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Autore: Oggetto: I corridori e l'assenza di "coscienza di classe"

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Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 29/07/2008 alle 22:04
Originariamente inviato da Felice

Ciao Marco,

provo a esplicitare volentieri, cominciando dai campi di concentramento. Credo che uno dei punti centrali delle opere di Primo Levi sia stato proprio lo spiegare al mondo il carattere eccezionale del mondo dei lager. Spiegare come questi siano macchine costruite per annullare l'individuo e la sua coscienza. Spiegare come, all'interno dei campi, si stabiliscano regole diverse, inimmaginabili per chi sta fuori. Come ognuno possa arrivare a fare in un lager cose che mai e poi mai avrebbe fatto stando fuori dal lager stesso. Come chi é sopravvissuto lo debba con quasi assoluta certezza al fatto di aver beneficiato di "privilegi". Privilegi spesso ottenuti in un modo che é meglio non andare a indagare. Modo che, comunque, noi che abbiamo avuto la fortuna di non passare attraverso una tale esperienza, non possiamo permetterci il lusso di giudicare, semplicemente perché non possiamo capire. Accostare, anche solo lontanamente, le pressioni subite dagli individui rinchiusi in un lager a quelle subite nella vita corrente é - concedimelo - irriverente e irrispettoso per chi nei lager c'é stato e ci é morto. Così come parlare di violazioni dei diritti umani di chi si va a dopare in Turchia é irridente per chi é stato torturato a Abu Graib.

So bene che non era nelle tue intenzioni fare simili accostamenti e sostenere che Riccò e un detenuto di Mathausen sono più o meno la stessa cosa. Però non bisogna dimenticare che quello che viene scritto in queste pagine può venire letto da chiunque e quindi é meglio evitare argomentazioni che possano dare adito alla banalizzazione di eventi e fatti che sono infinitamente più importanti del ciclismo tutto.


Ma infatti, non mi passa certo per la testa paragonare lo stato di internato in un lager con quello di ciclista, mi pareva una premessa tanto scontata da non meritare di essere fatta.

Però, ancora una volta (sarà una mia fisima) sono interessato al sistema e alla struttura delle cose, e in questo, beh, qualche punto di contatto c'è: il passaggio sui possibili capi che vengono annientati non può non far brillare una lampadina nella testa di chi ha seguito il ciclismo negli ultimi 10 anni. E non è l'unico caso di compatibilità tra le due situazioni, a mio modo di vedere.




Fatta questa premessa, che poi era la cosa che più mi stava a cuore, vengo alla tua domanda:

Ebbene, non credo che il sistema annulli l'individuo. Il sistema é quello che é proprio perché tanti individui hanno trovato comodo e conveniente per i loro interessi personali vivere in quel "sitema". E hanno fatto la scelta DELIBERATA di accettarlo e di approfittarne. Il discorso trascende il ciclismo e può essere applicato a tanti altri casi della vita corrente.


Diciamo che avrei dovuto farne due, di domande: "Credete che il sistema ciclismo tenda ad annullare l'individuo?" e solo dopo "Come è possibile una coscienza di classe se il sistema annulla l'individuo?".

Ecco, in questo senso ho divergenza di vedute sull'accettazione del sistema ciclismo da parte di un individuo. Tu sostieni che l'individuo lo accetta e ne approfitta. Io non sarei così materialista: in altri ambiti della vita si accettano determinati sistemi perché si è obbligati a farlo, e mi riferisco per esempio anche all'ambito lavorativo, che tu prendi a esempio più in basso, parlando di tasse.
Però il sistema lavoro, quello sì, è un obbligo per (quasi) ogni cittadino, credo che ognuno preferirebbe non dover lavorare e di conseguenza non essere nemmeno messo di fronte al dilemma se evadere o meno le tasse.

Per il ciclismo è diverso, perché principalmente ciò che muove un ciclista (come ogni altro sportivo, direi) è la passione, e quindi secondo me non si può dire che il ciclista accetta DELIBERATAMENTE il sistema e i modi per approfittarne.



Troppo comodo giocare allo scaricabarile e dire che é tutta colpa del sistema. In fondo voi, dato per assodato che il sistema é quello che é, sostenete che bisogna prenderne atto, accettarlo e che ognuno deve arrangiarsi ad approfittarne come meglio può. Questo per il doping e per il ciclismo.


No Felice, chi ha mai sostenuto che bisogna approfittare come meglio si può del sistema attuale?
Personalmente ho un approccio massimamente pragmatico, semplicemente dico che la "questione morale" nel ciclismo, vista la sua insondabilità e l'impossibilità di applicarla con chiarezza, non è poi così rilevante. Se questo equivale a dire che i ciclisti devono approfittare del sistema (e farsi ovviamente sistema), dimmelo tu.

Tra l'altro i ciclisti fanno il sistema? Non ne sono così convinto, sono più convinto che lo subiscano più di quanto lo facciano.


Ora prova ad applicare questo atteggiamento, ad esempio, all'evasione fiscale. A che conclusione arrivi?


Io pago le tasse, caro Felice, e le ho sempre pagate e non ho mai avuto problemi e non ho mai dovuto condonare un centesimo.
Ma sono circondato da persone non altrettanto cristalline. Che devo fare, non le devo più salutare, anche se magari si tratta di parenti o amici?
Perché il ciclismo questo impone, nel suo attuale sistema: l'evasore dev'essere messo all'indice, dev'essere il nuovo mostro da immolare per il bene comune.
Proprio il paragone con l'evasione, anzi, ci chiarisce il livello di assurdità della gogna ciclistica: tu non vivi in Italia e quindi magari non sei chiamato in prima persona a rispondere di questo esempio. Ma il Sistema (rieccolo!) Italia prevede che un cittadino su tre sia un evasore, e che nonostante ciò non ci sia un terzo della popolazione messo all'indice ed emarginato dalla vita sociale.
Intendo: per la vita sociale, per bersi una birra insieme, per innamorarsi financo, per avere i figli che vanno a scuola insieme, non è così fondamentale sapere se l'altro sia un evasore.
Così nel ciclismo, per guardarsi una gara e divertirsi un paio d'ore davanti alla tv (o una giornata sul Mortirolo), secondo me non dev'essere così importante sapere se Tizio o Caio evadono o meno.

Guardate bene: quando uscite la sera e andate a cena con 10 persone, state mica a chiedervi con aria sospettosa quali di loro pagano per intero le tasse e quanti invece le evadono? E allora perché dovete far così per il ciclismo?

Semplicissimo: perché il ciclismo da 10 anni e oltre è messo all'indice solo per questa cosa, e ciò ha sensibilizzato enormemente il pubblico (sia quello specifico che quello generalista).
Se per dieci anni si martellasse l'opinione pubblica su quanto sono squallidi gli evasori fiscali, su quanto sono da emarginare come la peste, su quanto sono un cancro da estirpare (senza però dire al pubblico che magari c'è chi non ce la fa davvero, a pagare le tasse, che sono indubbiamente altissime, esagerate), io sono convinto che tra 10 anni a cena il clima di sospetto sarebbe altissimo. Proprio com'è oggi nel ciclismo.

Ma si può perseguire un simile piano (l'emarginazione degli evasori) senza squassare la società? La delazione fatta sistema (aridaje!) ha devastato socialmente la DDR, non vedo come il pur ammirevole piano di eliminazione dei dopati (SENZA intervento sistemico, SENZA riconoscere attenuanti, SENZA informare in maniera corretta) non possa devastare il ciclismo. L'ha già fatto, in realtà.

 

____________________

Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica, mi dà malinconia
che vuoi farci, è la vita... è la vita, la mia

(Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping)

 
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  postato il 29/07/2008 alle 22:17
Originariamente inviato da Frank VDB

se questo sistema annulla l'individuo, è possibile che si formi una coscienza di classe?

Marco, poni una bella domanda. Per di più introdotta da buona letteratura.
La mia risposta: questo sistema non annulla l'individuo; è l'individuo che fa sì che questo accada.

Il problema però non sono i neo-prò che non si mobilitano. Il problema sono i corridori maturi; quelli sulla via del ritiro; quelli già ritirati rimasti nell'ambiente. Sono loro che dovrebbero promuovere una seria azione di sindacalizzazione del movimento ciclistico. E invece? Invece la maggior parte di quelli che non si ritirano a vita privata passa dall'altra parte della barricata, facendo il DS, o il collaboratore della tv, o dell'organizzazione delle corse.

Ecco, tutti questi, parlo dei Gimondi, dei Moser & Saronni, dei Cassani, delle bandiere come Bettini (un altro che si è fatto paladino solo quando era in pericolo lui), pur riconoscendo che il ciclismo è sull'orlo del baratro, cosa fanno? Nulla. Nulla di nulla. E non fanno nulla da sempre.


Perfetto Davide: il sistema allora non è composto da 100 Riccò o Canuti (dico il primo nome di giovane che mi viene in mente), il sistema è qualcosa che esonda dalle responsabilità dei 100 Riccò o Canuti.
I Riccò o i Canuti, quando entrano nel sistema, trovano una situazione cristallizzata. Quelli che hanno provato a cambiare il sistema, dall'alto (Pantani) o anche dal basso (voi portate sempre l'esempio di DeMatteis; pur non giurando sulla buona fede di nessuno, prendo ugualmente DeMatteis come il simbolo, il milite ignoto del ciclismo pulito... insomma, ormai il buon Miculà è un'icona!), non hanno fatto una bella fine.
E questo non per colpa dei Riccò o dei Canuti (i quali hanno sì le loro responsabilità, nel momento in cui accettano l'andazzo, ma come si può buttare la croce su un ragazzo di 20 anni che accetta l'andazzo?), ma di quelli che col ciclismo ci si sono arricchiti (o anche solo ci hanno campato) e strada facendo hanno tradito la primigenia passione, si son fatti crescere il pelo sullo stomaco, e di sicuro però oggi non possono più dare lezioni a nessuno. A nessuno!


Se avessero fatto qualcosa, oggi avremmo un serio sindacato corridori che impedirebbe a certe squadre di essere allestite con i soldini portati dalle collette dei tifosi di corridori senza futuro; squadre che a giugno chiudono i battenti o cambiano le catene ogni ventimila km perchè quelle che da in più lo sponsor tecnico vengono rimesse in commercio.

Avremmo un sindacato che combatterebbe, come tutti i buoni sindacati, il liberismo, che qui si manifesta nella liberalizzazione dell'accesso alla professione, e chiederebbe di tornare all'antico e sano metodo dei punti.

Avremmo un sindacato corridori che chiederebbe una regolamentazione più civile dei controlli a sorpresa, e che chiederebbe a gran voce di suddividere con il personale e la dirigenza non solo i premi di gara, ma anche le eventuali squalifiche per positività, evitandoci questa pena dei ds che cascano dalle nuvole (Ferretti con Frigo, Gianetti Santo Subito con Riccò, e via andare).

Avremmo un sindacato corridori che contratterebbe con i grandi organizzatori quanti km al massimo di trasferimento si possono fare.

Avremmo un sindacato corridori che tuteli l'immagini della propria base associativa, contrastando la prassi mass-mediatica di associare il doping al ciclismo.

Invece non abbiamo nulla di tutto questo. Abbiamo Colombo, in Italia, e il niente a livello internazionale. Praticamente la stessa cosa. Ecco, un sindacato serio rimanderebbe Colombo alla Shimano, per esempio, quando propone la radiazione dei positivi. Perchè quella proposta lì posso farla io che sono un appassionato, ma non un sindacalista.


