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Autore: Oggetto: Quelle Sanremo di Saronni

Livello Fausto Coppi




Posts: 2142
Registrato: Jun 2005

  postato il 22/03/2007 alle 18:56
Enzo Tortora fu un grande protagonista della televisione. Ex baistrocchino (la Baistrocchi, per chi non lo sapesse, è la compagnia goliardica genovese che da quasi un secolo allieta le festività di fine amno), animò la scena televisiva dagli albori e per oltre un decennio fintantoché, esiliato dalla Rai, cercò fortuna dapprima nella Tv Svizzera e, poi, nelle prime reti private.
Nel 1977 ritornò alla grande, proponendo un programma – Portobello- che riscosse un successo incredibile.
La trasmissione andava in onda al venerdì in prima serata. E fu proprio venerdì 17 marzo che Enzo Tortora presentò alla platea televisiva italiana un ragazzino che l’indomani avrebbe potuto vincere la classicissima di primavera. Quando Tortora annunciò che si sarebbe passati al ciclismo, chiusi la dispensa sulla riserva di legge e mi piazzai davanti alla televisione.
Giuseppe Saronni era un po’ emozionato davanti alle telecamere : un ragazzo di vent’anni che l’indomani avrebbe difeso i colori azzurri alla Milano- Sanremo.
Era pur vero che Michele Dancelli aveva interrotto, nel 1970, il digiuno che durava dal ‘53 , e che Felice Gimondi , in maglia iridata , aveva trionfato in Via Roma tre anni dopo.
Però erano seguite altre vittorie straniere e la Sanremo sembrava destinata ad essere comunque una corsa difficile per i nostri colori. Due successi azzurri in un quarto si secolo non costituivano di certo un gran risultato
Saronni (forse Tortora l’aveva intuito,da uomo di spettacolo e sport qual’era) poteva essere l’uomo nuovo del ciclismo italiano, quello a cui affidare il rilancio del ciclismo, dopo la stagione gloriosa degli anni 60/70.
C’era Moser in maglia arcobaleno, è vero, fortissimo nella corse di un giorno , e c’erano Baronchelli e Battaglin, ma a ciascuno sembrava mancare qualcosa per essere protagonista su tutti i terreni.
Quel ragazzino , sul cui valore aveva giurato Colnago, poteva rappresentare la sintesi delle doti necessarie per essere un grande?
Era difficile rispondere. Certamente prematuro azzardare previsioni, ma il primo anno di professionismo aveva lasciato intravedere ottime cose. Un ragazzo diciannovenne che si aggiudica diverse classiche nazionali e arriva secondo alla Freccia Vallone …era un bel biglietto da visita. E se non si fosse procurato una frattura alla clavicola , avrebbe potuto essere protagonista al Giro d’Italia
Il ‘78, poi, era iniziato alla grande, con un bel successo alla Tirreno-Adriatico..
Era teso, teso ed emozionato davanti alle telecamere.
Me lo sono sempre chiesto: ma la trasmissione era in diretta , o la partecipazione del giovane campione era stata registrata?. Più probabile la seconda ipotesi perché era difficile pensare che un candidato alla vittoria nella classica di San Giuseppe potesse andare a dormire troppo tardi, la sera della vigilia.
Bartali l’aveva fatto,accettando la sfida di Serse Coppi , ma erano altri tempi.

