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Autore: Oggetto: Profumo di letteratura

Livello Tour




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  postato il 02/08/2009 alle 15:15
Chateaubriand

Memorie d'oltretomba; libro decimo, cap. 3:

"Se al tempo potessimo dire: “un momento!” lo fermeremmo alle ore dei piaceri;ma siccome non si può,non soffermiamoci quaggiù; andiamocene prima di aver visto fuggire i nostri amici, e i soli anni che il poeta trovasse degni della vita: Vita degnior aetas . ciò che incanta nell’età degli amori diventa nell’età dell’abbandono motivo di sofferenza e di rimpianto. Non si auspica più il ritorno dei mesi che ridono alla terra; anzi lo si teme: gli uccelli, i fiori,la bella sera di fine aprile, una bella notte iniziata la sera col primo usignolo,finita la mattina con la prima rondine, quelle cose che vi fanno sentire il bisogno e il desiderio della felicità vi uccidono. Tali incanti,li sentite ancora, ma non sono più per voi; la gioventù che li assapora al vostro fianco vi rende geloso e vi fa capire meglio quanto la vostra solitudine sia profonda. La freschezza e la grazia della natura,ricordandovi le vostre passate felicità,accrescono la bruttezza delle vostre miserie. Ormai non siete altro che una macchia nella natura, ne rovinate la l’armonia e la soavità con la vostra presenza,con le vostre parole e perfino con i sentimenti che potreste osare esprimere. Potete amare, ma non potete più essere amati. la vista di tutto ciò che rinasce,di tutto ciò che è felice,vi riduce alla dolorosa memoria delle vostre gioie."

 
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  postato il 18/08/2009 alle 20:43
Un deferente, umile e rispettoso grazie a un personaggio fondamentale della cultura italiana che oggi ci ha lasciati.

Con Fernanda Pivano se ne va un mondo.

Sono davvero triste.

 

____________________

Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica, mi dà malinconia
che vuoi farci, è la vita... è la vita, la mia

(Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping)

 
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Amministratore




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  postato il 18/08/2009 alle 20:46

(www.fernandapivano.it)


(www.nottidiluce.com)

Tanto per dire di chi parliamo...

 

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Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica, mi dà malinconia
che vuoi farci, è la vita... è la vita, la mia

(Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping)

 
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Moderatore




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Registrato: Oct 2006

  postato il 27/08/2009 alle 13:45
Piccolo suggerimento: 'Disoccupazione creativa' di Ivan Illich.
Altro saggio, breve ma molto interessante, che propone un'analisi a tutto tondo dello sviluppo sostenibile e "umano" all'interno della civiltà capitalistica (anzi, in negazione alla).
Ad esempio un leit motif di questo originalissimo pensatore: la negazione della scuola o dell'assistenza sanitaria. E attenzione: Illich era un intellettuale, è stato un religioso, colto (ma non nel senso sartriano del termine). la sua critica alla scuola è una critica alla omologazione, alla certificazione, al soffocamento del talento, all'obbligo.
Ma l'analisi di Illich si sposta alla mobilità sostenibile, al riuscire a sviluppare delle capacità e dei modi di vivere non regolati dalle 'professioni', al tramutare una società ad alto tasso di profitto in una ad alto tasso di lavoro.
È un approccio serio, quasi scientifico, alla cosiddetta 'decrescita'. Soprattutto, è un approccio ante litteram (il testo risale a 4 decenni fa).
Lo consiglio a tutti, soprattutto se è piaciuto 'elogio della bicicletta'.
Alla prossima

 
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Livello Greg Lemond
Utente del mese Gennaio 2009
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  postato il 27/08/2009 alle 14:04
Sulla scuola, ho letto, quando facevo l'insegnante, alcuni suoi articoli e sono sempre stato d'accordo. Ciao e grazie del suggerimento.

 

____________________
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 02/11/2009 alle 13:54
"Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri"

(da "Fiore di Poesia")

Alda Merini, 1931-2009

 

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"...Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, penso che per la razza umana ci sia ancora speranza..." (H.G. Wells)

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 02/11/2009 alle 20:54
Addio Alda.


 

____________________
Fantaciclismo 2009 : 1°Tour de Romandie - 1° Paris-Tours
Tour de France 2009 : Vittoria 11°tappa Vatan Saint-Fargeau
Vuelta a Espana 2009 :Vittoria 6°tappa Xativa-Xativa e 11°tappa Murcia-Caravaca de la Cruz

Fantaciclismo 2010 : 1° Het Volk - 1° Milano-Sanremo - 1° Tour de Romandie
Tour de France 2010 : Vittoria 9°tappa Morzine Avoriaz- Saint Jean de Maurienne

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/11/2009 alle 12:17
Addio a una persona fatta come vorrei essere fatto anch'io.
ciao alda.
ti saluto come si saluta un'amica

 

____________________
nino58

 
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Livello Fausto Coppi
UTENTE DELL'ANNO 2009
Utente del mese Luglio, Novembre e Dicembre 2009




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Registrato: Jul 2007

  postato il 04/11/2009 alle 22:31
Anch'io, come Lorenzo, voglio ricordare Alda Merini con una citazione.

Il peccato mi fa riposare

"La vita facile"


Ciao, Alda.
Non è un addio: i poeti non muoiono.

 

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« La superstizione porta sfortuna »
(Raymond Merrill Smullyan, 5000 B.C. and other philosophical fantasies, 1.3.8)


Fantaciclismo Cicloweb 2010

Piazzamenti sul podio:


Omloop Het Nieuwsblad Élite: 3°
E3 Prijs Vlaanderen - GP Harelbeke: 2°
GP Miguel Indurain: 1°
Ronde van Vlaanderen / Tour des Flandres: 3°
Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

---

Asso di Fiori

 
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Livello Eddy Merckx




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  postato il 04/11/2009 alle 23:10
Riporto una poesia tratta dal suo sitoufficiale
http://www.aldamerini.com/index.php

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra

--------------------------------------------------------------------------
grande poetessa e anche grande donna: ha trovato la forza di riemergere



 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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Registrato: Mar 2005

  postato il 12/04/2010 alle 15:57
non so se si possa definire letteratura.
comunque, dopo anni torno a leggere un romanzo perchè ho bisogno di staccare un po'. Nanni Balestrini, 'Vogliano tutto'. Spero che sia bello quanto gli Invisibili.

leggibile e stampabile qui.

http://www.bibliotecamarxista.org/balestrini/vogliamo%20tutto/vogliamo%20tutto.htm

 

____________________
I'm ipocrisy free

Io sto con Silvio che è
un gran furbacchione e con
la bellissima Oriana che ha
il coraggio di dire ciò che
tutti pensano ma nessuno dice
(si vocifera che la casalinga
di Voghera impallidisca
al suo cospetto).

---------------------------
Anti-Zerbinegnan club - Iscritto n°2

Anti Armstrong n°3
--------------------
Solo chi non ha paura di morire di mille ferite riuscirà a disarcionare l'imperatore

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 03/06/2010 alle 10:56
* La purga * di Sofi Oksanen (Ed. Guanda, trad. di Nicola Rainò, pp. 394, euro 17,50). Aliide è estone. Nel suo villaggio non è rimasto nessuno, a parte qualche vecchio ubriacone e un manipolo di teppisti nullafacenti, che con le loro scorribande terrorizzano i pochi superstiti. Forse è una di loro la ragazza che un giorno compare nel suo cortile, vestita di stracci, buttata a terra come un sacco. Aliide la accoglie, ma la diffidenza è tanta. Eppure le due donne hanno molto in comune, un passato di sofferenze e soprusi all'epoca dell'occupazione russa e delle purghe staliniane. In questo libro c'è tutta l'urgenza di raccontare una pagina fra le più buie della storia europea.

 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 07/06/2010 alle 14:58
Avrei intenzione di scrivere, a puntate, una sintesi di alcuni racconti che mi sembrano interessanti e questa sarebbe la prima. Per le altre aspetto il "nulla osta" dell'autore che rivelerò alla fine.
Buona lettera per chi vuole.

Vestire gli ignudi (I)

Raggiungere il luogo delle vacanze negli anni '60 era sempre un'avventura (per chi dal Nord doveva andare a Sud).
Papà (io direi babbo, ma ... ) saltava sul treno appena questo raggiungeva il binario di partenza e guadagnava uno scompartimento, mentre la mamma, con l'aiuto di qualche anima buona, infilava il bambino (lo chiameremo Nino, così per brevità), piccolo e gracile, nel finestrino, dove veniva recuperato dal padre, il quale doveva subito scendere per passare alla mamma (salita) le valige e la borsa dei viveri.
Questa era un'operazione comune a decine di famiglie che ...
Scendevano a Pescara alle 4 e 40, era ancora notte e l'aria era sempre un po' troppo fredda per la mamma e quindi a Nino veniva infilato il golfino di lana che pizzacava le braccia, dandogli un fastidio d'inferno.
Si "accomodavano" nella sala di aspetto fin verso le sei.
Alle cinque e tre quarti il rito della pastiglia: Nino soffriva di mal d'auto, figuriamoci l'autobus specie se ci sono diverse curve.
A Francavilla, Nino aveva già lo stomaco sottosopra, ad Ortona aveva vomitato una prima volta e a San Vito ...
L'arrivo era prima di mezzogiorno ed attesa di un'altra ora, prima dell'ultimo calvario: i quindici chilometri precedenti la meta, sullo sterrato.
L'ultimo chilometro era il più allucinante, perché la strada arrivava sul paese dall'alto, attraverso una specie di ottovolante, ma Nino non riusciva proprio a divertirsi.
Il paese appariva, all'inizio di agosto, come il vestito di Arlecchino: il giallo dei campi, su cui erano rimasti i gambi recisi del frumento, il marrone dei pochi appezzamenti dove si era già arato, l'argento degli ulivi, il verde intenso delle macchie boschive, della quercia, del càrpino e ... l'azzurro del mare all'orizzonte.
Quest'abito gli avevano ritagliato gli uomini e la natura e quest'abito avevano indossato le generazioni che si erano succedute nel tempo in quel territorio. (segue se ...)

