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Autore: Oggetto: Bulbarelli vs Pancani

Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/10/2009 alle 10:11
Ma Grasso quanto se ne capisce di ciclismo? Quante cose ha commentato lui?
O sermplicemente come molti suoi colleghi usa lo spazio sui quotidiani per dare libero sfogo a simpatie, antipatie, vendette nei confronti dei colleghi, esulando da tutto il resto?

Io non sono per la difesa a spada tratta di Bulbarelli ma certi articoli lasciano il tempo che trovano, anche se scritti sul Corriere che pare debba essere immune da critiche.

Sulla banalità e su altre cose che ho letto... bah! Ci vada Grasso a commentare una corsa: una volta per giornali e tv, sport popolari come il pugilato o il ciclismo erano la palestra dove fare crescere talenti come Zavoli, Fossati, Brera, Mura... Oggi, al tempo di "vuoi essere milionario?" e dei reality tutti nascono già imparati e si permettono di dare giudizi incompetenti. Il problema è che qualcuno gli da pure retta.

 

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  postato il 21/10/2009 alle 10:29
Originariamente inviato da Frank VDB

Ma Grasso quanto se ne capisce di ciclismo? Quante cose ha commentato lui?
O sermplicemente come molti suoi colleghi usa lo spazio sui quotidiani per dare libero sfogo a simpatie, antipatie, vendette nei confronti dei colleghi, esulando da tutto il resto?

Io non sono per la difesa a spada tratta di Bulbarelli ma certi articoli lasciano il tempo che trovano, anche se scritti sul Corriere che pare debba essere immune da critiche.

Sulla banalità e su altre cose che ho letto... bah! Ci vada Grasso a commentare una corsa: una volta per giornali e tv, sport popolari come il pugilato o il ciclismo erano la palestra dove fare crescere talenti come Zavoli, Fossati, Brera, Mura... Oggi, al tempo di "vuoi essere milionario?" e dei reality tutti nascono già imparati e si permettono di dare giudizi incompetenti. Il problema è che qualcuno gli da pure retta.


Però, vedi il caso (sarà per la somiglianza del cognome), io sono completamente d'accordo con quanto ha scritto Aldo Grasso, che è comunque uno dei massimi studiosi e storici di televisione in Italia e non merita di essere trattato come un deficiente qualsiasi.

Vuol dire che devo andarci io a fare le telecronache? Il diritto di critica dev'essere cancellato?

Perché altrimenti aboliamo per legge il mestiere di critico, però ricordiamoci che tutti, non appena ne abbiamo la possibilità (e internet - per dire - ce l'ha data) diventiamo a nostra volta dei critici fai-da-te su qualsiasi argomento.

 

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Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
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(Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping)

 
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  postato il 21/10/2009 alle 10:44
Anche perchè si potrebbe rigirare la frittata con tutto, per esempio visto che Frank è spesso critico col governo si potrebbe dire: beh allora fallo tu il Presidente del Consiglio e poi vediamo.
Cioè il diritto di critica è sacrosanto, poi uno può anche sbagliarsi a criticare ma questo è un altro discorso.

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
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  postato il 21/10/2009 alle 11:00

Però, vedi il caso (sarà per la somiglianza del cognome), io sono completamente d'accordo con quanto ha scritto Aldo Grasso, che è comunque uno dei massimi studiosi e storici di televisione in Italia e non merita di essere trattato come un deficiente qualsiasi.



PERFETTO.
allora perche' non ha fatto il lodo GRASSO......
dove per tale principio lui puo' trattare per deficenti chi lavora con onesta' e serieta ,e nessuno puo' criticare lui che critica sempre ???????

 

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Sinche' esistera' una salita e una bici per salirci sopra, si parlera' ancora di Marco Pantani.

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  postato il 21/10/2009 alle 11:01
Veramente qui si sta criticando anche il Sig.Grasso. Poi oh potete anche mandargli direttamente delle mail al corriere, magari le legge e vi risponde.

 

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Livello Moreno Argentin




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  postato il 21/10/2009 alle 11:23
Io credo che Grasso abbia tutto il diritto di criticare Bulbarelli e noi si abbia l'identico diritto di criticare lui.
Direi però che le critiche sono utili quando sono fondate su elementi. L'articolo dell'altro giorno invece sembra un regolamento di conti molto personale, per una faida iniziata anni fa e mai sanata.
Bulbarelli non è migliore né peggiore di altri che fanno il suo lavoro. Al contrario di altri, a me è capitato di addormentarmi, ascoltandolo, durante la Parigi-Roubaix: una cosa che avrei detto impossibile.
L'acredine di Grasso verso di lui sembra lo sfogo di uno che si sente bravissimo e incompreso di fronte alla carriera di uno che reputa un incompetente: a volte mi capita di pensare le stesse cose su miei colleghi di lavoro, non mi stupisco. Mi piacerebbe però che ci fossero argomenti dettagliati. Chi dice che Bulbarelli non sarà migliore come dirigente di quanto fosse come cronista?
La critica va esercitata e ci mancherebbe, ma va fondata su fatti. Come la critica al presidente del consiglio. La storia delle escort non mi fa schifo perché va a donne, mi fa schifo perché ha mentito con le mani sporche di marmellata (che fu la stessa accusa per cui scattò l'impeachment di Clinton: non per la bocca della Lewinsky, ma per le bugie del presidente). Ma se la critica a Berlusconi si fonda solo sulle sue donnine, allora siamo fritti. Andiamo a vedere come ha lavorato e poi attacchiamolo: quella è critica costruttiva. Quella gli farebbe ancora più male.

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 21/10/2009 alle 11:55
Però qua si ritorna, mi sembra, al discorso di Bicisport.
Cioè, uno per guadagnare una promozione deve dimostrare, in quello che sta facendo, delle qualità brillantissime che possano indurre a pensare di promuoverlo.
Ora, Bulbarelli, con tutto il rispetto, ma non è che abbia dimostrato qualità particolari, senza infamia e senza lode, capisco anche che parlare per ore anche in fasi morte della gara sia difficile ma immagino che in Italia qualcuno in grado di intrattenere piacevolmente, fra ciclismo, storia del ciclismo, cultura varia ispirata dai luoghi e commenti ai fatti ciclistici, uno che sappia farlo meglio ci sia.
Ma mettiamo pure che non ci sia, vuol dire che quello è un lavoro che non prevede eccellenze ( dubito ma mettiamo così), la promozione da dove viene?
Vero, nessuno può dire che non sia bravo come vicedirettore ma non è che si va a caso, proviamo questo, no, si prova chi ha mostrato qualità.
Grasso è stato feroce perché pare che la critica feroce contro Bulbarelli possa fare “ giornalista che non ha paura di nulla” mentre il suo giornale, rimproverato da Silvio, si giustifica maldestramente. Giornale che da qualche mese ha un nuovo direttore, vittima il precedente di un editto come quello contro il direttore de La Stampa, cambiato anche lui. Forti con i deboli e deboli con i forti come sempre.
Per cui Bulbarelli fa carriera in quota Lega, Grasso lo critica ferocemente mentre il suo giornale è molto cauto col governo ( anche ) della Lega e nel paese dove il merito e la schiena dritta della stampa non contano nulla, sono contenti tutti quanti.
Mi pare che dovunque ci si giri, è raro vedere la qualità, il merito premiato, mi pare sempre un gioco delle parti, mi piacerebbe ( ripeto, non lo leggo) sapere se Grasso è altrettanto feroce con il TG1 dove pure non mi pare che le nomine si facciano per merito distinto.



 

[Modificato il 21/10/2009 alle 11:57 by Donchisciotte]

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

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Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/10/2009 alle 11:56
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Ma Grasso quanto se ne capisce di ciclismo? Quante cose ha commentato lui?
O sermplicemente come molti suoi colleghi usa lo spazio sui quotidiani per dare libero sfogo a simpatie, antipatie, vendette nei confronti dei colleghi, esulando da tutto il resto?

Io non sono per la difesa a spada tratta di Bulbarelli ma certi articoli lasciano il tempo che trovano, anche se scritti sul Corriere che pare debba essere immune da critiche.

Sulla banalità e su altre cose che ho letto... bah! Ci vada Grasso a commentare una corsa: una volta per giornali e tv, sport popolari come il pugilato o il ciclismo erano la palestra dove fare crescere talenti come Zavoli, Fossati, Brera, Mura... Oggi, al tempo di "vuoi essere milionario?" e dei reality tutti nascono già imparati e si permettono di dare giudizi incompetenti. Il problema è che qualcuno gli da pure retta.


Però, vedi il caso (sarà per la somiglianza del cognome), io sono completamente d'accordo con quanto ha scritto Aldo Grasso, che è comunque uno dei massimi studiosi e storici di televisione in Italia e non merita di essere trattato come un deficiente qualsiasi.

Vuol dire che devo andarci io a fare le telecronache? Il diritto di critica dev'essere cancellato?

Perché altrimenti aboliamo per legge il mestiere di critico, però ricordiamoci che tutti, non appena ne abbiamo la possibilità (e internet - per dire - ce l'ha data) diventiamo a nostra volta dei critici fai-da-te su qualsiasi argomento.


Sul diritto di critica:
- Marco, stendiamo un velo pietoso sul diritto di critica, visti gli ultimi episodi che mi hanno visto protagonista...
- Laura, sono tre anni chr non scrivo sul thread della politica: dire che sono "spesso" contro il governo mi pare fuorviante

Sul resto:
ha ben sintetizzato Grilloparlante: quel pezzo era un puro regolamento di conti tra giornalist, invidie e panni sporchi di cui a noi non ce ne può fregare di meno, dunque se li lavino in privato. Grasso sarà anche un grande critico (del resto chiunque scriva sul Corriere è autorevole per antonomasia) ma non ha portato un solo esempio delle banalità di Bulbarelli, tipo quelle che noi spesso abbiamo deriso e sottolineato. Dunque mi viene il sospetto che Grasso non abbia mai seguito una corsa in diretta. Da qui la conclusione "ci vada lui a commentarla".

