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Autore: Oggetto: Ciclonet.it chiude; ecco perché...

Moderatore




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  postato il 02/04/2009 alle 02:59
Non conosco Giovanni Giacomazzi, e conosco non troppo Livio Iacovella, che pure è mio corregionale. Sono (erano?) editore e direttore del sito internet Ciclonet.it, che da poche ore è "oscurato" per via di una vicenda capitata allo stesso sito.

Mi è capitato di leggere un annuncio su Facebook dello stesso Giacomazzi, prima stupendomi, poi pensando fosse un pesce d'aprile; invece l'editore ha "chiuso" veramente il giornale, pubblicando in homepage i perché della sua scelta:

*******************

Carissimi lettori,

dal 2006 dedico molto tempo per la stessa vostra passione anche se in forma diversa.
Lavorando nell’informatica mi è stato semplice offrire, nelle ore serali, la mia professionalità per un mondo che è una grande passione: il ciclismo.
Ho conosciuto l’amico Livio Iacovella che si è offerto quale direttore responsabile per permettere al sito www.ciclonet.it di operare nelle condizioni richieste dalle leggi come testata giornalistica online.
Chi mi è stato vicino in questo tempo sa quali e quanti sacrifici ho fatto per offrire un prodotto semplice ma utile ad un mondo nel quale la tecnologia ancora non è affermata come in altri settori.
Spesso sono stato sul punto di fermarmi, poi gli amici, i ragazzi che faticano e la passione mi hanno sempre spinto a continuare ripagato da un grazie e dalla stima di molte persone, organizzatori, società, team, praticanti e semplici lettori web.
Oggi la doccia fredda.
Leggo, perché acquisto regolarmente in edicola, a pagina 180 di BS che Gaetano Gazzoli, del gruppo di Capodarco, dichiara tra le proprie spese 150 euro per Ciclonet.it
Credetemi, dal 2006 ad oggi ho spesso pensato che qualcuno prima o poi avesse agito contro la vera immagine di Ciclonet.it… conosciamo tutti come gira il mondo… ma non avrei mai immaginato questo scenario.
Non conosco personalmente Gaetano Gazzoli, anche perché non sono mai stato nelle Marche per delle gare prima dello scorso 22 marzo a Montecassiano dove a mie spese ho seguito la gara.
Onestamente non so ad ora se sia un errore di stampa, se ci siano persone che a mia insaputa si dichiarano inviati di Ciclonet.it… non trovo una spiegazione fondata.
Credo che prima di pubblicare delle dichiarazioni "denuncia", un giornalista dovrebbe almeno verificarne la fondatezza.
Quanto avete visto in questi anni in rete non è mai costato denaro a nessun organizzatore, salvo l'ospitalità dove offerta e nota a tutti gli addetti, mi sento offeso.
Offeso psicologicamente, moralmente, eticamente.
Vi chiedo scusa ma voglio tutelare a questo punto la mia immagine di editore di Ciclonet.it perché non si può accusare il sito di essere un soggetto che spreme gli organizzatori, quando per gli stessi organizzatori di Capodarco sono state pubblicate (gratuitamente) delle ultime edizioni le loro manifestazioni ricevute via mail rispettando la filosofia di Ciclonet.it.
Un portale di ciclismo gratuito aperto a tutti e per tutti purchè non lesivo nei confronti di altri.
Amici mi spiace.
Il morale non mi permette di proseguire e mentre scrivo questa spiegazione di perché oscuro Ciclonet.it piango per un mondo che mi mancherà ma spero che chi mi ha conosciuto creda alla persona e non alle dichiarazioni dell’articolo di BS.
Non avrei mai voluto farlo, ma domani sporgerò denuncia per diffamazione a mezzo stampa perché in futuro non si ripetano situazioni spiacevoli come questa.

