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Autore: Oggetto: Eutanasia, fine del dolore o della vita?

Livello Greg Lemond
Utente del mese Gennaio 2009
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  postato il 11/02/2009 alle 10:58
Originariamente inviato da elisamorbidona

Originariamente inviato da Maìno della Spinetta







non entro nel merito della questione, mi limito a quotare questa acuta osservazione di Maino.
Oggi (se si vuole aprire il libro della storia bisogna farlo a 360 gradi però, se si vuole parlare della Chiesa Cattolica nel Medioevo, bisogna parlare prima del Medioevo e poi delle istituzioni che vigecano in quell'epoca, così come se si vuol parlare del Terrore, bisogna prima parlare del clima in cui è avvenuta la Rivoluzione Francese, al limite dei principici del pensiero illuminista), oggi l'impressione è che se viene esercitata violenza da qualcuno questa è quella che passa attraverso l'oppressione di chi non arriva ad avere voce sui media, dei popoli che oggi sono considerati un'inutile eccedenza rispetto al mondo dei "consumatori", non certo passa attraverso le opinioni sempre più strumentalizzate e svalutate della Chiesa Cattolica.
Io sono di parte, faccio l'insegnante di Religione Cattolica. L'ultima persona che può valere qualcosa nell'opinione del 95% dei frequentanti. Per giunta, il residuato di una mentalità ormai obsoleta che può portare solo all'arretratezza, incapace per definizione di capire le dinamiche esistenziali della società di oggi, dunque perchè provare ad ascoltare una prof del genere?
A me non pare di far parte di una elite che opprime e costringe i ragazzi a pensarla come me, mi pare piuttosto il contrario.


Non ho capito per intiero il tuo pensiero, ad es. non vedo perché fai riferimento alla chiesa medievale, quando abbiamo sotto gli occhi i lefevriani che il nostro caro "pastore tedesco" vuol far rientrare nel "gregge" ; che vuol dire se sono un po' negazionisti, tanto si può sempre far finta di non sapere
L'unica cosa che posso dire con sicurezza è che l'insegnamento della religione cattolica in Italia, voluta dal Trattato/Concordato/Legge Finanziaria fascista, riveduto e corretto (in peggio) da B. Craxi è un "obbrobrio in senso tecnico" dal punto di vista della libertà di insegnamento. Se poi qualcuno (forse te) lo interpreta "a modo suo" e che, quindi, possa essere trasformato in "storia delle religioni" magari con critica puntuale e liberale/libertaria è un altro discorso.
Da un'appassionata di ciclismo io me lo aspetterei e te lo auguro .

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 11:04
Maino, per come la vedo io la ricostruzione della volontà di Eluana può anche essere stata fatta in modo parziale, ma l'esito finale è stato positivio, nel senso che ha dato modo al padre, e cioè alle persone più care, di decidere nel modo che lui pensava avrebbe fatto Eluana stessa.
Le proposte di legge che sono state avanzate, fondate sulla prova scritta della volontà di ognuno in materia di fine vita, mi sembrano tutte un po' limitate, perchè tagliano fuori tutte quelle situazioni, molte delle quali già esistenti, in cui una persona non si è pronunciata espressamente sulla materia; in questi casi cosa si deve fare? continuare ad oltranza solo perchè la persona si era dimenticata di dare per iscritto indicazioni?
Intendiamoci: io non dico che in tutti i casi in cui le speranze di recupero sono nulle si debba agire lasciando morire il paziente. Se i famigliari non sono d'accordo o nutrono speranze o pensano che la persona sarebbe stata contraria alla morte, scelta dignitosissima e coraggiosa, sono liberissimi di fare la scelta di mantenerla in vita artificialmente, sobbarcandosi anche tutti i disagi e le sofferenze che questo comporta.
Se invece i famigliari perdono tutte le speranze e credono che anche la persona avrebbe deciso in tal senso pur non essendosi espresso, allora dovrebbero essere liberi di disporre della vita del proprio caro.
In tal caso, comunque, lasciare morire il paziente di fame e sete sarebbe sì il modo più naturale, ma anche quello più crudele; penso che l'eutanasia, quella vera, a questo punto sarebbe la cosa più giusta da applicare.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 11:14
Originariamente inviato da lemond

