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Autore: Oggetto: Graffiti - Aldo Moser, l'infinito.

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 20/02/2007 alle 00:42
ALDO MOSER
Nato a Palù di Giovo (Trento) il 7 febbraio 1934. Passista scalatore. Professionista dal 1954 al 1973, con 14 vittorie.



Uno dei massimi longevi della storia del ciclismo e capostipite di una famiglia che ha dato ben quattro fratelli al professionismo. Iniziò fra i prof, quando correva ancora con tante facoltà Coppi e terminò, passando per il coetaneo Anquetil, quando Merckx stava vivendo uno dei suoi ultimi anni di fulgore. Lasciò il testimone in maglia Filotex, al fratello Francesco, nato diciassette anni dopo. Incredibile. Un’ellisse che partì col nomignolo trentino di “bocia” e si chiuse come “vecio” con tante maglie indossate e taluni momenti che lasciavan presagire un gran bel palmares.
Non andò come sperava e voleva, ma la sua bella traccia nel ciclismo il maggiore dei Moser l’ha lasciata.
Charly Gaul, un giorno mi disse che il corridore più forte eletto a sua spalla, era proprio questo taciturno, una caratteristica che non era per nulla di famiglia, almeno stando al confronto col solo Francesco.
Una carriera, quella di Aldo, che è stata fortemente penalizzata dal suo essere palo negli sprint, visto che per decine e decine di volte giunse al traguardo coi primi, senza mettere nel conto il gruppo compatto. Purtroppo, in quelle tappe di montagna, che dovevano essere per lui assai più possibili, sovente, ebbe un rendimento non pari a ciò che voleva o che gli si accreditava. Sicuramente, ha pagato una certa insicurezza psicologica e quell’introversione che gli ha pure creato problemi nel trovare ingaggi e squadre, degne del suo valore e delle più che discrete risultanze ottenute.

Una disamina sulla sua lunga pagina nel ciclismo porta in evidenza risultati contraddittori. Ad esempio, pur partecipando a 15 Giri d’Italia (non è mai stato in lizza in un Tour), non è mai riuscito a vincere una tappa e ha indossato solo per due giorni la maglia rosa: la prima volta nel ’58 e la seconda nel ’71. I suoi migliori piazzamenti furono il sesto posto nel 1955, ed il quinto nel ’56. Neppure nelle quattro Vuelta di Spagna disputate e nei cinque Tour de Suisse, ha mai vinto frazioni. In Svizzera, giunse terzo nel 1962. Le sue vittorie, sono così venute in gare singole, o frazioni di corse a tappe minori e, soprattutto, a cronometro. Il primo successo, proprio nell’anno del debutto, fu la Coppa Agostoni, quindi la tappa di Potenza della Roma-Napoli-Roma e il Gran Premio Industria e Commercio nel ’55, la frazione di Napoli del Ciclomotoristico ’57, la Coppa Bernocchi ’63 e il Gran Premio Camicia, valevole per il Trofeo Cougnet nel ’66, la sua ultima vittoria. S’è poi aggiudicato i circuiti di Lavis nel ’55 e ‘57, di Fiero nel ’56 e di Faenza nel ’57.
Di rilevanza notevole, invece, il suo ruolino a cronometro. Cominciò vincendo il Trofeo Baracchi nel ’58 e ’59 in coppia con Ercole Baldini. Nel ’59, vinse la corsa per eccellenza contro le lancette, il Gran Premio delle Nazioni a Parigi, che s’aggiudicò per soli 4”, su un Roger Riviere completamente in crisi nel corso degli ultimi chilometri. L’anno successivo, Aldo, vinse l’allora prestigiosa Manica Oceano.
Sempre a cronometro vanta una serie interminabile di piazzamenti di prestigio: nel “Nazioni” fu 2° nel ’60, 3° nel ’57 e ’61, 4° nel ’58. Due volte, colse la piazza d’onore nella crono di Lugano e tre volte finì terzo in quella di Ginevra.
In carriera ha vestito le maglie Torpado, Chlorodont, Calì-Broni, Emi, Ghigi, San Pellegrino, Firte, Vittadello, Pepsi Cola, G.B.C. e Filotex.
Un infinito.

Questa foto è rara, molto rara. Per questo motivo, l'ho inserita nel mio libro "Protagonisti del ciclismo a Forlì. In essa però, sono contenuti due passi di storia del ciclismo estremamente particolari: il primo, più conosciuto, ci porta a vecchie dispute...che fecero tanto parlare, mentre il secondo, è una vera rarità, conosciuta da non più di una cinquantina di persone... Ne parlerò in un prossimo post...