Non era la prima Sanremo, per Saronni. L’anno prima , quando vinse Raas, si classificò al 19° posto.
Ma adesso era diverso , aveva capito che quella corsa si adattava alle sue caratteristiche.
C’era il Poggio, che sembrava fatto apposta per esaltare le sue qualità di scattista. E quand’anche si fosse arrivati in volata (di gruppo, o ristretta), avrebbe potuto far valere le sue qualità di velocista.
Non era stato pluricampione della velocità su pista? Dunque, almeno sulla carta,non poteva lasciarsi impressionare dal rettilineo di Via Roma, semprechè lo spunto finale non fosse stato appannato dalla distanza della gara.
Si corse sabato 18 marzo. La televisione (al singolare, allora) ed i giornali erano occupati dagli interrogativi sul rapimento di Aldo Moro e sulla strage della sua scorta . Erano passati appena due giorni da Via Fani e anche la carovana osservò un minuto di raccoglimento , prima della partenza.
Un mese prima era scomparso Girardengo:a Novi, quella volta, il Campionissimo non ci sarebbe stato ad assistere al passaggio della sua corsa.
Beppe fu protagonista, quel giorno, quasi volesse dimostrare che Tortora , la sera prima,aveva visto giusto.
Una Sanremo caratterizzata da una lunga fuga. Poi, ad una ventina di chilometri dal traguardo accadde che un comprimario, Alessio Antonini, scattasse dal gruppo.
Fu Saronni , insieme al francese Hezard, a raggiungerlo. Ai tre si aggiunse ben presto un cliente scomodo, Roger de Vlaeminck, quell’anno compagno di squadra di Moser , che già nel 73 si era imposto nella città del Festival.
In quattro affrontarono il Poggio, sul quale Saronni tentò, invano, di liberarsi del belga.
Arrivarono in tre a giocarsi la corsa del sole (Hezard aveva nel frattempo forato).
Ai duecentocinquanta metri finali Beppe, in testa al terzetto e vicino alle transenne, venne affiancato dal fiammingo che lo superò. Antonini, a sua volta, cercò invano di recuperare all’esterno.
Beppe cercò di prendere la ruota dello zingaro, ma smise di pedalare ai 25 metri, quando si accorse che la rimonta non sarebbe stata premiata.
Troppo forte il belga,o in quella occasione Saronni peccò di inesperienza?
Fu grande il disappunto del motociclista della telecamera mobile che (forse tifoso del “bimbo”) non riuscì a trattenere un gesto di stizza. Un secondo posto dietro ad un grandissimo , per un ventenne, ci poteva anche stare. Ma quel secondo posto dimostrava , soprattutto, che la Sanremo era adattissima ai mezzi di Saronni. Il giudizio del fiammingo( “Non sempre vince il più forte”, disse più o meno De Vlaeminck), costituiva - se non un passaggio di consegne – quantomeno un buon viatico per il futuro.

L’anno successivo le aspettative erano cresciute .Beppe ne aveva vinte di corse: ormai non era più una promessa .E alla Sanremo(caratterizzata, come al solito, da una lunga fuga), dimostrò di tenerci: appiedato da una foratura, recuperò il distacco, riagganciando il gruppo dei migliori.
In fondo alla discesa del Poggio, arrivò un gruppo neppure troppo numeroso. C’era Saronni, ma c’era anche De Vlaeminck. Forse Beppe preferiva evitare il confronto con il belga: la sconfitta dell’anno precdente bruciava ancora. O forse preferiva la soluzione isolata.
Cercò di allungare, ma Moser si preoccupò di andarlo a riprendere: la rivalità tra i due era già un dato di fatto.
Poi, inaspettatamente, ci provò Beccia.
Lo scalatore pugliese ( che spesso si lamentava con gli organizzatori del Giro d’Italia per i percorsi troppo morbidi) giocò la carta della sorpresa. Si presentò in Via Roma solo al comando ma, in breve ,venne risucchiato dagli inseguitori. Saronni stavolta prese la ruota di De Vlaeminck, uscì alla sua sinistra ma non riusci a rimontarlo. Il belga vinse senza discussioni la sua terza Sanremo
Per Beppe la replica di un finale gia visto, in una corsa nella quale era stato anche sfortunato.
Si sarebbe consolato nella tarda primavera, aggiudicandosi il suo primo Giro d’Italia.
In fondo era molto giovane , e chissà quante Sanremo avrebbe corso da protagonista!


