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Autore: Oggetto: Monte Zoncolan, Tre Cime di Lavaredo e Torri del Vaiolet.

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 01/03/2005 alle 21:28
Come avevo annunciato nel thread sul Muro di Sormano, voglio porre lo zoom su queste tre salite, fra storia e attualità.


L'ARRIVO SUL MONTE ZONCOLAN NEL GIRO DEL 2003, NON E' STATO IL PRIMO.....

Quando al Giro d’Italia 2003 fu proposto il Monte Zoncolan, giornali, Tv e osservatorio, salutarono l’avvenimento come una “prima assoluta”, ma in realtà si trattava di una “seconda”… Certo, perché il povero pedale femminile, aveva preceduto tutti, con sei anni di anticipo.
Nel 1997, il sottoscritto era team manager della “Sanson Mimosa” ed aveva un incarico dirigenziale di uguale intensità all’interno della Sanson U.C. Vittorio Veneto: la società che oltre ad avere una forte formazione di elite, organizzava anche il Giro d’Italia femminile. Allora, il regolamento, consentiva lo sdoppiamento delle squadre: l’UCI non aveva ancora allargato il professionismo alla massima categoria femminile e noi, come altri del resto, ci adeguammo a quella che solo all’apparenza poteva apparire come una “furbata”. In realtà, si consentiva ad un numero maggiore di atlete, di svolgere attività nazionale ed internazionale di alto livello, ed i risultati per il ciclismo italiano in gonnella di quegli anni, si facevano sentire, non solo attraverso le piccole gambe alate di Fabiana Luperini.
Proprio allo scopo di seguire da vicino e di lavorare con una tangibilità maggiore all’organizzazione del Giro, mi trasferii a Vittorio Veneto, dove assieme a Leontino Buzziol, il direttore d’organizzazione della corsa e a due splendide ragazze, Daniela (responsabile della segreteria) e Lucia (addetta alla logistica), in poco più di sette mesi, forgiammo una creatura, che resterà perennemente nei ricordi più belli delle nostre vite. Tralascio il racconto di tutto ciò che gravitò attorno a quel Giro, che fu davvero tanto, al punto di constatare quanto fummo poi copiati negli anni a venire, non solo in Italia; cito solo che nessuna manifestazione femminile è mai più riuscita a svolgere senza trasferimenti di peso un arco territoriale così ampio (partimmo da Pescasseroli, al centro del Parco Nazionale dell’Abruzzo, ed arrivammo in Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste, attraverso tappe con arrivi anche su importanti città come Macerata, Forlì, Verona Udine) e fummo i primi a presentare sul suolo italiano una corsa capace di spingere le donne sulle salite del mito del ciclismo, pure superiori ai 2000 metri.
All’indomani della presentazione delle formazioni che mi era costata un impegno tra i più gravosi della carriera, Leontino mi chiese un parere circa le salite alpine contenute nei territori dei comuni e delle province che si erano dichiarate disponibili ad ospitare il Giro. I nostri compiti erano distinti nell’organizzazione, ma la nostra capacità di lavorare assieme, sovente ci portava a sovrapporci per necessità, in fondo con le due ragazze eravamo in quattro, ma in mano avevamo una manifestazione enorme da porre in essere e due squadre da gestire, di cui una era di gran lunga la prima del mondo. Bene, proprio in quel periodo, costruimmo i presupposti per portare il Giro sul Rolle e sul Valles, fino a scoprire che era possibile l’arrivo sul Monte Zoncolon. Andammo a visitare quella salita assieme a quegli amici friulani che si mostrarono davvero bravi, e ne ricavammo una grande impressione, anche se giungemmo all’immediata conclusione, di non portare l’ancora eterogeneo ciclismo femminile fin sulla cima di un’ascesa che, nel finale, possedeva pendenze terribili. Arrivammo così a formulare una tappa che prevedeva la partenza da Forgaria nel Friuli, ed un trasferimento turistico fino al chilometro zero, previsto a Trasaghis, in prossimità del Cippo Ottavio Bottecchia. Qui, la maglia rosa, assieme al Sindaco del luogo, per ricordare il Settantesimo della morte del grande corridore, avrebbero posto sul monumento un mazzo di fiori. Da Trasaghis, la tappa sarebbe poi proseguita verso il Monte Zoncolan, che la carovana avrebbe affrontato da est, quindi da Sutrio, lo stesso itinerario che poi è stato scelto dal Giro d’Italia maschile nel 2003. L’arrivo era posto in prossimità del Rifugio Enzo Moro, proprio ai piedi del terribile strappo che porta alla cima del monte.
Rivedendo, ormai due anni fa, in TV, quei familiari paesaggi, mentre mi scioglievo fra le lacrime dettate dalla visione di Marco, in quella che è stata la sua impresa più significativa circa le sue rarissime stimmate di campione immortale, trovai modo di constatare, con una punta d’amarezza, come di quello che fummo capaci di proporre sei anni prima, non vi fosse traccia nella telecronaca.

Qualche immagine del “nostro” Zoncolan....


Il saluto del Sindaco di Sutrio dal depliant del Giro Femminile ’97...


Fabiana Luperini in rosa, dopo aver deposto i fiori sul Cippo Ottavio Bottecchia


Uno spezzone su quella tappa che scrissi nel 2002 per un libro.....

.......All’indomani del tappone dolomitico la carovana si spostò in Carnia, per 1’unico vero arrivo in salita di tutto il Giro. Da Forgaria nel Friuli le "girine" sarebbero salite, dopo 79 chilometri, ai 1330 metri dell’arrivo di Monte Zoncolan. Questa ascesa, coi suoi novemila metri di lunghezza mai percorsi da una grande manifestazione a tappe, riservava curiosità superiori ai valori testimoniati dall’altimetria. Anche stavolta, la sveglia di alcune atlete, in particolare quelle dell’Edilsavino di Imelda Chiappa, presentò il trauma dell’improvvisa levataccia per un altro controllo a sorpresa del sangue, da parte degli operatori dell’antidoping. La tappa, la decima di un Giro già deciso dalle imprese di Fabiana, vide subito il tentativo di Luisiana Pegoraro di anticipare l’ascesa finale, al fine di accumulare un vantaggio in grado di consentirle di reggere con successo la temutissima salita fino alla fettuccia. Il piano della vicentina stava davvero mettendosi al meglio, anche perchè sapeva di poter contare sull’appoggio di tutte e due le squadre “Sanson”. All’inizio di Monte Zoncolan, mentre la fuggitiva aveva in cascina quasi due minuti di vantaggio, la Heeb vedendo la Chiappa in difficoltà forzò l’andatura. Nell’intenzione dell’iridata vi erano due obiettivi: vincere la frazione e guadagnare posti in classifica, magari una posizione sul podio. Le sue accelerazione vennero respinte con facilità dalla Luperini, la quale fece di tutto per difendere l’amica in fuga, ma la scatenata svizzera si riportò sulla Pegoraro. Di lì a poco al comando rimasero in due: la maglia iridata e la rosa. La Heeb cercò di convincere Fabiana a lasciarle vincere la tappa, ma la leader della classifica aveva un vecchio conto in sospeso con lei e non accettò. D’altronde le sarebbe stato davvero difficile accettare: , in cima c’erano tutti i suoi tifosi e poi era stata proprio l’elvetica a sciogliere il tentativo dell’amica Luisiana. Così, a due chilometri dal termine, proprio poche centinaia di metri prima che la salita spianasse in una specie di falsopiano, Fabiana se ne andò. Anche Monte Zoncolan, dall’alto di un paesaggio bellissimo e immerso nel verde, conobbe la danza della “donna sola al comando”. Arrivò “Fabi”, arrivò, alzò le solite braccia fra un tripudio d’applausi, ma la scappava quella pipì che, all’antidoping, nei giorni precedenti, l’aveva fatta dannare, così, senza soluzione di continuità, proseguì lungo la durissima salita che portava all’edificio del controllo medico. Su quella rampa, diede al pubblico uno spettacolo ulteriore e la quasi totalità dei presenti, rivolse lo sguardo su quel puntino rosa che scalava quel muro con facilità disarmante. Stavano arrivando le altre migliori, ma lo spettacolo era tutto lassù, su quel camoscio vestito di rosa....

