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Autore: Oggetto: Velocisti italiani, campanello d'allarme??

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Posts: -1
Registrato: Aug 2006

  postato il 12/05/2006 alle 22:30
Originariamente inviato da Monsieur 40%

Robe', e allora fai critiche costruttive...

Gli slogan "Velocisti tutti al Giro" direi che non fanno parte di quella categorie.


Guarda Mariè, che era 'na battuta!
E' chiaro che col percorso di quest'anno le chanches erano poche per mettersi in mostra, però anche McEwen è uno sprinter, eppure al giro c'è venuto. Anche se magari fra pochi giorni se ne andrà a casa...
Vedere gli italiani solo piazzati (ed oggi il migliore dei nostri solo sesto...) è una grossissima delusione.
Si poteve e si doveva far meglio.
Gli assenti hanno sempre torto si dice.
Spero che nei prossimi GIRI, a prescindere dal percorso, ci siano gli sprinter italiani a fare onore ai nostri COLORI.

 

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Registrato: Oct 2005

  postato il 12/05/2006 alle 22:52
Originariamente inviato da aranciata_bottecchia

Ma il primo "treno" non fu quello dei diavoli rossi di Freddy Maertens?


Io ho letto che anche Rick Van Looy aveva nella sua squadra, che se non erro si chiamava "Solo", un proprio treno ribattezzato "le guardie rosse"

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 12/05/2006 alle 22:59
Per Woods: riporto un vecchio intervento di Morris sui velocisti:

Originariamente inviato da Morris

Dividerei il ciclismo in tre ere (anche su questa specifica variabile), con la possibilità di fondere le prime due, aumentando con questo, l’aleatorio che sempre fa capolino in simili e comunque stimolanti confronti. La prima, arriva fino alla seconda guerra mondiale e la potremmo definire pionieristica. La lunghezza dei tracciati ed i traguardi spesso posti su strade sterrate o in piste di terra battuta, provocavano sprint di potenza pura, senza affollamenti e le volate erano un’espressione totalmente individuale.
La seconda, va dalla guerra all’inizio dei controlli antidoping (questo confine sarebbe da usare in tutti gli sport), a metà degli anni sessanta circa.
La terza, ovvero la moderna, parte da quel periodo ed arriva fino ad oggi. Nella fattispecie si potrebbe inserire uno specifico zoom su come nacque il treno e l’organizzazione dello sprint a più voci del club del velocista. Volendo pignolare, dunque, dovremmo considerare l’inizio di questo tratto con Freddy Maertens, il primo ad organizzare il treno, mentre prima c’era solo un uomo a lanciare lo sprinter.

Sull’era iniziale, pur nei non tanti confronti del tempo, focalizzerei l’attenzione sullo spunto velocistico di due italiani, Guerra prima e Aldo Bini poi, nonché due belgi, Denis Verschuren e Gustave Danneels,

Sulla seconda, su tutti metterei Rik Van Steenbergen, a mio giudizio come sprinter ancor più forte di Rik Van Looy , Miguel Poblet e Andrè Darrigade nell’ordine. Escluso il francese, il più puro dei quattro per fibre bianche (era stato un ottimo velocista anche su pista), gli altri tre erano corridori che potremmo definire troppo completi, per essere considerati solo delle “ruote veloci”. A dimostrarlo, il loro stesso comportamento, le pesanti vittorie nelle classiche e/o in tappe di medio-alta montagna (Poblet vinse pure sul Bondone nel ’57) dei grandi giri.

Sulla terza, direi Freddy Maertens, per l’invenzione di cui sopra e la completezza, si fa preferire ai puri. Fra questi, sicuramente Cipollini, per costanza e longevità è il più tangibile. Il belga era letale ragazzi, quando lo vedevi sprintare rimanevi a bocca aperta, le gomme delle sue ruote s’infiammavano, ma aveva la testa di un pavone. Avrebbe potuto essere un corridore dal palmares secondo solo a quello dell’inarrivabile Eddy Merckx; certo anche superiore al Sire di Herenthals, quel Van Looy, verso il quale l’inchino è d’obbligo. A proposito dell’amico Eddy, vorrei ricordare ai più giovani che hanno avuto la sfortuna di non vederlo, quanto, all’occorrenza, fosse pure velocista da gruppo. Un pomeriggio del ’67, al Giro d’Italia, sul lungomare di Lido degli Estensi, volle dare una lezione a Willy Plankaert (era il più bravo di questa famosa famiglia, anche se ha ottenuto di meno di Walter ed Eddy), allora considerato il più forte velocista del mondo. Bèh…. lo strangolò nel vero senso della parola. Due anni dopo, nella per lui triste “corsa rosa” ’69 (di cui parlerò qui, o su Graffiti…), nella tappa di Terracina, si mise in testa al gruppo per tirare la volata al velocissimo Guido Reybroeck, ma vinse lui….. di una bicicletta. Fu un giorno particolare: la tribunetta d’arrivo crollò, invadendo la carreggiata e diversi corridori ci lasciarono parte, o tutta, la loro carriera. Guido, circa dieci anni dopo, quando Merckx si ritirò dall’attività, ebbe modo di dire, che nell’occasione di Terracina, solo una “formula uno” poteva uscire dalla ruota di Eddy. Infine, voglio ricordare la regale volata di gruppo, seppur in leggera salita, nella prima tappa della Parigi Nizza ’74. Fu la prima gara open importante della storia. Merckx, doveva raccogliere il guanto di sfida di uno dei tanti fenomeni dell’est mai passati professionisti (di cui scriverò su Graffiti), il polacco Ryszard Szurkowski, allora campione del mondo dilettanti. Fu un duello fra i due, con gli altri a fare da belle statuine. Vinse il belga alla grande, dimostrando, anche nell’occasione, che poteva essere super anche come sprinter. Quella volata non la dimenticherò mai.

Ora però, devo essere conseguente al sondaggio del carissimo nostro “Pirata” e metterò la preferenza su Rik Van Steenbergen. I motivi? Il ciclismo allora era epica, c’erano meno buffoni, il mondo sportivo complessivamente era migliore e si poggiava su valori indipendenti dal cancrio del danaro, ed i corridori come i collegi di altre discipline andavano a zuccherini chiamati stenamine. Oppure con la benzina effimera di quella simpamina che prendevano anche diversi studenti universitari prima di un esame, come ha ammesso il per me grande, ed amico, Sergio Zavoli.

Morris

 

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Davide

 
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