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:19
Beh, Grasso sono anni che scrive delle banalità del Bulba, non occorreva farne un riassunto in questo pezzo.

Per sfizio, sono andato a cercarmi su Corriere.it tutti gli articoli che il critico ha dedicato ad Auro, e mo' ve li riporto uno per uno.

Classica di primavera: ma senza De Zan che fatica pedalare

L a «classica di primavera» è anche un gran mulinare di luoghi comuni: «il margine dei fuggitivi», «una leggenda del ciclismo», «un saluto al comandante dell' elicottero», «la corsa entra nel vivo», «bisogna pedalare avanti, nelle prime posizioni», «il Berta non fa più selezione», «un saluto a Ivan che sicuramente è davanti allo schermo», «fare la differenza o sulla Cipressa o sul Poggio», «primo piano per», «inquadratura per uno dei papabili», «il gruppo è sgranato in lunga fila indiana», «l' ucraino si è meritato lo stipendio», «la Cipressa è nei pressi e fa pure rima» (no, non fa rima), «è una salita che non gli si addice», «il rapporto che sta mulinando», «sprint regale». Quest' anno la Milano-Sanremo ha lasciato a piedi Adriano De Zan, suo indefesso cantore dal 1954 e ha passato il microfono ad Auro Bulbarelli: brutto vizio quello di rimpiangere sempre il passato, malcostume diffuso quello di prendersela con i più deboli, ma certo Bulbarelli deve ancora pedalare per trovare il passo del cantore e l' autorevolezza dello specialista; la sua intesa con Davide Cassani, poi, non pare delle più riuscite. Il ciclismo è uno sport che in Tv non esprime tutta la sua ricchezza, tutto il suo spessore epico. La facilità con cui noi riusciamo a seguire i corridori sullo schermo, spesso si trasforma in distrazione, abitudine. Il ciclismo è sport di parola, materia per narratori: se non c' è la grande impresa, ha bisogno di essere reinventato perché si sedimenti nel cuore. Vince il tedesco Eric Zabel, come nel ' 97, nel ' 98 e nel 2000. Era fra i favoriti di Bulbarelli e questo deve avergli dato morale.

(25 marzo 2001)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:20
Il crollo di RaiSport nella responsabilità limitata

Il crollo di RaiSport nella responsabilità limitata Ieri si è concluso il Tour de France e non è stato un Tour leggendario. Si è concluso con la scontatissima vittoria di Lance Armstrong, il più forte di tutti, con i soliti sospetti (qualcuno ha avuto il coraggio di ammettere che il Tour ha fatto bene a non invitare Marco Pantani?), con la delusione dei corridori italiani, con le cronache della Rai. Anche qui niente di nuovo. Se non quel clima di festa paesana, quel tono un po' inconveniente, quella mancanza di epos che sanno suscitare le telecronache di Auro Bulbarelli e Davide Cassani (i lettori del «Corriere» mi hanno più volte suggerito di seguire la Tv della Svizzera italiana). Ma non mi va di maramaldeggiare sul povero Auro. Sarebbe da vigliacchi. Bulbarelli è la prima vittima di una capitolazione che riguarda anche altri sport, dall' automobilismo al calcio. E dunque occorre guardare in alto, porsi domande radicali. Più si recalcitra a essere come zimbelli (lo zimbello è l' animale sacrificato per catturare altri animali), meno si somiglia a viventi. Come mai questo inesorabile crollo da parte della Rai? Cattive direzioni alla guida di RaiSport? Condizionamenti politici che hanno impedito una vera «politica» di rilancio? Fine di una generazione di cronisti che sono nati con la tv? Cos' altro? E perché, infine, su altre reti, specie a pagamento, il livello delle telecronache sta invece aumentando. L' errore di fondo credo consista nel fatto che RaiSport è una testata giornalistica autonoma ma priva di una rete, di un canale proprio. E' una testata a responsabilità limitata; e, come sempre succede in Italia, tra la limitatezza e la responsabilità si finisce sempre per scegliere la prima. E poi gli Auro sono il nostro parafulmine. Se qualcosa non va, se al Tour facciamo pena, se la nostra squadra gioca male, per fortuna abbiamo qualcuno su cui scaricare il malumore.

(30 luglio 2001)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:22
Brutto Giro d' Italia e telecronache in perfetta sintonia

D ifficile commentare il più brutto Giro d' Italia cui ci sia capitato di assistere, difficile raccontare di cocaina assunta prima dal dentista e poi da uno zio vescovo in Colombia (ma chi è, l' assistente spirituale del cartello di Medellin?), difficile raccontare le gesta di un Pantani che naviga in fondo al gruppo e quando la strada s' inerpica lui si stacca. È vero, tutto è maledettamente complicato, in un Giro a eliminazione la cui unica decisione sensata è quella presa dagli organizzatori: arrivare a Milano anche con soli dieci corridori, purché puliti. Però, la Rai ci ha messo del suo. Non ci piace infierire sulle persone, e quindi lasciamo al loro insano destino le cronache di Auro Bulbarelli (ma perché al GP di Monaco hanno scioperato e al Giro no?). E accontentiamoci di ragionare su due situazioni: una, per così dire, etica; l' altra, per così dire, tecnica. Per la consuetudine e la familiarità che molti cronisti hanno con i corridori (a onor del vero succede anche con la carta stampata), non si capisce mai quale sia il loro atteggiamento nei confronti del doping. Il primo impulso, infatti, è quello di giustificare sempre il corridore amico magari con l' aiuto di ex ciclisti che, evidentemente, sanno di cosa parlano. Quante volte li abbiamo sentiti sposare la tesi del complotto, dello scambio di urine, dei medici cattivi! E dire che quando uno non si «bomba», classifica alla mano, si vede come corre. Il «Processo alla tappa» (e siamo all' osservazione tecnica) è inconsistente. Giovanni Bruno (poveretto, lo capiamo, doveva pur farsi conoscere dai nuovi amministratori) fatica a condurre, ci vuol poco a capire che non è il suo mestiere. Quanto ai commenti di Sergio Neri, assomigliano alle prediche di un parroco di campagna che racconta ad annoiati chierichetti il ciclismo dei tempi che fu per dirci qualcosa che le immagini puntualmente disconoscono.

(27 maggio 2002)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:25
Ieri e oggi telecronisti a confronto

Siamo tutti Bulbarelli, nel senso di Auro. Qualcuno più fortunato può aspirare al ruolo di Cassani, nel senso di Davide, ma siamo sempre lì. Ora è vero che dei morti si dice sempre bene, ma l' impressione è che i vecchi telecronisti qualcosa in più di questi l' avessero veramente: si tratta solo di vedere se il merito era tutto loro o se, invece, avessero dalla loro lo spirito del tempo. Perché un conto è raccontare il Tour de France del 1948 e un conto è raccontare quello attuale, dove si stanno affrontando due «mostri» computerizzati come Lance Armstrong e Jan Ullrich. Un conto è fare le radiocronache di «Tutto il calcio» quando non esisteva la tv o quasi, e il calcio era calcio, e le passioni avevano un colore, una bandiera, un campanile. Certo, ogni compagnia ha il suo Luzi (ma Luzi, non a caso, si occupava della serie B) ma adesso Ezio Luzi è ancora un modello di riferimento. Il Tour si snoda sui Pirenei e i due raccontano con onestà quello che anche noi vediamo, senza emozioni, senza armamentario retorico. Per dare un giudizio completo su Bulbarelli bisognerebbe averlo visto alla prova con Coppi e Bartali. A me è capitato di riascoltare le telecronache (le due o tre che sono rimaste) di Nicolò Carosio e fatico a capire come possa essere considerato un maestro. Alla radio aveva molte capacità inventive ma con la partita lì davanti si comporta da scolaretto. Cassani dice che i Pirenei «sono il giardino preferito dei baschi» ed è il suo massimo sforzo immaginativo. Bulbarelli annota che è sabato e che «migliaia di persone si riversano sulla strade di Francia»; non male come osservazione. Mettiamola così: per certi sport non c' è più lo spirito del tempo o, quantomeno, è mutato. Per questo siamo tutti Bulbarelli.

(20 luglio 2003)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:29
Un bel Giro ma che noia i «ragionieri»

Il Giro è finito, peccato, ci mancherà perché è stato un bel Giro, come da tempo non si vedeva. Un Giro bello da vedere, ogni pomeriggio su Raitre, ma brutto da sentire: sempre la solita nenia, sempre i soliti stanchi rituali. Per Auro Bulbarelli e Davide Cassani non c' è differenza tra una monotona tappa di pianura e il Mortirolo, anche se sul Mortirolo va in scena Shakespeare, anche se si consuma una lotta fratricida, anche se corrono parenti serpenti: il loro compito è attutire, smussare, compiacere. C' è una schiera di ragionieri (senza offesa per la categoria) che segue il Giro per trasformarlo in un pallottoliere: Andrea Fusco, Alessandro Fabretti, Lorenzo Roata, Silvio Martinello. Bravi ragazzi, pratici, diligenti ma il racconto è un' altra cosa: se non ci metti passione, se non ci metti inventiva, se non ci metti calore anche un Giro d' Italia diventa il criterium della parrocchietta. Fosse per me, la telecronaca la farei fare ad Alessandra De Stefano, almeno è donna, almeno non passa il tempo a contare la dentatura del cambio. Tre o quattro volte sono stato colpito da questa frase: «Attento Auro che in macchina sentono quello che dici». Era il cronista in moto che si avvicinava a un' ammiraglia per strappare uno straccio di commento e avvisava il collega del circolo vizioso in cui si trovava. Nei commenti, nelle telecronache, è un Giro troppo autoreferenziale, che si parla addosso, che tenta di annullare la distanza fra gara e racconto. Sono tutti sulla stessa barca ma usano Gigi Sgarbozza per far finta di no. Ieri non esisteva il doping (e poi gli è scoppiato in mano il caso Pantani), oggi tra Damiano Cunego e Gibo Simoni è tutto rosa e fiori. Ma cosa vedono, ma di cosa parlano quando parlano del Giro?

