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Autore: Oggetto: Film su Pantani

Livello Fausto Coppi




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Registrato: Oct 2005

  postato il 15/02/2007 alle 21:36
Qualcuno sa nei prossimi giorni è in programma la replica del film (es. su qualche canale satellitare Rai)?
Grazie in anticipo per la risposta.

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 1671
Registrato: Dec 2004

  postato il 15/02/2007 alle 22:42
Originariamente inviato da Felice

Originariamente inviato da mestatore

Originariamente inviato da Morris



12) Qui, sono stato per mesi uno che digeriva i sassi, buono: un buddista zen, come direbbe Donchi. Poi ho visto che le visite dei provocatori giungevano ben aldilà della legge dei grandi numeri, ed ho capito che in tanti volevano sfregiare il successo del sito. Anche degli illustri, coperti da nick, sono venuti qua per attaccare e rovinare il possibile. Due utenti sono stati presi di mira particolarmente, forse, anzi certamente, con l’intento di farli allontanare: Aranciata Bottecchia e il sottoscritto. E’ tutto a tiro di ricerca, basta avere pazienza. Per lungo tempo, l’amico Davide, grandissimo, ha risposto per le rime, difendendo se stesso ed il luogo. Chi scrive, spesso assente per motivi indipendenti da lui, s’è trovato a ricevere mail non certo gradevoli. Col tempo, ci si può stancare e corrodere. Davide, ha scelto di partecipare al minimo-minimo e la sua mancanza si sente enormemente. Il sottoscritto, con bronzine sempre più fuse, ha pensato di diradare alquanto le presenze, recitando un ruolo a zig zag per scoprire le fonti, magari togliendosi dei sassolini, fino a decidere di modificare completamente il rapporto col forum, ed i contenuti degli interventi. Sarà così a lungo o, forse, per sempre. Che poi mi incaz.zi di fronte alle corbellerie fa parte della mia natura, ed obeso o meno, so ancora scattare, sia sulla tastiera che nel reale.

Il punto sopra, è destinato a chi ha avuto la pazienza di leggere, non certo al forumista JF, che era, è, e, probabilmente rimarrà, uno che circuisce il suo acume, sul diametro di una lenticchia.

Saluti.



qualche commento da parte di admin o dei moderatori?

se volete, spostate pure nel thread domande ai moderatori, ma per favore vorrei un commento.

mestatore


Caro Mesty,

se vuoi la mia personalissima opinione, credo che sia fare un torto al Bottecchia affermare che lui non scrive (quasi) più perché sommerso dagli attacchi subiti. Credo che a Davide di essere attaccato non gliene importi un fico.

A mio avviso, lui non scrive quasi più per altre ragioni. D'altronde ero convinto che si trattasse più o meno delle stesse ragioni per le quali pure tu sei stato largamente assente dal forum negli ultimi mesi.

Chissà, magari mi sbaglio... Ad ogni modo, tu e Davide avete le chiavi della risposta.

Ciao


credo che tu sia nel giusto, caro felice.

avrai notato come io non posti mai, da un po' di tempo in qua nei trhread che riguardano il pirata.

la disaffezione parte da molte situazioni, non ultima la situazione del ciclismo.

il meritato successo di cicloweb ha portato su queste pagine provocatori e zeloti, molti ultras incapaci di discutere e parlare, incapaci di capire che ci si può rispettare senza essere d' accordo

per alcuni è questione di malafede, per altri di età, ma cresceranno.

dai, va bene così, stanno tornando le corse.

un abbraccio

mesty

 
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Livello Marco Pantani




Posts: 1409
Registrato: Nov 2004

  postato il 16/02/2007 alle 15:07
Sì, rispettarsi anche se non si é d'accordo é proprio questo il punto chiave. Se poi ciascuno di noi avesse qualche certezza in meno e qualche dubbio in più, allora diventerebbe un vero piacere discutere.

Speriamo che le cose cambino nel senso giusto. E speriamo pure che l'annata ciclistica che sta iniziando riesca a riaccendere entusiasmi ormai spenti.

Ciao

 
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Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 17/02/2007 alle 14:59
Riceviamo via mail e volentierissimo rilanciamo.


Vi invio l'articolo scritto da Giorgio Vecchiato su Famiglia Cristiana n°7 del 18 febbraio, a proposito della fiction su Pantani. E' vergognoso. Io ho già inviato una lettera di protesta (che allego), vi invito a fare lo stesso.

-L’ultima pedelata del Pirata di Giorgio Vecchiato

La triste storia di Marco Pantani, versione Rai1, comincia con una canzoncina assolutoria “Ho sbagliato, ma non me ne sono accorto”. Poi a metà telefilm, arriva l’ammissione del Pirata: il doping nel ciclismo lo fanno tutti. E, a differenza del refrain, direi, gli altri s ne accorgono. In una delle sue memorabili cronache, Dino Buzzati descriveva un Fausto Coppi “metodico in corsa, sempre uguale a se stesso, ermeticamente chiuso nella sofferenza fisica”. Magnifica sintesi. Solo che, prima di staccare tutti sul Pordoi, il Campionissimo mandava giù quella che allora si chiamava la “bomba”. Me ne hanno parlato una volta senza reticenze, Gino Bartali e Gianni Brera. Erano intrugli artigianali, probabilmente a base di simpamina. Ma anche a quei tempi qualcuno ne moriva.
Capisco l’alone che tuttora circonda Pantani, la simpatia, l’ammirazione, la pena per la sua fine.
Ma la tv deve stare attenta ai suoi messaggi. Altro che complotti dei soliti malvagi. Pantani ha avuto la sorte del velocista Ben Johnson, che era un omone prima della squalifica e, privato delle sue pillole, è diventato muscolarmente un omino.
La droga ha fatto il resto. La fiction, basata su un somigliantissimo e credibile Rolando Ravello, si conclude con Pantani che pedala post mortem con un felice seguito di bambini.
Ma proprio i bambini. In vicende simili, è meglio lasciarli fuori.

ecco la mia lettera:

Non posso dire di essere un vostro fedele lettore. Diciamo che usufruisco della vostra rivista di riflesso: i miei genitori ne sono abbonati da anni e mi capita spesso di sfogliarla, magari ne leggo qualche articolo o le recensioni di film e dischi. D’ora in poi non lo farò più.
Sono rimasto a dir poco disgustato dalla critica di Giorgio Vecchiato a proposito della fiction su Marco Pantani. Già in passato avevo notato nei vostri articoli su Pantani una certa “linea editoriale” assolutamente non assolutoria, ma stavolta si è andati oltre.
Non me la prendo tanto per la fiction in sé, in realtà neanche troppo bella ne rivelatrice per chi già conoscesse la storia.
Vecchiato con pochi elementi (la”canzoncina assolutoria” della sigla, l’ammissione di Pantani a metà film) da per scontato che il Pirata fosse dopato, forse non sa che Pantani non è mai stato positivo a nessuna sostanza? Che a Madonna di Campiglio è stato squalificato per ematocrito alto, che è solo una prevenzione sanitaria nei riguardi della salute del ciclista?
Non voglio immischiarmi in questi discorsi, né tirare fuori la storia dei complotti (per altro non mi sembra che il film sposi questa tesi), quello che mi da fastidio è l’arroganza di Vecchiato, la maniera in cui liquida Pantani, tra l’altro tirando fuori la solita equazione ciclismo=doping (scomodando persino Coppi! e Buzzati, da cui dovrebbe imparare un po’ di stile), quasi a dire che Pantani sapeva quello che faceva e se poi gli è andata male povero lui, ma non è giusto assolverlo, come se tutto il discorso si limitasse a questo.
Poi Vecchiato vuol fare la morale alla tv che deve stare attenta ai messaggi che passa (ma davvero?) criticando la scena finale con Ravello-Pantani che pedala seguito da un gruppo di giovani ciclisti. “i bambini è meglio lasciarli fuori” conclude, ma lo sa il vostro prestigioso giornalista del bene che ha fatto Pantani da morto per i bambini?, lo sa della “Pantani corse”? della “Fondazione ONLUS Marco Pantani”? forse era questo che il regista voleva sottolineare o forse il signor Vecchiato dovrebbe informarsi meglio prima di sputare sentenze, magari dimostrerebbe
meno arroganza e più carità cristiana.


Saluti
Stefano Neuhold



E insomma, se c'è qualche lettore di quel giornalino, si faccia sentire.

 
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Livello Freccia Vallone




Posts: 83
Registrato: Aug 2005

  postato il 17/02/2007 alle 16:07

Pantani ha avuto la sorte del velocista Ben Johnson,


Questo esempio è peggio degli altri...
Ben Johnson è vivo, e forse è veramente vittima di un complotto...

Fa bene a non legger più quel giornale..

 

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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jul 2004

  postato il 17/02/2007 alle 17:59
Non ho visto la fiction su Pantani e non ho intenzione di vederla (come non ho visto quella su Bartali etc etc).
Però me ne sono fatto un'idea leggendo questo ottimo thread (ringrazio in particolare i vari e straordinari Marco Admin, Donchi, Morris, Super Mario 40%, Felice, Davide VDB etc etc), una lettura appassionante e scorrevole, diversamente avrei lasciato perdere perchè ultimamente ho poco tempo.
Ho saltato però a piedi pari la polemica con il solito anti-Pantani di turno, oramai è roba noiosa, assomiglia un po' alla pubblicità del mangia-acari della Kirby sui tabelloni dell'Inter a San Siro.