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 08/06/2010 alle 14:07
Vestire gli ignudi (II)


Ei trascorreva ivi un mese ogni anno, esplorando quei luoghi con i coetanei in un paese di poco più di mille abitanti, dove le vie erano attrezzate per gli zoccoli, più che per gli pneumatici delle quattro (4) auto circolanti, ma in una situazione cosmolpolìta (come neppure alla coppa Kobram )
Era questo un altro aspetto dell'abito di quel paese: il ritrovarsi delle persone nel luogo delle proprie origini e potersi scambiare le conoscenze dei mondi da cui si proveniva. (un cicloweb ante litteram, insomma )
E Nino respirava tutto insieme: la natura selvaggia, le abitudini degli "indigeni" che talvolta si scontravano con quelle ormai acquisite dai .., i profumi del pane raffermo bagnato nell'acqua e spalmato d'olio e di pomodoro maturo, della pecora e dell'asino, del sedano fresco nella minestra della sera ... e delle more raccolte sui rovi ed affogate nel gelato preparato alle tre del mattino.
Dagli anni '70 molte cose cambiarono: ogni anno c'era qualcosa di nuovo, che mai però stonava con l'abito lasciato l'anno precedente; un cambiamento graduale, che non lasciava spazio a nostalgie.
Non era cambiata la purezza dell'aria e la vista rasserenante sulla valle, con gli antichi borghi che attorniano i castelli o i loro resti. (segue)

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 09/06/2010 alle 14:14
Vestire gli ignudi (III)


Nell'agosto del 2007 Nino sapeva che sarebbe stato costretto a vedere lo scempio, perché sull'abito di Arlecchino si erano aggiunte pezze di un nuovo colore: il nero.
Il fuoco era stato appiccato (dolosamente?) in un posto lì vicino ed il suo avanzare fu, in principio, sottovalutato dagli abitanti; il suo potere devastante venne però moltiplicato dalla siccità. La temperatura aveva sfiorato i 40 gradi ed il famigerato garbino (scirocco) contribuì al ...
Gli abitanti si trovarono di fronte alla più grande emergenza della loro storia, simile (ma forse peggio) al passaggio del fronte durante la seconda guerra mondiale.
Furono coraggiosi e non persero la testa e, nonostante la poca acqua a disposizione, riuscirono a far barriera intorno alle case, ma a centinaia di ulivi, oltre che ai boschi della montagnola, che Nino aveva visto piantare nel 1969, venne sottratta la linfa vitale.
Nessun morto, né feriti, però ... il pilota del Canadair il giorno dopo precipitò in un prosieguo d'intervento non lontamo da lì!
Questa notizia riempiì di sgomento quegli animi, così già provati.
Nel punto più colpito, quello degli alberi che circondavano il pollaio, Nino osservò che spuntavano dal terreno nuovi germogli a forma di spada, che i bulbi delle canne avevano già riprodotto: una bandiera della forza vitale di quell'essenza.
Il sarto stava già provando a rendire l'abito ... nuovamente indossabile.

 

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  postato il 10/06/2010 alle 14:15
Vestire gli ignudi (IV)


Un comune dal minuscolo territorio, compreso e compresso fra quelli di Milano e di Rho, nel secondo dopoguerra fu quasi totalmente riempito da insediamenti industriali di ogni genere, mentre il numero di abitanti, dal '50 al '70, aumentò di cinque volte. Il livello di inquinamento dell'aria e delle acque è difficilmente descrivibile a chi non l'abbia visto con i proprio occhi e fiutato con ... (nota mia: riguardo a quest'ultimo caso proprio a Santa Croce, di cui Staffoli è frazione ... odorare per credere )
L'abito era grigio e Nino passava in questo luogo undici mesi all'anno.
Nel 1970 ci furono i primi segnali di attenzione e fu fatta un'indagine (nel burocratese, si aggiungerebbe *conoscitiva* )epidemiologica su malattie e cause di morte della popolazione locale e si constatò che alcuni tumori erano decisamente superiori al complesso della realtà italiana. Il livello di consapevolezza generale stava decisamente aumentando negli anni settanta e il comitato che sorse alla fine di quegli anni (il secondo, perché il primo era nato troppo presto) si affidò a studiosi qualificati e le assemblee pubbliche, da loro organizzate, furono molto partecipate, ma ... si dovette aspettare il 1982 perché un terzo gruppo e poi un quarto "Gruppo salute" nascesse con basi diverse. Al centro non c'era tanto l'inquinamento quanto la salute, o meglio le conoscenze necessarie a difenderla.
La prima sfida nella quale si cimentarono fu la copertura di un tratto di fiume e la costruzione di un ponticello pedonale per attraversarlo. Tale iniziativa ebbe come effetto insperato una risistemazione anche delle sponde, di cui si fece carico l'Ente di manutenzione del fiume Olona. Il metodo di intervento si ripetè per altri problemi inquinatorii, ma la battaglia più dura da vincere fu quella per non farsi considerare come il "101° Cavalleria", cioè eroi senza macchia, né paura e che la giustezza di una lotta non era data dalla riuscita materiale, sempre auspicabile peraltro, ma dall'elevazione culturale ed etica di chi aveva partecipato, o solo beneficiato.
Il metodo è dunque il contrario di quello tenuto da Renzo con l'Azzeccagarbugli: non considerarsi mai del tutto ignoranti in nessuna materia, non delegare a tecnici e politici la definizione dei limiti del bene e del male, non misurare la bontà di un'idea dalla vittoria.

 

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  postato il 11/06/2010 alle 13:11
Vestire gli ignudi (V)

Nel fondovalle, la costruzione di una centrale a gas è quasi completata. Le sue emissioni altereranno significativamente quella parte dell'abito di Arlecchino, colorato con il colore che non si vede, la purezza dell'aria?
Agli abitanti la risposta.

(Fine primo racconto)

 

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  postato il 12/06/2010 alle 14:16
Alloggiare i pellegrini (I)

Il nonno di Nino era forte e partiva ogni mattina con l'asino, il cane e una pecora verso la campagna, situata in altura, che, proprio per .., non era molto generosa nella resa. Ma lui partiva ed arrivava senpre di buon umore: quella campagna era stata la conquista della sua vita e per farlo aveva dovuto girare il mondo per vent'anni a cominciare dall'Argentina.
La moglie restò con due infanti e la vita era resa ancor più dura dagli impegni pubblici che si sentiva in obbligo di ... per le sue idee socialiste. Non esitò neppure a nascondere in casa documenti di propaganda antifascista.
Il nonno tornò in Italia nel 1935 e fece appena in tempo a dissodare il piccolo campo che aveva comprato (insieme ad una casetta di due stanze), che era di nuovo in partenza.
L'Italia aveva occupato l'Etiopia e il nonno fu attratto dalle lusinghe della propaganda imperiale. Faceva conto di diventare proprietario in quei luoghi, ma i criteri di assegnazione delle terre non erano propriamente quelli che nell'antico Impero venivano riservati ai veterani e si ritrovò a lavorare "sotto padrone" esattamente come in Argentina, ma in questo caso non poté inviare neppure un centesimo a casa.
La guerra poi fece richiamare anche i "coloni", inseriti a pieno titolo nell'esercito e Lui fu fatto prigioniero nel 1941 e tornò a casa soltanto nel 1946.
Cosa fece nei cinque anni di prigionia? L'agricoltore, per conto della corona, ovviamente.
Tornato in Italia, era diventato "coltivatore diretto", padrone e signore unico del suo pezzo di terra, che dava giusto da vivere.
I suoi figli: il maggiore a cercar fortuna a Milano, perché la campagna non era la sua vocazione, la figlia si era sposata ed il minore si era imbarcato per il Venezuela.

