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Autore: Oggetto: Profumo di letteratura

Livello Fausto Coppi




Posts: 2863
Registrato: Oct 2005

  postato il 26/01/2007 alle 09:58
Originariamente inviato da Subsonico

"The many man, so beautiful!
And they all dead did lie:
and a thousand thousand silmy things
Lived on; and so did I"

(Samuel Coledrige- Rhyme of the ancient mariner)

TRAD: Tutti quegli uomini, così belli: e ora tutti giacciono morti. E migliaia e migliaia di cose schifose ancora vivono, e così io.


Subsonico, accidenti a te.
Ieri sera dopo avere letto il tuo post me la sono dovuta cercare e rileggere, non resistevo, troppo bella.
Coleridge, che meraviglia

 
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Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 27/01/2007 alle 22:31
Ecco il mio contributo a questo meraviglioso thread del grande Felice.
Il libro è "Q", scritto dal collettivo di autori chiamato Wu Ming all’epoca usavano lo pseudonimo multi-uso Luther Blisset).
Il romanzo è uno di quelli che mi hanno cambiato la vita. Sicuramente mi ha rivelato un modo di scrivere talmente vicino alla mia sensibilità da indurmi, qualche anno dopo, a buttare giù qualche frase organizzata.

Lo consiglio a tutti, è un vero capolavoro. Il passo che riporto è sostanzialmente l’inizio. Non un vero incipit perchè vengono prima un paio di capitoli a prologo.
Il vero cazzotto nello stomaco comincia qui. Buona lettura.




Frankenhausen, Turingia, 15 maggio 1525. Pomeriggio

Quasi alla cieca.
Quello che devo fare.
Urla nelle orecchie già sfondate dai cannoni, corpi che mi urtano. Polvere di sangue e sudore chiude la gola, la tosse mi squarcia.
Gli sguardi dei fuggiaschi: terrore. Teste fasciate, arti maciullati... Mi volto continuamente: Elias è dietro di me. Si fa largo tra la folla, enorme. Porta sulle spalle Magister Thomas, inerte.

Dov'è Dio onnipresente? Il Suo gregge è al macello.
Quello che devo fare.
Le sacche, strette. Senza fermarsi. La daga batte sul fianco.
Elias sempre dietro.
Una sagoma confusa mi corre incontro. Mezza faccia coperta di bende, carne straziata. Una donna. Ci riconosce. Quello che devo fare: il Magister non deve essere scoperto. La afferro: non parlare. Grida alle mie spalle: - Soldati! Soldati!
La allontano, via, mettersi in salvo. Un vicolo a destra. Di corsa, Elias dietro, a capofitto.
Quello che devo fare:
i portoni. Il primo, il secondo, il terzo, si apre. Dentro.

Ci chiudiamo il portone alle spalle. Il rumore cala. La luce filtra debole da una finestra. La vecchia siede in un angolo in fondo alla stanza, su una sedia di paglia mezza sfondata. Poche povere cose: una panca malmessa, un tavolo, tizzoni che ricordano un fuoco recente in un camino annerito dalla fuliggine.
Mi avvicino: - Sorella, portiamo un ferito. Ha bisogno di un letto e di acqua, in nome di Dio...

Elias è fermo sulla porta, la occupa tutta. Sempre con il Magister sulle spalle.
- Per qualche ora soltanto, sorella.
I suoi occhi sono acquosi e non guardano niente. La testa dondola su e giú. Le orecchie fischiano ancora. La voce di Elias: - Cosa sta dicendo?
Le vado piú vicino. In mezzo al ronzio del mondo, una nenia appena mormorata. Non afferro le parole. La vecchia non sa neanche che siamo qui.
Quello che devo fare.
Non perdere tempo. Una scala porta di sopra, un cenno a Elias, saliamo, finalmente un letto dove stendere Magister Thomas. Elias si toglie il sudore dagli occhi.
Mi guarda: - Bisogna trovare Jacob e Mathias.
Tocco la daga e faccio per andare.
- No, vado io, tu resta col Magister.
Non ho il tempo di rispondere, già scende le scale. Magister Thomas, immobile, fissa il soffitto. Lo sguardo vuoto, appena un battito di ciglia, pare quasi non respiri.

Guardo fuori: uno scorcio di case dalla finestra. Dà sulla strada, il salto è troppo alto. Siamo al primo piano, c'è almeno un solaio. Osservo il soffitto e riesco a malapena a distinguere le fessure di una botola. Per terra c'è una scala. Un pasto di tarli, ma regge lo stesso. Mi infilo carponi, il tetto del solaio è bassissimo, il pavimento è coperto di paglia. Le travi scricchiolano a ogni movimento. Nessuna finestra, qualche raggio di luce si infila da sopra tra le assi: il sottotetto.
Ancora assi, paglia. Devo stare quasi sdraiato. Un'apertura dà sui tetti: spioventi. Impossibile per Magister Thomas.
Torno da lui. Ha labbra secche, la fronte brucia. Cerco dell'acqua. Al piano di sotto sul tavolo ci sono noci e una brocca. La cantilena prosegue incessante. Quando accosto l'acqua alle labbra del Magister vedo le sacche: meglio nasconderle.
Siedo sullo sgabello. Le gambe mi fanno male. Tengo la testa tra le mani, solo un attimo, poi il ronzio diviene un fragore assordante di urla, cavalli e ferraglia. I bastardi al soldo dei principi entrano in città. Di corsa alla finestra. A destra, sulla strada principale: cavalieri, picche spianate, rastrellano la via. Infieriscono su tutto ciò che si muove.
Dalla parte opposta: Elias sbuca nel vicolo. Scorge i cavalli: si ferma. Soldati a piedi compaiono dietro di lui. Non ha scampo. Si guarda intorno: dov'è Dio onnipresente?
Lo puntano.
Alza gli occhi. Mi vede.
Quello che deve fare.
Sguaina la spada, si lancia gridando contro i soldati a piedi. Ne ha sventrato uno, gettato a terra un altro con una testata. Gli sono addosso in tre. Non sente i colpi, afferra l'elsa con due mani come una falce, continua a menare fendenti.
Si fanno da parte.
Da dietro: un galoppo lento, pesante, il cavaliere carica alle spalle. Il colpo ribalta Elias. È finito.
No, si rialza: maschera di sangue e furore. La spada ancora in mano. Nessuno si avvicina. Lo sento ansimare. Strattone alle redini, il cavallo si gira. La scure si alza. Di nuovo al galoppo. Elias allarga le gambe, due radici. Braccia e testa verso il cielo, lascia cadere la spada.
L'ultimo colpo: - Omnia sunt communia, figli di cane!
La testa vola nella polvere.

 

____________________
“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 2390
Registrato: Sep 2006

  postato il 28/01/2007 alle 09:50
IMMENSO E ROSSO

immenso e rosso
sopra il grand palais
il sole d'inverno appare
e scompare
Come lui il mio cuore sparira'
E tutto il mio sangue se ne andra'
Se ne andra' in cerca di te
Mio amore
Mia belta'
E ti ritrovera'
la' dove sei tu

(J.Prevert)

FIESTA

e i bicchieri eran vuoti
la bottiglia spaccata
il letto spalancato
e la porta sbarrata
E tutte le stelle di vetro
della felicita' e della bellezza
scintillavano nella polvere
della stanza mal ripulita
Ero ubriaco morto
e gioioso falo'
e tu ubriaca viva
nuda tra le mie braccia
(J. PREVERT.

Sono le poesie che, per motivi sentimentali, hanno segnato un periodo irripetibile della mia esistenza.


 
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Livello Claudio Chiappucci




Posts: 323
Registrato: Dec 2004

  postato il 28/01/2007 alle 12:36
Due poesie splendide di Konstantinos Kavafis: Aspettando i barbari e Candele.



Oggi arrivano i barbari.

Perché mai tanta inerzia nel Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?

Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devon fare i senatori
Quando verranno le faranno i barbari.

Perché l'imperatore s'è levato
così per tempo e sta solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?

Oggi arrivano i barbari.

L'imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l'offerta d'una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.

Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei ceselli tutti d'oro e argento?

Oggi arrivano i barbari
e questa roba fa impressione ai barbari.

Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?

Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.

Perché d'un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti seri!)
Perché rapidamente e strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.

-------------------------------------------------

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese,
dorate, calde e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine danno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m'accora il loro aspetto,
la memoria m'accora il loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch'io non scorga, in un brivido,
come s'allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente


 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jun 2005

  postato il 29/01/2007 alle 21:08
Mi piaceva a diciott'anni e mi piace ancora.



Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda


 
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  postato il 31/01/2007 alle 10:04
Sono ancora emozionata...
Ieri sono stata a sentire Benigni recitare Dante.
Ha scelto di parlare dell'amore e recitare il canto di Paolo e Francesca.
Mi scendevano le lacrime a pensare quanto è dolorosa la vita senza amore.

Amor c'ha nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte
che come vedi ancora non m'abbandona.

