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Autore: Oggetto: L’estetica agonistica dell’attacco in montagna: Marco Pantani

Livello Marco Pantani




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  postato il 01/12/2009 alle 20:41
L’estetica agonistica dell’attacco in montagna: Marco Pantani
- Il fenomenale scalatore degli anni 90: analisi tecniche, valutazioni sulla carriera, ricordi nel forum di cicloweb.

Carissimi, ecco una discussione su uno dei ciclisti più amati e discussi degli ultimi anni.
So che ve ne sono già altre nel forum, intestate a Pantani, ma credo che questa possa ritagliarsi un proprio spazio di unicità.
Perché? Direte.
Per parlarne attenendosi al dato più squisitamente ciclistico. Le vicende tragiche e che hanno segnato la fine della carriera e della vita dell’uomo di Cesenatico, hanno generato un mito Marco Pantani, che è, a mio modesto parere, cosa diversa dal corridore ciclista Marco Pantani.
Questo mito sta offuscando, rendendo meno leggibile il campione e francamente non lo trovo giusto.
Non voglio giudicare, anzi, credo che sia stato un percorso inevitabile.
Nondimeno mi piacerebbe leggere, scrivere e discutere di questo incredibile atleta senza dover combattere con la tragedia che ha finito col costargli la vita. A partire dagli eventi di Campiglio, alle chiamate dei giudici fino alle vicende finali. Di tutto questo esiste ampia possibilità di discussione e documentazione in altra sede.
Questo Forum ospita, fra gli altri, Morris, un profondo conoscitore dell’uomo e dell’atleta Marco e l’autrice ( Donchisciotte) di un approfondimento pubblicato di recente sulle vicende che segnarono la fine di Pantani. Spero che possano dare il loro contributo anche in questo capitolo che si apre qui.
Insomma, questo è un luogo privilegiato, pieno di sapere su Pantani.
Io, che modestamente mi ritengo un grande appassionato di questo sport, ma che credo di aver approfondito poco la carriera di questo campione, mi immagino di poter istituire un luogo di discussione che indaghi gli aspetti che preferisco (quelli sportivi) e che credo possano interessare a molti.

Lo scopo è chiaro: conoscerlo di più, perché mi rendo conto di conoscere poco della sua carriera e delle sue caratteristiche.
Credo che “ripulire” il dato squisitamente tecnico da quello umanitario sia un modo per oggettivizzarlo e in definitiva rendergli merito.
Sappiamo tutti che le vittorie di Pantani non erano dovute al doping e conosciamo l’accanimento di cui fu oggetto. Queste cose, però, non vorrei entrassero in questa discussione. Come se fossero dati acquisiti e non discutibili. Semplicemente perché già ampiamente dibattuti in altre sedi


Una nota personale, ma dovuta:
Pantani mi era in un certo modo antipatico. Il motivo era semplice: mal sopportavo di vedere tutto quel mostruoso talento nelle gare in montagna, condensato in una sola persona. Troppo ingiusto, pensavo. Invidia pura. Fatta sempre troppa fatica in salita, io, per non provare un sottile risentimento nei confronti di chi era stato baciato dalla natura in modo così sproporzionato.
Il mondo, lo sappiamo, è un luogo di ingiustizie e perciò ho provata la stessa cosa per Antonello da Messina, E. Hemingway, Walter Bonatti e parecchi altri.
Brutta storia l’invidia, fidatevi.
Però, checcavolo, gli occhi per vedere li avevo pure io. E l’ho visto, sulle salite.
Magari mi emozionava di più una LBL di Bartoli o Vandenbroucke, ma sì, in salita è stato qualcosa di unico. Ha segnato un epoca e mostrato un modo di aggredire le montagne quale non si era osservato mai prima.


Ebbene, che si possa godere della discussione e dei pareri di tutti su questo eccezionale campione senza accanimenti, battaglie da combattere e verità da dimostrare

Ciclismo pedalato e osservato. Chissà che non sia un modo per parlare di Marco liberi da schieramenti avvilenti (in questo caso) e uniti dalla stessa passione (per il ciclismo dei grandi campioni). Chissà che io possa esprimere il mio critico parere sulle sue scelte di calendario o sulla sua completezza tecnica in modo sincero e trasparente.

Attendo i Vostri contributi ragazzi.
Ciao bella gente
claudio

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/12/2009 alle 21:01
Attenendomi strettamente all'aspetto estetico, qualche tempo fa ho aperto un thread sui colpi di pedale più belli nella storia del ciclismo. Tra questi, immancabilmente, anche Pantani.
Il perchè è semplice: io non ricordo di aver mai visto un corridore che, en dandeuse, puntasse lo scarpino perfettamente perpendicolare all'asfalto: sembrava che andasse via quasi esclusivamente di polpaccio, e che i quadricipiti non venissero "utilizzati" nel pieno dello sforzo. Stilosissimo e, soprattutto, dai risultati devastanti.

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 01/12/2009 alle 21:31
Originariamente inviato da Carrefour de l arbre

Attenendomi strettamente all'aspetto estetico, qualche tempo fa ho aperto un thread sui colpi di pedale più belli nella storia del ciclismo. Tra questi, immancabilmente, anche Pantani.
Il perchè è semplice: io non ricordo di aver mai visto un corridore che, en dandeuse, puntasse lo scarpino perfettamente perpendicolare all'asfalto: sembrava che andasse via quasi esclusivamente di polpaccio, e che i quadricipiti non venissero "utilizzati" nel pieno dello sforzo. Stilosissimo e, soprattutto, dai risultati devastanti.


Ciao caro.
Sì, questo aspetto stilistico era davvero rilevante.
Da dire che l'insieme dell'azione era davvero elegante, ma non saprei se fosse dovuto alle "puntate" o ad altro.
Propendo più per l'altro. L'azione di Pantani era del tutto atipica per un grimpeur. Infatti, oltre alla celebre impugnatura sulla parte bassa del manubrio, era caratterizzata da un assetto molto "basso". Quasi da passista. Gli scalatori sono di norma abbastanza "seduti" come postura della schiena, mentre Marco manteneva un assetto da alta velocità anche in salita. La cosa si esaltava durante le fasi fuorisella, che rimangono di grande intensità gestuale.
Mi sembra di poter dire che storicamente la pedalata di punta fosse di per se ritenuta una caratteristica poco elegante. Il corridore di classe doveva avere la famosa pedalata "rotonda" con il tallone che affonda nella fase anteriore del cerchio di pedalata e si allunga durante il ritorno, come a tirare verso l'alto la pedivella.
Questa cosa, lo dico senza vergogna, io non lo mai capita bene del tutto e mi sembra una mezza verità.
Per altro, oltre al Pantani in fuorisella ci sono altri pedalatori di eleganza ed efficacia che ci davano delle gran puntate. Anquetil e Moser, per dirne due che mi ricordo.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/12/2009 alle 22:22
Chissà perché, per me tra i ricordi più vivi della parabola Pantani ci sono le immagini del Tour 1994.
Strano, se pensiamo che in quel Tour non vinse neppure una tappa, e che dopo la prima crono individuale viaggiava a metà classifica, con uno svantaggio se ben ricordo vicino al quarto d'ora da Indurain.
Per di più, alla prima tappa di montagna (Hautacam) Marco sbagliò forse i tempi dell'attacco, finendo terzo a pochi secondi da Leblanc e Indurain.

Bene, dal giorno dopo... spettacolo continuo, con almeno tre perle, per la prima delle quali chiedo conferma a chi dovesse avere più memoria di me, o dovesse possedere immagini: mi riferisco cioè alla tappa dell'Alpe d'Huez, quella in cui si potè assistere ad un qualcosa che, ripeto, mi è rimasto fortemente impresso ma di cui non riesco a trovare conferma, neppure su Youtube.
Pantani riprese alcuni fuggitivi della prima ora, ed uno di loro, mi pare Pensec, mentre veniva superato a velocità forse tripla ebbe a fare un gesto diviso tra lo stupore, l'ammirazione e la rassegnazione, che mi piacerebbe rivedere... qualcuno ne ha conservato le immagini?
La tappa la vinse Roberto Conti, mentre Marco staccò Indurain di un paio di minuti.