L’arrivo solitario di Fabiana Luperini sullo Zoncolan




SULLE TRE CIME DI LAVAREDO



Questa salita è stata affrontata cinque volte dal Giro d’Italia. Fu anch’essa un’invenzione di Torriani che, al suo amore verso il ciclismo antico, accostava una sensibilità unica verso i paesaggi e le bellezze d’Italia. Considerare Leblanc un collega di Vincenzo, è come bestemmiare sulla tomba della propria madre. Scusate, ma quando…. ce vo’, ce vo’!
Le Tre Cime di Lavaredo, sono una salita durissima per la regolarità delle pendenze costantemente superiori all’11%, con punte che sfiorano il 14% e per l’altitudine, avente una media superiore ai 2000 metri. A renderla meno terribile, vi sta la lunghezza di soli 4100 metri, ma nel complesso dobbiamo considerarla una salita molto tosta, anche se distante per asprezza da diverse altre. Niente a che vedere, comunque, col Mortirolo, lo Zoncolan e, soprattutto, con quel Colle delle Finestre che il Giro affronterà in questo 2005 (e che la Gazzetta, “scusucce” a parte, non ha colpevolmente e clamorosamente intitolato a Pantani!). Nel computo finale, può essere collocata molto in alto, ma non fra le primissime.
Sul perché, dal 1989 non sia stata più proposta, i motivi sono da ricondurre a quanto già spiegato da diversi nel thread sul Muro di Sormano. Aggiungerei solamente, anche se rappresenta un peso superabile, una interessenza privata sul territorio.
Il fascino delle Tre Cime di Lavaredo però, resta intatto, come un frutto che il tempo anziché cancellare rende più armonioso, perché alterato da quella fantasia che incontra, nell’amore, la nostalgia. E di pagine per incontrare ricordi emozionali, quella salita ne ha davvero scritte.....

Brevi commenti e risultanze sugli arrivi alle Tre Cime di Lavaredo:


1967

Al centro del gruppetto, il compianto Silvano Schiavon in rosa; di lato, sulla destra, Rudi Altig

Fu la tappa delle spinte, quasi degna del Lombardia col Muro di Sormano nella versione 1960-’61-‘62. I tempi erano cambiati, le giurie non erano più così consenzienti e la tappa alla fine fu annullata. La popolarità portò al successo Gimondi, con 4” su Merckx (ben poco spinto) e Motta, a 9” Adorni, a 14” il compianto Schiavon in maglia rosa, a 16” il “gentiluomo triste” Italo Zilioli, a 25” lo spagnolo Gonzales Puente ed a 29” (!) Michele Dancelli.
A livello personale, fu in quella occasione che mi legai al tifo e all’ammirazione per Eddy Merckx. Con spinte irrisorie era arrivato lì, ad un passo dalla vittoria, confermando i valori del successo solitario in cima al Blockhaus, dove aveva fatto capire a tutti di che pasta era fatto, anche se molti, nell’osservatorio, continuavano a dipingerlo come un uomo da classiche, ed uno sprinter (memorabile, all’uopo, la sua regale volata, proprio in quel Giro, sul lungomare di Lido degli Estensi, ai danni del “nemico” connazionale Willy Planckart). La grandezza di Eddy, era qualcosa di incommensurabile, ed ancora oggi, alla luce di tante discipline seguite da vicino, sono a dire che non ho mai visto un atleta simile. Studiare Merckx, dovrebbe essere un obbligo per qualsiasi studente di Scienze Motorie.....


1968
Vinse Merckx, a 40” Polidori, Adorni a 54”, Joaquin Galera (il più forte e più celebre dei due Galera poi trovato positivo nella tappa di Roma) a1’04”, Armani a 1’27, Anni a 1’33”, Bitossi a 1’57”, Benfatto a 2’15”, Favaro a 2’30” e Van Neste 2’57.

Eddy rimontò da dietro un gruppetto in fuga e s’involò verso un’ennesima dimostrazione di forza. Nel 1968, se non fosse stato per la saggezza di Vincenzo Giacotto e per gli obblighi pubblicitari che contemplavano, in Faema, Vittorio Adorni come co-capitano, Merckx avrebbe vinto una dozzina di tappe. Non a caso, la superiorità delle maglie biancorosse e la consapevolezza che arrivare nei paraggi del traguardo col belga fra i primi voleva dire lottare per il secondo posto, favorì alcuni gregari, proprio della Faema, come Casalini e Farisato, i quali furono autori di fughe da lontano che li portarono ai successi-carriera (per il parmense Emilio, addirittura l’unica vittoria della sua lunga stagione in bici).


1974
Vinse Josè Manuel Fuente “Tarangu”, davanti a Baronchelli, staccato di 1’18”, indi Tino Conti a 1’41”, Merckx , Lopez Carril, e Gimondi a 1’47”, Battaglin a 1’58, Bitossi a 2’10, Galdos a 2’27”, Perletto a 2’37”.

Fu la tappa del grande attacco di GB Baronchelli, il neoprofessionista che l’anno precedente aveva vinto come nessuno, nonostante un ginocchio malconcio, il Tour de l’Avenir. Il bergamasco attaccò decisamente la rosa di Merckx, ma il belga, che per determinazione era davvero un marziano, recuperò negli ultimi settecento metri quei 12” secondi che difese bellamente il giorno dopo sul Monte Grappa e che poi portò a Milano. La vittoria arrise al compianto “Tarangu” Fuente (di cui è prevista una puntata su Graffiti), un grimpeur che è da considerarsi, su una salita sola, come uno dei più forti mai apparsi.

Josè Manuel Fuente


1981
Vinse l’elvetico Beat Breu, che lasciò il connazionale Fuchs a 10”, indi Battaglin a 50”, Natale a 52”, De la Pena a 56”, Saronni e Argentin a 1’04”, Ceruti e Prim a 1’17”, Visentini a 1’27”.
Nella giornata che segnò una rara doppietta svizzera su una grande salita, l’eroe fu il terzo: Giovanni Battaglin. Il corridore di Marostica attaccò e conquistò quella maglia rosa che aveva lungamente inseguito fin dal 1973, quando, da giovane avversario di Eddy, aveva generato una profonda impressione sull’osservatorio e fatto breccia nella cognatina del belga. Il vicentino, sulle Tre Cime, coronò un sogno che divenne realtà due giorni dopo a Milano. Nell’anno aveva già vinto l’amarillo della Vuelta e poteva finalmente togliere dal suo orizzonte, anche una parte dei grigi fantasmi di Valkenburg ‘79, dove Raas ed il “lussuoso garzone” Thurau, gli avevano tolto la possibilità di giocarsi l’iride.

Giovanni Battaglin


1989
Vinse il colombiano Luis Herrera che lasciò Fignon a 1’ quindi Breukink (in maglia rosa) e Hampsten a 1’04”, Chioccioli a 1’10”, Conti a 1’14”, Giovanetti a 1’33”, Roche a 1’47”, Cardenas e Pavlic a 1’58”

Fu la tappa del primo acuto italiano di Lucho Herrera, scalatore tanto forte quanto anomalo, perché amante della sella, nonostante un fisico da scattista grimpeur. Ma fu pure la tappa dove si capì che il “professoressino parigino”, in arte Laurent Fignon, dopo i tristi ricordi di cinque anni prima, dove raggiunse un amaro posto d’onore nel Giro più piatto della storia, era tornato sulla via dei suoi valori. Certo, non era quel corridore alla Merckx, che nel suo secondo successo al Tour aveva annichilito, seppellendoli di minuti, i rivali (compagni di squadra tra l’altro) Hinault e Lemond, ma pur sempre in grado di mettere sotto tutti. Ed infatti, l’occhialuto parigino (che mostrò un italiano inaspettato), vinse quel Giro su Flavio Giupponi: un corridore, codesto, che aveva vocazioni alla Balmamion, ma non possedeva di certo la classe del “cinese di Torino”.




