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Autore: Oggetto: Fatti di politica 2008

Livello Fausto Coppi




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  postato il 19/12/2008 alle 14:38
A me questa sembra un'esagerazione....

Spagna; Presepio ritirato da Procura Generale, nuova polemica


Madrid, 17 dic. (Apcom) - Dopo la guerra dei crocifissi, la guerra dei presepi. Continuano nella Spagna di José Luis Zapatero le polemiche sui simboli religiosi nei luoghi pubblici, e stavolta è toccato alle figurine che riproducono la Natività, popolari in Spagna come in Italia: la scintilla che ha fatto scoppiare il caso è stata l'esposizione, nell'atrio della Procura Generale dello Stato a Madrid, di un presepio, su proposta della procuratrice Olga Sanchez, che aveva rappresentato la pubblica accusa nel giudizio sull'attentato islamista di Madrid dell'11 marzo 2004. Poche ore dopo un'altra magistrata, Pilar Barrero, ha espresso il suo malessere per la presenza di questo simbolo religioso in uno Stato che è definito dalla Costituzione come "aconfessionale". Alcuni giudici favorevoli al presepio hanno argomentato che si tratta di una "tradizione culturale" più che religiosa e che "non offende" nessuno, ma il numero due della procura, Juan Martin Casallo, ha ordinato di ritirare la Natività 'incriminata', rimasta esposta quindi solo poche ore. Venerdì scorso il governo ha annunciato che sta preparando una nuova legge sulla libertà religiosa per favorire il pluralismo religioso e rispecchiare meglio la natura 'aconfessionale' dello Stato. Fra i temi polemici, c'è proprio la presenza dei simboli cattolici nella vita pubblica: lo stesso governo di Zapatero ad esempio, ha promesso fedeltà alla Costituzione davanti a un crocifisso. La riforma avverrà gradualmente nel corso del 2009 e fra le iniziative annunciate venerdì scorso c'è la creazione di un osservatorio sul pluralismo religioso e una formazione per i funzionari e agenti pubblici (polizia, forze armate, medici, ecc.) più attenta all'uguaglianza dei diritti in materia di religione.

(www.apcom.net)

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 19/12/2008 alle 17:09
A me francamente delle storie dei simboli me ne importa poco: non mi dà noia né il crocefisso, né la mezzaluna. Però il burqa (si scrive così?) sì, come la divisa delle suore. Il velo mi sembra un obbrobrio che se fossi una donna non accetterei, perché più che simboli, mi sembrano imposizioni.

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 20/12/2008 alle 12:23
"Gli ebrei non saranno sottoposti a trattamenti peggiori di quello
usato loro per secoli e secoli dai papi"

L'offensiva neodogmatica

• da La Repubblica del 19 dicembre 2008, pag. 1

di Gad Lerner

Ogni giorno di più la Chiesa di Benedetto XVI mostra un volto arcigno
alle donne e agli uomini del suo tempo. Accusa di «statolatria» il
governo spagnolo colpevole di «indottrinamento laico». Scomunica le
sentenze della magistratura italiana sul caso Englaro, paragonandole
a una condanna a morte. Proclama l'impossibilità del dialogo
interreligioso, raccomandando di «mettere tra parentesi la propria
fede» quando ci si confronta con le altrui confessioni.

II papa stesso si erge a maestro di dottrine politiche affermando
nell'insolita, entusiastica, lettera a Marcello Pera - che l'unica
cultura liberale possibile sarebbe quella radicata nell'immagine
cristiana di Dio. Sposando così la forzatura identitaria
del "dobbiamo dirci cristiani" e vincolando le scelte etiche della
collettività al principio unilaterale dell'agire "come se Dio ci
fosse". Il Dio trinitario cristiano, naturalmente, per l'ennesima
volta nominato invano.

L'attacco diretto alla Spagna segnala il disorientamento con cui la
Chiesa reagisce alla perdita del ruolo di guida esclusiva della
morale pubblica, nell'epoca della biopolitica. Sfiduciato nella sua
capacità di esercitare una testimonianza evangelica, Benedetto XVI
punta sul rafforzamento di un fronte laico conservatore che assuma la
dottrina cattolica come ideologia dell'"ordine naturale"; per
influenzare così le scelte inedite che le democrazie sono chiamate a
compiere di fronte ai progressi tecnico-scientifici e all'evoluzione
dei comportamenti familiari.

Ma il tono virulento che ormai contraddistingue l'attuale
pontificato - più politico che teologico - rivela tutta la sua
debolezza proprio quando deve fare i conti con le vicissitudini
storiche da cui tale debolezza scaturisce. Non a caso il predecessore
Giovanni Paolo II aveva impostato il Giubileo del bimillenario
cristiano su un tema controverso come la "purificazione della
memoria", vincendo le perplessità della Congregazione per la Dottrina
della fede. Se la gerarchia cattolica oggi soffre un deficit di
credibilità in Spagna, ciò non deriva anche dalla sua infausta
alleanza col franchismo? E non a caso, nell'Italia clericale ma
scristianizzata di oggi, abbiamo dovuto assistere a una reazione
tanto stizzita dopo le parole di Gianfranco Fini sulla vergogna del
1938. Un'offensiva autoassolutoria che sarebbe stata impensabile solo
qualche anno fa.

Ho provato disagio di fronte alla raffica di dichiarazioni lanciate
all'unisono da storici cattolici che pure avevano scritto pagine
tutt'altro che reticenti quando il clima era diverso. A sentirli ora,
irriconoscibili, è parso quasi che la vicenda delle leggi razziali
non riguardasse la Chiesa, e anzi la Chiesa potesse andare orgogliosa
del modo in cui si comportarono allora i suoi principali esponenti.

Tale superba rappresentazione di sé medesima, aggravata dall'uso di
parole sprezzanti nei confronti di chi osa metterla in dubbio, si
scontra con una mole di documenti incontrovertibili e noti da tempo.
Basterebbe rileggere la corrispondenza tra il gesuita Pietro Tacchi
Venturi e il segretario di Stato della Santa Sede, Luigi Maglione,
nelle settimane successive alla caduta del fascismo. Quando gli alti
prelati si adoperarono per evitare che Badoglio cancellasse in toto
la normativa sugli ebrei, «la quale secondo i nostri principii e le
tradizioni della Chiesa cattolica ha bensì disposizioni che vanno
abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma». Di fatto
nel 1943 il Vaticano chiedeva solo la "riabilitazione" degli ebrei
convertiti. Che gli altri restassero pure discriminati: le leggi
razziali andavano corrette ma non soppresse.

Del resto sette anni prima, il 14 e il 19 agosto 1938, l'Osservatore
romano aveva pubblicato due articoli in cui - dopo aver vantato le
benemerenze accumulate dai papi in difesa degli ebrei nel corso della
storia - rivendicava le proibizioni cui essi venivano assoggettati,
motivate non da "ostracismo di razza", bensì dalla «difesa della
religione e dell'ordine sociale, che si vedeva minacciato
dall'ebraismo». Questo era il modo in cui la Chiesa pensò di reagire
alla svolta razzista del regime. Perché stupirsene, visto che negli
stessi giorni il governo Mussolini rassicurava per iscritto padre
Tacchi Venturi con le seguenti, beffarde parole: "Gli ebrei non
saranno sottoposti a trattamenti peggiori di quello usato loro per
secoli e secoli dai papi». Erano trascorsi meno di settant'anni dalla
definitiva chiusura del ghetto di Roma.

Oggi che il dialogo ebraico-cristiano è di nuovo ostacolato dalla
pretesa teologica di conversione del popolo di Gesù, sarebbe bene
che, invece di sbandierare una dura opposizione alle leggi razziali
che purtroppo non c'è mai stata, gli uomini di Chiesa ricordassero la
dottrina antigiudaica vigente nel 1938 (e sconfessata solo nel
1965) : cioè l'accusa di "deicidio" con cui venivano spiegati
diciannove secoli di discriminazioni. Tanto è vero che il Vaticano
denunciava come perniciose le posizioni di leadership culturale
assunte dagli ebrei nelle democrazie occidentali. Come stupirsi se
poi la società italiana tollerò l'infamia delle leggi razziali?