 

____________________
Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
Proverbio cinese

Jamais Carmen ne cédera,
libre elle est née et libre elle mourra.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 31/01/2007 alle 11:04
volevo venire anche io....ma forse visto l'argomento trattato è stato meglio che in questo particolare momento della mia vita io non sia venuto....forse è stato proprio il destino a tenermi lontano dal palatenda ieri sera....

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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  postato il 31/01/2007 alle 11:12
Ti assicuro Robby che è stato duro anche per me visto che tu conosci quello che mi è capitato in passato. Ma ti assicuro che è stato uno spettacolo memorabile.

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
Proverbio cinese

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 31/01/2007 alle 11:18
Ne sono convinto...quelle volte che ho visto anche solo in tv le performance di Roberto sulla divina Commedia sono sempre rimasto a bocca aperta e con l pelle d'oca

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

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Livello Marco Pantani




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Registrato: Nov 2004

  postato il 01/02/2007 alle 14:17
Una canzone. Ma che canzone! Il simbolo di tutta una generazione...

****************************************************
Dio è morto (Guccini)


Ho visto la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente
cercare il sogno che conduce alla follia
nella ricerca di un qualcosa che non trovano, nel mondo che hanno già

lungo le strade che dal vino son bagnate
dentro alle stanze da pastiglie trasformate
dentro alle nuvole di fumo del mondo fatto di città
essere contro ed ingoiare la nostra stanca civiltà, e un dio che è morto

ai bordi delle strade dio è morto
nelle auto prese a rate dio è morto
nei miti dell'estate dio è morto

Mi han detto che questa mia generazione più non crede
in ciò che spesso è mascherato con la fede
nei miti eterni della patria e dell'eroe
perché è venuto ormai il momento di negare tutto cio che è falsità
e che è di parte e di abitudine e paura
una politica che è solo far carriera
il perbenismo interessato
la dignità fatta di vuoto
l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto
nei campi di sterminio dio è morto
coi miti della razza dio è morto
con gli uomini di partito dio è morto.

Ma penso che questa mia generazione è preparata
ad un mondo nuovo e a una speranza appena nata
ad un futuro che ha in mano, ad una rivolta senza armi
e che noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi
risorge
in cio che noi crediamo dio è risorto
in cio che noi vogliamo dio è risorto
nel mondo che faremo dio è risorto

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Livello Octave Lapize




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Registrato: Dec 2005

  postato il 01/02/2007 alle 14:34
quante volte l'ho cantata ... che ricordi!

quando ho un pò più di tempo prometto di posare qualche citazione anch'io!

Per il momento mi associo a chi elogiava "La luna e i falò" di Pavese, mi avete fatto venire voglia di rileggere ... e mi associo a Laura per le frasi citate dal "Signore degli Anelli" uno dei miei libri preferiti ... anche se il mio libro preferito rimane "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry, l'ho letto da piccola come una favola l'ho riletto da grande come un racconto di vita ...


Non c'e' niente di perfetto", sospiro' la volpe. Ma la volpe ritorno' alla sua idea:
"La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..."
Il piccolo principe ritorno' l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'. Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro' il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".
"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangero'".
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse:
"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua e' unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalero' un segreto".
Il piccolo principe se ne ando' a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora e' per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo' morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, e' piu' importante di tutte voi, perche' e' lei che ho innaffiata. Perche' e' lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perche' e' lei che ho riparata col paravento. Perche' su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perche' e' lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perche' e' la mia rosa".
E ritorno' dalla volpe.
"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi".
"L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurro' il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verita'. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe per ricordarselo.

 

____________________
"...poi Dio creò la biciletta perché l'uomo ne facesse strumento di fatica e di esaltazione nell'ardito itinerario della vita ..." (monumento al Ghisallo)


L’orizzonte era fatto di monti
che guardavano in fondo la valle.
S'ergevano austeri e inviolati
al cuore d'un credo
provato dal non lontano
ricordo d'una immane prova di vita.... (L'Angelo della Montagna - Morris)

 
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  postato il 01/02/2007 alle 16:24
Un'altra canzone del grande Francesco Guccini, il quale ho personalmente conosciuto lo scorso maggio (l'universitá di Innsbruck aveva organizzato una mostra dedicata a lui, il quale venne all'inaugurazione), é "Piazza Alimonda". Questa canzone l'ho sentita per la prima volta in quell'occasione, e mi é rimasta nel cuore. Parla in modo non esplicito del G8 di Genova e dell'uccisione di Carlo Giuliani.

Ecco il testo:

PIAZZA ALIMONDA - FRANCESCO GUCCINI

Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare
respiro al largo, verso l'orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale,
d'anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido
d'Africa nera.
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare;
una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.

Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.
Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere,
piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere,
la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza,
sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione,
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia
e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,

appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite
dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.

Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,
ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.
La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.

La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.
Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita

dall'album "Ritratti" (2004)

 

[Modificato il 01/02/2007 alle 16:27 by Garda Bike]

____________________

 
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Livello Octave Lapize




Posts: 466
Registrato: Dec 2005

  postato il 06/02/2007 alle 08:48

“Perdi tempo, Jon, con me! Ho i riflessi troppo lenti. Sono troppo scemo. Provo e riprovo, ma non ci riesco mai.”
Jonathan guardò giù e gli fece un cenno col capo. “Non ci riuscirai no, finché forzi così la cabrata. Fletch, hai perso quaranta miglia all’ora nella fase iniziale. Devi essere più sciolto. Deciso ma scioltissimo, hai inteso?”
Planando si portò accanto al giovane. “Adesso ci proviamo insieme, in formazione. E sta’ attento a quella cabrata. Dev’essere scorrevole, il passaggio.”


Lanciò uno sguardo al mare, all’orizzonte. “E’ buffo. Quei gabbiano che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno. Ricordati, Jonathan, il paradiso non si trova né nello spazio né nel tempo, poiché lo spazio e il tempo sono privi di senso e di valore. Il paradiso è…”

da "Il gabbiano Jonathan Livingston"
di Richard Bach

 

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"...poi Dio creò la biciletta perché l'uomo ne facesse strumento di fatica e di esaltazione nell'ardito itinerario della vita ..." (monumento al Ghisallo)


L’orizzonte era fatto di monti
che guardavano in fondo la valle.
S'ergevano austeri e inviolati
al cuore d'un credo
provato dal non lontano
ricordo d'una immane prova di vita.... (L'Angelo della Montagna - Morris)

 
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Livello Marco Pantani




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Registrato: Nov 2004

  postato il 10/02/2007 alle 16:26
Non ricordo dove eravamo. Forse in Galleria Mazzini, alla Fiera del Libro. O forse in un negozio di libri discount, vicino a Piazza Banchi. La mia compagna mi porge un libro.
- Guarda cosa ho trovato…
- “Kaputt”? Cos’è? Un libro sulla guerra?
- Prendilo, è un libro straordinario…
Ci risiamo, ancora una volta un libro che avremo in due versioni, francese e italiana. D’altra parte leggere gli autori italiani in francese è un gran peccato…

Lo prendo in mano. Le pagine ingiallite. La copertina del colore di quei mattoni pieni di cui son fatte le case di una volta. Casa editrice “Aria d’Italia”, mai sentita prima. Lo giro: 6 euro, non è certo la rovina economica. Porta sulla prima pagina una vecchia stampigliatura: “Biblioteca, Via dei Vassalli, Nervi”. Un libro che qualcuno ha rubato quindi, chissà quando, chissà come…

Curzio Malaparte, una prosa deliziosa, una visione del mondo che lo circonda che i Francesi definirebbero “décapante”. Sì, è il termine giusto: “on décape”, per esempio, quando si gratta via la vernice di un vecchio mobile per portarne alla luce la sua vera natura, il legno che sta sotto. Curzio Malaparte, uno scrittore da riscoprire.

Kaputt, un libro straordinario. Dopo averlo letto condivido l’opinione della mia compagna. Mille episodi indimenticabili, ognuno dei quali è una piccola gemma smagliante…

Ma cos’è Kaputt? Beh, nessuno meglio che Malaparte stesso ce lo può dire e può farcene la storia. Lasciamogli dunque la parola.