LE TORRI DEL VAIOLET



Fin dalla sua nascita, collaboro col Giro del Trentino Alto Adige Sudtirol Femminile (nel 2005 sarà la 12esima edizione). La salita delle Torri del Vaiolet, è finita perlomeno un paio di volte, sui taccuini dell’organizzazione. Per lunghezza, collocazione e difficoltà, era considerata l’ideale per una manifestazione di primo livello mondiale per Donne Elite, ma non è mai stato possibile mettere in concreto una tappa con l’arrivo ai 1950 metri (il massimo possibile) del Rifugio Gardeccia. Innanzi tutto per motivi burocratici che vi risparmio e poi, perché l’ascesa che collega la “Strada delle Dolomiti” al Rifugio citato, è chiusa tutto l’anno al traffico privato (almeno lo era fino a tutto il 2003). E’, infatti, percorribile solo da appositi pullman-navetta che fanno capolinea in un piazzale fra Pera e Pozza, ed arrivano vicinissimi a Gardeccia. Per la nostra organizzazione un ostacolo troppo oneroso, per il Giro d’Italia sarebbe diverso, ma penso che l’ostacolo stia tutto nella morfologia della strada e, soprattutto, in quel traguardo obbligato. Certo è che se si arriva in cima al Col delle Finestre con tanto di sterrato…..
La salita delle Torri del Vaiolet è davvero tosta, aldilà dell’incantevole paesaggio. Non è lunghissima, solo 6500 metri complessivamente. Il primo chilometro è un muro al 13,2%, poi spiana fino a divenire quasi un falsopiano per due chilometri, quindi una nuova impennata lunga 2100 metri con pendenze fra il 10,5 e l’11%. A quel punto, a quasi 1800 metri sul livello del mare, si giunge ad un tratto infernale, consistente in un chilometro sempre sopra il 14%, con punte superiori al 15%. Gli ultimi 500 metri, invece, sono ben più leggeri, ma sempre fra il 7 e l’8%. Una simile salita, a mio giudizio, per le Elite sarebbe da leggenda, ma anche per i professionisti potrebbe essere ancora capace di graffiare e non poco. Soprattutto perché, chi l’ha percorsa, giura come difficile da affrontare con un ritmo regolare, quindi non adatta alla traduzione tipica dei passistoni. E poi….. trovarsi un muro di un chilometro sul 15% a 2000 metri d’altezza, dopo averne percorsi un paio oltre il 10%, bèh, anche le famose burlette delle 100 pedalate al minuto….. subirebbero urti di smorfia. Su una sua eventuale collocazione nelle tabelle delle salite più dure, le Torri del Vaiolet, non sarebbero comunque fra le primissime, in gran parte per le medesime ragioni delle Tre Cime di Lavaredo.

Il Giro nell’unico arrivo sulle Torri del Vaiolet

1976
Vinse Andres Gandarias, che anticipò Bertoglio di 1’07”, quindi De Muynck a 1’25”che tolse la maglia rosa a Gimondi giunto nell’occasione al quarto posto con un distacco di 2’04”, poi Ricconi a 2’10”, De Witte a 2’13”, Guadini e Nazabal a 2’15”, Moser a 2’29”, Merckx a 2’44”.


Johan De Muynck

Nel Giro che Merckx corse in declino (fu pure l’ultimo) e con molti problemi fisici, emerse un connazionale, Johan De Muynck:, un fiammingo di Sleidinge, che aveva visto la sua carriera a rischio, quattro anni prima, nel corso del Giro del Nord, a causa di una gravissima caduta dove si fratturò il cranio. Alle Torri del Vaiolet, giunse solitario un basco, Andres Gandarias, già trentatreenne, specializzato nei primi anni di carriera, quando correva per la Kas, a tagliare i traguardi dei GPM, senza vincere mai, o quasi mai, le corse o le tappe. Quel giorno, Gandarias lo passò quasi interamente in avanscoperta e, prima di tagliare vittorioso il traguardo delle Torri del Vaiolet, era già passato primo sul Gardena e sul Sella. Nella giornata di gloria dell’iberico, si scatenò la lotta per la maglia rosa. Attaccò Bertoglio, vincitore uscente della corsa, ma attaccò soprattutto De Muynck, che scalzò dal vertice della classifica Gimondi. Due giorni dopo però, nella tappa di Bergamo, il fiammingo cadde e gli avversari, molti dei quali alleati con Gimondi, non si comportarono molto bene. Johan (di cui è prevista una puntata di Graffiti), tenne la rosa anche in quella frazione, ma con un vantaggio troppo risicato per la crono del giorno successivo. Infatti, come tutto lasciava prevedere, il bergamasco, pur non correndo una grande gara contro il tempo, riconquistò la vetta per soli 19” e vinse il Giro. Fu però un’edizione tra le più incolori e al rallentatore della storia della manifestazione.

Morris


 
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Livello Octave Lapize




Posts: 471
Registrato: Dec 2004

  postato il 02/03/2005 alle 09:54
Grazie a Morris mi sto costruendo una memoria storica notevole sugli anni '70-'80 di cui conosco veramente poco.
Sulla classificazione della durezza di queste tre salite, credo che il peggio siano le tre cime per la loro altitudine, anche se le altre sono terribili quasi nella stessa misura.
A mio parere comunque con quelle pendenze anche se brevi si puo' fare la differenza e i campioni del passato lo dimostrano: certo non puoi guadagnare i minuti se non va in crisi grossa qualcuno, pero' nel ciclismo moderno i distacchi sono inferiori al passato, quindi 1 minuto di oggi vale quasi due di allora.
Sarei curioso di vedere qualche personaggio che si esprime tipicamente in francia e tipicamente a luglio su queste pendenze...
Concordo infine col giudizio su Fuentes; in thread passati riguardanti una possibile classifica dei migliori scalatori di tutti i tempi lo avevo messo molto in alto, piu' per nome che per conoscenza diretta delle sue imprese; poi parlando con mio zio (mia unica memoria storica affidabile) e leggendo ora gli scritti di morris credo di poterlo mettere a livello di prestazione assoluta almeno sul podio se non addirittura in cima al podio perche' suonare merckx, anche se ogni tanto, era comunque impresa titanica. Peccato che fosse discontinuo, rispetto ad esempio a gaul o pantani che facevano la differenza nel 90% delle salite.

P.S. Morris, ma il tuo amico Leontino e' parente della Van Morsel....

 

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Pedivella rovente

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/03/2005 alle 12:54
Bel lavoro Morris... Se non ricordo male però, la tappa del Giro Femminile dello Zoncolan non arrivò dove ha vinto Simoni... Il traguardo fu posto un poco più in basso...Per capirci arrivaste dove nel 2003 venne accolto tutto il seguiro che potè salire al traguardo solo con i mezzi dell'organizzazione... La Tre cime sono certamente una salita da riproporre al più presto nel tracciato del Giro ...è dura, ha fascino e storia!!!

 

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LA CAROVANA VA..CONFINI NON NE HA..E TUTTE LE DISTANZE ANNULLERA'!!
"..Dinnanzi a me non fuor cose create se non etterne.. Ed io in etterno duro!!
Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...!!!

"C'è Bugno in testaaaa!!! è Bugnoooo!!! ed è campione del mondo Bugno su Jalabert!!!"

"...ma ti sollevero' tutte le volte che cadrai
e raccogliero' i tuoi fiori che per strada perderai
e seguiro' il tuo volo senza interferire mai
perche' quello che voglio e' stare insieme a te
senza catene stare insieme a te"...

"Cascata ha un pregio non da poco. ama il ciclismo e però lo riesce a guardare con l'occhio dello scienziato. informatissimo, sa sceglire personaggi sempre di levatira superiore, pur non "scadendo" nello scontato.
un bravo di cuore.
(post di Ilic JanJansen, nel Thread "Un ricordo: Pedro Delgado, il capitano di Indurain")

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 02/03/2005 alle 13:50
X Umbi

Fuentes non era affatto discontinuo: in salita staccava Merckx e gli altri con buona regolarità. Il suo vero problema era che era un pessimo discesista: perdeva sistematicamente in discesa quanto aveva guadagnato in salita. In pratica gli restavano quindi solo gli arrivi in salita per fare davvero la differenza, come é stato nel caso delle 3 Cime citato da Morris.

Ciao!

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 02/03/2005 alle 14:01
Ciao Morris,

qual'é il tuo giudizio su G. B. Baronchelli? Era arrivato tra i professionisti dopo aver fatto una doppietta Giro d'Italia - Tour de l'Avenir, e si é presentato tra i pro con la magnifica prova sulle 3 Cime. Di che sollevare gli entusiasmi... Poi ha fatto certo una buona carriera, ma sicuramente inferiore alle aspettative. Come mai? Poca convinzione nei suoi mezzi o altro?

Fra l'altro, visto che parliamo di G. B. e visto che é stato lui a far cadere il record di Coppi della scalata della Bocchetta, mi viene in mente una considerazione:
se quel record ha tenuto tanto a lungo, ciò non vuole forse dire che i vari miglioramenti (fondo stradale, mezzo meccanico, tecniche di allenamento, alimentazione,...) non sono poi così determinanti? Mi sbaglio?