Pantani: non posso aggiungere nulla che non sia già stato scritto egregiamente dai Pilastri di questo forum, mi limito a rilevare lo spessore del suo alone leggendario ed eroico, nello stesso alveo di figure come Senna o Maradona, essere metafisico entrato legittimamente nel mito ed inevitabilmente destinato a soppiantare, nelle nuove generazioni italiane, il ricordo di Coppi scritto nel patrimonio genetico dei neuroni, nella memoria ancestrale.
Pantani oggi è il ciclismo e sarà assai a lungo l'icona di riferimento per questo sport, sempre e comunque, ma in particolare se dovesse avere luogo una rivoluzione copernicana.

 

[Modificato il 17/02/2007 alle 18:06 by aranciata_bottecchia]

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Davide

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 17/02/2007 alle 18:16
Originariamente inviato da Jens Fiedler


Pantani ha avuto la sorte del velocista Ben Johnson,


Questo esempio è peggio degli altri...
Ben Johnson è vivo, e forse è veramente vittima di un complotto...

Fa bene a non legger più quel giornale..


Scusate, ma quello che avete fatto non é tollerabile.

Se non siete d'accordo con il contenuto di un post, se lo ritenete offensivo, o comunque indegno di apparire nel forum, cancellatelo, fa parte delle vostre prerogative.

Ma fare apparire un post COME SE QUESTO FOSSE STATO SCRITTO DA UN UTENTE MENTRE CIO' E' FALSO, é scandaloso. Mi dissocio nel modo più totale da un tale atteggiamento e sono profondamente dispiaciuto che una cosa del genere sia potuta accadere.

 
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Moderatore




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Registrato: Oct 2004

  postato il 17/02/2007 alle 18:28
Felice, ogni messaggio modificato appare con la scritta in corsivo "modificato da Monsieur 40%" (esempio).

Evidentemente quel post l'ha scritto Jens Fielder (vista anche la richiesta in "Domande per i moderatori").

Come mai hai questa sicurezza che il post sia stato contaminato e/o taroccato?
Io sono entrato da poco nel forum e il post già era così, però mi concedo il beneficio del dubbio, cosa che tu non fai. E sinceramente mi sorprende.

 

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Non registrato



  postato il 17/02/2007 alle 19:26
ho appena inviato una mail all'attenzione di vecchiato, indirizzandola alla casella di posta della direzione di Famiglia Cristiana.

Inutile dire che io ho mandato una bordata, un vero e proprio intervento a piedi pari sui denti, a quella bigotta strafottenza.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 17/02/2007 alle 19:47
Originariamente inviato da aranciata_bottecchia

Non ho visto la fiction su Pantani e non ho intenzione di vederla (come non ho visto quella su Bartali etc etc).
Però me ne sono fatto un'idea leggendo questo ottimo thread (ringrazio in particolare i vari e straordinari Marco Admin, Donchi, Morris, Super Mario 40%, Felice, Davide VDB etc etc), una lettura appassionante e scorrevole, diversamente avrei lasciato perdere perchè ultimamente ho poco tempo.
Ho saltato però a piedi pari la polemica con il solito anti-Pantani di turno, oramai è roba noiosa, assomiglia un po' alla pubblicità del mangia-acari della Kirby sui tabelloni dell'Inter a San Siro.

Pantani: non posso aggiungere nulla che non sia già stato scritto egregiamente dai Pilastri di questo forum, mi limito a rilevare lo spessore del suo alone leggendario ed eroico, nello stesso alveo di figure come Senna o Maradona, essere metafisico entrato legittimamente nel mito ed inevitabilmente destinato a soppiantare, nelle nuove generazioni italiane, il ricordo di Coppi scritto nel patrimonio genetico dei neuroni, nella memoria ancestrale.
Pantani oggi è il ciclismo e sarà assai a lungo l'icona di riferimento per questo sport, sempre e comunque, ma in particolare se dovesse avere luogo una rivoluzione copernicana.


come al solito, in poche righe davide ha fatto centro, un centro perfetto.

ciao mitico

mesty

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 17/02/2007 alle 20:43
Originariamente inviato da Monsieur 40%

Felice, ogni messaggio modificato appare con la scritta in corsivo "modificato da Monsieur 40%" (esempio).

Evidentemente quel post l'ha scritto Jens Fielder (vista anche la richiesta in "Domande per i moderatori").

Come mai hai questa sicurezza che il post sia stato contaminato e/o taroccato?
Io sono entrato da poco nel forum e il post già era così, però mi concedo il beneficio del dubbio, cosa che tu non fai. E sinceramente mi sorprende.


Perché ero entrato nel forum in precedenza e, in questo thread, appariva un post kilometrico di Jens Fielder che avevo letto e che ora é sparito, sostituito dal post che ho citato.

A ben pensarci, può darsi che il suddetto utente abbia scritto i due posts e che voi vi siate semplicemente limitati a cancellare il primo. Se questo é il caso, ho preso un granchio e vi prego di scusarmi.
Rimane però il fatto che se così stanno le cose avreste dovuto cancellare anche il secondo perché non ha nessun senso senza il precedente e, così come sta, sembra una presa per i fondelli nei confronti di quell'utente.

Ciao

 
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Amministratore




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  postato il 17/02/2007 alle 20:50
Felice carissimo, ma che cacchio, fai scoppiare una discreta maretta tra noi moderatori e poi risolvi tutto con questa boutade???

Certo, Jens Fiedler aveva postato una serie di volte lo stesso intervento, riferito a Morris e puntualmente cancellato. Il post che è invece sopra, indipendente dal resto, è rimasto, e non mi pare che non si capisca il senso, visto che risponde all'articolo di Famiglia Cristiana.....



(Vabbè dai, meglio eccedere in prudenza - di fronte a una simile eventualità - che far finta di nulla... Però, insomma, hai usato dei toni un po' pesantucci nei nostri confronti!!!)

 
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Moderatore




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  postato il 17/02/2007 alle 20:54
Scusato per il granchio, anche se la sicurezza con cui ci hai accusato di una cosa parecchio spiacevole mi ha - almeno personalmente (aridaje co' 'sta coda di paglia! ) un po' spiazzato.

Andrea_Web ha difatti cancellato il kilometrico post di Jens, che poi - in un secondo momento - ha postato soltanto quelle poche righe, che noi - ovviamente - non abbiamo modificato (sarebbe apparsa la già citata scritta in corsivo).

Tutto qui.
Certo te l'abbiam fatta proprio grossa ultimamente per assicurarci così poca fiducia da parte tua, eh Feli'?! (detto a'aa romana!)

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 17/02/2007 alle 21:11
Scusatemi di nuovo. Non sono mai stato così contento di essermi sbagliato!

Ciao a tutti!

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 17/02/2007 alle 21:23
Davide sei un grande, veramente una capacità di sintesi e di comprensione dei fatti davvero incredibile.
Ho notato che nei forum che frequento( questo e quello di Pantani) mi capita di litigare ferocemente con qualcuno e poi capire che quella persona era una bellissima persona. Ecco, su questo forum mi è capitato con te ( e privatamente ce lo siamo deto già da qualche tempo).
Veramente spledido il tuo post e quello che dici su Marco.

 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

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IO NON L'HO VOTATO.

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Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

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Livello Freccia Vallone




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  postato il 18/02/2007 alle 11:45
ciao il post citato da Felice non ha nulla a che vedere con il precedente poi cancellato ripostato modificato e ricancellato...
si riferisce alla frase dell'articolo della famiglia crist ...
ragazzi ,capisco che quel messaggio è una rottura su questo thread, ma visto che tutti han letto quello di Morris (in cui velatamente mi definisce una schiappa ciclistica e uno che fa uso di schifezze..), sarebbe anche giusto che io possa replicare.
certo non qui, lo capisco anch'io, ma se si potrebbe mettere da qualche parte, in fondo è ironico .
ciao Andrea

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/02/2007 alle 17:06
Questo film ha fatto molto parlare nel bene e nel male, sia qua che fuori, voglio quindi segnalarvi questa intervista fatta a Bielli il preparatore di Ravello, cosi entrate anche voi nei dettagli della preparazione del film http://www.ultimokilometro.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1517&Itemid=1

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 19/02/2007 alle 00:04
ahah
la ragazza che fa quella di cui il piccolo pantani si innamora è quella del pollo 10+

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Freccia Vallone




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  postato il 19/02/2007 alle 19:16
Originariamente inviato da Subsonico

ahah
la ragazza che fa quella di cui il piccolo pantani si innamora è quella del pollo 10+


Chi, la sapientona?

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 19/02/2007 alle 19:21
Originariamente inviato da Jens Fiedler

Originariamente inviato da Subsonico

ahah
la ragazza che fa quella di cui il piccolo pantani si innamora è quella del pollo 10+


Chi, la sapientona?

Ebbene sì. E' riapparsa di recente e l'ho riconosciuta....dopotutto sempre in romagna stiamo

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Freccia Vallone




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  postato il 19/02/2007 alle 19:27
Nel film è un bel pò più grande... lo spot sarà di 5 anni fa..

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 19/02/2007 alle 19:28
naaa, ne han fatto uno nuovo di recente, e la protagonista è sempre lei...

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Freccia Vallone




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  postato il 19/02/2007 alle 19:33
Originariamente inviato da Subsonico

naaa, ne han fatto uno nuovo di recente, e la protagonista è sempre lei...

Allora io son rimasto a quello vecchio...

 

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Moderatore




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  postato il 19/02/2007 alle 23:13
Oh mamma, pensavo di aver cancellato il post di Jens (forse l'ho fatto, ma l'ha ripostato).