 

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  postato il 13/06/2010 alle 15:00
Alloggiare i pellegrini (II)


Nino amava ascoltare i racconti del nonno e soprattutto uno lo meravigliava: quello della "mebba".
In Africa, c'era una malattia (la mebba), di cui mai descrisse né i sintomi, né il decorso, che poteva essere curata solo con l'uva.
Il nipote non pose mai la domanda sulla natura della malattia, perché temeva di essere considerato maleducato nel chiedere anche solo un chiarimento che potesse manifestare i suoi sospetti sulla veridicità del racconto.
L'altra domanda che si teneva per sé, era: "Uva bianca o nera?"
"Come ti trattavano?" era invece la domanda più ricorrente.
Dell'Argentina parlava poco: aveva vissuto in un territorio immenso e pressoché disabitato e le maggiori impressioni ricevute erano che laggiù si parlava soltanto il castigliano e non era ben tollerato l'uso di altri idiomi.
L'emigrazione degli italiani in Sudamerica ebbe caratteristiche nuove, rispetto agli spostamenti umani dei secoli precedenti, ove si andava per conquistare. Questo movimento di masse umane che "rincorrevano la fortuna", termine fantastico per denominare la vendita della forza lavoro: ed in ogni luogo si poteva solo parlare solo la lingua del colonizzatore.
Parlava con molto più piacere dell'Africa e non riusciva a celare, neppure davanti alla moglie, la sua sperticata ammirazione per la bellezza delle donne africane. Ricordava quel periodo, nonostante lo "status" di prigioniero, con allegria e con riferimento a quanto detto prima, in casa aveva due piatti di ceramica sui quali spiccava il bassorilievo di due donne di linea slanciata e forme perfette.
La nonna non ne era gelosa ed anzi ne rideva con il marito.
E Nino pensava "Però sono stati lontani per vent'anni, probabilmente si sono dovuti "distrarre" chi con le bellezze africane, chi con i "sovversivi" ed ora sono qui a servizio totale, l'uno dell'altra. Che strani percorsi intreccia la vita."

A Nicola e Rosina e alle vittime di tutti i colonialismi, cominciando dal nostro.

(Fine secondo racconto)

 

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  postato il 14/06/2010 alle 13:37
Dar da mangiare agli affamati (I)

Il primo giorno di lavoro (in fabbrica) di Nino fu a diciannove anni e mezzo, dopo tredici di brillante carriera scolastica. In quel posto ci era arrivato per scelta ideologica e religiosa (la Fabbrica, per il movimento e gli ultimi ...) [Nota mia, uno dei tanti a credere nel Concilio Vaticano II e mi ci metto pure io ]
Questa decisione fece "crollare il mondo addosso" a suo padre, che lo desiderava laureato.
[Nota, Mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più di un cantante ... ]
Nino non potè andare a lavorare all'Alfa perché con i turni non avrebbe potute tenere la sera i corsi di scuola popolare per adulti e così ottenne solo un posto come operaio generico alla S. (reparto offficina).
Lo fornirono di un camice blu e fu presentato al suo istruttore: Carletto.
C. aveva perso, durante la guerra, il suo occhio destro (... taglio) e avvisò subito Nino di stare attento alla macchina, perché ...
Cosa volesse dire Nino lo scoprì alla prima accensione: appena spostata la leva dell'interruttore e messisi in funzione i due motori ... le spazzole si staccarono dal cilindro e andarono a sbattere sulla lamiera, che, fortunatamente, separava il piatto girevole dall'addome degli operai. Da allora quando si sostituivano le spazzole, alla prima accensione, Nino si accovacciava per ...
Il primo compagno di lavoro si chiamava Carmine e, nato in Calabria, era però tornato dall'Argentina solo due mesi prima e colà aveva ben imparato il mestiere di fresatore, tornitore e rettificatore e insegnò a Nino tutti i segreti.

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 15/06/2010 alle 14:09
Dar da mangiare agli affamati (II)


Pur con quasi cento dipendenti, in quell'azienda non vi era alcuna rappresentanza sindacale, ma proprio in quel periodo, insieme a Nino, furono assunti diversi coetanei che avevano "respirato" in quegli anni i valori di eguaglianza sociale e del rifiuto dello sfruttamento del lavoro umano. Si iscrissero in molti al sindacato.
Si viveva in una strana situazione: "toccava" ad una decina di ragazzini far la parte dei maestri sulle questioni sindacali e questo metteva un po' a disagio, anche se vedere alcuni padri (e madri) di famiglia partecipare agli scioperi in un ambiente dove, fino al giorno prima, dovevano chiedere gli aumenti con il cappello in mano, apriva il cuore di felicità ai nostri "sbarbatelli".
La battaglia più aspra fu quella per essere riconosciuti come soggetto giuridico.
Nino confrontava la teoria che aveva studiato (valore e plus valore) con quel che viveva e si accorse che ciò che veniva definito con interessato disprezzo "ideologia", era soltanto la fotografia della realtà. Si accorse che il pane, oltre che in campagna, si produceva lì, solo che il pane era per tutti e il "companatico" solo per qualcuno.
[Nota mia, in questo caso non sono d'accordo con l'autore sia sul fatto che la teoria del valore lavoro di Ricardo, poi utilizzata da Marx, è solo una delle possibili (e non la migliore) spiegazione della realtà economica (fra l'altro Karl era più filosofo che economista) e poi occorre intendersi quando si parla di ideologia, perché in molti casi è un paraocchi che impedisce proprio di trovare quel che si cerca].
Nino capì pure che la lotta di classe era qualcosa che per il 98% era attuata dai padroni e per il restante ... dagli operai.
Ad agosto arrivò la prima volta delle ferie (non più vacanze), che passò in una tenda canadese, in campeggio, con due suoi compagni di lavoro e quattro ragazze: camminare tra gli alberi per rigenerare i polmoni ed ascensioni nel gruppo del Bernina.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 16/06/2010 alle 14:09
Dar da mangiare agli affamati (III)


A settembre, di nuovo im pista. Verso la fine dell'autunno agli operai vengono sottoposte due lettere: una di dimissioni dall'azienda ed una di assunzione in una nuova società. Il tutto per poter aggirare lo Statuto dei lavoratori, ma nessuno firma, anche se la preoccupazione è palese.
Infatti la direzione prepara una terza lettera: quella di lcenziamento.
Ma il sindacato contrattacca e si arriva ad un accordo con il quale agli assunti dalla nuova società si applicherà comunque lo Statuto d.l. ad eccezione dell'articolo 18.
Di lì a pochi mesi si tenne a Roma la manifestazione nazionale dei metalmeccanici e, dei 14 dipendenti dello stabilimento, in cinque saltarono su uno dei treni speciali.
Alla fine di luglio Nino prese una settimana di ferie per godersi un po' di montagna con la fidanzata, senza sapere che era il prodromo di un'altra vacanza (più lunga) nelle file dell'esercito italiano.
Il rientro al lavoro nel 1980, coincise con l'espulsione dalla Fiat di diverse migliaia di lavoratori e con l'occupazione di Mirafiori.
Alla manifestazione di sostegno alla lotta dei lavoratori Fiat parteciparono duecentomila persone, a quella dei quadri Fiat quarantamila (scarsi, molto scarsi), ma il Sindacato sposò (vergognosamente) la tesi padronale, nominamdo sconfitta ... il tradimento.
A partire da lì, e senza interruzione alcuna fino ad oggi, questo *atto* rese più deboli i lavoratori in tutti i luoghi di lavoro.
Nino fu trasferito l'anno succesivo nell'unità lavorativa più lontana da casa e raggiungibile solo in auto e con lui anche due ragazzi senza patente, la 127 di Nino si trasormò così in una sorta di scuolabus.
Il reparto montaggio a Nino non dispiaceva, però ...
a) ebbe un infortunio ad una vertebra che risente anche ad una quarto di secolo di distanza temporale.
b) più preoccupante era il fatto che alla fine della settimana vedeva un gonfiamento ai linfonodi sottomandibolari.
La fidanzata cercò di fargli comprendere che forse era venuto il momento di cambiare lavoro, anche se allora la richiesta di manodopera stava diminuendo.
Più per curiosità che per convinzione, partecipò ad un concorso per bibliotecario in un comune limitrofo: arrivò comunque sesto su centoventi.
I posti "vincenti" erano solo tre, ma si convinse che quella era una strada ...
In ottobre infatti un concorso lo vinse, proprio nel comune di residenza (come amministrativo) e ci fu, per lui, lo sbarco in un altro pianeta, la cui atmosfera era impregnata di *veleni* diversi (ma sempre tali)
Sentiva l'invidia dei compaesani che lo vedevano sistemato in un Comune dove già lavorava suo padre.
Ma Nino non se curò e continuò a vedere il mondo con le lenti che aveva sul naso da sempre; quelle che gli permisero di comprendere che il pane si produce per tutti e il companatico ... e che il livello di civiltà di un popolo (nota mia: oltre che dalle carceri) si vede dalla non ricattabilità del prestatore d'opera nel suo luogo di lavoro.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 17/06/2010 alle 13:53
Consigliare i dubbiosi (I)

La radiosveglia si accese, come ogni mattina, alle sette e con i suoi ritmi Nino riusciva tranquillamente a timbrare tre o quattro minuti prima dell'ora "X" della fabbrica. In quei giorni era uscito due volte con G. e alla fine quei due incontri avevano sancito il loro "mettersi insieme"
Quella mattina (12/12/1980) la prima notizia che la radiosveglia gli "cacciò nelle orecchie" fu quella della morte di Walter Pezzoli, un suo amico d'infanzia.
"Due terroristi erano stati uccisi in un conflitto a fuoco con i carabinieri e uno dei due era Walter."
Anni prima Nino, Walter ed altri coetanei avevano provato insieme a capire il mondo per riuscire ad avere "Più coscienza e meno obbedienza".
Il mondo invece vedeva le due superpotenze non curarsi delle democrazia e molti popoli dell'Africa e dell'Asia cercavano invano di affrancarsi dal colonialismo e i popoli dell'America Latina, dai loro regimi violenti e corrotti. Capire il mondo? Che bel casino.
I due avevano invece facilmente avevano compreso come essere, perché la linea di discrimine fu fu presto definita tra il fare le cose per interesse o farle per ...
Finché quindi si trattò di lavorare nel paese per svolgervi una politca sociale non vi furono divergenze, ma quando si pose, nella mente di ognuno, l'enorme dubbio sulla giustezza della violenza in quel momento storico ...
Ciascuno era cosciente che la violenza, in sé, fosse male, ma che invece quella successiva all'otto settembre fosse stata indispensabile.
Ci si chiedeva: "Quello di oggi è un frangente storico comparabile al dopo armistizio?"
Solo un paio di loro, tra cui Walter, ritennero in cuor loro ...
[nota mia, "e la sventurata rispose"]