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/03/2005 alle 14:14
un gran bel pezzo di storia del ciclismo ci ha ricordato con questo thread,caro morris....quello piu'bello,del fascino delle gesta eroiche su strade altrettanto epiche(e fa crescere in me la voglia di una storica accoppiata giau-tre cime che fa entusiasmare solo al pensiero!)...tra l'altro noto con grande piacere che l'edizione di gran lunga piu'bella e spettacolare del giro femminile quella del'97 sia anche di tua illuminante invenzione!!!
sulla tappa dello zoncolan che ricordo molto bene nello show di fabiana confermo che l'arrivo era posto appena prima del bivio degli ultimi tre,massacranti km,ma cmq vi erano pendenze notevoli anche prima,probabilmente con la salita di vetriolo terme fatta qualche anno dopo,e'stata la salita piu'dura affrontata nelle edizioni del giro femminile!
volevo infinire chiedere a morris,se avra'tempo,di raccontarci un po'anche della altrettanto spettacolare(e nn meno dura)tappa in cui torriani si invento'l'ennesima genialata portando il gruppo in austria,addirittura sul mitico grossglokner(ma anche volendo l'anno dopo nella prova di forza d merckz a bardonecchia jafferau!)....da che versante(e fino a dove)fu affrontata,leggo un'ordine d'arrivo tutt'altro che eccelso,nel giro del'71 vinto da petterson...fu un avvenimento che deluse un poco le attese o lo spettaolo fu degno della mostruosa altimetria del mito austriaco????

 

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Giuseppe Matranga

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/03/2005 alle 14:52
Carissimo Morris, anche tu fai parte della leggenda del ciclismo.
 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 02/03/2005 alle 19:32
Umbi ha scritto....
P.S. Morris, ma il tuo amico Leontino e' parente della Van Morsel....


Caro Umbi, ti ringrazio per le belle parole.
Qui però, voglio riallacciarmi alla tua battuta finale......
Se anziché l’amico Leontino avessi avuto accanto Leontien, forse......avrei fatto di tutto per dimagrire......(ti lascio immaginare il senso......)
Bèh...... a parte gli scherzi, quella donna ha un fascino fatale. Sarà l’incrocio di due etnie (Harry il padre è olandese e Martha, la madre è indonesiana), sarà il suo portamento regale, saranno quei lineamenti marcati e quel sorriso ammaliante, ma quando sei vicino a lei lo senti......
Quando poi posa i suoi faretti neri su di te, ti mette imbarazzo e ti ringiovanisce nell’ammirazione come raramente ti può capitare.

Ma la stupenda signora della terra dei tulipani, è stata prima di ogni cosa un’atleta straordinaria, soprattutto se si considera che ha saputo mantenersi ai vertici, nonostante i tre anni bui della malattia, quando i sempre idioti credi del peso, particolarmente sulle donne, possono distruggere la vita. Leontien è passata dall’anoressia alla bulimia come spesso succede, aveva già indossato il velo nero della morte psicologica ed era avviata a quella fisica, quando un ragazzo oggi suo marito, Michael Zijlaard (figlio di quel ciccione che ha segnato un’epoca come conduttore di stayer prima e di derny nelle Sei Giorni), amandola per quello che era diventata, l’ha sostenuta nel ritrovare la forza per risalire, prima nella vita e poi in bicicletta. Lei, la fatale Leontien, aveva capito che la stupenda libellula che vinceva tour e mondiali, sarebbe stato deleterio farla tornare, ed è diventata così l’atleta che tanti oggi riconoscono, dimenticando quel passato fuscello, dove la grazia stava solo nel trucco e nel rossetto che si donava per fare scena alle partenze.
Lei, la stupenda ed incantevole regina, s’è accettata per i chili in più, ed ha sprigionato tutto quello che poteva la sua mente ed il suo corpo. Ha vinto tantissimo, soprattutto ha vinto quello che voleva vincere, imparando a tenere anche su talune salite solo perché babbo e mamma le aveva donato un fisico di ferro.

In una televisione, circa due anni fa, mi fu chiesto se la Van Moorsel poteva avvicinare o superare l’incredibile palmares di Jannie Longo. Risposi che per la mia concezione dei palmares, sempre secondi all’osservazione acuta di quello stupendo cristallo che è l’atleta, Leontien, anche smettendo di correre immediatamente, aveva già seminato abbastanza per ergersi a più forte della leggendaria Longo. Oggi lo confermo nella più piena delle convinzioni, anche se so che di essere la punta di una minoranza pure esigua, ma nessuno mi può convincere del contrario. Leontien è stata una poetessa del ciclismo, dimenticata come sovente avviene in questo sport maschilista, quando nella realtà è la disciplina più femminile di tutte, per la perfetta sincronia con la morfologia stessa della donna. Lei, la signora (come eravamo soliti definirla), non ha mai litigato con nessuna, è stata pure generosa, ma, soprattutto, ha saputo far capire alle colleghe che lo sport va vissuto con l’allegria dell’immanenza, ed è necessario camminare su questo segmento della vita, rimanendo se stesse, nel carattere e nella femminilità. Certo, taluni aspetti li ha curati soprattutto nella seconda parte della carriera, ma il fatto stesso di aver fatto tesoro delle esperienze precedenti il terribile buio, è testimonianza di intelligenza. Ha chiuso col ciclismo a fine 2004, quando ancora aveva la possibilità di vincere e di restare ai vertici, basti citare che, proprio nell’ultimo impegno, in una gara con i colleghi (presenti pure dei professionisti), s’è permessa di giungere undicesima.
Oggi, si prepara a salire sull’ammiraglia della "Van Bemmelen – AA Drink", il team olandese dove correrà l’olimpionica Sara Carrigan e dove il Team Manager, è proprio suo marito, Michael Zijlaard.
Alla stupenda Leontien, il mio miglior “in bocca al lupo”!

Morris

P.S. P.S. Più tardi risponderò agli altri con una sorpresa di grandissimo significato......

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/03/2005 alle 21:17
caro morris ti ringrazio per i momenti di ciclismo che mi fai scoprire, data la mia giovane età,ma debbo porti delle obiezioni...
mi pare che nella tappa dello zoncolan si fosse accennato all'arrivo del giro donne ai piedi del muro mi pare fosse stato lo stesso cassani...ma questa è solo un impressione...
Per quanto riguarda le 2 salite che citi trovo impraticabile o quasi quella del gardeccia perchè non vi son strutture ne spazio per accogliere i mezzi del giro d'italia ne spazio per farci stare le maree di tifosi che si assieperebbero lungo quelle rampe davvero impegnative.
le Tre Cime (rif auronzo) con quel parcheggione che c'è dove d'estate si girano i pullman di linea secondo me sono adattissime ad una tappa da leggenda.
anch'io ero interessato a conoscere la storia di gb baronchelli un campione di cui forse si parla troppo poco se non erro arrivò secondo con 12'' dal cannibale?

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 03/03/2005 alle 01:07
Da Trasaghis, la tappa sarebbe poi proseguita verso il Monte Zoncolan, che la carovana avrebbe affrontato da est, quindi da Sutrio, lo stesso itinerario che poi è stato scelto dal Giro d’Italia maschile nel 2003. L’arrivo era posto in prossimità del Rifugio Enzo Moro, proprio ai piedi del terribile strappo che porta alla cima del monte.


Caro Cascata, confermo e l'avevo scritto, ma forse nel riporto quotato, non sono stato chiaro.
Concordo pienamente con te sulle Tre Cime di Lavaredo da riproporre al più presto.

Ciao!

