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Autore: Oggetto: Quando il calcio era uno sport: Alfredo Di Stefano, "Saeta Rubia".

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 31/12/2004 alle 16:24
Sul tema, anche qui trattato, della superattività dello sport e su quella del calcio, resa ancor più attuale dalle dichiarazioni del triste figuro Sepp Blatter; sul doping, come flagello alla salute e trasformatore orizzontale del gesto sportivo, voglio portare, ai Grandi di Cicloweb, il ritratto che ho scritto su uno dei più grandi calciatori della storia: Alfredo Di Stefano.
Anch'esso tratto dal libro "Graffiti 1", sono sicuro colpirà per taluni dati....
Verrà spontanea una domanda-riflessione: "Dal '49 al '53, Alfredo giocò 294 partite in 5 anni, ad una media di 59 a stagione, e poi si lamentano che oggi si gioca troppo...!"
Prima di allegarvi il testo, credo sia opportuna una spiegazione, tanto vera quanto difficilmente riscontrabile negli organi ufficiali del ruffianismo calcistico.

Succede nel calcio quello che avviene nel tennis: si dice che si gioca troppo e per questo ci sono tanti infortuni, ma le cose non stanno esattamente così.
Nel football la storia di Di Stefano ne è garanzia, ma non è l'unica. Nel tennis, un Vilas, ad esempio, nel 1977, giocò dieci partite più di Ivan Lendl nell'anno '88, quando già si diceva che si giocava oltre ogni limite. In questo sport le superfici dure e le vibrazioni sul braccio delle nuove racchette, hanno sicuramente favorito gli infortuni, il resto lo ha fatto il doping.
Nel calcio, le induzioni chimiche, ed i nuovi vortici di velocità e stress innaturali perchè di origine non umana, hanno creato quel che vediamo.

Lo sport, tutto, ha una sua regola sempiterna: prima di tutto bisogna essere atleti e gli strappi a questa realtà, sono possibili solo a coloro che son nati con stimmate rarissime o divine per l'ovvio.
I calciatori a sedici-diciassette anni (come altri giovani, ma nel calcio con maggior costanza), sono trattati con sistemi, nella migliore delle ipotesi, non dopanti, ovvero non inseriti nelle tabelle del Cio, ma alla lunga anch'essi distorsori di crescita e, per questo, spesso, non fanno in tempo a diventare atleti veri. Poi quando arriva la chimica nel pieno della carriera.....il dado è tratto.
L'intensità delle partite, per questi motivi diviene letale al corso normale dell'attività agonistica e, non sempre, i correttivi sono sufficienti. Quando lo sono, poi, si possono anche raggiungere età agonisticamente impensabili, ma il rischio di morire presto è più che possibile e non certo per la troppa attività....

Alfredo, come ha avuto modo di dire lui stesso, si allenava tantissimo e faceva una vita perfetta. Ma se lo si guarda bene, aveva un fisico da bancario rispetto ai giocatori di oggi, tutti più o meno usciti dagli strumenti di uno scultore.... Tutto ciò è frutto di un allenamento migliore solo in minima parte, il grosso lo fanno dei "correttivi" che non sono naturali.....
Lo sanno tutti, ma a dirlo sono pochi, troppo pochi.


Ed ora il "malloppo" di Capodanno su questo grande, per chi ama leggere.....



ALFREDO DI STEFANO, "SAETA RUBIA".

E’ difficile parlare di questo figlio della pampas: gli ingialliti filmati del tempo, le foto, i ricordi trasmessi ad ogni narratore odierno, si attenuano nella rabbia per non averlo osservato da vicino, applaudito per quell’arte atletica e tecnica che pare unica nella storia del calcio. Si afflosciano le pretese di confronto, per l’impossibilità personale di un contatto, e si rimane a bocca aperta di fronte all’incredulità che viene al sentire qualche vecchietto, o signore seduto sull’età della pensione, esternare fulgidi lampi d’ammirazione nel rimembrare Alfredo: per costoro il più grande ed inavvicinabile, l’unico, l’immenso.

Incontrai un tipo così, in un ristorante davvero “over”, di fronte al Museo Guggenheim di Bilbao, nel 2000. Un uomo basco, di non meno di settanta anni, che si presentò a me, per l’amicizia che ci legava entrambi ad un grande ciclista. L’avevo già notato ai margini di una conferenza, nel Salone della Fiera, dove mi ero davvero divertito in quegli excursus storici che amo, indipendentemente dallo sport di riferimento. Anche là aveva cercato di parlarmi, ma la ressa, le telecamere e quell’intreccio di microfoni, avevano impedito ogni contatto.
Joseba, il suo nome, nella maggior tranquillità di quel ristorante, dove, per il nostro gruppetto la direzione aveva riservato un’apposita saletta, per darmi il benvenuto, mi regalò una foto inedita scattata con Charly Gaul, alla partenza di una delle non certo tante gare del lussemburghese in Spagna. La sua loquacità e la voglia di parlarmi in italiano senza far intervenire troppo l’interprete, trasmettevano simpatia ed una gentilezza inaspettate. Era un esperto di sport, Joseba: lui stesso, in gioventù, ne aveva praticati diversi e, come tutti i baschi della per loro capitale, viveva di ciclismo e di Athletic Bilbao. Lo capii quando, svariando nelle più varie discipline, arrivai proprio a quella che era stata una bandiera della squadra locale, l’indimenticabile guardiano nero, Josè Iribar. A quel punto, il mio intraprendente interlocutore, si lasciò andare ad una serie di aneddoti particolareggiati e coinvolgenti, fino al punto di chiedermi, quasi sospettasse una mia incredulità, di trattenermi ancora, per farmi conoscere proprio il lontano ex della porta del Bilbao. Gli telefonò addirittura, per verificare se era possibile. Poi, tolse dalla borsa che si teneva presso, un piccolo gagliardetto dell’Athletic e me lo donò, come dire che ci teneva a continuare a parlare di calcio.
Mi sentii in dovere di spingermi oltre e, dalla squadra del luogo, passai direttamente a quel Real Madrid che avevo intuito meno odiato del Barcellona. Fu una folgorazione per Joseba, perché poteva lanciarsi nel racconto di un idolo: Alfredo Di Stefano.
Per capirlo bastava guardare i suoi occhi neri come la pece, diventare brillanti e lucidi. Ascoltarlo era un vero piacere. Del grande Alfredo sapeva tutto e la mia interprete, che lo spagnolo l’aveva imparato per la convivenza col compagno argentino, mi chiese licenza: anche per lei era troppo coinvolgente l’ascolto. Joseba, come se avesse capito la situazione incentivò il suo “italiano castigliano”, ma si capiva benissimo. Mi raccontò la storia dell’argentino che gli spagnoli sentivano come loro e non solo per lingua e naturalizzazione, condensando il tutto con un significativo: “di fronte a lui, baschi, catalani, madrileni e andalusi erano fratelli nell’ammirazione e nella riconoscenza”. Si soffermò così, a rimembrare il lungo colloquio che ebbe con Di Stefano nel 1959, ai margini di un allenamento del Real, proprio a Bilbao. Della sua umanità nel raccontarsi come solo sulla spinta di una grande povertà divenne calciatore, dei giorni di digiuno forzato, per mancanza di viveri e del suo intendere il calcio, come un mestiere da svolgere con professionalità e devozione.
Negli occhi di Joseba, spuntarono le lacrime, rimembrando un gol di Alfredo fatto proprio al suo Athletic, quando seminò tre avversari nella sua metà campo, lanciò Puskas e fu sempre lui a raccogliere il cross dell’ungherese sfoderando un tiro potentissimo che si insaccò nel sette. Lacrime che divennero ancor più evidenti al ricordo di una delle ultime partite dell’argentino, quando, a quaranta anni, nel ’66, con la maglia dell’Espanyol, giocò a Salamanca.
Joseba, era andato nel capoluogo di Castiilla y Leon, un giorno prima, per vederlo in allenamento. “Dietro le reti – disse - gli urlai che era ancora il migliore. Lui si voltò e venne da me, chiedendomi se ero quello di Bilbao. Mi firmò un altro autografo con dedica. Mi aveva riconosciuto, incredibile! La domenica giocò magnificamente, correndo sempre più forte di tanti che potevano essere suoi figli. No, non ho mai visto uno come lui. Anche Maradona, Pelè e Garrincha erano diversi. Lui giocava dappertutto, lo vedevi nella sua area, a centrocampo e a far gol. Non sbagliava un passaggio, destro e sinistro erano lo stesso piede e poi, quando partiva, era davvero una Saeta Rubia, anche se i capelli biondi, pian piano, venivano a meno. Il suo tiro poi, era di una potenza e una precisione da lasciarti a bocca aperta. So bene, che per un vecchio come me, può apparire scontato vedere uno della sua generazione come il più forte di tutti i tempi, ma io lo dico lo stesso: Di Stefano è stato il più grande giocatore di calcio che abbia mai visto, perché sapeva fare benissimo tutto quello che puoi chiedere ad un calciatore. Non aveva un difetto, nemmeno uno. Lo scriva se le capita di dover raccontare chi era Alfredo!”.