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 18/06/2010 alle 14:10
Consigliare i dubbiosi (II)


Altri presero strade diversissime, ma l'amicizia rimase. Quando si incontravano, evitavano di porre domande specifiche e nessuno tentò di fare proselitismo, men che meno coloro che avevano scelto la lotta armata.
La "buona stampa" ripeteva, con zelo, che la partecipazione ai funerali avrebbe rivelato chi fossero i "fiancheggiatori" dei terroristi.
Nino si trovò di fronte al dilemma: ritrovarsi con il "marchio" di còmplice o dar retta al "buonsenso" (nota: secondo me sarebbe stato meglio definirlo sensocomune) e starsene a casa, per non avere ...
Nino ... tornò a salutare i famigliari dell'amico e vide che i compagni, di cinque anni prima, c'erano tutti.
Tutti i giovani presenti presero (a turno) la bara sulle spalle fino alla vicina chiesa e poi al cimitero (tutt'altro che vicino).
Prima dell'inumazione, si fece aventi una persona, non del paese e con un fazzoletto sul viso, verosimilmente appartenente ... che cominciò anche ad improvvisare un discorso, ma fu subito invitato dalla mamma di Walter ad interrompersi.
Il padre non parlò, ma aveva già detto la sua in precedenza: "Se mio figlio aveva un debito con la giustizia, gli è stato fatto pagare molto caro."
Nino, nel tornare verso il centro del paese, venne affiancato dai fotografi ed alzò bene la testa, affinché le foto riuscissero meglio.
Come previsto dovettero constatare di poter essere presi di mira per aver accompagnato un amico all'ultimo "riposo" e per qualcuno anche un passaggio nelle patrie galere, oerdita di lavoro, fine del matrimonio ...
ma in cuor loro tutti sapevano di aver agito secondo coscienza, nel rispetto di una persona che aveva sbagliato (certo), ma che sapevano degnissima per le sue qualità umane e che aveva sempre affermato con loro il primato della ... pietà. (la faccina adatta non c'è)

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 19/06/2010 alle 11:22
Ieri ci ha lasciato uno dei più grandi scrittori contemporanei, José Saramago. Amo i sui libri, su tutti "L'anno della morte di Ricardo Reis", ma anche "Cecità" e molti altri.
Spirito critico e polemico (aspetto che mi è piaciuto meno, ma alcuni grandi spunti li ha dati anche in questa veste), lo saluto postando anche qui una frase di un suo libro:

Calma, dirà Maria Sara, non ci stanno più cose in un anno che in un minuto soltanto perché si tratta di un minuto e di un anno, non è la dimensione del vaso che importa, ma quello che ognuno di noi riesce a mettervi, anche se dovrà traboccare e andare perduto. da "Storia dell'assedio di Lisbona"

Mi piace pensare che ora stia chiacchierando con Pessoa.

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 20/06/2010 alle 09:55
Perdonare le offese (I)

Guido veniva alla luce nell'autunno del 1897 in una cascina milanese. Gli abitanti erano i fattori e i contadini (salariati o famigli) alle dipendenze dei proprietari dei terreni.
La prospettiva di Guido e dei suoi fratelli era solo quella di lavorare la terra, però, proprio al limite della città di Milano all'inizio del nuovo secolo, ci fu la collocazione di numerosi insediamenti industriali.
Così ai bambini e ai ragazzi della campagna circostante capitò che si aprissero prospettive diverse e Guido infatti si specializzò nella meccanica.
Durante gli anni di apprendistato venne anche a contato con le idee socialiste, proprio mentre scoppiava la guerra mondiale, dove fu ferito (per fortuna non gravemente) e il fatto gli garantì la riforma ed il ritorno a casa.
Di nuovo in officina e, stante la buona oratoria e capacità di scrittura, si trovò presto a ricoprire un ruolo di direzione politica nei circoli socialisti della zona, tanto da ricevere il soprannome di "Lenin del Per" (Lenin del paese Pero)
Di Lenin, Guido non aveva certo la visione bolscevìco-machiavellica della conquista e della gestione del potere, ma possedeva un certo simile carisma (con le debite proporzioni).
Ma si era nel "biennio rosso" e tutto ciò che voleva l'emancipazione dei lavoratori era, per definizione, considerato bolcevismo. (nota, come gli oppositori del Berluska sono definiti "tout court" ... )

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 21/06/2010 alle 14:12
Perdonare le offese (II)


Con l'avvento del fascismo, l'attività politica pubblica si era azzerata, anche se, per fortuna in paese non c'erano fascisti fanatici ed anche la scelta del Podestà non cadde su un personaggio di "provata fede".
Ci furono, e pur vero, due incursioni squadriste da fuori, ma furono facilmente respinte, anche perché il coraggio e le motivazioni degli assalitori non dovevano essere eccelse.
Prima della seconda guerra mondiale il fratello di Guido aprì una sua fabbrichetta e gli chiese di andare a lavorare per lui.
Lasciare la sicurezza di una grande fabbrica (Pirelli) per seguire le sorti di una piccola officina meccanica non era una decisione facile, ma ...
Negli anni di guerra lavorare fuori città significava correre molti meno rischi e forse lo salvò (vista la sua nomea) anche la deportazione in Germania, durante gli scioperi del 1943.
Sempre in quell'anno maturò in Guido la decisione di entrare nelle file della Resistenza, anche se la sua età non era quella di un ragazzino ed inoltre aveva una famiglia da mantenere. Doveva continuare a lavorare ed operare per la cacciata delle truppe di occupazione e i pericoli che correva un partigiano in città erano perfino più grossi di quelli che ...
Il P.S.I. aveva costiituito le "Formazioni Matteotti" e ad esse si erano aggregati anche gli anarchici, invisi ai comunisti fin dalla guerra di Spagna. (nota mia, nel 1937 il fronte repubblicano fu indebolito dal contrasto tra la componente comunista, sempre più forte per l’appoggio sovietico, e quella anarchica, che non intendeva rinunciare alle proprie istanze rivoluzionarie, divenne insanabile e sfociò nella sanguinosa eliminazione di anarchici e trotzkisti a opera delle truppe comuniste comandate dal colonnello Lister, di stretta osservanza stalinista.)

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 22/06/2010 alle 13:48
Perdonare le offese (III)


A Milano, le formazioni Matteotti avevano intitolato le proprie strutture militari e due anarchici, uccisi dai fascisti e nazisti.
A Guido furono affidati compiti quasi esclusivamente politici o, se operativi, di assoluta segretezza.
Nei giorni dell'insurrezione furono proprio le brigate della Matteotti che riuscirono a sequestrare una cospicua quantità di materiale bellico, abbandonato dalle truppe in ritirata.
Nei mesi successivi alla Liberazione a Pero non ci furono rappresaglie contro i fascisti, perché come già detto .., mentre il 31/3/1946 ci furono le elezioni amministrative.
Guido fu eletto sindaco e nella sua vita aumentò di molto lo "stress". Al lavoro tutto il giorno e poi in Municipio (il tutto per circa 18 ore giornaliere). Dieci anni così, fino al 1956, quando decise (o forse fu la moglie) di non ripresentarsi candidato ed in quell'anno si sposò la sua unica figlia e le stanze della casa diventarono tre, da due che erano.
Nel 1963 l'officina chiuse e ed insieme a ciò, arrivò la comunicazione del fratello che non c'erano i soldi per la liquidazione di Guido e Nino, che aveva allora cinque anni, ricorda quei giorni come una tragedia per la famiglia.
Per tutti, tranne che per il nonno, che fece lui un dono ala fratello: perdono.
Si accontentò della pensione e si dedicò all'allevamento dei conigli, nell'orticoltura ed in attività collaterali.

