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Autore: Oggetto: 30 anni fa, la Coppa Davis

Livello Fausto Coppi




Posts: 5641
Registrato: Nov 2005

  postato il 21/12/2006 alle 16:12
Trent’anni fa la prima e unica Coppa Davis del nostro tennis.
Una Coppa sudata più fuori che dentro il campo, con una squadra che quell’anno, almeno sulla terra, era certamente la più forte del lotto.
Panatta e Barazzutti chiusero la stagione rispettivamente al 7° ed al 22° posto della classifica ATP, ma sul rosso valevano entrambi molto di più.
A favorire il nostro cammino alcuni forfait, che ci facilitarono le cose, ma è giusto dire che probabilmente si sarebbe vinto anche incontrando i nostri avversari al meglio.
Cominciammo con la Polonia a fine aprile, a Firenze: un match facile facile, tanto più che l’unico giocatore polacco di un certo livello, Wojtek Fibak, era assente perché impegnato nel circuito WCT in America.
5-0 senza storia con Panatta e Bertolucci che fecero il bello ed il cattivo tempo, e persero solo un set in 5 incontri.
Tre settimane dopo la Jugoslavia a Bologna: gli slavi avevano buoni giocatori (Pilic e Franulovic) ma erano temibili soprattutto in casa, dove erano abituati a rubare punti su punti (pare che a Panatta qualche anno prima gliene fossero stati rubati addirittura 15).
Anche qui un 5-0 senza storia, questa volta con Panatta e Barazzutti in singolo e Bertolucci solo in doppio.
A metà luglio, ecco la Svezia a Roma: gli svedesi erano i campioni in carica, ma si presentarono privi del loro unico fuoriclasse, Bjorn Borg, che qualche settimana prima aveva vinto Wimbledon senza perdere un set, pur dovendo ricorrere a infiltrazioni antidolorifiche prima di ogni match, a causa di uno stiramento all’addome.
Anche con Borg l’Italia sarebbe stata favorita, senza Borg non c’era storia: anche qui un bel 4-0, con l’ultimo match sospeso sul punteggio di un set pari.
Ai primi di agosto ecco il primo vero match rognoso, l’Inghilterra, non tanto per la qualità degli avversari ma soprattutto per la superficie su cui si sarebbe giocato: l’erba di Wimbledon, molto poco gradita ai nostri eroi.
Gli inglesi si presentarono senza i loro due migliori giocatori, Cox e Mottram, ed il capitano Nicola Pietrangeli tirò fuori l’asso dalla manica, Tonino Zugarelli, che vinse entrambi i suoi match senza soffrire neanche troppo.
Finì 4-1, con il doppio Panatta-Bertolucci che perse il primo punto della stagione dopo aver sciupato ben 5 match-point.
A questo punto eravamo in semifinale, e ci toccava l’Australia sulla terra rossa di Roma: ironia della sorte, i canguri erano stati coloro che ci avevano battuto nelle due precedenti finali (1960 e 1961) sempre però a casa loro.
Gli australiani avevano come titolari due grandi campioni, che però erano avviati ormai inevitabilmente sul viale del tramonto: John Newcombe e Tony Roche.
Sorprendentemente, però, all’ultimo momento il capitano Neale Fraser decise di non schierare Roche, reduce da diversi malanni, e affidarsi a John Alexander, un lungagnone tutto servizio e volee che non pareva proprio il massimo per la terra battuta.
A quel punto ci vedevamo già in finale: a maggior ragione dopo il primo incontro nel quale Corrado Barazzutti aveva battuto senza mezzi termini John Newcombe (7/5-6/1-6/4).
E invece Panatta andò in campo e, come spesso gli era capitato e gli capiterà in Coppa Davis, giocò una partita orrenda: beccò tre set a zero da un giocatore che sulla carta non avrebbe dovuto veder palla contro il campione di Roma e di Parigi (7/5-6/3-6/4).
Eravamo ancora favoriti ma le cose si erano leggermente complicate perché il doppio è sempre stato un punto di forza degli australiani e, sebbene entrambi anzianotti, l’accoppiata Roche-Newcombe era pur sempre il “doppio del secolo”, vincitore di ben 13 titoli del Grande Slam.
Invece il Panatta inguardabile del giorno precedente cambiò completamente volto e, aiutato da un Bertolucci in giornata di grazia, misero sotto i due vecchi campioni in men che non si dica (6/3-6/4-6/3).
A quel punto neanche il tifoso più pessimista avrebbe messo in dubbio il successo italiano, tanto più che Alexander sembrava fatto apposta per esaltare le qualità di terraiolo e di Davis-man di Corrado Barazzutti (che, al contrario di Adriano, in nazionale rendeva sempre al 110%).
Ecco qua, però, una nuova sorpresa: Barazzutti perse netto i primi due set, recuperò e vinse i due successivi, ma al quinto fu Alexander a far suo l’incontro (6/2-6/2-5/7-4/6-6/2): tutto era rimandato all’ultimo match, quello tra i due numeri uno.
Newcombe per tutto il primo set parve tornare il campione di un tempo, ma Panatta questa volta si aggrappò al match con le unghie e con i denti e, dopo tanto soffrire e con la sera che si avvicinava, riusci ad aggiudicarsi il secondo set, al termine del quale il match fu sospeso per l’oscurità.
Il giorno dopo non ci fu storia, Adriano era tornato il campione del Roland Garros ed il vecchio fuoriclasse australiano si trovò relegato a recitare il ruolo dello sparring pater: il match si chiuse in 4 set (5/7-8/6-6/4-6/2), e così per la terza volta ci guadagnammo la finale di Davis, sempre in trasferta ma stavolta da favoriti.