E qui sei da ovazione, ti posso solo applaudire


Perchè allora un serio sindacato dei corridori non nasce? Non certo perchè il sistema opprime i corridori. Nessun corridore è oppresso, se non quelli che hanno deciso di passare pur non avendo i numeri per farlo, e che per rimanere nel gruppo sono disposti a qualsiasi compromesso o ricatto. Piuttosto il sindacato dei corridori non nasce perchè decenni di gestione individualistica del movimento hanno portato a pensare che ognuno fa meglio da sè: chi con le vittorie sonanti, chi con il carisma, chi con gli "aiutini" di ogni tipo.


E siamo sempre lì: non sono regole impostate da Riccò o Canuti, sono fatti che i ragazzi principalmente subiscono. Poi c'è chi si adegua, ma in gran parte lo fa con la schiena piegata, non col petto gonfio. Io sono convinto che i corridori preferirebbero evitare di mangiare gasolio all'amianto, lo sanno che non tanto bene gli fa.


Una gestione che è rimasta ai tempi dei Coppi e dei Bartali che premiavano i gregari più fedeli portandoli ai circuiti o facendogli vincere i traguardi volanti, o ai tempi di Moser e Saronni dove "la cupola" decideva se potevi andare in fuga, dopo averne fatto richiesta.
Oggi la gerarchia in corsa non esiste più, il "capitano" non esiste più, ma si è stratificata la mentalità del silenzio, del lasciare correre, del farsi i fatti propri. In linea con la società, del resto.


E allora? Lo dici tu stesso, "in linea con la società". Quali e quanti atti di eroismo dobbiamo pretendere da questi ragazzi? Non solo correre puliti, non solo possibilmente vincere e magari dare anche spettacolo, ma anche essere migliori moralmente di tutti i loro coetanei, e badate, non stiamo parlando di due mondi distinti, i Riccò e i Canuti son cresciuti, andati a scuola, hanno frequentato, si sono innamorati di coetanei e coetanee, facenti parte della stessa società. I Riccò e i Canuti SONO la società, esattamente come me e te: perché dovrebbero essere migliori? Siamo cresciuti insieme!
Per saziare quale nostro sentimento di inadeguatezza nei confronti del mondo dovrebbero essere tanto enormemente migliori di noi?


E così quando un De Matteis per primo getta il sasso, dandoti l'opportunità di andargli dietro, non c'è un solo corridore che prenda carta e penna per dire "sono con te". Quando un Simeoni denuncia quello che ha denunciato, si prende pure la reprimenda di Nardello e Pozzato in gruppo.

No, non è questione di un sistema che ti annulla, non siamo in un lager: lo abbiamo visto più di una volta (memento Plan de Corones 2006, anche se in quell'occasione il problema era che il gruppo, dopo avere accettato a dicembre l'ascesa ciclo-alpinistica, a maggio non aveva alcuna voglia di salire sin lassù): quando i corridori decidono che non si corre, non si corre e basta. Perchè quando gli pare sanno benissimo che il fulcro dell'ingranaggio sono loro: quando la gente si collega in tv o scende in strada, non lo fa per vedere Zomegnan o le miss o la carovana: lo fa per vedere i corridori in bici.

Ecco, occorrerebbe che queste prese di posizione clamorose non si registrassero solo quando non si ha voglia di correre sotto la pioggia (poi però si accetta il traguardo omicida di Cittadella, ricordate?) o quando si corre Giri messi in piedi con coraggio da piccoli organizzatori (Tappa di Orbetello al Provincia di Grosseto), ma ogni qualvolta ce ne sia bisogno.

E invece? Invece si tira a campare. Ognun per sè Dio per tutti. Mors tua vita mea.

Gli spazi di manovra ci sono, eccome. Il gruppo detiene un potere enorme. Enorme! Altro che lager! Il problema è che invece di esercitare collettivamente questo potere - non è una questione ideologica ma pragmatica: in questo preciso contesto stando uniti si porterebbe a casa molto ma molto di più che andando per conto proprio come i somari - si preferisce mettersi nelle mani di categorie come i preparatori e gli ineffabili procuratori. Cercando di portare a casa qualche spicciolo in più per se stessi, rimanendo però soli come cani quando le cose girano male.


Sì, ma il Sistema () lascia fare quando le lotte sindacali sono di retroguardia: a chi vuoi che interessi davvero se si arriva sul Furcia anziché al Plan, a chi vuoi che freghi qualcosa se non si disputa una tappa di una sconosciuta corsa nella provincia di Grosseto? Al Sistema queste cose fanno il solletico, e neanche. Il Sistema interviene a stroncare chi lo mette in discussione, non chi non corre quando piove.


Oramai le cose vanno male per tutti, però: gli ascolti scendono, i tifosi stanno a casa, gli sponsor scappano, i giornali aggiungono sostantivi per loro cautelativi di fronte alla parola vittoria ("inquietante", "stupefacente") e si sbilanciano solo quando c'è in ballo qualche copia in più da vendere (vedi i titoli 9 colonne su un corridore che da u23 aveva già subito fermi a ripetizione).

La barca, in altre parole, sta per affondare. E la ciurma, dal nocchiere all'ultimo pela-patate, l'unica che può evitare il naufragio, appare unicamente preoccupata di salvare i propri bagagli - inutili quando ci si troverà alla deriva su una scialuppa di salvataggio.


Con quest'ultima meravigliosa metafora di meriti il titolo di Utente Immaginifico dell'anno, e ti becchi il secondo applauso

 

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  postato il 29/07/2008 alle 22:20
Originariamente inviato da Ottavio

Marco,
tu citi "Arcipelago Gulag" di Aleksàndr Solženicyn, dunque avrai probabilmente letto "Una giornata di Ivan Denisovic", forse il capolavoro dello scrittore russo.
Anche in quel caso l'ambientazione è quella del Gulag. I prigionieri, tra i quali Denisovic, devono costruire un muro, nelle condizioni più atroci e senza, ovviamente, alcun vantaggio personale.
Ebbene Ivan Denisovic, si butta sul lavoro con una volontà ed un entusiamo del tutto privo di finalità egoistiche, ma solo per il piacere di fare un buon lavoro, per affermare la propria individualità (mi ricorda per certi versi "La chiave a stella" di Primo Levi, e non è un caso che siano racconti di due reduci dei campi di concentramento).
Denisovic nel luogo dell'annientamento della personalità, nel luogo della distruzione dell'io, trova la forza di dire "io ho fatto un buon lavoro, ho costruito un bel muro".
Credi proprio che un ciclista ben pagato e che ha liberamente scelto di fare il corridore non debba aspirare allo stesso fine?


Guarda Ottavio, Ivan mi manca
Passo perciò direttamente all'ultima domanda: sì, credo che un ciclista debba aspirare al fine di cui parli, e io lo farei se fossi un ciclista.

O non lo farei? O una volta messo nell'Arcipelago Ciclismo non sarei in grado di oppormi? Non sapendo far altro che pedalare, che cosa farei, mi ritirerei, correrei a pane e acqua, mi adeguerei alla massa?
Credo che tutti dovremmo porci queste domande.

 

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  postato il 29/07/2008 alle 22:34
Originariamente inviato da mestatore

caro marco,

nel gulag si vieni trasportati a forza e lì giunti non si hanno molte scelte: è imperativo cercare di sopravvivere, sopravvivere tout court e sopravvivere come essere pensanti

nel ciclismo pro, ci si arriva, per carità con molti sacrifici, e lì giunti si hanno in realtà molte possibilità di scelta.
ci si può dopare per comprarsi il cayenne a 23 anni ( per citare la più banale), ci si può allenare come cavalli e si può persino smettere,
si può fare i lattonieri, i medici, i geometri, i giornalisti, andare a correre nelle gf e sbarcare così il lunario e molte altre cose.

mi sembra che paragonare le 2 situazioni sia a dir poco azzardato. i meccanismi sono molto diversi.
mi associo a quanto dice felice e straquoto il bellissimo ultimo post di davide-vdb.


A questi temi ho risposto in maniera anche troppo prolissa poco sopra


voi andate fuori dai gangheri quando alcuni utenti fanno rilevare che la linea editoriale di cicloweb appare funzionale o perlomeno compatibile con questo sistema ciclismo.
può darsi che noi abbiamo torto, del tutto o in parte, ma vi invito a riflettere con più calma.

se diverse persone di media cultura ed educazione hanno questa idea, non basta ribattere: non avete capito niente.
forse non vi siete spiegati bene oppure , senza rendervi conto, accettate troppo facilmente le regole del sistema in oggetto, in attesa del famoso giorno perfetto.

vorrei che marco rileggesse la sua memorabile pagina sull' ipocrisia dell' ambiente e la confrontasse con quella scritta il giorno della positività di riccò.
vado a memoria, potrei sbagliare, magari è un mio deficit di percezione o magari ho cambiato idea, ma a me, personalmente , queste 2 pagine sembrano solo apparentemente simili, ma in realtà molto, molto diverse.



Senza alcun problema dico che Mario avrebbe potuto essere molto meno brutale nella sua reprimenda di cui sopra (Felice, preparati a diventare anche tu un 58: controrivoluzionario, detenuto politico, alle Solovki! ).

Riguardo al merito della nostra linea.
Non credo che tu abbia oggi dell'amore la stessa idea che avevi a 16 anni.
Allo stesso modo, scrivere due anni fa (o tre? boh) il pezzo sull'ipocrisia nel ciclismo, e approcciare oggi la questione, con 2 anni in più di esperienze sul campo e di rovinose vicende, può indurre a spostare un po' la prospettiva.

È chiaro che due anni fa non avrei mai scritto "Con Riccardo. Fino alla fine." (riporto pure i punti, son proprio pignolo), ma del resto nel 2002 Cicloweb ospitava articoli intitolati "Generazione perduta" con la foto di Simoni e Garzelli.
Ti dirò di più, un tempo mi pareva anche che fosse un bene per il ciclismo l'impegno di Capodacqua, e ho pure parlato con Ivano Fanini al telefono, una volta.

Questo per dirti che la conoscenza sempre più approfondita delle cose può far maturare dei cambi di prospettiva: sarebbe anzi assurdo se così non fosse. Le stesse "nostre proposte" che pubblicammo all'epoca, oggi non le sottoscriverei più (non in toto, perlomeno).
Perché passano gli anni, si avvicendano le generazioni di corridori, e siamo sempre allo stesso punto: il ciclismo è il reietto degli sport, e Petrucci si sente tradito da Bastianelli Marta, 21 anni da Lariano.

(Ora, vi pare quantomeno possibile che una 21enne di Lariano possa tradire uno dei più potenti uomini d'Italia? S'è perso veramente il senso delle cose, in questo cacchio di ciclismo).

Tornando a noi, ogni anno, ogni episodio, ogni cosa che scopro giorno dopo giorno, mi hanno fatto via via diventare sempre più fatalista: questo problema non si può risolvere, e anzi, provando a farlo come si fa oggigiorno, non si fa che peggiorare la situazione.
Una soluzione non la vedo.

Di sicuro, per rientrare nel tema del thread, un Sistema (anche economico) basato su determinate regole, non digerisce chi cerca di infrangere quelle regole. E quindi farà di tutto per impedire la sindacalizzazione su determinati punti, e l'ha fatto (ancora, ricordo Pantani).
Di questo sono sempre più convinto, perché ho sempre nuove conferme a questa tesi, sempre nuove controprove. Per questo il Grassi di oggi è quello che sta con Riccò (punto) fino alla fine (punto), e non più quello che si scaldava per invitare Cassani a dire la verità: una volta appurato che Cassani non è proprio interessato a questo discorso, che cosa posso fare? Una volta che Auro mi rifiuta un'intervista, che cosa posso fare? Posso credere alle loro giaculatorie televisive? O ho tutto il diritto (e anzi, il dovere!) di non farmi più influenzare da certi discorsi, di tenere gli occhi aperti, di disilludermi ulteriormente?