 

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  postato il 23/06/2010 alle 13:52
Perdonare le offese (IV)


Scendeva al mattino alle sette e mezzo e tornava a pranzo, per due ore, a mezzogiorno (nel contempo si leggeva tutto l'Avanti) e verso le tre tornava giù ai suoi affari, sempre con stivali di gomma e tuta blu, dal lunedì al sabato.
La domenica abito di festa, con due ore per prepararsi, incluso il rito della barba. Nino lo osservava affascinato ed inebriato dal profumo della schiuma ed in più riceveva dal nonno, come mancia, una moneta color argento da cinquecento lire, con l'effige delle tre caravelle.
(Nota mia, se le ha conservate, ora ... )
L'unico svago era il pomeriggio all'osteria, dalla quale tornava sempre un po' brillo, generalmente cantando.
Cecchina, la cognata, era sola e molto avanti con gli anni e decise di ritararsi al ricovero, non prima però, di vendere tutta la proprietà. Guido e la famiglia pensavano che interpellasse prima loro, in quanto inquilini e parenti, ma ... Anche qui ci sarebbero stati gli estremi per un'azione legale, ma Guido, al solito fece un dono alla Cecchina: perdono .
Fortunantamente gli acquirenti erano persone squisite e lasciarono il modesto affitto fino al momento della definitiva partenza, che avvenne dieci anni dopo.
Nell'autunno del 1980 a Guido fu diagnosticato un cancro all'intestino e morì il 7 ottobre 1981, fu curato in casa principalmente dalla figlia, perché la moglie era, pure lei, malmessa. Nino andava a radergli la barba e ad accendergli i toscanelli (quasi suo unico nutrimento).
Ex sindaco socialista visse sempre (e morì) in una casa senza riscaldamento, in, appena dignitosa, condizione economica. Un'eccezione? Non per gli uomini di quella generazione e di quello spessore morale.
Uno sconfitto? Ancora meno.
Neppure negli ultimi giorni rinunciò alle sue battute verso chi gli stava intorno con affetto e "Cuor contento, iddio l'aiuta" valeva anche per un ateo convinto come il Lenin del Per.



(Nota mia, anche mio nonno si chiamava Guido, pure lui era socialista, non credeva in Dio, ma tollerante con tutti, in specie con la moglie devotissima: Addirittura lei aveva imparato a leggere sul libro, in latino, della messa a cui i "padroni" la portavano tutti i giorni, prima del lavoro, da quando aveva credo sei anni; insomma una persona ... In quattro anni di infermità (dal 1956 al 31/8/1960) non pronunciò mai un improperio e
tutte le volte che penso a lui, mi vengono le lacrime agli occhi.

Grazie Nino e grazie nonno.)

 

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  postato il 24/06/2010 alle 14:54
Visitare gli infermi (I)

Luca venne alla luce il 30 settembre 1990, il travaglio era stato brevissimo, non più di un'ora, ma purtroppo, nelle ultime settimane di permanenza uterina il bambino era rimasto "a secco" e i medici, sospettando una serie di malformazioni, lo spedirono nel reparto di patologia neonatale. La madre, che aveva perso quasi un litro di sangue, si trovava in una condizione di grave anemia.
Quella giornata che, come tutti, si aspettavano essere rilucente di gioia, si era tramutata in un incubo.
Il giorno seguente G. cominciò a fare domande sulla sorte di Luca, ma nessuno, nel suo reparto di degenza, ne sapeva nulla e potè vedere il figlio (al piano di sopra) solo quando arrivò la "montata lattea".
G. che era una pediatra, ma che si era ben guardata dal comunicarlo agli operatori sanitari, controllò bene la situazione ortopedica del bimbo e dedusse che non aveva nessuna malformazione e che il suo aspetto era derivato solo dalla malposizione in utero.
Il giorno dopo arrivarono gli esami per l'anemia e una trasfusione era necessaria, ma in quei tempi di S.I.D.A. G. volle avere il sangue solo dai fratelli, che un po' acconsentirono.
Per la poppata del mattino, G. chiese di essere accompagnata al piano di sopra dalle infermiere di turno, ma si sentì rispondere che loro non potevano lasciare il reparto , chiese di far scendere Luca, ma ancora e se lei non poteva salire, gli avrebbero dato il latte artificiale. Il seno le faceva male e le forze erano ..., ma attaccandosi al muro, raggiunse l'ascensore. Suonò il campanello del reparto di Luca e al: "Chi è", rispose con un filo di voce, che non fu udito e G. potè solo sedersi in terra in lacrime, davanti alla porta chiusa.
Per sua fortuna arrivò Laura, una donna che aveva partorito alcuni giorni prima di lei, già dimessa, ma che tornava per l'allattamento cinque volte al giorno. Da quel momento e fino all'uscita di Luca, Laura la accompagnò ad ogni poppata.
G. continuò a chiedere il trasferimento del bambino al reparto ordinario, dato che non aveva nessuna malattia, ma il primario era ad un congresso e nessuno dei presenti si volle prendere la responsabilità di questa strategica decisione.
G. dovette firmare per sé e per il figlio per tornarsene tutti a casa.
Nino ammirò le decisioni che G. aveva saputo prendere in quei frangenti e gli tornò in mente quello che gli era capitato tredici anni prima ...

 

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  postato il 25/06/2010 alle 14:46
Visitare gli infermi (II)


Il 13 maggio 1977 alle una e mezzo di notte, Nino si era svegliato con la stranissima sensazione di avere la testa piena d'acqua.
Il primo pensiero fu di avere in corso un'emorragia celebrale, o forse (dato che rivedeva mentalmente la tappa del Giro del pomeriggio) allucinazioni. Cercò di calmarsi, ma i sintomi non scemavano.
Non ebbe il coraggio di dire nulla ai suoi, e, anche se al mattino era completamente senza forze, se ne andò a scuola. Ma lì si accorse di non riuscire assolutamente a concentrarsi e forse chissà se ...
Nel pomeriggio andò dal medico che richiese un esame elettroencefalografico e, in base ai risultati, gli dette una cura, che attenuava il fastidio, ma incideva poco sulla capacità di concentrazione.
La depressione era in agguato, finché una domenica avvenne un fatto inaspettato e risolutivo. Ogni domenica veniva a dir messa don Cesare, un prete operaio, e riceveva gli amici in canonica. Nino aveva un rapporto stretto con Cesare, perché l'anno prima avevano "fondato" una scuola popolare per adulti. L'attività comprendeva anche incontri periodici tra gli animatori e quindi anche fra Nino e Cesare.
Al termine della messa, Cesare si accorse subito che qualcosa non andava e Nino riferì brevemente ...
e C. "A cosa ha reagito il tuo corpo, che lotta ti sta comunicando attraveso questi sintomi?" A Nino apparve già una prima risposta: era troppo spremuto e stava superando il punto di equilibrio fra quello che si voleva/doveva e quanto in vece si poteva.
L'ansia da eccesso, era quella la condizione di Nino in quel momento.
L'illuminazione derivata da quell'incontro, da sola, gli fece recuperare il buonumore, insieme alla consapevolezza di non avere in corso alcuna malattia organica. (Nota mia, e questo in base al principio basilare della filosofia greca: "Conosci te stesso" )
Ovviamente, prima di trarre queste conclusioni, si era chiesto che cosa ne potesse sapere di medicina e psicopatologia un prete che da sette anni faceva l'operaio? La risposta stava nella storia personale di don Cesare dentro la fabbrica. Le sue conoscenze erano il frutto della scoperta maturata tra i lavoratori negli anni '60, dell'importanza della percezione negli operai dei fattori di nocività dell'ambiente di lavoro, il tutto applicato al corpo umano (sistemi ed apparati).
Il punto essenziale è (come sempre) ricondurre la salute ad una visione complessiva della condizione della persona e soprattutto del cervello, in altre parole un atteggiamento scientifico (scienza sociale).
(Nota mia, se posso dare un consiglio in sintesi, meno preti a dire messa e più sacerdoti scienziati, anche se con i tempi che corrono può sembrare un ossimoro )

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 26/06/2010 alle 14:21
Seppellire i morti (I)

L'ultima volta di Nino in treno di notte per l'Abruzzo era stato il 1° agosto 1969; dopo ci fu l'acquisto della 127 del padre e la Uno di Nino e tanti viaggi si fecero in auto fino all'estate del 2001.
Sabato 8 settembre, la giornata precedente il rientro, Nino si avviò da solo, il pomeriggio era limpido, pur in assenza di vento e il cielo sgombro di nubi; Nino si fermò ad ascoltare il silenzio.
Un pensiero si insinuò nella mente: il sentimento di pace che stava gustando era il prodromo di qualcosa destinato a perdersi, di un mondo che stava per finire. Un sentimento provato in anticipo.
(Nota mia, confrontate "L'illogica allegria" http://www.youtube.com/watch?v=NO3Z26zAPMM

L'anno successivo, Nino accompagnò solo un genitore, perché la mamma era alle prese con esami clinici, ma il padre non riusciva a resistere al richiamo della casa avita.
Nel pomeriggio Nino accese la TV per vedere l'ultima tappa del Tour, ma il babbo gli si rivolse: "Lascia perdere codeste cose, che non sono importanti".
Nino e M. avevano sempre avuto aspre discussioni per questioni di politica, però mai c'erano state osservazioni, se il figlio seguiva le sue passioni sportive e quindi Nino ne restò turbato e gli parve di cogliere un secondo presentimento.
M. aveva una storia di salute alquanto travagliata, forse anche dovuta alla mancanza cronica di cibo fino al 1945. Il dopoguerra era diventato per molti l'occasione di recuperare il tempo perduto e, chi aveva la predisposizione alla pinguedine ed elle problematiche cardiovascolari, raramente sfuggì al destino di ...
Nonostante ciò, M. non aveva mai manifestato il minimo segno depressivo, perché: "Chi ha visto la guerra non si spaventa per queste cose."
Il mattino seguente Nino salì sul treno per tornare a casa ed ogni volta il papà lo accompagnava in auto alla stazione, ma quel giorno fu Ugo (un amico di M.) ad offrirsi. Terzo presentimento
Infine, alla partenza, M. baciò Nino sulle guance, mentre non era mai stato propenso alle effusioni ed anche questo tipo di congedo lasciò nell'animo di Nino una traccia di inquietudine , anche se accompagnata da una gioia interiore per aver comunicato attraveso il gesto più significativo dell'affetto.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 27/06/2010 alle 13:43
Seppellire i morti (II)