Vi saluto.
Giovanni Giacomazzi


(fonte: http://www.ciclonet.it )
(l'articolo incriminato: http://www.ciclonet.it/bs_pag180.jpg )

******************

Dice: vabbè, ma a noi di Cicloweb.it e a noi utenti del forum che che ne frega?
Almeno a me personalmente, frega perché un sito in meno che dà visibilità a questo sport è sempre un fattore negativo, soprattutto se quel sito è fatto bene e gestito in maniera onesta, e Ciclonet lo è(ra).
Ancora, perché non vorrei fare come i corridori e le squadre che critico, cioè gioire perché "c'è un concorrente in meno"; la concorrenza stimola a far sempre meglio e a dare di più. E poi quando è sana, c'è anche modo - come successo - di diventare amici di qualcuno che neanche si è mai visto dal vivo soltanto perché si condivide la stessa passione.

Voi che ne pensate?
Io non ho elementi per esprimere un giudizio in merito, se non sperare - come già detto al diretto interessato - che la decisione possa trasformarsi in qualcosa di provvisorio, in attesa di un ritrovato entusiasmo.
Mi pare anche che qualche tempo fa si iscrisse in questo forum Enzo Vicennati, l'autore dell'articolo incriminato, pubblicato su BiciSport, che però non ha mai postato (o forse solo una o due volte); magari sarà proprio lui a darci qualche ragguaglio in più...?

 

[Modificato il 02/04/2009 alle 03:05 by Monsieur 40%]

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Mario Casaldi - Cicloweb.it

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  postato il 02/04/2009 alle 08:08
E' un'accusa estremamente grave. Sarebbe bene sentire proprio da BS se la notizia ricevuta dagli organizzatori di Capodarco ha una qualche dichiarazione scritta di questi pagamenti.
C'è da dire che, sempre su BS, il Team Manager della Bottoli, Rossato, accusava varie testate giornalistiche di voler essere pagate per pubblicare notizie e/o fotografie per le gare under23.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/04/2009 alle 14:45
Fossi stato nel creatore di ciclonet.it avrei agito con un po' più di calma: intanto se quei soldi non li ha mai presi non è certo lui che deve pagare facendosi da parte, piuttosto, prima di sporgere denuncia, avrebbe fatto bene a indagare, parlare con gli organizzatori di Capodarco per scoprire la verità: chissà, magari Vicennati ha confuso Ciclonet con Cicloweb...

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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  postato il 02/04/2009 alle 15:03
Sì, anch'io penso che Giacomazzi sia stato un po' impulsivo (e detto da mister impulsività... ), magari l'organizzatore intendeva dire che l'alloggio e il vitto per l'inviato di Ciclonet gli son costati 150 euro... poi, avesse detto 15mila euro... capisco benissimo il principio, ma mi pare eccessiva la reazione, al cospetto di una cifra tanto irrisoria.

In ogni caso spero anch'io, come Mario, che Ciclonet non chiuda davvero.

 

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  postato il 02/04/2009 alle 15:09
Penso che l'iniziativa di Ciclonet sia soprattutto una protesta contro un'accusa ritenuta ingiusta.
Credo che nel momento in cui arriverà una precisazione da parte del GS Capodarco tutto di risolverà.
Almeno spero.

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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Livello Moreno Argentin




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  postato il 02/04/2009 alle 16:15
Guarda un po' cosa c'è scritto adesso su Ciclonet? Vuoi vedere che Bicisport aveva ragione?
 
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  postato il 02/04/2009 alle 16:22
Originariamente inviato da grilloparlante

Guarda un po' cosa c'è scritto adesso su Ciclonet? Vuoi vedere che Bicisport aveva ragione?


Ahia...
Insomma un collaboratore avrebbe fatto la cresta?

 

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  postato il 02/04/2009 alle 16:23
Originariamente inviato da grilloparlante

Guarda un po' cosa c'è scritto adesso su Ciclonet? Vuoi vedere che Bicisport aveva ragione?


In questo thread nessuno - mi pare - aveva dato torto né ragione a nessuno.