 

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Amministratore




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Registrato: Aug 2002

  postato il 29/07/2008 alle 22:38
Detto ciò, e nell'attesa delle controrepliche, vorrei dire una cosa: siete grandi ragazzi, questa discussione è meravigliosa, appassionante, stimolante!

(No, la fuga dal forum non è la risposta, la risposta è scrivere, metterci qualità, non arrendersi agli imbecilli o ai facinorosi).

Grazie a tutti, di cuore, davvero, e interrompo qui quest'uso privatistico di un forum pubblico

 

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Livello Gastone Nencini




Posts: 504
Registrato: Jul 2008

  postato il 29/07/2008 alle 22:58
Scusa admin, ma, perchè Cassani, che dice di avere così tanto a cuore il ciclismo, ma in realtà razzola male, perchè dà l' impressione di avere solo a cuore il suo lavoro televisivo e recentemente la qualità dei suoi interventi un tempo puntuali ed esaustivi è scemata come l' entusiasmo che dalle sue parole non si riesce più a cogliere, non è per niente interessato a rivelare almeno qualche squarcio di verità?
Non pensi che abbia provato frustrazione nel vedersi soffiare una grande classica (l' Amstel Gold Race 1995)da Mr PFC, alias Mauro Gianetti?

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 4189
Registrato: Jan 2007

  postato il 30/07/2008 alle 01:20
Originariamente inviato da Aug 82

Scusa admin, ma, perchè Cassani, che dice di avere così tanto a cuore il ciclismo, ma in realtà razzola male, perchè dà l' impressione di avere solo a cuore il suo lavoro televisivo e recentemente la qualità dei suoi interventi un tempo puntuali ed esaustivi è scemata come l' entusiasmo che dalle sue parole non si riesce più a cogliere, non è per niente interessato a rivelare almeno qualche squarcio di verità?
Non pensi che abbia provato frustrazione nel vedersi soffiare una grande classica (l' Amstel Gold Race 1995)da Mr PFC, alias Mauro Gianetti?


bè, gli anni 90 erano gli anni 90, mica c'era solo gianetti. ma siamo certamente OT.

 
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Livello Hugo Koblet




Posts: 402
Registrato: May 2006

  postato il 30/07/2008 alle 14:58
Originariamente inviato da Admin


Ora prova ad applicare questo atteggiamento, ad esempio, all'evasione fiscale. A che conclusione arrivi?


Io pago le tasse, caro Felice, e le ho sempre pagate e non ho mai avuto problemi e non ho mai dovuto condonare un centesimo.
Ma sono circondato da persone non altrettanto cristalline. Che devo fare, non le devo più salutare, anche se magari si tratta di parenti o amici?
Perché il ciclismo questo impone, nel suo attuale sistema: l'evasore dev'essere messo all'indice, dev'essere il nuovo mostro da immolare per il bene comune.
Proprio il paragone con l'evasione, anzi, ci chiarisce il livello di assurdità della gogna ciclistica: tu non vivi in Italia e quindi magari non sei chiamato in prima persona a rispondere di questo esempio. Ma il Sistema (rieccolo!) Italia prevede che un cittadino su tre sia un evasore, e che nonostante ciò non ci sia un terzo della popolazione messo all'indice ed emarginato dalla vita sociale.
Intendo: per la vita sociale, per bersi una birra insieme, per innamorarsi financo, per avere i figli che vanno a scuola insieme, non è così fondamentale sapere se l'altro sia un evasore.
Così nel ciclismo, per guardarsi una gara e divertirsi un paio d'ore davanti alla tv (o una giornata sul Mortirolo), secondo me non dev'essere così importante sapere se Tizio o Caio evadono o meno.

Guardate bene: quando uscite la sera e andate a cena con 10 persone, state mica a chiedervi con aria sospettosa quali di loro pagano per intero le tasse e quanti invece le evadono? E allora perché dovete far così per il ciclismo?

Semplicissimo: perché il ciclismo da 10 anni e oltre è messo all'indice solo per questa cosa, e ciò ha sensibilizzato enormemente il pubblico (sia quello specifico che quello generalista).
Se per dieci anni si martellasse l'opinione pubblica su quanto sono squallidi gli evasori fiscali, su quanto sono da emarginare come la peste, su quanto sono un cancro da estirpare (senza però dire al pubblico che magari c'è chi non ce la fa davvero, a pagare le tasse, che sono indubbiamente altissime, esagerate), io sono convinto che tra 10 anni a cena il clima di sospetto sarebbe altissimo. Proprio com'è oggi nel ciclismo.

Ma si può perseguire un simile piano (l'emarginazione degli evasori) senza squassare la società? La delazione fatta sistema (aridaje!) ha devastato socialmente la DDR, non vedo come il pur ammirevole piano di eliminazione dei dopati (SENZA intervento sistemico, SENZA riconoscere attenuanti, SENZA informare in maniera corretta) non possa devastare il ciclismo. L'ha già fatto, in realtà.


Onestamente se beccano un evasore io non dico che "sto con lui". So che altri evadono e non vengono beccati, so che molti fanno così ma non lo ritengo una vittima del sistema. Ritengo che sia uno che si valuta più furbo di me che le pago, e che grazie a lui debba pagare più tasse. Quindi penso che debba essere condannato, non alla pena di morte, all'ergastolo a vita, all'emarginazione sociale (cosa che in realtà pagano molto più le persone oneste che quelle scorrette) ma alla giusta e misurata pena. Fra me e lui la vittima sono io e tutti gli altri che pagano le tasse. Ciò varrebbe anche se il 90% degli italiani facesse così. Se no che facciamo? Siccome molti non pagano tasse eliminiamo il reato di evasione?
Ciò, continuando la metafora, penso che valga anche per il ciclismo.

 

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...Nessuna cortesia all'uscita...

...La faccia sporca e gli occhi vivi....

"La bicicletta era come l'aria che respiravo" (Giovanni Pesce)

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 30/07/2008 alle 15:09
Originariamente inviato da Admin
Io pago le tasse, caro Felice, e le ho sempre pagate e non ho mai avuto problemi e non ho mai dovuto condonare un centesimo.
Ma sono circondato da persone non altrettanto cristalline. Che devo fare, non le devo più salutare, anche se magari si tratta di parenti o amici?
Perché il ciclismo questo impone, nel suo attuale sistema: l'evasore dev'essere messo all'indice, dev'essere il nuovo mostro da immolare per il bene comune.

nessuno ha mai detto questo
ma "in teoria" si pretende che chi sbaglia deve pagare...non che non sia più nostro amico (se a te sta bene stringere la mano ad uno che che per un suo vantaggio personale ti fa pagare il doppio di tasse sono problemi tuoi)

senza questo "sistema" (uno dei cardini su cui si fonda la moderna concezione di stato nazionale) la natura imperfetta degli esseri umani non troverebbe argine e la società civile durerebbe si e no 8 ore...

 

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Originariamente inviato da anonimo

Originariamente inviato da MDL

se le logiche di squadra e di gara lasciano una "relativa libertà", rebellin ma soprattutto ballan hanno le stesse possibilità di bettini (esclusa la volata di gruppone)


ballan ha probabilità di vincere il mondiale come io quella di copularmi melissa satta.

 
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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 30/07/2008 alle 19:06
Originariamente inviato da greennic80

A parte il paragone decisamente eccessivo tra l'esperienza dei campi di concentramento e il problema doping, mi domando dove sia l'annullamento dell'individuo nel caso dello sport moderno. Il singolo atleta ha la possibilità di prendere una decisione quando si trova difronte alla scelta tra assumere farmaci proibiti e non? Io direi che nella maggior parte dei casi una scelta la può fare. In fin dei conti credo che sia piena l'Italia di ex-corridori che hanno messo da parte le ambizioni agonistiche per non cedere alla tentazione di fare qualcosa di non sportivo e sicuramente dannoso per la salute. E quindi tutto il resto deriva da questa scelta e ci si assume la responsabilità di quello che ne consegue (cosa assai rara come abbiamo visto ultimamente).


Paragonare il ciclismo alla più grande tragedia della storia umana renderebbe istantaneamente stupido il nostro parlare di ciclismo, nonchè inutile l'esistenza di questo sito...

Detto questo, il doping è un sistema criminale che strozza chi nel ciclismo vuole mettersi in gioco e mostrare a tutti le proprie qualità.
Un corridore come Riccò si è dopato perchè ha delle qualità e non voleva lottare per stare nel tempo massimo e arrivare dietro a 50 dopati.
E così vale per Basso,Ullrich ecc.
Se l'unica via d'uscita è rinunciare alle proprie ambizioni di risultato, oppure andare a fare un altro lavoro - ripeto, parlo di chi ha le qualità per primeggiare! - allora chiudiamo la baracca.
Da domani aboliamo anche le gare di scopone scientifico.
Mi è capitato di parlare con tanti che hanno smesso tra gli juniores o i dilettanti, tutti dicono "per non doparsi".
Se è vero, lo trovo veramente triste. Se è falso, lo trovo patetico.

Il doping si combatte arrestando i medici, i preparatori sportivi, i ds che bombano i corridori.
Loro vanno arrestati, non i corridori.
Mi risulta che siano da arrestare gli spacciatori, non i drogati; si deve dare la caccia ai boss, non alla manovalanza.

 

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Il ciclismo è uno sport sano e alla portata di tutti,contro la vecchiaia e le malattie, ma soprattutto conferisce grande lucidità ed efficienza sul lavoro [...]
Voglio anche dire che mi fanno pena e schifo gli impiegati che vengono in ufficio in macchina
e che la sera corrono a rinchiudersi in quelle scatole di sardine invece di farsi una bella sgambata fuori città...
(Visconte Cobram, da "Fantozzi contro tutti")

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 01/08/2008 alle 01:12
Ciao Marco,

Il tempo mi manca, come mi mancava nelle settimane scorse e, nel giro di poche ore, comincerà un periodo di allontanamento dal forum di circa un mese. Ti rispondo quindi in maniera veloce e sicuramente sommaria, cosa che mi dispiace non poco perché penso che la discussione meritava di essere approfondita.

Originariamente inviato da Admin

Originariamente inviato da Felice

Ciao Marco,

provo a esplicitare volentieri, cominciando dai campi di concentramento. Credo che uno dei punti centrali delle opere di Primo Levi sia stato proprio lo spiegare al mondo il carattere eccezionale del mondo dei lager. Spiegare come questi siano macchine costruite per annullare l'individuo e la sua coscienza. Spiegare come, all'interno dei campi, si stabiliscano regole diverse, inimmaginabili per chi sta fuori. Come ognuno possa arrivare a fare in un lager cose che mai e poi mai avrebbe fatto stando fuori dal lager stesso. Come chi é sopravvissuto lo debba con quasi assoluta certezza al fatto di aver beneficiato di "privilegi". Privilegi spesso ottenuti in un modo che é meglio non andare a indagare. Modo che, comunque, noi che abbiamo avuto la fortuna di non passare attraverso una tale esperienza, non possiamo permetterci il lusso di giudicare, semplicemente perché non possiamo capire. Accostare, anche solo lontanamente, le pressioni subite dagli individui rinchiusi in un lager a quelle subite nella vita corrente é - concedimelo - irriverente e irrispettoso per chi nei lager c'é stato e ci é morto. Così come parlare di violazioni dei diritti umani di chi si va a dopare in Turchia é irridente per chi é stato torturato a Abu Graib.