Le parole di Joseba, sono dunque arrivate fin qui, e le ricordo fin troppo bene, per quella sua voce cavernosa e quegli acuti baritonali che accompagnavano gli emotivi percorsi di racconto. Quel vecchietto, da un paio d’anni ci guarda da lassù e, forse, da quel palcoscenico che sfugge alla nostra comprensione, gli sarà stato possibile rivedere d’un fiato, tutte le coreografie calcistiche tracciate sui campi da Alfredo Di Stefano. Se così fosse, il suo paradiso si chiamerebbe davvero felicità.

La storia e la carriera del grande campione argentino.

Alfredo Di Stefano Lauhle, era nato poverissimo, il 4 luglio 1926, a Barracas un umile quartiere di Buenos Aires. La sua famiglia era di origini italiane: il nonno, da Capri, era giunto nella capitale argentina, in cerca di quella fortuna che in Italia vedeva impossibile. Il padre, aveva avuto l’occasione di affermarsi, perché era stato un discreto giocatore del River Plate, ma ai suoi tempi i calciatori non guadagnavano nulla, anzi, erano un peso in più a carico delle famiglie. Quando il piccolo Alfredo aveva solo quattro anni, i Di Stefano si sistemarono in una piccola fattoria dove facevano i bovari e dove solo ogni tanto, potevano guadagnare qualcosa. Troppo poco per schiarire il nero di una povertà incipiente, resa ancora più cupa dalla mancanza di viveri, a causa delle regole ferree che aveva imposto il proprietario della piccola azienda agricola.
Il piccolo Alfredo era cresciuto con un pallone di stracci, l’unico gioco che gli veniva possibile, quando mamma, non avendo nulla da dargli da mangiare, lo spingeva fuori di casa, perché dimenticasse in qualche modo il pasto mancato. La sua situazione era drammatica, ma dalla sua aveva l’abilità della disperazione. Era intelligente il piccolo Alfredo, aveva capito, attraverso le parole di un ragazzo più grande, che dribblava sempre, quanto fosse possibile guadagnare imparando a giocare a calcio. La strada di fronte alla fattoria in cui viveva, era un campo scomodo per uno che non aveva scarpe, ma solo un paio di zoccoli che servivano per andare a scuola. Da scalzo, in mezzo ai sassi e con una pallone irregolare, fatto appunto di stracci, si mostrò ben presto bravo abbastanza, per poter dire di saper trattare anche un pallone di cuoio, con scarpe che non fossero la pelle dei piedi. Lo capirono subito alcuni componenti la squadra di Los Cardeles, i quali, erano venuti a vederlo di nascosto, in strada, su suggerimento di quel ragazzo più grande, il solito, quello preso a dribbling e tunnel.
Quegli improvvisati osservatori, convinsero il piccolo Di Stefano, allora solo dodicenne, a calzare scarpini che assomigliavano più a dei sandali, ma adatti per fargli sostenere un provino per la loro squadra. Doveva giocare in mezzo a giovani tanto più grandi di lui e, soprattutto, su un campo vero, ma per Alfredo fu un gioco da ragazzi superare una simile prova. Entrò così nelle giovanili del Los Cardeles, giocando in mezzo a ragazzi di quattro cinque e sei anni più anziani di lui. Nemmeno due anni dopo, nel marzo del 1940, giocò una partita importante, perché serviva da provino per le selezioni del River Plate. Gli attenti occhi dei selezionatori dello squadrone pratense, rimasero entusiasti nel vedere quel ragazzino segnare tre gol e deliziare di coreografie veloci la partita. A fine incontro, quei signori raggiunsero Alfredo e gli diedero del danaro, con la promessa che nel giro di un paio d’anni, l’avrebbero inserito nelle file del River.
Dopo tanti anni a proposito di quella partita Di Stefano racconta: "Consegnai quei soldi e li diedi a mia madre, dicendole che non avremmo mai più sofferto la fame. Fui di parola. Presto capii che se avessi giocato meglio mi avrebbero dato più danaro e anche che per giocare meglio, avrei dovuto allenarmi di più. Tutto quello che ho fatto nel calcio, l'ho dovuto imparare, provando e riprovando : non ero un talento naturale, mi sono sacrificato ed ho sofferto."
Due anni dopo nel 1942, come gli era stato promesso, Alfredo fu inserito nelle giovanili del River Plate e solo un anno dopo, appena compiuti i diciassette anni, l’esordio in prima squadra nel ruolo di ala destra. La squadra platense, piena di grandi nomi, decise poi di mandare il ragazzino a “farsi le ossa” in una squadra con meno ambizioni, ma pur sempre di nome come l’Huracan.