(31 maggio 2004)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:30
Un Tour vittima di Raisport

Prendersela con Auro Bulbarelli significa maramaldeggiare, un po' come ha fatto Lance Armstrong con Filippo Simeoni. Sono cose che non si fanno. Però ci sono giorni che Auro è insopportabile: con la sua ovvietà («Non ci stancheremo mai di ripeterlo: l' importanza dei gregari»), la sua alata immaginazione (Ullrich: «Che bestia che è!»), le sue impuntature (non toccategli i corridori suoi amici, chiedere ad Alessandra De Stefano). Il guaio è che anche Davide Cassani si è adeguato, e sempre più spesso aureggia. Invano abbiamo aspettato che i due chiedessero scusa al collega Guillaume Prébois: ospite al Giro nella tappa di Fondo (Tn), era stato insultato da tutta la carovana Rai, guidata dal ruspante Sgarbozza, perché aveva osato parlare di alcuni corridori indagati per doping. Il Tour, poi, non li ha ammessi in corsa e il duo Bulbarelli-Cassani ha avuto da ridire. Per fortuna, il Tour è stato trasmesso anche da Eurosport, con la telecronaca di Patrizio Cairoli e Franco Cribiori. Tutta un' altra cosa: un racconto, se così si può dire, più laico, meno ripetitivo e soprattutto meno provinciale. Niente male anche il lavoro di Sportitalia (SI), che ieri sera in diretta ha trasmesso la finale di «Copa America» fra Argentina e Brasile: ci sono giovani entusiasti, preparati, si vede che amano il lavoro che fanno. Dunque il problema non è Bulbarelli, il problema è Raisport, una satrapia che purtroppo riproduce molti dei difetti aziendali, a partire dall' inevitabile spartizione del bottino. Il programma che in questo momento fotografa in maniera impeccabile lo stato delle cose è «Calcio in piazza», condotto da Marco Mazzocchi con Ivan Zazzaroni. Che la Rai copi, e male, Aldo Biscardi è davvero il massimo, anzi il minimo.

(26 luglio 2004)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:34
È Auro il vero c.t.

I l c.t. Auro non ce l' ha fatta: le ha provate tutte, invano. Sei ore di chiacchiere buttate via. Prima ha puntato su Paolo Bettini poi anche Bettini non ce l' ha fatta. Ha sbattuto contro la portiere di un' auto, «come l' ultimo dei cicloturisti», ha sottolineato Lorenzo Roata. In realtà, in quel momento (nel momento esatto del ritiro di Bettini), lo squadrone Rai stava intervistando il primo dei cicloturisti, il presidente Romano Prodi. A sinistra stanno toccando ferro ancora adesso, e non solo. Il c.t. Auro le ha provate tutte: declinato Bettini, ha puntato su Damiano Cunego, l' enfant du pais. Non fidandosi della sua spalla Davide Cassani, Auro ha chiesto aiuto al mitico Gigi Sgarbozza. Il quale Sgarbozza ha più facilità con i pedali che con la lingua italiana: eppure ha spiegato per filo e per segno come avrebbe vinto Cunego. E pazienza se il traguardo per primo lo ha tagliato Oscar Freire, peraltro con merito, e con lui la Spagna. Intervistato alla vigilia il c.t. «per finta» Franco Ballerini aveva detto: non si ripeterà Verona ' 99 quando ci fu lo scatto beffa di Freire. Appunto. E a quel punto Auro ha preso in mano la situazione, forte di un particolare tecnico di non secondaria importanza: l' ammiraglia corre sentendo la telecronaca di RaiSport. Adesso si capisce perché il «vero» c.t. Auro, quando si sveglia dal suo abituale torpore, quando non divaga su Giulietta e Romeo, quando spiega «lo scatto da fagiano», incita i suoi corridori, decide chi debba andare in fuga, dispone gli uomini per la volata. In tanto fervore Bulbarelli, Cassani Roata, Sgarbozza, Fabretti, Martinello e la povera Di Stefano si sono dimenticati di sottolineare come Freire abbia vinto con pieno merito, come la Spagna abbia dominato dall' inizio alla fine. Sarà per un' altra volta, sarà per quando Auro, smessi i panni superflui del telecronista, verrà nominato una volta per tutte c.t. azzurro.

(4 ottobre 2004)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:36
Più reality meno show

G rande giornata per il Giro d' Italia, anzi grande serata perché è la prima volta che il ciclismo conosce l' onore del prime time. Evento inconsueto, ovviamente, legato al curioso cronoprologo serale che ha visto i corridori fare passerella a Reggio Calabria in uno sprint lungo 1.150 metri. Ma evento benaugurante: la Rai pare più convinta del solito, ha forse capito che il ciclismo è un racconto popolare da grande ribalta, si sente rinfrancata da giovani campioni come Damiano Cunego e Ivan Basso o da « vecchie » pellacce come Stefano Garzelli e Gilberto Simoni. Per questo Raisport ha assecondato il sogno di Angelo Zomegnan ( bella la sua tutina!), nuovo patron della corsa rosa, e ha illuminato a giorno il lungomare di Falcomatà per permettere un avvio fastoso e festoso. Certo, la fortuna televisiva del ciclismo dipende fatalmente dall' audience, e l' audience si scalda solo quando c' è l' impresa, quando l' eroe prende il volo e accende la fantasia. Ma dipende anche da chi racconta l' impresa, da chi sa dare senso alla sgualcita cerimonia delle telecronache, da chi ti indica la luna avendo la bravura di non soffermarsi troppo sul suo indice. La gioia di vedere il ciclismo in prime time è tale che per una volta non vale la pena prendersela con la prolissità di Auro Bulbarelli o la freddezza di Andrea Fusco o le opinioni di Gigi Sgarbozza o la presenza di Amedeo Goria. Eppure ci piacerebbe che il ciclismo in tv fosse più racconto e meno chiacchiera, più emozione e meno tecnicismo, più reality e meno show. Sappiamo che non si può sempre far uso di effetti speciali ( salite, pioggia, sole, neve, vento, cadute) per creare l' evento memorabile, ma l' augurio è che l' appuntamento quotidiano di Raitre sia un po' meno gita, un po' meno turismo. Che il ciclismo ci aiuti a uscire dall' ovvietà dello sport telegenico e milionario.

(8 maggio 2005)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:39
L' ETÀ DELL' AURO

Peccato che stiano per terminare le avventure di Auro Bulbarelli in Francia, al seguito del Tour. Auro è il nostro Tartarino di Tarascona. Quest' anno, con una corsa non esaltante dal punto di vista tecnico, il nostro eroe si è potuto dedicare al suo sport preferito, la italianizzazione dei nomi stranieri: l' invincibile Lance Armstrong diventa così Lancillotto Fortebraccio, e così via. Anche il povero Davide Cassani viene distratto dai commenti tecnici e invischiato nella bulbarellizzazione della corsa. Auro (mentre la corsa attraversa un paesino sconosciuto ai più): "Questo paese è famoso per la produzione dei campanacci delle mucche". Davide: "Ah, i famosi campanacci svizzeri!". Auro ha le sue preferenze e non ne fa mistero, attirandosi l' ira degli spettatori che gli scrivono mail di fuoco e lo costringono a scusarsi pubblicamente. Ieri, nella cronometro, ha dato l' 1% di possibilità a Ivan Basso di strappare la maglia all' americano. Generoso.

(24 luglio 2005)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:40
Un Giro Avvincente. Mal Commentato

Come sempre, di questi tempi, lo spettacolo più avvincente che la tv riesce a offrire è il Giro d' Italia: storie, imprese (quando ci sono), arrivi convulsi, dichiarazioni, crolli, delusioni. (Raitre, ore 15). Il Giro, come tutto il ciclismo, è affascinante perché si fonda su due rudimenti classici della narrazione: il viaggio (che è percorso, spostamento, conoscenza) e il thriller (l' avventura, il racconto da brivido, l' incertezza della vittoria). E poi, a ogni colpo di pedale, si dipanano tante altre storie, sottostorie, divagazioni, scatti della fantasia, strade della memoria, fughe del pensiero. Adesso stiamo entrando nella settimana più calda, quella delle grandi scalate, anche se il Giro sembra già assegnato, anche se Ivan Basso ha già messo a tacere i suoi rivali. Solo l' imprevisto (altro elemento squisitamente letterario) può cambiare l' esito finale. Il Giro in tv viene sempre raccontato allo stesso modo, opaco e ordinario, se la sua voce principale è quella di Auro Bulbarelli. La colpa non è sua, ovviamente, ma della scriteriata conduzione di un settore delicato come quello di RaiSport: da anni alla deriva. Il Giro d' Italia 2005 è stato seguito da uno scrittore, Gian Luca Favetto. Che poi ha trasformato quella sua meravigliosa esperienza in un libro: Italia, provincia del Giro. Storie di eroi, strade e inutili fughe (Mondadori, 2006). Gli scrittori hanno sempre manifestato grande interesse per il ciclismo e Favetto non è stato di meno: ha registrato fatti, impressioni, incontri e li ha trasformati in storie sorprendenti. Come ogni giorno sorprendente è il ciclismo. Favetto dedica molte pagine ai giornalisti impegnati a raccontare l' avventura del pedale. Ai giornalisti della Rai solo una riga: «Considerano il Giro una loro creatura e si sentono i padroni di casa». A onor del vero, Favetto parla molto bene (e a ragione) di Davide Cassani, quindi... Lasciamo perdere le singole persone: è necessario che la Rai consideri ancora lo sport come uno dei pilastri del Servizio pubblico e pensi seriamente a riformare un settore che finora ha espresso troppa contiguità, troppa banalità con la materia trattata.