E poi, qualche giorno dopo, la caduta nella tappa di Val Thorens: ricordo Marco attorniato dai compagni di squadra, con un ginocchio malconcio, staccato di alcuni minuti e forse vicino al ritiro... ebbene, sull'ultima salita, dopo aver inseguito a lungo, ebbe di nuovo la forza di staccare Indurain e di andare quasi a prendere Rodriguez e Ugrumov, ancora una volta partiti prima (e mi pare mentre Pantani non aveva ancora completato l'inseguimento al gruppo dopo la caduta).

Infine, la cronoscalata di Morzine, in cui diede ancora un paio di minuti ad Indurain, ma dove finì ancora secondo, dietro ad un Ugrumov che in quel finale del Tour andava in maniera impressionante, anche se tutto sommato penso si possa dire che ricevesse maggior libertà da parte del navarro.

Al primo Tour, in un'edizione caratterizzata da quasi 200 km a cronometro, finire sul podio, recuperando nella seconda metà un distacco intorno agli 8 minuti al dominatore dell'epoca...

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 01/12/2009 alle 22:37
Originariamente inviato da Bitossi

Pantani riprese alcuni fuggitivi della prima ora, ed uno di loro, mi pare Pensec, mentre veniva superato a velocità forse tripla ebbe a fare un gesto diviso tra lo stupore, l'ammirazione e la rassegnazione, che mi piacerebbe rivedere... qualcuno ne ha conservato le immagini?
La tappa la vinse Roberto Conti, mentre Marco staccò Indurain di un paio di minuti.


Lorè, io ho le immagini di quella tappa sul mio pc.

 

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E3 Prijs Vlaanderen - GP Harelbeke: 2°
GP Miguel Indurain: 1°
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Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

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Asso di Fiori

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/12/2009 alle 22:49
Originariamente inviato da Bitossi

E poi, qualche giorno dopo, la caduta nella tappa di Val Thorens: ricordo Marco attorniato dai compagni di squadra, con un ginocchio malconcio, staccato di alcuni minuti e forse vicino al ritiro... ebbene, sull'ultima salita, dopo aver inseguito a lungo, ebbe di nuovo la forza di staccare Indurain e di andare quasi a prendere Rodriguez e Ugrumov, ancora una volta partiti prima (e mi pare mentre Pantani non aveva ancora completato l'inseguimento al gruppo dopo la caduta).



ecco un'ottima pagina di quella giornata:

http://pantaemozioni.splinder.com/archive/2008-02

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 01/12/2009 alle 23:50
Originariamente inviato da Carrefour de l arbre

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E poi, qualche giorno dopo, la caduta nella tappa di Val Thorens: ricordo Marco attorniato dai compagni di squadra, con un ginocchio malconcio, staccato di alcuni minuti e forse vicino al ritiro... ebbene, sull'ultima salita, dopo aver inseguito a lungo, ebbe di nuovo la forza di staccare Indurain e di andare quasi a prendere Rodriguez e Ugrumov, ancora una volta partiti prima (e mi pare mentre Pantani non aveva ancora completato l'inseguimento al gruppo dopo la caduta).





ecco un'ottima pagina di quella giornata:

http://pantaemozioni.splinder.com/archive/2008-02


Viste le immagini di val Thorens. Una conferma ai miei ricordi frammentati. Le azioni di attacco avvenivano con l'uso di rapporti lughi, molto distanti, dal frullare di gambe cui siamo stati abituati negli ultimi 10 anni.
Rapporti più "virili" come direbbe Prof.

L'azione era senz'altro meno spettacolare nella gestualità, rispetto a quelle degli anni successivi. Più simile, in epoca Carrera a uno standard di tradizionale scalatore. Il manubrio sembra troppo largo e la bici forse un filo troppo compatta nella misura del tubo orizzontale.

 

[Modificato il 01/12/2009 alle 23:52 by claudiodance]

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 08:19
questo è un topic dove potrei farla da padrone

Ho ricordi nitidi, nitidissimi fin dal giro 94, fin dal primo arrivo in salita (anche se non ricordo dove ) vinto da Berzin...Panta era con Chiappucci che perdeva inesorabilmente dal russo e gli faceva da gregario ma si vedeva perfettamente in faccia che non vedeva l'ora di partire...quando Claudio gli fece un gesto partì come una saetta e recuperò a Berzin qualcosa come una quarantina di secondi negli ultimi 2 km, già quel giorno mi impressionò.

I ricordi del 94 sono legati al mortirolo e alla tappa (inevitabilmente) dell'Aprica. Ero lì quel giorno e quando li vidi passare a 1 km dalla vetta urlai a mio padre "Papi, guarda, è quello di ieri!!!!!" (non ricordavo ancora il nome!) Nel tornare a casa guardammo tutta la tappa registrata e mi resi davvero conto di cosa fece quel giorno quel ragazzo spelacchiato..l'amore poi sfociò col Tour 94 con quelle perle una dopo l'altra...spettacolo!

Cmq lascio da parte l'emozione (tantissima) e disquisisco un argomento che mi ha sempre affascinato. La sua postura pre Milano-Torino 95 e post Milano-Torino 95

Come ricordiamo, in quella fatidica corsa Marco dopo un meraviglioso mondiale a Duitama stava affinando la preparazione per il Lombardia e nella discesa verso Torino fece un frontale con una jeep che gli distrusse completamente una gamba. Molti pensavano che rischiasse addirittura la carriera e invece Marco si riprese. Il lato tecnico legato alla postura determinato da questo incidente è presto spiegato

Il Pantani pre MI-To 95 in salita scattava così



Il Pantani post Mi-To 95 in salita scattava così



La prima immagine è l'alpe del 95 (37minuti e 50 secondi circa), Marco saliva in andanseuse ma con il tipico andare in salita degli scalatori con le mani sulle leve dei freni, la schiena intorno ai 45 gradi rispetto all'asfalto e nel complesso era molto poco compatto e più aperto.
La seconda immagine è l'alpe del 97 (record ancora imbattuto di 37 minuti e 35 secondi), vediamo il Pantani nella memoria di tutti, grinta impressionante (quasi cattiveria direi) mani basse a mo di velocista, schiena praticamente perpendicolare all'asfalto e un complesso molto compatto e aerodinamico (per quanto possa contare l'aerodinamica in salita)

ho preso apposta due immagini sulla stessa salita e in un punto similare per far calzare proprio il paragone. Ricordo di aver sentito (ma non approfondisco più di tanto perchè non so molto di più) che per colpa di quell'incidente è stato difficile rimettere in sella marco, dopo la convalescenza non riusciva bene a riambientarsi "comodamente" in sella come prima e ci sono voluti studi e modifiche ergonomiche paricolari tra cui la più lampante è stata questa che è stata una sua "decisione". un giorno mentre si allenava sulla salita del Cippo di Carpegna provò a scattare a mani basse e vide che si trovò molto più comodo ed efficace del solito scatto dello scalatore con mani su leve dei freni e da lì cominciò a scattare a mo' di velocista.


Altro argomento interessante è il netto miglioramento delle prestazioni di Marco nelle cronometro. Nelle prime crono che affrontava prendeva vagonate di minuti da tutti (ricordo 7/8 minuti da Indurain al primo Tour) poi passando gli anni questo gap diminuì, ok il continuo provare e riprovare, ma Marco fu uno che non si snaturò mai e sinceramente credo che non fosse uno di quelli che continuamente andava in galleria del vento per cercare di migliorare l'aerodinamicità e via dicendo. Sta di fatto che nelle crono decisive per vincere Giro e Tour andava quasi a livello dei primi (ma qua c'è il discorso della maglia sulle spalle e dell'ultima crono prima della passerella che di solito non conta sulle caratteristiche da cronomen o meno, ma quanto sulle energie residue dopo un GT di 3 settimane), e anche in altre cronometro fece ottime prestazioni...ricordo due cronometro del Giro d'Italia 1999 dove Marco arrivò tra i primi (mi ricordo la prima era una crono mossa vinta da Jaja che gli sfilò la maglia rosa per pochi centesimi di secondo, mentre la seconda vinta da Gonchar con un ottimo Savoldelli e dove Marco no perse più di due minuti)

Dai dai Dance dimmi che ne pensi...attendo Morris e tanti altri esperti, questo è un argomento che sento mio come pochi altri

 

[Modificato il 02/12/2009 alle 08:24 by robby]

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A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
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Livello Luison Bobet




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  postato il 02/12/2009 alle 09:25
Mi sento vicino a ClaudioDance sul pensiero riguardo Pantani.
Anche per me non e' lui ad avermi dato le emozioni piu forti riguardo al ciclismo, non al pari, per fare un esempio, del Bartoli che lascia a spasso Jaja verso il traguardo della Liegi.
E sempre legato a Bartoli riporto l'episodio dello scatto sulla Cipressa alla sanremo 99. Pantani sapeva di avere 1 possibilita su 1 mille di vincere la sanremo, ma diede spettacolo, Bartoli la getto via per non aver saputo rimanere calmo dopo lo scatto di Pantani.
Quell'anno veramente volava, una salita fatta come da lui ad Oropa non la rivedremo per un bel po...