************************************************************

Il manoscritto di Kaputt ha una sua storia: e mi sembra che nessuna prefazione convenga a questo libro meglio della storia segreta del suo manoscritto.
Ho incominciato a scrivere Kaputt nell’estate del 1941, all’inizio della guerra tedesca contro la Russia, nel villaggio di Pestcianka, in Ucraina, in casa del contadino Roman Suchèna. Ogni mattina mi sedevo nell’orto, sotto l’albero di acacia, e mi mettevo a lavorare, mentre il contadino, seduto per terra presso il porcile, affilava le falci, o affettava le barbabietole e le verze per i suoi maiali.
…………
Ripresi a scrivere Kaputt durante la mia permanenza in Polonia e sul fronte di Smolensk, nel 1942. Terminai il libro, fuorché l’ultimo capitolo, nei due anni trascorsi in Finlandia. Prima di tornare in Italia divisi il manoscritto in tre parti, affidandole al Ministro di Spagna a Helsinki, Conte Augustin de Foxà, che lasciava il suo posto chiamato a Madrid presso quel Ministero degli Esteri, al Segretario della Legazione di Romania a Helsinki, Principe Dinu Cantemir, che andava a raggiungere il suo nuovo posto presso la Legazione di Romania a Lisbona, e all’Addetto Stampa della Legazione Romena nella capitale della Finlandia, Titu Michailesco, che si recava a Bucarest. Dopo una lunga odissea, le tre parti del manoscritto pervennero finalmente in Italia.
Nel Luglio del 1943 mi trovavo in Finlandia: non appena ebbi notizia della caduta di Mussolini, tornai in volo in Italia e mi recai a Capri, per attendervi lo sbarco degli Alleati e a Capri, nel settembre del 1943, terminai l’ultimo capitolo di Kaputt.

Kaputt è un libro crudele. La sua crudeltà è la più straordinaria esperienza che io abbia tratto dallo spettacolo dell’Europa in questi anni di guerra. Tuttavia, fra i protagonisti di questo libro, la guerra non è che un personaggio secondario. Si potrebbe dire che ha solo un valore di pretesto, se i pretesti inevitabili non appartenessero all’ordine della fatalità. Non v’entra in altro modo. Direi che v’entra non da protagonista, ma da spettatrice, in quello stesso senso in cui è spettatore un paesaggio. La guerra è il paesaggio oggettivo di questo libro.
Il protagonista principale è Kaputt, questo mostro allegro e crudele. Nessuna parola, meglio della dura, e quasi misteriosa parola tedesca Kaputt, che letteralmente significa “rotto, finito, andato in pezzi, in malora”, potrebbe dare il senso di ciò che noi siamo, di ciò che ormai è l’Europa: un mucchio di rottami. E sia ben chiaro che io preferisco questa Europa kaputt all’Europa di ieri, e a quella di venti, di trent’anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover tutto accettare come un’eredità immutabile.
Speriamo ora che i tempi nuovi siano nuovi realmente, e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana ha bisogno di rispetto, non meno che di libertà. Ho detto “speriamo”, non già perché io non creda nella libertà e nei suoi benefici, (mi si consenta di ricordare che io appartengo al numero di coloro, che hanno pagato con la prigione e con la deportazione nell’isola di Lipari la loro libertà di spirito e il loro contributo alla causa della libertà), ma perché conosco, ed è di pubblico dominio, quanto sia difficile in Italia, e in gran parte dell’Europa, la condizione umana, e quanto pericolosa la condizione di scrittore.
Che i tempi nuovi siano dunque tempi di libertà, e di rispetto per tutti: anche per gli scrittori. Poiché soltanto la libertà, e il rispetto della cultura, potranno salvare l’Italia e l’Europa da quei crudeli giorni, di cui parla Montesquieu nell’ “Esprit des Lois”: “Ainsi, dans le temps des fables, après les inondations et les déluges, il sortit de la terre des hommes armés, qui s’exterminèrent”.


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Livello Fausto Coppi




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  postato il 28/06/2007 alle 23:00
Sto leggendo "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafon - Mondadori

Le prime 40 pagine sono un po' lente, mai poi il libro diventa intrigante ed affascinante....

Lo trovo bellissimo.

 

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Michela
"Stiamo Insieme, Vinciamo Insieme - Ivan Basso"


Vita in te ci credo le nebbie si diradano e oramai ti vedo non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l'anima fino quasi a renderla un po' sdrucita. Anche gli angeli capita a volte sai si sporcano ma la sofferenza tocca il limite e cosi cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto



http://www.adidax.com/
resisterai 5 minuti senza sport?

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 28/06/2007 alle 23:19
visto che michela ha riportato alla luce questo vecchio thread, vi regalo un mio racconto. nulla di inventato, tutto vero, almeno credo...

 

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Eugenio Vittone, EROE DEL GAVIA

E' famosa la risposta che George Leigh Mallory diede ai giornalisti che gli domandavano perchè volesse andare sull'Everest. "Perchè c'è", disse semplicemente.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 28/06/2007 alle 23:19
Memorie del Treno. 2007.





01 febbraio 2007

I Quello che mai di questo viaggio potrò dimenticare, sarà l’odore acre del fumo.

Fumo, acre come quello che i camini di Auschwitz distribuivano generosamente al cielo della campagna polacca.



II Il fondo del vagone ha il finestrino sbloccato; lo apro e guardo fuori. C’è la neve, il cielo è stellato, interrotto solo da qualche solitaria nuvola bianca. Il treno arranca in salita. Tra poco sarà Italia. Vorrò essere sveglio. Due ragazze vengono per utilizzare il bagno. La prima ad uscirne mi saluta. Mi vede scrivere: “Ognuno ha la propria poesia – dice – e io canto”. Un favoloso De Andrè, la protagonista è Marinella.

Il momento è quello ideale per accendere mezzo toscano. Io scrivo e lei canta, di lì a poco accompagnata dall’amica della notte. Già, è notte. Il treno è silenzioso. Il brulicare di questo formicaio dal cuore di metallo, è ormai un ricordo dell’ultima serata di viaggio. Un momento malinconico, si sa.

“…e come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose”. Le applaudo. La ragazza con la maglietta nera smanicata e la kefia al collo mi porge la mano. Mi dice il suo nome; le dico il mio. Sono passati pochi minuti e quel nome già manca ai miei ricordi. Rimarrà Marinella. Mi accarezza: “Ciao poeta”.



III Lo sguardo torna alle montagne, la mente al viaggio. Un’esperienza forte, sublime. Birkenau, Auschwitz, tanti volti e tante storie, ognuna diversa, tutte su questo treno. Tutte in viaggio, ognuna con la stessa, ma allo stesso tempo, propria e personale meta. L’odore del fumo è svanito, c’è solo il profumo di un sigaro e l’aria gelida e nevosa che passa attraverso il finestrino aperto. Un gruppo di cinquanta persone, partito cinque giorni fa, destinazione Cracovia, si è fatto comunità viaggiante. Questi tredici gruppi, così diversi, una festa di giovani.



IV I miei pensieri per un attimo si bloccano. Troppi cercano di uscire, tutti insieme, e lo sbocco, la luce è sottile come la punta di questa penna blu che scorre sopra il foglio.

Il momento è presto interrotto, ritorna la voce dolce di poc’anzi. Ha una sigaretta in mano e ricorda il mio nome. Non le chiedo nuovamente il suo. Voglio che rimanga Marinella. Scambiamoqualche veloce e sincera parola. Il mio sigaro è presto un mozzicone, la sua bionda, ora, una cicca da buttare. Questa volta la bacio: “Buonanotte”.



V Sarà una buona notte, ne sono certo, ma non voglio ancora dormire. Torno in cuccetta, mi siedo sul pavimento e cerco di scorgere i nomi delle piccole stazioni che attraverso. Ritorno a scrivere le righe di qualche istante addietro. D’improvviso dal vetro filtrano tante luci, dalle lunghe banchine di una stazione più grossa delle altre: Klagenfurt. Tra poco sarà casa.

Stacco la penna dal foglio, chiudo il mio libro e guardo fuori. Francesco nel sonno russa come un trombone. Spengo il lumicino del mio giaciglio. Fuori è già Villach. Ci siamo quasi. Il sonno attenderà.



VI No, ha vinto Morfeo. Al mio risveglio il formicaio è riapparso. I sentimenti sono tanti, veri e contrastanti. C’è la gioia, la stanchezza, la nostalgia e la voglia di non arrivare mai in stazione. Saluti, scambi di numeri e indirizzi, pensieri e dediche, braccialetti e sguardi, sorrisi e abbracci. Le visioni esterne sono sempre più familiari. I nomi delle stazione, quelli conosciuti. Si vede Superga: siamo davvero a casa. E’ tutto finito. E’ tutto finito? No, credo di no. Il gruppo B, parte di esso, è stato davvero gruppo. Ci rivediamo ragazzi! Torino Porta Nuova: il capolinea.



13 febbraio 2007

VII Erano giorni ormai che volevo continuare questo personalissimo scritto. La notte che ho davanti credo propizia, ed eccomi qui, non più con la penna blu di Roberta in mano, ma con le dita sulla plastica della tastiera. I ricordi però non sono certo nemmeno sbiaditi. Ancora nitidi e precisi posso cercarli negli angoli più prossimi della mia mente. E come ovvio, ci metto poco, praticamente nulla a ritrovarli, esattamente lì dove li avevo lasciati qualche giorno or sono scendendo dal treno già fermo in stazione. Sono però ricordi più meditati, ma non per questo meno veri. Posso ammirare dall’alto del dopo il viaggio nella sua interezza, nella sua semplice complessità. Un solo problema: da dove cominciare?