Tutto ciò è stato materia dolorosa di riflessione nella Chiesa
cattolica, da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II. Ma ora di nuovo
scatta l'anatema. Contro Gianfranco Fini, inchiodato alle sue origini
fasciste.

E contro Walter Veltroni, colpevole di avergli dato ragione.

Colpisce il richiamo all'ordine rivolto ieri da Avvenire ai dirigenti
cattolici del Partito democratico: perché non criticate il vostro
segretario, lasciando tale incombenza solo alla pattuglia
dei "teodem"?

L'offensiva neodogmatica della Chiesa arcigna non può fare ameno di
questi richiami caricaturali all'infallibilità. Il dubbio è bandito,
fede e ragione coincidono così come dottrina e natura. Che si tratti
di bioetica, di ordinamento familiare, di finanziamento delle scuole
cattoliche, odi interpretazioni storiche.

Stranamente tale severità viene meno solo allorquando i politici
amici contraddicono i precetti evangelici dell'accoglienza e sparano
accuse di "catto-comunismo" sui vescovi che li richiamano. Perché la
Chiesa arcigna s'illude di lucrare vantaggi dal conservatorismo
laico, e lo supporta a costo di trasmettere disagio in chi vive il
cristianesimo come testimonianza di vita. In diversi incontri
pubblici cui ho partecipato nelle settimane scorse dentro sedi
parrocchiali e istituzionali, mi è capitato per la prima volta di
sentire applausi rivolti a sacerdoti e fedeli che criticavano
apertamente il papa.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 21/12/2008 alle 07:19
sabato 20 dicembre 2008, 10:00
La bambina Ogm: non avrà il cancro al seno
di Enza Cusmai

Far nascere un bimbo senza avere l'incubo di avergli trasmesso un tumore
ereditario è il sogno di tutti i genitori. In Inghilterra questo sogno è
diventato realtà. Almeno per una coppia che si è sottoposta alla diagnosi
pre-impianto. In questo modo è stato possibile selezionare un embrione
sprovvisto di un gene killer, chiamato «Brca-1», che avrebbe assicurato al
neonato oltre l'80% delle possibilità di sviluppare un tumore al seno. Il
bebè, perfettamente sano, ora si trova ancora nella pancia della mamma e
vedrà la luce la prossima settimana.

Inevitabili le accuse di manipolazione genetica. Ma la storia personale
della coppia inglese è di quelle che toccano il cuore. La madre ha deciso la
selezione degli embrioni perché il marito aveva una storia devastante legata
alla malattia: la sorella, la madre, la nonna e una cugina avevano tutte
avuto il cancro al seno, e lui stesso era positivo al gene. «Nel corso delle
tre ultime generazioni - racconta la futura mamma - ogni donna della
famiglia di mio marito ha avuto il tumore al seno, tra i 27 e i 29 anni.
Abbiamo pensato che, se ci fosse stato il modo per evitarlo ai nostri figli,
dovevamo percorrere questa strada». Così, nonostante fossero entrambi
fertili, i due si sono sottoposti all'inseminazione in vitro per poter fare
la diagnostica pre-impianto. I test sono stati realizzati prelevando una
singola cellula dagli 11 embrioni, quando avevano appena tre giorni di vita.
Sei avevano il gene del cancro al seno; due di quelli che ne erano privi
sono stati impiantati, e uno ha attecchito diventando un feto. Adesso il
gene «cattivo» è stato eliminato dall'asse ereditario della coppia che ha
anche potuto congelare altri due embrioni sani per un eventuale uso futuro.

Soddisfatto Paul Serhal, il ginecologo dell'university College Hospital di
Londra che ha in cura la donna. «È una tecnica che è stata migliorata e
sviluppata nel corso di pochi anni - spiega il medico - e ora potrà essere
offerta come un'ottima opzione alle altre coppie che hanno questa anomalia
genetica». Si calcola, infatti, che in Gran Bretagna circa il 5% dei 44mila
casi diagnosticati ogni anno di cancro mammario siano causati dai geni
Brca-1 e Brca-2, entrambi diagnosticabili già negli embrioni.

Tutto questo è avvenuto in Gran Bretagna, dove la selezione embrionale è
consentita, a differenza che in Italia. Ma anche nel nostro Paese oggi è
possibile percorrere una strada innovativa per eliminare il tumore
ereditario. «Si può individuare il gene tumorale anche con l'analisi
dell'ovocita», annuncia Francesco Fiorentino, uno dei massimi esperti
internazionali di diagnosi pre-impianto. «La nuova tecnica che ho messo a
punto non è invasiva, incide solo sugli ovuli della donna e soprattutto non
tocca gli embrioni».

La sconfitta definitiva del cancro si avvicina? «I tumori ereditari sono
solo il 10% di tutti quelli esistenti - avverte Fiorentino -. Però, nel caso
di una familiarità, si possono prevenire diverse forme di tumori come quello
alla mammella, al colon, all'ovaio, il retinoblastoma e il tumore alla
tiroide».

 

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  postato il 23/12/2008 alle 08:14
Englaro e non solo, Poretti: quando l'esecutivo prevale non siamo più in un regime liberale, ma si va alla deriva verso quello totalitario


19 dicembre 2008

• Intervento della senatrice Donatella Poretti parlamentare Radicali - Partito Democratico

L'atto intimidatorio del ministro Sacconi sul caso Englaro e' la conseguenza di una deriva totalitaria dello Stato partita da luglio: la separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, regola base di una repubblica liberale, aveva subito il primo colpo a luglio con la mozione per aprire un conflitto di attribuzioni di poteri tra una sentenza della Cassazione e il Parlamento. Quest'ultimo non gradiva una sentenza e invece di cambiare le leggi che l'avevano originata, censurava la magistratura giudicante. Sappiamo come e' finita' davanti alla Corte Costituzionale. Non c'erano gli estremi per intervenire.

Di questi giorni la nota del ministro Sacconi che, non gradendo la sentenza passata in giudicato e quindi esecutiva, minacciava le strutture sanitarie che l'avessero applicata. Interferendo e anticipando cosi' anche su qualsiasi legge in tema di testamento biologico, su uno dei punti piu' delicati e piu' dibattuti come quello dell'alimentazione e dell'idratazione.

A luglio il potere legislativo, oggi quello esecutivo, si sostituiscono al potere giudiziario, creando una pericolosa commistione, esattamente come avviene negli Stati totalitari e, vista la materia, piu' precisamente negli Stati etici.

Qualcosa di altrettanto grave sta avvenendo con il lasciapassare per la commercializzazione della pillola abortiva RU486 che deve essere fornito da un organismo tecnico (Aifa) e viene invece condizionato al potere politico in violazione delle norme Ue e della stessa legge che disciplina l'interruzione di gravidanza.

Purtroppo se a questo si aggiunge che anche il potere legislativo, il Parlamento, sta diventando un luogo di mera ratifica di decisioni del potere esecutivo, il quadro e' ulteriormente preoccupante. E quando riesce a prendere una decisione il Governo la svuota, proroga la sua entrata in vigore, nei fatti la annulla. Due esempi: il cordone ombelicale e la class action. Nel primo caso il Parlamento, nel febbraio 2007 autorizza la raccolta autologa solidale anche in biobanche private, a partire da un decreto ministeriale previsto per il giugno; arrivati a scadenza il Governo con un emendamento in un decreto rimanda a febbraio 2009 l'entrata in vigore. La class action, approvata nella Finanziaria 2008 doveva entrare in vigore a giugno 2008 e di nuovo il Governo con due articoli in due decreti prima rinvia a gennaio e poi a giugno 2009.

Il Parlamento, dall'insediamento della legislatura ha tradotto in legge solo decreti governativi, ad eccezione di una legge di iniziativa pur sempre governativa, il cosiddetto Lodo Alfano. La tempistica e la rapidita' del suo esame e approvazione, in realta' hanno superato perfino quella dei 60 giorni di cui necessita la conversione in legge di un decreto, impiegando soli 20 giorni!