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 03/03/2005 alle 01:50
Caro Felice, quanto dici su Fuente è verissimo. Era un Bahamontes anche più spinto, nel suo terrore verso le discese. Ciò gli procurava un’alterazione all’equilibrio stesso dell’interpretazione della corsa, ma tutto questo non spiega fino in fondo certe sue defaillance nelle tappe con più salite. Lo capirono sia Merckx che il connazionale Ocana, i quali per smussare i suoi aculei di grimpeur di razza rarissima, iniziarono a sottoporlo a ritmi elevati nelle prime salite e nelle discese conseguenti. Memorabile la tappa di Monte Carpegna al Giro del 1973, dove, sul Barbotto, la prima salita di giornata, Merckx, fece condurre a tutta un grandissimo Joseph De Schoenmacker, anche quando al comando assieme ai due, erano rimasti il solo Fuente e Battaglin. Nella seguente discesa ancora un’andatura alla morte, ed alla fine Tarangu si sciolse in una crisi che lo fece giungere a Carpegna con oltre un quarto d’ora di ritardo. Ancor più marcata fu la condotta di un supremo Ocana (un grandissimo, per me addirittura superiore ad Indurain), in tutto il Tour del medesimo anno. Anche lì, Fuente, mostrò tutti i suoi limiti. La stessa tappa del Grossglockner al Giro d’Italia ’71, di cui parlerò dopo, vide Tarangu attaccare da lontano, passare in testa sulla salita del Felbeurtauern Tunnel e poi cuocersi sulla celebre e lunga ascesa finale.
Di Fuente parlerò meglio nella puntata di Graffiti, ma non lo voglio sminuire, perché merita il massimo rispetto e mi era pure simpaticissimo: voglio solo ribadire che su una salita sola, indipendentemente dalle sue pendenze più o meno forti, pochissimi nella storia sono stati così letali. Anche qui, probabilmente, insisteva in lui la spinta psicologica dettata dalla consapevolezza che il traguardo era lassù, sulla cima e non c’era da scendere. Non dimentichiamo mai che il ciclismo, nel suo oceano di forza resistente, non si scorda di stuzzicare i centri nervosi, ed essendo sport di fatica, abbisogna pure di un quadro psicologico eccellente. Josè è stato sicuramente un grande verso il quale ci si deve togliere il cappello, ma non un grandissimo.

Ciao!

P.S. Arrivo anche su Baronchelli ( pure su G.B. è prevista una puntata di Graffiti), appena mi sarò tolto di mezzo un lavoretto....

 
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Livello Tour




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  postato il 03/03/2005 alle 03:08
Grande Morris!

Emozionante tuo ricordo a "miei" Ocaña e Tarangu Fuente, per me, il più forte scalatore spagnolo insieme a Julio Jimenez e Vicente Trueba.

Concordo con te su Ocaña, il corridore piu scompiuto della storia del ciclismo, un vero uomo di razza, classe, valore, e un super sia crono sia in montagna, l'unico che ha fatto veramente danno a Merckx, nel Tour'71 perso sulla discesa del Col de Mente. Un corridore che si moveva per quello che le diceva il cuore, forse per questo non c'e con noi adesso...

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 03/03/2005 alle 11:59
......."Quando lo osservavi, ti colpivano due aspetti: i suoi incisivi alla Sivori, nati per azzannare le prede, ed i suoi occhi che componevano con gli zigomi alti, due sfondi richiamanti tristezza. Quando Giovanbattista rideva, e non capitava molto spesso, nel suo volto lettura d’interno, si muoveva solo la bocca, ma l’orizzonte dei suoi occhi, non andava oltre il piccolo ed infinitesimale istmo che unisce tristezza a malinconia"......

Cari Felice e Superalvi, con queste parole che probabilmente rileggerete ho iniziato il ritratto di G.B. Baronchelli, un corridore nato per essere immenso, ma che dentro di lui non ha mai saputo cancellare quelle ombre e quei fantasmi che l’hanno limitato nella comunque più che positiva carriera.
Nel 1973, fu semplicemente uno di quei pochi dilettanti che seppero costruirsi gli aloni della storia, anche se sulle loro spalle insisteva il colore nazionale e non quello dell’immortalità dei loghi pubblicitari del mondo prof. Ben più forte, il "Tista" dei vari De Rosso, Gimondi e Denti, gli altri italiani che l’avevano preceduto come vittoriosi del Tour de l’Avenir, allora corsa eletta suprema per la categoria dei puri.
In quell’anno vinse con toni regali il Giro e poi sulle strade francesi seppe unire grandezza, classe e stoicismo, superando avversari ed i perduranti postumi di una caduta che gli aveva rovinato un ginocchio. In quei giorni...aprivi il giornale o cercavi sulla TV (allora senza televideo, ma solo con quel TG Sportivo, ben più sportivo dell’odierno), con la paura di conoscere la notizia del suo ritiro, ma "Gibì" si difese unendo gli incisivi, con la smorfia che rendeva cupi i suoi occhi, dagli attacchi del francese Beurreau, dalla regolarità dell’austriaco Steinmayr, e dalle rasoiate degli scatti di uno spagnolo, tal Juan Pujol, che tanto richiamava (poi si perse completamente fra i professionisti) le illustri del qui richiamato Fuente. Baronchelli, trovò nel fratello Gaetano e nelle grandissime forze di un romagnolo, Giampaolo Flamini, che bruciò nell’aiutarlo quasi tutte le sue comunque primarie doti, due superbi alleati, ma dimostrò un gran carattere. Idem, nei suoi esordi tra i professionisti, ma poi, lentamente, iniziarono a sopraggiungere in lui le sensibilità e quelle insicurezze di fondo che ne limitarono il passo.
Non un debole, ma uno dal quadro psicologico complicatissimo e bisognoso di trovare nell’intono persone genuine e schiette. Figure che, evidentemente, non ha mai trovato compiutamente, al punto di spingere dopo diversi anni di inattività, già vecchio, il fratello Gaetano, a ritornare a correre per sostenerlo.
Le scalate di G.B. però restano, i suoi tratti di classe non si svuotano col tempo, e nemmeno la sua sincerità, pur espressa su un quadro di persona assai introversa. C’è un aspetto che ci deve far riflettere sull’ellisse di questo corridore a cui ho voluto bene e che antepongo a diversi altri con curriculum superiore: non ha odiato, ma solo combattuto sui terreni delle strade, gli avversari sinceri. Un giorno, a carriera già finita, in un’intervista ebbe a dire di andar piano, molto piano, a sostenere che Merckx era un cannibale, perché per lui era invece un gran signore, dal come aveva trattato in attività e dopo, i suoi gregari e pure diversi avversari. Quella, per G.B., era la vera anima di Merckx. E dire che il belga gli aveva tolto un Giro per l’inezia di 12”. Bèh.... qui, ci sta un tratto di “Tista” che va letto, una dimostrazione di sensibilità suprema, quella stessa che, probabilmente, al contatto con le spesso frenetiche circostanze dello sport, lo ha limitato nel curriculum. Sono convinto che se Baronchelli fosse finito nel ’76 o ’77, proprio nella squadra di Merckx - quindi con un compagno che si giocava la fine della carriera ma che lo ammirava profondamente - avremmo visto un altro “Tista”. Lo sport nasconde sovente queste complesse figure, ed è significativo, per uno che si pone nell’ambiente come un dirigente, aiutare sì particolari e meravigliosi cristalli.
Ovviamente non mi dilungo, perché rimando tutto ad un prossimo Graffiti.....


...Sul quesito posto da Felice
Fra l'altro, visto che parliamo di G. B. e visto che é stato lui a far cadere il record di Coppi della scalata della Bocchetta, mi viene in mente una considerazione:
se quel record ha tenuto tanto a lungo, ciò non vuole forse dire che i vari miglioramenti (fondo stradale, mezzo meccanico, tecniche di allenamento, alimentazione,...) non sono poi così determinanti? Mi sbaglio?