VIII E’ quasi scontata la risposta. Dall’inizio chiaramente. Un sabato mattina, si preannuncia una bella giornata di sole, ma l’aria è fredda su Torino. Mi alzo presto, cosa che non amo davvero. Per fortuna la valigia è pronta a partire. Me ne sono ricordato la sera prima in fretta e furia. Un saluto a casa e via…si parte. Ma ci sono ancora tante ore davanti a me prima che il treno muova verso est. Arrivo in una Piazza Castello tranquilla e ancora addormentata, davanti al Regio ci sono più Agenti che viaggianti. Aspetto le mie tre compagne d’avventura. Sabrina è la prima ad arrivare. Nel frattempo il porticato si popola. Poco a poco, senza quasi che ce ne si accorga, siamo ormai una folla. Tutti con valigia e giacca pesanti. Tutti pronti. Arriva anche l’altra metà della Labor: ci siamo tutti.



IX Entriamo a Teatro. Forse in tanti anni di onorata storia il Regio un pubblico così non lo ha mai avuto! Sembriamo tanti scappati da casa, e un po’ lo siamo davvero! o almeno, io mi sento così. Da qualche cosa in fondo sto scappando anch’io. Gruppo B, colore giallo. Dicono sia il colore dei pazzi. Poco male, è pur sempre allegro. Iniziano a incrociarsi gli sguardi con gli altri partenti del drappello B, ma per le prime impressioni, quelle che ti rimangono tatuate nella mente, bisogna pazientare ancora un po’. Ora bisogna andare a disonorare un altro tempio della cultura cittadina. Il Teatro Carignano è un gioiello di eleganza barocca, al pari della piazza che lo accoglie.



X L’assemblea sembra eterna, sebbene non occupi più di due ore. La voglia di partite è tanta, deforma la stessa concezione del tempo. La conclusione è un augurio: buon viaggio ragazzi!



XI In corteo verso Porta Nuova. Con le valigie a mano. Suscitiamo stupore e divertimento in molte delle persone che incrociamo lungo la strada. Gli automobilisti che blocchiamo sono inevitabilmente meno divertiti. Chi ha fretta non prenda l’auto, no? Arrivati in stazione, sembra di aver già compiuto un grande viaggio, ma non siamo che all’inizio. Ultimo controllo ai documenti e via…si sale in carrozza. La sistemazione è operazione davvero difficoltosa. I numeri sembrano non tornare mai. Mi infilo nel primo scompartimento ove trovo un posto libero. Ci sono cinque ragazzi. Fanno quinta al Bodoni. Ci presentiamo, tanto i nomi non li ricorderò mai in una sola volta. Poi per magia si libera un posto con la mia società sportiva: mi ci infilo, ma mi staccherò presto dallo scoglio.



XII Il pomeriggio lo spendo a fare la conoscenza dei compagni di viaggio. Ne nascono anche alcune belle chiacchierate impegnate. Lo spirito sembra davvero quello giusto. Giusto per un’esperienza che sarà sicuramente crescita personale, ma anche divertimento, componente che in occasioni come questa credo davvero indispensabile e totalmente positiva. I ragazzi sono davvero delle persone interessanti. Tutto è cominciato nel migliore dei modi possibili. Le particolarità del viaggio si sono già tutte presentate. A partite dall’odore del fumo, che ho già eletto a protagonista indiscusso.



XIII Poi dai finestrini inizia a vedersi la neve. Sempre più copiosa, sempre più immanente. Siamo presto fermi a Tarvisio: cambio di locomotore e poi…ciao Italia! E’notte. Le cuccette incutono un po’ di claustrofobico timore, ma è meglio chiudere gli occhi qualche ora. Sonno interrotto però. “Passport, Passport!” Tutto in regola. Si torna a dormire, ma ci sarà un altro controllo.



XIV Questo viaggio sembra davvero non finire mai. I paesaggi che attraversiamo sono tutti così uguali e tristemente aridi di colori ed emozioni. Siamo davvero al di là del muro. La stazione di Cracovia sembra un miraggio. Un miraggio con un enorme specchio tra il nostro e il binario adiacente: un treno identico, tanti giovani affacciati ai finestrini, facce stanche e sorridenti, felici e malinconiche. Una gran voglia di fare casino, di salutare nel modo più rumoroso possibile quel treno fotocopia che si è appena affacciato al binario di fianco. Un treno appena arrivato di qua, uno che sarebbe partito di lì a poco dall’altro lato. Il testimone è passato. Noi, staffette, pronti a scendere e cominciare una nuova avventura in mezzo alla neve polacca che saluta il nostro arrivo.



XV Giù dal treno e su sul pullman. Sempre in viaggio, ancora per poco. Sabina, la nostra animatrice indigena, offre il suo benvenuto. Pochi minuti e siamo in ostello. Letto e bagno sono i traguardi più ambiti. Da tutti. Ah, quasi dimenticavo, le socie sportive sono finite per qualche oscuro motivo in un altro gruppo, ma ormai sono così inserito in questa emozione che non me ne curo assolutamente. Capito in camera con quei ragazzi che il giorno prima ho conosciuto nel primo degli scompartimenti visitati: ora mi tocca impararne i nomi per davvero!



XVI Si comincia subito a socializzare e non potrebbe essere altrimenti. La cucina che abbiamo a disposizione sembra proprio il luogo ideale. Un tè caldo, quattro chiacchiere e qualche immancabile tirata di culo alle ragazze già operose con piastre e spazzole. Dodo, l’animatrice che ci accompagna, insieme a Davide, già da Torino, ci propone un breve gioco di conoscenza. Avete presente gli speed date? No, non ci sono mai stato, però se ne sente parlare, ce n’era uno in un film di Verdone. Ecco quella era stata la mia esperienza più diretta mai avuta con uno speed date. Praticamente pochi secondi per presentarsi, conoscersi e sperare di trovare l’anima gemella. L’ultimo fine è per ora abolito, ma il gioco non perde certo la sua indole di puro divertentismo. Ne viene fuori un gran baccano, ma ora ci conosciamo davvero tutti.



XVII Si esce. Vestiti pesanti e scarponi pronti all’uso. Il problema più pressante è la fame, ma non da meno è la voglia di una fresca birra. Senza sloti però siamo a piedi. Tappa al cambio obbligatoria quindi, con annesse e strepitose teorie new-economiche di Vincenzo, perle che accendono sonore risate in tutti gli udenti.



XVIII “Là, dove c’è quell’insegna di quella birra tedesca che non è niente male”. La maggior parte dei locali hanno l’insegna sulla via o nella piazza, ma poi si nascondono nei cortili degli isolati. “Ehi, hai visto che poco che viene una media? Ma non beviamo solo”. Così parte la nostra prima cena straniera. E siamo davvero italiani, lo si vede, abbiamo un non so che del Totò dentro. E così siamo presto protagonisti e forse un po’ zimbelli nella sala. Un signore del posto che bene conosce l’italiano ci aiuta con il menù, e un altro gruppo che non ne capisce proprio un accidente, ma che noi coinvolgiamo ugualmente nella nostra baraonda, ci consiglia qualche piatto. A Cracovia non si mangia male.



XIX La serata prevede una festa in una discoteca poco distante dal centro. DJ set e alcol in abbondanti dosi riempiono il ritrovo. La raccomandazione è di non esagerare coi bagordi, domani si va ai campi. Il ritorno in ostello non è quindi ritardato eccessivamente, ma sinceramente…”chi ha voglia di dormire?” In cucina si prosegue la chiacchierata interrotta nel tardo pomeriggio. Quando la notte è già fonda tocchiamo finalmente il letto. Domani mattina la sveglia sarà un incubo.



XX Forse incubo non lo è stato, ma noi zombi di sicuro. Qualcuno ha fotografato le nostre facce? Sarebbe da farci su delle grasse risate. Stiamo per partire, l’atmosfera si fa inevitabilmente più seria, o forse è solo il sonno arretrato. Sul pullman usciamo dalla città, la campagna è monotona come quella mirata dal treno. Siamo a Birkenau.



XXI Il muro di cinta non finisce mai, da solo mette i brividi. Dalla torre di guardia si fatica a scorgere i confini del campo. Il vento sbatte sui vetri e rende ancora più grigio l’animo. I binari entrano nel campo, si diramano, si fermano al fondo, lontano.



XXII Una lettura accompagna il nostro ingresso all’inferno, freddo e neve non anestetizzano la mente però, che ha sete di conoscere. Entriamo in un block, poi le latrine. Orrore. Avanti, seguendo i binari, vento che ti sputa sul viso proiettili di ghiaccio che bucano la pelle. Ci fermiamo a metà strada: un’altra lettura. Anche chi come me, si violenta per non provare emozioni, per lasciare campo libero alla razionalità, deve arrendersi. Mi guardo intorno, punto uno ad uno gli occhi dei miei compagni: tutti, nessuno escluso, con un paralizzante macigno nel cuore e gli occhi che vorrebbero piangere. Il nodo alla gola; ci pensa lui a imprigionare le lacrime.