 

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Livello Moreno Argentin




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  postato il 02/04/2009 alle 16:26
Mica detto questo, cioè che s'era dato ragione o torno. Era ironica rispetto a quanto scritto nel comunicato di Ciclonet, dove il giornalista avrebbe dovuto verificare e altro. Tutto qui...
 
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  postato il 02/04/2009 alle 16:28
Sorry... ho male interpretato il "Guarda"...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/04/2009 alle 17:08
Mi pare che comunque Giacomazzi non avesse escluso che ci fosse qualcuno che aveva fatto il furbo "fregando" entrambi.
Lui aveva detto che un giornalista poteva aver usato il nome Ciclonet per il pass, alla fine non è poi così diverso.
Ho capito male?

 
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Livello Gino Bartali




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  postato il 02/04/2009 alle 19:44
No. Non ci siamo proprio!

I giornalisti che vanno alle corse (ma anche alle partite di calcio, in tribuna stampa alla Camera o all'inaugurazione di un tratto di autostrada) devono essere pagati dal loro editore. Punto e basta.

Non esiste nessuna altra via lecita. Se Mr. Capodarco ha ritenuto opportuno pagare dei giornalisti (?) per vedere pubblicate le sue notizie, tanto peggio per lui.
Dico giornalisti, non procacciatori di pubblicità che a pagamento dovrebbero garantire spazi sui giornali ben identificati e accompagnati dalla dicitura I.P. Tra l'altro questa stessa dicitura da sola non basta, occorre che il giornale impagini la notizia con corpi e caratteri diversi in modo che sia chiaro a tutti e subito che si tratta di un'inserzione.

E' considerato lecito invece dare ospitalità gratuita agli inviati dei giornali (o siti, è lo stesso), un modo per invogliare un editore a spedire i suoi inviati, senza spese, a coprire un evento. Anche gli eventuali gadget non devo avere un valore economico importante.

Questa la legge, queste le consuetudini pulite.

Invece accade che l'organizzatore di un evento per farsi bello con gli sponsor, per personale narcisismo ma anche per ingenuità, paghi sedicenti giornalisti. Sbaglia non una, ma due, tre, infinite volte.

Sbaglia perché abbocca alle porcherie da due soldi di maneggioni di piccolo cabotaggio.

Sbaglia perché non denuncia gli stessi con nome e cognome a tutti gli enti preposti e in tutte le sedi: Ordine dei giornalisti, Carabinieri (si va dal ricatto al millantato credito passando attraverso innumerevoli fattispecie di reato), Federazione ciclistica nazionale e regionale, testate giornalistiche serie, testata giornalistica per la quale si accredita il furbetto di turno ecc

Sbaglia perché così danneggia lo stesso movimento: chi paga ha visibilità, gli altri, magari più bravi, non se li fila nessuno (mica tutti organizzano il Tour o la Sanremo).

Mi fermo, ognuno può aggiungere il suo perché. Nessuno però può alzare la mano e nascondersi dietro a un patetico "così fan tutti". Non è assolutamente così!

Voglio solo aggiungere che anche tra i giornalisti, c'è una gran voglia di pulizia, molto è stato fatto e moltissimo si sta facendo, con procedimenti interni molto pesanti (e, purtroppo, frequenti). Questa gentaglia fa male a tutti, esattamente come l'organizzatore che paga danneggia i suoi colleghi.

Nelle redazioni si lotta tutti i giorni contro le pretese degli uffici pubblicitari, per tenere più distinte possibili le informazioni pulite da quelle pagate. Non è facile, non sempre ci si riesce. E, credetemi, sono sconfitte che fanno male, non ci si abitua.

Per questo metto lo stesso piano il furbetto e l'organizzatore di turno. In questo caso non ho fantasia, la fa anche la legge.

Perdonate lo sfogo, e massima solidarietà alla redazione "pulita" di Ciclonet.

ettore


 
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Livello Gianni Bugno




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  postato il 02/04/2009 alle 21:27
purtroppo in certi campi (informatica ed auto ad esempio) è abbastanza difficile capire la differenza tra un articolo scritto con vero senso critico e uno invece scritto "sotto dettatura" di chi paga per farlo scrivere .....

sinceramente in altri settori (riviste on line proprio come ciclonet) non avrei mai pensato che potesse succedere una cosa simile, per questo sono veramente sorpreso e mi auguro che tutto possa essere in qualche modo spiegato..