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 09:26
I ricordi più belli (non leggo gli altri commenti per non farmi influenzare):

- la doppietta mortirolo - aprica con commento personale mentre vedevo la tappa "E mo' questo da dove è uscito, pensa chiappucci come s'encazza...ammazza quanto è brutto"
- tappa al tour nella quale cade, quasi si ritira, rimonta tutti ma non ricordo se poi vince...
- tappa di Oropa, fora all'inizio della salita e poi come Totò al giro d'italia, li va a riprendere uno per uno e va a vincere. Cosa che fece pure all'alpe d'huez ma siccome so' bruciato di capoccia, non ricordo l'anno ovviamente.

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  postato il 02/12/2009 alle 09:36
so già quale sarà il 3d del mese di Dicembre.....

Originariamente inviato da robby
Ricordo di aver sentito (ma non approfondisco più di tanto perchè non so molto di più) che per colpa di quell'incidente è stato difficile rimettere in sella marco, dopo la convalescenza non riusciva bene a riambientarsi "comodamente" in sella come prima e ci sono voluti studi e modifiche ergonomiche paricolari tra cui la più lampante è stata questa che è stata una sua "decisione".

Robby, sono sicuro di averlo letto, credo nel libro di Cassani,
che dopo l'incidente di Torino la gamba era leggermente più corta
e che lo spostamento delle mani in basso permise di migliorare
l'assetto.

Sicuramente Morris chiarirà anche questo (uhm, mi viene il dubbio
di aver letto della gamba più corta prorpio da lui...)

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 09:56
sì sì, non ho fatto riferimento alla questione della gamba più corta perchè non avevo ricordi esatti e non volevo fare la figura meschina ( )...i miei vaghi ricordi allora son confermati e tutto va a collimarsi.

Con l'accorciarsi della gamba Panta non si trovava più bene col suo assetto e son stati fatti studi ergonomici (tra cui se non ricordo male anche differenza di spessori nelle tacchette delle scarpe) per migliorare il tutto...e poi il cambio da mani sulle leve a mani basse sul manubrio è venuto di sua spontanea volontà per comodità e si è trasformato poi in qualcosa che lo ha contraddistinto

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 10:54
Originariamente inviato da Bitossi


Pantani riprese alcuni fuggitivi della prima ora, ed uno di loro, mi pare Pensec, mentre veniva superato a velocità forse tripla ebbe a fare un gesto diviso tra lo stupore, l'ammirazione e la rassegnazione, che mi piacerebbe rivedere... qualcuno ne ha conservato le immagini?
La tappa la vinse Roberto Conti, mentre Marco staccò Indurain di un paio di minuti.


Si bellissima quella tappa... Pansec sotto sforzo sull'Alpe D'Huez alzò le mani dal manubrio, facendo un gesto di stizza ed impotenza, come a dire: "guarda questo che mi supera a doppia velocità in salita", le immagini sono presenti nella serie di Dvd uscita con la gazzetta un anno e mezzo fa..

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 02/12/2009 alle 11:19
Sì, ovviamente penso sia uno splendido thread.
Mi permetto di dire che non c’è scissione fra il Pantani ciclista caro agli dei e quello di Campiglio (e dopo). C’è una linea di continuità evidente e poi , dato che dalla vittoria a Campiglio alla cacciata da campiglio c’è un intervallo di poche ore è evidente che a chiunque possa sorgere la domanda: e come mai, a 29 anni, dal giorno alla notte, da talento abbagliante è diventato “un’altra persona”.?
Mi fa MOLTO piacere che tu, Claudiodance, sostenga che quel talento non era frutto del doping, il doping è un accidente, la sostanza è quella del campione unico. Solo che anche questo non è che, soprattutto subito dopo Campiglio, fosse così acquisito. Quello che , anche, l’ha ucciso è stato proprio il mettere in discussione la sua storia di campione, dato che viveva di questo.
Detto ciò, vorrei dire che:
1) il gesto di Pensec è del 1995.
2) Ho tutte le cassette delle imprese del Panta ma non ho più il videoregistratore, in attesa di trasformarle in dvd ( titanica, per me) ho i dvd usciti l’anno scorso con la Gazzetta che hanno, ovviamente, una costruzione diversa dal puro riprodurre le tappe. Vederli è una festa continua. Un’opera d’arte come la discesa del 1995 nella tappa di Guzet neige rimane scolpita nella memoria.
3) E’ vero che il talento di Pantani era uno, la salita, che non ha mai vinto altro che in salita ( pur essendo migliorato a cronometro nel tempo, cosa che non gli ha impedito di arrivare quasi ultimo al prologo del Tour 1998), ma questo, io credo, è determinato dal fatto che non si è mai snaturato. Vinceva da ragazzino solo in salita e ha continuato a farlo per sempre. Sul calendario: è stato molto condizionato dagli incidenti, in fondo ha fatto solo due stagioni intere ( 1994 e 1998), poi, per una sua visione esistenziale, dopo il Tour la stagione era finita, credo ci entrasse molto il ferragosto di Cesenatico. Certo, è un peccato non abbia mai fatto il Lombardia, ma questo era Pantani. Estremamente razionale e estremamente irrazionale.
4) E’ evidente la cesura fra lo stile di prima della Milano- Torino 1995 e dopo. Mi ricordo una dotta disquisizione di un grande tifoso di pantani, Paolo M., sul primo forum di Pantani, proprio sulla gamba rimasta più corta che lo indusse a questo cambio del modo di stare in bicicletta. Cambio che, a mio parere, l’ha reso davvero quel campione irresistibile che ci ricordiamo e che ha superato anche il muro dell’immondizia che gli hanno gettato addosso.
Non sono un’esperta di tecnica ciclistica ma l’impressione che dava era , attraverso i filosofici scatti, dell’accelerazione indefinita. Una sensazione bellissima che, guardandolo, prendeva allo stomaco e saliva, esaltando lo spettatore, quasi una simbiosi fra lui e gli spettatori, la sua fantasia esaltava quella di chi lo guardava e poi questi gli rimandavano, ingigantita, la loro esaltazione fantastica. Di questo lui si nutriva se, anche quasi alla fine, chiedeva: anche una volta sola, ma solo, ancora,in cima a una montagna.

Non ho molto tempo per scrivere ma mi emoziona leggere questi ricordi e impressioni sul ciclista Pantani, non essendo mai andata in bicicletta non posso identificarmi nell’invidia di claudiodance, a me, nello sport, esalta solo il talentoassoluto, la genialità, come diceva Nietzsche , quello “ bello, fiero e caro agli dei”.



 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

Hypocrisy free.

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 11:34
non voglio fare il saputello Maria Rita, ma il gesto di Pensec a mia memoria è del 94, la prima scalata di Panta all'alpe, in cui fece una grandissima rimonta sui fuggitivi della prima ora...la tappa la vinse Conti

 

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  postato il 02/12/2009 alle 11:41
Hai ragione, scusa, era il 1994.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 12:57
Originariamente inviato da Donchisciotte
...il gesto di Pensec è del 1995.

Mmmmh... strano, perché Pensec al Tour 1995 non c'era... http://www.letour.fr/HISTO/fr/TDF/coureur/4811.html

Quindi, o non era Pensec, ed io ricordo male... oppure poteva essere solo il 1994, visto che fu la sua ultima partecipazione al Tour.
Poco importante comunque, a me piacerebbe rivedere quel gesto che mi pare di aver solo intravisto in qualche speciale televisivo.

Abaja... controlli tu per favore? Se è come dico io e tu le immagini ce le hai, ricordi che non hai ancora pensato ai regali di Natale?

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 12:58
Originariamente inviato da leo

E sempre legato a Bartoli riporto l'episodio dello scatto sulla Cipressa alla sanremo 99. Pantani sapeva di avere 1 possibilita su 1 mille di vincere la sanremo, ma diede spettacolo, Bartoli la getto via per non aver saputo rimanere calmo dopo lo scatto di Pantani.