(23 maggio 2006)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:42
Il Ciclismo del Tour Va Tutto a Rilento

Cattivi pensieri: l' impressione è che in Francia, a proposito di doping, facciano sul serio e la corsa è quello che è. Il Tour di quest' anno appare lento, una corsa a velocità ridotta. Così le parole di Auro Bulbarelli sembrano ancora più pesanti, più strascicate come se i corridori, con tutti i problemi che già hanno, dovessero tirarsi dietro il corpaccione del nostro più tedioso telecronista. Il Tour è stato privato di tre dei suoi nomi più importanti dopo che Jan Ullrich, Ivan Basso e Francisco Mancebo sono stati coinvolti in un' inchiesta sul doping. Per questo il Tour appare lento: i corridori faticano più del dovuto, l' impresa non si vede, i «dominatori» sono stati spediti a casa. Paolo Savoldelli ha abbandonato infastidito da una bronchite, da una caduta, forse da se stesso (non sopportava più vedersi faticare), Gilberto Simoni pedala rassegnato, Damiano Cunego fa esperienza. Qualcosa l' ha già imparato, sull' Alpe d' Huez. Chi non impara mai nulla è il nostro mitico Auro, che però è un furbacchione. Non potendo godere della stima di chi ha fatto del ciclismo una ragione di vita ideale (e di scrittura), si appoggia sull' esercito dei suoi fans che lo inondano di mail noiosissime (saluti, informazioni cicloamatoriali, osservazioni da tifosi). Quando è a corto di argomenti, e succede spesso, o legge i suoi appunti scolastici sulle località attraversate dal Tour (bisognerebbe raccoglierli in volume) oppure comincia a tormentare Davide Cassani sui suoi trascorsi agonistici: «Dai Davide, raccontaci un tuo episodio fantozziano!». E quello paziente, smette di regalarci i suoi lodevoli commenti tecnici e comincia a entrare nelle spire narratologiche di Auro. Il vero problema è che RaiSport utilizza poco e male Alessandra De Stefano, che è la più brava (la più umana) cronista che le due ruote possano vantare. Mandarla in Francia per un' intervista da un minuto è quasi offensivo. Ma una volta, una sola volta, perché non provarla al posto di Auro? Altrimenti questo resterà solo il Tour dei cattivi pensieri.

(21 luglio 2006)

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/10/2009 alle 13:45
Originariamente inviato da Admin

Beh, Grasso sono anni che scrive delle banalità del Bulba, non occorreva farne un riassunto in questo pezzo.

Per sfizio, sono andato a cercarmi su Corriere.it tutti gli articoli che il critico ha dedicato ad Auro, e mo' ve li riporto uno per uno.

Classica di primavera: ma senza De Zan che fatica pedalare

L a «classica di primavera» è anche un gran mulinare di luoghi comuni: «il margine dei fuggitivi», «una leggenda del ciclismo», «un saluto al comandante dell' elicottero», «la corsa entra nel vivo», «bisogna pedalare avanti, nelle prime posizioni», «il Berta non fa più selezione», «un saluto a Ivan che sicuramente è davanti allo schermo», «fare la differenza o sulla Cipressa o sul Poggio», «primo piano per», «inquadratura per uno dei papabili», «il gruppo è sgranato in lunga fila indiana», «l' ucraino si è meritato lo stipendio», «la Cipressa è nei pressi e fa pure rima» (no, non fa rima), «è una salita che non gli si addice», «il rapporto che sta mulinando», «sprint regale». Quest' anno la Milano-Sanremo ha lasciato a piedi Adriano De Zan, suo indefesso cantore dal 1954 e ha passato il microfono ad Auro Bulbarelli: brutto vizio quello di rimpiangere sempre il passato, malcostume diffuso quello di prendersela con i più deboli, ma certo Bulbarelli deve ancora pedalare per trovare il passo del cantore e l' autorevolezza dello specialista; la sua intesa con Davide Cassani, poi, non pare delle più riuscite. Il ciclismo è uno sport che in Tv non esprime tutta la sua ricchezza, tutto il suo spessore epico. La facilità con cui noi riusciamo a seguire i corridori sullo schermo, spesso si trasforma in distrazione, abitudine. Il ciclismo è sport di parola, materia per narratori: se non c' è la grande impresa, ha bisogno di essere reinventato perché si sedimenti nel cuore. Vince il tedesco Eric Zabel, come nel ' 97, nel ' 98 e nel 2000. Era fra i favoriti di Bulbarelli e questo deve avergli dato morale.

(25 marzo 2001)


il 70% delle affermazioni virgolettate non mi paiono banalità. Altrimenti nel calcio è banale dire "fallo", "fuorigioco", "rigore", ma anche "sciabolata", "squadra corta", o urlare "gooolll" come indemoniati in una partita di secondo piano della terza giornata di serie B.

Sugli altri pezzi, beh le trite banalità di Grasso sì che sono palesi, dall'applauso per il mancato invito a Pantani al Tour 2001, agli scandali doping del Giro 2002.
(by the way: ma se le avessimo scritte noi queste cose non pensi che mezzo forum si sarebbe incazzato?)

Patetico poi riesumare Dezan: un monumento delle cronache sportive, un eroe nazionale, una sorta di Garibaldi al quale, per i meriti acquisiti si perdona quanto di pessimo ha fatto, ma non certamente uno da prendere come esempio di ottimo telecronista, almeno in vecchiaia: a metà anni '90 BS era pieno di lettere di critica verso Dezan quanto cicloweb è pieno di giuste critiche ad Auro.

Sì Marco, gli articoli che hai postato dimostrano quanto voglio dire: per motivi suoi Grasso ce l'ha con Bulba e Raisport. Legittimo, ma è un privato regolamento di conti su mezzi di informazione. Direi che per chi vuole legittimamente criticare Bulba, citare Grasso rafforza molto poco la critica.

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:46
Ciclismo, Cercasi Eroe «Garibaldino»

Il ciclismo, il Giro d' Italia in particolare, è una delle grandi feste che la nostra tv sa regalarci: l' appuntamento quotidiano, la sigla di Paolo Conte («il canzonettiere astigiano» lo ha definito l' ineffabile Auro Bulbarelli), la fuga, l' arrivo di tappa, la volata. Il ciclismo è un grande racconto popolare (ed esigerebbe un grande cantore), seriale, con meccanismi linguistici che esaltavano ieri il romanzo d' appendice, il feuilleton, e oggi il telefilm (ma vallo a spiegare all' ineffabile Auro Bulbarelli!). Il Giro, che compie 90 anni, è partito da Caprera per rendere omaggio a Giuseppe Garibaldi, nell' anno del bicentenario della nascita dell' eroe dei due mondi, ma soprattutto per lasciarsi alle spalle il caso di Ivan Basso, reo confesso, o quasi, ma anche ultimo vincitore della Corsa Rosa (Raitre, ore 16 circa). Il cronoprologo a squadre - bello dal punto di vista televisivo ma poco significativo per uno sport che è soprattutto individuale - assumeva ieri un valore simbolico: i corridori si stringevano uniti, ognuno con la sua squadra, a esorcizzare il fantasma cattivo del doping. Perché, fuori da ogni ipocrisia, Ivan Basso e prima di lui Marco Pantani non possono più essere considerati mele marce in un cesto di purezza (saranno capaci l' ineffabile Auro Bulbarelli e il suo compagno Davide Cassani di affrontare un tema simile o continueranno a parlarci di rapporti e a leggere gli sms dei loro amici?). Anche quest' anno il gruppetto dei favoriti è formato da italiani. Dal ' 96, quando vinse Tonkov, nessuno straniero si è imposto al Giro. I nomi dei pretendenti più considerati da osservatori e bookmaker sono Damiano Cunego, il sempre incazzato Gilberto Simoni, Danilo Di Luca e Paolo Savoldelli. In gruppo non s' intravede per ora un Giuseppe Garibaldi, un eroe duro e puro che sappia distruggere le farmacie del diavolo e un sistema omertoso come quello dello sport (reso tale ovviamente con la nostra compiacenza mediatica). Speriamo che almeno Alessandra De Stefano continui a parlare di doping visto che forse è illusione vana credere che esista un ciclismo sporco e uno pulito.

(13 maggio 2007)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:50
Quegli Opinionisti Del Giro D' Italia

Che spettacolo lo Zoncolan (e che fatica), a coronare un bel Giro d' Italia. Ho visto quasi tutte le tappe. Magari è mancata l' impresa, magari è mancato il campione che ti fa venire i brividi ma la verità è questa e bisogna pur dirla: senza doping (sperando che sia davvero così, sperando che alle confessioni di Zabel e Riis ne seguano altre, vero Basso?) i valori si livellano e sui pedali fanno la loro onestissima figura anche i Noè (quasi 39 anni), i Bruseghin (32), e ieri Simoni (36) e Piepoli (35) in parata. Persino Bettini, che è sempre stato eroe di una giornata, ha retto bene. È un Giro ben disegnato, quello di Angelo Zomegnan: con la novità della Sardegna, con l' arrivo al santuario di Nostra Signora della Guardia, con la cronoscalata a Oropa, con le Tre Cime di Lavaredo, ieri con la salita più dura. È un bel Giro, nonostante la delusione (almeno per me) di Cunego, compensata però dall' azione sicura di Di Luca, dalle sorprese di Andy Schleck e Riccardo Riccò. Sì, è stato un bel Giro. Ma è di quello televisivo che dobbiamo parlare. Quando la corsa è interessante si può abbassare l' audio e mettere il bavaglio a quel ciarliero di Auro Bulbarelli (spiace per i commenti tecnici di Davide Cassani ma in coppia ci sta lui, il problema è suo) o sentirlo in sottofondo, come un borborigmo quando parla di «Marsala», la cavalla di Garibaldi. La grande delusione di quest' anno è stato il Processo alla tappa. Già Andrea Fusco è uno che dovrebbe parlare con una stufa incorporata per dare un pò di calore alle sue parole ma chi ha avuto l' idea di riesumare Marino Bartoletti? Era proprio necessaria la sua presenza dopo che le campane avevano suonato a festa quando aveva levato le ancore da Quelli che il calcio? Mamma mia, con quell' aria tronfia, con quel suo spargere a piene mani retorica e adulazione, con quel suo impancarsi a opinionista! Senza passione non c' è conoscenza: eppure ci sono giornalisti che hanno dedicato una vita a raccontare il ciclismo e che, prima di diventare opinionisti, qualche opinione se la sono fatta. Ignorati. Ci tocca invece una coalizione di agonizzanti di idee. Non resta che sperare nelle donne del Giro, Ivana Vaccari e Alessandra De Stefano. E nei corridori, come sempre.

