesse a cercare un personaggio come Pantani in mezzo a tutta quella gente, coi rischi che potevano correre! E invece non cessavano mai di cercarlo, di "disturbarlo", anche se lui sembrava intenzionato a venirne fuori come pareva nei primi mesi del 2003, quando aveva rispreso a correre dalla Coppi e Bartali e ad allenarsi con continuità, come poi si è visto al Giro...

 
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Livello Ottavio Bottecchia




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  postato il 02/11/2007 alle 15:31
Comunque questa vicenda sia andata mi rimane solamente tanta tristezza nel cuore...
 
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Livello Rik Van Looy




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  postato il 02/11/2007 alle 19:22
Originariamente inviato da Carrefour de l arbre

A mio modo di vedere, la figura di Tonina Pantani rischia di tramutarsi in un boomerang mediatico, se non ben supportata e guidata.
Lo dico a chi, a qualunque titolo, è a contatto con lei....

Cosa caz.zo vuole dire "sono in contatto con persone che sanno ma non dico nulla"?!

Ma quanto sei fine!!!!!
Cos'è tutta sta stizza?!!!!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/11/2007 alle 20:12
Originariamente inviato da 53.11

Originariamente inviato da Carrefour de l arbre

A mio modo di vedere, la figura di Tonina Pantani rischia di tramutarsi in un boomerang mediatico, se non ben supportata e guidata.
Lo dico a chi, a qualunque titolo, è a contatto con lei....

Cosa caz.zo vuole dire "sono in contatto con persone che sanno ma non dico nulla"?!

Ma quanto sei fine!!!!!
Cos'è tutta sta stizza?!!!!


niente.
E' solo che si contesta l'omertà attorno a Campiglio e la stessa omertà la mette Tonina Pantani sui nomi che dovrebbero parlare(o è un bluff?).
Si prefigura che Pantani sia stato ucciso perchè volesse dire la sua verità sul ciclismo, ma ci si dimentica che Voet, Menthour e Manzano non solo hanno detto le loro verità, ma le hanno infarcite di nomi e cognomi "scomodi", eppure sono ancora vivi.

Mi sembra che si stia perdendo di vista che il nocciolo della questione sia Campiglio e non Rimini; per carità, che indaghino pure e che lo facciano bene, se prima hanno omesso di farlo.
Ma, ripeto, spero che questa esposizione mediatica non diventi un boomerang.

 
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