Bravo Leo, bravo perchè hai interpretato perfettamente ciò che invece venne interpretato da addetti ai lavori e scarsi osservatori in altro modo.
Purtroppo, mannaggia, non trovo quel bicisport in cui si spiegava nel dettaglio i rapporti usati da Pantani e da Bartoli: il primo sicuramente con il 42 (o 43), il secondo con il 53.
Molti interpetarono la superiorità espressa da Pantani nei confronti di Bartoli come la definitiva vittoria dell'agilità sul piatto grande e, a mio parere, fu anche l'avvio di questa sconsiderata pratica con gli effetti che vediamo tuttora, cioè le salite percorse con pedalate da rampichino. La verità è che Bartoli in bici era veramente bello e quando ne aveva non ce n'era per nessuno, ma tatticamente era un inetto con le radioline (figuriamoci senza), ragion per cui quando partì Pantani perse completamente il lume della ragione replicando in modo sconclusionato e usando un rapporto eccessivo (mi pare si parlasse del 53x19), piantandosi di conseguenza.
Si finiva il decennio dei rapportoni (Indurain, Rominger, lo stesso Bugno), purtroppo credo che quello fu il "momento zero" per il decennio dei rapportini (da occhio.fino, come direbbe Prof )

Vado a cercare quel BS.

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 02/12/2009 alle 13:50
Infatti mi ero corretta , Bitossi, perché già redarguita.

 

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  postato il 02/12/2009 alle 16:53
Originariamente inviato da Donchisciotte

Infatti mi ero corretta , Bitossi, perché già redarguita.

Eh, non bisognerebbe mai lasciare una risposta a metà, venire distratti da altre cose, tornare dopo un'ora e completare l'intervento come ho fatto io, senza controllare che non ci siano stati aggiornamenti...

PS: "redarguita" forse è un po' troppo... direi piuttosto "amichevolmente corretta"...

 

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  postato il 02/12/2009 alle 17:32
attendo che il buon Dancelli torni su sto thread per vedere che ne dice....

cmq c'è anche un altro aspetto interessante che varrebbe la pena di approfondire, è un aspetto non prettamente posturale o di studio ergonomico della pedalata di Marco, è un aspetto più che altro psicologico

Ricordo che nella telecronaca di quello storico 27 luglio 1998 dove Marco praticamente vinse il Tour con quell'impresa a Les Deux Alpes i commentatori erano il compianto De Zan e (già allora) Davide Cassani, in studio (che più che altro era uno sgabiotto in zona arrivo al freddo e al gelo) c'erano ospite il giornalista Cristiano Gatti di Repubblica (vi prego correggetemi se sparo boiate!!!) e disse una cosa che mi rimase in mente e sulla quale in effetti non avevo mai ragionato "Il bello è che lo scatto di Pantani è sempre programmato, noi addetti ai lavori ce l'abbiamo in agenda già dal giorno prima"...cacchio in effetti era proprio così. Lo scatto di Pantani era quanto di più prevedibile ci fosse in quel periodo, magari non sapevi quanto guadagnava, ma potevi star sicuro che attaccava, e questa cosa la sapevano perfettamente anche i suoi avversari, ma poco c'era da fare contro quello scatto.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 18:01
Originariamente inviato da Bitossi

E poi, qualche giorno dopo, la caduta nella tappa di Val Thorens: ricordo Marco attorniato dai compagni di squadra, con un ginocchio malconcio, staccato di alcuni minuti e forse vicino al ritiro... ebbene, sull'ultima salita, dopo aver inseguito a lungo, ebbe di nuovo la forza di staccare Indurain e di andare quasi a prendere Rodriguez e Ugrumov, ancora una volta partiti prima (e mi pare mentre Pantani non aveva ancora completato l'inseguimento al gruppo dopo la caduta).

Era la prima volta che andavo al tour (mi ero appena diplomato)
Ricordo memorabili discussioni con i francesi (tutti fan di Virenque)
Tra l'altro cambiavano tutte le nostre scritte Pantani con Panzani' (marca di pasta francese)
La caduta sul Glandon , le voci che lo davano ritirato

Ti ricordi bene , Marco attacco' su tutte le salite
Hautacam , il giorno dopo sul Tourmalet , sul Ventoux (l'attacco forse piu' bello ,peccato non si arrivo' in vetta) , Alpe d'Huez , Val Thorens

Ricordo anch io che il primo Pantani andava piu' di rapporto

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 02/12/2009 alle 18:14
Beh, claudiodance vorrà ammettere, sportivamente, lo stupore.
L'articolo "tecnico" di cui parlava stamattina Carrefiur de l'arbre, ce l'ho io, lo conservo io.
Almeno riconoscerai che mi applico, ci metto impegno, dai Claudio

Ecco qua, pure con il box:


Martinelli è appena uscito. E’ sera, domani c’è la Sanremo. Pantani scende le scale, attraversa il piazzale e si avvicina ai meccanici. Veneziano lo saluta con un cenno, Marco risponde. Il telaio appena arrivato è sul cavalletto, cinquanta grammi più leggero del precedente. Pantani scruta all’interno del camion e sofferma l’occhio sulla pila delle moltipliche. Sporge in fuori il labbro inferiore, guarda nuovamente il telaio. «Senti Luigi - dice al meccanico - mettimi su il quarantaquattro. Per la Cipressa e il Poggio, il trentanove è troppo agile e il cinquantatré è troppo duro». Il meccanico lo guarda e annuisce. Ha appena montato i nuovi freni più leggeri e anche il cambio è un modello speciale. Pantani si volta e se ne va, soddisfatto.

Partendo da questo episodio, vi dimostreremo che la rivalità tra Pantani e Bartoli è agonistica e anche tecnica: contrapposizione tra due differenti modi di andare in bicicletta e di gestirsi in corsa.
Milano-Sanremo, venticinque chilometri all’arrivo. Bartoli si muove quando capisce che Pantani non scherza. Porta la catena sul cinquantatré e schizza dal gruppo come è suo solito fare quando la strada sale. E anche se la Cipressa non è la Redoute, il pisano prende subito il largo. Ora la strada sale con regolarità e mentre Marco, le mani sopra, procede sgambettando su un ritmo altissimo, Bartoli appare leggermente affaticato, tanto che Gontchenkov non ha problemi a reggere il suo passo. La catena si è fatta pesante e per tenere la stessa velocità di Marco, Michele insiste sul cinquantatré. Dieci secondi ha guadagnato Pantani con il primo scatto, dieci secondi porta con sé al momento di scollinare. Bartoli, nonostante i suoi sforzi, non guadagna terreno.
La motivazione evidentemente va ricercata nelle gambe: toniche e brillanti quelle di Pantani, quanto ingolfate quelle di Bartoli. Ma se col telecomando riavvolgete il nastro sino allo scatto di Pantani, vi accorgerete anche che l’azione del romagnolo nel tratto centrale della salita è ben più svelta rispetto a quella di Bartoli. Più agile, ma ugualmente veloce. Come mai?
Questa volta bisogna parlare dei rapporti. Pantani è scattato con il 53x17 (6,65 metri per pedalata) e poi, una volta fatto il vuoto, è riuscito a mantenere la velocità con il 44x17 (5,53 metri per pedalata). Bartoli è scattato ugualmente con il 53x17 (6,65 metri per pedalata) ed ha proseguito con il 53x19 (5,96 metri per pedalata).
In altre parole, i due sono scattati con lo stesso rapporto. Poi, mentre Pantani è passato al quarantaquattro, Bartoli è stato costretto a insistere su una combinazione leggermente più lunga, ottenuta con l’impiego del cinquantatré. Pantani ha colmato la lieve differenza metrica con il ritmo, producendo la stessa velocità di Bartoli. Questi, invece, si è appesantito sfruttando un ingranaggio anteriore troppo grande in relazione la velocità che riusciva a sviluppare.