A questo punto cominciarono i guai.
Una parte del Parlamento italiano era contraria ad andare a giocare in Cile, un paese governato da una giunta militare che si era distinta per gli omicidi ed i rapimenti organizzati per far sparire dalla faccia della terra tutti gli oppositori: si diceva che giocare contro la loro squadra di Davis sarebbe stato come appoggiare il regime del generale Pinochet.
Ancora una volta la politica cercava facili consensi sulla pelle degli sportivi: guarda caso nessuno si era mai azzardato a criticare le varie ditte italiane che facevano affari con le imprese ed il governo cileno, e, due anni più tardi, non ci fu la benché minima voce contraria alla partecipazione della Nazionale di calcio ai Mondiali di Argentina, una nazione che quanto a tirannia e terrore non era certo inferiore al Cile, anzi il generale Videla avrebbe potuto insegnare qualcosa in quella lugubre materia al suo omologo Pinochet.
Ci volle tutta la forza, la grinta ed il carisma del capitano Nicola Pietrangeli per far si che l’Italia partisse per il Cile: la Federazione, alla cui testa si era appena insediato l’avvocato Paolo Galgani, brillava per la sua assenza, e anzi pareva più occupata a non scontentare i vari politici piuttosto che a fare gli interessi del tennis italiano (prerogativa che Galgani ebbe sempre nel suo lunghissimo mandato presidenziale).
Una volta decisa la partecipazione, la Davis era praticamente vinta: il Cile aveva solo due buoni giocatori da schierare, Jaime Fillol e Francisco Cornejo che veleggiavano rispettivamente intorno al n° 25 ed al n° 70 della classifica mondiale.
Per di più Fillol, che era l’unico che avrebbe potuto crearci qualche grattacapo, aveva seri problemi fisici che ne limitavano l’efficacia in maniera non indifferente.
Come previsto il match fu quasi una passeggiata.
Il primo giorno Barazzutti fece fuori Fillol in quattro set (7/5-4/6-7/5-6/1), e Panatta battè Cornejo senza neanche sudare (6/3-6/1-6/3).
Nel doppio eravamo strafavoriti e, dopo una falsa partenza dovuta alla tensione e a un Bertolucci non proprio in palla, non ci fu storia: vincemmo in 4 set (3/6-6/2-9/7-6/3), con un Panatta ingiocabile che probabilmente avrebbe vinto anche se avesse giocato senza compagno.
La Coppa Davis finalmente era nostra: una soddisfazione enorme soprattutto per Nicola Pietrangeli che l’aveva tanto inseguita da giocatore (è tuttora il primatista mondiale assoluto di presenze in Coppa Davis) e finalmente la raggiungeva da capitano.
Gli ultimi due singolari si giocarono per onor di firma, e alla vittoria di Panatta seguì la sconfitta di Zugarelli.