 

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oltre la cima

 
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Livello Moreno Argentin




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  postato il 03/04/2009 alle 12:30
Riporto quello che ha scritto Vicennati sul sito della fondazione di Pantani a commento di questa vicenda. Un interessante punto di vista del giornalista che diventa bersaglio.

"Ho scritto un pezzo e, per la prima volta da quando scrivo pezzi, parlerò di me.
Bicisport sta conducendo un'inchiesta sul mondo dei dilettanti, nata quasi per caso da una chiacchierata con Mirko Rossato, direttore sportivo della Bottoli, una delle più grandi squadre italiane. Quando è venuto fuori il monte delle richieste cui sono sottoposte le squadre da parte di giornalisti e sedicenti tali, abbiamo drizzato le orecchie e iniziato a scavare.
Scava qui e scava lì, siamo arrivati al capitolo organizzatori di corse per dilettanti, scoprendo che anche fra loro c'è stato qualcuno "taglieggiato" per non aver pagato il fotografo di turno, escluso da una certa fetta della comunicazione per non aver accettato qualche compromesso.
Ci sono le foto del leader fatte giù dal palco per non inquadrare lo sponsor della corsa. Ci sono costi bestiali per riprese televisive e qualche diseguaglianza davanti alla federazione, che aiuta una corsa e non un'altra.
Ci sono le tivù locali - alcune, non tutte - che vengono pagate degli organizzatori per mandare in onda i servizi sulle loro corse e ci sono service televisivi - alcuni, non tutti - che vengono pagati dagli organizzatori, ma intanto rivendono le stesse immagini, guadagnandoci due volte.
Poi ci sono organizzatori sanguigni, ingenui e forse anche un po' sprovveduti che distribuiscono euro a pioggia, in segno di gratitudine o per captatio benevolentiae verso gli organi di informazione - alcuni, non tutti. Uno di questi organizzatori è Gaetano Gazzoli, del Gp Capodarco, che mi manda l'elenco di quelli che a vario titolo paga e fra questi c'è ciclonet.it
Ieri sera, quando stavo ormai per andare a letto, ricevo l'sms di un amico, che mi preannuncia querela per diffamazione da parte dell'editore del sito.
Il signore, Giovani Giacomazzi, è fuori di sé. Dice di non aver mai preso un soldo per il suo lavoro e così, in preda a uno sfogo anche comprensibile, oscura il sito, ci mette sopra il suo sfogo e in calce ripubblica la pagina 180 di Bicisport di aprile, dicendo con tono risentito che un giornalista - il sottocritto, in questo caso - avrebbe l'obbligo di verificare le notizie.
Non è bello scoprire che qualcuno ti vuole denunciare, ma sapevo di avere in mano i documenti per dimostrare quel che avevo scritto e sono andato a dormire.
Stamattina, un casino. Email e telefonate di amici. Un capitolo tutto sul tema (ma equilibrato) nel forum di cicloweb.it e un pezzo intero, dico un pezzo intero, su ciclismo online di Matteo Romano, ex addetto stampa di Savio.
Ebbene, sapevo di essere a posto. Sapevo che nel caso di una causa avrei vinto. Sapevo che avrei anche potuto querelare qualcuno, ma insieme, nonostante avessi mandato delle email di chiarimenti e avessi saputo come erano andate in realtà le cose, per un'oretta mi sono sentito come il Panta, quando tutti lo accusavano e non lo stavano ad ascoltare.
Che cosa è successo?
E' successo che il vicedirettore di quel sito, più per ingenuità ritengo che per lucrarci, aveva effettivamente preso dei soldi da quelli di Capodarco e si era guardato bene dal dirlo in giro. La notizia era vera, perché ognuno di noi quando è fuori per servizio rappresenta il suo giornale.
Giacomazzi, quando si è reso conto della cosa, ha rettificato nella home del suo sito che gli auguro di riaprire presto. Su cicloweb.it la notizia è stata sistemata subito nel modo giusto. Altrove mi pare che le considerazioni del signor Romano siano rimaste intatte.
Non pensiate che questo mi cambi la vita né, pur potendolo forse fare, valuterò la possibilità di fare qualcosa nei suoi confronti. Credo che gli argomenti che propone si commentino e si smontino da sé.
Mi ha stupito però la facilità con cui si sia dato per scontato che la notizia da me data fosse fasulla. Nessuno dei pochi attori della vicenda ha verificato nulla, ad eccezione di Giacomazzi, con cui c'è poi stato uno splendido chiarimento, che quando ha avuto notizia della mia determinazione si è chiesto se magari non ci fosse sotto qualcosa.
In questi anni di lavoro e conducendo la suddetta inchiesta ho capito che fare il giornalista è una cosa molto più seria di quanto si pensi. Per fare il giornalista bisogna essere onesti, dentro e fuori. Il giornalista fa la sua professione in esclusiva: non puoi fare altro, pena la sospensione dall'Ordine.
Ne ho conosciuti tanti di bravi giornalisti e io probabilmente non sono fra questi. Ma ho incontrato anche tanti improvvisatori, persone preoccupate più di apparire che di essere, di perseguire altri obiettivi che di raccontare, la cui capacità di produrre danni con il loro scrivere è comunque notevole. Ora so, sia pure in minima parte, cosa può essere passato nella testa di Marco.
Bè, cari amici della stampa, fermiamoci ogni tanto a pensare al potere che abbiamo. E agli altri, a quelli che giornalisti non sono ma lo fanno e sperano di trarne vantaggio e popolarità, dico che il giornalismo resterà un mestiere nobile nonostante loro e tutti quelli che tentano di macchiarlo. Sarà mia cura sottolinearlo ogni volta che potrò. E certo anche in questo tener duro, aver conosciuto Marco Pantani mi sarà di grande aiuto".
Enzo Vicennati