«Il quarantaquattro - racconta Pantani - era l’unico modo di utilizzare entrambe le corone del plateau. Alla Sanremo non ci sono salite dure e il trentanove è inutile. Per farlo rendere, bisognerebbe usarlo con il quindici. Io non sto a guardare il rapporto che uso, mi baso sul colpo di pedale. So che in determinati punti e in determinati momenti la mia frequenza di pedalata deve essere di un certo tipo e in base ad essa scelgo il rapporto da spingere. Il 39x15 non risponderebbe alle mie esigenze. Ma in questo modo, se non puoi usare il trentanove, finisci col fare tutte le salite con cinquantatré. Si può farlo, certo, tuttavia si compromettere l’agilità. Sulla Cipressa sono scattato e ho scollinato con il cinquantatré. Ma in mezzo, quando mi sono seduto, il quarantaquattro mi ha permesso di tenere un buon ritmo, di salvare la gamba e ugualmente di salire velocemente».
Il lungo rapporto infatti logora se l’intensità del lavoro è bassa al punto da stimolare l’acidosi muscolare. Pantani, spingendo il quarantaquattro, ha consentito alle sue gambe di... prender fiato e poi ha rilanciato l’azione con il cinquantatré. A Bartoli è mancato il momento di recupero nella fase centrale della salita e nei suoi muscoli è iniziata la produzione di acido lattico, che ha compromesso il seguito della corsa. «Ma quel giorno - questa è l’interpretazione di Daniele Tortoli, che ha cresciuto Bartoli tra i dilettanti - Michele non era brillante. Da quando è professionista, ha l’abitudine di insistere su rapporti più lunghi. Si è potenziato, mentre da giovane andava sempre molto agile. Sulla Cipressa, a guardarlo in televisione, Pantani faceva la sua stessa velocità col rapportino e quando anche Marco ha messo il cinquantatré ed è scattato di nuovo, Michele si è piantato. Se uno ti fa velocità andando agile e tu gli stai appresso col padellone, quando anche quello mette il cinquantatré, tu cosa fai?».

Manca un chilometro alla fine della Cipressa. Pantani sposta le mani nella parte bassa del manubrio, aziona il manettino del deragliatore, la catena sale nuovamente sul cinquantatré e lo scatto è bruciante. Bartoli è appena dietro, a dieci secondi, ma non riesce ad avvicinarsi. Pedala sempre in piedi, lentamente. La sua velocità è identica a quella di Pantani, ma la sua spesa energetica è nettamente superiore.
Il rapportone è utile per scattare, ma poi diventa improduttivo: se un atleta lo utilizza nel finale di gara e non guadagna terreno, qualcosa evidentemente non va. Dalla Cipressa in poi, infatti, Bartoli non ha più prodotto apprezzabili variazioni di ritmo.
«Il principio che regola l’utilizzazione dei rapporti - scrive Agostino Massagrande, che per anni ha seguito la preparazione delle squadre azzurre - è il seguente: una moltiplica piccola, con pignone piccolo e poche maglie di catena interessate alla trasmissione della forza impressa sui pedali, rende possibili le maggiori variazioni di velocità nell’unità di tempo. Una moltiplica più grande, accoppiata a un pignone con numero di denti superiore, diminuisce il rendimento nello scatto ma aumenta l’uniformità della pedalata». (Agostino Massagrande, “Dilettanti e professionisti”, Edi Ermes).
Quindi, per produrre variazioni di ritmo significative usando il 53x19 (la moltiplica grande accoppiata ad un pignone con elevato numero di denti) occorre una spinta notevole, quella che a corridori leggeri e potenti come Bartoli riesce facile nei momenti di miglior condizione. Quando la condizione non c’è, invece, il corridore si spegne.
«Per essere agili - ragiona Pantani - bisogna anche stare bene. La Sanremo è una corsa a sé e pertanto richiede scelte particolari. Comunque ci sarebbero tante altre corse in cui adeguare la scelta dei rapporti e dei singoli pezzi della bici. Ogni salita si presta al ragionamento. Ma neppure si può essere così maniaci... i meccanici bisogna rispettarli».

Tornato in albergo, Pantani ha rivolto un cenno a Veneziano. Il meccanico lo ha guardato sparire tra la gente, poi ha ripreso a caricare il camion con cui sarebbe partito per la Settimana Catalana. «Questo è il vero Marco» ha raccontato. «Un campione che decide da sé della sua bici e ci prende sempre. E’ venuto da me prima della Sanremo e mi ha chiesto di montare il quarantaquattro. Altre volte viene un’ora prima della corsa e chiede altri cambiamenti, dalle ruote ai manubri. Lo seguo da due anni. A volte ci troviamo a parlare, a fare considerazioni, poi è lui che decide. Per la Sanremo aveva la bici nuova, con il manettino del deragliatore e i pignoni in titanio. Una bici da sette chili o poco più. E c’era su il quarantaquattro. Erano dei giorni che lo vedevamo concentrato. L’anno scorso, proprio alla Sanremo, si era accorto che il trentanove non gli serviva a niente. E uno come lui, quando punta una corsa, non trascura nulla. Neppure la scelta dei rapporti».
Enzo Vicennati




Anche Chiappucci, per la Sanremo che vinse, scelse di partire con il quarantaquattro. Era il 1991, si cercava il successore di Bugno e Claudio, che l’anno prima era arrivato a un soffio dal Tour de France, si era spostato in Riviera per un lungo ritiro sulle strade sanremesi. Voleva vincere la Classicissima di apertura.
«Era un po’ che ci pensavo - racconta oggi - perché su quelle salitelle il quarantuno serviva a poco. Sarebbe stato utile in combinazione con il quattordici, ma ne sarebbe nata una pedalata... isterica e poco rotonda. Così mi ero inventato di usare il quarantaquattro. Lo avevo montato sulla bici a inizio stagione e mi ci ero allenato su e giù per la Cipressa, ricavandone ottime sensazioni».
Chiappucci, che è sempre stato un ottimo tester della sua bicicletta, si spinse oltre e con il quarantaquattro andò a correre la Settimana Catalana, che in quel periodo precedeva la Sanremo.
«Là - ricorda - c’erano salite vere, ma io volevo a tutti i costi che la gamba si abituasse a quel rapporto. Così quando partii per la Sanremo, ero tranquillo, perché avevo fatto tutto per bene. Era freddo, partimmo nella discesa del Turchino. Spingevo il cinquantadue in pianura e il quarantaquattro in salita. Non ci presero più. Sì, avevo il cinquantadue, a inizio stagione il cinquantatré non l’ho mai usato. Il quarantaquattro lo usai sul Turchino, sui Capi, sulla Cipressa e sul Poggio, dove fu determinante per staccare Sorensen».
Dopo quella volta, però, Chiappucci non portò più il quarantaquattro alla Sanremo. «La corsa diventò all’improvviso così veloce - dice - che le salite si facevano tutte con il rapportone. Pensai di usare il quarantasei, ma sarebbe stato a quel punto troppo duro. Invece ripresi il quarantaquattro ai mondiali di Oslo e poi a Lugano, nelle corse in cui le salite vanno fatte di forza, in cui serve la potenza. Non lo avrei mai usato, invece, in una corsa a tappe. Per spingerlo serve avere la condizione, quella che trovi quando prepari a puntino la corsa di un sol giorno».
A distanza di otto anni da quella corsa, un altro scalatore ha portato il quarantaquattro sulla strada di Sanremo e ne ha fatto uso in corsa, ottenendone vantaggi non determinanti ma pur sempre significativi. L’agilità ha avuto per un istante ragione della potenza. Ecco ciò che per ora ci preme di sottolineare.

 

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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 02/12/2009 alle 18:23
Originariamente inviato da Carrefour de l arbre




Purtroppo, mannaggia, non trovo quel bicisport in cui si spiegava nel dettaglio i rapporti usati da Pantani e da Bartoli: il primo sicuramente con il 42 (o 43), il secondo con il 53.

Il raporto usato era il 44, vado a memoria ma sono sicuro di non sbagliarmi, perchè quell'articolo l'ho riletto diverse volte e tratta proprio quel genere di argomento cui mi riferivo nella discussione su Bicisport (quegli argomenti di cui cioè BS secondo me dovrebbe occuparsi molto di più).

A parte questo, la scorsa settimana ho avuto l'immenso piacere di parlare parecchio tempo con Gianni Mura, il quale era ospite alla Fiera del Libro di Campi Salentina, per presentare il suo libro "La Fiamma Rossa", che raccoglie una parte degli articoli che lui ha scritto come inviato al Tour de France. Dopo la presentazione ho acquistato il libro e facendomelo firmare da Mura stesso ho approfittato della sua disponibilità, visto che comunque ero intervenuto già durante il breve dibattito al termine della presentazione. Abbiamo parlato di un bel pò di cose, soprattutto del momento schifoso che sta passando il ciclismo e del rapporto fra ciclismo e spazio sui quotidiani, che ne è per buona parte una conseguenza. Poi mi ha raccontato un pò di aneddoti dei suoi Tour, parlandomi soprattutto del rapporto che come giornalista ha potuto avere coi vari campioni delle varie epoche che ha vissuto come inviato. E appunto mi raccontava dei suoi incontri anche con Pantani, mi ha detto che era molto profondo nelle sue riflessioni e che riusciva a far comprendere molto bene i propri stati d'animo. Mi ha detto quando si trovavano a discutere assieme lo facevano lungamente perchè Pantani parlava sempre con molta calma e con una certa lentezza, ma che riusciva a comunicare in maniera lineare. Gli dava l'idea di una persona di spessore insomma, al di là del ciclista, diciamo così.