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 01/01/2009 alle 21:36
sarà sicuramente un caso che non si è avuto proprio nulla da dire sui 400 e morti ammazzati e 2000 feriti palestinesi da parte di uno stato terrorista, alias Israele.
Nemmeno quelli più realisti del re, quelli che vanno orgogliosi di non "fare grandi discorsi" e compagnia bella.
E dato che non hanno avuto nulla da dire spero, almeno, che non abbiano proprio adesso il buon gusto di intervenire per difendere i vari "diritti di difesa", di "esistenza" ed altre porcate.

[tradotto da Aljazeera]

L'incapacità di Israele ad imparare

L'autore sostiene che la guerra a Gaza si ritorcerà sia contro Israele sia contro gli USA.

Di Nir Rosen

Quando George Bush, il presidente americano, entrò nel 2001 per la prima volta alla Casa Bianca, i Palestinesi venivano uccisi nell'Intifada di al-Aqsa (la Seconda Intifada palestinese).
Otto anni più tardi, mentre Bush si prepara ad abbandonare l'incarico, Israele sta eseguendo uno dei più enormi massacri della propria sessantennale occupazione della Palestina.
Gli USA, allora come oggi, sostengono con forza l'offensiva di Israele, giustificandola come se fosse in realtà difesa.
Un generale Israeliano recentemente ha minacciato di usare la forza militare per riportare Gaza indietro di decenni più o meno con lo stesso linguaggio usato prima dell'invasione del Libano, nel 2006.
Ma nonostante la devastazione Israeliana del Libano, Hezbollah ne è uscito fuori vittorioso e la resistenza Sciita ed il movimento sociale sono apparsi come eroi al mondo Arabo.
Israele sta per compiere lo stesso errore con Hamas.
La sua idea di una tregua con Hamas era che i Palestinesi avrebbero accettato tranquillamente l'assedio. Israele avrebbe loro negato i mezzi necessari per la sopravvivenza, tantomeno quelli per creare una società in grado di funzionare.
Se i Palestinesi avessero cercato di resistere, sarebbero stati schiacciati.
Come in Libano, Israele avrebbe dovuto imparare anni fa che la forza militare non può distruggere i movimenti di resistenza Palestinesi.

La questione dei media

Mentre l'esercito Israeliano bombarda ancora il milione e mezzo di abitanti di Gaza, che sono imprigionati e muoiono di fame, il mondo sta a guardare in diretta la loro triste condizione mentre i media occidentali si arrampicano sugli specchi per spiegare ed, in alcuni casi, giustificare la perdurante carneficina.
Persino alcuni media Arabi hanno cercato di equiparare la resistenza Palestinese - ed i razzi autocostruiti - con la potenza della macchina militare Israeliana.
Ad ogni modo, tutto ciò non sorprende; gli Israeliani hanno appena concluso una campagna globale di pubbliche relazioni per raccogliere il supporto per il loro assalto, addirittura ottenendo la collaborazione di alcuni stati Arabi.
Una rivista Americana una volta mi chiese di contribuire ad una discussione sul fatto se il terrorismo o gli attacchi contro i civili potessero essere giustificati.
La mia risposta fu che un giornale Americano non dovrebbe chiedere se gli attacchi contro i civili possano essere giustificati. Questa è una domanda cui i deboli, come i Nativi Americani 150 anni fa, gli Ebrei nella Germania Nazista, ed oggi i Palestinesi, dovrebbero rispondere.
Il terrorismo è un termine che normalmente si usa per descrivere ciò che 'altri' fanno, non ciò che facciamo 'noi'.
Nazioni potenti come Israele, gli USA, la Russia o la Cina descriveranno sempre la lotta delle loro vittime come terrorismo.
Però, esse non riconoscono quali atti di terrorismo la distruzione della Cecenia, il lento massacro dei Palestinesi rimasti, la repressione dei Tibetani, e l'occupazione americana dell'Iraq e dell'Afghanistan.
Le regole normative e ciò che è legale e permesso sono determinate dai potenti. Essi formulano il concetto di terrorismo in termini normativi facendolo apparire come se tali definizioni derivassero da un tribunale neutrale invece che dagli oppressori.
Per i deboli, resistere diventa illegale per definizione.
Questo uso eccessivo del linguaggio legale in realtà mina i termini fondamentali di ciò che è davvero legale e riduce la credibilità delle istituzioni internazionali come le Nazioni Unite. La legge diventa il nemico di coloro i quali lottano.
Diventa evidente che i potenti - coloro i quali stabiliscono le regole - insistono sulla legalità unicamente per preservare le relazioni di potere che fanno loro comodo o per mantenere in vita le loro occupazioni ed il colonialismo.

Resistenza disperata

I governi coloniali usano i civili strategicamente, disponendoli per rivendicare il territorio ed espropriare i nativi, siano essi le popolazioni indigene del Nord America o i Palestinesi in ciò che sono oggi Israele ed i Territori Occupati Palestinesi.
Attaccare i civili, perciò, diventa l'ultimo, il più disperato e basilare metodo di resistenza di fronte alle probabilità di essere schiacciati ed all'imminente sradicamento.
I Palestinesi non attaccano i civili Israeliani con la speranza che tale violenza possa distruggere o sconfiggere Israele.
Quando la popolazione nativa capisce che c'è un irreversibile, dinamico tentativo di spogliarli della propria terra ed identità con il supporto di un potere schiacciante, allora essi sono costretti a ricorrere a qualsiasi metodo di resistenza possano fare appello.

OLP, poi Hamas

Nel 1948, quando Israele stava per essere stabilito quale nuovo stato, 750,000 Palestinesi furono deliberatamente epurati ed espulsi dalle proprie case, e centinaia dei loro villaggi furono distrutti.
Le loro terre furono occupate da coloni che ancora oggi negano la loro stessa esistenza e fanno guerra da 60 anni ai nativi rimasti ed ai movimenti di liberazione nazionale che i Palestinesi hanno creato in tutto il mondo.
Israele, i suoi alleati nell'Occidente ed alcuni paesi Arabi della regione sono riusciti a corrompere i governanti dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) attirandoli con promesse di potere al prezzo della libertà del loro popolo.
Questo ha quindi neutralizzato e trasformato l'OLP in un movimento di liberazione che collabora con l'occupante.
L'impegno dunque è stato trasferito ad Hamas, un movimento che ha vinto le elezioni legislative quasi tre anni fa e perciò è diventato un obiettivo per gli Israeliani.
Rinforzando l'embargo ed accettando l'assedio di Israele a Gaza, il mondo ha detto in pratica ai Palestinesi che essi sono inadatti alla democrazia.

Isolamento e radicalizzazione

Spiegando loro che non sono liberi di scegliersi i leader che vogliono, ma che devono conformarsi ai requisiti disposti da altri, la comunità internazionale sta semplicemente sempre più isolando e spingendo alla radicalizzazione i Palestinesi.
Questa radicalizzazione è cresciuta continuamente mentre Israele colpisce le infrastrutture Palestinesi, ma dice che sta unicamente colpendo obiettivi legati ad Hamas.
Questo non è vero: le forze Israeliane hanno colpito forze di polizia Palestinesi, uccidendo persone come Tawfiq Jaber, il capo della polizia - un ufficiale dell'OLP rimasto al proprio posto dopo che Hamas ha preso il controllo di Gaza.
Con le vestigia di sicurezza ed ordine debilitate dalle successive campagne militari Israeliane, a Gaza prevarrà il caos. Se Hamas verrà indebolito, non sarà un gruppo Palestinese più moderato a prenderne il posto.
Non sarà l'indebolito, corrotto ed impopolare Fatah, ma un gruppo più estremo, persuaso dai blocchi e dagli incessanti attacchi Israeliani che il compromesso e le negoziazioni con Tel Aviv sono inutili.