XXIII Giungiamo quindi alla fine, camere a gas e forni fatti saltare in aria nell’inutile tentativo di nascondere al mondo un’infamia senza perdono. Un monumento commemorativo, non saprei ricordare come fosse fatto precisamente, né elencare qui le parole scolpite in varie lingue su altrettante targhe. Il ghiaccio ha smesso di piombare con tumultuosa violenza dal cielo, spunta il sole. Birkenau si illumina, sembra paradossalmente un luogo sereno di pace. Ma le nubi nere come la morte sono poco distanti verso est, o almeno credo fosse est. Non sarà facile dimenticare quel cielo. Sarà impossibile dimenticare quel contrasto tra l’inferno nel quale stavamo camminando e il paradiso azzurro e luminoso che si mostrava ai nostri occhi, tesi verso l’alto.



XXIV Abbiamo camminato sulla sofferenza, sulla morte e sulle ceneri di un milione e mezzo di uomini, che la storia ha fatto incontrare proprio qui, in quello che era un punto qualsiasi della superficie del nostro pianeta. Era un punto qualsiasi. E’ stato, e ormai sarà per sempre Birkenau.



XXV Auschwitz non è meno sconcertante. Non mancano anche qui, tristemente, gli stessi luoghi di inutile tortura, protagonisti in tanti altri inferni sparsi per l’Europa, e non solo. Un luogo divenuto museo, a imperituro ricordo di ciò che vi accadde. Cataste di oggetti: vasi e pentole, pettini e rasoi, scarpe e valigie, capelli e occhiali. Latte una volta colme del gas usato nelle docce, catalogate, etichettate meticolosamente, nessuna esclusa. Uno sterminio elevato a sistema burocratizzato in ogni sua più piccola e insignificante piega e sfumatura.



XXVI Il piazzale dell’appello è gremito di giovani, là dove ben sappiamo quel che successe. Si giura “mai più”. Ognuno di noi ha in mano un lumino. Li accendiamo, passiamo il fuoco di mano in mano. Una luce, una speranza è entrata oggi ad Auschwitz. Rimarranno dentro Auschwitz quelle centinaia di luci, un po’ per ogni angolo che ancora trasuda sofferenza, all’interno del lugubre cancello, che pare una porta infernale dantesca, sul quale campeggia il famoso arbeit macht frei, atroce scherno per una moltitudine di condannati, per i quali l’unica via d’uscita fu il camino. Altre luci usciranno, però, da questo infausto luogo. La luce che ognuno di quei 650 viaggianti ha donato a se stesso visitando il campo.



XXVII Abbiamo camminato sulla sofferenza, sulla morte e sulle ceneri di un milione di uomini, che la storia ha fatto incontrare proprio qui, in quello che era un punto qualsiasi della superficie del nostro pianeta. Era un punto qualsiasi. E’ stato, e ormai sarà per sempre Auschwitz.



XXVIII Giornata carica di emozioni quel lunedì 29 gennaio. Tornati in città ci attendeva una rappresentazione teatrale. Eravamo stanchi, l’idea di sederci in un teatro nel quale di colpo si sarebbero spente le luci e aperto il sipario, formicolava in noi soporiferi pensieri. Non ho staccati gli occhi dalla scena, non fosse altro che per battere le ciglia. Veloci frammenti e lenti intermezzi hanno scandito il ritmo di un’emozione che lentamente ha lasciato un sorriso sulle labbra. E gli occhi felici. Un lungo applauso, doveroso, un simbolico biglietto pagato ad un gruppo di giovani artisti, capaci di inscenare violenza e dolcezza, tumulto e quiete, odio e amore su pochi metri quadri di palco e nell’arco di uno scarso giro di lancette d’orologio.



XXIX Non di sola conoscenza ed emozione si può vivere però. Siamo un groppone, unito nella voglia di cenare sì, ma soprattutto di passare una serata di festa insieme. Perché è questo lo spirito che ci deve guidare. Imprescindibili e importanti i momenti di riflessione, ma tutti legati dallo spirito festoso che ti permette di fare tesoro ancor più caro dell’esperienze vissute. L’arte dell’arrangiarsi ci permette facilmente di trovare, o meglio, di arrangiare una tavolata tanto capace. Qualche incomprensione linguistica ci costringe a bere alcune birre in più, ma non è certo un male. Lo facciamo di buon grado. Fuori è freddo e di passeggiare accompagnati dalla grande stanchezza non abbiamo molta voglia. L’ostello, l’amico luogo che per pochi giorni abbiamo pensato casa ci accoglie. E ci terrà compagnia per tutta la notte, una notte che alcuni di noi non vogliono proprio dormire. Tiranno è il tempo quando conosci il momento della fine, sfruttarne ogni attimo è l’unica arma di cui disponiamo. In culo il sonno!



14 febbraio 2007

XXX A fatica siamo arrivati desti a mattino. Però siamo i primi a fare la colazione non appena arrivano latte e brioches. Mattinata rilassante quella di martedì, in programma un momento di riflessione di gruppo. Siamo numerosi, non è proprio tutto il gruppo, ma è un risultato accettabile. Si parla, si discute, a tratti in modo anche animato. La grinta non manca. Non tutti prendono parte alla diatriba. C’è chi preferisce ascoltare e chi da Morfeo è ancora parecchio rapito. Ma coloro che intervengono lo fanno con il cuore, a prescindere dalle posizioni espresse. Siamo un bell’esempio di democrazia. Ognuno vuole trasmettere qualcosa ai compagni di viaggio, e allo stesso tempo è desideroso di imparare dagli altri, da chi è più riflessivo, più preparato, o semplicemente più grande. Abbiamo due prof in gruppo, ma questa mattina non ci sono cattedre e banchi. Solo una stanza dentro la quale siamo tutti uguali.



XXXI Pessima idea andare a mangiare una pizza a Cracovia. Una di quelle cose da annotare sull’agenda e non ripetere mai più. Intesi? Però quando il tempo te lo porta via lo shopping, o perlomeno il tentativo di acquistare qualcosa, e la fame chiama… I prezzi sono bassi, ma non trovo nulla che mi aggrada. Quindi non acquisto. Semplice!



XXXII Il sonno mancato della notte inizia a farsi sentire dopo pranzo. E manca ancora l’assemblea. La passeggiata fino alla Facoltà di Giurisprudenza di Cracovia non produce effetti destanti. E i seggi dell’aula magna sono tremendamente comodi. A dire il vero è proprio una bella struttura. O sarà l’abitudine a Palazzo Nuovo?! Mi concedo qualche minuto di sonno prima che cominci il comizio. Mi sveglia l’applauso iniziale. E sono subito pronto. Ho proprio voglia di sentire cosa si dirà, sono curioso. Il tema è spinoso. L’aula prende dopo poco una strana piega. Sicuramente il momento più basso di un viaggio fantastico. Libertà di parola e niente censura: armi a doppio taglio.



XXXIII Per fortuna la serata è decisamente migliore. Sabina ci porta a mangiare in un ristorante polacco niente male. E poi concerto al Rotunda. Ci arriviamo in taxi con gli sloti contati. Menomale che qualcuno è spuntato fuori dalle tasche durante il tragitto altrimenti… I Fratelli di Soledad animano la serata, assieme alla birra ovviamente. Ho proprio voglia di fare casino. Qualche media e mi scateno un po’ nel pogo. Come ai vecchi tempi. E chi l’avrebbe mai più pensato? E’ lo spirito di festa che mi ha definitivamente contagiato. Va bene così! Alla fine, praticamente ci cacciano dal locale e, stavolta a piedi, facciamo ritorno all’ostello. “Ma dove "particolare anatomico che, se rotto, simboleggia seccatura" va Kennedy?”



XXXIV Siamo in cucina quando Ken spunta dalla porta con birra e vodka in mano. Ce n’è per tutti. Notte di festa allora. E questa notte siamo più della passata. Inventiamo un gioco: ci scambiamo a turno le prime impressioni che i compagni di viaggio, volti divenuti familiari ormai, hanno destato in noi. E’ divertente. E il tempo vola. E’ subito mattino.



XXXV Tempo di valigie, e di pensieri rivolti al ritorno. Alla spesa da fare per i pasti sul treno, agli ultimi souvenir da regalare. Poche e convulse manciate di minuti e siamo di nuovo sulla via di casa. In stazione siamo costretti ad aspettare il treno per più di un’ora. L’attesa è snervante. Abbiamo occupato pacificamente il sottopasso della stazione. Il modo migliore per passare il tempo, neanche a dirlo, è un po’ di festa. Giusto? Spunta qualche chitarra e qualche bongo. Basta poco per creare gioia e regalare un sorriso. Arriva il treno. Ciao Cracovia!



XXXVI La musica continua a farla da padrona anche mente la locomotiva marcia spedita verso la meta. Si canta, si beve e si mangia. Ovviamente fa la ricomparsa anche il tremendo e acre odore del fumo. Il protagonista.



XXXVII Il treno corre verso il tramonto. Veloce. Il resto è storia già narrata.





Eugenio Vittone

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 29/06/2007 alle 00:14
Originariamente inviato da miky70

Sto leggendo "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafon - Mondadori

Le prime 40 pagine sono un po' lente, mai poi il libro diventa intrigante ed affascinante....