Qui, “El Aleman”, come venne subito chiamato in virtù della sua chioma bionda, giocò con frequenza nel ruolo di centravanti e trovò pure le vie del gol. Il suo originale modo di ricoprire le funzioni di attaccante furono subito notate come una novità assoluta. Alfredo partiva da lontano ed azzerava le distanze dalla porta, con una velocità incredibile e un tiro fulminante con entrambi i piedi.
Nel corso del campionato giocato con i rossi dell’Huracan, segnò diversi gol, uno addirittura decisivo per la vittoria, contro il suo River. Nel 1946, tornò nella squadra platense come centravanti, divenendo “la bocca di fuoco” principale della “maquina” (la macchina), definizione che si legò all’attacco del River di quei tempi, per il modo spietato con cui sgominava le difese avversarie. Furono stagioni di successi per Alfredo e per il suo nuovo e poi immortale appellativo di “Saeta Rubia”. L’anno successivo, Di Stefano, sempre più astro del calcio argentino, guidò con fare da dominatore la Selecion alla conquista della Coppa America. Nel 1949, la carriera della giovane stella rischiò un grave stop. Alfredo giocava soprattutto perché lo pagavano, ed aveva un bisogno enorme di soldi, per la promessa che si era, ed aveva fatto a se stesso e alla propria famiglia. Era l'Argentina di Evita e di Peron, ed era scoppiata una grande crisi economica. Le società non pagavano più gli stipendi, ed i giocatori, compreso Di Stefano, risposero con uno sciopero che poi si trasformò in una vera e propria fuga verso la vicina Colombia, paese che si annunciava come un paradiso.
Il campionato colombiano di calcio però, nonostante il valore tecnico di giocatori e club, era considerato “pirata”, perché esterno alla giurisdizione dalla FIFA. Alfredo finì nei Millionarios di Bogotà, una squadra dove lui era nettamente il più giovane e dove, assieme ad Adolfo Pedernera, formò una coppia che seppe fare immediatamente epoca. Tre anni più tardi, finalmente, l’Organizzazione mondiale del calcio, reintegrò la Colombia, ed i Millionarios, per festeggiare l’avvenimento, fecero una tournèe mondiale, dove il valore del club fu compiutamente dimostrato. In una di queste partite, quella del cinquantesimo anniversario della fondazione del Real Madrid, Di Stefano, folgorò i taccuini e le intenzioni del grande club spagnolo, il quale si accordò immediatamente con la squadra colombiana, per l’acquisto del cartellino dell’argentino.
Nel 1953, Alfredo, partì così per la Spagna, alla conquista di un nuovo calcio, ma gli aspetti di quel passaggio non furono per niente semplici. Il Barcellona, infatti, si era accordato precedentemente col River Plate, ed un tribunale spagnolo, fu costretto a risolvere la querelle, con una salomonica decisione: Di Stefano avrebbe dovuto giocare un anno nel Real e uno nel Barcellona, a meno che, i due club, non si fossero messi d’accordo fra di loro in maniera diversa. I primi due mesi spagnoli di Alfredo furono pessimi, non riusciva ad integrarsi al clima e agli automatismi del Real e tutto questo portò i catalani a trovare un accordo con la società rivale, al fine di cederle al miglior prezzo possibile la propria parte. L’accordo fu siglato in fretta e furia e fu per il Barcellona una topica gigantesca. Solo quattro giorni dopo, infatti, Di Stefano, si svegliò dall’incantesimo e segnò tre gol, proprio ai bleugrana catalani. C’è chi dice che il comportamento disarmante di Alfredo nei primi tempi spagnoli, non fosse altro che una recita concordata coi dirigenti madrileni, ma, probabilmente, è solo una lettura atta ad alimentare la leggenda di Saeta Rubia.
Alla storia resta il fatto inconfutabile dell’apertura di un’era, lunga undici anni, fra Di Stefano e il Real e la nascita della striscia di successi più tangibile e prestigiosa, da parte di un club, nel corso storico del calcio. All’arrivo di Alfredo, il Real Madrid veniva da più di venti anni di digiuno nella Liga, con lui ritornò subito Campione di Spagna e, negli undici anni nei quali Di Stefano ne sarà l'indiscusso leader o il faro supremo, vincerà il titolo altre sette volte. Ai campionati spagnoli, il club aggiunse cinque Coppe dei Campioni (tutte consecutive), una Coppa di Spagna ed una Coppa Intercontinentale (ma ne avrebbe vinte di più, se la nascita della manifestazione fosse coincisa con quella dei Campioni). Una serie di trionfi, dunque, senza paragoni.
Nelle finali europee che videro il Real vincente, Alfredo andò sempre a segno. Stellare fu la sua tripletta nel 1960, quando, all’Hampden Park di Glasgow, i madrileni si imposero sull’Entraicht di Francoforte per 7 a 3, in una delle più belle partite della storia. Nel 1957 e nel 1959 Di Stefano, già più che trentenne, conquistò il Pallone d’Oro. Grazie al doppio passaporto, pur anziano giocò anche per la nazionale spagnola, ma la sua carriera, soprattutto in considerazione delle vicissitudini che l’hanno accompagnata agli inizi, va letta soprattutto per le sue capacità nei club. Nel 1963, mentre si trovava in Venezuela col Real Madrid, venne rapito dai guerriglieri e poi rilasciato.
Prima di chiudere, e solo come soddisfazione personale, si trasferì quarantenne nella città che poteva essere sua, Barcellona, per giocare nell’Espanyol. Ed anche da signore di mezza età, il suo magico gioco continuò a ruggire. Terminò la carriera di calciatore nel 1966, ma non lasciò lo sport che l’aveva tolto dalla povertà. Iniziò ad allenare, fra Spagna ed Argentina, le sue patrie, raccogliendo anche in questo ruolo qualche bella soddisfazione.


LE CIFRE DELLA SUA INEGUAGLIABILE CARRIERA.

Le sue squadre come giocatore:

1943-1945: River Plate (Argentina)
1945-1946 Huracan (Argentina) 1946-1949 River Plate (Argentina)
1949-1953 Millionarios (Colombia) 1953-1964 Real Madrid (Spagna)
1964-1966 Espanyol (Spagna)

Le sue squadre come allenatore:

1967-1968: Elche
1969-1970: Boca Juniors (Argentina)
1970-1973: Valencia
1974-1975: Sporting de Lisboa (Portogallo)
1976-1977: Rayo Vallecano
1977-1978: Castellón
1979-1980: Valencia
1981-1982: River Plate (Argentina)
1982-1983: Real Madrid
1986-1988: Valencia
1990-1991: Real Madrid

Il suo palmares come giocatore:

1 Coppa Intercontinentale (1960)
5 Coppe dei Campioni d’Europa (1956,1957,1958,1959,1960)
1 Coppa America (1947, Argentina)
8 Campionati Spagnoli (1954,1955,1957,1958,1961,1962,1963,1964)
1 Coppa di Spagna (1962)
1 Coppa Libertadores (1947, River Plate)
2 Campionati Argentini (1945, 1947, River Plate)
3 Campionati Colombiani (1949,1951,1953, Millonarios)
2 Palloni d’Oro d’Europa (1957,1959)
5 Titoli di Capocannoniere della Liga Spagnola (1954,1956,1957,1958,1959)
1 Titolo di Capocannoniere del Campionato Colombiano (1952)
1 Titolo di Capocannoniere del Campionato Argentino (1947)
2 Coppe Latina (1955,1957)

Il suo ruolino anno per anno:

Stagione Club Divisione Gare Goals Posizione del club

1943-45 River Plate 1 11 0 2nd, 2nd, 1st
1946 Huracan 1 25 10 9th
1947 River Plate 1 30 27 1st
1948 River Plate 1 23 13 2nd
1949 River Plate 1 12 9 2nd
1949-53 Millonarios 1 294 267 1st, 2nd, 1st, 1st, 1st
1953-54 Real Madrid 1 28 29 1st
1954-55 Real Madrid 1 30 26 1st
1955-56 Real Madrid 1 30 24 3rd
1956-57 Real Madrid 1 30 31 1st
1957-58 Real Madrid 1 30 19 1st
1958-59 Real Madrid 1 28 23 2nd
1959-60 Real Madrid 1 23 12 2nd
1960-61 Real Madrid 1 23 21 1st
1961-62 Real Madrid 1 23 11 1st
1962-63 Real Madrid 1 13 12 1st
1963-64 Real Madrid 1 24 11 1st
1964-66 Espanyol 1 21 9 11th

Partite: 698 Goals : 554 Media reti a gara: 0.79

Il suo palmares come allenatore:

1 Coppa delle Coppe d’Europa (1980, Valencia)
1 Supercoppa Europea (1981, Valencia)
1 Campionato spagnolo (1971, Valencia)
1 Campionato Argentino (1970, Boca Juniors)
1 Supercoppa di Spagna (1990, Real Madrid)

Di Stefano con le nazionali:

29 partite e 7 reti con l’Argentina.
31 partite e 23 reti con la Spagna

Il suo score completo, comprese le amichevoli:

1090 partite giocate con 789 gol (il quarto di tutti i tempi)

Le sue grandi finali:

1955/56: (Parigi, 13 Giugno 1956) / Real Madrid - Stade de Reims 4-3


Real Madrid: Alonso; Atienza; Lesmes; Munoz; Marquitos; Zarraga; Joseito; Marsal; Di Stefano; Rial; Gento. All.Villalonga.

St.de Reims: Jacquet; Zimny; Giraudo; Siatka; Jonquet; Leblond; Hidalgo; Glovacki; Kopa; Bilard; Templin; All.Batteux.

Arbitro: Ellis (Inghilterra)

Marcatori: 6' Leblond(S),10' Templin(S),14' Di Stefano(R),30' Rial(R),62' Hidalgo(S),67' Marquitos(R),79' Rial(R).


1956/57: (Madrid, 30 Maggio 1957) / Real Madrid-Fiorentina 2-0


Real Madrid: Alonso, Torres; Lesmes; Munos; Marquitos; Zarraga; Kopa; Mateos; Di Stefano; Rial; Gento. All. Villalonga.

Fiorentina: Sarti; Magnini; Cervato; Scaramucci; Orzan; Segato; Julinho; Gratton; Virgili; Montuori; Bizzarri. All. Bernardini.

Arbitro: Horn (Olanda)

Marcatori: 70' Di Stefano(R),76' Gento(R).


1957/58: (Bruxelles, 29 Maggio 1958) / Real Madrid-Milan 3-2 d.t.s.


Real Madrid: Alonso; Atienza; Lesmes; Santisteban; Santamaria; Zarraga; Kopa; Mateos; Di Stefano; Rial; Gento. All. Carniglia.