(31 maggio 2007)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:51
Chi spegne la poesia del Giro d' Italia

Una tappa di riposo, giusto per meditare. Il Giro d' Italia è affascinante, ogni tappa si snoda come un capitolo di un romanzo. Il paradosso è che ci sono i personaggi, i corridori, ma mancano i romanzieri. Come senti Auro Bulbarelli la poesia cessa d' incanto. Per questo, quando mi è possibile, seguo il Giro sulla tv svizzera, TSI 2, per godermi il commento di Armando Ceroni e Marco Vitali. Non so se il direttore di RaiSport Massimo De Luca li abbia mai sentiti: immagino di sì e immagino che ammetta la differenza tra una cronaca giornalistica e una cronaca da fiera paesana. Mi piace il Giro per Riccardo Riccò, per il suo modo esuberante e spavaldo di correre, per come sa accendere la corsa. Mi piace ancora di più, da quando Riccò ha sancito una verità sacrosanta: «Il Processo alla tappa è un supermarket». Qualunque cosa volesse dire, a prescindere. È una definizione azzeccata, di grande acume. Una volta, ai tempi di Sergio Zavoli, il «Processo» svolgeva una funzione sociale: raccontava l' epopea di un Paese che si rimetteva su due ruote per inseguire la modernità ma dava anche voce a chi non sapeva ancora usare la propria, svolgeva una funziona maieutica nei confronti di atleti che riuscivano a esprimersi solo con i pedali. Adesso il «Processo» non tiene conto che molti atleti sono molto più preparati dei giornalisti, e non solo dal punto di vista tecnico. Il «Processo» non racconta più nulla: il Paese gli passa sotto gli occhi e quelli se la suonano e se la cantano, continuano a interrogarsi sul treno della Milram che non fila più come ai bei tempi. Con tono impiegatizio Andrea Fusco, con tono adulatorio il redivivo Marino Bartoletti (ma non si era dato alla politica?). Non so cosa volesse dire Riccò, ma supermarket è un' immagine stupenda. Se il «Processo» cominciasse a processare se stesso capirebbe che i colpevoli non possono permettersi di fare i giudici.

(20 maggio 2008)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:52
Il Giro d' Italia come un reality

Mi spiace sia finito il Giro d' Italia, una corsa finalmente umana e credibile. Il Giro, visto in tv, gode di un doppio livello di scrittura che lo arricchisce non poco. Il primo livello riguarda il plot scritto da Angelo Zomegnan (ogni anno più bravo, disegna percorsi di rara suggestione; spesso la «bibbia» del Giro è più interessante di quella del Tour) e, ovviamente, l' interpretazione dei corridori. Il meccanismo è quello di un reality: nelle spire di un sistema di regole, ogni atleta deve emergere, «nominando» gli altri, alleandosi con altri, conquistando il vertice della classifica. Personalmente, facevo il tifo per Riccardo Riccò (spiace la lite con Emanuele Sella, bravo ma con licenza d' impresa perché uscito di classifica). E poi se il vincitore Alberto Contador alla vigilia era davvero spaparanzato in riva al mare, vuol dire che è di un altro pianeta. Il secondo livello riguarda ovviamente la lettura tv. Disponendo di buona tecnologia, si poteva assistere a tre rappresentazioni della stessa piece: quella della Rai, quella di Eurosport e quella della Tsi, la tv della svizzera italiana. Ora, uno non può passare tutta la vita a scrivere male di Auro Bulbarelli (poi per matto passa chi scrive, non chi ha deciso di affidargli un compito così delicato). Ve lo giuro, tre pomeriggi di fila con Bulbarelli intontiscono: per scontatezza, per la sfilza di osservazioni banali che riesce a inanellare, per i compitini turistici che legge. Mai un lampo, mai una trovata. La sua prima vittima è Cassani, che ormai passa il tempo a reclamizzare una sua pubblicazione. Critica costruttiva: perché una volta non provare con Alessandra De Stefano e Silvio Martinello? Quanto al «Processo alla tappa» andrebbe completamente ripensato: la sua formula è usurata, il suo fascino perduto. Per dire: il migliore è stato Gigi Sgarbozza.

(3 giugno 2008)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:56
L' astuzia ittica sale in bicicletta

Ha tifato come un matto per Davide Rebellin: solo argento. Ha cercato di spingere sotto una pioggia battente Tatiana Guderzo, in un diluvio di acqua e di parole: solo bronzo. Fate voi. Ma non si parla di Olimpiadi qui. Ma di Auro, l' unico oro che ci interessa, medaglia vivente del ciclismo, l' olimpionico del nulla cui ci lega una collosità affettiva, agglutinata spesso da un' apparenza di infantile devozione. Non poche volte seguiamo il ciclismo solo per sentire Golden Auro Bulbarelli. Questo piacevole ottundimento - indolente apatia che, invisibile, emana come un narcotico da ogni programma tv particolarmente insignificante - l' ha spiegato molto bene Alberto Savinio. È una sorta di invincibile attiranza per le cose che non appartengono all' intelligenza: «A poco a poco la mia avventura si offusca, perdo la traccia del mio viaggio solitario, cedo al richiamo primordiale, il mio orecchio è pieno della voce della sirena. Intelligenza, ti saluto! Non penso più, non cerco più, non voglio più. Un dolcissimo languore m' invade, come in capo a un' insonnia prolungata i nostri nervi finalmente si disciolgono nello sfinimento voluttuoso del sonno». Esattamente come Gigi Marzullo, Golden Auro è prima di tutto un corpo che ha dato forma a un' idea preesistente, il bulbarellismo. Si sa come vanno queste cose: quando non si capisce più niente (e con Auro succede spesso) si ha una visione: come un prete spretato, Golden interpreta la rotondità misteriosofica del ciclismo, la sua inesattezza, la sua volontà di illudere e deludere, di perdere e perdersi. Golden incede con nobile passo, apre il deposito delle belle figure retoriche del tempo antico e ci inonda: prodigo di storditezze universali, coraggioso nelle opinioni altrui e saggio con lo spirito del prossimo. Commuove quando legge un dépliant turistico o telefona a un amico. È lì che si percepisce il commosso orgoglio con cui il bulbarellismo coltiva la propria astuzia ittica.

(12 agosto 2008)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:58
Quando al Giro c' erano le leggende

Strepitosa vittoria della maglia rosa Danilo Di Luca. Nel Giro del Centenario, si è corsa ieri la tappa Cuneo-Pinerolo, capitolo fondamentale nella storia del ciclismo: sullo stesso percorso, il 10 giugno del ' 49 Fausto Coppi trionfò dopo un' impressionante fuga di 190 Km. Primo su tutte le cime delle Alpi italo-francesi (il Colle della Maddalena, m.1996, il Vars, m. 2111, l' Izoard, m. 2360 , il Monginevro, m. 1850, il Sestriere, m. 2033) e primo al traguardo finale con quasi 12 minuti di vantaggio su Gino Bartali. È la tappa famosa dell' incipit del radiocronista Mario Ferretti: «Un uomo solo è al comando, la sua maglia biancoazzurra, il suo nome Fausto Coppi». Di questo straordinario incipit, degno della più grande letteratura, per costruzione sintattica, straordinaria capacità di scaraventare l' ascoltatore in medias res, fraseggio da Quinta di Beethoven, non esiste documento sonoro. E infatti non sempre è riportato nella lezione corretta. Che nessuno conosce, se non nel ricordo. Potrebbe essere un calco del Vangelo di Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio». Non ha nessuna importanza, a volte la leggenda è più importante della realtà. Come sostiene il direttore del Shinbone Star, nel film L' uomo che uccise Liberty Valance, «This is the West, Sir. When the legend becomes fact, print the legend», che noi potremmo tradurre così: «Questo è lo sport. Quando la leggenda diventa realtà, pubblichi la leggenda». Certo oggi, con corridori che passeggiano per Milano per paura di cadere (cosa dovremmo dire noi, allora, che ogni giorno sfidiamo la città pedalando?) o con Bulbarelli che ne narra le gesta, è difficile aspettarsi simili incipit. Eccone uno per Auro: «Il sole splendeva, senza possibilità di alternative, sul niente di nuovo». È di Samuel Beckett.