Caro Felice, Coppi fece il record sulla Bocchetta nel 1955, col fondo stradale asfaltato con quel catrame intriso di brecciolino, che potremmo definire una via di mezzo, fra lo sterrato e gli asfalti di oggi. Diciamo dunque che su questo aspetto la diversità del palcoscenico è minore rispetto a quel che si può pensare. A ciò, è doveroso aggiungere che i miglioramenti nel ciclismo degli anni settanta, rispetto a quello di venti anni prima, relativamente a fondo stradale, mezzo, metodologie d’allenamento e alimentazione, pur esistenti, non sono così marcati. Volendo, potremmo pure arrivare a delle percentuali con margini d’errore tollerabili. Ma c’è soprattutto un distinguo da porre, che sta in un altro versante delle differenze: i motori e le benzine.
Negli anni del Baronchelli da record (fine anni ’70) erano arrivati gli ormoni, ma nel ciclismo erano ancora meno usati che in altri sport, perché si temeva l’aumento di peso, in sostanza si prendeva come riferimento il pesista o il giavellottista. Fu un arco di dubbi che durò un lustro, con buona approssimazione.... potremmo dire, dal 1975 al 1980. Quindi, il confronto con l’immenso Coppi era assai meno consistente.
Quando facciamo i confronti col passato dobbiamo sempre mettere in evidenza un aspetto: le stenamine erano bazzecole, tra l’altro negli anni settanta riscontrabili all’antidoping.
Coppi, Gaul, Bahamontes, sono stati superati spesso addirittura dopo il periodo in esame, ovvero il record della Bocchetta. Questo aspetto, Felice, conferma quello che sostengo da almeno 13 anni: alcuni campioni del passato, se fossero oggi venticinquenni, forerebbero l’atmosfera. Ed è uno dei motivi scatenanti (e non solo sul ciclismo), per i quali il sottoscritto ama scrivere di taluni radiosi periodi.
Ormai l’ho detta, perciò vado oltre....
Certi passistoni che oggi fanno i 53 a cronometro, da Anquetil, Baldini, Merckx e lo stesso Coppi, avrebbero preso minuti; in salita il solo Pantani si sarebbe giocato le vittorie e le sconfitte con Gaul, Bahamontes, Merckx, ed il sempre immenso Coppi, ed io non sono il credulone delle "100 pedalate al minuto", per intenderci non mi sognerei di prendere per i fondelli chi mi ascolta, con una simile baggianata. Nel ciclismo, come nello sport tutto, una cosa sono gli anni precedenti il 1975-’80, ed una cosa sono quelli dopo, per cui ho bisogno, sempre, di fare dei particolari distinguo e di studiare a fondo i soggetti, prima di lanciarmi in confronti. Ormai è una mia immanenza e non ho certo la pretesa di farla passare sulla testa degli altri come verità assoluta, ma tant’è.....
Oggi, carissimo Felice, vedo dei vecchi ancor giovani d’età, pieni di acciacchi e di disturbi, mentre vedo dei giovani che mi potrebbero essere padri, certo un po’ appesantiti ed assonnati, ma dei levrieri al confronto coi colleghi di cui potrebbero essere genitori o nonni. Ciò dimostra, ancora una volta, che le anfetamine non ammazzavano e non alteravano, non invecchiavano o seminavano morte, perlomeno, se lo han fatto, il tutto s’è mantenuto in termini tollerabili, mentre il resto è lì che pesa come un macigno, ed è lì che si deve far leva sui giovani, per allontanarli dal flagello e dagli zambottini medici che sono come le sirene di Ulisse. Non bisogna dire alla gioventà sportiva che la chimica non fa vincere, perché si dice una balla siderale e le balle han davvero le gambe corte, ma che fa morire, o avvicina il trapasso, questi sì! Anzi, bisogna urlarlo!
Ed ecco perché, per rimanere in tema, uno come me si permette, ogni tanto, qualche esternazione giudicata scandalosa, ma che vivo sentitamente come il contrario.
Ecco perché Leman era più forte di Armstrong, Ocana di Indurain, Tommie Smith di Lewis, Lusis di Zelesky, ecc. ecc......E non voglio andare avanti.......ma ne verranno altri di questi......solo apparentemente assurdi "editti"......
Ho già detto e ribadisco, che creatina e aminoacidi ramificati sono più dopanti e alteranti della simpamina. Si è in regola coi primi, bari con la seconda, ma io non scrivo leggi e normative, conosco solo l’atleta.....

Ciao Mitico Felice e scusami se, come sempre, ho divagato, ma nell’amarezza di fondo, scrivendo, trovo il modo di divertirmi......

Morris

P.S. A più tardi, appena avrò un attimo di tempo, il resto delle risposte e....la sorpresa.




 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/03/2005 alle 13:01
Ops...non lo avevo letto...Comunque se devo essere sincero (parlo evidentemente per i maschi)lo Zoncolan non mi entusiasma... è una salita ...certo dura, con questa rampa nel finale che porta in vetta... Per me hanno molto più fascino salite come Gavia o le Tre cime stesse...

 

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LA CAROVANA VA..CONFINI NON NE HA..E TUTTE LE DISTANZE ANNULLERA'!!
"..Dinnanzi a me non fuor cose create se non etterne.. Ed io in etterno duro!!
Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...!!!

"C'è Bugno in testaaaa!!! è Bugnoooo!!! ed è campione del mondo Bugno su Jalabert!!!"

"...ma ti sollevero' tutte le volte che cadrai
e raccogliero' i tuoi fiori che per strada perderai
e seguiro' il tuo volo senza interferire mai
perche' quello che voglio e' stare insieme a te
senza catene stare insieme a te"...

"Cascata ha un pregio non da poco. ama il ciclismo e però lo riesce a guardare con l'occhio dello scienziato. informatissimo, sa sceglire personaggi sempre di levatira superiore, pur non "scadendo" nello scontato.
un bravo di cuore.
(post di Ilic JanJansen, nel Thread "Un ricordo: Pedro Delgado, il capitano di Indurain")

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/03/2005 alle 13:03
caro morris,
grazie, un thread bellissimo, i grafitti , la conoscenza diretta ed enciclopedica viva,i ricordi e le tue fantastiche divagazioni, ancora grazie.
Le tue parole sulle conseguenze del doping ormonale che avvicina il trapasso sono profondamente vere: il macigno che pesa sul futuro della nostra gioventù più bella, i corridori,gli atleti,è causa della mia angoscia, perchè non trovo altra parola, di fronte al comportamento dei medici e dei dirigenti che hanno portato tutto questo nello sport.
ciao.

 
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Livello Hugo Koblet




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  postato il 03/03/2005 alle 13:09
Non pensate che un arrivo sulle tre cime di lavaredo ( non considerando l'indiscutibile fascino di questo luogo meraviglioso), posso essere una mezza delusione dal punto di vista tecnico? mi spiego meglio: a me sembra che quando le pendenze impegnative e sono nel finale tutti i big si risparmiano fino all'erta finale con il risultato di rendere la corsa poco spettacolare e di creare distacchi non troppo elevati.
Io ho il timore che su un eventuale arrivo su alle tre cime il rischio possa essere questo.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/03/2005 alle 15:10
credo di no cimospa e cerco di spiegarti perche':le tre cime hanno si pendenze costanti e proibitive ma sono lunge solo 4 km,poco di piu'col tratto del colle sant'angelo da misurina(diciamo 6 in tutto intervallate da un piccolo falsopiano),altra cosa sarebbe se venisse scalato tutto il sant'angelo da auronzo...invece cosi direi che sarebbe un'arrivo perfetto,che ti diro' di piu',necessita di"vere"salite prima,in quanto senno con l'esasperata(e disgustosa)livellizzazione del ciclismo moderno sgranerrebe di certo i migliori ma cmq in distacchi contenuti(diciamo nell'ordine del minuto o poco piu')mentre con le tre croci,breve anch'esso ma molto impegnativo ma soprattutto col giau posto a circa una quarantina di km dall'arrivo(e che le tecniche discese e le dure salite sopra citate in rapida sequenza senza un metro di pianura nn permetterebbero di certo di recuperare)renderebbero veramente eroico ed irripetibile un tappone dolomitico(da fare cmq nell'ultima settimana),regalando finalmente un'alternativa altrettanto valida(se nn di piu')alla"solita"tremenda e spettacolare ascesa del vicino fedaia-marmolada!!!

a tal riguardo riporto,seppur notissime,le pendenze del giau:

http://www.salite.ch/giau1.htm

 

[Modificato il 03/03/2005 alle 15:14 by Pirata x sempre]

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Giuseppe Matranga

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/03/2005 alle 18:24
staulanza e giau prima dell'erta finale sono il massimo...
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/03/2005 alle 19:16
A proposito di Record

Su una rivista , ho letto che il Record del Galibier appartiene ancora a Fausto Coppi
Qualcuno ne sa qualcosa ? Sarebbe incredibile
Ai tempi di Coppi , si varcava il galibier non sul colle (eterno , ho fatto gli ultimi 10 km a piedi nel 2003) ma alla galleria (situata +- a 1 km dalla vetta)
Nel 2003 il Galibier è stata scalata ad andatura media (gruppo da 60 corridori ) ed anche nelle altre edizioni raramente ho visto attacchi dall’inizio (sul telegraphe o dopo Valloire)
Ai tempi di Coppi , non si aveva paura di attaccare da lontano

Per quanto riguarda le salite

Le Tre cime di Lavaredo , nonostante la lunghezza , sono la salita con piu’ storia e piu’ fascino delle tre. L’ambiente , l’impresa di Merckx (ho visto le immagini , qualcosa di inimagginabile, secondo me la piu’ grande impresa di Merckx) , i 2400 ecc
Il percorso di Pirata sarebbe l’ideale , una tappa da leggenda
Lo Zoncolan l’ho fatto , in macchina (in prima! , max seconda), tornando dalla slovenia , dalla parte di ovaro , durissimo , come ha detto Pirata peccato per le tre piccole gallerie non illuminate , sterrate e strettissime. Speriamo comunque in una futura edizione del Giro..
Le torri del Vajolet (illustrate su un numero di cicloturismo) , le conosco meno.