 
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Livello Gino Bartali




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  postato il 03/04/2009 alle 14:06
Grazie Grilloparlante.
Così ne sappiamo molto di più.

Ovviamente quoto Vicennati per tutto quello che riguarda il corretto rapporto tra giornalisti "veri" e organizzatori. Di altre questioni non so, non le conosco

Sono anche andato a leggermi il pezzo citato di Ciclismo online: è davvero molto esplicativo sulla tristissima guerra tra poveri che si combatte dietro a ogni corsa.

 
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  postato il 03/04/2009 alle 14:33
Comunque Matteo Romano non credo che sbagli quando afferma che bisogna specificare il tipo di servizio offerto per una determinata cifra.

Una cosa sono i servizi giornalistici in sé, un'altra il servizio offerto da un service per le immagini e la copertura video della corsa.
Voglio dire, se tu chiami un fotografo per un matrimonio non lo paghi?
E allo stesso modo, due operatori più un tecnico (per rimanere al team base di un service) non li vuoi pagare per il servizio che vengono a svolgere per te? Anche perché non è poi mica detto che il service rivenda le sue immagini...

Poi le cifre sono da vedere e analizzare, sono convinto che qualcuno che ci marcia c'è, e l'inchiesta di Bicisport spiega molto di questi magheggi. Ma non dimentichiamo che tutto il gioco (specialmente nel ciclismo dilettantistico) si regge su equilibri molto fragili, attenzione a non buttare via il bambino con l'acqua sporca.