(20 maggio 2009)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 13:59
Aforismi sapienziali di Golden Bulbarelli

Con tutto il rispetto per la maglia gialla Rinaldo Nocentini, non è che il Tour di quest' anno sia esaltante. Almeno finora. Mettere il Tourmalet a 70 km dall' arrivo è un non senso per chi ama questo sport. Con il Col d' Aspin e il Tourmalet, la tappa rischiava di essere vinta da un velocista! Ieri, per fortuna, si riposava; ne abbiamo approfittato per riprenderci dalle fantasiose telecronache di Golden Auro Bulbarelli (Raidue, 14,30). Domenica, mentre il francese Pierrick Fedrigo e Franco Pellizzotti s' involavano verso i traguardo di Tarbes, Golden Auro ha cominciato a disquisire sui tratti semantici. Tratti semantici? Sì, Golden Auro non si ferma davanti a nulla, la filosofia del linguaggio e la linguistica sono il suo pane quotidiano. I filosofi si occupano dei fenomeni che accompagnano il processo dell' assegnazione dei significati (la semantica è lo studio dei significati); i linguisti studiano gli elementi dei tratti di significato, per come si manifestano e agiscono nel sistema linguistico. A occhio, dunque, Golden Auro è più specializzato in linguistica. Vedi le montagne, vedi la fatica dei corridori, vedi i tifosi assiepati lungo le strade e pensi: adesso Golden Auro ci impartisce una bella lezioncina sui tratti semantici, detti anche «semi». Del tipo: vi dico tre tratti semantici di Nocentini: è «umano», è «adulto», è «maschio». E mentre ti aspetti che Davide Cassani lo intrattenga sui rapporti semantici (quelli che portano dritti dritti alle figure retoriche), ecco intervenire un ospite, Marco Pastonesi della Gazzetta: «Scusa Auro, ma forse volevi dire tratti somatici, non semantici». Golden Auro prontamente si corregge. Per fortuna Golden Auro è un saggio e, poco dopo, ci regala uno dei suoi aforismi sapienziali: «Tutto fa brodo». Intanto la corsa va per conto suo. Tanto suo da poter essere vista azzerando l' audio.

(14 luglio 2009)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 14:01
E l'ultimo:

In memoria del «bulbarellismo»

Q uello di sabato 17 ottobre è stato un Giro di Lombardia molto triste. Doveva vincere Damiano Cunego (almeno nei pronostici degli specialisti) e invece ha vinto il belga Philippe Gilbert battendo lo spagnolo Sanchez: è lui il re dell' autunno ciclistico. No, è stato triste perché un altro re dell' autunno (inteso come tramonto dell' Occidente) se n' è andato. Il mitico Auro Gold Bulbarelli ha dato l' addio alle telecronache perché, in una recente seduta, il cda della Rai lo ha designato a incarichi dirigenziali in un' infornata con Jacopo Volpi, Giampiero Bellardi, Sandro Fioravanti, Bruno Gentili, Maurizio Losa e Raimondo Maurizi. Come nei Ragazzi della via Paal anche in Rai ci sono solo ufficiali, non si trova più un soldato. Ma per l' ultima telecronaca di Auro Gold Bulbarelli non bisognerebbe stappare champagne o tirare il collo a un Barolo Cannubi del 2001? Non è stato il campione assoluto della banalità? Non è lui che ci ha ubriacato di noia e di inutili mail dei suoi fans? Non è lui l' artefice del «bulbarellismo», quel giornalismo prodigo di storditezze universali, coraggioso nelle opinioni altrui e saggio con lo spirito del prossimo? E non è probabile che senza la presenza fastidiosa di Auro Gold, Davide Cassani ritrovi l' antico smalto e ricominci parlare di ciclismo? Il fatto è che dietro la bella notizia se ne nasconde una assai tragica: Auro Gold Bulbarelli è stato nominato vicedirettore di Raisport. In base a quali meriti non è dato sapere, perché se stiamo alla qualità delle sue telecronache qualcosa non torna. Pare che Auro Gold goda delle simpatie della Lega di Umberto Bossi, un partito che si è sempre opposto alla lottizzazione. Smessi i panni pleonastici del telecronista, Auro Gold metterà la sua ovvietà al servizio del Servizio pubblico. Evviva! RIPRODUZIONE RISERVATA Vincitori e vinti Milena Gabanelli Milena batte Manuela. Clamoroso sorpasso nel prime time della domenica: grande attenzione del pubblico per «Report» di Milena Gabanelli, che ricostruisce un caso di concorrenza sleale: 3.358.000 spettatori, 14% di share. Manuela Arcuri Manuela superata da Milena. Canale 5 contrasta la fiction di Raiuno, ma con «Io non dimentico», interpretata da Manuela Arcuri, fa un tonfo in prime time: 2.986.000 spettatori, 13,2% di share.

(20 ottobre 2009)

 

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  postato il 21/10/2009 alle 14:19
Grazie Marco per confortarmi con questi preziosi indizi. Se tre indizi fanno una prova, vuole dire che ci avevo visto giusto, nonostante il gomito destro rotto e ingessato che mi costringe a scrivere solo con la sinistra: Grasso ce l'ha a morte con Bulbarelli, lo cita in continuo, o ne è ossessionato o conduce contro di lui una campagna stampa simile a quella della Cederna contro Leone o di Scalfari contro Craxi.

Rimane l'incensazione di Zomegnan, che non mi pare così unanime tra di noi (già, ma noi non siamo mica dipendenti della RCS...) e le continue e facili banalità sul doping, magari precedute da mega incensazioni dei campioni che poi sono incappati nella positività. Sì, insomma, 'sto Grasso su Auro... via c'è un pò di fumus persecutionis. La sua competenza ciclistica è infine prossima a quella media di molti di noi. Nè più nè meno.

 

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  postato il 21/10/2009 alle 14:21
Originariamente inviato da Frank VDB

il 70% delle affermazioni virgolettate non mi paiono banalità. Altrimenti nel calcio è banale dire "fallo", "fuorigioco", "rigore", ma anche "sciabolata", "squadra corta", o urlare "gooolll" come indemoniati in una partita di secondo piano della terza giornata di serie B.

Sugli altri pezzi, beh le trite banalità di Grasso sì che sono palesi, dall'applauso per il mancato invito a Pantani al Tour 2001, agli scandali doping del Giro 2002.
(by the way: ma se le avessimo scritte noi queste cose non pensi che mezzo forum si sarebbe incazzato?)

Patetico poi riesumare Dezan: un monumento delle cronache sportive, un eroe nazionale, una sorta di Garibaldi al quale, per i meriti acquisiti si perdona quanto di pessimo ha fatto, ma non certamente uno da prendere come esempio di ottimo telecronista, almeno in vecchiaia: a metà anni '90 BS era pieno di lettere di critica verso Dezan quanto cicloweb è pieno di giuste critiche ad Auro.

Sì Marco, gli articoli che hai postato dimostrano quanto voglio dire: per motivi suoi Grasso ce l'ha con Bulba e Raisport. Legittimo, ma è un privato regolamento di conti su mezzi di informazione. Direi che per chi vuole legittimamente criticare Bulba, citare Grasso rafforza molto poco la critica.


Se avrai avuto la pazienza di leggere anche gli altri pezzi di Grasso, avrai notato alcune cose.

Elenco quello che noto io.

1) Sì, enormemente banali le cose che diceva Grasso sul doping nel 2001 o nel 2002. Ma ricordo una homepage di Cicloweb del 2002 con una foto di Garzelli e Simoni e il titolo "Generazione perduta". La consapevolezza sulle storture dell'antidoping è relativa all'ultimo lustro, e ciò emerge chiaramente dagli scritti del critico: leggere per esempio quanto dice nel pezzo del 13 maggio 2007: Perché, fuori da ogni ipocrisia, Ivan Basso e prima di lui Marco Pantani non possono più essere considerati mele marce in un cesto di purezza (saranno capaci l' ineffabile Auro Bulbarelli e il suo compagno Davide Cassani di affrontare un tema simile o continueranno a parlarci di rapporti e a leggere gli sms dei loro amici?).
Anche Grasso, come tutti noi, nel 2001 era convinto di cose che oggi vengono lette con tutt'altra prospettiva.

2) Sì, non ha senso rimpiangere i cronisti della vecchia generazione, ma questo rimpianto Grasso lo contestualizza parlando a più riprese di sport che è cambiato (vedi la riflessione su Carosio il 20 luglio 2003, per dire).

3) Nei primi pezzi non c'è la "crudeltà" che emerge negli ultimi, segno che una minima apertura di credito il critico la concedeva a Bulbarelli. Con gli anni, non si poteva più sperare che Auro migliorasse, ma si doveva solo prendere atto dello stato delle cose.

4) Il fatto che Grasso abbia parlato benissimo di Cassani (dicendo al più che è stato rovinato nel tempo dalla vicinanza di Bulba) e della De Stefano, suggerisce che forse non è che ce l'ha con RaiSport e con tutti i suoi giornalisti/opinionisti.

5) Sin dal principio, e in maniera magistrale nell'ultimo pezzo, Grasso contestualizza la pochezza del telecronista Auro nella pochezza di RaiSport. In cui ci sono fior di professionisti, ma in cui c'è anche una mota di ciarpame che su altre testate non si trova. La distanza tra il valore medio dei giornalisti di Sky e di quelli della Rai è siderale, davvero. Lo stesso lo potremmo dire di EuroSport (anche se su ES non si raggiungono i livelli di SkySport). La riflessione è: come può un cronista non essere espressione della testata che lo "pubblica"? Come può il valore medio dei cronisti non tendere al ribasso, se le promozioni in quella testata sono frutto di lottizzazione politica e non di capacità professionali? Ciò valeva tanto nel 2001 (quando Auro arrivò alle telecronache perché qualcuno ce lo mise) quanto oggi, quando Auro sale nella stanza dei bottoni. Quali sono le sue capacità? Ancora una volta Grasso mi pare magistrale nello spiegare questi meccanismi, per esempio quando parla di responsabilità limitata il 30 luglio 2001. Che poi è il concetto espresso più su pure da Donchisciotte. Che poi è il concetto che tanti di noi condividono, anche quelli che non amano o non leggono Grasso.