Politiche fallimentari

Negli ultimi 60 anni, i leader Israeliani hanno solo sfiorato la linea del 'l'unico linguaggio che gli Arabi capiscono è la forza'.
Però, è Israele ad aver usato la violenza per consuetudine per risolvere i problemi. Durante il Summit Arabo del 2002 a Beirut, la Lega Araba aveva congiuntamente offerto ad Israele delle linee guida per terminare lo spargimento di sangue e puntare ad un ampio accordo di pace regionale. Israele rispose invadendo Jenin ed uccidendo centinaia di persone.
Il mese scorso, Fatah ha lanciato una campagna mediatica per ravvivare l'iniziativa di pace del 2002, ma anche a questo tentativo la risposta di Israele è stata di estrema brutalità.
Un Israele Sionista non costituisce più un progetto attuabile di lungo termine. Gli insediamenti Israeliani, l'espropriazione della terra e le barriere di separazione hanno già da tempo reso impossibile la soluzione dei due stati separati.
Può esistere solo uno stato nella Palestina storica. Nei prossimi decenni, gli Israeliani dovranno confrontarsi con una questione fondamentale - se assicurare la transizione pacifica verso una società egualitaria in cui ai Palestinesi siano concessi gli stessi diritti che agli Ebrei.
L'alternativa in pochi anni diverrà insostenibile.
La storia ci ha mostrato che il colonialismo ha funzionato solo quando la maggior parte dei nativi è stata sterminata. Ma spesso, come nell'Algeria occupata, sono gli occupanti a fuggire. Alla fine i Palestinesi non vorranno un compromesso nè accetteranno uno stato per entrambi i popoli, e i coloni Ebrei saranno costretti ad andarsene.

Restituire la Palestina

Nonostante la sua mancanza di iniziativa per il processo di pace in Medio Oriente, la Casa Bianca negli ultimi anni è stata incapace di eliminare l'occupazione della Palestina quale causa principale per qualunque militante anti-Americano nel mondo Arabo ed oltre.
Si tratta del comune denominatore su cui prendono forma le politiche populiste Arabe. Invadere l'Iraq od offrire benefici economici agli stati in prima linea non servirà ad eliminare la questione Palestinese.
Durante i miei viaggi e le mie ricerche, ho parlato con jihadisti in Iraq, Libano, Afghanistan, Somalia ed altrove; hanno tutti menzionato la lotta dei Palestinesi come una delle proprie motivazioni.
L'America pagherà un prezzo per aver appoggiato Israele. Ben presto le cosiddette dittature moderate Arabe che collaborano con l'egemonia americana nella regione si ritroveranno in una posizione scomoda.

Perdita di credibilità

Già si notano tensioni crescenti nella regione. Damasco si è tirata fuori dalle trattative per conto terzi con Tel Aviv e la rabbia Araba è cresciuta non soltanto nei confronti di Israele e dell'America, ma anche nei confronti dei loro stessi regimi che hanno collaborato con Washington.
Alcuni Israeliani hanno iniziato ad accorgersi della scorrettezza e dell'inefficacia della strategia del loro governo. Mentre l'81% degli Israeliani supporta la campagna militare, un sondaggio ha mostrato che solo il 39% crede che servirà a sconfiggere Hamas o a ridurre la violenza.
Un editoriale di Haaretz, un quotidiano Israeliano, si è spinto addirittura a definire Israele "il prepotente della regione" (The neighborhood bully strikes again).
Barack Obama, presidente neo-eletto degli USA, rimane in silenzio mentre Israele uccide i Palestinesi impunemente. Con il suo silenzio esprime la propria complicità.

[Nir Rosen è un giornalista di Beirut, lavora al Centro Universitario di Legge e Sicurezza di New York ed è autore de "Il Trionfo dei Martiri: Il Viaggio di un Giornalista nell'Iraq Occupato".]

Israel's failure to learn
http://english.aljazeera.net/focus/2008/12/20081230122143645275.html

 
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Utente del mese Aprile 2010




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  postato il 05/01/2009 alle 12:22
Non amo alla follia questo thread, ma leggevo su http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=31845&sez=HOME_SPORT un commento al Mondiale di Varese e lo riporto.

UNO SCHIFO

Era pieno di scritte inneggianti alla padania libera. Cari padani, basta, non siete tibetani. Siete liberi, straricchi ed egoisti, finitela di giocare agli oppressi. VERGOGNA!!!!

Ora, non voglio fare polemica, ma trovo che in queste poche righe ci sia quasi poesia...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 13:37
Caro Stefano, perchè mai dovresti togliere il diritto a qualche milione di persone, a sentirsi padani?

Chi si sente veneto, romano o siciliano deve vergognarsi per questo?
Perchè mai dovrebbe farlo chi si sente padano?

Per fortuna il mondo ed il pensiero non sono Rizzcentrici, quindi forse ciò che per te è inconcepibile, non lo è per altri.

Io in estate non andrei manco morto a piazzarmi su un lettino in spiaggia a Rimini, ma non conduco crociate contro chi trae piacere da tale modo di trascorrere il proprio tempo.

 

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Eugenio Vittone, EROE DEL GAVIA

E' famosa la risposta che George Leigh Mallory diede ai giornalisti che gli domandavano perchè volesse andare sull'Everest. "Perchè c'è", disse semplicemente.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 18:49
Originariamente inviato da pacho

Un generale Israeliano recentemente ha minacciato di usare la forza militare per riportare Gaza indietro di decenni più o meno con lo stesso linguaggio usato prima dell'invasione del Libano, nel 2006.
Ma nonostante la devastazione Israeliana del Libano, Hezbollah ne è uscito fuori vittorioso e la resistenza Sciita ed il movimento sociale sono apparsi come eroi al mondo Arabo.
Israele sta per compiere lo stesso errore con Hamas.

Un po' di parte il giornalista..
Per curiosità quanti lanci di razzi ci sono stati da parte degli Hezbollah sull'alta Galilea in tutto il 2008 ?
E quanti ce n'erano fino al 2006..
Nell'immediato Hezbollah usci bene (soprattutto mediaticamente) , ma nel lungo periodo fu una sconfitta (sia nell'organizzazione che nelle risorse)
Infatti gli Hezbollah erano molto piu' forti nel 2006

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 19:25
Originariamente inviato da forzainter

Originariamente inviato da pacho

Un generale Israeliano recentemente ha minacciato di usare la forza militare per riportare Gaza indietro di decenni più o meno con lo stesso linguaggio usato prima dell'invasione del Libano, nel 2006.
Ma nonostante la devastazione Israeliana del Libano, Hezbollah ne è uscito fuori vittorioso e la resistenza Sciita ed il movimento sociale sono apparsi come eroi al mondo Arabo.
Israele sta per compiere lo stesso errore con Hamas.

Un po' di parte il giornalista..
Per curiosità quanti lanci di razzi ci sono stati da parte degli Hezbollah sull'alta Galilea in tutto il 2008 ?
E quanti ce n'erano fino al 2006..
Nell'immediato Hezbollah usci bene (soprattutto mediaticamente) , ma nel lungo periodo fu una sconfitta (sia nell'organizzazione che nelle risorse)
Infatti gli Hezbollah erano molto piu' forti nel 2006


Mettiamola anche così: quanti attentati ci sono stati negli ultimi 2 anni in Palestina e quanti ce ne saranno nei prossimi mesi? Israele sta mettendo in atto una politica militare perfida (da 'pestammerda'*, per la precisione) che punta alla provocazione, attuando lo stesso principio che usarono i nazisti alle Fosse Ardeatine: per 10 israeliani morti 100 palestinesi devono fare la stessa fine...anzi, vedendo i bilanci degli ultimi giorni direi molti di più..
E' curioso (per non dire altro) che in 60 anni gli israeliani abbiano già dimenticato cosa significhi l'oppressione e il martirio. E sarà ridicolo vedere i capi di stato dei paesi occidentali, che oggi giustificano queste azioni col loro silenzio/assenso, emettere discorsi mielosi sul passato che, a quanto si vede oggi, agli uomini del presente non ha insegnato NULLA.

*significato del termine 'pestammerda', probabilmente poco usato oltre la Linea Gotica: letteralmente pestare sterco pur di portarsi fortuna, in senso lato commettere delle azioni lesive e/o umilianti per sè (in questo caso per il proprio paese) pur di ottenere una certa cosa.