Grande Morris, per gli articoli

 
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Under 23




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  postato il 04/03/2005 alle 11:41
Io spero che presto si possa fare lo Zoncolan, dall'altro lato, quello più duro... al Giro 2003 dissero che nn si poteva fare perchè dovevano costruire un pezzo di strada che evitasse delle gallerie buie... quello deve essere proprio uno spettacolo per durezza!
 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 04/03/2005 alle 14:56
Originariamente inviato da Morris

...e scusami se, come sempre, ho divagato, ma nell’amarezza di fondo, scrivendo, trovo il modo di divertirmi......



Leggere le tue divagazioni é sempre un piacere!

Grazie per il bel ritratto di G.B. Ho sempre avuto grande ammirazione per lui e l'idea che si sia trattato di un campione in qualche modo incompiuto. Grande certamente, ma con delle potenzialità che, se si fossero espresse interamente, ne avrebbero fatto un grandissimo. Sono contento che tu abbia confortato questo punto di vista...

Ciao!

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 04/03/2005 alle 15:01
Sempre X Morris

Dimenticavo: quando ne troverai il tempo e la voglia, ci dici qualcosa della Longo?

Ciao di nuovo

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/03/2005 alle 16:26
Bravo Morris...davvero un Thread interessante...

 

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un bravo di cuore.
(post di Ilic JanJansen, nel Thread "Un ricordo: Pedro Delgado, il capitano di Indurain")

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 07/03/2005 alle 11:44
Pirata ha scritto....
volevo infinire chiedere a morris,se avra'tempo,di raccontarci un po'anche della altrettanto spettacolare(e nn meno dura)tappa in cui torriani si invento'l'ennesima genialata portando il gruppo in austria,addirittura sul mitico grossglokner(ma anche volendo l'anno dopo nella prova di forza d merckz a bardonecchia jafferau!)....da che versante(e fino a dove)fu affrontata,leggo un'ordine d'arrivo tutt'altro che eccelso,nel giro del'71 vinto da petterson...fu un avvenimento che deluse un poco le attese o lo spettaolo fu degno della mostruosa altimetria del mito austriaco????


Carissimo Giuseppe, Vincenzo Torriani, visionava e fiutava.... ma sapeva anche leggere come pochi.
La leggenda vuole che fosse stata proprio una lettura a fargli venire in mente il GlossGlockner. La lunghezza e le pendenze di quella salita, nonché l’altitudine che andava a toccare, lo convinsero a proporla alla prima occasione di uno sconfinamento del Giro. Quando si accinse a proporre l’edizione 1971 della “corsa rosa”, sapeva che il faro del ciclismo di quei tempi, Eddy Merckx, non sarebbe stato al via e proprio allo scopo di rendere la manifestazione ugualmente interessante giocò questa carta.
Il Giro che ne uscì, e non per colpa di Torriani, fu modesto. Poco spettacolare e molto regolare con qualche giornata d’acuto di corridori che al tempo erano comprimari, ma che oggi probabilmente sarebbero campioni…
Vinse Gosta Pettersson un corridore svedese quasi trentunenne, capostipite in tutti e sensi di una famiglia di ciclisti, che lo vide correre in contemporanea, fra i prof., anche Sture, Erik Thomas coi quali aveva vinto tre mondiali nella cronosquadre. Un corridore completo, senza punte particolari rimasto a lungo sul limbo dei dilettanti anche per il particolare approccio al ciclismo della sua Svezia. Ebbe poi la fortuna di esordire nella Ferretti di Alfredo Martini, ed è indubbio quanto l’incontro col futuro guru del ciclismo italiano, abbia giovato in maniera determinante sui successi di Gosta.
Fu il Giro che mostrò il definitivo declino di Gianni Motta, la vulnerabilità e poca spettacolarità di un Gimondi orfano di Merckx, le buone qualità di Claudio Michelotto, un corridore dallo sguardo triste che trovò, in maglia rosa, nella discesa del Valles un beffardo KO, ma il pezzo tecnicamente più significativo venne dagli sprint fra Basso e Sercu, col vicentino che andò meglio della più ottimistica previsione persino in montagna, a dimostrazione del grigiore di quel Giro. Le belle scoperte vennero prima di tutto da uno spagnolo ancora acerbo, ma supremo nella sua rasoiata in salita: Josè Manuel Fuente. L’allora ventiseienne spagnolo vinse la classifica degli scalatori, mostrando pure quelle carenze in discesa che lo limiteranno assai negli anni futuri.
Un acuto che poi si rivelerà solo illusorio, aldilà del contesto radioso della giornata, venne da Pierfranco Vinelli, un giovane passato fra i professionisti, dopo aver mostrato da dilettante luminosità come pochi. Fu proprio il ragazzo bresciano, Campione Olimpico a Città del Messico, a rendere fulgida la scalata del GlossGlockner, percorso quel giorno da Pockhorn. Pierfranco emerse solitario sulle ceneri del tentativo di Fuente, passato primo e solo sul GPM iniziale di tappa a Felbertauern Tunnel e poi scioltosi sulle prime rampe della lunga salita finale. Il GlossGlockner oltre all’arrivo, quel giorno assegnava un altro traguardo per gli scalatori, proprio sul punto più alto di tappa e dell’intero Giro, a Hoctor, dove Vianelli, che circa quattro chilometri prima aveva lasciato un drappello in avanscoperta, passò solitario. Il bresciano tenne poi il comando anche dopo aver superato indenne discesa ed erta finale, col fare degno delle speranze che si riponevano su di lui: ma fu un acuto poi rimasto isolato.

Il Giro d’Italia scoprì dunque in quella edizione meno leggendaria del solito, quella bella e suggestiva montagna austriaca, ed in attesa di vederla ritornare sul foglio rosa, voglio tuffarmi su un inedito assoluto, anche a livello di web......

Per gli amici di Cicloweb...... “il sito dove il ciclismo entra nelle case trasportando leggenda e attualità”, questo regalo.....

Il GlossGlockner, fu la montagna che fece scoprire al mondo un certo Charly Gaul.

Dal mio libro “Echi di Ciclismo” del 1997, l’unico in Italia narrante l’intera storia del campione lussemburghese, questo spezzoncino.....

....... Sensazione che fu chiara al suo passaggio fra i dilettanti, avvenuto nel 1951, quando frustò coi suoi scatti, tutti i favoriti nella più importante corsa a tappe del Granducato: la "Fleche du Sud". Al "Tour des Douze Cantons", altra gara a frazioni, fu ancor più grande e dominò vincendo in lungo ed in largo, facendo sua anche la gara a cronometro. Venne immediatamente selezionato nella Nazionale lussemburghese per il difficile Giro d'Austria, una prova densa di grandi difficoltà altimetriche e dalle lunghe tappe. Le perplessità dettate dal fatto che Charly poteva uscire distrutto da una simile prova, a soli due anni dal debutto nel ciclismo, furono immediatamente sciolte dalla sua condotta spavalda. Anzi, la verde Austria, fu testimone del suo primo acuto internazionale. Scalò il "Grossglockner", un passo di 2500 metri alla cima, ma lungo 25 chilometri con tratti al 13% ed una media dell'8%, con esemplare solitudine, lasciando gli altri ad oltre cinque minuti. In quella occasione autorevoli osservatori ebbero modo di vedere per la prima volta quello stile così originale fatto di lunghissime progressioni sui pedali, azionando rapportini, ed imprimendo un numero di pedalate al minuto ancora ineguagliato. II suo passo, lungo 1'ascesa del Glossglockner, fu cosi veloce da abbassare di cinque minuti il record di scalata, professionisti compresi. Alcuni giornali non ebbero timori nello scrivere "... c'e un nuovo grande talento in Lussemburgo"......

Dopo averlo letto, l’amico Charly, che mi regalò una splendida serata in casa sua per il mio 43esimo compleanno, mi inviò questa foto del 1951, proprio sulla giornata del Grossglockner. Sul retro mi ringraziò per le emozioni che gli avevo regalato, ricordando quella impresa così lontana e sconosciuta rimasta indelebile nel suo cuore.....
Eccola



Morris

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 07/03/2005 alle 12:13
insomma un po'come quando un pantani ancora dilettante duello'con bugno nella cronoscalata della futa all'inizio degli anni novanta....

certo che fare il GlossGlockner nel'51 era autentica follia del ciclismo...nn poteva esserci tela migliore per mostrare al mondo il poetico incedere dell'angelo della montagna...l'abetone per Coppi,il mortirolo per Pantani....solo ai grandissimi si consegnano per prime le vette mitiche di questo sport,che fascinosa coincidenza....

riporto l'altimetria di questo mitico"mostro"austriaco(che torriani ebbe l'ardire di affrontare dal versante piu'duro):

http://www.salite.ch/grossglo.htm

...indice di difficolta'216,come il tanto desiderato zoncolan da ovaro,ecco uno dei motivi perche'Torriani e'stato un profeta del ciclismo!!!