6) Mi pare infine che nel corso degli anni emergano chiaramente i limiti che il critico sottolinea quando scrive di Bulbarelli. Altro che regolamento di conti, semplicemente c'è una coerenza di fondo nel pensiero sviscerato negli articoli che, Giro dopo Giro, Tour dopo Tour, hanno detto tanto di Auro Bulbarelli.

Ancora una volta, ripeto quanto già espresso: condivido il parere di Aldo Grasso, spero però che nessuno pensi che ciò che mi muove sia la voglia andare io a fare le telecronache al posto di Bulbarelli. Voglio dire, si può anche essere critici esprimendo lealmente (lealmente nei confronti del lettore, intendo; e coerentemente con le proprie idee) i propri pareri senza che ci siano doppi fini dietro.

 

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  postato il 21/10/2009 alle 14:24
Non amo particolarmente Bulbarelli ma nemmeno mi sento di crocifiggerlo (professionalmente, s'intende). Per me è sempre stato un telecronista senza infamia e senza lode. Ritengo che gli abbia nuociuto in maniera irreparabile le presenza di Cassani. Qualcuno qui pensa che sia il contrario, che cioè sia stato Auro a nuocere a Cassani. Io credo che Cassani sia l'uomo giusto al posto sbagliato. Gli riconosco una visione della gara (in svolgimento) che è raro vedere tra i suoi pari ma basta, finita li'. Al massimo potrebbe essere affiancato a Ballerini e non certo messo con un microfono in mano.

Per certi versi Grasso ha pienamente ragione, il telecronista è uno spettatore e dovrebbe identificarsi con i suoi spettatori. Se, dopo 220 km su di un percorso duro e con tante salite, capita che in fondo al Ghisallo si ritrovano 100 e piu' corridori, sarebbe giusto dire che la corsa è stata tradita, che meritava di piu', che cadono le braccia, che questo parterre lascia a desiderare. Se in cima al Catria, dopo altri 4 colli duri e piu' di 200 km, passa, compatto, un gruppone di oltre 100 corridori, sarebbe giusto smoccolare all'indirizzo di quei corridori e dire le cose come stanno. Farebbe bene al pubblico che dorme ed anche al ciclismo stesso, perchè è esattamente quello che il pubblico pensa e vorrebbe sentirsi dire. Volendo essere benevolo, mi viene da pensare che il povero Auro si sia trattenuto per non tirarsi addosso un fiume di retorica pseudo-competente da parte del soporifero Cassani. Il ciclismo guardato ed il ciclismo praticato sono due cose nettamente distinte: se il telecronista non simpatizza con il suo spettatore e non ne diventa "compare", che senso ha la telecronaca ? Tanto vale avere microfoni spenti.

Che senso ha rievocare il ciclismo della leggenda se poi non si dice nulla quando tutte (tutte) le classiche monumento vengono corse solo per 40 km e meno ? Qui sta il grande fallimento di Mr. Auro e dei suoi colleghi RAI, chè non sono loro il ciclismo, con il quale invece e purtroppo si identificano. Loro fanno un altro mestiere; non sono loro a dover pestare sui pedali. Non è retorica dire che dovrebbero essere al servizio del telespettatore, il quale reclama un ciclismo piu' bello e piu' aderente alla sua storia ed alla sua leggenda. Auro e noi stiamo dalla stessa parte della telecamera. Cassani sta dall'altra parte epperciò non ci serve. Capiamo tutti che per avere commentatori del genere occorre gente un bel po' preparata.

Mi convinco sempre piu' che Grasso non ha tutti i torti e ringrazio Marco per avere riportato i suoi articoli. Ottimo lavoro, Marco, ben fatto !.

 

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  postato il 21/10/2009 alle 14:27
Originariamente inviato da Frank VDB

Grazie Marco per confortarmi con questi preziosi indizi. Se tre indizi fanno una prova, vuole dire che ci avevo visto giusto, nonostante il gomito destro rotto e ingessato che mi costringe a scrivere solo con la sinistra: Grasso ce l'ha a morte con Bulbarelli, lo cita in continuo, o ne è ossessionato o conduce contro di lui una campagna stampa simile a quella della Cederna contro Leone o di Scalfari contro Craxi.

Rimane l'incensazione di Zomegnan, che non mi pare così unanime tra di noi (già, ma noi non siamo mica dipendenti della RCS...) e le continue e facili banalità sul doping, magari precedute da mega incensazioni dei campioni che poi sono incappati nella positività. Sì, insomma, 'sto Grasso su Auro... via c'è un pò di fumus persecutionis. La sua competenza ciclistica è infine prossima a quella media di molti di noi. Nè più nè meno.


Caro Davide (mi sono aurizzato ), nessuno ha sostenuto che Grasso sia un grande intenditore di ciclismo, ma di sicuro è un appassionato e le corse le ha sempre seguite, al contrario di quanto sospettato da qualcuno (forse proprio da te) più su.

Non vedo il fumus persecutionis laddove Grasso scrive ogni giorno un articolo di critica televisiva, e quindi mi pare addirittura ovvio che una o due volte all'anno dedichi dei pezzi al ciclismo, in occasione degli eventi più importanti come Giro o Tour.

 

[Modificato il 21/10/2009 alle 14:56 by Admin]

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  postato il 21/10/2009 alle 14:46
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Un bel Giro ma che noia i «ragionieri»

Il Giro è finito, peccato, ci mancherà perché è stato un bel Giro, come da tempo non si vedeva. (31 maggio 2004)


Credo che la belleza del Tour del 2004 l'abbia vista lui e ... Cunego

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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  postato il 21/10/2009 alle 14:52
Originariamente inviato da Admin

Damiano Cunego fa esperienza. Qualcosa l' ha già imparato, sull' Alpe d' Huez. Chi non impara mai nulla è ...
(21 luglio 2006)


Siamo sicuri che non sia lo stesso?

 

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  postato il 21/10/2009 alle 15:00
Originariamente inviato da Frank VDB


Patetico poi riesumare Dezan: un monumento delle cronache sportive, un eroe nazionale, una sorta di Garibaldi al quale, per i meriti acquisiti si perdona quanto di pessimo ha fatto, ma non certamente uno da prendere come esempio di ottimo telecronista, almeno in vecchiaia: a metà anni '90 BS era pieno di lettere di critica verso Dezan quanto cicloweb è pieno di giuste critiche ad Auro.

Sì Marco, gli articoli che hai postato dimostrano quanto voglio dire: per motivi suoi Grasso ce l'ha con Bulba e Raisport. Legittimo, ma è un privato regolamento di conti su mezzi di informazione. Direi che per chi vuole legittimamente criticare Bulba, citare Grasso rafforza molto poco la critica.


Sono d'accordo su De Zan; che sapeva riconoscere i corridori, punto e basta
Su Grasso invece non mi sembra che ci sia una particolare acrimonia in quanto si legge, semplicemente non gli piace il modo auresco di argomentare e dovendo scrivere sul ciclismo in TV, che dovrebbe dire, se non che altri avrebbero, a parer suo, una migliore capacità di conduzione?

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 21/10/2009 alle 15:02
Originariamente inviato da prof

Non amo particolarmente Bulbarelli ma nemmeno mi sento di crocifiggerlo (professionalmente, s'intende). Per me è sempre stato un telecronista senza infamia e senza lode. Ritengo che gli abbia nuociuto in maniera irreparabile le presenza di Cassani. Qualcuno qui pensa che sia il contrario, che cioè sia stato Auro a nuocere a Cassani. Io credo che Cassani sia l'uomo giusto al posto sbagliato. Gli riconosco una visione della gara (in svolgimento) che è raro vedere tra i suoi pari ma basta, finita li'. Al massimo potrebbe essere affiancato a Ballerini e non certo messo con un microfono in mano.

Per certi versi Grasso ha pienamente ragione, il telecronista è uno spettatore e dovrebbe identificarsi con i suoi spettatori. Se, dopo 220 km su di un percorso duro e con tante salite, capita che in fondo al Ghisallo si ritrovano 100 e piu' corridori, sarebbe giusto dire che la corsa è stata tradita, che meritava di piu', che cadono le braccia, che questo parterre lascia a desiderare. Se in cima al Catria, dopo altri 4 colli duri e piu' di 200 km, passa, compatto, un gruppone di oltre 100 corridori, sarebbe giusto smoccolare all'indirizzo di quei corridori e dire le cose come stanno. Farebbe bene al pubblico che dorme ed anche al ciclismo stesso, perchè è esattamente quello che il pubblico pensa e vorrebbe sentirsi dire. Volendo essere benevolo, mi viene da pensare che il povero Auro si sia trattenuto per non tirarsi addosso un fiume di retorica pseudo-competente da parte del soporifero Cassani. Il ciclismo guardato ed il ciclismo praticato sono due cose nettamente distinte: se il telecronista non simpatizza con il suo spettatore e non ne diventa "compare", che senso ha la telecronaca ? Tanto vale avere microfoni spenti.

Che senso ha rievocare il ciclismo della leggenda se poi non si dice nulla quando tutte (tutte) le classiche monumento vengono corse solo per 40 km e meno ? Qui sta il grande fallimento di Mr. Auro e dei suoi colleghi RAI, chè non sono loro il ciclismo, con il quale invece e purtroppo si identificano. Loro fanno un altro mestiere; non sono loro a dover pestare sui pedali. Non è retorica dire che dovrebbero essere al servizio del telespettatore, il quale reclama un ciclismo piu' bello e piu' aderente alla sua storia ed alla sua leggenda. Auro e noi stiamo dalla stessa parte della telecamera. Cassani sta dall'altra parte epperciò non ci serve. Capiamo tutti che per avere commentatori del genere occorre gente un bel po' preparata.

Mi convinco sempre piu' che Grasso non ha tutti i torti e ringrazio Marco per avere riportato i suoi articoli. Ottimo lavoro, Marco, ben fatto !.