Originariamente inviato da Maìno della Spinetta


Lemond, fino a prova contraria tutti hanno libertà di parola. Dire che la Chiesa non può parlare perché l'Italia è laica è come dire che i monarchici, i comunisti, l'arcigay, i cattolici, non possano parlare perché l'Italia è laica: mi batterò sempre perché ciascuno secondo le sue convinzioni possa portare un contributo alla nostra vita sociale, da dovunque esso provenga, anche se non sono le mie:
"Non sono affatto d'accordo con ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché nessuno vi impedisca di dirlo" (Voltaire).


Tu confondi la libertà di parola con quella di ingerenza in un altro Stato e lasciamo perdere Voltaire per cause migliori. I monarchici, i comunisti e l'arcigay non hanno firmato un trattato (fascista, prima e dopo, ma sempre "pacta sunt servanda") con lo Stato italiano che, in cambio di miliardi di lire prima e di euro ora non permette ...
Vedo che non hai risposto su altro ed hai fatto bene, perché costoro non hanno princìpi, ma solo prìncipi (della chiesa)



La libertà di parola è assolutamete giusta. La chiesa deve esprimere il suo parere come lo fanno tutti gli altri. Il problema è che questo parere è molto spesso influente sulle scelte politiche dei partiti (vi ricordate la questione dei soldi che il decreto gelmini toglieva alle scuole gestite dalla chiesa? due parole e quei soldi ri-furono a disposizione). Non dei partiti piccoli, che hanno poco interesse a prendere posizioni in questa direzione, ma quelli grossi. Questo solo per il fatto per assicurarsi la simpatia dei credenti, ma soprattutto i praticanti.

Io sono credente, ma pochissimo praticante, perchè mi rispecchio poco nel modello che dà la chiesa. E non intendo i principi, perchè ce l'hanno e sono pure molto forti (non tutti), ma la maniera in cui si pongono dinanzi ai problemi. Sempre rimanendo sulle proprie posizioni o spostandosi di poco, impercettibilmente.

L'eutanasia è uno di questi casi. Con tutte le particolarità del caso Englaro che non è eutanasia vera e propria, come sempre il parere di una persona non conta niente per la chiesa. Il fatto è che quella era la sua volontà, e sembra che nessuno se ne sia accorto. Non so, magari eluana non era nemmeno praticante (smentitemi subito in caso), perchè continuare a recitare questa parte della difesa della vita? Qui si, le motivazioni, i pincipi sono campati per aria. Vita?? quella è vita per loro? Qualcuno è già venuto a salvarci dal peccato con le sue sofferenze, questa ragazza doveva soffrire fino a 70 anni? cosa ha fatto per meritarsi questo? La sua vita naturale, come Dio vuole, è finita 17 anni fa. Continuare a tenerla in vita, penso sia stata una tortura. ma per chi pensa soltanto a suoi principi e non alle sofferenze altrui, è troppo complicato da capire.

 

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Fabio

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Livello Greg Lemond
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  postato il 11/02/2009 alle 11:33
Originariamente inviato da Zanarkelly


Intendiamoci: io non dico che in tutti i casi in cui le speranze di recupero sono nulle si debba agire lasciando morire il paziente. Se i famigliari non sono d'accordo o nutrono speranze o pensano che la persona sarebbe stata contraria alla morte, scelta dignitosissima e coraggiosa, sono liberissimi di fare la scelta di mantenerla in vita artificialmente, sobbarcandosi anche tutti i disagi e le sofferenze che questo comporta.

>Infatti e quello che chi crede nella libertà sostiene, nessuno ha mai preteso che tutti coloro che sono in coma irreversibile debbano essere lasciati andare per decisione dello Stato contro i famigliari.


Se invece i famigliari perdono tutte le speranze e credono che anche la persona avrebbe deciso in tal senso pur non essendosi espresso, allora dovrebbero essere liberi di disporre della vita del proprio caro.

>Gli illiberali invece vogliono importi di avere soltanto la *loro* libertà!