Alle sei e quarantacinque del 19 agosto 2002 il cellulare di Nino aveva ...
Brutto orario per una chiamata ed infatti la notizia era che il padre stava per essere portato in ospedale per ricorrenti dolori al torace.
Poco dopo si seppe che M. sarebbe stato trasferito all'ospedale di Lanciano, perché la situazione era seria.
M. aveva voluto radersi, prima di uscire, perché non intendeva presentarsi in disordine all'appuntamento a cui aveva intuito di doversi presentare. Negli anni precedenti aveva subito due infarti, uscendone, sebbene ogni volta più provato, ma quel giorno non riuscì a superare la crisi.
Nino andò alla finestra della camera ed incominciò a pronunciare, sottovoce, con gli occhi lucidi: "Dove sei, dove sei?" I figli avevano 12 e 7 anni e si cercò di comunicare loro la notizia nel modo meno traumatico possibile. La piccola specialmente si cimentava in lunghe sfide con il nonno a "scala 40" e per tutto il giorno non disse più nulla.
Nino chiese di non diffondere la notizia ai gentilissimi vicini; doveva ancora crederci lui a quella notizia, prima di poterla comunicare agli altri. La famiglia lasciò il paese dicendo che anticipavano la partenza perché M. non era stato bene e ... si sarebbero rivisti il pomeriggio di fue giorni dopo, al funerale.

 

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  postato il 28/06/2010 alle 14:11
Seppellire i morti (III)


Nino non sapeva quali sentimenti l'avrebbero attraversato davanti alla salma di suo padre. Il corpo aveva vestiti estivi, non adatti secondo le consuetudini, alla sepoltura e i lineamenti del volto erano già alterati.
Nino lo baciò sulla fronte e lo accarezzò.
Poi arrivarono due uomini delle pompe funebri e il più anziano suggerì di non restare nel locale, per la vestizione. Il figlio era combattuto, ma il rispetto per l'indifesa nudità del padre lo portò ad accettare il consiglio.
L'altro momento forte da affrontare era l'incontro con la mamma; Nino le andò incontro per abbracciarla e notò lo sguardo perso, ... lontano e comprese la totale autarchia del dolore e la sua non-comunicabilità.
Ci fu poi una frase, pronunciata da sua madre, che lo colpì particolarmente: "Adesso cosa faccio, io non so fare niente."
Sfilarono parenti, amici, conoscenti e a Nino tornarono in mente i funerali che aveva visto negli anni settanta, anche se gli aspetti più estremi delle tradizioni delle antiche civiltà mediterranee si erano attenuate, ma restava l'obbligo morale di "avvolgere" il defunto in una sorta di ragnatela di affetto collettivo.
Nel pomeriggio si recò all'agenzia per concordare ... ed i titolari furono molto cortesi, sentimento non di circostanza e Nino ebbe una subitanea simpatia per loro e gli fu chiaro in quell'istante che sarebbero piaciuti anche a suo padre e ... solo allora realizzò cosa rappresentasse la perdita di M., il non poter più nemmeno dire: "Sai, ieri ho incontrato ... e ... "

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 29/06/2010 alle 14:05
Seppellire i morti (IV)


Durante il trasferimento verso Milano, Nino ricevette la telefonata di don Cesare per le condoglianze e per lui la risposta più importante da dare fu il trasmettere la "dignità e la non-paura" con le quali suo padre aveva affrontato la prova.
Per il traferimento erano previste sette ore, ma potevano anche lievitare a dismisura in caso di ingorghi e quindi si effettuò una sola sosta per il rifornimento e qualcosa da mangiare per gli autisti. La moglie piantonò il carro, perché non se la sentiva di abbandonare il mariro nel viavai di un'area di servizio.
Ingorghi non ce ne furono e la salma arrivò in tempo alla chiesa e, prima dell'inizio della messa, Nino si soffermò all'ingresso per ringraziare tutte le persone che vi entravano, anche se il periodo (21 agosto) non incitava all'affollamento. Ma gli amici che erano in paese vennero anche al funerale.
Al cimitero Nino si sforzò di mantenere gli occhi asciutti (norta mia, questo non lo capisco ) ed anche i figli fecero lo stesso.
"Sembravate di ghiaccio" osservò G. rivolgendosi al marito e ai figli e Nino non replicò, perché effettivamente poteva aver dato quell'impressione e si era chiesto più volte se fosse più giusto ed onesto fare così, oppure liberare di fronte agli altri la manifestazione del proprio dolore. ??
Ma l'esempio di suo padre era stato quello di non esibire la sofferenza e quella via cercò di percorrere per quella volta e ... in seguito.
(nota mia, "unicuique suum", ma anche perché i figli devono seguire gli esempi dei padri, a prescindere?)

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 29/06/2010 alle 19:14
Non devono seguire gli esempi dei padri a prescindere.
Possono seguirli o non seguirli.

 

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nino58

 
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  postato il 30/06/2010 alle 14:25
Originariamente inviato da nino58

Non devono seguire gli esempi dei padri a prescindere.
Possono seguirli o non seguirli.


Tu ed io siamo d'accordo, ma l'autore mi pare proprio che la pensi in modo diverso.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 30/06/2010 alle 14:48
Ammonire i peccatori (I)

Roberto si diplomò geometra nel luglio 1976 e stava pensando: ingegneria, architettura o lavoro? Ma un incidente stradale (vittima suo padre) scelse per lui: ricerca del lavoro: Allora se ne poteva avere uno a tempo indeterminato, ma lui non lo trovò come Geometra e dovette accettare la prima opportunità che gli si presentò: operaio in una fabbrica dove si assemblavano letti da ospedale.
R. aveva frequentato l'Oratorio di S. Pietro ed aiutato ad insegnare il catechismo ai bambini delle elementari (nota mia, ed avrà certo ringraziato la provvidenza divina per il suo caso singolo ), ma con il lavoro a tempo pieno ...
Non aveva ancora avuto una ragazza fissa, perché con le donne non ci sapeva fare: nell'arte di non saper concludere, però era un fuoriclasse.
D'altra parte le ragazze dell'oratorio facevano le preziose e nella sua classe delle superiori c'erano ventitré maschi e due femmine e nel posto di lavoro l'altra metà del cielo era composta da madri di famiglia piuttosto in là con gli anni.
Da bravo ragazzo dell'oratorio sapeva che il sesso si poteva fare solo dopo il matrimonio, ma per lui la scelta era molto diversa: masturbarsi o no , perché pure quello sarebbe stato peccato. (nota mia, condannato con l'inferno )
Il suo modo di essere credente lo portava ad avere ammirazione soprattutto per quelle figure che praticavano un totale servizio verso le persone più povere, più malate o più infelici, come ad es. Madre Teresa.
(nota mia, forza della "propaganda fides" )

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 30/06/2010 alle 15:31
a proposito di ...

I papi e il sesso - di Eric Frattini
Ponte alle grazie - E 16,50

«Tutto il sesso (segreto) sotto l'ombra del Vaticano»
di Luciana Cimino

Diciassette papi pedofili, dieci incestuosi, dieci ruffiani, nove stupratori. E poi ancora pontefici sposati, omosessuali, travestiti, concubinari, sadici, masochisti, voyer. Nei giorni in cui la Corte Suprema Usa stabilisce che i preti possono essere processati per i reati di pedofilia e non si placano le polemiche per le perquisizione predisposte dalla magistratura belga nelle sedi episcopale del paese (definite da benedetto XVI «deplorevoli») esce in Italia per le edizioni Ponte alle Grazie il nuovo libro di Eric Frattini, giornalista, professore universitario a Madrid, autore di saggi sui sistemi spionistici tradotti in tutto il mondo. Frattini, originario di Lima, torna a occuparsi della chiesa cattolica con il documentatissimo "I papi e il sesso".

Pagina dopo pagina, secolo dopo secolo, dai primi versi della Bibbia a Benedetto XVI, sfilano gli indicibili vizi passati all'ombra del Vaticano. Sottaciuti e nascosti, «non c'era internet - dice Frattini – ora la Chiesa non può far finta di niente e lo scandalo pedofilia gli è esploso in mano, il papa ha dovuto condannare pubblicamente la pedofilia ma è lo stesso che da cardinale definì i pederasti semplici peccatori e non delinquenti contribuendo ad alimentare così la congiura del silenzio. Lo trovo più efficace con la corruzione, Sepe lo ha allontanato subito». Ma non c' solo la pedofilia. Nel libro si racconta di Giovanni XII, stupratore di pellegrine e bambine, di Innocenzo III, collezionista di giochi erotici, di Leone X, papa omosessuale.