Ho cancellato dunque entrambi i post, sia quello di Jens sia quello di Morris.

Il thread si chiama "Film su Pantani"

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 19/02/2007 alle 23:25
Bèh.... allora sarò conseguente al titolo del thread..... e pubblico anche qui, ciò che ho scritto giorni fa, per il forum della Fondazione Marco Pantani.


Sulla fiction, fra divagazioni, giudizi e reazioni significative….

Ho più volte scritto che avrei aspettato di vedere il film, prima di esprimere un giudizio. L’attesa è stata lunga e non facile, in considerazione dei tanti interventi su carta e su video usciti in queste settimane, che mi hanno non poco stuzzicato.
Ho visto un lavoro veloce, con tutti i difetti della fretta, ed ho riscontrato poco di ciò che ho letto nei commenti precedenti la trasmissione del filmato. Mi conforta la consapevolezza che una fiction, per la presa che ha sul grande pubblico, possa favorire qualche domanda in più, fra i milioni di spettatori che, lunedì cinque febbraio, si son posti davanti al televisore. Ma la delusione, pur fra qualche piacevole sorpresa, ed alcune fasi davvero ben fatte, resta proprio tutta.
Mentre scrivo, mi chiedo se a pesare sul mio giudizio, sia la grave situazione in cui vivo, che potrebbe togliermi lucidità ed obiettività, ma, senza presunzione, lo credo poco.

La disamina
Il film inizia con un paio di flop, uno veniale e l’altro, a mio giudizio, capitale.
Il primo, viene della telecronaca di Bulbarelli sulla tappa di Campiglio che, all'epoca degli eventi, non era la voce del ciclismo. Sarebbe stato più degno, passare su quelle immagini, l’irripetibile canto di chi, realmente, commentò l’ennesimo leggendario acuto di Marco: Adriano De Zan. Farlo era facilissimo e non c’è bisogno di spiegarne i perché.
Il secondo, che mi ha colpito al cuore, nella narrazione, per nulla rispondente alla verità, del fatto crogiolo della mattina seguente. Della tensione che si tagliava a fette di quei giorni, del nervosismo legittimo di Marco per il ruolo di sindacalista totale che era costretto a ricoprire su un gruppo votato, come sempre nella storia ciclistica, al ruolo di pecora e pressoché privo di spina dorsale, della campagna della FCI cerutiana, orizzontale e feroce, quasi blasfema, per le realtà di uno sport che non è l’unico e che abbisogna di equilibri per non essere “mangiato” dagli altri, di quel controllo che è stato raccontato dai pochi che ne hanno parlato, come consumato ai limiti se non fuori dai tempi previsti e vissuto dagli operatori con un’agitazione eccessiva, della famosa provetta mancante, non s’è visto nulla. Anzi, è apparso come un incontro fra amiconi. Di realistico, solo i commenti dei giornali circa la vittoria del giorno precedente e quella definizione di “cannibale” che, a Marco, non è mai piaciuta, nella più piena ragione, tra l’altro: nessuno ha mai imputato a Cipollini di essere un razziatore di vittorie in pianura e perché farlo per Pantani che, in fondo, di traguardi parziali possibili, ne aveva ancor meno?

Finita la prima scena, dopo il pugno sul vetro, alla luce di taluni commenti letti nel pomeriggio di quel lunedì, circa una parzialità esagerata pro Marco, con relativa tesi complottistica contro di lui in Campiglio, mi son chiesto: “Ma dove caz.zo l’hanno vista questi qua!”
Poi, mi son detto: “Ma non era forse il caso di mettere in video il resoconto di Bicisport, l’unico, a tanti anni da quel giorno tragico, ad essersi calato con onestà e il giusto spirito tanto giornalistico, quanto storico, su quei momenti?!”
Nel contempo, ho sperato che il film riproponesse, nel prosieguo, qualcosa su quella maledetta mattina….

La seconda fase della fiction, la prima nella vita del campione, è la migliore: uno stupendo interprete di Marco ragazzino, la figura di nonno Sotero, davvero gigantesca, tanto nella sua saggezza, quanto nelle tinte comunicative tipiche dei vecchi di Romagna; il complessivo e felice inquadramento nell’antropologia di quei tempi e dei relativi sogni del ragazzino, non ancora fenomeno. Qualche errore di ripresa (auto d’oggi piovute nell’ambientazione di meta anni ottanta), ma nel complesso, davvero un buon lavoro.
Non mi è piaciuta poi, perché esageratamente tirata via come un infimo segmento, l’ascesa imperiosa di Marco nel ciclismo, con le sue portentose stimmate da fuoriclasse eccelso. Aspetto negativo non da poco, perché il Panta, dimostrò presto, molto presto, di possedere le doti per riaprire le porte, nel ciclismo marcato sulla linea monocorde dei passistoni, alle stimmate di quello scalatore di cui si erano perse le tracce. Un rivoluzionario, che già si impossessava degli sguardi fini per una pedalata leggera, di punta e perfettamente rotonda, portando sulla bicicletta, come solo i supremi sanno fare, ciò che nella scherma si testimonia nell’abilità e nella precisione del fioretto, senza per questo diminuire le caratteriste marcate del ciclismo, fatte di forza e resistenza. Era un fenomeno, che al tempo della sua militanza fra i dilettanti mi faceva scrivere di lui, con pochi rischi di “stecca”, come di un nuovo Gaul. D’accordo, nessun attore, o ciclista portato a recitare un simile “unico”, avrebbe potuto riproporne le caratteristiche tecniche, ma insistevano filmati e, soprattutto, era d’obbligo il richiamo statistico, atto a dimostrare che al professionismo non passava uno dei tanti. Marco, veniva da un terno al Giro “Baby” con tre podi (una vittoria, un secondo ed un terzo posto che, per fatalità, non fu un primo) e già allora, avrebbe potuto emergere tangibilmente fra i prof.
Quando strinse il contratto con la Carrera, la sue frasi (nel film finalmente riportate come si deve, come l’amico Pino Roncucci potrebbe in ogni momento confermare), erano dettate al Panta dalla perfetta lettura del suo interiore e di quelle sue sensazioni (come le chiamava sempre, potrei dire “linea conduttrice dell’intera sua vita”) di cui nel film non c’è traccia alcuna: una mancanza notevole, grave. Orgoglio e convinzione dunque, non da spaccone, o presuntuoso, o affarista (visto che di mezzo c’erano soldi), ma da persona razionale, ben consapevole dell’irrazionalità dell’istinto e dello smisurato talento che possedeva.
Okay, forse l’amore che mi porta a ricercare negli sportivi più grandi, questo distinguo peculiare, può farmi eccedere, ma non mi tiro indietro, perché raccontare Marco Pantani senza far capire che non era un campione come tanti e che il suo essere uomo, era perfettamente sincronico al fuoriclasse, significa diminuirlo, tarpargli le ali. Ed è da qui che nasce la mia personale ed incancellabile convinzione (con conseguente battaglia in ogni consesso), nel vedere Marco un artista supremo.

La fiction è poi proseguita con la fretta, divenuta linea reale del film, sui primi passi del mito Pantani, disturbando la narrazione, con un segmentino raffazzonato che ci mostra un errore: all’arrivo di Merano sono stati sublimati i fotogrammi dell’entrata nella località dell’Alto Adige, col traguardo a braccia alzate dell’Aprica. Peccato anche questo veniale, se in precedenza fosse stato inserito un altro fatto crogiolo dell’ellisse di Marco: il suo arrivo alla notorietà mondiale, attraverso l’umiliazione, da “gatto col topo”, inferta a Miguel Indurain, ovvero il più grande campione dell’epoca. D’accordo, un film che vuole evidenziare l’aspetto umano di un personaggio dello sport, non può soffermarsi su ogni passo della sua carriera sportiva, ma non può snaturarne i fulcri, oppure ometterli. L’impresa dell’Aprica (di cui, di fatto, non si parla), rappresenta la nascita internazionale del mito di Marco Pantani, quindi uno dei motivi basilari su cui, poi, si sono intrecciate le coordinate che hanno spinto la stessa nascita della fiction.
Marco, divenne quel giorno il principale catalizzatore del ciclismo moderno. Con parole d’oggi, potremmo definirlo “il dio ciclistico dell’auditel”; l’icona della massa di chi si pone, con competenze o solo curiosità, di fronte ad uno schermo; la fase propulsiva e scatenante del boom imitativo sulla bicicletta. Certo, le imprese ripetute negli anni, hanno poi cementato e reso stellari le dimensioni nate sull’Aprica, ma era un dovere narrativo, posizionare ed illustrare nella sceneggiatura, quel punto cardine.
Mentre scorrevano veloci quelle immagini, mi son chiesto: “Vuoi vedere che la caratura del campione, finisce per snaturarsi al punto di presentarci un lungo spezzone da filo conduttore da fiction?”