Nel 1980 è Francesco Moser ad essere indicato da più parti come il favorito:e’ in forma, ha vinto la Tirreno-Adriatico ed una vittoria nella Milano Sanremo avrebbe impreziosito un ricco palmarès che, negli ultimi due anni, si era arricchito con le vittorie nella Parigi-Roubaix.
La corsa fu caratterizzata da una lunga fuga di tre coraggiosi(Tosoni, Bertacco e De Beule ,gli ultimi due raggiunti in vista del Poggio, dopo 251 chilometri di fuga).
Sull’ultima salita tentarono di involarsi Vandenbroucke e Bortolotto, ma senza risultati.
In discesa cercò la soluzione a sorpresa Pollentier, ma lo sgraziato vincitore del Giro del 77 venne ripreso all’ultimo chilometro. Beppe, che non tentò di involarsi sul Poggio, accettò nuovamente la sfida con De Vlaeminck, e non solo con lui.
C’erano anche Raas, che cercava il bis, c’era Sean Kelly e anche Moser era della partita.
E c’era anche Pierino Gavazzi, il velocista bresciano che pareva destinato(con i suoi 98 secondi posti) a raccogliere -tutt’al più- un’altra piazza d’onore. In quel consesso non sarebbe stato un risultato disprezzabile.
Fu un arrivo al cardiopalmo che ricordava quello di un’altra Sanremo, l’edizione del 66,la prima di Merckx, quando si avventarono sul traguardo in quattro(oltre al giovane fiammingo c’erano Durante, Van Springel e Dancelli).
Raas scelse una volata solitaria, sul lato destro della sede stradale
Al centro Gavazzi , sulla sua sinistra Saronni. e, verso le transenne, Kelly.
Moser e De Vlaeminck appena dietro.
Stavolta per Beppe sembrava fatta. Pur in rimonta, non riuscì tuttavia a piegare la resistenza di Gavazzi che, con un ultimo disperato colpo di reni, mise – seppur di pochissimo- la sua ruota davanti a quella del “bimbo”.
Solo allora Saronni si ricordò che Pierino l’anno prima , al Giro della Campania, gli aveva soffiato la vittoria per un niente.
Un’altra beffa, per Beppe, la terza in tre anni.Questa volta per De Vlaeminck, preceduto anche da Raas non ci fu posto nemmeno sul podio, ma non fu sufficiente battere gli stranieri.
La Sanremo, la corsa che aveva sempre sognato di vincere, non riusciva ad essere sua, quasi che gli si volesse negare un regalo per il giorno del suo onomastico..
Venne rimproverato, quella volta, per essere stato troppo coperto,di non avere provato ad andarsene sul Poggio.
Tre secondi posti in tre anni consecutivi. Neppure le sette vittorie al Giro , neppure la maglia tricolore, che indosserà ad Arezzo, riusciranno ad attenuare la delusione.


Nei due anni successivi Saronni sembra rinunciare alla Sanremo.
Nell’81 pare più preoccupato a controllare Moser sul Poggio (e Moser controlla sua volta Saronni): i due si rendono protagonisti (in negativo) di una manfrina che irrita gli appassionati.
Nell’82, in una giornata autunnale, si ritira sul Turchino.
Discorso chiuso con la Classicissima?

Quel sabato 19 marzo era una giornata calda .C’erano anche allora , mica solo oggi!
Era bello pedalare sulle strade che , di lì a poco, sarebbero state percorse dai corridori.
Al ritorno, decisi di andare a vedere il passaggio della Sanremo in fondo alla discesa del Turchino,nei pressi di Mele: là dove la strada disegna una serpentina di tornanti prima di affiancare il torrente Cerusa , dirigersi verso Voltri e imboccare l’Aurelia, tra il profumo del mare e quello della focaccia.
Lo vidi bene Beppe, con la maglia iridata .La speranza di vederlo primo in via Roma c’era, eccome. Ma era in qualche modo affievolita dai risultati degli anni precedenti.
Poi, come un rito che si rinnovava da anni, a casa per la telecronaca.
C’era già il colore, ma quello scatto vissuto in bianco e nero aveva un sapore antico.
Scattò alla maniera dei grandi : come Merckx,si disse .
.Non deve apparire troppo azzardato il paragone con il campione belga il quale disse che Saronni, diventato veramente un campione, era partito sullo stesso tornante dove lui,il Cannibale, nel 72 aveva piantato Motta e Gosta Petterson.
Sul Poggio Beppe parve proseguire la volata di Goodwood, e quella del Lombardia e, ancora, quelle di tante corse che lo avevano visto primeggiare
Si presentò a Sanremo da solo e in Via Roma , per la prima volta, alzò le braccia al cielo, scrollandosi di dosso i fantasmi di De Vlaeminck, di Gavazzi, di tutti gli altri avversari.
Una vittoria maiuscola, che non mancò di suscitare commenti lusinghieri, alcuni addirittura trionfalistici.
Doveva essere la sua quarta vittoria. Fu invece la prima che arrivò -come scrisse Raschi- “ in una maniera che chiude la bocca, che toglie il respiro, direi, a coloro che lo avevano battuto.”
Francesco Moser, che era passato per primo sul Turchino e che aveva infiammato la corsa sulla Cipressa, transitando in vetta al comando, riconobbe l’efficacia dello scatto perentorio dell’avversario, pur non nascondendo la convinzione di essere stato, in quella giornata , più forte del rivale.Sarebbe stato bello vederli duellare in volata ma Saronni, con uno scatto irresistibile, da purosangue , negò a Francesco quella soddisfazione.
Fu un trionfo, in una giornata caratterizzata da una cornice di pubblico che non si era mai vista sulle strade della Sanremo : da Milano a Pavia, da Novi a Ovada, sul Turchino e sulle strade della Riviera un milione e mezzo di persone applaudirono i corridori.

