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Autore: Oggetto: Garry Clively, da campioncino del pedale alla coscienza di Krishna...

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 11/09/2007 alle 10:00
Un atleta da considerarsi talentuoso come pochi e strano come pochissimi, dalla storia sconosciuta ai più, ma originale e sorprendente....

GARRY CLIVELY
Nato a Melbourne il 24 luglio 1955. Passista Scalatore. Professionista dal 1975 al 1977 e poi dal 1988 al 1991, con una dozzina di vittorie.

Questo corridore australiano estroso come pochi, è stato uno dei primi “ aussie”, ancor dilettanti, venuti in Italia. Fu proprio la Romagna ad accoglierlo alla fine del 1973, attraverso il G.S. SIAPA (un sodalizio che fece epoca negli anni settanta), assieme al connazionale Clyde Sefton, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Monaco. A portare questi due atleti sulle strade di romagnole, fu un loro connazionale, tanto particolare, quanto atleta con la maiuscola: John Luther, famoso per le sue traversate a nuoto da Cervia a Pola e residente a Milano Marittima. Costui, era legato al ciclismo direttamente, per lavoro, essendo impegnato nel settore commerciale della Shimano e fu proprio questo distinto signore, il primo importatore in Italia, di quei gruppi accessori della bicicletta che, via via negli anni, presero sempre più piede, fino a contrastare e superare la leadearship della Campagnolo.
Luther, consigliò i dirigenti del gruppo sportivo ravennate, sul buon investimento che ne sarebbe uscito ingaggiando ed ospitando i due connazionali. Ed effettivamente fu così, perché sia Clively che Sefton nella loro permanenza in Romagna fecero faville.
In particolare proprio Gary, giovanissimo e già maturo per divenire un riferimento di valore, per non dire l’uomo da battere nelle gare dal percorso aspro. Dal fisico asciutto e perfettamente sincronico all’ortodossia di un passista scalatore, Clively, nelle annate ’74 e ’75, imperversò letteralmente, vincendo diverse corse di valore, sia nazionali che internazionali. Notevole il suo successo nel Trofeo Pizzoli ’75.


Gary Clively, in piedi, sulla destra, in tuta "Siapa". Al centro, il compagno e connazionale Clyde Sefton. La foto è stata scattata dopo la conclusione del 20esimo Trofeo Alcide De Gasperi per dilettanti, vinto nell'occasione, da un altro corridore della Siapa: Pierluigi Fabbri.