La conferma è puntualmente venuta con la storia, allungata all’eccesso fra Marco e Christina, ma ne parlerò dopo. Altra mancanza, la cementazione del suo rango e delle sue prime sfortune di atleta che avrebbero migliorato, coi conseguenti pomi e sollecitazioni, la comprensione e la vita del personaggio. In questo contesto ho trovato stucchevole l’altrettanta raffazzonata rappresentazione del 1995. Dell’incidente di Santarcangelo che gli è costato un Giro, del dramma vissuto con la morte nel cuore per la tragedia del collega Casartelli al Tour (Marco, era buono come il pane, ed ha vissuto quelle giornate tragiche, con una sensibilità tutta sua e, mi si permetta, anche questo aspetto faceva parte del personaggio che si deve spiegare alla gente, visto che pochi, troppo pochi, nel mondo intellettuale, l’han fatto!); del Mondiale di Duitama, vissuto nell’impossibilità di essere se stesso su un particolare tecnico eccelso della sua unicità come lo scatto, per quel summa fra condizioni atmosferiche e le consistenze dell’asfalto colombiano in altura, nulla, assolutamente nulla. Mancanze abbastanza importanti, se si voleva spiegare allo spettatore non tifoso o competente di ciclismo, quindi una buona fetta di chi si sarebbe sintonizzato sul video, un tratto della lunga sequela di sfortune vissute dall’atleta e dall’uomo Pantani, che poi hanno pesato nelle sue parole all’uscita dell’hotel nella famigerata mattina di Campiglio.
Già, e poi l’incidente nella discesa del Superga, in quella Milano Torino promessa a Christina (che fosse reale o una libera interpretazione della sceneggiatura non ha importanza), non coinvolse solo il Panta, ma anche altri due corridori: fu un incidente di gara tra i più brutti per superficialità, errori e colposità dell’insieme organizzativo, di tutta la storia ciclistica italiana. Marco, Dall’Olio e Secchiari potevano morire, come accadde, per un analogo incidente, al campione del mondo Jean Pierre Monserè, in Belgio, nel marzo del ‘71.
Perché lo dico?
Per la profonda convinzione di quanto, il fatto, abbia in qualche modo lanciato un segno sull’ellisse di Marco, anche aldilà di una gamba spezzata, e non dico di più, per le evidenze non dribblabili in chi si è calato, con immenso amore, nelle vicende del campione.

Nella fiction, aldilà di come sia stata girata la scena (?), quel sinistro di gara, ci propone un altro aspetto non proprio riuscito e tendenzialmente deviante, rispetto alla linea dell’uomo Pantani: la sua capacità di soffrire e di superare le avversità con l’orgoglio di uno che trovava, nella sfida, l’esaltazione della sua forza interiore. Le continue domande sul “dopo” (nella realtà sono state assai meno numerose), di cui è costellato quel tassello della fiction, danno il senso di un’insicurezza, mentre nell’uomo-atleta Marco, erano un modo di caricarsi, intendendo nella risposta e negli sguardi degli interlocutori, un traguardo da battere. Nessun uomo, atleta singolo, avversità agonistica, potevano fermarlo. Quando arrivò al ciclismo di vertice, scattò in faccia ad Indurain umiliandolo; sul Glandon, al Tour ’94, cadde pesantemente col ginocchio su una roccia appuntita e con l’arto ridotto a melone, nella medesima tappa, trovò la forza e le risorse mentali, per annichilire tutti, come una forma di vendetta verso la sfortuna, ed un monito per quegli avversari che concepiva rispettabili nella misura in cui mostrava se stesso. Nel 2003, quando la sua disperazione lo aveva reso vittima di una sostanza che è parsa solo per lui da considerare blasfema, dimenticando il larghissimo contagio fra i parlamentari, l’imprenditoria, il mondo dell’arte e dello spettacolo, le professioni considerate “in” per il peso che ricoprono sul sociale e gli stessi sempre “candidi” giornalisti, con un fisico minato, che avrebbe consigliato un campione normale di posarsi su un lettino, il Panta, alla faccia di chi di sport vero capisce ben poco anche se si valuta inverso, fu capace di dimostrare al Giro e nella straordinaria tappa dello Zoncolan, di avere una marcia in più rispetto a chiunque! Ripeto, singolarmente, Marco, non conosceva fragilità nell’ambito dell’intorno possibile, questa poteva nascere, come è avvenuto, solo quando le sue sensazioni che possedevano gli occhi d’un felino, hanno letto l’impossibilità di battere quell’intero ambiente che l’aveva eletto a capro espiatorio o agnello zimbello per indottrinare il mondo dei fessi o dei beccaccini. E’ comunque fragilità quella? O è solo una deriva che nasce in chi è artista supremo, quindi non spiegabile dall’osservatorio vinto dal razionale imparato a memoria, più che codificato dai ragionamenti. Resta il fatto che la fiction di quel terribile incidente, ci presenta un Marco che si sforza in maniera troppo soft rispetto alla realtà di quei mesi, che si pone mille domande sul futuro, quando invece dimostrò, in quei giorni, anche di fronte ai più scettici, di essere un mostro di tempra e determinazione. Questa superficialità nella fiction, ai miei occhi, assume un’importanza enorme, ma ne riparlerò dopo.

All’indomani di Superga, dunque, il Panta, era atteso ad un recupero su cui, le percentuali di successo, erano risicatissime. In quelle settimane d’angoscia, discutevo del suo caso con tanti colleghi, operatori di sport, allenatori, ed alla fine, le conclusioni erano molto pessimistiche. Poi, quando potei osservare da vicino la forza e la determinazione messe in campo da Marco, per rieducare un arto così decisivo per il suo essere atleta, attraverso preparazioni all’esercizio lunghissime e dolorose, compresi che il medesimo talento che avevo visto fulgido sulla bicicletta, possedeva una corazza altrettanto sconfinata nella mente, capace di sconfiggere anche quella avversità. Lo vedevo nella parte d’avvicinamento alle terapie in piscina, e pur ritrovando nella fiction immagini molto più soft e fuori dall’acqua, sono scoppiato a piangere.
In quei giorni, ripeto, ho visto il Marco dell’Aprica: un immenso totale campione che mi rendeva felice di aver avuto la fortuna di vivere da vicino la sua era. Per me, che considero gli albi d’oro spesso un confondente dell’arte sportiva più profonda, il ciclista più illuminato di stimmate totali da fuoriclasse, apparso sulle strade, dopo il solco di Eddy Merckx. Sissignori, meglio anche di Bernard Hinault, che tra l’altro, è stato il primo programmatore della storia del ciclismo!

Il seguito della fiction poi, ci presenta un flop che m’ha fatto imbestialire: l’impossibile presunta ammissione a Pino, di aver fatto quello che facevano tutti. Una dichiarazione fatta partire da una lettura dei dati di ematocrito, all’atto del ricovero per l’incidente di Superga. Una sciocchezza, perché quei dati, sono stato resi noti, quando era già in atto l’epidemia seminata per distruggere Marco, diversi anni dopo. Ora se si voleva arrivare a trovare un pretesto per dimostrare che il Panta si trattava per non concedere agli altri un vantaggio, ammesso che corrisponda al vero (per quanto mi riguarda ho tante certezze di indirizzo diverso!), si poteva trovare un modo più discreto, per non dire intelligente, senza mettere di mezzo una figura inesistente a quelle dimensioni. E per fortuna che era una fiction pro Marco, come è stato esageratamente scritto!

Il biennio d’oro del Pirata, trattato con una fretta ingiustificabile, con errori d’immagini e cronologia, più simili ad orrori storiografici e mancanze non da poco, come il salto sull’ennesimo colpo di sfortuna materializzatosi su quel gatto che costrinse il Panta al ritiro nel Giro del ritorno all’agonismo, quando era in gran crescita, provocandogli un infortunio muscolare, sottostimato da tutti gli osservatori, ci da un altro segno delle tinte deludenti della fiction. Cos’abbia significato per il mondo intero e non solo per il ciclismo, la doppietta di Marco al Giro ed al Tour ’98, è sotto gli occhi di tutti, ma era peculiare farlo capire anche ai fictiontelespettatori, in quanto il ragazzo venuto dal mare per intenerire i monti, fece un’impresa che lo proiettò sull’immaginario collettivo, con ben altri mezzi e contorni, rispetto a chi l’aveva preceduto. Quel giovane alato era veramente un Pirata, capace di distorcere, in un solo anno, anche gli ultimi baluardi di chi aveva voluto costruire rapporti di forza e notorietà nello sport, a tutto vantaggio di chi ben si conosce. Lui, Marco con la Bandana, col suo modo di dipingere e scolpire il rapporto con la bicicletta, fece muovere l’Italia intera, al punto di spingere, per festeggiarlo fra la gente, anche il Presidente del Consiglio (quando mai nel ciclismo?). Non solo, ma nel 1998, Marco Pantani, divenne il quinto italiano vivente, ogni categoria, più conosciuto nel mondo. Quanto basta, per far nascere attorno a lui, gli interessi di chi vive sui boom positivi, ma anche le invidie tipicamente italiane, nonché le attenzioni e la guardia alta di coloro che, fra il losco magari incipriato, muovono da decenni, in questo Paese, azioni atte a mantenersi tali sui loro subdoli scopi. Marco Pantani, aveva squarciato gli equilibri del vetusto Coni, ed inferto un colpo al cuore delle azioni e degli intendimenti distruttivi e devastanti, della Federazione più scarsa mai incontrata personalmente in carriera: la FCI cerutiana. In altre parole, questo autentico Pirata, elevando alla potenza, quello che aveva già testimoniato, come un oceano nel biennio ’94-’95, assumeva i connotati dell’intruso più fastidioso, anche per larghe e potenti fasce del mondo sportivo. Era anche lì una rivoluzione. Non farlo capire al fictiontelespettatore, per me, è stata un errore enorme, o una vergognosa genuflessione verso i poteri che si muovono orizzontalmente e trasversalmente nel nostro Paese.