 

[Modificato il 02/12/2009 alle 18:25 by mont ventoux]


 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 02/12/2009 alle 18:30
L'articolo sui rapporti l'ho appena postato ( stuoisci pure tu, Mont Ventoux).
Una cosa su Mura: perché lo stupisce che un ciclista possa essere profondo?

 

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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 02/12/2009 alle 20:39
Si ho visto, quando ho risposto col quote non c'era ancora l'articolo che hai riportato.
Credo comunque che Mura sia rimasto colpito non tanto dalla profondità delle riflessioni di Pantani (anche se non mi sembra proprio che tutti i ciclisti sappiano dire cose interessanti quando parlano, anche fra quelli forti, anzi) ma più che altro dalla sua capacità di articolarle bene, usando un italiano neanche tanto elementare. Quantomeno ponderato o soppesato, meditato in ogni singola parola usata(Per questo credo mi abbia riferito della lunghezza delle loro conservazioni). Non era banale insomma e non si nascondeva dietro a frasi fatte, magari pure corrette formalmente ma un pò vuote. Questo credo volesse dire.



 
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Elite




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  postato il 02/12/2009 alle 21:26
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Ehm... sono ancora in tempo?

http://www.videopeloton.com/dettaglio.aspx?CodFile=50238

(sempre su questo sito trovate gli spezzoni di quella tappa e tante altre - in italiano )

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/12/2009 alle 22:04
Originariamente inviato da Donchisciotte
Vederli è una festa continua. Un’opera d’arte come la discesa del 1995 nella tappa di Guzet neige rimane scolpita nella memoria.




come ha fatto a rimanerti scolpita nella memoria la discesa nella tappa di Guzet Neige?
peraltro in quella tappa (per intenderci, scattò intorno ai 40 dall'arrivo con Rominger che provò inutilmente a prendergli la ruota) Pantani venne raramente inquadrato. Nebbia e pioggia, partì e lo rividero all'arrivo, non solo gli avversari ma gli stessi spettatori. Ricordo ancora che l'unica indicazione della fuga di Pantani era le scritte in sovraimpressione (Pantani guadagnò quasi 4 minuti ad un certo punto) all'arrivo prese 2 minuti e mezzo su Madouas e il resto del gruppo.
Comunque, per farla breve, secondo me ti confondi con la discesa del Joux Plane nel '97 quando arrivò a Morzine, prese quasi un minuto in salita e un'altra ventina di secondi in discesa, tremavo ad ogni tornante, si era buttato a rotto di collo

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 02/12/2009 alle 22:48
No, stavolta non mi sbaglio. Infatti nelle cassette dove avevo la tappa non si notava molto la bellezza di quella discesa.
Sul dvd, invece, che, ovviamente, non contiene tutta la tappa, le sospensioni della visione ecc., ma solo alcuni minuti, si vede, continuativamente, tutto il visibile e allora Marco che scende nella nebbia, il grigio intorno e solo la sua macchia di colore visibile,pensi che uno che ha vissuto quei momenti ( solo, la nebbia, la discesa, la velocità, il pericolo senza difese) ha vissuto tutto nella vita, che gli debba bastare per sempre.
E chi guarda dall'esterno, al riparo, sa che se deve dire cosa sia il sublime kantiano non ha che da indicare e dire: E' questo.

 

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  postato il 02/12/2009 alle 22:58
Originariamente inviato da mordicchio
Ehm... sono ancora in tempo?

http://www.videopeloton.com/dettaglio.aspx?CodFile=50238

(sempre su questo sito trovate gli spezzoni di quella tappa e tante altre - in italiano )

Grazie Mordik, bel colpo! E grazie anche per il bel sito segnalato...

Rivedendo adesso la sequenza, noto che la differenza di velocità non era così abissale come me la ricordavo (tutto un altro passo, comunque).
Se posso interpretare col senno di poi la sorpresa di Pensec, probabilmente era dovuta anche al fatto che in quel tratto il francese avesse la sensazione di andare a sua volta forte...

 

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  postato il 03/12/2009 alle 11:10
quando Pensec viene raggiunto, la velocita' di Pantani e' doppia, tato che si affianca e lo passa senza soluzione di continuita'. Qualche metro dopo la strada spiana a causa di un tornante largo dell'Alpe per cui sembra non perdere terreno, poi appena finito il tornante si stacca subito.

 

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  postato il 03/12/2009 alle 15:42
Dal punto di vista emozionale parlare di Pantani è qualcosa di indescrivibile. Comunque leggendo anche alcuni dei post si può cogliere anche la fantasia del corridore. Mi spiego: non mi riferisco tanto ai suoi attacchi più celebri, quanto ad alcune azioni tentate in tappe o momenti che, all'apparenza, non si prestavano a fare sconquassi. E' stato ricordato l'attacco sulla Cipressa alla Sanremo che mandò in confusione Bartoli, ma mi pare di ricordare che tra i due ci fu una sorta di rivalità anche durante il Giro '98: non seguii tutte le tappe ma mi sembra che nella tappa che finiva ad Imperia entrambi si mossero sul Capo Berta e poi mi sembra che tentarono un'azione anche nella tappa del Monte Argentario.
Inoltre a me, anche per i luoghi, è rimasto impresso anche l'attacco che tentò Pantani nella tappa del Giro 2001 che finiva a Francavilla al Mare e sulla salita che portava qui a Chieti con pendenze del 4-5 % provò ad andare via. Tra l'altro poi il finale di quella tappa fu molto movimentato, dal momento che proprio nell'attraversamento di Chieti ci furono cadute a ripetizione e al traguardo arrivarono davanti in una decina tra cui lo stesso Pantani.

 

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  postato il 03/12/2009 alle 15:46
Originariamente inviato da robby

Ricordo che nella telecronaca di quello storico 27 luglio 1998 dove Marco praticamente vinse il Tour con quell'impresa a Les Deux Alpes i commentatori erano il compianto De Zan e (già allora) Davide Cassani, in studio (che più che altro era uno sgabiotto in zona arrivo al freddo e al gelo) c'erano ospite il giornalista Cristiano Gatti di Repubblica (vi prego correggetemi se sparo boiate!!!) e disse una cosa che mi rimase in mente e sulla quale in effetti non avevo mai ragionato "Il bello è che lo scatto di Pantani è sempre programmato, noi addetti ai lavori ce l'abbiamo in agenda già dal giorno prima"...cacchio in effetti era proprio così. Lo scatto di Pantani era quanto di più prevedibile ci fosse in quel periodo, magari non sapevi quanto guadagnava, ma potevi star sicuro che attaccava, e questa cosa la sapevano perfettamente anche i suoi avversari, ma poco c'era da fare contro quello scatto.


Volendo fare un paragone calcistico lo scatto di Pantani descritto in questi termini assomiglia quasi alla celebre finta di Garrincha, l'ala destra brasiliani degli anni Cinquanta-Sessanta, considerato al pari di George Best il più grande interprete di sempre del suo ruolo. Curiosamente anche Garrincha aveva una gamba più corta dell'altra fin da bambino a causa della malformazione e se non ricordo male fu proprio quello a permettergli ogni volta quel tipo di dribbling con cui puntualmente riusciva a sbarazzarsi dell'avversario.

 

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  postato il 03/12/2009 alle 20:32
che Cristiano Gatti fosse di repubblica credo proprio fosse una boiata.
Al Tour Repubblica aveva solo Mura.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/12/2009 alle 11:57
...tanto per riattaccarmi a quell'articolo di BS relativo all'attacco del Panta alla Sanremo del 99

http://www.videopeloton.com/dettaglio.aspx?CodFile=50525

che cattiveria e che stile perfetto, non aggiungo altro, mi rendo conto che son troppo di parte... però caxxo come andava!!