 

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Juniores




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  postato il 03/04/2009 alle 15:51
Torno a scrivere su questo forum a tanto tempo dall'ultima volta e vorrei iniziare rivolgendo un grazie a tutti, per i vari attestati di stima che mi capita di cogliere spesso in queste pagine.
Vorrei dire ad Admin, ringraziandolo per l'equilibrio con cui Cicloweb ha trattato l'episodio di Ciclonet, che lo scopo di quell'inchiesta non era e non è necessariamente smascherare dei truffaldini e dei truffatori, quanto semplicemente far vedere a quale tipo di esborsi, generalmente leciti, sono esposti i team manager e gli organizzatori, in un periodo di crisi che ha decretato ad esempio la fine del Giro delle Regioni.
Proprio il Regioni che, stando alla conferma datami da Eugenio Bomboni, spendeva 18.000 euro all'anno per pagare i servizi del Team Rodella: importo versato dalla federazione, perché Bomboni stesso ha ammesso di non poterselo permettere.
Non si trattava di dire perché Gazzoli pagasse, basta dire che lo faceva e ti spiego il perché, almeno dal mio punto di vista.
Le cose sono cambiate, i privilegi tendono a sparire.
C'erano anni in cui i giornalisti erano ospiti coperti di favori e fatture in bianco. C'erano anni in cui si entrava gratis e anni in cui per farsi la scorta di scarpe bastava aspettare la Tirreno-Adriatico. E se poi ti serviva la bicicletta, e che problema c'era?
Be', io non ce l'ho mai fatta: m'è sempre mancato quel tipo di faccia...
Ma i tempi cambiano, favori ce ne sono ancora, ma la borsa s'è stretta ed ha ragione Rossato quando dice che se una squadra ha interesse a fare una certa corsa, deve anche essere disposta a pagare per il viaggio e l'hotel. Il rimborso di un tot per corridore aveva senso quando il dilettantismo era ancora tale: come faccio a ritenere dilettantistica una squadra che spende 500 mila euro all'anno per fare attività?
Ma torniamo a Capodarco.
Perché il giornalista che va a fare un servizio, oltre alla camera d'albergo, deve anche prendere dei soldi, sia pure a titolo di rimborso?
Scriverà mai che nella corsa che ha appena visto le cose erano fatte male?
Scriverà mai che non c'era l'antidoping?
Avrà l'obiettività necessaria?
Scriverà mai qualcosa contro chi con tanta gentilezza gli ha pagato persino il viaggio?
Qui il discorso potrebbe ampliarsi all'infinito e non ho così tanto tempo.
Dico a titolo di esempio che nella pausa pranzo sono stato in un grande negozio sportivo di Roma e ho comprato dei pedali, un paio di scarpini da corsa e il nastro manubrio per la mia bici. Avrei potuto alzare il telefono e me li avrebbero mandati: lo so, me poi chi mi avrebbe reso la mia indipendenza?
Per questo, rispondendo a Matteo Romano, mi corre l'obbligo di fare delle differenze rispetto ad altre situazioni.
Quando si parla di dilettanti su Bicisport, lo si fa in base a valutazioni giornalistiche, il più delle volte del sottoscritto. Giuste o sbagliate che siano, non sono mai suggerite né dettate da logiche commerciali né contratti firmati.
Questo è quello che mi sentivo di dire su questa vicenda così grottesca. Spero di non avervi annoiato, ora torno al lavoro. Se non dovessimo sentirci prima, buon Fiandre a tutti.

 

[Modificato il 03/04/2009 alle 17:13 by enzo.vice]


 
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Livello Marco Pantani
Utente del mese Febbraio 2009
Utente del mese Agosto 2009