So bene che non era nelle tue intenzioni fare simili accostamenti e sostenere che Riccò e un detenuto di Mathausen sono più o meno la stessa cosa. Però non bisogna dimenticare che quello che viene scritto in queste pagine può venire letto da chiunque e quindi é meglio evitare argomentazioni che possano dare adito alla banalizzazione di eventi e fatti che sono infinitamente più importanti del ciclismo tutto.


Ma infatti, non mi passa certo per la testa paragonare lo stato di internato in un lager con quello di ciclista, mi pareva una premessa tanto scontata da non meritare di essere fatta.


Non ne ho alcun dubbio, quindi mettiamoci una pietra sopra. Però, visti gli eccessi che si stanno facendo in questo forum, la precisazione ci stava tutta : le costrizioni che ognuno di noi può provare nella società corrente, non hanno nulla, ma propria nulla a che vedere con quelle che esistono nei campi di concentramento.
Nota che il « tutti noi » non é scritto caso. I ciclisti non vivono in un mondo particolarmente più costrittivo di quello in cui vivono tanti (tutti?) di noi : a loro piegarsi o meno, come tanti altri devono fare la stessa scelta nel loro quotidiano.

Originariamente inviato da Admin
Però, ancora una volta (sarà una mia fisima) sono interessato al sistema e alla struttura delle cose, e in questo, beh, qualche punto di contatto c'è: il passaggio sui possibili capi che vengono annientati non può non far brillare una lampadina nella testa di chi ha seguito il ciclismo negli ultimi 10 anni. E non è l'unico caso di compatibilità tra le due situazioni, a mio modo di vedere.


Capi ? Capi di cosa ? Cosa ci sta a fare allora il thread sulla coscienza di classe dei ciclisti ? Secondo te ci sarebbero addirittura dei capipopolo ?
Secondo me, invece, i Riccò, i Basso, gli Ullrich, sono essenzialmente capi di sé stessi.




Fatta questa premessa, che poi era la cosa che più mi stava a cuore, vengo alla tua domanda:

Ebbene, non credo che il sistema annulli l'individuo. Il sistema é quello che é proprio perché tanti individui hanno trovato comodo e conveniente per i loro interessi personali vivere in quel "sitema". E hanno fatto la scelta DELIBERATA di accettarlo e di approfittarne. Il discorso trascende il ciclismo e può essere applicato a tanti altri casi della vita corrente.


Originariamente inviato da Admin

Diciamo che avrei dovuto farne due, di domande: "Credete che il sistema ciclismo tenda ad annullare l'individuo?" e solo dopo "Come è possibile una coscienza di classe se il sistema annulla l'individuo?".


Già. Ma nota che, se la risposta alla prima domanda é « no », la seconda diviene caduca o, per lo meno, porta a dare risposte che nulla hanno a che vedere con « l’annullazione dell’individuo »



Originariamente inviato da Admin
Ecco, in questo senso ho divergenza di vedute sull'accettazione del sistema ciclismo da parte di un individuo. Tu sostieni che l'individuo lo accetta e ne approfitta. Io non sarei così materialista: in altri ambiti della vita si accettano determinati sistemi perché si è obbligati a farlo, e mi riferisco per esempio anche all'ambito lavorativo, che tu prendi a esempio più in basso, parlando di tasse.
Però il sistema lavoro, quello sì, è un obbligo per (quasi) ogni cittadino, credo che ognuno preferirebbe non dover lavorare e di conseguenza non essere nemmeno messo di fronte al dilemma se evadere o meno le tasse.

Per il ciclismo è diverso, perché principalmente ciò che muove un ciclista (come ogni altro sportivo, direi) è la passione, e quindi secondo me non si può dire che il ciclista accetta DELIBERATAMENTE il sistema e i modi per approfittarne.


Beh, qui pecchi di eccessiva durezza per le persone « normali » e di eccessivo romanticismo per i ciclisti. Chi ti dice che ognuno ambisce a non lavorare ? E’ assolutamente falso ! Io mi romperai le scatole profondamente ! A te non piace fare il tuo lavoro di giornalista ? Io credo di sì. O forse preferiresti svegliarti la mattina e chiederti : cosa faccio oggi ? Vado a passeggiare sul Corso o vado a pescare in riva al fiume ? E quelli che hanno un posto di lavoro e che sono attorniati da fannulloni, forse che anche loro devono necessariamente adattarsi all’andazzo generale ? A me é capitato (quando facevo il servizio militare) ma la cosa mi scocciava e ho incominciato a fare lavoretti banali tanto per far qualcosa, lavori che qualcuno avrebbe dovuto fare ma che nessuno faceva. E non sono una mosca bianca, ce ne sono sicuramente tanti altri che fanno la stessa cosa. Così come c’é gente che mai e poi mai si lascerebbe corrompere o accuserebbe ingiusterebbe qualcun altro. Dico questo per i « complottisti » di ogni bordo, che mai prendono in conto il fatto che la loro catena di eventi, così accuratamente immaginata a tavolino, in pratica potrebbe arenarsi davanti ad un Tizio qualunque, che dica : « no, io questo non lo faccio ». Quanto ai ciclisti loro, per definizione, sono animati da passione ? E perché mai ? E’ esattamente come nelle altre professioni : ci sono quelli che sono animati da passione e quelli che sono animati solo da sete di successo e di affermazione personale. Perché mai il mondo dei ciclisti dovrebbe essere diverso da quello degli altri umani ?
Ed é forse azzardato dire che sono proprio quelli che appartengono alla seconda categoria quelli che sono più sensibili alle sirene del doping ? E che quelli che invece fanno parte della prima categoria, una volta constatato che l’alternativa é prendersi bastonate dagli appartenenti alla seconda oppure cambiar mestiere, magari decidono di lasciar perdere ? E questo con la benedizione di Cicloweb, naturalmente !


Originariamente inviato da Admin
Troppo comodo giocare allo scaricabarile e dire che é tutta colpa del sistema. In fondo voi, dato per assodato che il sistema é quello che é, sostenete che bisogna prenderne atto, accettarlo e che ognuno deve arrangiarsi ad approfittarne come meglio può. Questo per il doping e per il ciclismo.


No Felice, chi ha mai sostenuto che bisogna approfittare come meglio si può del sistema attuale?
Personalmente ho un approccio massimamente pragmatico, semplicemente dico che la "questione morale" nel ciclismo, vista la sua insondabilità e l'impossibilità di applicarla con chiarezza, non è poi così rilevante. Se questo equivale a dire che i ciclisti devono approfittare del sistema (e farsi ovviamente sistema), dimmelo tu.


« Approfittare » del sistema é un termine, certamente brutale, ma che ha il merito di essere sintetico. Si può dire la stessa cosa in termini ciclowebbisticamente più corretti, ma in maniera più prolissa come segue :
« I ciclisti devono prendere atto di essere tasselli, o meglio vittime del sistema. Il sistema prevede che il doping sia diffuso, a volte incoraggiato, a volte coperto. Il ciclista quindi, preso atto di quanto sopra, preso atto del fatto che, comunque, secondo l’ideologia corrente, non gli sarà possibile fare alcunché di positive (e di remunerativo) senza fare uso di doping, farà ricorso a questo tipo di pratica, ben sapendo che questa é teoricamente una pratica illecita, che cozza in maniera flagrante con la presunta passione di cui egli dovrebbe essere animato. Ciononostante, questa verrà adottata come unica soluzione possibile, atta inoltre a garantire quello spettacolo (ma ne siamo davvero sicuri ?) di cui in tanti sono assetati e, particolare insignificante rispetto a quanto precede, ma non del tutto sprovvisto di interesse per chi alla alla pratica del doping si sottopone, contribuisce ad assicurare a costui una lauta remunerazione, o comunque migliore di quella a cui potrebbe aspirare se se ne uscisse con tanto eroico quanto sciocco : « no, io no ! ».

Originariamente inviato da Admin

Ora prova ad applicare questo atteggiamento, ad esempio, all'evasione fiscale. A che conclusione arrivi?


Io pago le tasse, caro Felice, e le ho sempre pagate e non ho mai avuto problemi e non ho mai dovuto condonare un centesimo.
Ma sono circondato da persone non altrettanto cristalline. Che devo fare, non le devo più salutare, anche se magari si tratta di parenti o amici?
Perché il ciclismo questo impone, nel suo attuale sistema: l'evasore dev'essere messo all'indice, dev'essere il nuovo mostro da immolare per il bene comune.
Proprio il paragone con l'evasione, anzi, ci chiarisce il livello di assurdità della gogna ciclistica: tu non vivi in Italia e quindi magari non sei chiamato in prima persona a rispondere di questo esempio. Ma il Sistema (rieccolo!) Italia prevede che un cittadino su tre sia un evasore, e che nonostante ciò non ci sia un terzo della popolazione messo all'indice ed emarginato dalla vita sociale.
Intendo: per la vita sociale, per bersi una birra insieme, per innamorarsi financo, per avere i figli che vanno a scuola insieme, non è così fondamentale sapere se l'altro sia un evasore.
Così nel ciclismo, per guardarsi una gara e divertirsi un paio d'ore davanti alla tv (o una giornata sul Mortirolo), secondo me non dev'essere così importante sapere se Tizio o Caio evadono o meno.

Guardate bene: quando uscite la sera e andate a cena con 10 persone, state mica a chiedervi con aria sospettosa quali di loro pagano per intero le tasse e quanti invece le evadono? E allora perché dovete far così per il ciclismo?

Semplicissimo: perché il ciclismo da 10 anni e oltre è messo all'indice solo per questa cosa, e ciò ha sensibilizzato enormemente il pubblico (sia quello specifico che quello generalista).
Se per dieci anni si martellasse l'opinione pubblica su quanto sono squallidi gli evasori fiscali, su quanto sono da emarginare come la peste, su quanto sono un cancro da estirpare (senza però dire al pubblico che magari c'è chi non ce la fa davvero, a pagare le tasse, che sono indubbiamente altissime, esagerate), io sono convinto che tra 10 anni a cena il clima di sospetto sarebbe altissimo. Proprio com'è oggi nel ciclismo.

Ma si può perseguire un simile piano (l'emarginazione degli evasori) senza squassare la società? La delazione fatta sistema (aridaje!) ha devastato socialmente la DDR, non vedo come il pur ammirevole piano di eliminazione dei dopati (SENZA intervento sistemico, SENZA riconoscere attenuanti, SENZA informare in maniera corretta) non possa devastare il ciclismo. L'ha già fatto, in realtà.


Abbi pazienza Admin, ma chi ti ha chiesto di togliere il saluto ai tuoi amici evasori ? Cosa c’entra ? Se tu fossi legislatore cosa faresti ? le leggi in funzione dei comportamenti dei tuoi amici ? E se fossi giudice ? Diresti no, lui non lo condanno. Lui ha infranto la legge, ma é amico mio ? O piuttosto diresti « é un mio amico, lo conosco bene, ha tanti lati buoni. Però ha sbagliato e deve pagare. Questo non mi obbliga però a negargli il mio affetto. » Suvvia… E i ciclisti di gran nome finiscono alla « gogna mediatica » anche perché grazie ai media avevano fatto la loro fortuna. Non sei il primo a sottolineare l’importanza degli sponsors ? E perché questi sono disposti a scucire centinaia di migliaia di euro a Pinco Pallino ? Non é forse nella speranza che costui ottenga l’incenso dei media ?

Ciao, buon mese d’agosto a tutti.