Alcune curiosità sulla finale:
a dispetto di ogni previsione (memori di quello che era accaduto ai mondiali di calcio del 1962), i cileni furono sportivissimi e non provarono a rubare neanche un punto, anzi pretesero che la squadra italiana, a risultato acquisito, facesse il giro d’onore con la Coppa.
Il presidente della federazione cilena era un generale della giunta di Pinochet (quindi non certo una persona raccomandabile), però era un sincero appassionato di tennis: quando alla cena di gala ci fu la cerimonia della consegna della Coppa, subito si fece avanti l’avvocato Galgani per ricevere l’Insalatiera dalle mani del suo omologo, ma il generale, che era al corrente di ciò che era avvenuto in Italia, lo ignorò completamente ed andò dritto sparato a consegnare la Coppa a Nicola Pietrangeli, che lui riteneva essere il principale artefice quel successo.

I PROTAGONISTI

NICOLA PIETRANGELI (capitano)
Riuscì finalmente a raggiungere quello che da giocatore gli era sempre sfuggito. Da capitano ha avuto un record strepitoso in Davis: in due anni, due finali con un successo, una sola sconfitta (Finale 1977) in 10 incontri.
Grande carisma e grande competenza, la vittoria in Coppa fu principalmente sua.
Sul campo: quando si inventò Zugarelli secondo singolarista sull’erba di Londra, nel momento forse più critico (almeno sulla carta) della stagione; fuori dal campo: quando fece fuoco e fiamme per far si che la nostra squadra partisse per il Cile.
La sua grande personalità gli costò il posto da capitano subito dopo la sconfitta australiana, quando i giocatori praticamente lo fecero fuori, ispirati dal D.T. Belardinelli che con Pietrangeli capitano vedeva ridimensionato non poco il proprio ruolo.

PAOLO BERTOLUCCI
Un braccio alla Federer e un fisico da pensionato sovrappeso. La sua passione per la buona tavola ha condizionato parecchio la sua carriera in singolare (dove è riuscito ad arrivare tra i top 20 nel 1973), precludendogli quei traguardi che erano ampiamente alla portata di uno con il suo braccio d’oro.
Alla fine si dedicò esclusivamente al doppio, dove la sua scarsa mobilità non era poi un handicap insormontabile: con Panatta ha formato una coppia formidabile soprattutto sulla terra rossa, che si contende con Pietrangeli-Sirola il titolo di miglior doppio italiano di sempre.
Bestia nera degli australiani, che contro di lui non hanno mai vinto un punto pur potendo schierare coppie di qualità eccelse (Newcombe/Roche, Alexander/Dent, McNamara/McNamee).

CORRADO BARAZZUTTI
All’epoca quelli come lui venivano chiamati “pallettari”, giocatori che non sbagliavano mai e che puntavano soltanto a rimettere la palla in gioco una volta in più dell’avversario.
Grande atleta, molto veloce e molto resistente, era il tipico giocatore da terra rossa, superficie dove le qualità atletiche erano molto più importanti delle qualità tennistiche (soprattutto quando si giocava con le racchette di legno).
Tecnicamente aveva colpi difensivi molto solidi (dritto, rovescio, passante e risposta) e colpi offensivi quasi nulli.
Nel 1977 entrò tra i primi 10 del mondo, ma probabilmente sulla terra valeva anche i primi 5.
Sempre scontento di sé stesso, si lamentava in continuazione sul campo di non riuscire a fare quello che avrebbe voluto: quasi mai però con l’arbitro o con l’avversario.
Aveva una grinta infinita e non mollava mai: qualità queste che erano particolarmente importanti soprattutto in Coppa Davis, dove effettivamente Barazzutti riusciva sempre ad andare oltre le proprie possibilità (al contrario di Panatta che spesso in Davis faceva cilecca).
La sua rivalità con Panatta fu veramente sentita, perché i due personaggi erano agli antipodi in tutto: come carattere, come fisico, come talento e come stile di gioco.