Milan: Soldan; Fontana; Beraldo; Bergamaschi; Maldini; Radice; Danova; Liedholm; Schiaffino; Grillo; Cucchiaroni. All. Viani.

Arbitro: Alsteen (Belgio)

Marcatori: 69' Schiaffino(M),74' Di Stefano(R), 78' Grillo(M), 79' Rial(R), 107' Gento(R).


1958/59: (Stoccarda, 3 Giugno 1959) / Real Madrid-Stade de Reims 2-0


Real Madrid: Dominguez; Marquitos; Zarraga; Santisteban; Santamaria; Ruiz; Kopa; Mateos; Di Stefano; Rial; Gento. All. Carniglia.

St. de Reims: Colonna; Rodzick; Giraudo; Penverne; Jonquet; Leblond; Lamartine; Bliard; Fontaine; Piantoni; Vincent. All.Batteux.

Arbitro: Dusch (Germania Ovest)

Marcatori: 2' Mateos(R), 47' Di Stefano(R).


1959/60: (Glasgow, 18 Maggio 1960) / Real Madrid-Eintracht F. 7-3


Real Madrid: Dominguez; Marquitos; Zarraga; Pachin; Santamaria; Vidal; Canario; Del Sol; Di Stefano; Puskas; Gento. All.Munoz.

Eintracht.F: Loy; Lutz; Hofer; Weilbacher; Eigenbrodt; Stinka; Kress; Lindner; Stein; Pfaff; Meier. All.Oswald.

Arbitro: Mowat (Scozia).

Marcatori: 19' Kress(E), 26' Di Stefano(R), 29' Di Stefano(R), 45',56',60' e 71' Puskas, 72' Stein(E), 74' Di Stefano(R), 76' Stein(E).


1961/62: (Amsterdam, 2 Maggio 1962) / Benfica-Real Madrid 5-3


Benfica: Da Costa; Mario Joao; Ang.Martins; Cavem; Germano; Cruz; Josè Augusto; Eusebio; Aguas; Coluna; Simoes.
Real Madrid: Araquistain; Casado; Miera; Felo; Santamaria; Pachin; Tejada; Del Sol; Di Stefano; Puskas; Gento. All.Munoz.

Arbitro: Horn (Olanda).

Marcatori: 17'e 23' Puskas(R), 25' Aguas(B), 34' Cavern(B), 38' Puskas(R), 51' Coluna(B), 64' e 68' Eusebio(B).


1963/64: (Vienna, 27 Maggio 1964) / Inter-Real Madrid 3-1


Inter: Sarti; Burgnich; Facchetti; Tagnin; Guarneri; Picchi; Jair; Mazzola; Milani; Suarez; Corso. All.Herrera.

Real Madrid: Vicente; Isidro; Pachin; Felo; Santamaria; Zoco; Amancio; Muller, Di Stefano; Puskas; Gento. All.Munoz.

Arbitro: Stoll (Austria)

Marcatori: 43'Mazzola(i), 61' Milani(I), 66' Mazzola(I), 80' Felo(R).




Alfredo Di Stefano tecnicamente.

C’è un aspetto che crea un distinguo netto, fra Di Stefano e qualsiasi altro grande giocatore della storia del calcio: Alfredo, è stato l’unico ed inavvicinabile “calciatore totale”. Il suo modo nuovo di giocare, si basava su una dinamicità senza pari per 90 minuti, trascorsi sempre attraverso una capacità di correre, senza ombre e flessioni e con la perfezione del senso del ritmo e dei tempi da dettare alla squadra. Possedeva una visione del gioco sublime, era potente ed aveva una suprema facilità nel calciare sia nel passaggio che, soprattutto, nel tirare in porta con entrambi i piedi. L’efficacia del suo tiro in porta, si impreziosiva di una ulteriore unicità: calciava con violenza istintivamente in corsa, senza la necessità di cambiare passo, come fosse una macchina entro la quale veniva azionato un pulsante letale. Inseguiva gli avversari, portava i tackle, lo si poteva trovare nel cuore della sua area, a difendere e rilanciare l’azione, poi, con mostruosa velocità, andarla lui stesso a concludere. Un particolare, un aneddoto sulla sua immensa grandezza, ci viene da un riporto della sua esperienza nei Millionarios di Bogotà, quando, dopo aver recuperato un pallone in difesa ed aver impostato l'azione avanzando con la palla al piede, attraversò il campo in diagonale per ricevere il cross di un compagno e insaccare il pallone in rete, ad ottanta metri dal punto in cui aveva interrotto la trama avversaria. Gli si avvicinò, Adolfo Pedernera, il suo grandissimo ed anziano compagno di squadra che gli disse: “Ragazzo, ma tu, a chi vuoi rovinare il mestiere? Non rendere ridicolo un gioco che ci fa mangiare!”
Dietro Alfredo ci stavano doti di resistenza sovrumane, costruite grazie ad una rigorosa applicazione negli allenamenti, una vita ferrea sui principi che si vogliono comunemente legati allo sportivo, ed una condotta che non conosceva nemmeno saltuari incontri coi piaceri della tavola. Ventidue anni di carriera professionistica esemplari, inimitabili.
“Non è stato difficile” – ha raccontato nelle non certo numerose interviste concesse su come fosse riuscito, per tanti anni e dopo aver vinto più volte tutto, a trovare gli stimoli per continuare ad allenarsi – “fare come ho fatto io, se si è stati poveri ed affamati come lo sono stato io. A me bastava ricordare il giorno che capii che se giocavo bene mi pagavano bene, ma se giocavo meglio mi pagavano meglio. E da allora non ho mai smesso di cercare di migliorarmi.”

Definire un ruolo a Di Stefano, è dunque da blasfemi: tolto il portiere sapeva e poteva far tutto. A tal proposito, ci giunge esemplare la definizione che diede del campione argentino, Miguel Munoz, l'allenatore storico del Real Madrid che vinse tutto: “Avere in squadra Alfredo è come giocare con un uomo in più in tutte le zone del campo”. Anche da qui, ben si capisce, perché siano ancora tanti, nell’osservatorio, a definirlo come il calciatore più grande della storia. Questo ritratto però, si rivolge al pubblico italiano, quindi ad una “prateria” composta da tifosi e media particolari, spesso esclusivisti, nonché vergognosamente nazionalisti. Le definizioni date su Di Stefano da personaggi stranieri hanno, proprio per i motivi citati, poca presa. E nemmeno può portare acqua al mulino dei meriti del grande argentino, la testimonianza convinta ed ammirata di un Gianni Brera, troppo bravo e troppo conoscitore dello sport in generale, nonché scrittore decisamente superiore alla norma, per essere accettata dalle tipiche malformazioni italiche. Perciò, a conclusione di questa monografia, voglio portare la voce di uno straniero che fu “italianizzato” come pochi, lo spagnolo Luis Del Sol, bandiera juventina degli anni sessanta e calciatore che militò nel Real col grande “Saeta Rubia”. “Di Stefano – dichiarò Luis a metà degli anni settanta – è il più grande giocatore che io abbia mai visto. Le cose che ha fatto in campo, sono convinto, non saranno mai eguagliate. Era troppo per la nostra comprensione. Non lo ha superato Pelè e vorrei campare abbastanza, per vedere se ci sarà, o come sarà, colui che avvicinerà di molto l’inimitabile Alfredo”. Ed il fatto che Di Stefano, non abbia mai tirato indietro il piede di fronte alle sfide e ai campionati roventi, rafforza non poco le convinzioni dei suoi estimatori. Il resto lo ha fatto la sua longevità, in un’era dove il doping era…… una pasticca di Zigulì.

…..Il cielo era sempre buio
non vedevo l’azzurro
avevo fame.
Calciavo gli stracci
schiacciando i sassi
coi miei calli da vecchio
ed ero ancora bambino.
Poi ho visto la luce faticando
lavorando e correndo
stavo diventando adulto
per mamma e per me.
Ora sorrido
guardando il sole della mia vita……

Morris

 

[Modificato il 31/12/2004 alle 16:26 by Morris]


 
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Livello Tour




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  postato il 31/12/2004 alle 17:35
Morris sei un grande, tutte le volte che leggo i tuoi racconti mi emoziono come fossi un bambino (nonostante l'età), complimenti e sei hai scritto un libro su questi personaggi fammelo sapere dove si può trovare. Ciao MITICO
PS Sul grande Josè Manuel Fuente hai mai scritto nulla??