 

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E' la guerra che Madre Natura conduce contro la natura dell'uomo. Sarà una guerra senza quartiere, e sarà la grande guerra del XXI secolo

Ascoltato alla alla radio il 25/10/2007 a commento degli incendi che stavano devastando la California.

 
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Livello Marco Pantani
Utente del mese Febbraio 2009
Utente del mese Agosto 2009




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  postato il 01/08/2008 alle 01:43
Sì, bella discussione ma, purtroppo fra le righe ripropone l'annosa questione e le consuete posizioni.
Perché se in qualche modo si accenna al doping, la piega è sempre quella.
Se si riuscisse a prescindere dal doping ( legato, in questo caso, anche al dibattito politico del paese sulle regole, la giustizia ecc.), forse si potrebbe anche intendersi.
L'esistenza è esserCI , cioè essere in una situazione, da cui non si prescinde. E la situazione è data da tutto ciò che costituisce il tuo soggiornare nel mondo.
E quello che veramente scegliamo è veramente poco, e se solo variasse una minima circostanza casuale, forse sceglieremmo diversamente.
E anche le cose a cui attribuiamo una provvisoria, troppa importanza ( come il doping) non le scegliamo noi.
E non è uguale qualsiasi violazione di regole, non è uguale qualsiasi violatore di regole, tutti accomunati dalla condanna senza scampo ( se proprio si deve parlare di doping, Basso tornerà,finita la squalifica, e sarà per sempre Birillo per moltissimi, anche di questo forum).

Vorrei finire con questo pezzetto di un articolo di Galimberti che, forse, dovrebbe farci riflettere su certe virulenze.

"A questo proposito Marx fa un esempio illuminante. Intervenendo, giovane ventiquattrenne, nel dibattito contro i furti di legna, osserva che imprigionare chi sottrae legna a chi la possiede è una punizione "giuridicamente" corretta e "umanamente" giusta solo se chi possiede la legna si considera "uomo" solo in quanto "possessore di legna", solo in quanto ha di sé come uomo questo concetto ristretto e particolare, e se il ladro, di conseguenza, non viene considerato come uomo, ma solo in quanto ladro di legna.
Di conseguenza la punizione, giuridicamente corretta, "non è umana", perché punisce l'uomo nella sua interezza. Cosa che risulta giustificata solo se si riduce l'essenza dell'uomo alla legna: una cosa morta - scrive Marx - una potenza oggettiva, qualcosa di inumano che però decide le sorti dell'uomo.
Se infatti qualcosa come la legna viene a determinare l'essere e l'agire dell'uomo, allora vuol dire che la legna non è più considerata come "legna da ardere", come qualcosa al servizio dell'uomo, ma, abbandonata la sua natura di "mezzo", viene resa autonoma dalla logica di mercato ed elevata a misura dell'uomo. I rapporti umani si materializzano perché la materia si impadronisce dell'uomo e lo definisce. Questa e non l'altra è la vera essenza del materialismo e dell'alienazione materialistica dell'uomo contro cui Marx conduce la sua battaglia.
Abbiamo sepolto il marxismo e con esso quel suo tratto "umanista" che prevedeva il primato dell'uomo sulle cose, per cui oggi un "atto" di proprietà o di sottrazione di proprietà è sufficiente per punire non l'"azione" di un uomo, ma l'uomo nella sua totalità. La parte (l'azione) ha preso il posto del tutto (l'uomo)." U. Galimberti.


Visto che, tanto, sempre, in fondo, di doping si parla, provate a sostituire la legna con il doping.

 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

Arcana loggia per il ripristino della civiltà dell'ordalia.

IO NON L'HO VOTATO.

IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

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CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENIO.



 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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Registrato: Mar 2005

  postato il 01/08/2008 alle 04:10
Ok, e allora? Le regole e le instituzioni nel quale l' individuo, la classe, la societá sono importanti. E allora? Il succo, please.

ok ok facciamo i fichi usiamo le parole del moro dell' introduzione del 18 brumaio:

"(the people make their own history..aspetto per il quale noto soventi tuoi lapsus, ndr), but they do not make it just as they please; they do not make it under circumstances chosen by themselves, but under circumstances directly encountered, given and transmitted from the past".

Poi continui: "E non è uguale qualsiasi violazione di regole, non è uguale qualsiasi violatore di regole, tutti accomunati dalla condanna senza scampo ( se proprio si deve parlare di doping, Basso tornerà,finita la squalifica, e sarà per sempre Birillo per moltissimi, anche di questo forum)".

Dove sta il nesso causale tra la premessa e la II parte? Si si lo so, l' uomo nasce imbrigliato in un determinato contesto che pone determinati vincoli ed ogni (data) violazione di un vincolo é differente. Riporti le parole di Gaimberti che notoriamente, di Marx non ha mai capito un caz.zo che ci fa due palle giganti per dirci semplicemente che il diritto e le leggi devono essere considerati all' interno del contesto dei rapporti sociali, in quanto nella società l'interesse privato viene ritenuto come fine ultimo e il diritto, per essere conforme allo scopo, deve realizzare necessariamente questo interesse.

ok. E poi?

Stai paragonando il furto della proprietá privata derivante dall' accumulazione originaria borghese al sistema doping? Ma stiamo andando fuori di testa? Che relazione casuale c´é tra i due aspetti? Il sistema (anti)doping é sovrastrutturale rispetto alla base economica della societá? Si, come lo é il sistema sanitario, scolastico, lavorativo, giuridico e legislativo. E quindi, dato che la proprietá é un furto, all' interno dei dati rapporti di produzione io individualisticametne non pago le tasse allo stato perhé questa entitá possiede la (nota) missione di garantire i rapporti di proprietá borghesi? Ma ti rendi conto che posizioni settarie, ciclisticamente ( e non) anti-rivolzionarie porti avanti?? Che vuol dire, che il sistema é borghese e quindi io mi rifiuto di scenderci a patti quotidianamente e non faccio nulla per antepormi ad esso perché tanto, se non lo si cambia nella sua interezza, combatterlo nei suoi lati marginali non ha alcun senso? Nella vita di tutti i giorni, applichi lo stesso metro?

Forse, ti sei dimenticata di andare avani dopo le prima pagina dell´introduzione del 18 brumaio e dell' ideologia tedesca, quelle in cui dice che l' uomo é il motore della storia (perché dalle contraddizioni inerenti al sistema tra forze di produttive e relazioni di produzione ecc ecc ecc).
Forse, invece che Repubblica delle donne ed il Galimerti, é meglio che riprendi in mano Marx, se proprio lo vuoi citare (a sproposito).


Per il resto, parlando di cose serie e concrete, apprezzo molto gli interventi di yashin, mestatore, felice e di Frank VDB (relativo ad un sindacato serio di corridori) ed il desiderio di Admin di indagare a fondo l' alienazione dell (uomo - )corridore derivante dal suo inserimento nel dato contesto storico.

 

[Modificato il 01/08/2008 alle 04:25 by Monsieur 40%]


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/08/2008 alle 08:49
....e poi ci stupiamo se la sinistra in Italia è scomparsa.....
 
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Livello Marco Pantani
Utente del mese Febbraio 2009
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  postato il 01/08/2008 alle 10:27
In effetti, non c'è da stupirsi se è scomparsa con simili personaggi e argomenti.
Galimberti che non ha capito Marx è la migliore della settimana, ma sì, forse è meglio lasciar perdere, non vale la pena.

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 14/09/2008 alle 17:33
Vengo accusata, in altro thread ( quello sul doping) da Pacho, di essere scappata da questa discussione.
Non me la ricordavo proprio ma ,rileggendola, perché scappata?
Non è che uno deve stare sempre dietro agli insulti, l'ho detto che lasciavo perdere.
Che dovevo fare, mettermi a fare lezioni di marxismo? Potevo pure farlo visto che qualche tempo fa ho tenuto un seminario su Marx e il suo pensiero filosofico e politico in un corso di studi organizzato dal sindacato su varie materie, ma con chi avrei dovuto farlo?
Con uno che si permette di dire certe cose su Galimberti? Con Galimberti si può essere o meno d'accordo su alcune affermazioni ma per giudicarlo come studioso, forse ci vorrebbe una preparazione maggiore di quella di Pacho ( e della mia).
Su certe cose un po' di umiltà sarebbe saggia.
Non c'erano assolutamente i presupposti per continuare la discussione con lui.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 17/09/2008 alle 08:42
una manica di cretinetti

Bravo Admin
ottimo l'articolo di fondo...

E riporto qui la discussione... forse "una manica di cretinetti" potrebbe essere il sottotitolo del thread...

abbiamo avuto la conferma di quanto dicevo da tempo.
In quanto a Bettini come sindacalista, non ho mai avuto dubbi: è la negazione del sindacalismo. Gran campione in corsa, ma davvero penoso in queste cose...

 

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La mia squadra ciclistica:http://altalunigiana04.comyr.com

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/10/2008 alle 18:05
Non perchè l'ho aperto io, ma questo è secondo me il thread più opportuno per commentare la notizia del giorno.
Quoto dal thread sul doping:



Originariamente redatto da Gazzetta.it


Ora è scritto nero su bianco: l’Associazione dei corridori italiani (Accpi) chiede la radiazione per i casi più gravi di doping. E lo fa con una lettera a doppia firma — quelle del presidente Amedeo Colombo e del segretario Gianni Bugno — inviata al presidente dell’Uci, Pat McQuaid.


commento di Monsieur 40%
Curioso notare come il presidente dell'ACCPI (importatore di Shimano Italia e nell'organizzazione di Varese 2008, ricordiamolo) e il segretario della stessa associazione (Bugno, che nel 1994 fu trovato positivo alla caffeina e squalificato per tre mesi; e con la sua proposta sarebbe stato dunque radiato per sempre [ah, no, giusto, loro la chiedono per "i casi più gravi"... e chi decide la gravità?]), scrivano una lettera all'UCI senza prima ascoltare il vice-presidente, quel Filippo Pozzato che è evidentemente il primo portavoce dei corridori, che difatti si dice scettico riguardo tale proposta (come, giustamente, fa Vasseur del CPA).

Insomma, se Colombo e Bugno vogliono mandare una lettera all'UCI possono farlo come singoli, non certo come ACCPI, se prima non hanno avvisato le altri componenti (soprattutto quegli associati inutili che si chiamano corridori) dello stesso organismo.


Allora, io sono per la radiazione: dopo dieci anni di antidoping - con tutte le magagne e i limiti della sua politica - oggi un corridore che si dopa vuole dire che continua a pensare di essere rimasto agli anni pre 1997, quando l'antidoping era volutamente una farsa, o al 1997, quando i controlli sull'ematocrito al Tour non riguardarono mai le squadre dei tre sul podio di Parigi.
Ora, se un corridore è rimasto con questa mentalità, soprattutto se relativamente giovane come Riccò o Sella, è bene che cambi mestiere (e con lui il suo Ds).

Ma questo è il mio giudizio. Il giudizio dell'appassionato, dello spettatore a bordo strada che ne ha piene le scatole di essere tradito.Altra cosa dovrebbe essere il giudizio del sindacato dei corridori. Il fatto che il sindacato dei corridori proponga l'espulsione dei suoi tesserati, senza peraltro sentire nemmeno il parere della "base" è una cosa che lo rende simile a quelli che negli anni '70 si chiamavano i "sindacati gialli", ovvero sigle sindacali fantoccio organizzate e eterodirette dalla direzione per sottrarre in azienda delegati alle frange più irriducibili così da avere al consiglio di fabbrica delegati che facevano gli interessi dei padroni.
Se il sindacato dei corridori fa proposte che io o altri possono condividere, ma che vanno in direzione opposta agli interessi dei corridori a livello individuale (la squalifica a vita significa perdere il mestiere per sempre) e a livello collettivo (la radiazione lascia incolpevoli tutti i personaggi che ruotano attorno al dopato), vuole dire che c'è qualcosa che non quadra. O sbaglio?