Non ci avevo mai pensato a questa cosa, a questo ribaltamento di responsabilità tra i due. Ci rifletto

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 21/10/2009 alle 15:08
Originariamente inviato da Admin

Quegli Opinionisti Del Giro D' Italia

È un bel Giro, nonostante la delusione (almeno per me) di Cunego, compensata però dall' azione sicura di Di Luca, dalle sorprese di Andy Schleck e Riccardo Riccò. Sì, è stato un bel Giro. La grande delusione di quest' anno è stato il Processo alla tappa. Già Andrea Fusco è uno che dovrebbe parlare con una stufa incorporata per dare un pò di calore alle sue parole ma chi ha avuto l' idea di riesumare Marino Bartoletti? Era proprio necessaria la sua presenza dopo che le campane avevano suonato a festa quando aveva levato le ancore da Quelli che il calcio? Mamma mia, con quell' aria tronfia, con quel suo spargere a piene mani retorica e adulazione, con quel suo impancarsi a opinionista! Senza passione non c' è conoscenza: eppure ci sono giornalisti che hanno dedicato una vita a raccontare il ciclismo e che, prima di diventare opinionisti, qualche opinione se la sono fatta. Ignorati. Ci tocca invece una coalizione di agonizzanti di idee. Non resta che sperare nelle donne del Giro, Ivana Vaccari e Alessandra De Stefano. E nei corridori, come sempre.

(31 maggio 2007)


Stupenda la parte su Bartoletti, però qui c'è anche la conferma deluso da ... che lui di ciclismo ne capisce quanto ... chi scrive di golf:

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 21/10/2009 alle 15:11
Originariamente inviato da Admin

Il Giro d' Italia come un reality

Per dire: il migliore è stato Gigi Sgarbozza.

(3 giugno 2008)


Qui si esagera davvero, a meno che per migliore si intenda il più buffo

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 21/10/2009 alle 15:18
Non ho ben capito se le critiche di Grasso fossero circostanziate allo stile o alla sostanza del commento tecnico.
Ho sempre criticato Bulba, ma non certo in merito alle digressioni storico-paesaggistiche che trovo meritorie e nemmeno alla sua linea sul doping, che trovo quasi obbligatoria da un versante Rai. Nemmeno credo che abbia commentato senza emozione e senza trasporto. Si trattava di uno stile non urlato che può avere un suo fascino.
Piuttosto gli ho sempre rimproverato la completa mancanza di cultura agonistica del ciclismo. Il che ha determinato un appiattimento delle interpretazioni e dei commenti sulle gare dal vivo. A un livello di “rumore di fondo”, nel senso che il commento non ha mai dato qualcosa in più che la semplice visione delle immagini, magari corredate da buone sovrimpressioni..
La mia idea di commento dovrebbe restituire allo spettatore le molte sfaccettature del nostro sport. Ricordo i pomeriggi passati davanti alla tv con il mio amico Leo, non la finivamo mai di commentare ogni immagine, semplicemente perché in ogni immagine c’era in noi un vissuto profondo. Non dico che un commentatore debba per forza aver fatto dell’agonismo, ma dovrebbe averne una consapevolezza diretta, sperimentata, profonda. Dovrebbe essere uno che, ancora più che corso personalmente in bici, ha visto, letto, vissuto ciclismo a tonnellate, fin da bambino. In Auro si sentiva una distanza dalle cose che, personalmente, non me lo ha mai fatto gradire del tutto
Mi ero abituato a lui, niente di più.
Di Pancani non so nulla, ma è vero che Scaramuzzino mi è sembrato efficace e molto ritmato. Ma è caratteristica tipica delle voci radiofoniche che devono dare tutto all’ascoltatore, privo del supporto video.

 

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“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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  postato il 21/10/2009 alle 15:46
Originariamente inviato da claudiodance

Mi ero abituato a lui, niente di più.


Ecco, questa è la frase chiave, bravo Dancelli.
In ogni caso, sia chiaro che rispetto chi ha apprezzato Bulbarelli. Anche a me alcuni suoi aspetti non dispiacevano, anch'io ho sorriso a certe sue battute e a certe sue uscite. Poi, quando ti tocca sul groppone una disdetta, giocoforza devi cercare di prenderne il meglio (o il meno peggio), e questo atteggiamento alla lunga ti porta per l'appunto ad abituartici.
"Non mi piace Bulba, ma mi ci sono abituato e cerco di prenderne il meglio". A volte non mi è riuscito (per esempio quando ha parlato con troppa frequenza ma con troppa superficialità di doping), e in generale ho trovato questo suo approccio deleterio per il ciclismo.
Ma ci sta che altri non la pensino così. Spero che però si discerna per l'appunto tra il "mi piace" e il "mi ci sono abituato". Il post in cui Davide dice che in molti momenti emozionanti "Bulba c'era" mi pare ricada nella seconda ipotesi, alla fine della fiera. Ma non abbiamo la riprova che quei momenti potessero essere ancora più emozionanti con un altro cronista al posto di Bulba.

O meglio, per certi versi ce l'abbiamo: per dirne una, il Fiandre di Ballan per me resterà inscindibilmente legato alla voce di Andrea Berton, che quel giorno fece un capolavoro di telecronaca. Sempre a mio modestissimo parere, e ricordando che anche Berton parla spesso a sproposito di doping.
Ma se dovessi tracciare una retta su cui porre i vari telecronisti, da un lato, quelli che mi soddisfano sia per la forma che per la sostanza, non ne metterei del ciclismo (e lì ci metto Tommasi-Clerici, come suggerito ieri, o un Fabio Caressa pre-2006, per dire); Berton è uno che mi soddisfa per la forma ma spesso non per la sostanza; Bulba non mi soddisfa né in un aspetto né nell'altro.

Comunque, visto che siamo nel tema del thread, aspetto con simpatia e fiducia Francesco Pancani all'opera, ricordando che quest'anno non mi era dispiaciuto nelle poche telecronache che ha fatto (fece il Giro di Sardegna? o la Coppi&Bartali? Non ricordo). Speriamo bene.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 21/10/2009 alle 15:50
Originariamente inviato da Admin


Comunque, visto che siamo nel tema del thread, aspetto con simpatia e fiducia Francesco Pancani all'opera.


Per me, se invece di Pancani, mettevano ... Panchetti era molto meglio

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 21/10/2009 alle 17:12
Originariamente inviato da lemond

Originariamente inviato da Admin


Comunque, visto che siamo nel tema del thread, aspetto con simpatia e fiducia Francesco Pancani all'opera.


Per me, se invece di Pancani, mettevano ... Panchetti era molto meglio



Oppure , meglio ancora,
il Pancotto,

o magari,

la Pancetta.


 

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Fantaciclismo 2009 : 1°Tour de Romandie - 1° Paris-Tours
Tour de France 2009 : Vittoria 11°tappa Vatan Saint-Fargeau
Vuelta a Espana 2009 :Vittoria 6°tappa Xativa-Xativa e 11°tappa Murcia-Caravaca de la Cruz

Fantaciclismo 2010 : 1° Het Volk - 1° Milano-Sanremo - 1° Tour de Romandie
Tour de France 2010 : Vittoria 9°tappa Morzine Avoriaz- Saint Jean de Maurienne

 
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Utente del mese Aprile 2010




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Registrato: Mar 2006

  postato il 21/10/2009 alle 17:39
o una

(fonte: fonderiainnocenti.com )

 

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Livello Moreno Argentin




Posts: 369
Registrato: Sep 2005

  postato il 21/10/2009 alle 17:42
Grasso non ce la fa a dire che semplicemente Bulbarelli gli sta sulle palle. Complessivamente condividiamo lo stesso giudizio, ma mi rendo conto che scriverlo su un giornale è un'altra cosa.
Grasso scrive più di una volta che non si possa maramaldeggiare contro Bulbarelli e che la colpa è di Raisport, poi però se la prende solo con il telecronista.
Intendiamoci: Auro è freddo, saccente e arrogante. Indimenticabili le volte in cui ha zittito con toni ignoranti la de Stefano e le volte in cui ha costretto Cassani a tacere arrogandosi prerogative tecniche assurde. Fa il tecnico e intepreta le sensazioni dei corridori, approfittandosi del suo potere e del fatto che nessuno lo ha mia contraddetto in diretta. Non lo amo.
Però trovo ad esempio che nelle cronache Rai c'è sempre quel tocco che viene solo dalla presenza in loco. Potrebbero, meglio, avrebbero potuto frequentare di più i raduni di partenza, ma quel po' di presenza in corsa dà alle cronache Rai un passo diverso rispetto a quelle di Eurosport che vengono fatte da uno studio di Milano. Del resto il termine "inviato" deve avere un senso, no?
Per questo ho scritto che non si tratta di un lavoro difficile, a patto che si accetti l'unica regola che io conosca per fare giornalismo: raccontare. Però attenti: non raccontare ciò che si vede sulo schermo, quello serve ai non vedenti e a coloro che sono convinti che la televisione sia come una radio. Raccontare significa entrare nelle pieghe del gruppo e dei suoi discorsi, far vedere il retroscena, spiegare la tattica e la tecnica parlandone con tecnici e meccanici. Devi essere un po' intrattenitore e molto rivista specializzata. Non a caso al Tour la presenza in postazione di qualche inviato dei giornali ha dato a volte un tocco diverso.
Spero che Pancani colga questa sfumatura e non si lasci condizionare dall'andazzo Rai in cui ci si preoccupa prima di scegliere il ristorante e poi di andare in postazione...

 
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Livello Roger De Vlaeminck




Posts: 636
Registrato: Feb 2006

  postato il 21/10/2009 alle 17:52
Meglio Pancani... il Bulba parlava solo di Doping epoi dei suoi tre preferiti (Moreni, Bettini e Basso)
e un serio professionista nel suo ruolo non può permetterlo

 

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Pap

 
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