Ero euforico quella sera. Se ne accorsero anche i miei amici quando, dopo una serata al cinema (Sapore di Mare, era il film,quello con il riferimento al successo di Gimondi al Tour de France ) andammo in birreria .
“Ma che ti è successo, Mario?”mi chiedevano. “”Ma non l’avete visto Saronni?, rispondevo eccitato.Chissà che avranno pensato le ragazze della compagnia !
L’indomani mattina, con Corrado e Paolo, feci un ‘uscita in bici. La salita di Sant’Apollinare, sopra Sori, pur impegnativa,l’affrontai con grinta, con un entusiasmo che non era stato fiaccato dalle poche ore di sonno. Scendemmo poi a piedi a Megli , passando attraverso una “creuza”(una di quelle che De Andrè, l’anno successivo, avrebbe reso celebri) in mezzo agli ulivi.
“Ma non l’avete visto Saronni?” continuavo a domandare ai miei compagni di pedalata.

Sembrava l’inizio di una lunga teoria di vittorie, per Beppe. Fu,invece, l’ultimo acuto in una classica monumento, prima della vittoria al Giro d’Italia che chiuse un ciclo irripetibile.
Per ironia della sorte, in quella tarda primavera dell’83 si chiuse anche la parabola di Enzo Tortora, coinvolto in una vicenda giudiziaria dalla quale , dopo mille traversie, uscì innocente, ma distrutto.
Quando,alcuni anni dopo, si ripresentò sul palcoscenico televisivo , formulò una domanda al suo pubblico. ”Dove eravamo rimasti?”, fu il suo esordio.
La stessa domanda avrebbe potuto rivolgere ai suoi tifosi anche Saronni allorchè, nell’86, si riaffacciò alla ribalta del grande ciclismo dopo due anni bui.
Non la fece, ma io sapevo comunque la risposta: eravamo rimasti a quelle “Classicissime”, caro Beppe, quelle perse per un soffio e quella del trionfo.
Eravamo rimasti in quegli anni e ancora oggi, in verità, un pezzo del nostro cuore lo abbiamo lasciato sulle strade di “quelle”Sanremo.
Ne avremmo viste anche di più entusiasmanti,ma non sarebbero state quelle dei vent’anni.
Anche per questo, almeno per noi, hanno un sapore speciale.









Milano-Sanremo 1978: De Vlaeminck precede sul traguardo un grande Saronni


La volata dell'80


Lo scatto di Beppe Saronni sul Poggio, nella Sanremo dell'83



Il trionfo , finalmente!

 
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Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 22/03/2007 alle 19:28
Mario, tu scrivi troppo poco su questo forum!

Mi hai regalato venti minuti di gioia e serenità, e un finale che mi ha trasmesso un brivido.

Grazie, grandissimo!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/03/2007 alle 19:43
Originariamente inviato da Admin

Mario, tu scrivi troppo poco su questo forum!

Mi hai regalato venti minuti di gioia e serenità, e un finale che mi ha trasmesso un brivido.

Grazie, grandissimo!