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 31/12/2004 alle 17:51
Grazie Gibo!
Sì, su Josè Manuel Fuente (Lavandera, cognome della madre), asturiano d'Oviedo detto "Tarangu" in Spagna (e Cico in Italia), ho scritto e lo leggerai in una prossima puntata di Graffiti.

Un abbraccio!

Morris

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/01/2005 alle 14:46
che racconto stupendo caro morris,che bellissimi ricordi di bambino quando leggendo i miei numerosi almanacchi fui incuriosito(e stupito)dallo straordinario strapotere del real in quegli anni cercai il piu'possibile di documentarmi su quella straordinaria e forse irripetibile super squadra,che univa ai migliori talenti del calcio occidentale,spagnolo in particolare(kopa,l'eterno santamaria,del sol stesso,piu'tardi amancio)i migliori talenti della grande ungheria(con puskas e gento,due tra i migliori giocatori di tutti i tempi del loro ruolo)ed appunto l'impareggiabile estro del fuoriclasse argentino......e che solo un'altra immensa stella stella del calcio di allora,l'indimenticabile pantera EUSEBIO riusci'a sconfiggere,contrastandone per primo il loro domino europeo!!!!

 

[Modificato il 01/01/2005 alle 14:54 by Pirata x sempre]

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Giuseppe Matranga

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 01/01/2005 alle 19:28
chiedo scusa a tutti per aver confuso la mitica ala sinistra gento,con l'altrettanto fenomenale czibor,artefice della grande,indimenticabile ungheria...avevo tolto alla spagna uno dei pochi fuoriclasse veri della sua storia....ma d'altronde avevo appena fatto nottata e nn dormivo da piu'di due giorni

 

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Giuseppe Matranga

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Livello Miguel Poblet




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  postato il 01/07/2005 alle 10:01
Ricordo che un giornalista, mi pare bartoletti, qualche anno fa aveva stilato la sua classifica dei piu' grandi di ogni epoca, pubblicata poi sul guerin sportivo se non ricordo male, ponendo di stefano al primo posto, ebbene il risultato era stato una serie di critiche relative al fatto che al primo posto non ci fossero pele o maradona, come dici tu Morris in Italia gli echi delle sue imprese risuonano molto meno di quelli di altri campioni del passato, questo mi pare accada anche per puskas, un altro grandissimo della sua epoca.



 
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Livello Classica San Sebastian




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  postato il 01/07/2005 alle 15:14
ciao Morris leggo veramente con piacere i tuoi post che hanno la stessa valenza di un grande romanzo.
Cuore, passione e informazione nello stesso tempo.
Complimenti

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 03/07/2005 alle 23:32
Grazie Raggio !
E’ il ringraziamento dell’anima, di quelle voci che pullulano in noi, se siamo possessori di verve, ma la razionalità umana, mi impone di aggiungere che sono un imbecille o un fesso. A volte, può persino piacere essere così. Forse hanno ragione coloro che mi definiscono un uomo fuori dal tempo, che vive l’oggi immerso nei suoi fantasmi. Una tinta di pazzia che mi onora, ma che va letta, per le logiche citate, come un’altra dimostrazione delle mie miserie.

Su Alfredo Di Stefano per 27 Luglio .
Sono convinto che il più grande calciatore sia stato Maradona, non perché l’ho visto, ma perché è emerso in un calcio da calcioni e dai ritmi folli dettati, in primis, dagli additivi. Su di lui ho scritto forse la mia più bella storia, anche se camuffata…. Lo stimo per il coraggio di aver detto quelle cose stravere sul Palazzo e sugli Stati Uniti, che i gaglioffi dell’ipocrisia non si sarebbero mai sognati, per aver subito l’affronto dell’idiotismo italico quando gli fischiarono l’inno nazionale e gli vorrò sempre bene. Dietro di lui metterei Van Basten e appunto Alfredo Di Stefano, perché grandiosi e comunque in grado di esibire quei confronti a cui Pelè (dioscuro della Coca Cola e ruffiano perlomeno quanto Platini, del mondo di carta pesta pallonaro) s’è sempre sottratto.
Il mio dovere era raccontare Di Stefano come fossi Joseba, una persona del suo tempo, schietta e densa di sentimenti, lasciandomi trasportare dalle grandezze del campione, fino a rendere pressoché invisibili le mie preferenze. Lo faccio sempre, anche per quegli atleti che mi sono antipatici, ma non per chi so che imbroglia e che ho la sfortuna di vedere con l’occhio più smaliziato ed esperto rispetto ad un narratore che ha come una arma l’intervista o la visione esterna.
“Saeta Rubia” era un puro di un’epopea che non vi sarà più, perché uccisa dall’incurabile cancro del danaro. Un atleta vero, non artefatto, con un sottile condensato di valori mentali ed atletici. Una macchina uscita competitiva al punto di scoprire, in corso d’opera, l’effetto trascinante dell’invenzione e dei dipinti. Una pietra miliare della storia intera dello sport.

Saluti ad entrambi.

Morris

 

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Livello Miguel Poblet




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  postato il 04/07/2005 alle 16:12
Mi unisco al coro (penso a piu' voci) di complimenti per i tuoi scritti, tralasciando la comptenza linguistica e tecnica che forse non posso nemmeno giudicare, sottolineo anch'io come i tuoi racconti siano coinvolgenti ed emozionanti.

Personalmente seguo il calcio dall'87, anzi sino a prima di essere folgorato da Pantani sul mortirolo era lo sport che seguivo di piu', anche se ormai il mio interesse e' sceso molto.
Anch'io ritengo Maradona e Van Basten i due piu' grandi che ho visto ultimi eroi romantici di uno sport che era gia' in una fase avanzata
della trasformazione in quello che e' oggi: una disciplina il cui nome piu' appropriato sarebbe "calci" piuttosto che calcio.
Maradona e' stata la massima espressione di genio calcistico che io abbia visto, incosciente nella vita privata ai limiti dell'autodistruzione
ma eccezzionale professionista in campo, profeta di una citta' che lo ha adorato come un dio, trascinatore della sua nazionale al trionfo
mondiale dell'86 in cui segnò anche quello che e' considerato il piu' bel gol della storia del calcio.
Anche Van Basten era un calciatore unico, dotato di una grazia divina nei movimenti nonostante fosse alto circa un metro e novanta,
terminale offensivo del Milan di Sacchi, decisivo nella finale dell'europeo con un gol incredibile.

Quello comunque era un calcio ancora diverso da quello odierno, sintomo e' il fatto che allora esistevano ancora i fantasisti, i giocatori
eclettici che basavano il loro gioco sulla loro classe innata come hagi,detari,savicevic,stoikovic,gascoigne,francescoli,
oggi questa tipologia di giocatore e' praticamente scomparsa, spazzata via dalla fisicita' esasperata, dalle stagioni da 60 partite in nome del tritatutto champions league, competizione che ha cancellato praticamente la uefa e la coppa delle coppe alla ricerca di guadagni sempre maggiori, che ormai si conclude miseramente ad una gara a chi riesce ancora a correre alla fine dell'anno oppure a chi riesce a barricarsi meglio in difesa, a prescindere dalla qualita' dei giocatori.


Per quanto riguarda Pele penso sia difficile paragonarlo agli altri perche' in europa non e' mai venuto, inoltre
ai mondiali e' stato grande ma ha sempre vinto in squadre eccezzionali che probabilmente avrebbero vinto anche senza di lui come
del resto accadde nel 62.

P.S. i fischi all'inno argentino sono stati una delle tante dimostrazioni di idiotismo collettivo generate dal calcio, purtroppo non l'unica, pensare che il calcio sarebbe uno sport cosi' bello...

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 05/07/2005 alle 01:26
Dopo aver letto il tuo intervento, caro "27 Luglio", mi viene spontaneo postare "La storia di Ogeid"...... ma fa parte del mio ultimo libro e mi farei linciare dall'editore. Magari più avanti.