Lo trovo bellissimo.


vedrai verso la fine, ti inchioda letteralmente alle pagine.
Dopo aver letto le prime pagine ero scettico anch'io, ma diventa sempre più coivolgente.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 29/06/2007 alle 21:03
a proposito
il giorno 26 è spirato Luigi Meneghello all'eta di 85 anni grande scrittore vicentino del dopoguerra, fra le sue bellissime opere ricordo Libera Nos a Malo del 1963 stupendo romanzo culturale dove italiano e dialetto danno vita a una specificità linguistica senza pari,uno dei classici della letteratura italiana degli ultimi 50 anni.
é stato anche titolare della cattedra di lingua e letteratura italiana a Reading daò 1947 al 2000

segnalo il triste evento perchè Meneghello con Zanzotto, Rigoni Stern ha dato voce nel secolo passato ad una Cultura Veneta vera e propria, altro che quella che ci viene propinata dalla classe dirigente a forza di radicchio e sagre paesane.

consiglio a tutti i libri di Meneghello


 

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http://www.controcopertina.it

 
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Livello Tour




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  postato il 30/06/2007 alle 06:46
Io ho cominciato a leggere.

"Un altro giro di giostra" di Tiziano Terzani

Sottolineo un passagio:

I miracoli? Certo che esistono, ma sono convinto che ognuno deve essere artefice del proprio.Soprattutto sono convinto che la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi è ancora estremamente limitata e che dietro le apparenze, dietro ai fatti, c'è una verità che davvero ci sfugge, perchè sfugge alla rete dei nostri sensi,ai criteri della nostra scienza e della cosidetta nostra ragione.

 
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Livello Laurent Fignon




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  postato il 29/09/2007 alle 12:58
Ieri sera ho letto un racconto di fantascienza dello scrittore americano Bruce Sterling (Il riparatore di biciclette, scritto nel 1996 e ora contenuto nell'antologia Un futuro all'antica, edita in Italia da Mondadori) in cui il protagonista è un giovane meccanico di biciclette, in un futuro neanche troppo lontano.

La cosa divertente è che nel racconto ci sono un paio di citazioni ciclistiche: a un certo punto si parla del vincitore del Tour de France del 2033, un certo Aldo Cipollini, poi si fa riferimento alla "Summer Classic di Liegi", che sarebbe stata vinta da un certo Marco Cenghialta...

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 01/11/2007 alle 11:50
Da: "La zattera di pietra" di José Saramago.

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Atto difficilissimo è quello dello scrivere, una tra le maggiori responsabilità, basti pensare al lavoro estenuante di disporre in ordine cronologico gli avvenimenti, prima questo, poi quello, oppure, se più convenga alle necessità dell’effetto, il fatto di oggi posto prima dell’episodio di ieri, e altre non meno rischiose acrobazie, il passato come fosse avvenuto adesso, il presente come un continuo senza presente né fine, ma per quanto si sforzino gli autori, c’è un virtuosismo che non possono compiere, mettere per iscritto, contemporaneamente, due fatti avvenuti nello stesso tempo. C’è chi ritiene che la difficoltà si risolva dividendo la pagina in due colonne, fianco a fianco, ma l’espediente è ingenuo, perché prima se n’è scritta una e solo dopo l’altra, senza dimenticare che il lettore dovrà leggere prima questa e poi quella, o viceversa, a chi va bene sono i cantanti d’opera, ciascuno la propria parte nel gran finale, tre quattro cinque sei fra tenori bassi soprani e baritoni, tutti a cantare parole diverse, per esempio il cinico beffeggiante, l’ingenua supplicante, il prim’attore tardo ad accorrere, allo spettatore quello che interessa è la musica, ma per il lettore non è così, lui vuole tutto spiegato, sillaba per sillaba e una dopo l’altra, come si vedono qui. E’ per questo che, visto che si è parlato per primo di Joaquim Sassa, solo adesso si parlerà di Pedro Orce, mentre Joaquim che lancia una pietra in mare e Pedro Orce che si alza dalla sedia sono due fatti avvenuti in un unico istante, anche se per gli orologi ci sarebbe stata un’ora di differenza, per via che questi è in Spagna e quello in Portogallo.

 

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E' la guerra che Madre Natura conduce contro la natura dell'uomo. Sarà una guerra senza quartiere, e sarà la grande guerra del XXI secolo

Ascoltato alla alla radio il 25/10/2007 a commento degli incendi che stavano devastando la California.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/08/2008 alle 13:08
[...]"ma se non sapete più da chi, se non sapete più dove andare! Bisogna pure, vedete, che ogni uomo abbia la possibilità di andare da qualcuno! Arrivan infatti certi momenti in cui occorre assolutamente poter andare da qualcuno! [...]

L'impiegato Marmeladov, Delitto e castigo, Dostoevskij

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/08/2008 alle 14:01
consiglio a chi ama leggere autori stranieri ed appartenenti a culture diverse dalla nostra:

il cacciatore di aquiloni

 

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"La vita e la morte.La pace e la guerra.La repubblica e la monarchia.Infine Bartali e Coppi e la progressiva identificazione di un popolo, che ripartiva da zero, in una coppia di campioni."Leo Turrini

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 26/08/2008 alle 14:45
Quel libro mi è stato consigliato anche dalla mia prof di filosofia, solo che in quel periodo stavo leggendo il "mattone" Mondo senza fine di Stephen King e non avevo molta voglia di intraprendere altre letture (anche perché ero totalmente preso da quel libro: meraviglioso).
Ora però un pensierino credo di potercelo fare...

 

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« La superstizione porta sfortuna »
(Raymond Merrill Smullyan, 5000 B.C. and other philosophical fantasies, 1.3.8)


Fantaciclismo Cicloweb 2010

Piazzamenti sul podio:


Omloop Het Nieuwsblad Élite: 3°
E3 Prijs Vlaanderen - GP Harelbeke: 2°
GP Miguel Indurain: 1°
Ronde van Vlaanderen / Tour des Flandres: 3°
Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/10/2008 alle 15:47
E' possibile rinominare questo thread in "Parliamo di libri (del passato e del presente)"?

Ho aspettato che finisse la stagione per chiederlo: abbiamo davanti un lungo inverno, e mica possiamo sempre finire a parlare di "....com'era bello quel giorno il Gianni sul Grammont" [cit.]

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 23/10/2008 alle 21:25
Dopo uno scmabio di opinioni con Felice in mp, abbiamo scelto di non rinominare il thread ma di far sì che si parli di libri il più possibile, non solo per indicare brani particolarmente "sentiti", ma per consigli, mini-recensioni, suggerimenti.

Inauguro io il nuovo corso parlandovi di un libro che ho appena terminato, cioè "una vera follia" di James Crumley.
Sono un appassionato di hard boiled, e sono stato trattato come un appestato quando, poco più di un mese fa, è morto proprio lo stesso Crumley senza che io non solo non avessi letto nulla, ma che neppure lo avessi mai sentito nominare.
Ho deciso così di colmare questa lacuna facendo qualche ricerca per poi passare in biblioteca: purtroppo non c'era "l'ultimo vero bacio", unanimemente considerato il suo vertice, così ho ripiegato per "una vera follia".

Non l'avessi mai fatto.

Una storia strampalata condita da un detective brutto, sporco e cattivo che alla fine trova il bandolo della matassa, con metodi alla rambo e linguaggio finto scurrile. Mentre lo leggevo lo paragonavo agli ultimi obbrobri tarantiniani, relativamente a storie strampalate condite di morti (così non si medita sulla trama), e ad un Pinketts che si prende sul serio....

Per chi, come me, si è divorato tutti i romanzi della serie della Factory di Derek Raymond, "il mio nome era Dora Suarez" rimane un acme inarrivabile.

P.S. Non so se sia per una questione culturale o cosa, ma mi riesce sempre difficile apprezzare la letteratura americana. Vado in trip quando rileggo il dialogo tra Svidrigajlov e Raskolnikov o quando ritrovo il passaggio del grande inquisitore, ma anche altri romanzi, come il pluridolatrato "furore" di Steinbeck, non mi hanno mai entusiasmato.

 

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  postato il 23/10/2008 alle 21:33
Eh.. in tema di confessioni: non sono mai riuscito a finire Tropico del Cancro di Miller.
Consigli? Finisco i due-tre libri che sto leggendo, poi dico qualcosa. Il classicone che intanto sto riscoprendo è il Don Chisciotte.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 31/10/2008 alle 23:29
Originariamente inviato da Carrefour de l arbre

Dopo uno scmabio di opinioni con Felice in mp, abbiamo scelto di non rinominare il thread ma di far sì che si parli di libri il più possibile, non solo per indicare brani particolarmente "sentiti", ma per consigli, mini-recensioni, suggerimenti.

Inauguro io il nuovo corso parlandovi di un libro che ho appena terminato, cioè "una vera follia" di James Crumley.....