Mi assumo le mie responsabilità: l'ACCPI è un sindacato giallo? Non c'è altro da pensare. Se non lo fosse avrebbe previsto la radiazione anche per i DS, i team manager, i medici di squadra, in base ad una responsabilità oggettiva. Invece niente.

Ecco una nuova prova di come la coscienza di classe manchi tra i ciclisti. Completamente. Si fanno rappresentare da gente così. Da Colombo che contemporaneamente è nella dirigenza di un gruppo leader nei materiali ciclistici (uno stakeholder, si direbbe) e contemporaneamente sindacalista dei corridori e organizzatore di eventi ciclistici!!! Ma va bene a tutti.

Altro che corridori che non hanno coscienza di classe perchè messi in condizione di subalternità, come paventò tempo fa il nostro Admin! No, questi proprio sono o convintamente individualisti (faccio la mia vita, se mi beccano pazienza, se beccano altri userò parole sdegnate) o, peggio ancora, incapaci di sapere affrontare una situazione leggermente diversa dalla scelta dei materiali per la bici!

Cioè una situazione del genere sarebbe come se la presidente di Confindustria decidesse di affidare la direzione generale del sindacato che rappresenta a un ex sindacalista della CGIL e iniziasse a promuovere vertenze contrattuali basate su aumenti salariali indiscriminati.

O come si i lavoratori eleggessero a capo del sindacato un politico e imprenditore, come ad esempio Calearo, ex capo degli industriali veneti, e questi iniziasse a fare espellere i sindacalisti di base nelle piccole imprese.

Che cosa ne pensereste di due situazioni così? Che il mondo va alla rovescia, vero? Ecco, il sindacato dei ciclisti va in questa direzione. E a tutti va bene così.

Salvo poi trasformarsi in una "banda di cretinetti" buoni solo a scioperare al Circuito dell'Enel o alla Trofeo della Riviera perchè le foglie secche si appiccicano alle gambe oliate e le foto non vengono bene.

Avanti così, verso l'autodistruzione, verso il naufragio. Continuate a ballare nel salone delle feste del Titanic. E fate scrivere lettere di appoggio al vostro santo protettore Vebruggen/McQuaid!

Coraggio, continuate! Eleggete direttamente Verbruggen a vostro capo sindacale. Vedrete che con lui cesseranno anche i mega-trasferimenti del Giro e del Tour.

Corridori così se non ci fossero bisognerebbe inventarli.
Già quando vado alle amatoriali da corridore o da organizzatore li guardo in faccia e continuo a pensare che per mettere insieme un cervello medio ce ne vogliono tre. Figurarsi tra i professionisti.

Scusate lo sfogo, ma la discussione, credo, è aperta.

 

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  postato il 24/10/2008 alle 19:33
Dici cose sacrosante, caro VDB, in un intervento voltairiano.

C'è da fare, qualcosa bisogna farla per forza. Non si può assistere in silenzio a questo scempio.

 

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Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica, mi dà malinconia
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Livello Marco Pantani
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  postato il 25/10/2008 alle 00:54
Sono d'accordo con Frank VDB. Solo che, semplicemente, i ciclisti non sono una classe e non hanno un sindacato.
Mi dispiace ripetermi ma i ciclisti sono assolutamnte dei minus habens. Tutto qua.

 

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Livello Eddy Merckx




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  postato il 25/10/2008 alle 06:31
Mi mancavate. Tu, Davide, pessimo cattolico e tu, Maria Rita, sporca comunista sulla strada di una piu' che certa e prossima conversione
Potresti renderti le cose piu' facili con piu' Guardini e meno Galimberti: so che lo farai e non lo ammetterai mai. Anzi, mi risponderai che Guardini lo conosci già tutto. Ma, devo confessarlo, vi voglio ugualmente bene. Tanto.

Ti avevo lasciata sulla terrazza del mare, un'immagine che stride da pazzi con le miserie di cui dobbiamo occuparci qui.

Per definizione i corridori non possono avere coscienza di classe, in questo ha ragione Maria Rita. Per quanto mi concerne non credo nemmeno sia possibile, nè tampoco auspicabile, la formazione di un sindacato. L'unica strada percorribile è quella di un gruppo professionale che confluisca in un'organizzazione privata a propria tutela.

Il ciclismo ha già vissuto la sua agonia ed ora giace. E questo nel momento in cui il cicloturismo e tutte le attività legate all'uso della bicicletta stanno subendo il massimo di popolarità. Sapete già come la penso a riguardo e, soprattutto, a chi attribuisco la colpa del decesso. Non credo vi siano persone nell'ambiente che arrivino a capire queste cose nè che abbiano cervello anche solamente per pensarci. L'ingresso di nuovi sponsor e penso, in questo caso, alla Danieli, mi fa pensare che si stia realizzando il corto circuito sponsor/UCI. Mi spiego: Danieli è un'azienda che di certo non guarda al mercato italiano nè europeo, dai quali è distante quanto mai. Danieli è azienda ricca, solida e dalla vocazione multinazionale; proprio ciò che piace ad UCI per poter allestire le sue corsette ridicole in Russia, Ucraina, Kazachstan, Medio Oriente, Cina ed Asia. In generale sono quelli i nuovi mercati che interessano. Al Lombardia, corsa meravigliosa e dalla storia affascinante, non partecipa piu' nessuno. In prospettiva, vedo in pericolo anche giro e tour.

Paradossalmente e, come sempre accade, non poi cosi' tanto paradossalmente, sono proprio coloro che accusano quelli come me di volere la perfezione (ma perfezione di che ? Santa pazienza...) ad aprire la strada al rollerball.
Capisco che per molti sia uno sforzo troppo grosso ma, per capire, occorrerebbe ragionare guardando appena al di là del proprio naso. Si dice, in termini strategici. L'ho già detto tempo fa, l'UCI una strategia se l'è data e la sta perseguendo con un cammino non facile, con svolte, frenate, cambi improvvisi di direzione ed altrettanto improvvise accelerate ma sempre puntando sul suo obiettivo: la sua ala protettrice su di un nucleo eletto di sponsor ricchi e capaci di fare affluire capitali ingenti attorno al ciclismo. Fatto questo, gli Zome e l'orgoglioso francese si allineeranno. Fine del doping.

Sarebbe curioso chiedere a Di Rocco, Colombo, Ballerini (vedasi rapporto Donati), Cassani (idem), dove si posizioneranno loro. E dove si posizionaeranno anche le nostre anime candide (?) che aborriscono lo sport spettacolo.

D'altronde, cerchiamo di analizzare i fatti come si presentano. Da una parte un gruppo di persone organizzate, ragionevolmente dotate di un minimo di intelligenza, con capitali a disposizione e, soprattutto, con una chiarissima strategia. Dall'altra parte che abbiamo ? Lasciamo perdere...

Se tu non fossi astemia (mamma mia, comunista e pure astemia...), cara Maria Rita, capiresti anche che di uomini capaci ci sarebbe bisogno in questo scenario. Chiamali managers o chiamali semplicemente uomini e dirigenti capaci ma è proprio di loro che c'è bisogno. Questi, ci/ti piaccia o no, non crescono all'interno degli enti nè dei comitati pubblici e/o parapubblici, dove la preoccupazione piu' grossa è stare a galla a spese del tuo vicino di posto.

Il ciclismo è morto. Rimangono in piedi giro e tour, ma non si sa per quanto ancora.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 25/10/2008 alle 08:47
Ci mancavi anche tu, vecchio Lefevriano (Lefévre, vescovo francese per il quale il mio livello di stima è pari a quello di Lefévre, team manager belga).

Sì, sono dei minus habens. Non c'è altro da dire. Andrebbe bene anche l'organizzazione di tutela privata che dice Prof, ma non sono in grado di fare neanche quella.

Sarebbero necessarie e fondamentali le "Trigoria/Milanello del ciclismo" invocato giustamente da Monsieur40%, ma poi come fanno i poverini che vogliono stare a fare i ganzi con gli amatori sul Monte Serra o in Versilia?

Dovrebbero tirare dentro gente che ci sa fare, invece si fanno assistere da procuratori-pasticceri. Il massimo che hanno ottenuto in questi anni è di potere mettere in soffitta i pantaloncini neri e lo hanno considerato un grande risultato strappato da un grande leader...

Sono senza parole...

 

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Livello Eddy Merckx




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  postato il 25/10/2008 alle 09:12
Fai pure il furbo, irresponsabile che non sei altro. Che anche nella grassa e rossa Emilia sono sempre piu' i preti che celebrano Messa con le spalle ai fedeli...
Se non ci fossimo noi a pregare per le vostre anime...
Un abbraccio, mi sono riletto tutto e mi sono molto piaciute le tue considerazioni.

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 26/10/2008 alle 01:09
Caro Prof, mi dispiace deluderti ma Guardini non l'ho letto, anzi per saperne qualcosa in più dopo la tua citazione di lui ho letto un po' su wikipedia. Teologo di rifermento di Papa Ratzinger ..... ehm......
Mi converto? Mai dire mai, ma uno degli ostacoli sarebbe proprio l'istituzione Chiesa cattolica.
Comunista, astemia e agnostica ( atea non l'ho mai detto), con tutti questi difetti ( e altri, tanti), non posso che essere contenta delle tue preghiere per tutti noi.
Ma il perfezionismo ci unisce.
Mi hai lasciata al mare e mi ritrovi tornata dalla manifestazione di oggi, contenta devo dire.
No, il sindacato servirebbe eccome, la tutela del lavoratore passa attraverso il sindacato, da solo è sconfitto, sempre. Tutto ciò anche con le gravi manchevolezze dei sindacati. Passa attraverso il passaggio dalla massa amorfa dei minus habens alla classe che ha coscienza di sé e si dà strumenti di tutela e di lotta.
I manager, sì, boh, forse, io ormai se sento la parola manager mi viene la nausea, poi hai letto Celli ( che è stato, appunto, manager ed è rettore della Luiss)Dice che i manager sono bastradi, beh, io sono d'accordo.
A me sembra che servano persone intelligenti, appassionate e oneste, come ovunque.
Perché nel ciclismo c'è una concentrazione di umanità di basso livello sorprendente ( o forse è come in tutti i posti dove gira denaro e ignoranza).
Ciao prof, ma spero che scherzi, va beh cattolica ma lefevriano......

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 06/01/2009 alle 15:14
Rispolvero questo thread dopo avere letto sul BS di gennaio, a pagina 55 l'articolo di Tony Lo Schiavo intitolato: "corridori non capite che siete incatenati?".

Mi trovo molto in sintonia con il pezzo. Cruciale è la seguente sintesi, da me già fatta in passato:

Se però in passato era giusto considerare i corridori vittime di un sistema che li usava e sfruttava, spesso anche senza una loro piena consapevolezza, oggi, dopo anni di bufere, non è più possibile considerare gli atleti solo e semplicemente le vittime di un sistema,

Mi ci ritrovo in pieno. Lo Schiavo in questo editoriale parte da qui per giustificare la proposta di radiazione che molto ha fatto discutere i lettori.
Se all'inizio ero scettico sulla radiazione, oggi, dopo i casi di atleti relativamente "giovani e nuovi" rispetto ai nefasti anni '90, sono a favore della radiazione pure io. Lo dissi per rabbia dopo il caso Sella, lo dico con raziocinio oggi.