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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  postato il 05/01/2009 alle 19:59
Originariamente inviato da Subsonico

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Originariamente inviato da pacho

Un generale Israeliano recentemente ha minacciato di usare la forza militare per riportare Gaza indietro di decenni più o meno con lo stesso linguaggio usato prima dell'invasione del Libano, nel 2006.
Ma nonostante la devastazione Israeliana del Libano, Hezbollah ne è uscito fuori vittorioso e la resistenza Sciita ed il movimento sociale sono apparsi come eroi al mondo Arabo.
Israele sta per compiere lo stesso errore con Hamas.

Un po' di parte il giornalista..
Per curiosità quanti lanci di razzi ci sono stati da parte degli Hezbollah sull'alta Galilea in tutto il 2008 ?
E quanti ce n'erano fino al 2006..
Nell'immediato Hezbollah usci bene (soprattutto mediaticamente) , ma nel lungo periodo fu una sconfitta (sia nell'organizzazione che nelle risorse)
Infatti gli Hezbollah erano molto piu' forti nel 2006


Mettiamola anche così: quanti attentati ci sono stati negli ultimi 2 anni in Palestina e quanti ce ne saranno nei prossimi mesi? Israele sta mettendo in atto una politica militare perfida (da 'pestammerda'*, per la precisione) che punta alla provocazione, attuando lo stesso principio che usarono i nazisti alle Fosse Ardeatine: per 10 israeliani morti 100 palestinesi devono fare la stessa fine...anzi, vedendo i bilanci degli ultimi giorni direi molti di più..
E' curioso (per non dire altro) che in 60 anni gli israeliani abbiano già dimenticato cosa significhi l'oppressione e il martirio. E sarà ridicolo vedere i capi di stato dei paesi occidentali, che oggi giustificano queste azioni col loro silenzio/assenso, emettere discorsi mielosi sul passato che, a quanto si vede oggi, agli uomini del presente non ha insegnato NULLA.


Io non ho mai detto che Israele abbia ragione
Ne che ce l'abbia Hamas..
Per curiosità Gaza come mai era diventata territorio occupato israeliano?
Forse non solo agli israeliani la storia non ha insegnato niente..



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 20:11
E io non dico nemmeno che tutti i torti storici stiano dalla parte degli israeliani, tanto per intenderci.

Però ORA i più forti sono loro, e non avevano alcuna necessità di ricominciare la guerra. L'han fatto comunque, e se ora i paesi arabi ragionassero come sta facendo adesso Israele con la Palestina, sarebbero già stati cancellati.

Non fanno niente perchè oggi come oggi una guerra mondiale non gli converrebbe..ma son tempi di grandi cambiamenti economici e non, domani potrebbe essere più vantaggioso.
E' soprattutto per questo motivo che USA, Nato e soci dovrebbero cessare con qualsiasi forma di imperialismo e non appoggiare azioni simili a quella Israeliana. Quando gli equilibri del pianeta cambieranno (presumibilmente molto presto) saranno cavoli loro. E nostri, visto che siamo loro alleati.

 

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  postato il 05/01/2009 alle 20:12
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Un generale Israeliano recentemente ha minacciato di usare la forza militare per riportare Gaza indietro di decenni più o meno con lo stesso linguaggio usato prima dell'invasione del Libano, nel 2006.
Ma nonostante la devastazione Israeliana del Libano, Hezbollah ne è uscito fuori vittorioso e la resistenza Sciita ed il movimento sociale sono apparsi come eroi al mondo Arabo.
Israele sta per compiere lo stesso errore con Hamas.

Un po' di parte il giornalista..
Per curiosità quanti lanci di razzi ci sono stati da parte degli Hezbollah sull'alta Galilea in tutto il 2008 ?
E quanti ce n'erano fino al 2006..
Nell'immediato Hezbollah usci bene (soprattutto mediaticamente) , ma nel lungo periodo fu una sconfitta (sia nell'organizzazione che nelle risorse)
Infatti gli Hezbollah erano molto piu' forti nel 2006


corretto
la guerra dei 34 giorni del 2006, nonostante fosse stata mediaticamente un passo falso di israele, portò alla distruzione della maggior parte dei missili strategici a medio raggio di hezbollah

 

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se le logiche di squadra e di gara lasciano una "relativa libertà", rebellin ma soprattutto ballan hanno le stesse possibilità di bettini (esclusa la volata di gruppone)


ballan ha probabilità di vincere il mondiale come io quella di copularmi melissa satta.

 
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  postato il 05/01/2009 alle 20:20
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E io non dico nemmeno che tutti i torti storici stiano dalla parte degli israeliani, tanto per intenderci.

anche perchè non potresti farlo
non è stato israele ha rifiutare la risoluzione 181 e non è stato israele a scatenare le guerre arabo-israeliane che si sono succedute per 40 anni da questa parte (e che hanno portato all'espansione territoriale di israele)

la questione palestinese e talmente complesso che di solito viene trattata con estrema superficialità...non capisco, per esempio, perchè non si faccia mai riferimento al "tradimento" di egitto, siria e giordania ai danni dei palestinesi del 1948: fattore scatenante della prima guerra arabo-israeliana e della perdita di gran parte dei territori destinati ai palestinesi

 

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ballan ha probabilità di vincere il mondiale come io quella di copularmi melissa satta.

 
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  postato il 05/01/2009 alle 20:22
Originariamente inviato da Subsonico

E io non dico nemmeno che tutti i torti storici stiano dalla parte degli israeliani, tanto per intenderci.

Però ORA i più forti sono loro, e non avevano alcuna necessità di ricominciare la guerra. L'han fatto comunque, e se ora i paesi arabi ragionassero come sta facendo adesso Israele con la Palestina, sarebbero già stati cancellati.


Forse se abitavi ad ashqelon è vedevi cadere 50 razzi al giorno qualche problema ce l'avevi..
Sulla reazione esagerata hai ragione , molto probabilmente i servizi segreti israeliani avevano bisogno di un pretesto per dare una lezione a Hamas (anche perchè' un tale offensiva non la si organizza in una settimana)

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 21:50
Quello che io mi domando sempre è "ma di tutti i posti del mondo, proprio lì gli dovevano fare lo stato??"

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/01/2009 alle 22:37
Originariamente inviato da plata

Quello che io mi domando sempre è "ma di tutti i posti del mondo, proprio lì gli dovevano fare lo stato??"


la domanda è molto meno banale i quel che sembra.
Tutt'oggi trovo ancora incredibile come si sia potuto istituire uno Stato per questioni meramente religiose.
Con tutto il rispetto per ciò che hanno patito, mi sembra che lo stato di Israele non abbia mai avuto un senso.

 

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  postato il 06/01/2009 alle 11:38
La Repubblica 4 gennaio 2009

Eugenio Scalfari

...


Proprio in questi giorni il tema è stato riproposto dal caso Englaro
e da altri consimili dando luogo all'ennesimo conflitto tra la
gerarchia ecclesiastica e il pensiero laico. Il Vaticano, partendo
dalla sua scelta sull'indisponibilità della vita, ne ha dedotto una
serie di conseguenze estremamente rigide sull'intera gamma della
bioetica, con l'intento di restringere i confini della libertà
individuale.

I "media" non hanno dato molto spazio alla discussione registrando
quasi senza commento le posizioni vaticane. Ha fatto
eccezione "Repubblica": in meno di una settimana il nostro giornale
ha pubblicato un articolo di Aldo Schiavone, uno dei Cavalli Sforza
(padre e figlio), un altro di Marco Politi su un'indagine effettuata
sui giovani del Triveneto, uno (di ieri) di Miriam Mafai. Il nostro è
un giornale molto attento alle questioni religiose e ai confini tra
la gerarchia ecclesiastica, la laicità dello Stato, l'autonomia della
coscienza individuale, l'etica privata e l'etica pubblica. Perciò non
può meravigliare se il dibattito si svolge intensamente sulle nostre
pagine.

Stupisce tuttavia il silenzio pressoché completo della stampa
nazionale, quasi che il tema meriti d'esser registrato ma non
dibattuto. Questa assenza non può che stimolarci ad offrire spazio e
respiro ad un confronto essenziale su temi essenziali. Per quanto mi
riguarda prenderò come riferimento l'articolo di Aldo Schiavone del
31 dicembre scorso perché è quello che a mio avviso affronta la
questione in tutta la sua complessità.