In tal caso, comunque, lasciare morire il paziente di fame e sete sarebbe sì il modo più naturale, ma anche quello più crudele; penso che l'eutanasia, quella vera, a questo punto sarebbe la cosa più giusta da applicare.

>Questo è l'unico punto nel quale non sono d'accordo con te: chi è in coma irreversibile non soffre né la fame, né la sete, è solo un corpo senza stimoli celebrali che sono i soli che possono permettere di ...
In ogni modo anch'io sarei a favore di una legge sull'eutanasia.



 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 11/02/2009 alle 11:33
Eutanasia, fine del dolore o della vita? Guardate che bello questo video. Dura poco, ed essendo parlato scorre bene anche se si lavora intanto.

http://go-willywonka.blogspot.com/2008/10/un-inno-alla-vita.html

Sentirlo è un inno alla vita, e alla speranza nella ricerca scientifica.

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 11/02/2009 alle 11:45
La s.l.a. è una fra le malattie peggiori che si conosca, perché ti uccide da dentro, momento per momento. Non ti dà tregua ed alla fine, senza intervento per eutanasia, ti uccide in modo atroce. Sopportarla per anni richiede una forza di volontà straordinaria e per chi la possiede "chapeau", però rimane il fatto che, prima o poi, qualcuno dovrà decidere per un intervento, altrimenti accadrebbe quanto scrivevo prima.
Quanto alla ricerca, credo anch'io che sia l'unica speranza, però non in Italia, perché da noi i "soliti noti" fanno di tutto per ostacolarla.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 11:51
L'80 %(forse di più) dei parlamentari sono allineati sulla posizione di impedire al cittadino l'autodeterminazione completa e totale rispetto al proprio corpo, andando ad introdurre il divieto del rifiuto a cibo ed acqua e, contemporaneamente, mantenendo il divieto di eutanasia.
Almeno il 60% dei cittadini (forse di più)la pensa esattamente al contrario, cioè che l'autodeterminazione sul proprio corpo dev'essere illimitata, senza il cavillo del "cibo e dell'acqua", anzi, proprio per evitare la morte per disidratazione, con la necessità di introdurre l'eutanasia in forma esplicita, cosa che riduce assolutamente i tempi di agonia (e quindi i rischi di sofferenza prolungata).
Sì, il nocciolo della battaglia è sulla totale autodeterminazione del proprio corpo, battaglia di libertà e di liberazione, che sono due concetti che, se non stanno insieme, vengono sempre strumentalmente alterati.
Occorre ri-partire da qui, con un grazie infinito a Beppino Englaro.

 

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nino58

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 11:53
Lemond... lasciamo perdere la ricerca in italia.... è un qualcosa di scandaloso, incomprensibile, assurdo.. io sono fiero di essere italiano, ma quando penso a come i capi si comportano in merito all'unico settore che può far crescere un paese.....

 

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Fabio

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Livello Miguel Indurain




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  postato il 11/02/2009 alle 12:24
Zanarkelly:
>Se invece i famigliari perdono tutte le speranze e credono che anche la >persona avrebbe deciso in tal senso pur non essendosi espresso, allora >dovrebbero essere liberi di disporre della vita del proprio caro

Ad esempio, questa affermazione è contraria al principio di autodeterminazione.

Tuttavia, come nota Plata:
>La sua vita naturale, come Dio vuole, è finita 17 anni fa. Continuare a >tenerla in vita, penso sia stata una tortura. ma per chi pensa soltanto a >suoi principi e non alle sofferenze altrui, è troppo complicato da capire.

Quindi resta sempre il problema dell'accanimento terapeutico.