Ha ragione Lo Schiavo: i corridori non hanno mai fatto nulla per proteggere se stessi, qui ne abbiamo parlato infinite volte. E l'assocorridori ne è l'esempio lampante.

Mi riservo di approfondire il mio pensiero (sto andando di fretta!) ma godo nel leggere finalmente qualcuno che dice chiaramente quanto i ciclisti abbiano dato la coperta fino ad oggi ad un sistema che tende a distruggerli.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 10/01/2009 alle 13:26
Carissimi,
una nota di profonda delusione.
Non perchè questo thread qua lo abbia aperto io o lo alimenti io.
Non perchè mi senta il primo della classe, anzi, sto su questo forum soprattutto per imparare dai tanti competenti che ci sono.
Non perchè il tenore della discussione deve essere quello che dico io.
Per carità, nulla di tutto questo.

Ma che un forum che fino a alcuni mesi fa era l'università della passione ciclistica italiana (ora siamo -anch'io, è ovvio - parecchio scesi, non me ne vogliate, ma tra guastatori, politologi, filosofi e pantanologi) non commenti, in un mese in cui corse non ce ne sono, alcuni aspetti fondamentali del dibatito, è una cosa che mi delude.

Ma come? BS, la più autorevole (ohibò) e venduta rivista italiana di ciclismo puntualizza la sua apertura alla tolleranza zero con un articolo di Tony lo Schiavo e salvo un accenno di Maria Rita (ma solo un accenno) nel forum sulla rivista, nessuno ha niente da dire?

Riempiamo di 1600 interventi l'anno il forum del doping improvvisandoci ematologi, medici, giuristi, stregoni, pettegoli e quant'altro, ci scontriamo tra innocentisti, colpevolisti, incrementalisti, perfezionisti, benaltristi, e non abbiamo nulla da dire su quanto espresso in quell'editoriale?

Sono deluso, lo ripeto.
Non volevo essere polemico. Scusatemi. Ma mi sa che siamo un pò scesi di livello, nonostante gli sforzi della redazione nell'arricchire il dibattito con editoriali e interviste sulla home page. Speriamo di riprenderci.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 10/01/2009 alle 14:11
Frank, senza polemica...

Di post come quello che hai lasciato poco fa ne ho letti parecchi su questo forum.
Troppi, per i miei personalissimi gusti (i quali manifestano un'opinione e nulla più, ovvio). A me dà molto fastidio quando qualcuno plaesi delusione per uno spunto non seguito appellando come ragione un abbassamento della qualità del forum. Che può anche darsi avvenga, non lo nego, ma mi sembra molto presuntuoso tirare in causa ciò per l'opinione di un giornalista qualunque. Interessante (l'avevo già letta), ma pur sempre un opinione e non la scoperta della fusione fredda.
Quando l'ho letta, mi è balenata in testa l'ipotesi di rispondere quale fosse il maggiore prurito di Lo Schiavo, se punire i ciclisti o salvare il ciclismo dal Sistema, visto che i ciclisti son già puniti, ad oggi, ma il sistema sopravvive senza troppi patemi. Però poi ho pensato: ho già scritto questa cosa milioni di volte, perchè ripeterla? Perchè dovrei rischiare di ammalarmi della cosiddetta "Forumite" ben descritta da Aranciata, che tante vittime ha fatto su questo forum tra i saggi lasciando il campo ai mediocri, rispondendo a ogni singolo spunto che viene dato?

E da utente molto medio, credo abbian fatto un ragionamento simile tutti gli altri utenti che han letto, han condiviso o meno il pensiero, ma non hanno lasciato risposta.
Molto meglio lasciare 1 post al giorno, ma che ne è valsa la pena di scrivere, che riempirlo di ovvietà come faceva Abajia l'anno scorso (tornando poi sulla retta via, per fortuna) o come fa qualcun altro adesso.

Ciao, Nicola

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 10/01/2009 alle 14:18
caro VDB.mi prendo l'onore di questo intervento non per allievare il tuo risentimento verso questo silenzio al tuo interessante intervento.
ma semplicemente per dirti che il percorso di Lo Schiavo e' il medesimo che ho intrapreso io..
Lo so che negli altri sport il doping esiste,lo so che a pagare sono sempre solo i corridori ed ho altri 1000 "lo so".
e se lo so io che non sono dentro all'ambiente...figurarsi i corridori.
i quali indomiti restano li'...al centro del sistema.
nessuno li forcalizzi,ma nessuno pure li perdoni.
tutto quello che fanno lo fanno consapevoli a loro rischio e pericolo.
se poi si viene beccati...e' un inconveniente del mestiere..
non mi sembra che nessuno storga il naso per il ritorno di Basso alle corse,come nessuno lo fara' al ritorno di Ricco'.
quindi questa favola dei perseguitati perenni mi fa un po' sorridere..
con rispetto
Massimo

 

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non li senti?...questo e' il mio mondo..devo andare.

M.Rourke.THE WRESTLER.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/01/2009 alle 22:14
Subsonico,
senza polemica (ora, come quando ho scritto la prima volta).

Il punto non sono i pruriti di Lo Schiavo, come dici tu. Se così fosse sfoceremmo nella solita discussione dei giornalisti BRA o giornalisti BRA.VI.
Il punto non è se i corridori stanno o no al centro del sistema e come vanno puniti: ne abbiamo già discusso all'infinito.

Il punto è che la maggiore rivista italiana di ciclismo, per bocca di una delle sue firme storiche parla per la prima volta di quanto i corridori siano consapevoli, collettivamente, dello stato di salute della loro professione.
Il punto è che per la prima volta fuori dalle pagine di cicloweb si parla a chiare lettere della coscienza di classe del ciclista.
Il punto è cher la prima volta qualcuno là fuori si interroga se i ciclisti dopo 10 anni di antidoping vero (condotto certamente male, ma questo è un altro problema) abbiano capito qualcosa sul come comportarsi.

Il punto è che molto probabilmente la riflessione di Lo Schiavo è nata anche leggendo il nostro forum e forse questo thread.

Se non siamo in grado di cogliere questo, pazienza!

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/01/2009 alle 23:03
Il mese scorso ho scritto a BS lamentandomi, sia della tolleranza zero sia della continua adorazione del corridore fino alla caduta nell'errore e quindi all'accusa di tradimento. Avevo scritto che raccolgo maggiori e migliori informazioni qui.
Forse l'ha fatto qualcun'altro oltre me?

 

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Michela
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Livello Marco Pantani
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  postato il 12/01/2009 alle 01:16
FVDB, anch’io sono convinta che le risposte ( o le mancate risposte) a certi post siano lo specchio dello stato di salute intellettuale di un forum. Come certe assenze. Nel bene e nel male, chiaramente.
Ho risposto a quanto hai scritto su Lo schiavo ( come hai notato) nel thread su BS perché l’ho messo in un discorso più ampio su quel giornale.
Volevo solo dire qua che non mi pare che la coscienza di classe ( per qualsiasi classe) si formi attraverso la mattanza a orologeria del potere contro la massa che deve diventare classe.
Così, semmai, si forma ( o si rafforza) l’omertà e il conformismo. E la capacità di intrufolarsi in quei giochi di potere che , si spera, permettono di salvarsi dalla mattanza.
Infatti, non vedi ombra di pentimento, di stridio del loro essere e del sistema nei “beccati”. Solo conformismo assoluto, retorica richiesta di scuse e subito lavorare per reinserirsi nel sistema nel modo più conformistico e di regime.
Non è la coscienza di classe questa, è solo saper stare alle regole del gioco. Se ti beccano l’unico colpevole sei tu ( al massimo puoi chiamare dentro qualche compagno per avere meno squalifica tu), se ti viene in mente di dire qualcosa di più ( come pare abbia fatto Sella) te ne vai a coltivare la terra e a sperare che non ti spari qualcuno, devi dire qualcosa di retorico sull’”errore” commesso e poi, naturalmente, quello sguardo che dice: ma la verità lo sapete tutti quale sia.
Poi è anche richiesto che ad ogni beccato gli altri dicano che sono la vergogna del ciclismo per poi, dopo qualche tempo, esserlo loro.
E’ un gioco delle parti, semplicemente, la coscienza di classe è ben altro, parte dal basso, dalla visione della condivisione della sorte, non è calata dai giochi di potere.
Quanto all’antidoping fatto sul serio, non ci credo neanche un po’. Si specializzano nell’orologeria, semplicemente.
E quando leggo nelle motivazioni della sentenza sportiva su Riccò che si sapeva della sua frequentazione di Santuccione per due anni e mezzo e che nessuno ha potuto fare niente e la giustizia sportiva ne prende solo atto, mi convinco che l’antidoping è una gran presa per il c….
Come anche il fatto che se uno parla, immediatamente ci sono giornali ( o direttamente il TG1) che sanno quello che dice, il che non mi pare un indice di incoraggiamento a parlare.
L’articolo di Lo Schiavo è perfettamente all’interno di questo gioco delle parti, prende atto: più in alto dei ciclisti non si arriva, perciò massacriamoli e facciamo finta di credere che questo sia un deterrente. Facciamo finta che tutto dipenda dalla volontà del ciclista.


 

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Livello Moreno Argentin




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  postato il 12/01/2009 alle 14:48
La coscienza di classe? Secondo me ci si arriva, ma affinché nasca occorre avere davanti persone (corridori) che non abbiano nulla che li renda ricattabili.
So che un direttore sportivo italiano lo scorso anno si è trovato a parlare con quattro giovani della sua squadra ed, essendo stato a sua volta un corridore, ha iniziato a dire loro di fregarsene di certe cautele e di darsi una mossa per fare risultato. Quando quelli hanno capito dove voleva andare a parare, hanno alzato la voce, lo hanno mandato a quel paese ed hanno chiesto aiuto anche a un avvocato per cambiare squadra. Trattandosi di ragazzini cresciuti puliti, hanno potuto mandare a quel paese quel tale e tirare dritto per la loro strada. Il guaio degli altri è che non possono permettersi di alzare la voce, in quanto totalmente ricattabili.
Quanto all'articolo di Lo Schiavo, mi chiedo per quale motivo Bicisport non esca dalla dimensione della facciata. Io credo che tutti in questo momento difficile debbano dare un contributo per costruire qualcosa. I giornali facciano luce dove non batte il sole: sarebbe già una cosa immensa.
A guardare dalla propria finestra i palazzi che crollano intorno non s'è mai rimesso in piedi nulla. Tutt'altro: c'è il rischio che una facciata troppo vicina crolli male e butti giù anche il palazzo in cui si vive (presumibilmente) al sicuro.
Quel pezzo di Lo Schiavo serve a poco. Sarebbe molto più utile un'inchiesta per smascherare, ad esempio, un team manager disonesto. Allora sì che renderebbe la libertà a ragazzi incatenati e si permetterebbe loro di schierarsi contro la mafia, con la sensazione che la loro non sia una causa del tutto persa...

 

[Modificato il 12/01/2009 alle 16:02 by grilloparlante]


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 14/01/2009 alle 06:39
Ho letto, non ricordo se qui o in un altro topic, che ci si sorprendeva della mancata discussione dell'articolo di Lo Schiavo.
E' vero, andrebbe discusso, ma quando ho letto i commenti a quell'articolo, mi sono detta "Che palle, la solita solfa, la solita ipocrisia".
Io non sono Maria Rita, non sono una pasionaria che trova sempre il modo per rinvigorire il fuoco della lotta, dopo un po' le solite chiacchiere mi svuotano, mi tolgono l'entusiasmo.
Fino all'altro ieri i ciclisti per i giornali erano delle vittime consenzienti, poi ieri dei traditori che fanno tutto da soli, ora gli unici in grado di cambiare il ciclismo e se non lo faranno, la colpa della fine di questo sport sarà solo loro, perchè sono i veri protagonisti!
Ma Ohh!!! E basta, no?!?!
Lo Schiavo dica finalmente qual'è la sua idea quando ce l'avrà chiara in testa e poi vada dai corridori a chiedere se a loro sta bene continuare a fare tutti questi controlli e sottostare a tutte le clausule dei contratti fino alla fine della carriera e perchè o se sarebbero disposti ad ascoltare le argomentazioni di un gruppo di avvocati esperti interessati che si preoccuperà di intervistare.