Alcuni ricordi personali.
Aldilà della televisione, vidi l’Aldo Moser corridore dal vivo della strada diverse volte, ma solo in tre occasioni con un’osservazione giusta, non limitata all’apparizione. La prima risale al 1961, ero piccino, ma l’età non deve ingannare: ero un bimbo davvero speciale, con facoltà che oggi mi sogno! Teatro, il Trofeo Tendicollo Universal a cronometro, l’ormai più volte menzionata mia personale palestra ciclistica. Pedalava molto più alto rispetto a quello che poi diverrà lo stile inconfondibile del fratellino Francesco. Le sue gambe mulinavano i pedali formando una enorme “x” e sudava tantissimo. Ancor non lo sapevo, ma la sua era una pedalata di pura potenza: molto composta, tra l’altro, niente a che vedere con l’odierno Honchar. Mi colpì per la smorfia, che pareva un sorriso e per quella maglia, bellissima, bianca con bordi giallo-rossi della Ghigi, una società che conoscevo bene, in quanto riferimento per la mia terra in quegli anni.
Lo rividi sul circuito del “Tre Monti” a Imola nel 1968, in occasione del Giro di Romagna valevole per il Campionato Italiano. In una giornata caldissima, uscì forse il miglior Felice Gimondi di sempre, anche se pochi, analizzando il tratto del bergamasco, si soffermano su quell’impresa. Aldo arrivò a dieci minuti, nel gruppo dei migliori, ridotto all’osso da una selezione incredibile. Lo vidi con la solita smorfia, resa più evidente dagli anni e dalle siamesi rughe (aveva già 34 anni). Sembrava un senatore e, per mio fratello accanto a me, “un fossile” di due generazioni precedenti. Tre anni dopo, nel ’71, in maglia GBC, l’osservai per la terza volta: di nuovo nella cronometro di Forlì, nel frattempo divenuta GP Terme di Castrocaro. Il suo passo era ancora come quello di dieci anni prima, nonostante le gambe mostrassero il segni e le vene del tempo. Il volto, segnato e coperto dal sudore suo fedele compagno, si mostrava stranamente più incupito, ma era solo l’effetto del berrettino portato con la visiera all’indietro. Lui però era lì, a battersi ancora coi migliori e a fare, nonostante tutto, la sua bella figura.
In quella gara, il capostipite dei Moser, pur essendo un ottimo cronoman, non riuscì mai a raggiungere il podio. Partecipò alla prima (stellare) edizione, nel 1958, finendo quarto a 5’30 da Ercole Baldini. Ancora un quarto posto nel 1961 (come detto, la prima volta che lo vidi), a 5’04” stavolta da Anquetil. Infine, nell’edizione del 1971, già 37enne, completò il suo terno di quarti posti, arrivando a 4’36” da Gimondi.
Tanti anni dopo quelle osservazioni in bicicletta, ebbi la possibilità di conoscere Aldo Moser di persona. A fine ’97, approfittando del cinquantesimo di fondazione dell’Unione Ciclistica Scat di Forlì, coronai il mio sogno di riportare Charly Gaul in Italia, dopo oltre 30 anni di assenza. L’occasione di rivedere l’Angelo della Montagna, portò alla manifestazione tanti ex corridori, ed un gruppo notevole di giornalisti. Aldo fu il primo degli ex compagni di squadra di Charly a raggiungerci. Passammo una splendida giornata fra ricordi e battute.

Forlì (08/12/1997) - da sinistra Aldo Moser, Charly Gaul e Arnaldo Pambianco.
Il capostipite dei Moser parlava poco, ma ascoltava con un’attenzione che mi colpì. Sapeva quanto Gaul lo stimasse, ma non se ne faceva vanto. Il suo carattere taciturno non s’era per nulla modificato: era sempre quello che costringeva i giornalisti TV della mia adolescenza a faticare per farlo parlare. Lo rividi due anni dopo, quando mi riuscì un altro colpo: riportare Charly su quel Bondone che lo aveva eletto mito. Eravamo a due passi da casa Moser e la sera prima dell’escursione sul celebre colle (quel giorno tappa del Giro Internazionale del Trentino femminile), svolsi una conferenza a Trento. Aldo si unì a noi proprio lì. Mi salutò sorridente e con un calore inaspettato. Con l’ex “bocia” divenuto”vecio” presente, lo spaccato di quel ciclismo che rimpiangerò per il resto dei miei giorni, s’era compiuta.

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Registrato: Aug 2005

  postato il 20/02/2007 alle 01:29
Avevo già avuto la fortuna di leggere questo ritratto di Aldo Moser e nello scorgere il lato introspettivo si comprende come figure del genere manchino al giorno d'oggi ed è anche un modo per ribadire una volta di più la grandezza di Charly Gaul.
 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jun 2005

  postato il 20/02/2007 alle 12:00
Non sapevo di un capostipite della famiglia Moser più anziano di quello 'famoso'...grazie.

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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