Carrefour, dice bene. Aggiungo che tutte le informazioni concernenti libri e letteratura in generale (salvo se dedicati al ciclismo, perché esiste un thread apposito) sono le benvenute. Questo concerne anche le manisfezazioni dedicate a questi temi: per esempio, qui a Parigi si tiene a giugno "le marché de la poésie". Si svolge ogni anno a Place Saint Sulpice, non concerne solamente la "poesia", ma la letteratura e i libri in generale, ed é un'eccellente occasione per venire a contatto con case editrici sconusciute o quasi. Ovviamente a margine ci sono manifestazioni varie, letture e commenti di testi, incontri con gli autori,ecc.

Insomma, se avete in progetto di fare un salto a Parigi, e se queste cose vi interessno, programmatelo per il mese di giugno. Per ulteriori informazioni, digitate "marché de la poésie" su google e avrete date e informazioni varie.

 

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E' la guerra che Madre Natura conduce contro la natura dell'uomo. Sarà una guerra senza quartiere, e sarà la grande guerra del XXI secolo

Ascoltato alla alla radio il 25/10/2007 a commento degli incendi che stavano devastando la California.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/11/2008 alle 15:33
Sto leggendo tantissimi classici:
I Tre Moschettieri; Viaggio al Centro della Terra; La Tigre della Malesia; I Ragazzi della Via Pal; Il Corsaro Nero; Ventimila Leghe sotto i Mari; Le avventure di Tom Sawyer; Hackelberry Finn... e altri.
Ho cominciato a leggerli per appassionare i miei figli perchè da piccola non li avevo mai letti e ho finito per leggermeli da sola.

Hanno un modo vecchio di esprimersi, ma sono avvincenti.

Il Signore degli Anelli l'ho letto anni fa, stupendo e lunghissimo, ora vorrei leggere Guerra e Pace.

 

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Michela
"Stiamo Insieme, Vinciamo Insieme - Ivan Basso"


Vita in te ci credo le nebbie si diradano e oramai ti vedo non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l'anima fino quasi a renderla un po' sdrucita. Anche gli angeli capita a volte sai si sporcano ma la sofferenza tocca il limite e cosi cancella tutto e rinasce un fiore sopra un fatto brutto



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  postato il 01/11/2008 alle 16:04
Non ho mai letto Guerra e Pace ma l'ho sempre considerato quasi come il mio Everest da scalare, perchè chiunque lo ha letto mi ha detto che è poco entusiasmante, lento e pesante. Ma visto che è un classico va letto a prescindere dell'opinione degli altri. Arriverà anche per me il monento di "Guerra e Pace".
Comunque non leggerlo ai tuoi figli

 

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FANTACICLISMO 2008 Campione Olimpico in linea - S. Sebastian - Parigi Bruxelles - Vincitore classifica generale grandi giri (10° Giro - 10° Tour - 4° Vuelta) 1 tappa al Tour - 4 tappe alla Vuelta 9° classifica finale.
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/11/2008 alle 18:55
io, invece, sono alle prese con i Karamazov.
Mi piacerebbe trovare un saggio in cui si analizza l'aspetto umoristico dei romanzi di Doestojevski: perchè già in "delitto e castigo" il personaggio di Svidrjgailov era eccezionale (" Siamo abituati a pensare all'aldilà come a qualcosa di immenso: e se l'aldilà non fosse altro che un bagno rustico, ammuffito, con i ragni agli angoli? Io l'avrei fatto proprio così" dice più o meno in uno dei suoi dialoghi con Raskolnikov), ma nei fratelli karamazov mi sembra che il padre dei tre fratelli, Fedor, sia sulla quella lunghezza d'onda....

 

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Livello Federico Bahamontes




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  postato il 03/01/2009 alle 22:32
Originariamente inviato da claudiodance

Ecco il mio contributo a questo meraviglioso thread del grande Felice.
Il libro è "Q", scritto dal collettivo di autori chiamato Wu Ming all’epoca usavano lo pseudonimo multi-uso Luther Blisset).
Il romanzo è uno di quelli che mi hanno cambiato la vita. Sicuramente mi ha rivelato un modo di scrivere talmente vicino alla mia sensibilità da indurmi, qualche anno dopo, a buttare giù qualche frase organizzata.

Lo consiglio a tutti, è un vero capolavoro. Il passo che riporto è sostanzialmente l’inizio. Non un vero incipit perchè vengono prima un paio di capitoli a prologo.




Ho da poco finito anch'io di leggerlo ed è veramente un libro fantastico...I suoi autori (che oggi si fanno non-chiamare Wu Ming) l'hanno definito un manuale di sopravvivenza! Mi è piaciuto talmente tanto che sono andato a cercarmi anche le altre opere. Tra l'altro nel loro sito c'è un mucchio di materiale che si può scaricare liberamente (sono convinti detrattori del copyright)http://www.wumingfoundation.com/italiano/presentazione.htm

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 04/01/2009 alle 13:42
Originariamente inviato da Salvatore77

Non ho mai letto Guerra e Pace ma l'ho sempre considerato quasi come il mio Everest da scalare, perchè chiunque lo ha letto mi ha detto che è poco entusiasmante, lento e pesante. Ma visto che è un classico va letto a prescindere dell'opinione degli altri. Arriverà anche per me il monento di "Guerra e Pace".
Comunque non leggerlo ai tuoi figli


A me non è parso pesante, magari un po' lento in certe parti, ma è un romanzo storico e questo forse per me "fa premio" su ogni considerazione negativa. Ad es. mi rammento invece che in gioventù provai a leggere "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust e dopo poche pagine, ero d'accordo con Fantozzi

 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/02/2009 alle 23:49
Spinta da un commento di Fotorode sul forum di Ivan Basso, ho comprato "l'eleganza del riccio".
Sono quasi al termine, bello, bellissimo, mi affascina l'intimità di cui la protagonista è capace, mi arriva nell'animo.
E' un'appassionata di romanzi russi, per cui dovrò proprio leggermi "Guerra e Pace". Ma partirò da Anna Karenina.

 

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  postato il 14/02/2009 alle 11:42
fonte:www.corriere.it

Dopo il «Codice», torna Dan Brown Cultura «La chiave di Salomone» sui misteri della massoneria.

Dopo il «Codice», torna Dan Brown.
Protagonista è ancora il professor Robert Langdon, esperto in simbologia religiosa ed esoterica di Harvard
Dopo l’Opus Dei, tocca alla massoneria, forse per pareggiare i conti tra società segrete. Il nuovo romanzo dello scrittore americano Dan Brown The Solomon Key («La chiave di Salomone»), di cui si è cominciato a parlare già nel 2004, pare finalmente in dirittura d’arrivo. L’autore, che ha venduto la bellezza di settanta milioni di copie (cinque solo in Italia) con Il Codice da Vinci (Mondadori), uscito nel 2003, ora punta a bissare il successo mondiale con una storia sui misteri dei massoni che vedrà nuovamente protagonista il professor Robert Langdon, esperto in simbologia religiosa ed esoterica della Harvard University, già eroe del precedente bestseller.

Dan Brown.
La notizia è trapelata a Ginevra, durante la presentazione del film Angeli e demoni — tratto da un altro romanzo di Brown, precedente al Codice da Vinci — che uscirà nelle sale in America il prossimo 15 maggio. A rivelare che lo scrittore avrebbe ormai terminato la sua fatica è stato il regista Ron Howard, che ha diretto la nuova pellicola e nel 2006 aveva realizzato la versione cinematografica del Codice da Vinci, oggetto di dure contestazioni anche in Italia da parte dei fedeli cattolici, indignati per il modo in cui l’opera di Brown reinterpreta la vicenda terrena di Gesù Cristo.

Dopo la prima esternazione, compiuta in una conferenza stampa che lo vedeva al fianco dell’attore Tom Hanks e dell’attrice Ayelet Zurer, protagonisti di Angeli e demoni nella versione di celluloide, Howard è tornato sull’argomento in un’intervista al programma televisivo americano Entertainment Tonight, ma non si è sbottonato molto. Ha anzi ammesso di non conoscere la trama di The Solomon Key, ma ha aggiunto che, secondo Brown, si tratterebbe di un intreccio «molto eccitante».

Ancora meno è trapelato dalla portavoce della casa editrice americana Doubleday, che pubblicherà la nuova opera di Brown. Interpellata sulla sortita di Howard, Susanne Herz ha dichiarato che lo scrittore sta facendo «grandi progressi» nello stendere il suo libro, che sarà il primo dopo , ma ha aggiunto che ad oggi non è stato ancora deciso ufficialmente il titolo né vi sono Il Codice da Vinci indicazioni attendibili circa la data di pubblicazione. Qualche elemento in più si può ricavare dal sito ufficiale di Brown, dal quale risulta che il romanzo, ambientato nella città di Washington, sarà una sorta di viaggio all’interno della massoneria. Visto che l’opera precedente pare aver giovato più che nuociuto all’Opus Dei, presa pesantemente di mira nel Codice da Vinci, può darsi che anche i «liberi muratori» ne ricavino un’ampia pubblicità gratuita.