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Registrato: Sep 2004

  postato il 03/04/2009 alle 23:23
Effettivamente un po' ( tanto?) grottesca.
Perché è un'inchiesta che va avanti da tre mesi, svelando un mondo dilettantistico che costa cifre esorbitanti e che, per questo, merita un'analisi più approfondita.
Sull'esasperazione , sul gonfiare i costi a proposito e a sproposito, sulla sproporzione fra squadre ecc.
Il casino viene fuori su un'accusa a un sito di ciclismo.
Cioè, non si discute dell'inchiesta ma tutto viene riportato al caso personale.
E' impossibile discutere dei contenuti dell'inchiesta, perché ormai siamo totalmente disabituati a notare alcune cose nei casi più enormi, figuriamoci in un caso piccolo come un sito di ciclismo e 150 euro.
Il senso dell'esistenza del conflitto di interessi ( grande o piccolo che sia) è completamente svaporato.Semplicemente non esiste.
Il corporativismo, invece, è florido più che mai, se viene attaccato un sito di ciclismo un altro sito di ciclismo lo difende " a prescindere".
Eccezione felice è Cicloweb che ha posto il problema chiedendo maggiori spiegazioni ai protagonisti, serenamente.
E poi si è perso il senso della dimensione delle cose, di quanto la realtà ( anche senza illeciti) sia proprio dopata ad arte.
Squadre dilettantistiche che costano uno sproposito ( quei soldi non devono rientrare, poi, attraverso risultati eclatanti degli atlet?), necessità di far notare la propria corsa e, quindi, necessità di agganciare il giornalista che ne parli sulle tv locali, sul giornali, sul sito.
Giornalisti che non notano il vulnus alla propria credibilità se prendono soldi o altri beni oltre quello che spetta per l'esercizio del lavoro.
Su tutto, l'idea ( di lontane origini) che tutti possano fare tutto, senza capacità e competenza,l'improvvisazione, l'approssimazione.
E' chiaro che i rapporti fra giornalismo e potere sono spesso palesi, storicamente documentati, rendono una parte ( purtroppo piccola) degli italiani diffidenti verso il giornalismo di regime che ci ammorba, però in questi esempi di un mondo come il ciclismo in cui si parla sempre, ossessivamente, di pulizia e trasparenza,si coglie l'evidenza dell'incapacità sempre più diffusa di notare l'assenza di credibilità.
Si è persa la pretesa ( almeno la pretesa) di avere un giornalismo in cui si può credere sia quando racconta la guerra in Iraq o la crisi economica, sia quando racconta di una corsa ciclistica.
Trionfa il corporativismo e l'approssimazione grossolana.

 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

Hypocrisy free.

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/04/2009 alle 16:50
Ma quanto è gentile Vicennati!

Sono a conoscenza di una litigata avvenuta anni fa tra l'organizzatore di una corsa juniores e il giornalista che faceva il servizio televisivo per la tv locale.
Il giornalista pretendeva di essere pagato e l'organizzatore si è rifiutato.
Risultato: il servizio non è andato in onda.

Più che giornalismo, mi sembra che l'attività sia interpretata come pubblicità ad un evento, di conseguenza gli spazi occupati per una manifestazione piuttosto che per un'attività sportiva giovanile o dilettantistica dove compaiono i nomi degli sponsor, necessitano di compensi che vengono fatturati. In questo modo però il giornale si strasforma almeno in parte, in una rivista di marketing e perde la propria libertà.
Sul giornalista poi che ignorando la filosofia e la politica del proprio editore/direttore mettendolo in cattiva luce perchè si fa pagare dall'organizzatore, dico solo che è un verme.

Capisco la scelta di Ciclonet.it.
Non sapendo precisamente quale immagina ha lui e il proprio sito tra gli addetti ai lavori, giustamente chiude e si prende un po' di tempo.

 

____________________
Michela
"Stiamo Insieme, Vinciamo Insieme - Ivan Basso"


Vita in te ci credo le nebbie si diradano e oramai ti vedo non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l'anima fino quasi a renderla un po' sdrucita. Anche gli angeli capita a volte sai si sporcano ma la sofferenza tocca il limite e cosi cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto



http://www.adidax.com/
resisterai 5 minuti senza sport?

 
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Livello Moreno Argentin




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  postato il 04/04/2009 alle 19:08
Ciao Micky, perché quanto è gentile Vicennati? Ho perso qualcosa?
 