TONINO ZUGARELLI
Anche lui un grande atleta, veloce e resistente, e tecnicamente anche più completo di Barazzutti.
Non aveva però la grinta straordinaria del friulano, né la sua capacità di concentrazione.
Ci tolse le castagne dal fuoco sull’erba di Wimbledon, portando a casa due punti contro John Lloyd e Roger Taylor.
Rischiò di vincere gli Internazionali d’Italia nel 1977, quando fu battuto in finale al quinto set da Vitas Gerulaitis, ma la sua miglior classifica rimane il n.30 del 1976.
Gli mancava una falange del pollice, e questa menomazione gli tolse un bel pò di potenza sui colpi (soprattutto il dritto), e di conseguenza anche la possibilità di raggiungere traguardi ben più luminosi di quelli raggiunti.

ADRIANO PANATTA
Il protagonista principe dell’epoca d’oro del tennis italiano, tanto che ancor oggi, quando si parla di tennis, il primo nome italiano che viene in mente è quello di Adriano Panatta.
Un giocatore formidabile, un talento raro come probabilmente, negli ultimi 30 anni, non se ne sono visti più di 4 o 5.
Croce e delizia del tifoso italiano, con lui nessuna partita era scontata: poteva perdere in Coppa Davis da Szoke (che di mestiere pare facesse il cameriere all’aeroporto di Budapest), così come poteva battere Borg al Roland Garros, unico nella storia a riuscirci.
Piccolo inciso: Borg ha giocato 8 volte il torneo parigino, lo ha vinto 6 volte (nel 1978 cedendo solo 29 giochi in 7 match), e le uniche due sconfitte che ha subito sulla terra rossa parigina, sono arrivate per mano di Adriano Panatta.
Gli alti e bassi sono stati una costante della sua carriera, e le sue partite erano vietate per i deboli di cuore.
Nel 1976 vinse a Roma dopo aver annullato ben 11 match-points al primo turno all’australiano Kim Warwick, e quindici giorni dopo vinse anche a Parigi, anche qui dopo aver annullato un match-point al primo turno (con una volee in tuffo) contro il ceco Pavel Hutka.
Nel 1979 regalò un match già vinto a Pat Duprè, nei quarti di finale di Wimbledon, e qualche mese più tardi rifilò un 6/0-6/0 in Coppa Davis a Ivan Lendl, che ancora non era il fuoriclasse che si sarebbe visto qualche anno più tardi, ma era pur sempre uno dei primi 20 giocatori al mondo.
Con lui in campo non ci annoiava mai, sia perché il suo rendimento era imprevedibile, sia perché il suo gioco era veramente vario e spettacolare.
Possedeva un repertorio vastissimo di colpi e una fantasia infinita: servizio, dritto, volee, drop-shot, smash, veronica; un po’ debole nel rovescio e nella risposta al servizio, ma nelle giornate di vena anche i suoi difetti scomparivano ed allora era praticamente ingiocabile.
Purtroppo non aveva un fisico da atleta: alto e potente, non era velocissimo e neanche molto resistente.
Spesso sembrava che perdesse per mancanza di grinta o per scarsa voglia di soffrire, ma non era così: Adriano era un lottatore, però quando il match superava una certa durata i suoi limiti di tenuta venivano fuori con prepotenza e ne pregiudicavano spesso il risultato.
Si allenava un terzo o un quarto del tempo che ci mettevano un Vilas o un Borg: secondo i maligni perché non ne aveva voglia, secondo lui perché i suoi muscoli non sopportavano quei carichi di lavoro e se si fosse allenato di più si sarebbe rotto.
Fisico da modello e volto da fotoromanzo, è stato anche protagonista della cronaca mondana per le sue relazioni con Loredana Bertè e Mita Medici.
Tutte queste cose mescolate assieme (imprevedibilità, talento, gioco spettacolare, gossip) ne hanno fatto un grande protagonista dello sport italiano, caso forse unico, pur senza vincere tantissimo sul campo: coloro che più gli si sono avvicinati come personaggi (Tomba e Valentino Rossi) hanno avuto un rendimento sportivo molto superiore a quello che ha avuto Panatta.
Ha vinto forse il 20% di quello che il suo talento tennistico gli permetteva.
Come spesso si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: nello stesso periodo abbiamo avuto due giocatori di classe purissima (Panatta e Bertolucci), con qualità atletiche abbastanza scadenti, e due veri atleti (Barazzutti e Zugarelli), però con talento tennistico limitato.