Caroo Marco, sono contento che ti sia piaciuto il mio ricordo, alla vigilia della Sanremo.
E' vero: ultimamente frequento poco il forum, e me ne dispiace.
Purtroppo sono un po' impegnato , ma spero di trovare qualche ritaglio di tempo anche per voi

 
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Livello Giro di Svizzera




Posts: 94
Registrato: Apr 2006

  postato il 22/03/2007 alle 19:48
Grazie
 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Feb 2006

  postato il 22/03/2007 alle 20:25
Davvero, certe letture hanno la capacità di far tornare il sereno anche quando si vede tutto nero.
Grazie Mario, e complimenti

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/03/2007 alle 20:32
Cancel è un grande e da quadri che sono inni al ciclismo.
Con Roger (uno dei miei beniamini) qualche soddisfazione me la sono tolta a s.Remo. Anche contro Saronni..
Sicuro che la S.Remo sembrava tagliata addosso a Saronni. E il diavoletto per tre anni di fila, finì li li ad un dito dal trionfo. Roba da farsi complessare. Poi il numero. Lo sprinter che arriva solo. Cosa che temo a S.Remo non vedremo mai fare a Boonen...
Saronni nelle gare in linea avrebbe potuto essere un vero mostro. Un imbattibile. Così non è stato. Se penso ai suoi atout e li paragono a quelli di Bettini, sento odore di grande spreco. O no?

 

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pedala che fa bene.....

 
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Livello Gianni Bugno




Posts: 588
Registrato: Mar 2005

  postato il 22/03/2007 alle 20:43
Ogni campione ha una storia a se, da da Mario Beccia (indimenticabile il commento di Torriani ai suoi lamenti per le moto , al volta che scatto' sul poggio:"Raglio d'asino non sale in cielo", con evidente imbarazzo del Bonanima De Zan...) a Marco Pantani..
Non si possono fare paragoni di questo tipo, secondo me..

 

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"Quel naso triste come una salita
Quegli occhi allegri da italiano in gita!"

 
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Livello Hugo Koblet




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  postato il 22/03/2007 alle 20:49
grazie cancel! quanti ricordi! da saronniano mi ricordo ogni virgola di quelle sanremo...però avevo cancellato il ricordo di portobello, me lo hai fatto ricordare. il giorno della vittoria dell'83 stavo tornando dalla settimana bianca. con i miei genitori ci fermammo al grill del turchino e vedemmo il passaggio dei corridori da lontanissimo, riconobbi però la maglia iridata! all'autogrill incrociammo bartali che davanti a noi fu intervistato da crespi di tmc. quando beppe scattò sul turchino eravamo a pochi chilometri da casa e quando rientrammo aveva appena tagliato il traguardo. che gioia quella sera!

p.s. voglio ricordare che la sanremo dell'80 è stata l'ultima corsa di domenica

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/03/2007 alle 22:02
grazie cancel!
 
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Moderatore
Utente del mese Agosto 2009




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  postato il 22/03/2007 alle 22:07
Stupenda persona e grande narratore il nostro Mario/Cancel!
Amico mio, il tuo modo di raccontare le imprese dei campioni e di delineare il contesto storico in cui sono maturate è semplicemente sublime, complimenti davvero.
Ho particolarmente apprezzato anche il ricordo di Enzo Tortora, quando ero ragazzino adoravo Portobello e il suo modo pacato di condurre, la TV avrebbe davvero bisogno di un uomo perbene come lui.

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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  postato il 22/03/2007 alle 22:29
Originariamente inviato da W00DST0CK76

la TV avrebbe davvero bisogno di un uomo perbene come lui.


Non casuale citazione del bel film con Michele Placido in cui si narrava l'incredibile vicenda giudiziaria di Tortora.

"Un uomo perbene", al momento mi sfugge il nome del regista.

 
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Moderatore
Utente del mese Agosto 2009




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  postato il 22/03/2007 alle 23:09
Originariamente inviato da Admin

Originariamente inviato da W00DST0CK76

la TV avrebbe davvero bisogno di un uomo perbene come lui.


Non casuale citazione del bel film con Michele Placido in cui si narrava l'incredibile vicenda giudiziaria di Tortora.

"Un uomo perbene", al momento mi sfugge il nome del regista.