Già, ma si voleva narrare il Marco uomo.
Bene, non si determina la caratura dell’uomo, se lo si lega solo parzialissimamente ai segni diretti ed indiretti della sua opera. Non c’è film che possa passare su questa massima incancellabile. Ed anche una robaccia, quale è artisticamente una fiction, non può cancellare questa essenza. In questo quadro va vista la storia con Christina. La lunghezza da “misto polpettone” poteva fare al caso per il tipo di pubblico presumibile, ma la glorificazione di un personaggio che non so proprio fino a che punto abbia giocato un simile ruolo, ha di fatto confuso ulteriormente la comprensione e la caratura del protagonista. Sono solo sensazioni, sia chiaro, manca la prova che nessuno può avere, quando si tratta del rapporto privato fra due persone. I terminali che possiamo giudicare però, non vedono in Christina una martire, ma semmai una ragazza, pur con le giustificazioni del caso, incapace di sostenere fino in fondo, un uomo che s’avviava ad una depressione nata da una gogna che solo con un termine scurrile può definirsi e giustificarsi in chi non la vedeva. Una ragazza, forse troppo giovane per concepirsi accanto ad un compagno preso a riferimento nel bene, ed impiccato oltre ogni logica lontanamente positiva nel male; oppure in difficoltà, per le differenze culturali tanto insistenti fra il suo paese di nascita e quello di residenza. Oppure ancora, semplicemente incapace di percepire l’originalità eccelsa, l’innato senso artistico e la grande onestà di fondo di un uomo, eletto ad epigone a prescindere, con tanti nemici, nel suo ambiente e nella sua stessa terra. Resta il fatto che riassumere la storia fra i due, con la banalità di quei dialoghi e circoscrivere la partenza di Christina, come reazione al delirio persecutorio di Marco, mi è sembrata una scelta superficiale, poco rispondente alla realtà, ed esageratamente pesante, anche in un contesto di basso profilo culturale come una fiction.

Il finale del lavoro di Rai 1, ci ripresenta il ritorno alla maledetta giornata di Campiglio, ma degli auspicati zoom sulle essenze di quella tragica mattina, compreso l’intorno, manco l’ombra.
A quel punto mi son chiesto quale malafede o poca acutezza, possan intervenire in chi ha giudicato questa fiction “pro Marco”, con tanto di matrimonio verso la tesi di Campiglio, come di un agguato! Bèh, se si pensa a come larghe fasce del mondo intellettuale, abbian appoggiato la melma dei media, ed il “dagli all’untore” della poco luminosa magistratura italiana, questo lavoro segna un ignavo passo in avanti. Ma ci si accontenta di poco, perlomeno sui segni comunicativi di spessore leggermente superiori al solito di cui siamo abituati.
Di ciò che la località trentina ha significato nello sport italiano intero, ed in quelle stanze chiamate procure, che hanno aperto verso il Panta un precedente ancora unico al mondo, fino a comporre dei flop giuridici non commentabili attraverso le bellezze della lingua italiana, niente, assolutamente niente. Abbiamo visto solo l’inizio dell’odissea finale del campione, dell’artista supremo Marco Pantani, che prima di ogni altro ha capito quanto sia stato eletto a capro o agnello sacrificale, che non può ricomporre il suo cristallo perché gli è stato fatto il torto più capitale per uno di cotanta fattezza, ma alla narrazione manca un anello che rende molto meno incisiva la scena del bagno, ovvero la più bella ed azzeccata di tutto il lavoro. L’unica in cui si dimostra come la coca non abbia intaccato l’artistico modo di proporsi di Marco, la sua poesia, non scalfita nemmeno dallo stentato italiano scritto. Già, perché questo uomo non altera la sua esistenza verso il suicidio, non si droga per una depressione normale alle siamesi presenze nell’intorno umano, ma possiede motivazioni scatenanti nell’ambiente sportivo che gli crede troppo poco e che fa confronti con altri colleghi del presente e del passato, intingendosi di superficialità e cecità; che subisce la peggiore delle torture psicologiche possibili: quella di essere preso da magistrati ragionevolmente poco illuminati per non dire qualcosa in più, come icona del loro universo. All’uopo, voglio qui ricordare, quello che Eddy Merckx mi disse a fine ottobre 2000, in quel di Bilbao: “ Vedi, se dopo la mia positività a Savona nel Giro del ’69, su cui, come sai, ho certezza di bidone, avessi dovuto subire la pressione asfissiante dei magistrati, come sta succedendo per Marco, non sarei tornato più a correre. Pantani lo stanno linciando, è vergognoso!”
Ecco, la mancanza nella fiction di ciò che ha significato avere sul collo sette procure disponibili ad andare anche fuori dall’ordinamento legislativo e di procedura penale, pur di giocarsi questo jolly, rappresenta l’errore più grave ed imperdonabile e, come ho detto prima, toglie l’anello fondamentale alla storia di Marco, fino a rendere il finale, pur ben fatto, meno efficace alla comprensione, nonché disonesto verso il Pirata.
L’uomo Pantani, ancor giovane, atleticamente superlativo, accentua la sua lungimiranza senza snaturare il proprio oceano di sentimenti: lui è onesto, buono, troppo vero per scegliere la strada opportunista del fregarsene e ripartire (quella che gli ignavi vorrebbero), né quella della vendetta da “pelo sullo stomaco”, ma quella superficialmente definita masochista, che scarica su se stesso la comprensione delle meravigliose sensazioni con cui è nato e s’è eletto unico. Certo, unico nello sport e fra gli sportivi altrettanto unico a capire, anni ed anni prima dei pochissimi, l’insieme di ipocrisie e cruenti verità, che si annidano fra il potere quotidiano di questo ambiente-tassello di una società che ha mostrato e mostra, proprio sul suo caso, tutta la propria inadeguatezza. Egli grida inascoltato nella speranza di trovare adepti che possano contare per l’inversione, portando a prodromo la propria disperazione e autodistruzione, la propria vita di fatto, ma nessuno, pur leggendo e, magari, capendo, osa porgergli una mano. Marco non si rivolge ai tifosi, perché sa che con le mani non si sconfiggono i carri armati, sa che il ciclismo si sta elevando a fesseria o prateria per rimettere i peccati di tutti, sa che lo hanno scelto pasto con un artifizio, magari nato fortuitamente, ma ugualmente fortemente voluto. Ciononostante, fino alla fine, pur essendo l’unico a morire, dona una parola pesante come un macigno, verso la difesa dei colleghi. Di quegli anni e dell’estremo messaggio che ci ha lasciato, spesso scritto come si dipinge un quadro naif, nell’occasionale e nel poetico (scrivere sul passaporto rappresenta un altro luminoso tratto del suo essere artista fino alle viscere), la fiction lascia solo l’immagine dell’invocazione finale delle sue reali parole. Sono scene toccanti, che m’hanno fatto piangere, ma non sono sufficienti per spiegare la distruzione di Marco come un messaggio, o meglio, come il segmento finale e possibile, per un uomo così raro e difficile in quanto denso di facoltà incomprensibili alla razionalità spesso miope dell’osservatorio. E pensare che un artista, possa avere la razionalità pragmatica d’un bancario, rappresenta una delle tante dimostrazioni di come l’uomo sia immaturo, poco cresciuto e col cervello ancora tutto da esplorare e, quindi, mappare (non farneticazioni del sottoscritto, ma lettura ed azione quotidiana, di un’illustre equipe di scienziati australiani). Pantani è morto solo, nella solitudine che non voleva e non concepiva, non quella degli affetti che ci sono stati e sempre ci saranno a iosa, ma quella delle essenze e di chi doveva saperlo leggere con la forza dei titoli e delle stanze che contano. Marco s’è sacrificato per la dignità dei ciclisti, gli stessi che ancora oggi, belano come pecore e si muovono per donare lana e carne ai soliti noti. Chi comprende lo sport, senza slegarlo dalle realtà di vita, sa che sono loro gli sconfitti, non il Pirata. E da qui la speranza, con la quale la scena nettamente migliore della fiction si muove: i bambini che seguono il tratto di Marco e che, mi auguro, nell’impulso e nelle moltiplicazioni che il suo nome ha lasciato, sappiano essere degni dello sport che ha visto nell’uomo con la bandana, una luce radiosa ed incancellabile. E che siano loro, divenuti dirigenti, a ricostruire totalmente il ciclismo, perché i migliori di oggi, al massimo, potrebbero essere uscieri e fattorini del giusto.

Detto questo, fra divagazioni e lacrime, fra errori, dimenticanze, omissioni, storture e parti migliori, il lavoro proposto da Bonivento, va nel personale archivio, come un tratto che m’ha deluso…. E mi sento buonista nell’affermarlo.

Altre negatività della fiction...
Il tempo e la fretta non possono giustificarsi. Una puntata su Marco, è già un modo per sfregiarlo. La sintesi è impossibile su un personaggio simile. Può andare bene in un documentatario, ma non in un film. E ciò vale anche alla luce dei più che probabili “no”, giunti da alcune figure che hanno inciso, in un caso in maniera altisonante, sull’ellisse di Marco. Ne mancano troppe però, ed alcune, come quella di Luciano Pezzi, proponibili senza il rischio di incorrere in un diniego.
Troppi errori poi nella ricostruzione ciclistica di Pantani, al punto di rendere spontanea la domanda su chi siano stati i consulenti della regia su questo versante.
Morale: un lavoro che è nato soprattutto sull’anticipo, costi quel che costi, rispetto ad eventuali o già presenti, concorrenti.