* * *
Scrive Schiavone che c'è nel nostro tempo una grande richiesta di
etica: nella società pubblica e nei comportamenti privati, nella
scienza e nella tecnologia, insomma in tutto il vissuto della
modernità.
Forse è vero che ve ne sia bisogno, ma che ve ne sia vera richiesta a
me non pare. Tutt'al più c'è una richiesta retorica, cioè una
simulazione di richiesta che vale soprattutto per gli altri ma quasi
mai per se stessi.
Dalla richiesta di etica Schiavone fa discendere la necessità di
rivolgersi alla Chiesa che sarebbe "il principale deposito di etica
nell'Occidente cristiano".

Qui è necessario distinguere. La predicazione di Gesù di Nazareth,
come ci è stata tramandata dai Vangeli (non soltanto i quattro
canonici), dalle lettere di Paolo, dagli Atti degli apostoli,
contiene certamente un messaggio etico di formidabile e duratura
intensità. Questo messaggio la Chiesa l'ha tramandato, sia pure con
notevoli aggiustamenti, ma quasi mai praticato. C'è stata, nei suoi
duemila anni di storia, un'ala che ha non soltanto predicato ma
praticato il messaggio evangelico: un'ala minoritaria, da Benedetto a
Francesco, da Antonio a Bernardo, a Saverio, a Ignazio (non parlo dei
mistici che sono altra cosa).

Quest'ala è stata tollerata e utilizzata dalla gerarchia che ha però
seguito e praticato la strada opposta. Il deposito etico della
gerarchia è stato contraddittorio e pressoché nullo, come avviene in
tutte le strutture di potere. Le chiese cristiane, e quella cattolica
in particolare, sono state e sono tuttora strutture di potere.
L'etica può riverberare su di esse una parte dei suoi contenuti e
precetti ma esse non ne sono in nessun caso la fonte sorgiva "per la
contraddizion che nol consente".

Infine: Schiavone lamenta che la cultura laica, di fronte al fiorire
di quella cattolica, sia muta, assente, dispersa e comunque impari al
bisogno che ce ne sarebbe. Impari forse. Dispersa può darsi perché i
laici non sono una struttura e non hanno un Papa che parli per tutti.
Ma muta e assente non direi. I laici hanno molti punti di
riferimento, convinzioni radicate e comuni e una comune storia di
pensiero evolutivo. All'origine ci sono gli stoici e Socrate e poi
via via Epitteto, Epicuro, Montaigne, Descartes, Pascal, Spinoza,
Diderot, Voltaire, Kant.

Anche il pensiero laico ha una storia plurimillenaria che arriva fino
a noi contemporanei. Non dobbiamo inorgoglircene ma tanto meno
dimenticarcene. Qui finiscono alcuni miei dissensi con l'amico
Schiavone, con il quale invece consento pienamente sulla diagnosi che
riguarda il rapporto tra scienza e tecnica da un lato, libertà e
autonomia individuale dall'altro.

* * *
La vita e la morte sono sempre più fenomeni artificiali oltre che
naturali a causa del progredire della ricerca scientifica e delle sue
applicazioni tecniche. Fenomeni artificiali perché la tecnica è
sempre più in grado di supplire alle carenze naturali. Consente la
procreazione anche a chi non può ottenerla secondo natura; prolunga
la vita e sconfigge la morte prevenendo e vincendo la malattia.

Fenomeni artificiali e perciò culturali che hanno bisogno di
normative giuridiche capaci di conciliare i desideri dei singoli con
gli interessi della collettività.
Scienza e tecnica continuano e continueranno ad evolversi, a
sperimentare, a consentire opzioni sempre migliori, ma non vogliono
né possono sostituire la natura. Se non altro per il fatto che
l'umanità, la specie e gli individui che ne sono parte, è una delle
innumerevoli forme della natura.

Scienza e tecnica sono prodotti mentali dell'uomo e quindi protesi
della natura. In questo stadio dell'evoluzione esistono zone grigie
dove le protesi consentono risultati al prezzo di sofferenze e/o
limitazioni a volte sopportabili, a volte radicali. Di fronte ad esse
l'individuo rivendica legittimamente libertà di scelta: se accettare
le soluzioni o rifiutarle.

Piena libertà ai depositari di fedi religiose di indicare e
raccomandare soluzioni conformi all'etica da essi predicata senza
però che quelle soluzioni possano essere imposte a chi (fosse uno
soltanto) non condivide quelle raccomandazioni. Questo è il limite di
uno Stato laico, pluralista e non teocratico.

Non sembra che la Chiesa la pensi così. Sembra invece che pretenda
che le sue indicazioni nel campo della bioetica divengano norme
giuridiche imperative. Ebbene, va ripetuto alto e forte che questo
passo non potrà mai esser compiuto poiché segnerebbe la scomparsa
della laicità a favore d'un fondamentalismo che l'Occidente ha
storicamente archiviato da 250 anni. Un salto all'indietro di questa
portata, esso sì, segnerebbe il ritorno ad un oscuro Medioevo e la
scomparsa dei valori della nostra civiltà, inclusi quelli della
predicazione cristiana.

 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 06/01/2009 alle 11:54
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Quello che io mi domando sempre è "ma di tutti i posti del mondo, proprio lì gli dovevano fare lo stato??"


la domanda è molto meno banale i quel che sembra.
Tutt'oggi trovo ancora incredibile come si sia potuto istituire uno Stato per questioni meramente religiose.
Con tutto il rispetto per ciò che hanno patito, mi sembra che lo stato di Israele non abbia mai avuto un senso.


Gli fecero lo stato lì perchè quella terra ha subito un grosso ripopolamento israeliano nel secolo prima dell'indipendenza, addirittura da 80.000 a 360.000 unità tra le due guerre, arrivando ad essere un quarto della popolazione. Erano già in atto moti indipendentisti da entrambe le parti e nel 1936 era guerra tra le due fazioni. La separazione era inevitabile.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 06/01/2009 alle 12:04
Originariamente inviato da EugeRambler

Caro Stefano, perchè mai dovresti togliere il diritto a qualche milione di persone, a sentirsi padani?

Chi si sente veneto, romano o siciliano deve vergognarsi per questo?
Perchè mai dovrebbe farlo chi si sente padano?



Nessuno vieta ad un "padano" di sentirsi tale (anche se non credo che esista una simile etnia), quello che si trova non troppo "politicamente corretto" è inneggiare alla *padania libera*.
Secondo te che significa questa espressione? Per me si intende la "secessione" e per questo motivo in altra parte del globo c'è stata una guerra assai sanguinosa e che ha lasciato solo lo "status quo ante".

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 06/01/2009 alle 15:23
GAZA: NON SOLO LACRIME