Pochi giorni dopo la strepitosa vittoria bolognese, appena ventenne, la Magniflex lo chiamò al professionismo e le prime gare parvero confermare il talento di questo ragazzo un po’ scanzonato, tutto brio ed estro. Nel ’76, infatti, colse subito un secondo posto nella Sassari Cagliari, poi un terzo nel Giro della Provincia di Reggio Calabria e finì il Giro d’Italia al 44esimo posto.
L’anno successivo, illuse i suoi tanti estimatori, chiudendo settimo la Vuelta, dopo diversi piazzamenti di tappa: ma quella fu l’edizione dove Freddy Maertens, annichilì ed oscurò proprio tutti, con tredici vittorie parziali e il successo nella classifica finale.
L’esplosione che si attendeva da Gary però, non venne mai, anche perché, dopo la Vuelta, il suo rendimento calò, ed a fine anno, senza motivi particolarmente evidenti, lasciò l’Italia e se ne tornò definitivamente in Australia, abbandonando il ciclismo, proprio quando il ranking non ufficiale del tempo, lo collocava al sessantesimo posto.
Si disse che Clively, venuto a gareggiare da noi ad appena diciotto anni, avesse pagato a dismisura la professionalità e la diversa competitività presente nella massima categoria; altri sostennero che non aveva la tempra per sacrificarsi, che soffrisse come un brasiliano di saudade; altri ancora erano pronti a giurare che il motivo fosse legato ad una infatuazione. Infine, un altro gruppo, probabilmente il più vicino alla realtà, dichiarò che Gary avesse deciso di lasciare in preda ad una crisi mistica, con tanto di adesione alla filosofia degli "Hare Krishna". Resta il fatto, che l’estroso aussie, si ritirò dalle scene e, prima di giungere alla sua terra natia, nello stato di Victoria, fra Carnegie, Geelong e Melbourne, un lasso di tempo, non so quanto lungo, lo passò davvero nel movimento dei Krishna e lo fece proprio quando si poteva ancora sperare in una sua consacrazione nel ciclismo.
Dopo l’abbandono, per oltre 10 anni, di lui non si seppe più nulla, poi, come d’incanto, più di due lustri dopo quel fulmineo abbandono a soli 22 anni, staccò nuovamente la licenza e ricominciò a gareggiare e….vincere. Evidentemente il sopraggiungere della maturità, ritemprò il suo fisico, mentre la mente, sempre vulcanica e con volontà d’avventura, rabberciò gli effetti degli errori o del mistico. Due anni dopo quel ritorno così impensabile, si laureò campione australiano su strada, suggellando una supremazia lungamente tangibile per tutta la stagione aussie. Vinse ancora tanto nel ’90 (a 35 anni!) e, pure nel ’91, conquistò qualche successo. Poi, un nuovo e stavolta logico abbandono: aveva capito che era davvero troppo tardi per rifarsi una carriera. Nel 1995, forse per rincorrere nuovamente i fantasmi di quel tempo che aveva scialacquato con leggerezza, riprese l’attività fra i master, con piglio tanto simile a quello che anima i professionisti italiani delle Granfondo. Corre ancora tutt’oggi.
Che dire? Stranezza, simpatia, sorriso da eterno bambino e qualità. Tanta qualità. Nelle stanze delle società romagnole, fra ruote e telai appesi e coi muri cosparsi di foto, si trova ancora qualcuno che ti dice: “Ci dovrebbe essere anche la fotografia di Clively, l’australianino che andava forte, caspita se andava forte!”.
Bèh… fra le tante curiosità che mi ha lasciato il ciclismo, una è proprio quella di sapere, direttamente da questo mio coetaneo aussie, perché se ne andò così, a soli 22 anni. E quanto ha pesato sulla sua decisione, l’adesione agli Hare Krishna. Chissà, forse riuscirò a scoprirlo….