Le positività della fiction...
Alcuni comportamenti di Marco in pubblico, fra gli amici, ed alcuni segmenti del fraseggio, me lo hanno veramente ricordato.
Bravo Ravello, chiamato ad un compito impossibile, ma calatosi nel ruolo come meglio non si poteva, sia alla luce del copione proposto e sia per lo sforzo che ha fatto nel cercare di avvicinarsi al tratto del dipinto di Marco sulla bicicletta. A lui un abbraccio, perché mi ha dato l’idea di un attore che ama ciò che fa e credo che, interpretando il Pirata, abbia veramente conosciuto un personaggio che diverrà patrimonio per la professione e la sua stessa vita.
Bravo Gianfelice Facchetti, e non lo dico perché suo padre è stata una mia icona sportiva, ma perché ha interpretato al meglio quell’immaginario Francesco che, nella linea del lavoro, appare come una figura azzeccata e ben fatta. Sulla Romanoff, scansando quella bellezza (ma anche la vera Christina era bella) che pare essere il filo conduttore del giudizio di parte dell’osservatorio, mi sembra abbia pesato non poco il quadrante dato al personaggio dalla regia. Anche altri attori (Pino e Sotero in particolare) sono stati positivi, ma il tutto va letto, purtroppo, nell’ottica di una sceneggiatura molto parca e, mi si permetta, assolutamente insufficiente.

Nonostante tutto...
Già. Come volevasi dimostrare, il pubblico televisivo italiano, ormai mangia anche l’ortica e la fiction su Marco, pur fra mille punti oscuri, ha svolto e svolge, una funzione che può legittimare un certo ottimismo: milioni di persone, non dichiaratamente sportive, hanno oggi una visione diversa della storia del Panta. Me lo chiedo fra centinaia di dubbi e fra altrettante domande sul perché, sul come e sul dove, ma l’aspetto comunicativo positivo della fiction verso il nostro Capitano, c’è stato. Quanto basta per ristudiare Psicologia Sociale e Sociologia, ma tanto è. L’ho potuto appurare nei contatti di questi giorni con chi, di Marco, nel reale, ha avuto solo lontani riferimenti. Un pubblico non necessariamente giovane ed esteso, che lancia un’altra riflessione sul grande fastidio dimostrato da quel cumulo di “macerie maleodoranti” che, per anni, han voluto trasmettere alla gente un Marco come esempio negativo in tutto e per tutto. Già, è bastato un lavoro deludente, ma non votato a far da cassa di risonanza all’elezione di Pantani come “dopato e drogato d’Italia”, per far incazzare le mele più velenose e catastrofiche di un Paese decadente quale è, il nostro. Non solo, ma ha costretto altri, ad incipriare ulteriormente la loro ipocrisia. Forse ha persino fatto crescere in taluni quel senso di colpa, di cui noi abbiamo più volte auspicato la fuoriuscita, ed ha costretto anche le cassandre perbeniste dello scarso mondo intellettuale italiano, a ricordare…. che prima del giudizio ci sta la conoscenza.

Ed ecco il bello delle reazioni....
Di Travaglio d’agnomen e sostanza dolorosa, disgraziatamente portante un nome, Marco, che dovrebbe essere ritirato dalle possibilità d’anagrafe, abbiamo potuto vedere l’ennesimo delirio pro magistratura e un ulteriore graffio sinistro, sulla sinistra più scarsa d’Europa, nonché sul partito più squallido, che mi onoro purtroppo, di non votare più da tempo. Di questo figuro, che non potrà mai impedire al sottoscritto, nemmeno con l’amico pugno nello stomaco indossante una toga, quanto sia ridicola, ai miei occhi, la sua pochezza, abbiamo dunque letto scritti, pronti a testimoniare quanto sia becero, diseducativo e pericoloso alla stessa salute, soffermarsi su chi usa l’odio a prescindere e non prova nemmeno un poco, ad azionare i neuroni della conoscenza. Non leggere Travaglio, per me, è come prendere la Tachipirina di fronte a 40° di temperatura; non leggere i giornali che lo ospitano, altrettanto e spero che il mio esempio sia seguito da tanti altri.
Mi auguro infine che gli avvocati della Fondazione, trovino il viale per una querela, ben difficilmente accettabile, a mio parere, da una magistratura troppo incline, verso una delle ugole più servili del loro comunque discutibile operato. Se ci sono le strade, va comunque presentata e lo dice un italiano della stragrande maggioranza nel privato, ma infima minoranza nel pubblico, disponibile ad urlare, in comizio, quanto sia legittimo augurarsi di vedere nelle toghe il male minore, non la giustizia.

Di Capodacqua sappiamo tutto, ma la sua miopia ormai fa tenerezza. Un po’ come quello scolaro che studia, studia e studia, ma alla fine merita sempre 4. Difficile pensare che a spingere il suo teorema assurdo sia completamente lui e non un servilismo, di cui non si conoscono i vantaggi, verso chi gli passa la pappa informativa. Se così non fosse, l’esempio dello scolaro, prenderebbe piede fino alla congiunzione totale del messaggio. Resta il fatto che il baffo insiste, incapace di reagire al suo tormento di scarso conoscitore dello sport (a cui il fatto d’essere praticante non giova) e tanto più incapace di leggere i significati di ciò che è venuto dopo l’ellisse di Marco. Troppo Coni nascosto nelle sue parole, troppa voglia di distinguersi, forse, troppo orgoglio nel non voler cedere di fronte all’insostenibile. Marco vinceva da ragazzino con fare superiore, ed ha continuato a vincere nel medesimo modo, ma se proprio la tesi (da zero in conoscenza) di più bravo a miscelare l’epo tanto cara al baffo (da leggere solo allo scopo di trovare le strade di salutari risate), fosse vera, perché ha cominciato a vincere i grandi GT, solo quando gli effetti di quella sostanza diminuivano nelle percentuali? Detto questo, se Marco, senza medici santoni, era così bravo a superare il loro essere scienziati nella miscelazione chimica, perché il baffetto e il suo giornale (altro segno della pochezza della sinistra italiana e lo dice uno che ha sempre votato a mancina), non si fanno paladini di una laurea honoris causa o addirittura un Nobel, alla memoria, per Pantani?
Suvvia, è ora di finirla con queste tesi, ed ora di studiare di più lo sport, senza simpatie o partiti di tendenza, dalle bocce, al calcio. Ne guadagnerebbero, oltre alla cultura del baffetto che pedala, anche le pagine di quel giornale elettosi oltremodo troppo, come un giornale non spazzatura.

Della Gazzetta, altro foglio che ha pesato non poco in Marco per gli strali del “signore d’ogni dove” che dire? Ha scelto la strada dell’ipocrisia, come sempre fa quella testata, la cui proprietà rappresenta quanto di peggio ci si possa augurare per l’avvenire democratico di un paese… che le Banane le ha da tempo nella propria testa pensante. Pastonesi, era, ed è, la penna migliore per fare come il gatto di fronte ad un segno di naturalità. Le sue parole possono pure essere sincere, come quelle di Mura (altro spessore ed altra personalità) del resto, ma alla fine, non può essere una voce a redimere un giornale di fronte alle vergogne perpetrate per anni. La Gazzetta, è il Cannavò o cannavismo sincronico alla sua proprietà; la Repubblica, con Travaglio, Capodacqua e Coen (buono quello), cancellano o attenuano troppo, un Mura gigantesco rispetto a loro singolarmente. Alla fine, sono i pesi ed i numeri a contare e dare immagine. Mura non è Repubblica, ma una voce estremamente minoritaria. Taluni bravi giornalisti ( e ci sono), che non possono emergere, pena ridimensionamento o licenziamento, non sono la Gazzetta, ma scopini per l’ipocrisia dei loro padroni. Zomegnan? E’ restato nel silenzio fino ad ora, ma organizzare un Giro o fare il dirigente aziendale, è il suo vero lavoro, potrei dire la professione a lui cucita. Di raccontare lo sport o di trascinare con la penna chi legge, non è mai stato capace.

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 20/02/2007 alle 08:45
Direi che il canovaccio per la sceneggiatura di una fiction (di almeno quattro puntate, ma meglio qualcuna in più )è pronto.
Lo dico molto seriamente : chi volesse cimentarsi nella costruzione di una storia filmica su Pantani (proprio perchè i fatti sono recenti)non può prescindere da un'implacabile e correttissima sequenza degli avvenimenti (sportivi, in primis); se poi vuole capire anche la storia dell'animo deve ricercare con persone che hanno avuto l'occasione di averlo visto crescere senza, però, avere contatti "troppo" diretti con lui e che, comunque, gli hanno voluto bene.
Sì, lo sceneggiato in più puntate (con più spezzoni televisivi possibili)è il format più consono ad una seria ricostruzione della storia di Marco.
E la storia non la chiuderei con la sua morte, perchè anche gli anni successivi continuano a far parte della sua vita; sono cronaca, oggi, ma proprio le continue parole a sproposito sono il sintomo della cattiva coscienza di troppi.
Credo che, a partire da queste pagine, sia possibile proprio una scrittura a più mani di una sceneggiatura "d'amore e precisione" e senza secondi fini.
Che ne dici Morris ?

 

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nino58

 
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Livello Hugo Koblet




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  postato il 20/02/2007 alle 13:46
morris ha citato pastonesi. posto questo suo bello scritto che è pubblicato nella rubrica "senza rete" del sito gazzetta. mi scuso se lo ha già postato qualcun'altro in un altro thread.