 

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Giuseppe Matranga

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Livello Roger De Vlaeminck




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  postato il 07/03/2005 alle 14:45
Mi piacerebbe tanto rivedere un arrivo sul Gran Sasso dove il grande Marco nel 99 iniziò lo show di vittorie di quel giro maledetto...
 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/03/2005 alle 14:20
Ciao Morris,

la tua rievocazione del Giro 71 ha fatto uscire dai meandri della mia memoria un nome: quello di Pierfranco Vianelli. Non riesco a ricordare tutto quello che aveva combinato da dilettante oltre all'oro in Messico (Giro? Tour de l'Avenir? Accoppiata Giro-Tour come G. B.?), ma era comunque arrivato tra i pro con la fama dello scalatore fortissimo. Poi... quasi niente. Non so quanto sia durata la sua carriera, comunque sia é scomparso presto dalla cronache.
Ecco, se c'é un corridore che illustra bene quanto può essere difficile il passaggio dilettanti-professionisti direi che questo é proprio Pierfranco Vianelli.

En passant, salvo errori da parte mia, Gosta Pettersson ha vinto il Giro 71 vinvendo 0 tappe.

Ciao!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/03/2005 alle 13:27
Si ok, il Gran Sasso è una bella salita ma non penso la si possa paragonare ai salitoni tipo Tra Cime o Gavia... Io spero che Vegni prima o poi riproponga le Tre Cime che mancano dall'89!!!

 

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...- --- .-.. .- !!!!

LA CAROVANA VA..CONFINI NON NE HA..E TUTTE LE DISTANZE ANNULLERA'!!
"..Dinnanzi a me non fuor cose create se non etterne.. Ed io in etterno duro!!
Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...!!!

"C'è Bugno in testaaaa!!! è Bugnoooo!!! ed è campione del mondo Bugno su Jalabert!!!"

"...ma ti sollevero' tutte le volte che cadrai
e raccogliero' i tuoi fiori che per strada perderai
e seguiro' il tuo volo senza interferire mai
perche' quello che voglio e' stare insieme a te
senza catene stare insieme a te"...

"Cascata ha un pregio non da poco. ama il ciclismo e però lo riesce a guardare con l'occhio dello scienziato. informatissimo, sa sceglire personaggi sempre di levatira superiore, pur non "scadendo" nello scontato.
un bravo di cuore.
(post di Ilic JanJansen, nel Thread "Un ricordo: Pedro Delgado, il capitano di Indurain")

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 09/03/2005 alle 18:54
Carissimo Felice, anche di Pierfranco Vianelli è prevista una puntata di Graffiti.
Da dilettante non vinse né Giro Baby , né Tour de l’Avenir, perché il primo non era ancora nato (la prima edizione risale al 1970 e fu vinta da Giancarlo Bellini, un corridore che iniziò a correre a venti anni abbondanti, in quanto prima giocava a calcio), mentre il secondo, non lo corse mai.
Vianelli, vinse alla grande il campionato italiano allievi nel ’65, poi, da dilettante, si mostrò capace di sradicare come pochi dalla propria ruota, fior di avversari. Vinse il Giro della Valle d’Aosta nel 1968 (allora indicativa come nessuna), il GP del Rosso (’67), G.P. Reciotto (’67), la Ruota d’Oro (’67) ed altre corse. Forte in salita e a cronometro (faceva parte del quartetto che colse il bronzo a Città del Messico ’68), era soprattutto un faro delle corse, per classe e capacità di svolgere improvvise accelerazioni. Quando poi il confronto si consumava su uno start list denso di stranieri, si esaltava e non c’era proprio nessuno capace di prendergli la ruota. Ti dirò, che al tempo, eravamo in tanti a giurare su una sua vittoria alle Olimpiadi. Diciamo che la sua carriera è stata corta anche fra i dilettanti, perché vi ha corso solo tre anni.
Da professionista ha vinto solo al GrossGlockner ed ha corso complessivamente cinque stagioni, dal 1969 al ’73 (i primi due in seno alla Molteni, quindi altri due alla Dreher e l’ultimo alla Brooklyn).
Si ritirò a soli 27 anni. Oggi credo gestisca un negozio di biciclette proprio a Provaglio d’Iseo, suo paese natale.

Sì, Gosta Pettersson (che a Città del Messico era stato battuto da Vianelli e Leif Mortensen), vinse il Giro ’71 senza vincere nessuna tappa.

Ciao!


 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 10/03/2005 alle 15:50
Leggerò ben volentieri qualcosa su Vianelli. Soprattutto mi piacerebbe capire, ammesso che sia possibile, cosa lo ha bloccato, cosa gli ha impedito di fare tra i pro non dico una carriera eccelsa, ma almeno di ottenre qualche bella soddisfazione...

Ciao!

 
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Livello Franco Ballerini




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  postato il 21/03/2006 alle 17:43


altimetria di tappa di giro italia 1971

 

[Modificato il 21/03/2006 alle 17:47 by Monsieur 40%]


 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Ottobre 2009




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  postato il 21/03/2006 alle 20:33
che thread, morris... mitico!
a proposito di quanto postato da fuente: qualcuno sa quante volte è stato affrontato lo stupendo grossglockner al giro?

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/03/2006 alle 20:40
Un'unica volta:nel 1971, quando vinse Vianelli
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/03/2006 alle 20:41
Grazie, Fuente, per l'altimetria di quella tappa!
 
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Moderatore
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  postato il 21/03/2006 alle 23:32
Porca pupazza mi ero completamente perso questo 3D!
Grazie a chi lo ha "riesumato" e grazie a Morris per
le continue opportunita' di accrescere la mia conoscenza.

Nel 2001 avevo fatto la salita alle Torri del Violet in MTB
ecco cosa ricordo: 3 strappi molto duri, specie il terzo,
ma tutti asfaltati.
L'ultimo chilometro si solge su una specie di pave' cementato.
Arrivati al rifugio Gardeccia, pero', la strada diventa sterrrata e
continua a salire per arrivare fino all'altipiano dove
si trovano il rifugio del CAI Violet ed il piccolo
rifugio privato Paul Preuss.
La strada e' un po' rovinata e, anche se in MTB, sono dovuto scendere
e spingere in qualche tratto (ma avevo le gambe molto cotte per una
gita spaccagambe del giorno prima).
Sicuramente una tappa in questi luoghi regalerebbe delle riprese
aeree mozzafiato..

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Moderatore




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  postato il 22/03/2006 alle 02:20
Anch'io ignoravo completamente l'esistenza di questo thread e per fortuna ora ho potuto leggermelo tutto.Oltre agli inimitabili racconti di Morris ho trovato anch'io molto interessanti gli aneddoti sulla tappa del GrossGlockner visto che desideravo saperne di piu'.Oggi mi pare che questa salita sia regolarmente scalata tutti gli anni nel Giro d'Austria,di cui probabilmente ne costituisce il simbolo assieme all'altrettanto durissimo arrivo di Kitzbuheler Horn.
 
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Livello Moreno Argentin




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  postato il 22/03/2006 alle 10:13
Uè!! Lo Zoncolan scalato dalle donne era una barzelletta!! Salirono solo il tratto con pendenze costanti all'8%. Nessuno strappo duro tanto che i girini salirono compatti e gli scatti si ebbero solo nei 3 km finali evitati dalle donne. (Dire che le donne salirono lo Zoncolan è una bestemmia!! Fecero il versante facile e non giunero in cima) E comunque il versante est non appartiene alla mitologia del Kaiser Zoncolan che va pronunciato solo in relazione col versante da Ovaro.
 
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Livello Franco Ballerini




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  postato il 22/03/2006 alle 11:23

 

[Modificato il 22/03/2006 alle 17:48 by Monsieur 40%]


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/03/2006 alle 11:25
Originariamente inviato da pedalando

Sicuramente una tappa in questi luoghi regalerebbe delle riprese
aeree mozzafiato..



 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Franco Ballerini




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  postato il 22/03/2006 alle 12:02
morris per favore parla di le stelvio or di oltri grandi salite di la
storia di ciclismo italiani

 
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