Alcuni ricordi personali.
Di Gary ho due ricordi nitidi. Il primo, quando era ancora dilettante. Ero sulla cima del Valico del Barbotto, una salita molto dura, lunga poco meno di 5 chilometri, ma con pendenze che non scendono mai sotto l’8%. Non ricordo che corsa fosse, ma il cast di quella prova era davvero formidabile. Finii lassù per caso: mi ero appena diplomato, ma il diploma che cercavo, stava nelle sembianze di una ragazza di quelle parti, che ricordo ancora con l’emozione che solo la gioventù più bella sa scolpire perennemente. Era l’estate del 1974: fine luglio, o primi di agosto. Quella tipa, non la beccavo mai, in compenso l’incontro con le staffette della gara ciclistica, mi spinsero a volgere l’attenzione verso la mai sopita passione ciclistica.
Arrivai così sulla vetta, in tempo per vedere i corridori come volevo io: per guardarli in faccia e capire. Proprio nella posizione migliore, trovai una signorina con due gambe da favola, rese lucenti da una minigonna mozzafiato. Era sola, fiori carovana, con un evidente accento nordico, nonostante i capelli neri come la pece. Ben presto mi disse che era italo-tedesca e che era stata costretta a fermarsi lì, perché doveva passare la corsa. Avrà avuto quattro o cinque anni più di me, ma era loquace come una quindicenne e con un nome sincronico al suo portamento: Ulli. Le dissi, sfacciato come sono sempre stato, che con quelle gambe avrebbe messo a dura prova la resistenza alla corsa dei corridori, e lei, tanto per non cambiare ciò che vedevo, se ne uscì con una frase che mise in subbuglio le mie orbite: “Davvero? Allora farò una mossa per farli fermare!” Nemmeno un minuto dopo, arrivò il primo corridore, in solitudine: era proprio Gary Clively. Il mio coetaneo pedalava leggero, con un volto da bambino che non dava segni di fatica, anzi sorrideva. Vide le gambe di Ulli, era lucido al punto di deviare la traiettoria, approfittando della semicurva dove noi ci eravamo posti, e di avvicinarla fino ad incentivare il sorriso. Pensai la volesse accarezzare, ed io, che allora ero al mio massimo storico di conoscenza dell’inglese, lo sentii mormorare un molto probabile: “Come on baby!”. Ovviamente, continuò la sua azione, ma la disinvoltura con la quale stava seppellendo gli altri di distacchi, mi colpì. Aspettammo ben più di un minuto, prima di vedere passare il secondo e, di lì a poco, il terzo: erano i suoi compagni in maglia “Siapa”, Giampaolo Flamini di 28 anni (un gran corridore che conoscevo bene, azzurro di lungo corso e con alle spalle una fetta molto grande, della maglia gialla conquistata l’anno prima da Tista Baronchelli al Tour de l’Avenir ed allora 28enne) e il venticinquenne Pierluigi Fabbri (anch’egli formidabile, con successi a ripetizione nelle classiche nazionali per dilettanti). Quando vidi giungere, staccatissimo, Ivan Benedetti (campione italiano esordienti nel 1969), il corridore per il quale parteggiavo, di due anni più anziano di me, pensai all’età di chi inseguiva Clively e mi convinsi che l’australiano aveva veramente le stimmate del campione. Già allora, cercavo come un cane da tartufo i talenti....Quei pensieri, mi fecero perdere di vista Ulli, la bella dalle gambe lucenti. Mi rifeci due anni dopo....

Rividi Gary, dal vivo, nel 1977, quando, da professionista, corse il Gran Premio Terme di Castrocaro a cronometro. Fu uno dei suoi giorni d’abulia, o, se vogliamo, di quel tormento interno che lo portò a chiudere la carriera che conta, nel fiore della gioventù. Clively si abbandonò ad una corsa incolore, chiusa al 9° posto, ultimo fra gli arrivati, a 10’59” dal vincitore Bernt Johansson.

Morris

 

[Modificato il 08/11/2007 alle 15:20 by Monsieur 40%]

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Moderatore




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  postato il 12/09/2007 alle 00:53
Una storia veramente particolare anche nei tanti aneddoti.
A tal proposito: gli australiani si sono costruiti una certa fama di ottimi pistard e quindi anche su strada,specie al giorno d'oggi,son venuti fuori atleti forti sul passo o come buonissimi velocisti(con McEwen su tutti).Tralasciando Phil Anderson che si è piazzato bene in qualche Tour de France,dato che al momento non mi vengono in mente altri atleti aussie che si difendevano bene in salita si può dire che questo Clively sia stato uno dei primi in assoluto ad eccellere su certi percorsi accidentati oppure c'era già stato qualcuno in precedenza?
E poi,visti i risultati a fine carriera quando riprese a correre,se le cose fossero andate diversamente dove sarebbe potuto idealmente arrivare Clively?

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/09/2007 alle 11:15
guardando i risultati della vuelta di maertens, mi ero sempre chiesto come mai questo australiano giovanissimo però con un buon settimo posto nella generale non avesse più corso fra i pro (almeno nel plotone europeo) dopo il '77...
certo la sua storia è molto interessante.

mi associo comunque alla domanda di abruzzese e ti chiedo cosa secondo te avrebbe potuto ottenere clively se non si fosse preso quella pausa mistica decennale...