Permette una domanda? Sgrana gli occhi, è un sì. Anzi, ne permette due? Ha già perso la pazienza: qui si permettono risposte anche senza domande, figurarsi domande eventualmente senza risposte.
Lui è Ermes, lei è Giuliana. Piadine e crescioni. Un chiosco, però grande. Bianco e verde: non a strisce orizzontali, come il Celtic, calcio, o il Benetton, rugby, ma verticali, e il verde è più scuro. Il posto si chiama La calèda, e significa ritrovo di gente stramba. Un cartello spiega la storia. E’ proprio la parola stramba ad avermi spinto a entrare. Poi i baffi di Ermes e il sorriso di Giuliana mi hanno rassicurato, confortato, confermato.
Siamo rimasti soli. Gli ultimi clienti, una coppia, ragazzo e ragazza, e una doppia coppia, due mamme e due bambine, se ne sono andate. Nove e mezzo di sera: Cesenatico, il 13 febbraio, soffre di solitudine. Bisogna approfittarne.
La prima domanda è se conoscevano Pantani. Sì, mi fa Ermes, sì, annuisce dalla cucina Giuliana, lo conoscevamo, così di vista, anche di persona, e chi non lo conosceva qui. Sarà una domanda, questa, o una risposta? Punto esclamativo o interrogativo? Punto, e basta.
La seconda domanda è che idea vi siete fatti della sua morte. Mi spiego: la morte per l’overdose di cocaina, quella è certa, ma intorno a quella, prima e dopo, se Marco era solo o no. Ermes dice che Marco era stato lasciato solo, prima, e non ce l’ha più fatta, da solo, poi. E che in un certo senso era già morto prima, quando correva e un giorno non l’hanno più fatto correre. Madonna di Campiglio.
Si conoscono da sempre, Ermes e Giuliana, si sono messi insieme trentaquattro anni fa, e da quattordici lavorano qui, alla Calèda. Prima lui faceva l’annuale, lei la stagionale. Adesso, a occhio, è lei a preparare piadine e crescioni, è lui a fare tutto il resto. Lei grembiule e cappello, lui grembiule e pancia. C’è un altro cartello: "Se a vlì magné, alzi è cul e avnì a urdinè". Alzo il culo: il listino recita specialità e detta prezzi. Ordino: crescione con mozzarelle e erbe, più birra media, poi piadina con mozzarella e pomodoro, più birra media. Caffè? No, grazie, mai di sera.


Ermes racconta di quella volta - era il 1998, Pantani aveva vinto prima il Giro d’Italia e poi il Tour de France - in cui il club dei suoi amici e tifosi aveva organizzato una festa in suo onore. Tutti quanti, da ciascuno secondo le sue possibilità, che a pensarci sembra quasi un modo comunista. Così loro due avevano preparato trecento piadine con la forma della crapa pelata di Pantani, anche le orecchie, un po’ grandi, un po’ a sventola, un po’ aguzze, affettuosamente si capisce. Trecento piadine regalate, divorate, sparite. Tanto che i ragazzi del club erano poi tornati per chiedergliene delle altre, ma la pasta era finita, insomma più di così, avremmo dovuto pensarci prima, fa Ermes, un po’ tutti, fa Giuliana. Le piadine a forma di testa di Pantani erano piaciute anche senza essere neanche state assaggiate: da collezionare. Giuliana dice che avevano offerto fino a cinquemila lire l’una - nel 1998 si ragionava a lire -, e pensare che a loro erano costate cento lire, ma non era una questione di soldi: quello, conclude Giuliana, era il nostro regalo.
Marco, ricorda Ermes, abitava qui dietro. Il chiosco sta in viale Roma. Non era ancora questo chiosco, precisa Giuliana, era un tre per quattro. Dodici, calcolo io. Un tre per quattro, ripete. Come facevano a starci dentro?, penso io. La festa aveva radunato un sacco di gente, molta più di quella che si potesse immaginare. La sera, a un certo punto, davanti al chiosco, passò un amico di Marco con una donna. Non era una donna. Era Marco travestito da donna, con una parrucca. Andava in incognito a vedere la festa, come se si vergognasse di tutta quella gente lì, per lui. O come se ne avesse paura.
Ermes dice che quello è stato forse il momento più bello, più sereno se non più felice, più allegro. In quel momento, chi l’avrebbe mai detto. Stavolta ci vorrà o no il punto interrogativo?
Entri, mi fa Giuliana. La cucina è a vista anche da fuori, ma dentro sembra più il regno della pulizia che non della piadina. Non è questo che voleva mostrarmi. Eccolo lì, Pantani: una sua foto, attaccata al muro, e alla sua destra c’è Padre Pio. Cesenatico, sostiene Ermes, gli deve tanto, troppo, tutto. Non c’è albergo, ristorante o chiosco di piadine che non abbia guadagnato grazie a lui. La gente veniva qui perché qui era nato Pantani, qui c’era il chiosco della sua famiglia, qui respirava e correva. Qui, penso, in riva al mare, altitudine zero, si è inventato uno scalator: uno scalatore di Cesenatico vale almeno quanto un bobbista giamaicano, ma un bobbista giamaicano che vince, non che partecipa. Qui, incalza Ermes, non è venuto anche lei per Pantani?


E’ vero: qui alla Calèda si possono fare domande anche senza pretendere risposte.
Tre anni fa, esattamente tre anni fa, di sera, Giuliana e Ermes erano all’Atlantica, giocavano a bingo e guardavano la tv, un’occhiata fra un numero e l’altro, senza seguire, senza sentire. Se avessi saputo che c’era uno speciale su Pantani, Ermes ricorda di aver detto, me ne sarei rimasto a casa a guardarlo. Invece, dopo un po’, rimbalza la notizia che Marco è morto. All’inizio sentivi soltanto il rimbalzo della notizia, come di un pallone da basket in una palestra vuota. Un dolore sordo. Poi le sillabe sono diventate voci, e le voci un fiume, e il fiume è tracimato. Anche nei loro cuori. Ermes dice che è stato come un’onda, un’inondazione, un allagamento.
Il giorno del funerale Cesenatico era piena, piena zeppa, gente dappertutto, fuori dalla chiesa di San Giacomo, sul Porto canale, solo lo spazio per il corteo, e tutto intorno una marea di teste, di facce, di lutti. E poi le corone. Le corone dei parenti, degli amici, delle società, dei club e, in fondo, quella della Gazzetta dello Sport. Al momento di prenderle sue e portarle là, nel cimitero, quella della Gazzetta dello Sport era rimasta giù, colpevole - la Gazzetta - di non aver protetto Marco, di non aver cancellato l’esame, o almeno di non aver capito che si trattava di un complotto. Aveva addirittura scritto, la Gazzetta, che Pantani aveva tradito. Invece Ermes sostiene che si sapeva già, fin dall’inizio del Giro, che avrebbero fatto fuori Pantani. E poi mancava un solo giorno, anzi due, ma di vera corsa era soltanto uno, alla fine del Giro. Fu proprio lui, Ermes, a raccogliere la corona e accompagnarla nella processione. Per pietà della corona, non della Gazzetta. Tant’è che da quel giorno non ha più comprato la Gazzetta, solo il Corriere dello sport-Stadio. Così imparano.
Devo dirvi due cose, darvi due notizie, faccio a Ermes e Giuliana. La prima è che sono un giornalista. Questo l’avevo capito, confessa Giuliana. La seconda è che sono della Gazzetta.
E’ da tre anni che cerco Marco. L’ho intravvisto nelle lacrime dei gregari, l’ho immaginato negli occhi di Roncucci, l’ho sentito qui da Ermes e Giuliana. Gliene sono grato e glielo dico. Poi si parla del più e del meno, più del meno che del più, e alla fine lottiamo sul conto, per poter pagare devo mettere i soldi su un tavolo e poi scappare. Invece che prendi i soldi e scappa, qui è lascia i soldi e scappa.
Comunque: la piadina è aperta, il crescione chiuso. L’ho capito quando mi sono unto sui pantaloni

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 21/02/2007 alle 16:08
Molto bello l'articolo di Pastonesi, anche se la Gazzetta, anche in articoli così, fa sempre finta di non capire.
Ma la notizia oggi pare un altra: QUERELATO TRAVAGLIO!
Erano otto anni che apettavo una querela, forse in questo caso gli estremi non ci sono proprio tutti e Travaglio è uno che le querele non le perde , però mi pare un segnale bello lo stesso.
Certo si sono persi otto anni e forse l'efficacia di queste cose non è più la stessa che poteva essere otto ani fa , ma va bene così.
Ecco la otiia da www.tuttobiciweb.it

Travaglio: «Mio figlio non era un dopato»

La signora Tonina Belletti, mamma di Marco Pantani, esprime rabbia e indignazione per le diffamatorie esternazioni del giornalista Marco Travaglio (nella foto) che in un suo recente articolo ha definito Marco Pantani un ciclista dopato. Tale affermazione e' totalmente falsa ed ingiuriosa in quanto Marco Pantani non e' mai stato trovato positivo ad alcun controllo antidoping. Per questo la signora Belletti ha gia' concordato con i propri legali la presentazione di una denuncia nei confronti del sig. Travaglio davanti alle competenti autorita' giudiziarie. Con questa iniziativa la signora Belletti intende dare un forte segnale, volto a far cessare la stucchevole e diffamatoria campagna di disinformazione che, dai fatti di Madonna di Campiglio, si e' scatenata contro la figura del figlio Marco.


 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

Hypocrisy free.

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/02/2007 alle 16:22
Siete tutti invitati a richiamarmi a volare basso e a tornare alla mia grigia normalità di mezzo cicloamatore che si allena sui rulli (che si sono rotti) e che ingrigisce a leggere giornali.