 

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"L'uomo da battere è Gianni Bugno, e quasi certamente non riusciremo a batterlo" (Greg Lemond, Stoccarda, 24 agosto 1991)

"Il rock è jazz ignorante" (Thelonious Monk)

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 16:18
Ero un ragazzino innamorato del tennis.
Avevo una bella Maxima Torneo De Luxe regalatami da poco (regalo di comunione).
Antonello mille grazie per il ricordo.
Che tempi!!!!!!!!!

L'unica cosa = a oggi è che anche allora la politica ci mise il becco e fecero di tutto (comprese minacce di vita a Pietrangeli) affinchè la finale non si facesse.
I nostri andarono e vinsero strameritatamente.
Eravamo una delle grandi potenze del tennis e in quel periodo facemmo 4 finali di davis (1 vinta e 3 perse contro Cecoslovacchia, Stati Uniti e Australia).
Mica lo squallore tennistico odierno.

 

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"MEGLIO NON ESSERE RICONOSCIUTO PER STRADA CHE ESSERLO ALL'OBITORIO.
IL CASCO SALVA LA VITA, LA CHIOMA VA BENE PER LA FOTO SULLA TOMBA"!!!


Articolo 27 della costituzione Italiana

La responsabilità penale è personale.
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Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.

 
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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 21/12/2006 alle 18:14
Bellissimo ricordo, complimenti.
Non sapevo che all'epoca ci fossero in Davis ben 2 turni in più da superare rispetto ad adesso. Il mio amore per il tennis nasce molto prima di quello per il ciclismo, e soprattutto molti ricordi sono legati alla Davis, una competizione che alla bellezza del gioco del tennis unisce un pathos ed una drammaticità che nei tornei individuali sono molto più difficili da riscontrare. I miei primi ricordi, sebbene fossi molto piccolo, sono legati a Camporese e Canè, sfide indimenticabili, partite interminabili che ti facevano morire per l'emozione.
Camporese, credo concorderai con me, era un giocatore che aveva un talento che gli avrebbe permesso di fare molto di più di quello che ha fatto.
La finale del 1998 con la Svezia, una finale che terminò troppo presto, praticamente con l'infortunio di Gaudenzi nella prima partita sul 6-6 del quinto set, è sicuramente uno dei miei ricordi sportivi più amari in assoluto.
Una sola vittoria su 7 finali disputate è un pò poco, anche se va detto che le abbiamo giocate quasi tutte fuori casa.
L'altro giorno sulla Gazzetta c'era una rievocazione della vittoria in Davis, e ho scoperto (non lo sapevo) che fra Panatta e Barazzutti soprattutto non scorre buon sangue. Adesso con questa tuo ricordo ho scoperto che probabilmente si sopportavano poco già allora.
Una domanda voglio farti, visto che hai ricordato la sconfitta di Panatta nei quarti a Wimbledon con Duprè.
L'anno scorso ho letto un'intervista nella quale Panatta diceva che quella sconfitta è il suo più grande rammarico, e che se avesse passato i quarti di finale avrebbe sicuramente vinto il torneo.
Sei d'accordo?