Al suo posto credo che farei così, se fossi tanto preoccupato per i ciclisti.

 

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Livello Marco Pantani
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  postato il 14/01/2009 alle 13:46
Sì, Michela, come ha detto De André in un’intervista che ho sentito giorni fa, ho poche idee ma fisse.
E se una cosa non mi quadra mi arrendo a fatica. Del resto se il mio nicK è Don Chisciotte…
Però sono d’accordo sull’uso dei ciclisti che, come gira il vento, sono considerati vittime, diavoli,possono salvare il mondo o fanno parte di un sistema che li sovrasta, tanto le carte in gioco sono sempre loro, più in alto non si va. E Lo Schiavo e il suo articolo sono perfettamente su questa direzione di vento.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 09:32
In maniera se volete un pò narcisistica ritiro su questo vecchio thread da me inaugurato, per parlare di ieri e di ieri l'altro.

Ieri l'altro la caduta di Horrillo ha sconvolto tutti, però tutte queste lamentele sulla sicurezza mi fanno incaxxare. Sì Horrillo, si è fatto molto male, per carità, ma è davvero colpa del percorso scelto? Troppo pericoloso? O forse è stata una ingrata fatalità a colpire lo spagnolo? Non mi interessa deteminare se questi sia sfigato o vittima. Mi interessa sottolineare che questa "banda di cretinetti" (per mutuare un'espressione usata da Admin nel commentare uno sciopero alla Vuelta) ieri citava Horrillo, ma sono gli stessi che scendono a rotta di collo le montagne del Tour senza paracarri; sono gli stessi che scendono il Kemmelberg bagnato con ruote alto profilo in carbonio gonfiate a 12; sono gli stessi che sognano di rimanere immortali vincendo una corsa che per 52 km si svolge su pietre infide e pericolose. Il tutto senza protestare. Ecco, tirare dentro Horrillo mi sembra un tantino eccessivo. Una foglia di fico di quelle che periodicamente i nostri ciclisti tirano fuori.

Sulla protesta di ieri ho capito poco, in diretta: avevo gente a casa e non sono riuscito a seguire la tappa come volevo. Ma mi chiedo: che il percorso di Milano avesse troppe curve, i binari che lo attraversavano, il porfido, le linee del tram, etc. i corridori lo hanno scoperto solo ieri mattina? Sbaglio o il Giro lo hanno presentato a dicembre?
L'assocorridori (italiana e internazionale) ha avuto qualcosa da dire? Ha contrattato standard minimi di sicurezza con i grandi organizzatori? Mi pare di no.
Ha senso protestare per il circuito di Milano ma non per l'arrivo "budello" di Mayrhofen? Ha senso (l'anno scorso) protestare per la scarsa qualità delle strade siciliane (che girai il mese dopo e non mi sembrano poi così peggio di quelle del Nord) e tacere sugli arrivi killer di Carpi o di Cittadella?

Sì, sono questioni già sollevate, ripetitive.
Fino a quando a loro andrà bene di farsi rappresentare (per due mandati) da uno che contemporaneamente fa il sindacalista dei ciclisti, l'organizzatore di eventi ciclistici (vedi Varese) e il rappresentate di una casa costruttrice, andrà bene anche a me. Che non mi stancherò mai di dire loro che quando attuano comportamenti come quelli di ieri sono dei buffoni. Senza se e senza ma. Dai miliardari ai neoprò che pedalano a due palmi da terra solo per avere coronato il sogno di correre il Giro. Buffoni.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 09:39
Fonte: sito web di Repubblica:
http://www.repubblica.it/2009/05/rubriche/visti-per-strada/la-passeggiata/la-passeggiata.html

La protesta non convince e quanti silenzi sul doping
di Maurizio Crosetti

STRANI, questi ciclisti che per due giorni si tuffano in picchiata su strade viscide di pioggia o lungo tornanti assassini, e poi scioperano perché nel centro di Milano ci sono i coni di plastica o le rotaie del tram. Divisi al loro interno, in un gruppo che oscilla tra il carisma dei "capi branco" (Armstrong su tutti: è stato lui a pilotare la protesta) e la paura degli sponsor. Lo sciopero bianco del Giro si è infatti fermato a tre quarti: la volata è stata fatta, regolare e velocissima. Forse che il circuito, all'improvviso, non era più pericoloso?

Oltre ad avere deluso i tifosi che aspettavano il Giro, la protesta del gruppo lascia enormi perplessità in chi non dimentica le occasioni perdute negli anni dai corridori: quando cioè sarebbe stato il caso di protestare, eccome, contro un doping di sistema che di fatto costringeva a siringarsi per trovare un posto di lavoro e non essere lasciati indietro. A quel tempo, invece, omertà assoluta. I corridori riuscirono addirittura a contestare il caschetto obbligatorio, quello che avrebbe salvato e salva molte vite.

In sostanza, il ciclista spesso alza la voce quando dovrebbe tacere e non la alza quando avrebbe ragione di farlo. Il suo è uno sport duro, pericoloso, impietoso che però ha perso quasi tutta la credibilità residua, dopo gli anni del doping e degli inganni: invece di andare incontro agli appassionati, il gruppo si allontana dalla gente prendendo assurde posizioni.

E adesso? Il Giro si ferma davvero, e non per protesta, domani: primo giorno di riposo in programma. Poi la corsa vivrà la Cuneo-Pinerolo, non quella storica ma una copia riveduta e corretta per colpa della neve in Francia: montagne spianate, purtroppo, come già è accaduto sulle Dolomiti. E a Pinerolo, l'arrivo è posto su strade strette e difficili, altro che Milano. Stavolta i ciclisti faranno meglio a pensarci per tempo, oppure a tacere e correre.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 09:52
Crosetti, chi era costui ?

 

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nino58

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 10:56
Originariamente inviato da nino58

Crosetti, chi era costui ?



uno che ha sempre scritto (male) di calcio, e che ha iniziato ad occuparsi di ciclismo da quest'anno.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 11:01
E' di Repubblica, scuderia Capodacqua quindi... cosa vi aspettate?
Si parla di Doping anche quando non si dovrebbe...

 
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Elite




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  postato il 18/05/2009 alle 11:40
Per quel che possano contare queste poche righe e chi le scrive, da appassionato ciclista vorrei ringraziare Marco Grassi per l'articolo in homepage "Che mondo desolante. Farsa a Milano. Vince Cavendish". In passato la dir di cicloweb mi aveva costantemente deluso quando trattava di etica ed annessi (vedi doping etc.)...In questa occasione devo ammettere che si tratta di un ottimo pezzo, indubbiamente il miglior articolo letto sul Milano Show di ieri. saluti e grazie.
 
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Livello Marco Pantani
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  postato il 18/05/2009 alle 12:19
Di fretta ma alcune cose su quanto scritto da FVDB. Un ciclista può vedere le tappe alla presentazione ma si rende conto meglio quando la tappa in questione si avvicina, oppure le circostanze lo fanno rendere conto.
Armstrong, che pare sia l’ispiratore della protesta, potrebbe pure essersi conto che si trattava di un rischio del tutto gratuito.
La discesa, la strada bagnata, la velocità dell’agonismo fanno parte dei rischi ( certo, puoi andare un po’ meno forte ma l’agonismo magari te lo impedisce), un circuito cittadino con le macchine che transitano in senso contrario, le rotaie ecc. è un discorso diverso.
La caduta in cui si è rotto la clavicola potrebbe averlo indotto a maggiore prudenza,
Comunque tutti parlano di doping ma leggevo su Repubblica che muore un ciclista al giorno in Italia ( considerando anche chi usa la bici come mezzo di trasporto), mi pare che il problema sicurezza non sia campato per aria.
Se i ciclisti iniziassero a prenderne coscienza, non sarebbe male.
Sul sindacato dei ciclisti c’è solo da ridere, perché esiste? E i ciclisti hanno coscienza di sé tanto da preoccuparsene?.
Ho visto su Tuttobiciweb che Di Luca ha detto che erano d’accordo per andare pianissimo e far passare prima la Rabobank, poi si sono tutti intimoriti e hanno fatto la volata. Figuriamoci. Giustamente Di Luca ha detto che lui i patti li rispetta.
Poi su quanto dice Crorsetti sul doping e il fatto che nessun ciclista abbia mai denunciato il sistema che obbliga a doparsi, ci sarebbero cose da dire.
1) Quando mai è interessato a qualcuno il sistema? Visto sulla sentenza di Frigo come è calato il silenzio? Basta sbranare il dopato di turno no?
2) Un ciclista che volesse denunciare qualcosa ( a parte accuse generiche che più che accuse sono scuse) e, quindi, per esempio denunciare, come dice la sentenza di frigo, le intimidazioni che lo portano al doping, rischia la squalifica sportiva e un processo penale. Non gli conviene stare zitto? Certo, poi se lo beccano fa il nome di un compagno e si vede ridotta la squalifica.
Se il doping è reato penale e reato sportivo ed è uguale che ti becchino o che parli tu, a chi conviene parlare? Poi non ci si può lamentare dei ciclisti che non si ribellano al sistema.
Non possono farlo ( squalifica e condanna penale). E quando potrebbero farlo ( tipo ieri) sono bambini impauriti, abituati a sottostare alle intimidazioni di chiunque.

 

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IO CORRO DOPATO COME TUTTI.

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Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 12:20
Non è che si sono intimoriti, i velocisti (Cavendish e Farrar su tutti) non erano per niente d'accordo.

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 12:37
Originariamente inviato da roberto79

E' di Repubblica, scuderia Capodacqua quindi... cosa vi aspettate?
Si parla di Doping anche quando non si dovrebbe...


Che significa? Gianni Mura è scuderia Capodacqua allora? Lasciamo perdere per una volta: Crosetti ha ragione. Poi può essere un neofita, ma ha ragione.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 18/05/2009 alle 12:44
Mura è un altra cosa, altro stile, altra scuola...

Crosetti non sapendo di che parlare parla di DOPING. Quindi è alla stregua di Capodacqua... forse ha appreso in redazione sport quale deve essere l'argomento base da trattare quando si parla di Ciclismo?




 
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  postato il 18/05/2009 alle 13:36
A mio parere quanto accaduto dimostra che oltre a non esistere
una coscienza di classe non ha proprio senso il sindacato dei corriori.

Che senso ha che gli atleti si fermino ed eleggano sul campo la
maglia rosa come loro portavoce?
Se non si sentono rappresentati da Colombo perche' non
hanno approfittato di quel microfono per dirlo?
Bastava poco.... giusto un "il circuito e' pericoloso
e non ci sentiamo tutelati dal sindacato".

Se invece si sentono rappresentati allora che lo
usino come tramite evitando di esporre i piu' deboli
al dito puntato dell'orrido o ai ricatti degli sponsor.

Il discorso sicurezza e' di un'ipocrisia clamorosa:
come sono andati a provare le tappe chiave, potevano tranquillamente
far verificare a qualche associato la sicurezza di tutte le tappe.
Anche questo significa professionismo.

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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