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 13/09/2007 alle 09:45
Ho scritto questo post, senza nemmeno rileggerlo. E dire che portavo altri approfondimenti a ciò che avevo pubblicato su Clively nel libro “Protagonisti del ciclismo a Forlì”….. L’ho fatto fidandomi incautamente di quel che mi resta della memoria e non mi sono nemmeno appoggiato ad una telefonata di verifica.
Telefonata che ho aggiunto dopo la pubblicazione, vinto dal timore di aver sbagliato, come era nella logica. Invece, con mia somma soddisfazione, ho ricevuto da Alfio Vandi, un amico che ha corso con Gary nel ’76 e ’77 alla Magniflex, tutte le conferme del caso.
Mi ha detto che l’australiano era veramente forte, ma con dei limiti di tenuta nervosa nelle corse a tappe. Limiti poi sfociati nel misticismo, o mostrati perché già insisteva in lui, una confusione interiore. Poteva ovviamente correggerli se avesse continuato nel ciclismo, ed avremmo trovato certamente qualcosa di più di un campioncino. Alfio non sapeva che Gary fosse tornato con successo al ciclismo sul finire degli anni ottanta: è rimasto di sasso quando gliel’ho detto.

Mi chiedete cosa avrebbe potuto fare Clively senza l’esperienza negli arancioni?
Bene, da quello che ho raccolto in questi anni e per quello che ho visto, posso dire che una carriera per anni da Top 15 mondiale, era nel suo potenziale. Un podio nelle grandi corse a tappe, era ampiamente alla sua portata e sarebbe persino arrivato a tangibilità nelle classiche, Giro di Lombardia su tutte. Gli mancava un po’ di spunto veloce, ma non era comunque fermo nemmeno lì. Chiaro, sono discorsi ipotetici, ma la facilità di pedalata in salita, la sua completezza, compreso un significativo ardore agonistico, lo proiettano in quelle direzioni. Certamente non era meno forte di Cadel Evans, per fare un confronto con un connazionale odierno, giunto paradossalmente al risultato più grande, fra gli aussie, nei GT. Insomma un ottimo talento, superiore a tanti dei migliori di oggi, ma per me non è una novità, visto che giudico l’odierna era, come una delle più povere della storia del ciclismo.

Mi si chiede se c’erano stati prima di Clively australiani forti nelle corse aspre….
No, prima di lui nessuno aveva mostrato queste caratteristiche. Dopo però, in contemporanea ad Anderson, uno più forte di tutti ci fu, ma era straordinario e particolare anche lui. Sicuramente, è il corridore che ha vinto di più senza allenarsi (un’ora al giorno era il suo trend classico)…. Si chiama Michael Wilson, classe 1960, quindi più giovane di Gary di cinque anni. Uno di cui ho scritto con tanto di testimonianze di chi gli viveva accanto come compagno di team, o come diesse. Uno che oggi, col solo raddoppio delle ore d’allenamento e le alchimie degli odierni, potrebbe vincere tutto, dai GT alle classiche, anche perché era pure veloce.

 

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 29/10/2007 alle 10:33
Di fretta…..

Riporto in alto questo thread, perché mi è stata segnalata, via mail, l’iscrizione dell’ex campione australiano Gary Clively, poi constatata direttamente poco fa.
Si firma con due “erre” sul nome, mentre sul mio ritratto ne ho sempre digitata una sola, come da riporti degli almanacchi del tempo. Avrà senz’altro ragione lui, ma ciò non modifica il valore della sua iscrizione e i riferimenti di testo.

Sono molto contento che Clively sia giunto qui: ciò avvalora l’internazionalità di Cicloweb e ci permette di avere notizie, direttamente da un protagonista dimenticato e lontano, sconosciuto ai più.

Se poi questi ritratti che vado spesso a proporre, così anomali (visto che si parla di atleti dall’albo d’oro non di nota), diventano un modo per rendere queste pagine ancor più appetibili a livello internazionale, beh….allora non avrò perso tempo.