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 18:33
Originariamente inviato da mont ventoux
Camporese, credo concorderai con me, era un giocatore che aveva un talento che gli avrebbe permesso di fare molto di più di quello che ha fatto.


Camporese era un altro di quei giocatori col braccio da fuoriclasse e le qualità atletiche appena normali: andava bene soprattutto sul veloce, dove il talento conta più della corsa.
Putroppo giocatori così riescono ad esprimere appieno il talento solo in quei periodi dell'anno in cui sono al top fisicamente; altrimenti sono giocatori normali.

Una domanda voglio farti, visto che hai ricordato la sconfitta di Panatta nei quarti a Wimbledon con Duprè.
L'anno scorso ho letto un'intervista nella quale Panatta diceva che quella sconfitta è il suo più grande rammarico, e che se avesse passato i quarti di finale avrebbe sicuramente vinto il torneo.
Sei d'accordo?


No.
Panatta avrebbe dovuto affrontare in semifinale Roscoe Tanner, che era uno che batteva a 220 km/h con le racchette di legno, ed aveva anche una gran volee.
Visto che la risposta al servizio non era proprio il colpo preferito da Adriano, sarebbe stata molto dura per lui riuscire a superare l'americano.
E nel caso avesse battuto Tanner, avrebbe poi dovuto affrontare Borg in finale, che a quel punto sarebbe stato imbattuto da 27 match sull'erba.
A mio parere aveva un 35-40% di probabilità di battere Tanner, e non più del 25% di battere Borg.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 19:46
Antonello, ti faccio i miei più sinceri complimenti per aver descritto meravigliosamente un evento sportivo che, a mio parere, dovrebbe essere ricordato più spesso (anche con supporti immagine) dai media.
Ricordo ancora la mia disperazione per la famosa partita Gaudenzi-Norman... senza quell'infortunio sono convinto che il nostro Andrea avrebbe portato a casa la vittoria e, chissà, forse quella finale sarebbe potuta finire in maniera diversa.
Ma coi se e coi ma non si fa la storia... dunque bisognerà aspettare ancora parecchio per rivedere l'Italia in finale. A me, per il momento, basterebbe che tornasse a livelli accettabili (insomma... in Serie A).

 

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Lo stupido sa molto, l'intelligente sa poco, il saggio non sa nulla... MA EL MONA EL SA TUTO!!! (copyright sconosciuto)

ADOTTA ANCHE TU UNA AMY WINEHOUSE!!! Mangia poco, non sporca... e aspira tutta la polvere che hai in casa!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 20:10
per Anto

 

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www.vcoazzurratv.it
...- --- .-.. .-
.--. ..- .--. .. .-.. .-.. .-
...- --- .-.. .- !!!!

LA CAROVANA VA..CONFINI NON NE HA..E TUTTE LE DISTANZE ANNULLERA'!!
"..Dinnanzi a me non fuor cose create se non etterne.. Ed io in etterno duro!!
Lasciate ogni speranza voi ch'entrate...!!!

"C'è Bugno in testaaaa!!! è Bugnoooo!!! ed è campione del mondo Bugno su Jalabert!!!"

"...ma ti sollevero' tutte le volte che cadrai
e raccogliero' i tuoi fiori che per strada perderai
e seguiro' il tuo volo senza interferire mai
perche' quello che voglio e' stare insieme a te
senza catene stare insieme a te"...