LA VIDEO-INTERVISTA

«Emblematica – dice Frattini – è la storia di Benedetto IX, chiamato il "Caligula del Laterano" per le sue perversioni. Con lui si ebbe addirittura un Sinodo sulla zoofilia. E c'è poi la storia di Maronzia, una senatrice romana che fu figlia di papi, amante di quattro papi, madre, nonna e bisnonna di pontefici. Possiamo considerarla una vera e propria papessa». Ma il libro di Frattini, oltre a essere un divertente almanacco di vizi nascosti nelle piaghe della storia, ci dice soprattutto altro. «Nessuna religione al mondo ha mai dibattuto tanto l'intimità sessuale come il cattolicesimo – scrive il giornalista– e nessuna ha mai imposto tanto dettagliatamente i suoi codici di comportamento: ancora oggi tolleranza zero verso le copie di fatto, l'aborto, la fecondazione assistita, la contraccezione».

E allora come si spiega questa "doppia morale"?
«Sicuramente c'è un'ipocrisia di fondo. C'è molto di Dottor Jekyll e Mister Hyde. C'è una morale che parte dalle mura di San Pietro e va verso la piazza, ai fedeli, e una e una che parte dalla basilica e va verso l'interno. La chiesa cattolica in che secolo vive? Io me lo chiedo quando alcuni alti prelati paragonano l'omosessualità alla pedofilia o quando insistono nel vietare l'uso del preservativo, mentalità da XVIII o XVII secolo». (segue)






 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 30/06/2010 alle 15:33
Ma questo atteggiamento della Chiesa cattolica è originato forse da una sorta di paura del sesso?
«Io credo sia una questione di tradizione. Se ci pensiamo bene la chiesa cattolica è l'unica organizzazione a livello mondiale a considerare il sesso come qualcosa di proibito, da effettuare solo a scopo della procreazione e dunque ritiene chi pratica il sesso solo per piacere un peccatore. Un altro elemento a mio avviso importante è il celibato; se c'è qualcosa che ho imparato scrivendo questo libro è che il vero cancro della chiesa è il celibato. Se ci fosse stato in passato un papa che lo avesse eliminato non si sarebbe arrivati oggi alla situazione di pedofilia che tanto deploriamo, basta confrontarsi con le altre religioni»

Che ne pensa dello scandalo pedofilia che ha coinvolto la chiesa negli ultimi mesi? È di questi giorni la polemica con il governo belga per gli interrogatori della polizia. Pensa che papa Ratzinger stia facendo il possibile?
«Io distinguo il cardinale Ratzinger da papa Benedetto XVI che ha avuto grande coraggio. Riguardo al Belgio, la mia opinione è che gli investigatori si siano mossi come elefanti in una cristalleria. Ma ridicole sono anche le reazioni della Chiesa. Per quanto riguarda la pedofilia dobbiamo ricordare che Giovanni XXIII ha scritto un documento su come nascondere gli abusi sui minori, Giovanni Paolo II ha mantenuto questo approccio e Ratzinger ha aggiunto un allegato nel quale si descrivevano i pederasti non come delinquenti ma come peccatori e questo ha fatto si che aumentasse la "congiura del silenzio". Non credo alla lettera che ha scritto Papa Benedetto XVI ai prelati d'Irlanda, sono solo intenti. Lo scandalo è scoppiato perché adesso la chiesa si deve confrontare con i nuovi mezzi di comunicazione di massa, con internet. Il vaticano non poteva più far finta di niente. Quindi il pontefice ha dovuto condannare pedofilia e corruzione. Pensiamo al cardinale Sepe: era uno dei pilastri di Wojtyla ma appena son circolate le voci, Ratzinger lo ha mandato a Napoli, un piccolo passo però rivoluzionario»

I suoi precedenti libri sulla chiesa in passato hanno suscitato vibranti polemiche. Si aspetta attacchi anche per questo saggio?
«Scommetto tutto quello che posso che non ci sarà nessuna reazione su questo saggio, come è successo per "L'Entità (la precedente inchiesta sui servizi segreti del Vaticano, uscita per Fazi lo scorso anno, ndr). Invece l'Opus Dei ha protestato per un mio romanzo, "Il labirinto sull'acqua", attaccandomi violentemente. Raccontavo che forse Pietro non era così fantastico mentre Giuda non era così malvagio… non ho mai venduto tanti libri, stavo per dire "grazie a dio", ma dovrei dire "grazie all'Opus Dei"!»

Si occuperà ancora di Chiesa cattolica nei suoi prossimi libri?
«No, ho chiuso. Inoltre smetto di scrivere saggi perché è psicologicamente devastante. Per evitare denunce devi controllare ogni nota a piè di pagina, ogni riferimento. D'ora in poi solo romanzi, perché, come dite voi in Italia? "non me ne frega niente"».
30 giugno 2010
UNITA'

 

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  postato il 01/07/2010 alle 14:05
Ammonire i peccatori (II)


Negli anni delle superiori aveva respirato l'aria dell'uguaglianza: il suo Istituto era stato un "faro" nei momenti più caldi delle lotte studentesche, ora in fabbrica ... conobbe il "ruffianismo" (verso i capi e capetti ed anche fra questi ultimi). Scoprì anche strani rapporti fra uomini e donne: uomini-gallo e donne-fatali, rigorosamente sposati, ma ...
Una collega incita di due mesi (del marito) riuscì a portarsi a letto il più bello dei capireparto.
Roberto si era dovuto sottoporre agli "interrogatori" dei compagni/compagne e dovette raccontare tutto, ma si curò di non rivelare dettagli sulle sue difficoltà di "aggancio".
Dopo quasi tre anni di lavoro venne avvicinato da A. una delle sue compagne più giovani ed una delle "prede" più appetibili.
Abitava nel suo stesso quartiere e andando a verso casa, A. gli disse. a testa bassa: "Roby, devo confidarti una cosa importante ... aspetto un bambino."
Bene, disse Roberto, esprimendo la più ovvia delle considerazioni possibili.
Invece, riprese A, questo per me e mio marito è un grosso guaio, perché la bambina di tre anni la può tenere mia madre, ma con questo dovrei lasciare il lavoro e ... tu sei la prima persona a cui lo dico.
E perché? ... ma parliamone con calma dopo il lavoro.
Per tutto il pomeriggio pensò al "cosa dire".
L'avvenente collega si era rivolta a lui perché R. aveva un animo gentile e riusciva a dedicare parte del suo tempo agli altri, però sull'argomento, il punto di vista di R. era piuttosto chiaro: convincerla a non abortire, anche se A. con la scelta di rivolgersi a lui, incosciamente sapeva già di voler tenere il bambino.
Con una certa discrezione, A. salì sulla macchina e si diressero fuori città, fermandosi presso un antico mulino.
Robertò le comunicò tutte le ragioni per le quali riteneva giusto (già dai tempi della parrocchia) che i bambini (nota mia, i feti) non andassero "buttati". In sintesi, la pietà verso un essere indifeso (nota mia, però la chiesa accetta la pena di morte), ma soprattutto il cercare di evitarle una sofferenza che, successivamente, l'avrebbe comunque sempre accompagnata. (nota mia, affermazione un po' troppo apodittica, perché non per tutte è così).
A. ascoltava, guardando quel dilettante, che si inventava prete confessore, filosofo, teologo, facendo proprie le ragioni che voleva sentirsi dire.

 

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  postato il 02/07/2010 alle 14:46
Ammonire i peccatori (III)


Anche a Roberto quel colloquio fece bene, perché alla fine gli uscì: "Decidi tu con tutta te stessa, testa e cuore." Il che significava comprendere/ammettere che nessuno poteva avere l'ultima parola se non la *donna* che viveva quella condizione. (nota mia, )
Non ne riparlarono più, ma la pancia crebbe e nacque Mattia.
Nel frattempo si avvicinava un importante appuntamento elettorale: i referendum abrogativi della "legge 184".
Roberto aveva capito che, per limitare gli aborti, non si potevano reintrodurre sanzioni penali, a differenza della chiesa che sembrava ossessionata dalla necessità di punire il reo-peccatore, piuttosto che ottenere una diminuzione delle "interruzioni traumatiche di gravidanza".
La domenica 17 maggio 1981 si recò al seggio, ma riconsegnò la scheda "bianca". Ignavia? No, un altro enorme passo avanti. (nota mia, se, come ho sottolineato, sono d'accordo sul primo, questo mi pare invece un ritorno al medioevo, quando le streghe (abortiste è lo stesso) si bruciavano, così come i "finocchi" che hanno preso questo nome spregiativo proprio perché, per attenuare l'odore di bruciato, si gettavano insieme alla persona da ardere quegli ortaggi )
R. rifiutò di scegliere fra quelli che, in quel momento, per la sua coscienza, considerava due mali, nessuno dei quali minore: il diritto di abortire e quello di togliere alle donne il diritto di ricorrervi, sanzionandole pure.
(Nota mia, credo che Roberto abbia fatto una notevole commistione o confusione fra la sfera religiosa e l'ambito legale in materia di aborto.
La religione e la morale hanno il fine di rendere l'uomo buono e onesto (per la prima si fa per dire ), mentre la legge, lo Stato, per sua natura laicista, ha uno scopo minore: creare meno danni possibili nella convivenza fra uomini, che in qualche misura non sono né buoni, né onesti. Per es, odiare fino alla morte un'altra persona non è né morale, né (credo) religioso, però al diritto non interessa se l'odio rimane soltanto un sentimento e non si traduce in azione. Quindi se parliamo di aborto dal punto di vista della chiesa è ovvio che può essere un male ed è per questo che se un cattolico decide di abortire, dovrà sopportare un trauma dal punto di vista religioso. Ma se ci spostiamo nel diritto, la scena cambia: di fronte appariva, negli anni '70, un numero impressionante di aborti clandestini e di donne morte ad opera delle "mammane" ed allora il legislatore si chiese che cosa fare. Finta di nulla? Proviamo con le prediche? Con la prigione? Oppure con la pena di morte, come in Francia ai tempi dell'occupazione nazista? Altrimenti, possiamo prendere atto che il male esiste e che l'unica cosa da fare è cercare di renderlo meno dannoso per tutti? La legge sull'interruzione della gravidanza ha tentato di fare questo, niente di più, niente di meno:
se l'aborto non si può sconfiggere, cercare almeno che sia fatto con il minimo spargimento di sangue! )

P.S.