Ciao!

 

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Livello Miguel Poblet




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  postato il 05/07/2005 alle 13:59

Mi unisco ai complimenti per Morris. Il grande Alfredo aveva accanto a sé a Madrid l'altro storico monumento del calcio, l'ungherese Ferenc Puskas, il colonnello... Sarà il prossimo ritratto che ci regala Morris?

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 07/07/2005 alle 03:33
Originariamente inviato da Angian


Mi unisco ai complimenti per Morris. Il grande Alfredo aveva accanto a sé a Madrid l'altro storico monumento del calcio, l'ungherese Ferenc Puskas, il colonnello... Sarà il prossimo ritratto che ci regala Morris?


Sul Colonnello che dopo aver umiliato il portiere in allenamento, lo consolava mettendo il pallone fuori la lunetta dell'area e gli faceva vedere la sua precisione, calciando volutamente e violentemente col suo magico sinistro sui pali 18 volte su 20, ho i soliti file da sviluppare. Scriverò su di lui, prima o poi. So che ha l'Alzheimer e che vive di uno scarno vitalizio nella sua Budapest, dove il Real giocherà per passargli l'incasso. E' un atto dovuto ricordare la sua grandezza e il suo estro...

Ciao!

 

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  postato il 07/07/2005 alle 20:16
Morris sei un grande
 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 24/12/2005 alle 13:58
Alfredo di Stefano, è stato ricoverato stanotte per infarto all’Ospedale Sagundo di Madrid. La notizia è stata riportata dal sito ufficiale della squadra madrilena. Il mitico Saeta Rubia, è attualmente Presidente Onorario del Real Madrid. Dalle prime notizie pare che i medici siano riusciti a stabilizzare il quadro clinico e contano nelle prossime ore di trasferirlo in terapia intensiva.

Vecchio ed indimenticabile Saeta tieni duro, non è ancora arrivato il momento di raggiungere Joseba!!!

Intanto voglio riportare le parole del cuore difensivo di noi nerazzurri, Tarcisio Burgnich, un silenzioso ed arcigno calciatore, quanto generoso e pragmatico uomo (non a caso nel calcio di oggi sta a guardare…), tratte da Datasport:
“Non avevamo nulla da perdere e riuscimmo a vincere (si riferisce alla finale di Coppa Campioni ’63 al Pater di Vienna quando l’Inter superò il Real per 3 a 1 n.d.m.). Fu fantastico, d’altronde noi italiani siamo fatti cosi`. Quando non siamo favoriti facciamo grandi cose, mentre quando il pronostico e` dalla nostra fatichiamo molto”.
Burgnich ricorda molto bene Di Stefano: “Giocò` come sempre a tutto campo. Era un grande giocatore, difendeva e attaccava. Credo che avesse i colpi di Pele` in avanti, ma fosse molto piu` forte del brasiliano nella fase difensiva. Dettava i passaggi per Puskas e Gento. Con loro formava un trio formidabile”.
Poi prosegue: “Credo che meriti di essere affiancato a Pele` e Maradona. Ora spero che si riprenda e che possa passare un buon Natale con i suoi familiari”.

 

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  postato il 24/12/2005 alle 14:05
Originariamente dichiarato da Burgnich

[...]Ora spero che si riprenda e che possa passare un buon Natale con i suoi familiari”.


Glielo auguro anch'io.
Con tutto il cuore.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2005 alle 14:54
Queste le ultimissime news, tratte da Tgcom:

Real Madrid: paura per Di Stefano
Ha subito un infarto, ma ora è stabile


Alfredo Di Stefano, presidente onorario del Real Madrid ed ex grande giocatore delle merengues, ha subito un infarto la scorsa notte ed è stato ricoverato all'Ospedale di Sagunto. "E' in terapia intensiva - si legge nel bollettino medico dell'ospedale - Le sue condizioni sono buone, è cosciente e respira autonomamente. E' sotto trattamento medico e monitorizzazione per prevenire possibili complicazioni".

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2005 alle 16:07
penso che Di Stefano sia stato il più forte giocatore ogni epoca: forse individualmente Pelè e Maradona gli erano superiori, anche se meno completi, ma il calcio è uno sport di squadra e secondo me il miglior giocatore è quello che riesce ad elevare il più possibile il valore della squadra, non quello che individualmente ha le giocate migliori.

Riguardo alle valutazioni sui migliori calciatori di sempre, mi ha colpito un fatto: la scelta dei tifosi cade inevitabilmente sui nomi di Pelè o Maradona, spesso anche le preferenze dei giocatori non si discostano da questi due (l'altra sera Gianni Rivera, su SKY, ha detto che secondo lui il migliore è stato Pelè), ma se si chiede un parere agli allenatori la maggioranza sceglie Di Stefano.
Vorrà pur dir qualcosa!

Altra considerazione: nel 1958 fu cambiato il regolamento del Pallone d'Oro per escluderlo dalla corsa a questo prestigioso premio (in pratica si stabilì, solo per quell'anno, che non sarebbe stato possibile votare il vincitore della stagione precedente), perchè altrimenti sarebbe stata scontata la sua vittoria ed il premio stesso avrebbe perso interesse.
In tutta la storia dello sport, a mia memoria, solo in pochissimi altri casi è successo un fatto del genere (esclusione o cambio di regolamenti per manifesta superiorità): mi vengono in mente i nomi di Alfredo Binda, pagato per non correre al Giro d'Italia, di Lew Alcindor (poi Kareem Abdul-Jabbar), che sul finire degli anni 60 costrinse la NCAA (l'ente che organizza tutte le principali manifestazioni sportive universitarie negli USA, compreso il campionato di basket per le università) a proibire la schiacciata altrimenti Alcindor (allora alla UCLA) avrebbe vinto le partite da solo, di Ingemar Stenmark, cui la Federazione Internazionale fece un regolamento apposta per impedirgli di vincere altrimenti la Coppa del mondo sarebbe stata assegnata già a fine dicembre.

Di Stefano a pieno titolo fa parte di questo esclusivissimo club.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2005 alle 19:32
Da grande tifoso del Napoli dopo il Catania ovviamente debbo riconoscere le gesta di questo atleta che erano straorinarie...
Per me è lui il nr 1 di tutti i tempi...

 

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Il procuratore aggiunto di Catania Renato Papa: Nel 2003 è stato abrogato un comma della legge che permetteva l'arresto dei diffidati recidivi, e di chi non si presentava alla firma. E questo è stato un grave gesto di debolezza.
Uno nessuno centomila! Un libro di Pirandello? No! I castelli di Kessler secondo Bulba...
All'ombra del cavaliere oscuro (la biografia di G. Fini)
La regola del fallo di mani nel calcio? Superata, oramai si gioca con 11 portieri come la lotteria istantanea - ponzi ponzi po po po
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2005 alle 19:33
... chiaramente dopo el pibe de oro, Maradona, inarrivabile
Maradona si meglio e Pele....

Originariamente inviato da riddler

Da grande tifoso del Napoli dopo il Catania ovviamente debbo riconoscere le gesta di questo atleta che erano straorinarie...
Per me è lui il nr 1 di tutti i tempi...

 

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  postato il 24/12/2005 alle 20:09
Devo fare i complimenti a Morris,che gia' aveva mirabilmente narrato le vicende di Mazurkiewicz.Ne ho letti diversi di racconti su campioni del passato ma non credo di averne mai visti di questa intensita' e passione.

 
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  postato il 25/12/2005 alle 11:31
Che il Natale possa riportare gioia, ma soprattutto salute in casa Di Stefano.
Un Augurio di prontissima guarigione.

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 16:47

Alfredo Di Stefano ha subito all’Ospedale La Fe di Valencia, un intervento chirurgico per l’applicazione di un by-pass. L’intervento s’è reso necessario dopo il grave infarto che ha colpito l’ex giocatore argentino. Di Stefano, 79 anni, oggi Presidente Onorario del Real Madrid, è rimasto in sala operatoria per cinque ore. Fra pochi minuti dovrebbe essere diramato il primo bollettino medico. Dalle prime notizie pare che l’operazione si sia conclusa senza particolari complicazioni.