Zanar mette in luce un punto fondamentale del problema, ossia che una persona proprio da sola a questo mondo non è. Mettiamo che uno nella propria totale autodeterminazione chieda al medico di fare "tutte le cure possibili", e il medico accetti e continui a curare in un accanimento terapeutico selvaggio, è giusto per la collettività quest'atteggiamento? Il problema non è semplice, e nei casi limite i soggetti coinvolti sono tanti: 1) persona malata 2) Medico 3) struttura sanitaria 4) Familiari e parti interessate 5) collettività (rappresentati da PM e giudicanti)

Quindi sì alla libertà della persona nell'accettare-rifiutare le cure, sì al dovere di cura del medico (è il suo lavoro) ma no all'accanimento terapeutico-tecnocrazia, sì che le parti interessate siano coinvolte, le quali non sono solo lo stato, ma anche la famiglia. I problemi sono tanti, non uno solo. Ora, come metterli insieme? Sino a questo momento c'erano le linee guida dell'ASL rispetto ai vari protocolli medici, e hanno funzionato egregiamente, molto meglio di tante altre brutte leggi che potrebbero essere approvate. Trattare questi temi con l'accetta porta a non mettere a fuoco i problemi, e questo periodo, con tutta questa polvere, forse non è dei migliori.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 12:35
Originariamente inviato da Zanarkelly
In tal caso, comunque, lasciare morire il paziente di fame e sete sarebbe sì il modo più naturale, ma anche quello più crudele; penso che l'eutanasia, quella vera, a questo punto sarebbe la cosa più giusta da applicare.
>Questo è l'unico punto nel quale non sono d'accordo con te: chi è in coma irreversibile non soffre né la fame, né la sete, è solo un corpo senza stimoli celebrali che sono i soli che possono permettere di ...
In ogni modo anch'io sarei a favore di una legge sull'eutanasia.

E' vero che gli stimoli cerebrali non ci sono più, ma penso che accellerare la morte in questi casi sarebbe comunque la scelta più misericordiosa, anche perchè, se non altro, potrebbe limitare la sofferenza dei famigliari che non credo siano felici di vedere il proprio congiunto morire lentamente.

 

[Modificato il 11/02/2009 alle 13:20 by Laura Idril]

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/02/2009 alle 12:45
Maino, è vero che affidare il destino di una persona in mano ad altri, pure ai parenti più stretti, è contrario al principio di autodeterminazione; però si parte dal presupposto che i famigliari siano le persone che meglio possono conoscere la volontà del soggetto. E l'affidargli la decisione di fine vita nasce appunto dal fatto che i famigliari sono testimoni o "depositari" o "interpreti" della volontà del malato.
Ovviamente, la decisione di fine vita non deve essere presa dai famigliari in opposizione a quella che poteva essere la volontà del malato, anche se quest'ultima potrebbe portare ad anni di "tortura" prolungata.
Una legge fatta male (come le proposte che ho sentito girare) non farebbe altro che complicare le cose e renderle ancora più ingestibili, perchè se adesso tanti medici si sentono liberi di consigliare i famigliari in coscienza, con una legge troppo rigida di mezzo sarebbe un dramma stabilire le responsabilità e le modalità di intervento.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 12/02/2009 alle 08:36
Ora abbiamo la foto che mancava