Caro Garry, se il tuo italiano non è più quello di un tempo, non importa, puoi scrivere in inglese!

 

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  postato il 29/10/2007 alle 12:39
Beh credo che si debba dare un degno benvenuto a Clively!
Benvenuto su Cicloweb!

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
Proverbio cinese

Jamais Carmen ne cédera,
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 29/10/2007 alle 12:43
Mi aggiungo al "comitato di benvenuto" per Clively!

Benvenuto fra noi!

 

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Omloop Het Nieuwsblad Élite: 3°
E3 Prijs Vlaanderen - GP Harelbeke: 2°
GP Miguel Indurain: 1°
Ronde van Vlaanderen / Tour des Flandres: 3°
Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

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  postato il 30/10/2007 alle 03:22
Hi Garry... if you wanna answer, you can do it also in English language...

I hope to read you soon.

 

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CICLISTI
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 30/10/2007 alle 08:05
azz hai visto il Casaldi "internaziunalo"!!!!!

benvenuto Clively

 

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A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
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27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 08/11/2007 alle 01:46
Riporto su questo thread, perchè ho visto Garry Clively, in linea.
Garry, scrivici qualcosa, come vedi non ti abbiamo dimenticato!

 

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Esordiente




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  postato il 08/11/2007 alle 02:13
Cari afficionati del ciclismo ,
ho ricentamente letto un entrata dal “Morris” nel
Forum di Cicloweb, che mi ha sorpreso e toccato, dopo i tanti anni di assenza
da Italia e la vita del corridore professionista . Mi ha fatto sorridere a leggere una
cosa ricordato da M in mezzo una corsa da dilletante – cosa che io per uno non lo ricordo ! – ma mi ha anche fatto venere in mente la tristezza col quale ho vissuto per anni dopo sono ritornato in Australia per riprendere una vita senza il ciclismo.

Gli anni 74 al 77 durant’I quale io facevo la vita da corridore , da dilletante e poi da
professionista , hanno rimasto con me come una ‘highlight’ di una vita di tanti cambiamenti , di tempi belli e a volta difficoltoso. Ho imparato a ‘tenere duro’ per
Le salite del Giro , e di ‘appreciate’ la natura negli stessi belli montagni dolimitici.

E grazie ai dirigenti e gli amici delle squadre Siapa e Magniflex che mi sono trovato in
mezzo delle corse in compagnia con dei uomini e ragazzi che mi hanno insegnato il
valore le cose come corraggio, rispetto ,amicizia e la sapienza del ‘experience’.
Negli ultimi mesi del 77, quando mi sono trovato in un inferno di confusione e la
necessita per prendere una decizione ,di rimanere a correre o di seguire un altra strada
che allora mi chiamavo ad ogni momento , non avevo la prescienza di mente per capire
quello che facevo nei confronti di miei compagni di squadra o loro che mi hanno sempre
dato una mano . Certamente non volevo fare male a nessuno . Cosi perso in me stesso,
non sapevo nemmeno che I miei compagni vincevono delle belle corse, o che I miei
amici hanno cercato di aiutarmi a fare senso della crisi mentale che mi prendeva . Per quello mi sono dispiace tanto .