Antonio Carioti
14 febbraio 2009

 

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  postato il 16/02/2009 alle 08:09
Ho finito "l'eleganza del riccio"

Toccante, emozionante, profondo, con un finale che non mi aspettavo.

Forse se la protagonista avesse continuato a vivere nel suo guscio, affrontando con distacco tutte le persone che le si avvicinavano, non avrebbe vissuto l'imprevisto tragico. Certamente però non si sarebbe fatta avvolgere dalla sensibilità dei nuovi amici.
Davvero una bella storia. Si può iniziare a vivere anche a 50 anni.

 

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  postato il 08/03/2009 alle 19:42
Ho divorato "la sonata a kreutzer" di Tolstoj.

Adattissimo a chi ha forti palpitazioni (negative, of course) solamente a sentir pronunciare la parola "matrimonio"

E poi, rien à fair: la letteratura russa dell' '800 batte resto del mondo e delle ere 2-0 secco.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/03/2009 alle 07:05
Dovevo andare in biblioteca a prendere il mio primo romanzo russo da leggere, ma il figliolo di terza elementare ha bisogno di aiuto nello studiare e così la sera leggo come è nato l'universo, come si sono formati i continenti, cosa sono le montagne e le colline, passando per il ciclo dell'acqua e la fotosintesi.
Ieri sera il fiore e l'impollinazione.

A quanto pare il sistema funziona, i voti migliorano... Il romanzo russo dovrà aspettare.

 

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  postato il 11/03/2009 alle 13:10
Miky,
in attesa della letteratura russa, ti consiglio la letteratura pesarese.
Sto finendo di leggere un romanzo, opera prima, scritto e pubblicato di recente da un'autrice di Cagli, Maristella Olivieri il cui titolo è "Il mio cane di Gino" .
E' un libro scritto con un lessico ricchissimo, ironico e profondo insieme: un gioiellino.
Per trovare più informazioni sul libro vai su " www.faraeditore.it" e clicca sul titolo, che trovi nella colonna centrale dell'homepage.
Il consiglio non vale solo per Miky, ovviamente.

 

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nino58

 
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  postato il 11/03/2009 alle 14:54
Originariamente inviato da miky70

Dovevo andare in biblioteca a prendere il mio primo romanzo russo da leggere


ti avverto: entri in un tunnel da cui non si esce più!

 

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  postato il 31/03/2009 alle 22:17
Quando andavo a scuola l'odiavo, adesso non saprei farne a meno: Giacomo Leopardi. Di seguito riporto una poesia di rara bellezza

IL PENSIERO DOMINANTE

Dolcissimo, possente
Dominator di mia profonda mente;
Terribile, ma caro
Dono del ciel; consorte
Ai lùgubri miei giorni,
Pensier che innanzi a me sì spesso torni.
Di tua natura arcana
Chi non favella? il suo poter fra noi
Chi non sentì? Pur sempre
Che in dir gli effetti suoi
Le umane lingue il sentir proprio sprona,
Par novo ad ascoltar ciò ch'ei ragiona.
Come solinga è fatta
La mente mia d'allora
Che tu quivi prendesti a far dimora!
Ratto d'intorno intorno al par del lampo
Gli altri pensieri miei
Tutti si dileguàr. Siccome torre
In solitario campo,
Tu stai solo, gigante, in mezzo a lei.
Che divenute son, fuor di te solo,
Tutte l'opre terrene,
Tutta intera la vita al guardo mio!
Che intollerabil noia
Gli ozi, i commerci usati,
E di vano piacer la vana spene,
Allato a quella gioia,
Gioia celeste che da te mi viene!
Come da' nudi sassi
Dello scabro Apennino
A un campo verde che lontan sorrida
Volge gli occhi bramoso il pellegrino;
Tal io dal secco ed aspro
Mondano conversar vogliosamente,
Quasi in lieto giardino, a te ritorno,
E ristora i miei sensi il tuo soggiorno.
Quasi incredibil parmi
Che la vita infelice e il mondo sciocco
Già per gran tempo assai
Senza te sopportai;
Quasi intender non posso
Come d'altri desiri,
Fuor ch'a te somiglianti, altri sospiri.
Giammai d'allor che in pria
Questa vita che sia per prova intesi,
Timor di morte non mi strinse il petto.
Oggi mi pare un gioco
Quella che il mondo inetto,
Talor lodando, ognora abborre e trema,
Necessitade estrema;
E se periglio appar, con un sorriso
Le sue minacce a contemplar m'affiso.
Sempre i codardi, e l'alme
Ingenerose, abbiette
Ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno
Subito i sensi miei;
Move l'alma ogni esempio
Dell'umana viltà subito a sdegno.
Di questa età superba,
Che di vote speranze si nutrica,
Vaga di ciance, e di virtù nemica;
Stolta, che l'util chiede,
E inutile la vita
Quindi più sempre divenir non vede;
Maggior mi sento. A scherno
Ho gli umani giudizi; e il vario volgo
A' bei pensieri infesto,
E degno tuo disprezzator, calpesto.
A quello onde tu movi,
Quale affetto non cede?
Anzi qual altro affetto
Se non quell'uno intra i mortali ha sede?
Avarizia, superbia, odio, disdegno,
Studio d'onor, di regno,
Che sono altro che voglie
Al paragon di lui? Solo un affetto
Vive tra noi: quest'uno,
Prepotente signore,
Dieder l'eterne leggi all'uman core.
Pregio non ha, non ha ragion la vita
Se non per lui, per lui ch'all'uomo è tutto;
Sola discolpa al fato,
Che noi mortali in terra
Pose a tanto patir senz'altro frutto;
Solo per cui talvolta,
Non alla gente stolta, al cor non vile
La vita della morte è più gentile.
Per còr le gioie tue, dolce pensiero,
Provar gli umani affanni,
E sostener molt'anni
Questa vita mortal, fu non indegno;
Ed ancor tornerei,
Così qual son de' nostri mali esperto,
Verso un tal segno a incominciare il corso:
Che tra le sabbie e tra il vipereo morso,
Giammai finor sì stanco
Per lo mortal deserto
Non venni a te, che queste nostre pene
Vincer non mi paresse un tanto bene.
Che mondo mai, che nova
Immensità, che paradiso è quello
Là dove spesso il tuo stupendo incanto
Parmi innalzar! dov'io,
Sott'altra luce che l'usata errando,
Il mio terreno stato
E tutto quanto il ver pongo in obblio!
Tali son, credo, i sogni
Degl'immortali. Ahi finalmente un sogno
In molta parte onde s'abbella il vero
Sei tu, dolce pensiero;
Sogno e palese error. Ma di natura,
Infra i leggiadri errori,
Divina sei; perché sì viva e forte,
Che incontro al ver tenacemente dura,
E spesso al ver s'adegua,
Né si dilegua pria, che in grembo a morte.
E tu per certo, o mio pensier, tu solo
Vitale ai giorni miei,
Cagion diletta d'infiniti affanni,
Meco sarai per morte a un tempo spento:
Ch'a vivi segni dentro l'alma io sento
Che in perpetuo signor dato mi sei.
Altri gentili inganni
Soleami il vero aspetto
Più sempre infievolir. Quanto più torno
A riveder colei
Della qual teco ragionando io vivo,
Cresce quel gran diletto,
Cresce quel gran delirio, ond'io respiro.
Angelica beltade!
Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro,
Quasi una finta imago
Il tuo volto imitar. Tu sola fonte
D'ogni altra leggiadria,
Sola vera beltà parmi che sia.
Da che ti vidi pria,
Di qual mia seria cura ultimo obbietto
Non fosti tu? quanto del giorno è scorso,
Ch'io di te non pensassi? ai sogni miei
La tua sovrana imago
Quante volte mancò? Bella qual sogno,
Angelica sembianza,
Nella terrena stanza,
Nell'alte vie dell'universo intero,
Che chiedo io mai, che spero
Altro che gli occhi tuoi veder più vago?
Altro più dolce aver che il tuo pensiero?

 

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Fabio

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Livello Marco Pantani




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  postato il 26/04/2009 alle 12:15
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Salvatore Quasimodo

 
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Livello Miguel Indurain




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  postato il 10/05/2009 alle 22:55
"In fondo al pozzo, gli sventurati abbandonati urlavano di terrore.
Avevano ormai l'acqua alla vita.
Il rumore del torrente li stordiva......e ciò che finiva di sconvolgerli erano i nitriti dei cavalli, chiusi nella scuderia, un grido di morte, terribile, indimenticabile, di animale sgozzato."

Germinal di Emile Zola
Uno dei libri che più ho amato!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 07/06/2009 alle 14:05
Dopo aver letto "elogio dell'ozio", sto divorando tutte le opere di Bertrand Russell. Adesso ho appena iniziato il suo "perchè non sono cristiano".

E' stato sicuramente un grande pensatore

 

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Gaudium magnum. E'tornato! (cit. Frank VDB)

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