. da Il Riformista del 11 febbraio 2009, pag. 1


di Cinzia Leone
La foto che non c`è ora esiste. Qualcuno oltre ai familiari e ai medici è
riuscito a vederla. Qualcuno l`ha fotografata con gli occhi nel suo letto di
sofferenza. Il Riformista aveva scritto di quell`immagine mancante, desunta,
immaginata, che martellava le coscienze con la sua assenza. Oggi la foto che
nessuno ha visto, e che tutti hanno immaginato, quella che il padre non ha
mai voluto mostrare, la ricostruiamo assieme a Marinella Chirico. Mannella
Chirico è l`unica giornalista, che si occupava da tempo del caso e, grazie
alla fiducia della famiglia Englaro, è riuscita a vedere Eluana domenica,
poche ore prima della morte. «Piagata, finita. Non c`era più nulla delle
immagini di Eluana che conosciamo. Quella che ho visto domenica era una
donna appesa a un filo. Un corpo completamente immobile, senza espressione,
impotente, decorticato. Non pensate a Welby. Lui era cosciente, vivo. Eluana
era ormai una celebrolesa totale. Esattamente così come si può immaginare
possa essere una donna in stato vegetativo da diciassette anni:
irriconoscibile, completamente immobile, spostata ogni due ore con i cuscini
sistemati ad arte dalle suore per evitare le piaghe da decubito. La pelle
delle orecchie, unica parte del corpo impossibile da tutelare con manovre
meccaniche, completamente piagata. E il volto... Altro che sorrisi, solo
spasmi della lingua, la faccia spostata da una parte e dall`altra inerte. E
la saliva... Non le è stato tolto il bere e il mangiare. Eluana in
diciassette anni non ha mai deglutito. Vederla è stato devastante».
Attraverso le sue parole la vediamo anche noi. Ha scattato lei la foto che
non c`era. La foto mancante che Beppino Englaro teneva per sé. E
improvvisamente l`ultima ha cancellato tutte le altre. Quelle che ritraevano
Eluana giovane, bella, abbronzata, sorridente, sana. Le foto che avevano
riempito i giornali, e ci avevano insieme scaldato il cuore e confuso la
coscienza. Foto capaci di colpire, commuovere, convincere, drogare. La
malattia cambia e deforma, eppure tutti noi che abbiamo avuto la tentazione
di continuare a immaginarla ancora come era stata, ora non possiamo più
farlo. Insieme a Marinella Chirico, siamo entrati nella stanza della clinica
"La Quiete" e l`abbiamo vista per come era. La foto l`abbiamo fatta insieme
a lei. L`abbiamo vista la povera Eluana. Non un caso da risse in Parlamento,
non una bandiera che divide, ma un povero corpo sofferente e sfinito. Molti
sono gli ammalati nelle disperate condizioni di Eluana. Vederli non è
difficile. Basta essere degli infermieri, dei medici, dei volontari, o il
malato del letto accanto. Eluana è diventata, per diciassette lunghi anni e
in questi ultimi giorni drammatici, tutti loro. Ormai il protocollo è
interrotto. Eluana se n`è andata. Gli applausi inutili spenti. Basta
telecamere e giornalisti. Eppure le polemiche infuriano, i comitati si
moltiplicano, i politici affilano le armi. Ma molti altri rimangono
prigionieri nei loro letti di dolore. Da più parti si invoca un silenzio che
è stato troppo spesso inzeppato di parole e di risse. La foto mancante ormai
l`abbiamo davanti agli occhi. E ci obbliga a riflettere.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Miguel Indurain




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  postato il 12/02/2009 alle 08:57
«Un esempio di quando la ragione è in contrasto colla natura. Questo malato è assolutamente sfidato e morrà di certo fra pochi giorni. I suoi parenti per alimentarlo come richiede la malattia in questi giorni, si scomoderanno realmente nelle sostanze: essi ne soffriranno danno vero anche dopo morto il malato: e il malato non ne avrà nessun vantaggio e forse anche danno perchè soffrirà più tempo. Che cosa dice la nuda e secca ragione? Sei un pazzo se l'alimenti. Che cosa dice la natura? Sei un barbaro e uno scellerato se per alimentarlo non fai e non soffri il possibile. È da notare che la religione si mette dalla parte della natura» (G. Leopardi. Zibaldone, Luglio-Agosto 1817).
 
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Moderatore




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  postato il 12/02/2009 alle 21:29
“L’interruzione di procedure mediche dolorose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati ottenuti può essere legittima. Si rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni spettano al paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o altrimenti a coloro che ne hanno legalmente diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”

Cardinal Joseph Ratzinger, catechismo della Chiesa cattolica, 1994, par. 2278

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/02/2009 alle 21:32
Originariamente inviato da desmoblu

“L’interruzione di procedure mediche dolorose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati ottenuti può essere legittima. Si rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni spettano al paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o altrimenti a coloro che ne hanno legalmente diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”

Cardinal Joseph Ratzinger, catechismo della Chiesa cattolica, 1994, par. 2278


Thanks Desmo, andavo giusto cercando una cosa del genere!

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Moderatore




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  postato il 12/02/2009 alle 21:52
dovere!
 