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

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Livello Roger De Vlaeminck




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  postato il 04/12/2009 alle 13:50
Secondo il mio punto di vista, Pantani ha raggiunto la perfezione nell'ultimo giorno in rosa, nella salita di Madonna di Campiglio. Quasi mai seduto, una progressione continua a mani basse, elegante e a dir poco devastante. Quel giorno, avrebbe potuto starsene a guardare, vabbeh, ora come ora questo conta ben poco.

 

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Livello Eddy Merckx




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  postato il 04/12/2009 alle 17:24
Roba da pelle d'oca. Grazie a Robby ed a tutti voi per questo tuffo nel vero ciclismo. Altra roba, altri rapporti ...

 

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  postato il 04/12/2009 alle 18:52
Se c'è una cosa che mi ha sempre affascinato di Marco è l'alone di epicità che ha sempre avvolto ogni sua impresa.
Ogni suo scatto il salita sembrava parte di un copione scritto dal Dio del ciclismo al fine di estasiare noi comuni mortali, ognuno di noi era incollato alla TV aspettando che si alzasse sui pedali e partisse e, nonostante sapessimo che era questione di attimi, riusciva sempre a cogliere i nostri cuori impreparati all'emozione che ci travolgeva con inaudita potenza.
Solo una volta ho avuto l'occasione di vedere il Pirata dal vivo, è stato nell'anno di grazia 1998, tappa di Lago Laceno, ero appostato su un tornante e me lo vidi sfrecciare davanti, la sua figura esile sembrava una lama che fendeva l'aria facendo vibrare di passione chi stava assistendo a quel sublime spettacolo.
Furono pochi secondi ma vi assicuro che in vita mia rare volte mi è capitato di vivere qualcosa in grado di tramortirmi in un simile modo, la tappa poi la vinse un Alex Zuelle che sembrava essere padrone di quel Giro ma ciò mi interessava relativamente, il risultato era cosa secondaria rispetto all'emozione vissuta, al solo pensiero ancora mi tornano i brividi.
Che nostalgia ho del Pirata e del suo gesto atletico, come si fa ad apprezzare quel frenetico mulinare di gambe a mo' di centrifuga quando si è vissuto il ciclismo in cui LO SCATTO in salita aveva ancora un senso, due denti giù, in piedi sui pedali e via, con un muro di gente che si apre davanti a scortare il campione lungo strade che si inerpicano verso le nuvole.

Si dice che può permettersi di piangere solo chi nella vita ha conosciuto il bene e non può più averlo, io non piango mai perché Chuck Norris mi fa una pippa, però quando vedo le tappe dei giri e dei tour di oggi mi viene un magone...

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 04/12/2009 alle 23:05
Bellalì, mi piace la piega che sta prendendo questo topic.

Comincio dall’ex ciclista poco vincente in odore di matrimonio..

@ Robby, (l’ex ciclista poco vincente).
Bello il parallelo fra le due foto. L’azione fuorisella con le mani sulle leve è tipica degli scalatori per un motivo molto semplice. È meno faticosa di quella con le mani basse, che normalmente si può tenere solo per brevi periodi (volate, attacchi in pianura, contropiedi, attacchi su cotes). Chiunque abbia provato una azione fuorisella con le mani basse si è accorto che il lavoro di braccia-spalle-collo diventa pesante nel giro di pochi secondi. Nella mia esperienza anche la cassa toracica si comprime e la respirazione diventa difficile. L’acido lattico che si accumula anche nella parte superiore del corpo è un fardello che nessuno scalatore si può permettere di accettare. Un conto è uno scatto prolungato (10-20-30 secondi) su una salita corta, alla Michele Batoli, per intenderci. Un conto una serie ripetuta di scatti alla Pantani, o addirittura l’utilizzo del fuorisella come andatura base in salita, come fanno molti grimpeur per le salite lunghe.
Pantani aveva questo stranissimo modo di ripetere il gesto e prolungarlo. Mi domandavo come ci riuscisse.
L’azione di Michele Bartoli era ancora più estrema. La posizione del toscano era “sdraiata” sull’orizzontale in modo radicale. I famosi attacchi in salita di Michele erano quasi sempre con le mani basse ed esteticamente erano molto più “cattivi” di quelli di Pantani, che giocoforza, essendo azioni prolungate, era meno estremo in questo esercizio.
Un altro splendido esempio era quello di VDB. Per quanto meno incuneato in avanti rispetto a Michelino, Franck si muoveva in queste fasi come un meraviglioso corpo unico con la bici. Più elegante Franck, più aggressivo Michele. Che meraviglia la loro battaglia di cavalieri senza paura sulla Redoute!!

Il fatto della gamba più corta potrebbe essere una spiegazione valida. Anche se l’impressione è che ne abbia voluto fare anche una specie di marchio unico e riconoscibile. Un modo per aggredire psicologicamente l’avversario.
Lo sguardo di ghiaccio di Armstrong, il respiro ritmato di Fignon durante le progressioni in salita, il tic della gamba aperta di Argentin, il training autogeno spiritato ed epilettico di Hesslich prima di ogni sfida, molti campioni hanno nel loro bagaglio anche aspetti “scenici” con cui, più o meno consapevolmente, segnavano fasi dominanti della gara.
Chiaramente questi gesti sono altamente godibili per gli spettatori. In un frame del film MOMENTI DI GLORIA, due spettatori assistono partecipi a una gara di mezzofondo di Eric Liddel, un loro beniamino. Uno dice all’altro: “Fra poco lo vedrai rovesciare la testa all’indietro. Sarà in quel momento che vincerà la gara….”. La scena prosegue, i corridori arrivano all’ultima curva, Liddel rovescia indietro la testa in un gesto di sforzo terminale e si invola a vincere, mentre lo spettatore del film si gode una emozione fortissima.

In ogni caso il tipo di azione di Pantani era sintomo di una notevole coordinazione. Pantani era senz’altro dotato di grande destrezza neuromuscolare. L’abilità in discesa lo dimostra. La resistenza a lunghe fasi in fuorisella con le mani basse rimane una specie di marchio Pantaniano.
In realtà Pantani era uno scalatore atipico.
Fra le sue caratteristiche spiccava una buonissima propensione allo sprint. Ricordo alcune volate di gruppo alla Vuelta (mi pare, confermate?) con piazzamenti nei primi dieci. Quindi uno scalatore con tratti di velocità. Sentito anche dire che abbia praticato pista in gioventù e questo conferma una dimensione rotonda del suo essere scattista.


Visto ora il video postato da roberto. Lo scatto sulla Cipressa è molto bello è forte. Non sono persuaso che la differenza del rapporto sia stata sensibile o abbia prodotto grandi vantaggi. Certo è che avere coscienza e fare scelte consapevoli è sintomo di attenzione, professionalità, capacità di prendere rischi e sicurezza. Il tutto determina un superiore grado di sicurezza. “adesso scatto forte, poi avrò i rapporti più giusti per proseguire l’azione. Si sono stra-convinto, vado!”
Da dire che non ricordavo il duello con Bartoli, ma nemmeno ricordavo la presenza quasi imbarazzante di motociclette davanti a Marco per molti tratti dell’azione. Ecco, senza togliere nulla alla forza dell’azione, ma quelle moto non ci dovevano essere.
Chissà, se Marco avesse atteso Michele, forse si sarebbe creato un duo piuttosto cattivo in fuga.


@Donchi: sono felice della tua presenza nel 3d e del tuo apprezzamento. Non sono per nulla stupefatto dal tuo archivio. Ovvio!

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 08/12/2009 alle 10:57
Donchischiotte, hai fatto bene a ricordare Guzet Neige, a mio parere una delle imprese più sottovalutate. Non vorrei esagerare dicendo la più straordinaria, ma certamente unica anche nella straordinaria carriera di Pantani.
Se non ricordo male, Pantani fece in solitaria tre salite e due discese, sempre a mia fallace memoria qualcosa di unico nel panorama del ciclismo contemporaneo (unica eccezione vagamente simile, Chiappucci a Sestriere, però tatticamente molto diversa: per quanto potevano fare, a Guzet Neige gli inseguitori non diedero mai spazio a Pantani). Qualcosa che trovo persino più impressionante dei successi negli arrivi con attacco nell'ultima salita. Appena ho tempo mi riguardo la tappa (nebbia compresa, è la stagione giusta).

Bravo Claudiodance, thread di livello assoluto.