Alfredo Di Stefano

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 00:25
Dato che le condizioni di Di Stefano sembrano migliorate, è doveroso fare delle precisazioni:
Di Stefano è stato un grandissimo campione per cairtà e col calcio è + facile che nel ciclismo apprezzare le gesta di giocatori che altrimenti non avresti potuto vedere dal vivo...
Tuttavia come ho detto + volte sono stato e lo sono tutt'ora un grande tifoso del Napoli e quindi qualche paragone mi preme farlo.
Di Stefano ha giocato in una grande squadra, la + forte di sempre dove tra gli altri come partner aveva anche un giocatore che era considerato al pari se non + forte di lui come Puskas, oltre che Gento e tanti altri. A livello di club ha vinto tantissimo tutto col Real, ma a livello di nazionale?
Vogliamo parlare di Maradona? L'unico giocatore che sia mai esistito e lo dico con la + assoluta certezza, in grado di poter cambiare la squadra e di riuscire a vincere una partita da solo. Nell'anno del primo scudetto, il Napoli aveva solo uno straniero, lui, al contrario delle altre 29 squadre che ne avevano due, aveva compagni come Carnevale, Giordano, Muro, Ferrario, non giocatori di primissimo pelo...
Maradona nel '96 pensò di risolvere da solo la partita contro l'osticissima Inghilterra, e vinse praticamente da solo il mondiale, dove 4 anni dopo con la squadra + scarsa che ho visto negli ultimi anni, vinse anche l'argento...
Insomma Maradona da solo riusciva a far vincere qualsiasi squadre, potremmo mai dire la stessa cosa dei vari Pelè, Di Stefano, e tornando al presente Ronaldinho?

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 12:47
Originariamente inviato da riddler
A livello di club ha vinto tantissimo tutto col Real, ma a livello di nazionale?


solo una precisazione: Di Stefano ha giocato con tre Nazionali (Argentina, Colombia, Spagna), ma solo una volta ha veramente avuto l'opportunità di giocare la Coppa del Mondo: accadde nel 1962, ma purtroppo anche quell'occasione sfumò per un grave infortunio patito 15 giorni prima dell'inizio del Mondiale.
Tra l'altro quella era una Spagna fortissima, a detta di molti superiore allo stesso Brasile vincitore: aveva in squadra, oltre ad Alfredo, gente come Puskas (anche lui naturalizzato), Suarez e Gento; pur senza Di Stefano, contro il Brasile vinceva 1-0 a 5' dalla fine, ma fu raggiunta e superata da una doppietta di Amarildo.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 13:09
Il calcio negli anni 50 per i sudamericani emigrati in Europa, non dava le stesse possibilità di trenta anni dopo. Si doveva rinunciare alla nazionalità di origine, in alcuni stati altre nazionalità erano date con difficoltà, si arrivava "vecchi" a giocare in competizioni internazionali. L'Argentina ha patito mlto 'per questo. Mai protagonista al mondiale fino al 78, nonostante i campioni che a getto continuo quella terra ha prodotto. Oltre a DiStefano, cito Sivori, Angelillo, Maschio; gli stessi brasiliani Altafini, Jair, Da Costa, Manfredini. L'Uruguay, con la sua politica "protezionistica" , ottenne il mondiale del 30, del 50 , oltre a piazzamenti di prestigio.
Qui non è in discussione il valore di Maradona. Che non vinceva da solo, stiamo calmi...A calcio si vince in 11 sempre. Nel Napoli scudettato aveva compagni buopni, ottimi. Giordano era un signor centravanti, Careca idem, Bagni e Di Napoli due nazionali, Ferrara un giovane promettentissimo .... Garella un buon portiere. Come in Messico Ruggeri e Burruchaga non erano affatto modesti. Se si ragiona così, si può dire che Maradona in Europa abbia vinto poco o pochissimo. Nessuna coppa dei campioni, una solo coppa EUFA. Maradona era un fuoriclasse straordinario. Ma definirlo "intoccabile" a priori, non mi sembra sensato. Pelè, Di Stefano, Cruyff possono stargli affiancati senza sfigurare, come forse Schiaffino e Puskas. Senza mancare di rispetto al pibe de oro.

 

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pedala che fa bene.....

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 14:22
precisiamo anche su Maradona.

Nel suo primo anno a Napoli, quando la squadra non era effettivamente granchè, il Napoli si trovò per un lungo periodo invischiato nella lotta per non retrocedere: lo scudetto arrivò solo quando Moggi ed Allodi misero su una squadra molto competitiva, piena di nazionali italiani (Giordano, Carnevale, Bagni, De Napoli, Crippa, Francini, Ciro Ferrara, Mauro, Zola, Renica, Fusi) e stranieri (Careca e Alemao); una compagine molto forte che probabilmente avrebbe lottato per il titolo anche senza di lui (anche se magari non avrebbe vinto niente).
Invece al Mondiale 1986 si può davvero dire che vinse da solo, trascinando al titolo una squadra che senza di lui avrebbe fatto fatica ad arrivare ai quarti di finale.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 16:27
Originariamente inviato da antonello64

precisiamo anche su Maradona.

Nel suo primo anno a Napoli, quando la squadra non era effettivamente granchè, il Napoli si trovò per un lungo periodo invischiato nella lotta per non retrocedere: lo scudetto arrivò solo quando Moggi ed Allodi misero su una squadra molto competitiva, piena di nazionali italiani (Giordano, Carnevale, Bagni, De Napoli, Crippa, Francini, Ciro Ferrara, Mauro, Zola, Renica, Fusi) e stranieri (Careca e Alemao); una compagine molto forte che probabilmente avrebbe lottato per il titolo anche senza di lui (anche se magari non avrebbe vinto niente).


Attenzione c'è un errore a mio avviso: Moggi non c'entra nulla con lo scudetto del 1986-87, arrivò a Napoli proprio nell'estate dell'87.
Estranei allo scudetto dell'87 sono anche Crippa, Francini, Mauro, Zola e Fusi, appartenenti all'unico scudetto dell'era Moggi (quello del 1990).
Comunque sì, il Napoli era una signora squadra, l'Argentina molto meno, a parte Maradona e Valdano c'era un filotto di fabbri ferrai.


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 17:30
Jan se proprio dobbiamo accostare un giocatore forte a Maradona nell'86 come ha detto bene aranciata quello era Valdano e non Burruchaga, si era un giocatore veloce, però insomma in fase realizzativa lasciava parecchio a desiderare...
E poi come ha detto giustamente Antonello, a proposito penso che si riferisse all'epoca del grande Napoli dall'87 al 90 infatti ha anche citato Allodi, era una squadra da centrobassa classifica, prova a mettere Ronaldinho, che penso che sia dopo Maradona il + forte giocatore che ci sia stato (da Maradona in poi ci tengo a precisare, non prima) dicevo prova a mettere Ronaldinho all'Udinese e vedi se questa vince lo scudetto...
Ma poi nel 90 ragazzi al Napoli c'era uno dei + scarsi allenatori mai esistiti tale Albertino Bigon, e vinse lo stesso il Napoli lo scudetto...

 

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Il procuratore aggiunto di Catania Renato Papa: Nel 2003 è stato abrogato un comma della legge che permetteva l'arresto dei diffidati recidivi, e di chi non si presentava alla firma. E questo è stato un grave gesto di debolezza.
Uno nessuno centomila! Un libro di Pirandello? No! I castelli di Kessler secondo Bulba...
All'ombra del cavaliere oscuro (la biografia di G. Fini)
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/01/2006 alle 18:01
Scusate c'era una cosa che volevo aggiungere, il carattere di Maradona...
Come carattere era peggio di Cassano e di Ronaldo (quello degli ultimi anni all'inter) messi assieme e non ci aggiungo Edmundo solo perchè aveva un pessimo rapporto coi compagni...
Arrivava sempre tardi all'allenamento, prendeva giorni di ferie senza permesso, ecc. ecc. ecc.
Eppure mai e dico mai, un suo compagno di squadra si è lamentato, perchè secondo voi? Perchè gli altri dovevano attenersi alle regole e Maradona no?
Non che questo gli faccia onore per carità, però i compagni vedevano Maradona come il loro punto di riferimento, sapevano che quando senza di lui in campo sarebbe stata un'impresa vincere, sapevano che sul campo potevano contare su di lui, un leader di questo livello anche come capitano dico, non l'ho mai visto.
E se fuori dal campo aveva il suo carattere, faceva di tutto per giocare la partita anche con il mal di schiena che l'ha perseguitato per anni, e prima delle partite si faceva una puntura per sopperire al dolore... sapeva di essere indispensabile per la squadra e come lui lo sapevano anchei suoi compagni che lo rispettavano!