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Livello Miguel Indurain




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  postato il 13/02/2009 alle 15:39
Perfetto: è quel crinale descritto dal paragrafo citato che è importante. Avvicinarsi lungo sentieri ideologici ai casi limite non porta a nulla; è per questo che il DL ora in discussione da parte del Governo non mi sta piacendo. C'erano, e ci sono, le linee guida delle aziende ospedaliere e i protocolli di cura per trattare di certe cose alla luce delle effettive possibilità della scienza medica. Perché aggiungere la legge, e con essa PM e giudici?

Da una parte, l'eutanasia è aberrante.
Dall'altra, l'accanimento terapeutico è altrettanto inutile.
Nel mezzo c'è il possibile.
A mio avviso, più quel possibile è trattato da pazienti, familiari e medici, meglio è. Una legge farebbe entrare in campo PM e giudici, e abbiamo visto a che casini si arriva quando su casi molto concreti, diversi di volta in volta, ci si mettono a ragionare i legulei, capaci solo di concetti "general-astratti".

PS Un sondaggio di non mi ricordo chi, credo La Stampa, ha evidenziato che sul caso Englaro tanto gli atei, quanto i credenti, i giovani, i mezzani e i vecchi erano spaccati in due. C'era più differenza, in termini di scarto percentuale, tra i vecchi e i ragazzi che tra i credenti e gli atei. Insomma, trattare questi problemi con categorie di lettura laiciste o bigotte non riesce a cogliere il punto.

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 13/02/2009 alle 15:55
Originariamente inviato da Maìno della Spinetta


Da una parte, l'eutanasia è aberrante.
Dall'altra, l'accanimento terapeutico è altrettanto inutile.


Secondo me, è aberrante l'accanimento terapeutico per chi non lo vuole, mentre non ci trovo niente di negativo nell'eutanasia, per chi se ne vuol servire, anzi ... Mi sembra che la paura di tutti sia quelli di soffrire inutilmente negli ultimi, si spera istanti, ma potrebbero essere anche giorni o mesi . Per me, se dovessi sapere di essere un malato terminale senza speranze, sceglierei il suicidio, ma se non potessi, non credo che rimanga altro salvo che una brava persona mi aiuti. Hai visto "Le invasioni barbariche?" Quello è il mio ideale, stante le condizioni, ripeto, di malato terminale.

 

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  postato il 25/02/2009 alle 07:42
Dal teletext della televisione svizzera
« 24/2/09 – Prima che sia notte: Svizzera batte Italia 3 a 0
una “bella” notizia di stamattina del televideo del Ticino:

Assistenza al suicidio: riuscita la raccolta delle firme nel Canton Vaud (capoluogo: Losanna) L’iniziativa promossa per permettere l’assistenza al suicidio negli istituti medico-sociali (EMS - établissements médico-sociaux) è riuscita: la proposta ha raccolto più di 14′000 firme, annuncia oggi l’associazione “Per il diritto di morire nella dignità” (Exit). L’iniziativa chiede che i residenti di un EMS che riceve sovvenzioni pubbliche possano ricevere l’assistenza al suicidio quando ne fanno richiesta. Attualmente non tutti gli istituti permettono a Exit d’intervenire. L’organizzazione annuncia che potrebbe ritirare l’iniziativa qualora il Gran Consiglio vodese (= il governo) presentasse un controprogetto valido. Finora le due associazioni di aiuto o assistenza al suicidio - Exit e Dignitas - operavano nella legalità, ma in privato. L’anno scorso la CHUV di Losanna (clinica universitaria) ha permesso a Exit d’intervenire all’interno della struttura. Ora apparentemente si vorrebbe estendere la possibilità di assistenza anche ad altre strutture.
Comunque puoi misurare la distanza che separa un paese normale e laico come la Svizzera da un paese confessionale come l’Italia.
Qua Exit entra negli ospedali per somministrare il pentobarbital, in Italia invece stanno per istituire il sondino obbligatorio di stato per tutti.
L’assistenza al suicidio non è eutanasia: l’eutanasia - diretta e indiretta - non è lecita nemmeno in Svizzera. L’assistenza consiste nel mettere a disposizione il farmaco che però il paziente deve assumere da solo (al massimo gli si può tenere il bicchiere davanti, ma l’aspirante suicida deve bere il liquido con la cannuccia).

 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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