Altri punti su cui mi fa piacere dire che concordo:
- con Bitossi e altri: anche per me il Pantani più bello è quello del Tour 1994, anche come tipo di azione in bici è quello a cui sono più affezionato;
- con Robby e altri: altro che improvvisatore, al contrario, l'azione di Pantani era così attesa che il suo vero problema più che staccare gli altri era quello di trovare compagni di fuga per azioni ad ampio respiro (indimenticabile la mezza pedalata saltata sul Galibier per provare ad aspettare Leblanc).

 

[Modificato il 08/12/2009 alle 11:00 by ProfRoubaix]


 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 09/12/2009 alle 10:24
Non so, claudiodance, non sono d’accordo che il fatto di correre a mani basse sia un fatto “scenico”, uno dei modi di aggredire psicologicamente l’avversario.
In questo ambito rientra il gesto del lancio della bandana, del cappellino, dell’orecchino o, appunto, lo stesso uso di questi “ strumenti”. In un cero senso, secondo me, l’annuncio scenico dello scatto atteso è un po’ come i segni che gli indiani d’America dipingevano sul volto o sul cavallo, una raccomandazione agli dei e un’ aggressione psicologica all’avversario.
Ma le mani basse non credo, penso che l’incidente, la gamba più corta, abbiano oggettivamente determinato la necessità di modificare l’assetto della pedalata, del resto è visibile la differenza fra il Pantani fino al 1995 e quello che ritorna nel 1997.
La maturazione fisica è completa, un anno e mezzo di lavoro in palestra intensissimo determinano una struttura fisica più potente, senza snaturamenti, senza intaccare l’agilità ( come disse lui stesso nel 1998: gli avevano proposto di migliorare a cronometro potenziandosi, ma lui e Pezzi convenirono che non si doveva snaturare perdendo la sua qualità dell’agilità).
Pantani cambia in seguito all’incidente, la gamba più corta, psicologicamente forse è spinto anche a mutare il modo di scendere, abbandona quel modo che i commentatori televisivi chiamavano “ a tomba aperta”, con il sedere quasi sulla ruota posteriore.
Certamente le mani basse nello scatto prolungato in salita sono un marchio pantaniano, chi ha tentato di farlo dopo è stato sempre ricondotto a Pantani.
Quanto alla previsione dello scatto, è l’ossimoro pantaniano, niente era più prevedibile del suo scatto, niente era sorprendente e travolgente come il suo scatto, frutto di un’estrema razionalità e di un’altrettanto estrema irrazionalità.
ProfRoubaix: è vero, Guzet neige è molto sottovalutata come impresa e sono certa che avrai trascorso uno splendido pomeriggio a rivederti la tappa, fra il grigio della nebbia e l’azzurro della maglia, come dice il dvd, e il filosofico andare ,una vera opera d’arte.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/12/2009 alle 10:55
azz guzet neige!!!

ho ancora la vhs a casa...è stata un'impresa fantastica

ricordo che quel giorno non aveva nemmeno intenzione di registrare la tappa perchè non mi aspettavo niente di che e invece mi son ridotto a registrare dallo scatto di Pantani appena va a riprendere Rominger....che spettacolo!! 3 salite e due discese da solo in mezzo alla nebbia

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 15/12/2009 alle 09:49
Torno tosto alle caratteristiche tecniche di Pantani, non prima di una breve digressione.
Nel momento di massima popolarità di Marco mi sentivo come se una sottile ingiustizia stesse accadendo. Accadeva che il grande pubblico del ciclismo, quello che segue il Giro d’Italia o poco più, avesse identificato il ciclismo italiano con Marco Pantani. Prima ancora della vittoria al Tour la popolarità dell’uomo di Cesenatico era salita a livelli siderali e capitava di parlare con molta gente che, fregiandosi del titolo di tifoso di ciclismo, lo era solo, in realtà, di Pantani. Molti di costoro non sapevano neppure dell’esistenza di corridori del calibro di Michele Bartoli, Francesco Casagrande, Davide Rebellin, Andrea Tafi, Gianluca Bortolami, etc... Senza citare Bugno e Chiappucci, ormai in chiusura di carriera.
Insomma, l’attenzione era catturata tutta dal giovane scalatore e per i valorosi cacciatori di gare in linea rimaneva poco spazio anche su giornali e mezzi d’informazione.
Fu in quel momento che mi soffermai ad osservare i risultati di Pantani nelle gare in linea e vi trovai una desolante carenza di risultati.
La valutazione che ne feci fu spietata. Uno specialista delle gare a tappe, con calendari ritagliati solo sui Gt. Anzi solo su Giro e Tour.
Le uniche partecipazioni notevoli a gare in linea che ricordo sono la citatissima Sanremo e il campionato del mondo Colombiano con la medaglia di Bronzo dietro ad Olano e a un fortissimo Miguel Indurain.
Troppo poco. Non tanto in virtù delle sue doti di scalatore (ci sono moltissimi corridori di Gt italiani estranei o quasi alle classiche – Simoni, Savoldelli, Gotti…), ma quanto alle sue evidenti doti di velocità, alle sue citate doti di controllo del mezzo meccanico e delle capacità di gestire fasi di gara affollate.
Insomma Pantani aveva tutti gli skill per essere protagonista in molte gare classiche, LBL, Fleche, Giro di Lombardia. Solo per citare le più evidenti. Era dotato di una squadra in grado di rendere dura la corsa e lui stesso aveva la possibilità di sprintare in modo cattivo su un gruppetto ristretto dopo una gara selettiva.
Trovavo una mancanza grave non essersi impegnato di più in queste gare e mi venne in mente che il suo interesse fosse per le gare da “pubblico allargato”: Giro, Tour principalmente e poi Sanremo e Mondiale incidentalmente.

Mi appello alle vostre conoscenze per questa questione. Cosa impedì a Pantani di coltivare l’altra metà del calendario?
Disinteresse? Pigrizia? Gli infortuni? Scelte tecniche di squadra che voleva obiettivi sicuri nei teatri come il Giro di più elevato ascolto?
Forse un po’ tutte queste cose?
L’idea che me ne sono fatto è un po’ questa che vi espongo: forse non era un grande “fan” del ciclismo. Come molti atleti odierni non coltivava una profondissima passione per la disciplina e per la sua storia. Sembrava innamorato delle vittorie e dell’esaltazione elettrizzata che provocavano in lui.
L’impressione è che cercasse la “Gloria”, un appagamento personale a dei bisogni di affermazione.
Legittimi, per carità, anzi necessari! Eppure è come se mancasse un collegamento profondo con l’ambiente che lo accoglieva, con la tradizione dell’ambiente stesso.
Pantani era una sorta di irregolare. Un alternativo di fenomenale talento. Che però non si confrontava con la storia del ciclismo o se lo faceva, lo faceva attraverso modalità tutte sue, non consolidate dalle consuetudini.
Più ci ripenso e più mi convinco.
Anche gli aspetti di esteriorità. L’orecchino, il piercing, la bandana al posto del cappellino con l’unghia (funzionalità identica, diversi stili), il cranio rasato e un rarissimo, per il ciclismo, sport di peluria rasata, pizzetto di barba. Tutto faceva di lui un punto di discontinuità. Una rockstar sulla bici.

La cosa non poteva che essermi simpatica. Non nego. La maggior popolarità dell’uomo si spiega anche con questi aspetti.
Meglio una testa pensante con il pallino per la stravaganza che un filone di omologati che parlano per stereotipi.

Rimane il dubbio forte su una carriera parziale. Un rimpianto, potrei dire.
Che ne pensate cicci?
Ciao
claudio

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 15/12/2009 alle 09:57
Limiti fisici, in questo senso, non ne aveva. Non dava affatto l'impressione di essere un corridore che non potesse tenere una stagione -anzi!-Ogni GT lo terminava in crescendo, perchè spesso l'aver corso poco prima e/o la programmazione approssimativa (vedi tour 1998, manco lo doveva fare) lo fregavano all'inizio del GT.

Penso che non si può chiedere al corpo quello che la testa non vuole fare, semplicemente.

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 15/12/2009 alle 10:18
Ci devo pensare un po', Claudio.
Di getto mi viene da dire che, forse, è vero quello che dici ma, come al solito, è vero anche che conviveva in lui l'amore forte per il ciclismo, inteso a modo suo,portandoci dentro la sua anima.
Credo che per lui, come corsa, contasse solo il Tour. magari mi sbaglio, ci voglio pensare.

 

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