Se qualcuno non l'avesse capito, io, come quasi tutti, sono contrario all'aborto.

 

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la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 03/07/2010 alle 14:25
Ammonire i peccatori (IV)


La vita di R. ebbe un'importante svolta proprio in quell'anno: partecipò e vinse un concorso pubblico per Geometra al comune di Milano.
Fu incaricato di seguire il procedere delle opere stradali che cominciavano e si completavano in ogni parte della città e quindi passò da un lavoro a catena ad uno "en plein air". Non guadagnava quanto prima, ma non era più "legato al pezzo".
La seconda importante svolta avvenne l'anno seguente, quando gli mise gli occhi addosso una ex compagna di classe di sua sorella, che tanto fece, da indurlo a dire ... (nota mia, credo in chiesa )
Intanto nel suo nuovo luogo di lavoro, si trovò a vivere una situazione simile a quella che era capitata ad A. : una collega di quasi quarantacinque anni incinta di due mesi, con l'aggravante del marito morto pochi giorni prima per un ictus.
La differenza è che la signora V. rese partecipi tutti della situazione ed in particolare le colleghe del servizio sociale, che in grande maggioranza le consigliavano l'interuzione della gravidanza.
Roberto questa volta si trovò di fronte alla possibilità di prendere la parola e di esprimere le sue posizioni. La situazione era obiettivamente diversa, ma il risultato fu lo stesso e nacque un nuovo Mattia. (nota mia, l'autore pensa che R. sia stato determinante, il mio giudizio è diverso).
L'unione di R. fu feconda (due bambine). nel 1998 la seconda avrebbe ricevuto la prima comunione e la domenica precedente i comunicandi e i loro genitori furono invitati ad una giornata di ritiro e preparazione in una località del lago Maggiore.
La giornata prevedeva momenti in cui i bambini giocavano, mentre i genitori discutevano sul senso della famiglia e dei sacramenti (nota mia, senso che chi ha letto "Nera Luce" ne ha un concetto ben preciso. )
Prima della messa finale il parroco tenne a precisare, con tono perentorio: "Ricordo che i genitori separati, conviventi con altri uomini o donne non possono ricevere la comunione".
Per R. queste parole furono come beccarsi un pugno sul naso, perché conosceva le storie famigliari di molte coppie presenti: c'era chi era stato lasciato dal marito o dalla moglie e ... mentre c'era chi, pur formando regolare famiglia, scorrazzava al galoppo su ogni prateria gli si aprisse davanti. I primi e gli altri
Non c'era pratica di pietà in quel precetto ecclesiastico:mettere alla gogna i *peccatori*. Roberto non si sentì di prendere l'ostia quel pomeriggio.
Poi, otto anni dopo, quando fu negato il funerale religioso a Piero Welby, nonostante l'umiltà da lui dimostrata nel chiedere il funerale religioso, smise anche di andare alla messa.
(nota mia, per l'esattezza a Piero non gli importava una ... del funerale, però da radicale molto tollerante lasciò che la moglie Mina (purtroppo cattolica osservante) facesse quel che riteneva giusto.

P.S.

Non capisco (anzi lo comprendo bene, perché è un caso comune) questo volersi dire cattolici senza esserlo. La religione del Papa è ... e si può dire suo seguace solo chi la applica per intiero, il fai da te non è previsto, anzi è stata introdotta anche l'infallibilità del pontefice.
Quindi a me i Roberti fanno solo un po' pena, perché non riescono proprio a scegliere e sono convinto che pur non andando a messa, il Nostro si considera pur sempre cattolico.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 04/07/2010 alle 15:07
Consolare gli afflitti (I)

L'accusa che si vide notificare dai Carabinieri al rientro dal lavoro fu di "acquisizione e detenzione di materiale pedopornografico". Intuì subito che cosa potesse essere successo: sua figlia aveva avuto per natale un computer e il collegamento a Internet, e l'intestatario del contratto era lui, Carlo, anche se non aveva mai toccato un "mouse" in vita sua.
La figlia tredicenne aveva seguito la solita trafila: scaricare ...
La bambina era stata portata via pochi minuti prima, come da decreto del Tribunale di Milano, che si era mosso in base ai referti della polizia postale e quindi aveva giudicato pericoloso lasciarla a contatto con quel "mostro" del padre.
Carlo, naturalmente, non aveva un avvocato di fiducia (che se ne fa un manovale? ) e quindi gliene dettero uno d'ufficio, poi la moglie ne trovò uno.
Entrare in carcere con l'accusa di pedofilia era sinonimo di angoscia e l'unico desiderio, quello di essere già morto e sepolto.
La ragione per la quale non maturò la scelta del suicidio era il desiderio di rivedere la figlia. La moglie sembrava la "madonna addolorata", insomma la "Giustizia" ne aveva fatti fuori tre in un colpo solo.
Le ore d'aria in carcere erano pericolosi passaggi nella foresta pluviale dell'Amazzonia e l'odio inutile del senso comune accompagnava quei giorni infiniti.
Viveva ivi anche un ragazzo di vent'anni con l'accusa di terrorismo e si era fatto già due mesi in isolamento, poi, per l'inconsistenza dell'accusa il reato derubricato a ... ed era stato traferito in una cella normale, ma di rilasciarlo non se parlava proprio, perché mai?
Lo Stato, deriso, per lustri come "buonista" si teneva ben stretto questo tipo di "colpevoli", mentre bocche senza cervello (nota mia, ogni riferimento a Di Pietro è puramente voluta ) perpetuavano i pianti greci contro l'indulto.

 

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  postato il 06/07/2010 alle 12:32
Consolare gli afflitti (II)


Tra gli argomenti imperanti nel carcere c'era anche il disprezzo "verso/us" i porci del braccio "pedofili", che talvolta si trasformava in una vera e propria strategia di agguato. In più, mentre negli altri casi i compagni di cella riuscivano a rilevare le ingiustizie e gli errori dello Stato, verso i detenuti del settore maledetto c'era un giudizio "iuris et de iure" già scritto, per il solo fatto di essere lì.

E comunque, si sa, quanto più è imbecille l'idea che si mette in circolo, tanto più si diffonde e con eccellenti risultati di ascolto e di gradimento (nota mia, per il mio amico Nino58, con il quale penso di convidere moltissime cose, non ti fa venire nulla in mente l'ultima frase?).
Anche i più libertari, come S. (il ragazzo accusato di terrorismo) subivano forti tentazioni di cedere al "pensiero comune". In verità non credeva ad una sorte disgraziata, ma ad un errore di un procedimento, costruito peraltro bene in termini generali.
Carlo non osava uscire nelle ore d'aria, ma alla fine, una volta prese coraggio e subito l'espressione migliore che si sentì affibbiare, anche se detta in generale, perché ai paria non si poteva nemmeno rivolgere la parola fu: "Ma chi è 'sta chiavich' e cesse?". Quel giorno poi l'occhio vigile degli agenti si era allentato e così un paio di energumeni riuscirono ad acciuffarlo. Uno gli avvolse il braccio intorno al collo, mentre l'altro si era già calato i pantaloni.
S. partì come un razzo: non sapeva chi fossero quei due, ma il senso della vita, in quel momento, era togliere Carlo dalle loro grinfie ed il suo odio verso i luoghi comuni poté così trasformarsi in una pedata nei c... del boia di circostanza.
L'energumeno non potè fare a meno di urlare, provocando l'intervento dei secondini che riuscirono a salvare S. che stava per diventare *lui* il nuovo bersaglio
L'avvocato (l'autore non dice quando) riuscì finalmente a far arrivare agli orecchi dei giudici la più semplice delle ragioni ... Anche l'evidenza però fu messa in dubbio dai P.M. perché, pur non avendo mai Carlo utilizzato il computer, poteva ben essersi servito della figlia per farsi scaricare ...
La figlia aveva, per fortuna, già raccontato i fatti nel modo in cui si erano svolti e Carlo fu prosciolto e, come lui, circa un terzo degli arrestati nella "sua" retata. (Nota mia, mi fa venire in mente il numero notevolissimo dei rilasciati (per omonimia ed altro) nel clamoroso co-arresto di Enzo Tortora.
"La polizia arresta e i giudici scarcerano" fu il titolo in settima pagina di un giornale, scimmiottando dai polizieschi degli anni '70.

P.S:

Ma S. non risulta dal libro che lo abbiano ancora scarcerato

 

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