Il 2009 si apre con l’ennesimo atto di terrorismo dello Stato d’Israele, questa volta ai danni della popolazione della Striscia di Gaza. Tale operazione si colloca in un più ampio progetto mirante a imporre violentemente al popolo palestinese una dirigenza collaborazionista e asservita ai propri interessi, una volta verificato che tale scopo non sarebbe stato raggiungibile per via democratica: le elezioni palestinesi di due anni fa avevano infatti da una parte spazzato via Al-fatah, colpevole di essersi rassegnata a una sterile via diplomatica con un nemico (Israele) che ha come unico scopo d’esistenza l’umiliazione della Nazione araba, e dall’altra premiato la linea di Hamas, movimento determinato a non riconoscere nessuna legittimità al colonialismo israeliano. Da allora, la dirigenza di Fatah e il governo di Tel Aviv hanno unito i propri sforzi per ribaltare i nuovi rapporti di forza: veniva deposto il governo nato dalle elezioni e intanto venivano arrestati i membri del parlamento, mentre l’occidente si congratulava per il golpe in corso. Tuttavia, non si era tenuto conto della capacità di reazione della resistenza palestinese, che fu capace di dare una sonora lezione agli amici dei sionisti e a ristabilire a Gaza un governo fedele alla volontà popolare. A tal punto Israele, coadiuvato da uno Stato amico come l’Egitto, ha imposto a questa parte della Palestina un embargo assassino che ha provocato centinaia di morti per fame e malattia, allo scopo di vedere la popolazione accettare una linea collaborativa; ciò ovviamente non si è verificato, ed ecco allora scatenarsi l’inferno su Gaza: una settimana di bombardamenti sui civili che hanno causato la morte di centinaia di innocenti e poi l’incursione di terra mirante a rovesciare il legittimo governo di Hamas. Anche in questo caso le cose non vanno come Israele vorrebbe e, a differenza di quanto afferma la stampa occidentale, la guerra si sta facendo difficile: nelle prime ore dall’inizio dell’incursione i partigiani hanno inferto seri colpi alla tracotanza sionista, che già piange i suoi militari morti, i suoi elicotteri abbattuti e i suoi tank saltati per aria, mentre i razzi della resistenza continuano a terrorizzare le colonie della feccia israeliana. E’importante come non mai, assieme alla denuncia dei crimini di Israele, sottolineare anche questo aspetto della guerra, spesso dimenticato da quei pacifisti troppo avvezzi a considerare i palestinesi una specie da proteggere invece che un popolo impegnato in una lotta condotta con eroismo e preparata con lucidità; portare tale interpretazione dei fatti basata solo sulla pietà per il più debole serve a screditare la linea della resistenza(e quindi la volontà popolare palestinese) in quanto irrazionale data l’insormontabilità del nemico; la storia dimostra invece il contrario: la Nazione araba ha strappato terra all’invasore solo con il combattimento, mentre la rassegnazione dei pacifisti europei ha portato ovunque solo sventura....
La controinformazione passa anche per la distruzione della propaganda militare filosionista sostenuta da tutti i media occidentali. Solo la resistenza palestinese ha sempre dimostrato fedeltà ai fatti:

www.palestine-info.info
www.pflp.ps

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 06/01/2009 alle 16:05
L'esercito israeliano ha appena attaccato una scuola gestita dall'Onu facendo 40 vittime (http://ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_847338001.html).

Se qualsiasi altro stato al mondo, naturalmente tolti gli stati uniti, facessero ciò che sta facendo Israele, a quest'ora sarebbe bombardato e raso al suolo dalle varie "coalizioni", ecc.

Evidentemente la certezza di agire impunito produce questo ed altro.

Per forzainter: 600 morti palestinesi e 4 (quattro) israeliani. Almeno abbi la decenza di stare zitto. E prima che Hamas ha "iniziato per primo" abbi il buon senso di informarti e scopriresti che durante la tragua israele ha fatto fuori 24 palestinesi.
Vergogna agli aggressori e a chi li sostiene.

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 06/01/2009 alle 19:12
http://it.youtube.com/watch?v=K5wrwZlwAq8

Ecco i massacri delle canaglie. All'informazione "imparziale" dove essere sfuggita.

 

[Modificato il 06/01/2009 alle 19:18 by pacho]


 
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  postato il 07/01/2009 alle 09:11
Originariamente inviato da EugeRambler

Caro Stefano, perchè mai dovresti togliere il diritto a qualche milione di persone, a sentirsi padani?

Chi si sente veneto, romano o siciliano deve vergognarsi per questo?
Perchè mai dovrebbe farlo chi si sente padano?

Per fortuna il mondo ed il pensiero non sono Rizzcentrici, quindi forse ciò che per te è inconcepibile, non lo è per altri.

Io in estate non andrei manco morto a piazzarmi su un lettino in spiaggia a Rimini, ma non conduco crociate contro chi trae piacere da tale modo di trascorrere il proprio tempo.


Interessante che tu finga di non cogliere la differenza tra sentirsi padano ed esternare questo senso d'appartenenza e il richiedere la secessione e sfruttare gli eventi sportivi per sbandierare - letteraklmente - queste rivendicazioni.

Se poi le tue argomentazioni sono la prima una neppure troppo velata offesa e la seconda un paragone fuori luogo, mi conferma l'idea che ho fatto bene a evitare questo thread...

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 07/01/2009 alle 09:31
La vita obbligata


. da La Repubblica del 6 gennaio 2009, pag. 24


di Adriano Prosperi
Tra le battaglie civili che l'anno concluso affida a quello da poco iniziato
ce n'è una che rimane aperta e incerta: quella promossa dai sostenitori dell'obbligo
della vita a ogni costo, la vita degli embrioni congelati e quella dei corpi
senza più memoria né pensieri, con funzioni organiche alimentate da
macchine. Grava su di loro la responsabilità di sofferenze ulteriori
inflitte a chi ha già percorso nel dolore tutta la lunga via della medicina
e della legge e chiede solo rispetto e silenzio; ma anche la responsabilità
di diffondere ventate di intolleranza, spiriti di violenza e di ferocia
ammantati di amore. Non siamo ancora arrivati, almeno in Italia, agli
attentati a mano armata contro i medici che lavorano nelle cliniche dove si
fanno aborti: il fondamentalismo nostrano a differenza di quello dell'America
puritana è moderato da una radicata tradizione di scissione tra convinzioni
e comportamenti. Per ora siamo fermi alle parole, anche se si tratta di
parole irresponsabili, atroci come quelle di Comunione e Liberazione che
parlano di eutanasia legalizzata e di eugenetica nazista. Ma intanto un
prete ha progettato un'azione di commando per strappare Eluana Englaro alla
famiglia. Non si sa fino dove sia arrivato nel suo progetto: e ci auguriamo
che qualche giudice stia chiedendoselo. Anche perché il clero ha una certa
pratica di sottrazioni: non solo di corpi morti, come quella del cadavere di
Mussolini , ma anche - quando poteva farlo - di infanti tolti alle famiglie
per salvarne l'anima col battesimo come accadde in Italia con l'ultima
avventura di un papa-re col celebre episodio del bambino Mortara. Ma è tempo
che le autorità della Chiesa che si sono avviate irresponsabilmente lungo
questo percorso carico di incognite siano richiamate se non alla ragione
almeno alla considerazione dei dati di realtà civile e sociale della
situazione italiana da cui dipende il valore stesso di quella idea-la
vita-che hanno posto sulla loro bandiera. Il valore della vita non può
dividere un paese come il nostro. Non c'è un partito della vita opposto a un
partito della morte. Ci sono modi diversi di pensare alla vita e alla morte.
Sono modi di pensiero e modi di sentire che passano attraverso gli
schieramenti ideologici, che dividono i partiti e si combattono perfino all'interno
dei singoli, nelle loro coscienze, come flussi di corrente alternata che
mutano a seconda dei momenti e dello stato di salute, dell'età, dei bisogni.
Vediamo che cosa divide e che cosa unisce. Divide l'iniziativa del ministro
Sacconi: nessuno di noi vorrebbe veder dipendere la sua sorte dal decreto di
un ministro. Una organizzazione della medicina pubblica, cioè della più
gigantesca e pervasiva e costosa struttura del paese, che sia governata non
dalle leggi esistenti ma da iniziative del potere esecutivo fa gravare su di
noi l'ipoteca di arbitri infiniti, questi sì ispirati a un modello degno di
uno stato totalitario. Divide l'intollerante pretesa della Chiesa cattolica
di piegare i comportamenti di medici e di farmacisti obbligandoli in
coscienza a disobbedire alle leggi in nome di una dottrina nata nella Chiesa
stessa solo all'inizio dell'età moderna e ignota a tutta la tradizione
cristiana precedente: quella che immagina un Dio creatore che si affretta a
immettere un'anima immortale nell'ovulo materno appena appena fecondato dal
seme maschile - un Dio generoso ma incomprensibile, visto che quell'anima,
se l'embrione o il feto vengono espulsi in un modo o nell'altro, sarà
condannata nell'ipotesi migliore a stare nel Limbo, un non - luogo che la
Chiesa non sa come definire, e nell'ipotesi peggiore all'inferno, per una
eternità di pena. Procedere lungo questa via fino a trarne conseguenze
giuridiche e mediche significa rinverdire la memoria di quei sacerdoti che
erano ossessionati dallo spettro dell'aborto e immaginando l'utero materno
come una prigione minacciosa erano capaci di azioni come quelle del prete
siciliano che entrava nelle stanze delle partorienti a rischio di esito
infausto e ne faceva aprire il ventre per battezzare il feto e salvarne l'anima:
si chiamava Francesco Emanuele Cangiamila e il suo trattato di "Embriologia
sacra" per insegnare a medici e sacerdoti a seguire il suo esempio riscosse
un notevole successo fin nella tollerante Lombardia austriaca e nell'America
latina. Divide la mancanza di pietà che sottrae alle famiglie credenti il
conforto della benedizione ecclesiastica perla sepoltura di chi ha in
qualunque modo contribuito a chiudere volontariamente la propria vita. E un
ricordo dei tempi in cui i suicidi venivano esclusi dai luoghi di sepoltura
e di quelli più lontani in cui il tentativo di suicidio veniva punito con
gli strazi e la morte sul patibolo e il corpo del suicida veniva
dissotterrato, processato e condannato alla esecrazione e all'infamia.