Ha detto Morris che la storia piu probabile dietro la chiusura della mia carriera ciclistica
era una ‘crisi mistica’ . Visto che, ovviamente, non ho uno vocabolare Italiano tanto svilupato, non ho parole piu accurate per descrivere quello che mi e successo dopo la Vuelta
di ‘77. La mi sono piazzato 7o e per una breve periodo credevo che stavo maturando
verso un’livello fisico necessario per competere con I migliori di quei tempi. Capivo che
ero giovane e che andavo abbastanza bene nello sport che amavo tanto, ma che avevo delle cose fondamentale ancora da imparare …non ‘so, come un ‘essere umano’ . In fondo , per me, vedevo che il ciclista in me vivevo solamente per la possibilita di vincere e di diventare un ‘campione’ della mia epocha. Da giovane avevo anche la voglia di ‘trovare Dio’ , come si diceva allora , di aprire I miei occhi alla Bellezza e di soddisfare
L’anima . Avevo pensato , sperato, che potevo correre fin al 30-32 , come normale, e di
poi seguire una vita un po’ sprituale in qualche maniera. Non pensavo che al momento
In quale dovevo fare un impegno solido alla vita da ciclista , mi avrebbe anche venuto una bisogna da impegnarmi ad una vita animistica . Insomma , dato che avevo uno carattere diviso sempre fra lo sport e l’anima , mi era venuto ad uno colpo uno dilemma
Che mi ha messo in crisi per mese e che in fine ha visto la conclusione dello capitolo
di mia vita quando facevo corridore . Tengo ancora le cicatrice dalla guerra internale
fra l’atleta ed il ‘mistico’ nel estate di 77 , ma spero che ho imparato qualcosa che mi
fa sorridere a quei giorni da giovane. Magare se non avevo pensato cosi literalmente
della vita ,forse m’avrei visto il modo di correre e di vivere in pace con l’anima .

Per quant’ e successo dopo il ciclismo, anni 70, per me ; ho passato qualche settimane coi
‘Hare Krishna’ , ma ho capito dopo ben poco che non era la ‘filosofia’ per me . Mi sono
messo a studiare un po la psichologia e la meditazione .Con gli anni e l’esperienza credo
che ho fatto una pace abastanza sostenziale con me stesso . Spero che continua cosi !

A volte mi sento tristo e mi dispiace tanto che non potevo rimanere a fare il corridore in Italia , dove ho trovato tanta gente buoni e dove ho corso con I grandi del giorno . Mi consiglio , sappendo che ho fatto quello che potevo per correre al meglio , nelle circonstanze . Se non ho ‘sacrificato’ tutto per realizare il mio potenziale atletico , sono sodisfatto che il mio decizione non mi abbia fatto troppo male come persone .Se invece di vincere corse nella guerra da caratere atletico , ho imparato a lottare per I valori che si fanno diventare uno persone piu completo, sono ‘ok’ cosi . Io saluto quei ragazzi , come Alfio Vandi , Wilmo Francioni e Armando Lora dalla Magniflex che erano corridore di grandi qualita , ma che erano anche ragazzi gentili e naturali , senza complessi difficile. Durante le corse a tappe lunghi , erano gente come loro chi portavano un sorriso e una buona parola per tutti a la tavola di sera e chi davano una mano a me se avevo forato o
mancavo una bottiglia d’aqua nel caldo. A fare il corridore e molto difficile a volte, ma aiutare i compagni in tanto che soffrono e piu di una cosa che si fa per i soldi o la gloria. Bisogna tanta caratere e buon umore. Grazie a tutti loro chi mi hanno auitato in bici o nella vita odierna durante gli anni che ho corso in Italia.

Tanti saluti ,

Garry Clively,

Melbourne.