 

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  postato il 09/01/2006 alle 18:44
Riddler, nessuno qua sostiene che Maradona fosse "na ciofeca e' calciatore".
Perbacco, è il contrario. solo che sostengo non vincesse da solo come nessuno sa fare e che altri 2 o 3 supercampioni hanno fatto cose simili nel calcio.
Ah... il Santos ha vinto con Pelè due Libertadores e due intercontinentali. Ti ricordi qualche altro compagno di club di O'Rey in quella squadra , senza googlare?
Semplice domanda a chi definiva Careca, Giordano, Alemao, Ferrara, Bagni, De Napoli giocatorini.

 

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  postato il 09/01/2006 alle 20:11
Io guarda che ero un grandissimo estimatore di Careca, e non l'avrei scambiato nemmeno con Van Basten, però Maradona e Careca erano una cosa, Careca e Fonseca (che pure è stato un ottimo attaccante) è stata una cosa totalmente differente...
La coppa Libertadores? Insomma io manco mi ricordo come si chiama la squadra che ha battuto il Milan l'anno scorso, si gioca tutto in una partita, dai, può succedere di tutto...

 

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  postato il 09/01/2006 alle 20:15
Originariamente inviato da riddler

Io guarda che ero un grandissimo estimatore di Careca, e non l'avrei scambiato nemmeno con Van Basten

In senso buono... ma tu sei matto da legare!

 

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  postato il 09/01/2006 alle 20:22
No c'hai ragione altro che se non ce l'hai Marco, però quel duo sudamericano si sposava alla perfezione, le triangolazioni e gli scambi tra quei due erano una cosa sublime, è come se parlavano la stessa lingua, Van Basten aveva sia + tecnica, che + potenza che senso del gol di Careca, però dai tra sudamericani alla fine si parla la stessa lingua...

 

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  postato il 09/01/2006 alle 20:37
La coppa Libertadores è la coppa campioni del SuD America e non si gioca in una partita. Chi la vince, si gioca l'intercontinentale con la vincente della coppa dei campioni. Il Santos in quuesto battè Benfica e Milan. Si giocava in 2 partite, andata e ritorno,con eventuale bella in campo neutro. Non era così....casuale. Mi sa che quel Santos non lo conosci.... Una mosquita me lo aveva suggerito....

 

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  postato il 09/01/2006 alle 20:45
Scusa Jan intendevo chiaramente dire la coppa intercontinentale, tant'è vero che ho citato il Milan...
Ma siamo sempre lì cmq in ambito brasiliano, e per giunta in un secondo momento americano, tu vai a segnare si 1281 e passa gol ma il europa, dove si dice che si giochi il calcio + bello del mondo non ci vai... vedresti Ronaldinho ancora in Brasile? Adesso cmq Pelè a parte il discorso non era mica quello, ma che Di Stefano sia stato meglio di Maradona, insomma ce ne vuole e parecchio! Peraltro se dovessi intervistare gli argentini, di tutte le età, voglio vedere su 100 quanti risponderebbero Maradona e quanti Di Stefano...

 

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  postato il 09/01/2006 alle 23:23
Cerco, Riddler, di fare ordine.
Il Santos ha vinto 11 scudetti brasiliani, 2 libertadores e due intercontinentali. Battendo il Benfica di Eusebio, Coluna e Torres ed il Milan Di Rivera, Altafini, Sani, Mora.... Giocando con Pelè. Le coppe intercontinentali si giocavano allora con due partite, andata e ritorno. Ed eventuale bella. Il MIlan, ad esempio,perse in Brasile, vinse a Milano e perse la bella. Di giocatori del giro nazionale brasiliana, ricordo solo Clodoaldo, ma era più giovane. Andò al Santos dopo. Insomma il Santos era Pelè. Il Napoli, Maradona.
Di Stefano nei club vinse più di tutti e nettamente. come giocatore, lo ricordava un pò Bobby Charlton. Meno grande di Maradona? Meno artista senz'altro. Ma più uomo squadra. un pò un Falcao molto più propenso al gol contro u Sivori con un fisico molto più esplosivo. Avrebbero giocato benissimo assieme. E la saeta rubia , credimi, non avrebbe sfigurato.

 

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  postato il 10/01/2006 alle 00:10
No Jan,
il Santos aveva il portiere Gilmar, il difensore Mauro ed il mediano Zito che avevano vinto il mondiale del 1962 (Gilmar e Zito anche quello del 58): diciamo che neanche Pelè giocava da solo.

Ho già espresso il mio parere su Di Stefano: se il calcio è un gioco di squadra, il più forte è lui, perchè nessuno migliorava la squadra come la migliorava Alfredo; individualmente forse era più forte Maradona.

Diciamo che con Maradona si partiva da 1-0; con Di Stefano si giocava in 13 (tredici).
Tra i due, i tifosi avrebbero sempre scelto Maradona, ma gli allenatori avrebbero sempre scelto Di Stefano.

 
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  postato il 10/01/2006 alle 00:29
Originariamente inviato da antonello64
Tra i due, i tifosi avrebbero sempre scelto Maradona, ma gli allenatori avrebbero sempre scelto Di Stefano.


Il vate di Fusignano disse a Sua Emittenza: o io o Van Basten...
Ahahaha, sto scherzando, mi piaceva ricordare questo episodio.
Peccato poi che Van Basten potè giocare ancora solamente per due anni scarsi, fermato da una caviglia maledetta a soli 29 anni.

 
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  postato il 17/01/2006 alle 15:05
Ultimissime news su Di Stefano, stavolta positive:

Di Stefano operato: sta bene, a giorni sarà dimesso

VALENCIA (Spagna), 17 gennaio 2006 - Alfredo Di Stefano è stato operato per l'installazione di un pacemaker e tra qualche giorno potrebbe lasciare l'ospedale La Fe di Valencia, in cui si trova ricoverato da quasi un mese in seguito a un infarto acuto del miocardio. Il presidente onorario del Real Madrid, a cui era stato applicato un quadruplo bypass, ha sopportato molto bene il nuovo intervento.

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  postato il 17/01/2006 alle 18:22
Originariamente inviato da marco83

Ultimissime news su Di Stefano, stavolta positive:

Di Stefano operato: sta bene, a giorni sarà dimesso

VALENCIA (Spagna), 17 gennaio 2006 - Alfredo Di Stefano è stato operato per l'installazione di un pacemaker e tra qualche giorno potrebbe lasciare l'ospedale La Fe di Valencia, in cui si trova ricoverato da quasi un mese in seguito a un infarto acuto del miocardio. Il presidente onorario del Real Madrid, a cui era stato applicato un quadruplo bypass, ha sopportato molto bene il nuovo intervento.

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Bella, bellissima notizia, chi ama lo sport non può non gioire...




...e almeno così anche lui potrà lustrarsi gli occhi con le giocate del talento (e nn campione, badate bene...) di Bari vecchia.... pancia permettendo!



 

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  postato il 18/01/2006 alle 14:09
ero entrato qua proprio per chiedere se qualcuno avesse saputo qualcosa delle sue condizioni di salute e mi ritrovo una così bella notizia!!!!!
Son contento e tanti auguri Alfredo!!!!!!

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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  postato il 30/04/2006 alle 19:50
Ma qui si parla di Di Stefano meglio di Maradona, o viceversa... ma non lo so, ma dove siamo arrivati???
Ma io vi dico un giocatore, meglio di Maradona, Di Stefano e Ronaldinho messi assieme, un campione in campo, forse un pò irrequieto il grande:
Marco Materazzi... spettacolare il suo goal oggi da 35 mt. una chicca per i palati del grande calcio!!!!

 

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