Oggi non c'è - se mai c'è stato - un partito della morte. Ma la morte
tuttavia esiste: per alcuni è una minaccia da esorcizzare a ogni costo, per
altri assomiglia ancora a quella sorella corporale che San Francesco lodò
nel cantico delle creature: è l'estrema garanzia di un limite alle
sofferenze. La vita, lo sappiamo tutti, è un dono. Chi ce l'abbia regalata,
se un asteroide o un divino e improvvidente creatore, resta tra le opzioni
personali. Ma i regali, una volta ricevuti, ci appartengono e la pretesa di
condizionarli al volere del donatore è ben singolare: quelli di Natale sono
un buon esempio pratico. Anche perché si fanno e si ricevono nel giorno
della festa della vita. La saggezza di una religione che si è saputa
iscrivere nelle pratiche folkloriche della fecondità ha collocato la nascita
del bambino e la speranza della salvezza subito dopo il solstizio d'inverno,
quando nel gelo che attanaglia la terra si allunga la carezza del sole.

Oggi le promesse della natura non bastano a riscaldare i corpi dei senza
tetto, né i cuori dei lavoratori precari, dei pensionati, dei disoccupati.
La cronaca quotidiana, appena attenuata da una censura dalle migliori
intenzioni, parla di gente che muore per il freddo sotto i portici della
città o nell'incendio di baracche trai boschi o nei campi: e parla sempre
più di gente che si uccide, nella disperazione dei fallimenti economici ,
della mancanza di lavoro, della scarsità delle risorse per far fronte alla
vecchiaia e alle malattie ma anche a quel vuoto di speranze che rende
insostenibili le giovinezze. Tutto questo accade in un'Italia dove la
divaricazione tra ricchezze prepotenti di pochi e l'impoverimento crescente
di moltissimi sta spazzando via il breve sogno di abbondanza per tutti del
miracolo italiano. E così si impone la necessità di individuare il terreno
sul quale ci possiamo trovare uniti a combattere per la vita - per una vita
che valga la pena di essere vissuta, per aiutare le persone - non solo
quelle promesse e sperate dagli embrioni fecondati, ma quelle che
incontriamo concretamente nelle strade dove si svolge la vita della nostra
specie.

Partiamo da ciò che unisce invece che da ciò che divide. Unisce l'iniziativa
del cardinal Tettamanzi, per esempio. Non parole ma fatti. Il suo esempio
può suggerire alla Chiesa quale sia la via da battere nel concreto della
nostra società, frenando la macchina ideologica all'opera nei ben riscaldati
interni delle congregazioni vaticane. È una ragione molto semplice che
spinge in questa direzione, la stessa che dovrebbe dissuadere dal percorrere
la via delle scomuniche e delle intimazioni. Pensiamo a quale prospettiva si
aprirebbe il giorno che l'intervento legislativo sul tema del testamento
biologico dovesse obbedire alle voci teologiche dell'obbligatorietà della
vita. Sarebbe la stessa che si aprì in empi non lontani sulle questioni di
divorzio e dell'aborto.

Un referendum sul diritto di scegliere se si vuole essere lasciati morire
in pace, senza accanimenti terapeutici, senza clamore divo ci
ecclesiastiche, senza accanimenti di ministri, di giornali, di presunti
esperti, senza bottiglie di acqua minerale sui sagrati delle chiese: non lo
si può pretendere, hanno scritto Luca e Francesco Cavalli Sforza. E non ci
sarà. Ma se ci fosse, tutti sappiamo come andrebbe a finire. Per questo
quelle autorità della Chiesa che hanno deciso di guidare l'ignobile campagna
in corso hanno optato per la via più antica e più sicura: premere sui
politici che si contendono il privilegio di parlare in nome dell'ultima
autorità morale rimasta in piedi dopo il crollo delle ideologie.






 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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  postato il 07/01/2009 alle 09:47
Ieri ho visto un film che mi ha letterlamente choccata.
"Il bambino col pigiama a righe".
Ho capito che la storia non insegna niente a nessuno...

 

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  postato il 07/01/2009 alle 12:34
Originariamente inviato da rizz23

Originariamente inviato da EugeRambler

Caro Stefano, perchè mai dovresti togliere il diritto a qualche milione di persone, a sentirsi padani?

Chi si sente veneto, romano o siciliano deve vergognarsi per questo?
Perchè mai dovrebbe farlo chi si sente padano?

Per fortuna il mondo ed il pensiero non sono Rizzcentrici, quindi forse ciò che per te è inconcepibile, non lo è per altri.

Io in estate non andrei manco morto a piazzarmi su un lettino in spiaggia a Rimini, ma non conduco crociate contro chi trae piacere da tale modo di trascorrere il proprio tempo.


Interessante che tu finga di non cogliere la differenza tra sentirsi padano ed esternare questo senso d'appartenenza e il richiedere la secessione e sfruttare gli eventi sportivi per sbandierare - letteraklmente - queste rivendicazioni.

Se poi le tue argomentazioni sono la prima una neppure troppo velata offesa e la seconda un paragone fuori luogo, mi conferma l'idea che ho fatto bene a evitare questo thread...


Quindi ai padani concediamo la libertà di pensiero, ma non quella d'espressione (specialmente durante i mondiali di ciclismo).

Posso sapere se gli stessi pregiudizi qualcuno li ha sulla bandiera fiamminga o basca?

 

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E' famosa la risposta che George Leigh Mallory diede ai giornalisti che gli domandavano perchè volesse andare sull'Everest. "Perchè c'è", disse semplicemente.

 
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  postato il 07/01/2009 alle 13:59
Originariamente inviato da EugeRambler

Originariamente inviato da rizz23





Quindi ai padani concediamo la libertà di pensiero, ma non quella d'espressione (specialmente durante i mondiali di ciclismo).

Posso sapere se gli stessi pregiudizi qualcuno li ha sulla bandiera fiamminga o basca?


Tu, per me, non tieni conto di quanti morti abbiano generato simili bandiere; vorresti che lo stesso accadesse in Italia e che ad. es. Bossi non si limitasse al solo parlare, riguardo ai fucili padani?

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:11
Originariamente inviato da lemond

Originariamente inviato da EugeRambler

Originariamente inviato da rizz23





Quindi ai padani concediamo la libertà di pensiero, ma non quella d'espressione (specialmente durante i mondiali di ciclismo).

Posso sapere se gli stessi pregiudizi qualcuno li ha sulla bandiera fiamminga o basca?


Tu, per me, non tieni conto di quanti morti abbiano generato simili bandiere; vorresti che lo stesso accadesse in Italia e che ad. es. Bossi non si limitasse al solo parlare, riguardo ai fucili padani?


La settimana scorsa ho sentito l'ultima: qualcuno di questi sedicenti irredentisti insegna al suo cane a schivare i 'negri' e i 'terroni'...

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:25
E il cane come fa?! Adesso lo voglio sapere.

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:28
Originariamente inviato da Laura Idril

E il cane come fa?! Adesso lo voglio sapere.


Come fa il cane di "Un poliziotto a 4 zampe" a prendere una bottiglia di birra anzichè la fanta?

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:34
Perchè in realtà è tutta birra anche quella dentro la fanta

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:39
Ma mica odora, vede la forma

PS: siamo nel 2009, il topic è del 2008..andrebbe chiuso no?

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:46
Giusto.

 

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