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 08/11/2007 alle 02:49
Grazie Garry!!!
Il tuo italiano è certamente tanto migliore del mio inglese. Sono romagnolo, abito vicino a Forlì, Ravenna e Cervia, ed in tanti qua da me, non ti hanno dimenticato. Alfio Vandi mi ha detto di salutarti, semmai fossi riuscito a ritrovarti. Ora gli farò sapere che l'incredibile è avvenuto: Garry Clively, il corridore australiano che correva sempre col sorriso ed andava forte, molto forte, dopo 30 anni s'è rifatto vivo.
Tu eri un campioncino che poteva diventare un campione vero e sono molto contento di come hai vissuto e vivi la tua dimensione lontana dai podi e dai palcoscenici che potevi raggiungere. A volte, il rimpianto per le occasioni perse, fa vivere male, molto male.
Sono inoltre assai contento di aver scritto di te, sia in un libro pubblicato che su queste pagine, così animate da tanti giovani che non hanno potuto vederti.
Oggi, tu fai parte di questa comunità, ed io farò di tutto per informare tutta quella gente che non t'ha dimenticato e che non frequenta questi spazi. Nel contempo, a nome di Cicloweb, ti invito a continuare a scrivere, quando ne avrai voglia, su ogni argimento.
Circa quell'episodio relativo al Valico del Barbotto, ti assicuro che il tuo passo era quello di un campione. Mi colpisti e non l'ho mai dimenticato, non solo perchè accanto a me c'era una ragazza dalle gambe fatali....
Di Clyde Sefton sai dirci qualcosa?
Dov'è finito?
Pensa che Clyde militò qualche anno dopo la tua partenza, nell'Alfa Lum di San Marino, società a me molto cara (quando si impegnò nel ciclismo femminile nel '99/2000/2001, io ne ero Team Manager).
Conosci Danny Clark?
Sono un suo amico. Danny oggi vive nel Queensland, ed ha una compagna di Forlì.
Ho conosciuto anche Michael Wilson, un fenomeno che si allenava un'ora al giorno e riusciva ugualmente ad emergere.
Avrei tante domnande da farti e te le farò, magari tramite mail. Per ora il più grande saluto possibile te lo devo: in fondo ritrovando te, ho avuto l'occasione di rivivere una fetta della mia gioventù. Già, perchè caro Garry, sono anch'io del 1955.
A presto..... e considera Cicloweb come la tua finestra su quell'Italia che t'ha visto campioncino indimenticabile!
Un abbraccio!

Morris


 

[Modificato il 08/11/2007 alle 02:52 by Morris]

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Esordiente




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Registrato: Oct 2007

  postato il 08/11/2007 alle 04:43
Grazie Morris ,
certe memorie non diventono grigio col tempo .
Mi saluto Alfio e tutta la gente chi abbia forse una memoria di me.
Magari , Minghelli , Giorgio, Ivan Raggi , Fabbri e Vitali da Russi
che mi ha fatto una bella bicicletta mentre correvo per la SIAPA del
74.
Un mese fa la mia ragazza ed io sono stati per qualche settimane nei
Dolimiti per fare vacanze , e cosi mi e venuto in mente tanti ricordi
di quelle strada e della campagna Italiana . Che bel paese voi avete !!

Di Clyde Sefton non ti posso dire novita; non l'ho visto dal 88, quando
lui facevo il DS per una squadra qua nel Sun Tour . So che lui vivevo
con i suoi genitore che erano contadini , e che dovrebbe continuato con
questa vita dopo il ciclismo. Ditto Danny Clarke ; lui corre e canta , ma
non l'ho visto per anni. Da noi la vita e cosi che un corridore viva migliaia di chilometri da l'altro a volte , ed e normale di perdere contatto.
Mi piace a leggere i pagini del Cicloweb , per le storie del passato e il
presente , punti da vista diversi e fotografie interessanti.

A presto ,

Garry Clively
dop' un po.

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 08/11/2007 alle 17:39
Beh... caro Garry, il fatto che tu sia giunto qui, dopo 30 anni dalla tua partenza, mi da una ragione in più, per continuare a scrivere sui personaggi e sulla storia del ciclismo e dello sport. Anzi, ti dirò, rappresenti la più grossa personale soddisfazione, da quando scrivo su questi spazi.

A presto!

 

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Livello Fausto Coppi
UTENTE DELL'ANNO 2009
Utente del mese Luglio, Novembre e Dicembre 2009




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Registrato: Jul 2007

  postato il 08/11/2007 alle 18:34
Finalmente qualche post di Garry... è un onore per noi tutti poter giovare dei tuoi aneddoti e della tua grande esperienza ciclistica... GRAZIE...

 

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Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
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Tour de France - classifica finale: 3°
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