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Livello Marco Pantani
Utente del mese Febbraio 2009
Utente del mese Agosto 2009




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Registrato: Sep 2004

  postato il 05/04/2009 alle 11:41
Ho letto la replica di Matteo Romano al pezzo che Vicennati ha scritto sul forum di Pantani.
Qualcuno me la deve spiegare perché io non la capisco.
E’ uguale il giornale che ospita nelle sue pagine la pubblicità e il giornalista che viene rimborsato a titolo personale dall’organizzatore di una corsa?
E di che campano i giornali ( e i siti giornalistici)se non di pubblicità proporzionale al numero di lettori, contatti ecc?
La vera questione sarebbe l’editore. Cioè, se io compro Repubblica so che questo giornale deve, in qualche modo, rispecchiare gli interessi del suo editore ( ce lo ricordiamo il periodo del giustizialismo forsennato dalla prima pagina alle previsioni del tempo, passando per lo sport). So che leggo un giornale e che devo stare attenta a capire ( purtroppo chi legge altri tipi di giornale beve a garganella qualsiasi sciocchezza, allenato perfettamente dalla televisione).
So che i condizionamenti vengono dall’editore e dalla pubblicità.
Se a questo si aggiunge, a mia insaputa, il giornalista che da solo prende soldi da qualcuno, la faccenda diventa più complicata e meno palese.
Poi c’è la storia delle foto.
I ciclisti sono coperti di pubblicità dalla testa ai piedi, è evidente che in ogni foto si leggono diversi marchi, alcuni dei quali hanno anche pagine pubblicitarie sul giornale. La proposta qual è? Tagliare i piedi, nella foto, per non far leggere il marchio della scarpa? E quale sarebbe l’enorme condizionamento del lettore che vede le scarpe dei ciclisti? Chi non va in bicicletta, come me, non la compra, comunque. Chi ci va, è anche uno che sa scegliere, si tratta di prodotti specialistici, per un target non universale, di consumatori non ingenui.
I condizionamenti sono altri. Per esempio quando leggo un articolo come quello del record dell’ora di Moser, là vedo una contiguità con certe vicende e epoche. E’ solo un esempio e se ne potrebbero fare altri.
Il giornalista che prende soldi, invece, è, almeno, deontologicamente molto scorretto.
Poi, ripeto, a furia di guardare il proprio ombelico fino a diventare strabici, non si coglie l’intero del’inchiesta , che non è ciclonet.it.
Concludo con Kapuscinski. Lui scriveva anche ai tempi del Patto di Varsavia, dove essere un giornalista libero era abbastanza difficile.
Cercava di farsi mandare in zone di guerra o di sofferenza umana ininfluenti per l’URSS, per essere libero di raccontare. Poi, però, diceva che non si faceva offrire nemmeno un caffè dai potenti del luogo, da nessuno, perché, altrimenti, quella libertà faticosamente conquistata, andava a farsi benedire, anche solo perché gli avrebbero fatto vedere solo le cose che volevano far vedere.
Anche dopo si rifiutò di seguire guerre dove il giornalista faceva solo il seguito plaudente dell’esercito americano, per le stesse ragioni.
Ora, riportando la cosa al caso piccolo del giornalista rimborsato a titolo personale e all’insaputa dell’editore, Romano dice che, forse, senza quel rimborso, non ci sarebbe andato. Ora, se gli organizzatori ci tenevano così tanto un motivo ci sarà, penso.
E se questo piccolo episodio deontologicamente scorretto si generalizzasse a tutti i giornalisti, qualcosa significherebbe, qualche conseguenza l’avrebbe o sarà, sempre, comunque, una piccolezza? Fare il giornalista è un lavoro delicato bisognerebbe essere, almeno, deontologicamente corretti. Tutto qua.
Anche perché poi ci si potrebbe chiedere, come fa Micky70, se si parla ancora di giornalismo o di pubblicità ad eventi più o meno interessanti.
Il rischio, nell'epoca in cui tutti pensano di poter fare i giornalisti è anche questo: che si scambi per giornalismo il marketing o, caso diverso, che si scambi per giornalismo lo sciacquettismo televisivo.

 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

Hypocrisy free.

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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