Ciò premesso, permettetemi ma mi sento un pò di avere contribuito con la mia mini-denuncia su cicloweb ad avere sollevato il caso Pantani-Travaglio.

Così impara a documentarsi un pò meglio invece di sparare su chi non può più difendersi... domani compro l'Unità per vedere se scrive qualcosa di brillante sulla cocaina di Flachi...

Ok, rimettetemi pure in riga, ora

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/02/2007 alle 16:34
Maria Rita, perchè secondo te la sig.ra Tonina adesso ha questo comportamento più coraggioso e meno remissivo rispetto agli ultimi 3 anni?
E' dovuto solo dall'uscita del film oppure le persone attorno alla famiglia sono cambiate o al fatto che la rabbia e il dolore hanno lasciato un po' di spazio per ricostruire la memoria di Marco?

Ciao.

 

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Michela
"Stiamo Insieme, Vinciamo Insieme - Ivan Basso"


Vita in te ci credo le nebbie si diradano e oramai ti vedo non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l'anima fino quasi a renderla un po' sdrucita. Anche gli angeli capita a volte sai si sporcano ma la sofferenza tocca il limite e cosi cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto



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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/02/2007 alle 17:02
Una risposta precisa potrebbe dartela soltanto lei.
Istintivamente direi che la seconda e la terza che hai detto sono verosimili e probabili, la prima (il film) non penso.

 

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nino58

 
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  postato il 21/02/2007 alle 17:37
Diciamo anche che è un po' cambiato il clima intorno alla figura Pantani.

E di questo tutte le persone che hanno collaborato a perpetuare un'immagine non stereotipata negativamente del Pirata possono essere orgogliose.
Tutte le persone che hanno speso se stesse nell'incessante ricerca della verità (e continuano), meritano il nostro ringraziamento.

Su tutte, due, che qui mi piace citare personalmente:
Grazie Maria Rita
Grazie Maurizio

 
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  postato il 21/02/2007 alle 19:01
Originariamente inviato da Frank VDB

domani compro l'Unità per vedere se scrive qualcosa di brillante sulla cocaina di Flachi...

Ok, rimettetemi pure in riga, ora


dai, l'hai fatto apposta!

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 21/02/2007 alle 19:30
Grazie Admin!

Sono cambiate le persone intorno.
Tonina è sempre la stessa , lei la giustizia per il figlio l'ha voluta sempre. Ricordiamoci che durante il Giro 2004 disse che gli assassini erano al Giro. Adesso è davvaro lei a parlare ed agire.

Comunque la querela è durissima, verremo sommersi da perizie di tutte le procure d'Italia, questa è la specialità di Travaglio. E Travaglio è un uomo potente.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/02/2007 alle 19:33
Originariamente inviato da Donchisciotte

Comunque la querela è durissima, verremo sommersi da perizie di tutte le procure d'Italia, questa è la specialità di Travaglio. E Travaglio è un uomo potente.


Cosa vuol dire perizie?

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 21/02/2007 alle 19:34
Comunque è vero che Tonina ha letto l'articolo riportato ,dal forum di cicloweb, su quello della Fondazione , insieme alla lettera inviata da Admin.

 

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  postato il 21/02/2007 alle 20:22
Originariamente inviato da Donchisciotte

Comunque è vero che Tonina ha letto l'articolo riportato ,dal forum di cicloweb


In tal caso siamo tutti debitori di una birra nei confronti di Frank/Davide!!!

Sarò felice di essere il primo a pagare la consumazione

 
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  postato il 21/02/2007 alle 21:43
Voglio vedere se Travaglio, che di solito sta a contare tutte le querele che beccano gli altri, adesso comincia a contare le sue.

Brava Tonina!

 

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  postato il 21/02/2007 alle 23:09
volevo fare i complimenti ad aranciata bottecchia, donchisciotte, morris, frank vdb, admin e monsieur per i bellissimi commenti del topic. leggo spesso il forum e mi trovo in sintonia con voi. solo per farvelo sapere.
grazie

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 22/02/2007 alle 00:39
Originariamente inviato da Admin

Diciamo anche che è un po' cambiato il clima intorno alla figura Pantani.

E di questo tutte le persone che hanno collaborato a perpetuare un'immagine non stereotipata negativamente del Pirata possono essere orgogliose.
Tutte le persone che hanno speso se stesse nell'incessante ricerca della verità (e continuano), meritano il nostro ringraziamento.

Su tutte, due, che qui mi piace citare personalmente:
Grazie Maria Rita
Grazie Maurizio


La querela a Travaglio, essere con posizione eretta e capacità di camminare, non il termine scelto per riassumere in una parola il dolore da parto, era un atto dovuto, resosi possibile, come ha scritto Donchi, per il nuovo e finalmente familiare corso della Fondazione.

Per quanto mi riguarda, caro Marco, non ho nessun merito. Sei troppo buono!

La mia battaglia è quella di un uomo di sport, che sente il bisogno di ridare all'uomo Pantani la sua dignità, e all'artista, i meriti di quel talento che ho visto unico, negli ormai tanti anni di osservazione e di attività.

Un abbraccio!

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 22/02/2007 alle 00:43
Originariamente inviato da nino58

Direi che il canovaccio per la sceneggiatura di una fiction (di almeno quattro puntate, ma meglio qualcuna in più )è pronto.
Lo dico molto seriamente : chi volesse cimentarsi nella costruzione di una storia filmica su Pantani (proprio perchè i fatti sono recenti)non può prescindere da un'implacabile e correttissima sequenza degli avvenimenti (sportivi, in primis); se poi vuole capire anche la storia dell'animo deve ricercare con persone che hanno avuto l'occasione di averlo visto crescere senza, però, avere contatti "troppo" diretti con lui e che, comunque, gli hanno voluto bene.
Sì, lo sceneggiato in più puntate (con più spezzoni televisivi possibili)è il format più consono ad una seria ricostruzione della storia di Marco.
E la storia non la chiuderei con la sua morte, perchè anche gli anni successivi continuano a far parte della sua vita; sono cronaca, oggi, ma proprio le continue parole a sproposito sono il sintomo della cattiva coscienza di troppi.
Credo che, a partire da queste pagine, sia possibile proprio una scrittura a più mani di una sceneggiatura "d'amore e precisione" e senza secondi fini.
Che ne dici Morris ?


Condivido!
Per quanto riguarda l'idea di fondo....bèh, ti dirò, qualcuno ci sta pensando da tanto tempo e non è detto che nel 2008 non vi siano concretizzazioni....

Ciao!

 

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Livello Octave Lapize




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  postato il 22/02/2007 alle 10:23
E MI ALZO SUI PEDALI - stadio
Io sono un campione questo lo so
è solo questione di punti di vista
in questo posto dove io sto mi chiamano Marco
Marco il ciclista
ma è che alle volte si perde la strada
perchè prima o poi ci son brutti momenti
non so neppure se ero un pirata
strappavo la vita col cuore e coi denti
E se ho sbagliato non me ne son reso conto
ho preso le cose fin troppo sul serio
e ho preso anche il fatto di aver ogni tanto
esagerato per sentirmi più vero
E ora mi alzo sui pedali come quando ero bambino
dopo un pò prendevo il volo dal cancello del giardino
e mio nonno mi aspettava senza dire una parola
perchè io e la bicicletta siamo una cosa sola
mi rialzo sui pedali ricomincio la fatica
poi abbraccio i miei gregari passo incima alla salita
perchè quelli come noi hanno voglia di sognare
io dal passo del Pordoi chiudo gli occhi e vedo il mare
e vedo te e aspetto te
adesso mi sembra tutto distante
la maglia rosa e quegli anni felici
il giro d'Italia e poi il tour de France
ed anche gli amici che non erano amici
poi di quel giorno ricordo soltanto
una stanza d'albergo ed un letto disfatto
e sono sicuro d'avere anche pianto
io sono sparito in quell'attimo esatto
e ora mi alzo sui pedali all'inzio dello strappo
mentre un pugno di avversari
si è piantato in mezzo al gruppo
perchè in fondo una salita è una cosa anche normale
assomiglia un pò alla vita devi sempre un pò lottare
mi rialzo sui pedali con il sole sulla faccia
e mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa
quando scendo dal sedile sento la malinconia un elefante magrolino
che scriveva poesie
solo per te solo per te
Io sono un campione questo lo so
come tutti aspetto il domani
in questo posto dove io sto chiedete di Marco
Marco Pantani

 

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"...poi Dio creò la biciletta perché l'uomo ne facesse strumento di fatica e di esaltazione nell'ardito itinerario della vita ..." (monumento al Ghisallo)


L’orizzonte era fatto di monti
che guardavano in fondo la valle.
S'ergevano austeri e inviolati
al cuore d'un credo
provato dal non lontano
ricordo d'una immane prova di vita.... (L'Angelo della Montagna - Morris)

 
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Non registrato



  postato il 22/02/2007 alle 16:38
sto avendo una corrispondenza infuocata con il Vecchiato di Famiglia Cristiana soprariportato.
E' irritante a potenza l'arroganza di quest'uomo.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/02/2007 alle 16:47
Originariamente inviato da Admin

Originariamente inviato da Donchisciotte

Comunque è vero che Tonina ha letto l'articolo riportato ,dal forum di cicloweb


In tal caso siamo tutti debitori di una birra nei confronti di Frank/Davide!!!

Sarò felice di essere il primo a pagare la consumazione


Facciamo un Vov, dai...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/02/2007 alle 17:00
Il VOV come ricostituente ?

 

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nino58

 
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