"Cascata ha un pregio non da poco. ama il ciclismo e però lo riesce a guardare con l'occhio dello scienziato. informatissimo, sa sceglire personaggi sempre di levatira superiore, pur non "scadendo" nello scontato.
un bravo di cuore.
(post di Ilic JanJansen, nel Thread "Un ricordo: Pedro Delgado, il capitano di Indurain")

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 20:16
Originariamente inviato da marco83

Antonello, ti faccio i miei più sinceri complimenti per aver descritto meravigliosamente un evento sportivo che, a mio parere, dovrebbe essere ricordato più spesso (anche con supporti immagine) dai media.
Ricordo ancora la mia disperazione per la famosa partita Gaudenzi-Norman... senza quell'infortunio sono convinto che il nostro Andrea avrebbe portato a casa la vittoria e, chissà, forse quella finale sarebbe potuta finire in maniera diversa.
Ma coi se e coi ma non si fa la storia... dunque bisognerà aspettare ancora parecchio per rivedere l'Italia in finale. A me, per il momento, basterebbe che tornasse a livelli accettabili (insomma... in Serie A).


Per me adesso l'Italia di tennis vale ampiamente la serie A di Davis, se solo gli spagnoli non si fossero andati a far massacrare in Bielorussia da Max Mirny e un paio di dilettanti fuori dai primi 500 del mondo, noi avremmo affrontato i bielorussi e fatto 5-0. Poi ci sono Austria o slovacchia che certo non valgono più di noi.

Per me l'anno prossimo passiamo facile.

 
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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 21/12/2006 alle 21:03
Invece se non ci presentiamo al massimo delle nostre modeste possibilità rischiamo già in Istraele e poi nello spareggio non sarebbe per nulla facile beccare una delle poche squadre abbordabili che sono in Serie A.
Però con la Spagna avremmo potuto vincere, non tanto quest'anno ma soprattutto lo scorso anno.
E se quest'anno ci toccasse nello spareggio la Svizzera di Roger Federer, non sarebbe meglio della Spagna di Nadal.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 21:07
Complimenti ad Antonello
Ha raccontato in modo esemplare quella Coppa Davis ed ha decritto benissimo i moschettieri azzurri.
In quegli anni al Foro Italico c'era un tifo calcistico:tribune strapiene e qualche(!) intemperanza.
Ricordo quell'anno in cui Bertolucci arrivò in semifinale nel singolare : ispirava simpatia con quel suo fisico tondeggiante.!
In doppio ,con Panatta , ha dato vita ad incontri emozionanti.
All'epoca il tennis era molto seguito. ricordo un incontro di davis giocato a genova, contro il Belgio(mi pare):5 a zero per l'Italia.
Guido Oddo era , all'epoca,il telecronista del tennis.
E sono già passati trent'anni

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 21/12/2006 alle 21:24
Originariamente inviato da mont ventoux

Invece se non ci presentiamo al massimo delle nostre modeste possibilità rischiamo già in Istraele e poi nello spareggio non sarebbe per nulla facile beccare una delle poche squadre abbordabili che sono in Serie A.
Però con la Spagna avremmo potuto vincere, non tanto quest'anno ma soprattutto lo scorso anno.
E se quest'anno ci toccasse nello spareggio la Svizzera di Roger Federer, non sarebbe meglio della Spagna di Nadal.


Non so bene i sorteggi, ma lo spareggio lo giocheremmo in casa o fuori?

Secondo me in casa (sul rosso) possiamo giocarcela con quasi tutti, fuori in effetti anche il modesto Israele (se non sbaglio nessuno nei primi 150 di singolo) può essere un problema.

 
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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 21/12/2006 alle 23:08
Giochiamo in Israele, che a quanto pare ha un doppio fortissimo, e si giocherà su una superfice molto veloce.
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 22/12/2006 alle 08:13
Sì, probabilmente Bertolucci detiene un record: è stato l'atleta meno "atleta" (dal punto di vista di rapporto tra muscolo e massa grassa)con i più grandi successi ( Coppa Davis su tutto )in sport anche "atletici".
Anche Marco Galiazzo è rotondino ma il tiro con l'arco non è il tennis.

 

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