Il regista è Maurizio Zaccaro, "un uomo per bene" è l'epigrafe con cui, in una lettera scritta alla figlia Silvia, Tortora diceva di voler essere ricordato.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 23/03/2007 alle 01:48
caro Cancel, veramente un gran bel racconto.
Saronni sembrava proprio fatto apposta per la Sanremo, con le doti giuste per staccare tutti sul Poggio o per vincere allo sprint.
Secondo me nel 1978 e nel 1979 non ci furono grossi rimpianti da parte sua: nel primo caso era ancora troppo pischello per competere con un marpione come De Vlaeminck, nel secondo fu già tanto se riuscì a rientrare dopo una foratura nel momento cruciale.
Nel 1980 invece, a mio parere, i rimpianti furono forti: Saronni normalmente batteva Gavazzi 3 volte su 4, eppure dovette lasciare al bresciano tre successi importanti (oltre alla Sanremo anche i campionati italiani del 1978 e del 1988).
C'è da dire che Gavazzi era un fior di velocista, che però aveva un difetto non indifferente per una ruota veloce: non era capace di mantenere la freddezza necessaria nell'ultimo chilometro, spesso si faceva prendere dal nervosismo e di conseguenza commetteva parecchi errori nell'impostazione della volata.
Però quando azzeccava tutto era veramente un osso duro per chiunque: quell'anno si aggiudicò anche la Parigi-Bruxelles, la Sanremo del Nord, l'altra corsa del calendario che sfiorasse i trecento chilometri.

E visto che non l'hai raccontata tu, racconto io la querelle Moser-Saronni alla Sanremo 1981.
Tutto parte dalla Tirreno-Adriatico: pare che nella tappa di Civitanova i due, in fuga dopo aver staccato tutto il gruppo, avessero raggiunto un accordo del tipo "che vince oggi, domani lascia campo libero all'altro".
Saronni vince lo sprint a due, e Moser si aspetta di vederlo tranquillo il giorno dopo: invece Saronni partecipa nuovamente alla volata e si aggiudica la sua seconda tappa di fila.
Moser va su tutte le furie e, orgoglioso com'è, se la lega al dito: vince la Tirreno-Adriatico sfruttando l'ultima tappa a cronometro, e si prepara allo scontro di Sanremo.
Nella città dei fiori Fons De Wolf, atleta con le stimmate del fuoriclasse ma con poca voglia di fare la vita del corridore, se ne va nella discesa del Poggio e arriva da solo in via Roma: alle sue spalle De Vlaeminck, che dopo tanti anni non corre più in Italia, si aggiudica lo sprint dei battuti (quell'anno sarà secondo anche all'Amstel e a Roubaix, sempre dietro Hinault).
Moser sale sul palco e appena De Zan gli mette un microfono sotto il naso, si scatena.
Più o meno dice così: "Oggi ho corso per far perdere quello lì (non lo chiama mai per nome), avrei potuto riprendere De Wolf in discesa come e quando volevo, ma non non l'ho fatto per non favorire quello lì. Se lui fosse stato ai patti alla Tirreno oggi avrei corso per vincere, come ho sempre fatto, e sicuramente non avrei lasciato andare il belga.
Però oggi la mia priorità era far perdere quello lì, e mi stava bene che vincesse chiunque purchè non vincesse lui".
Apriti cielo: polemiche a non finire; ci si chiede se è giusto che i due maggiori esponenti del ciclismo italiano si facciano la guerra in questo modo a tutto vantaggio degli stranieri, e si rivangano tutti i dispetti che si erano fatti Coppi e Bartali.
Saronni cerca di rispondere dicendo che secondo lui quelle sono tutte scuse e se Moser non ha inseguito De Wolf è perchè non ne aveva più, ma ormai la frittata è fatta: la figuraccia è grande per entrambi, e questo clima a dir poco elettrico tra i due continuerà per tutta la stagione sfociando negli insulti e nella quasi rissa del campionato italiano, e poi nei fattacci del Campionato del Mondo, letteralmente regalato a Freddy Maertens.

Che dire: quella si che era una vera rivalità, con tutti i lati positivi e negativi che una cosa del genere comporta.
Per questo, quando oggi sento parlare di rivalità Basso-Cunego, mi viene da ridere.

 

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"L'uomo da battere è Gianni Bugno, e quasi certamente non riusciremo a batterlo" (Greg Lemond, Stoccarda, 24 agosto 1991)

"Il rock è jazz ignorante" (Thelonious Monk)

 
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Moderatore




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Registrato: Aug 2005

  postato il 24/03/2007 alle 02:46
Dopo una settimana col computer out è bello ritrovare sul forum,tra le altre cose,un racconto come questo.
Come sempre complimenti

 
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