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Autore: Oggetto: Rieccomi ....con racconto....

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 24/12/2004 alle 01:21
Cari amici, dopo tanto tempo (mi sembra un secolo!) sono di nuovo qua. Oddio, il tempo è sempre poco, ma in queste giornate particolari, risponderò alle tante domande che m’avete fatto e che ho lasciato scorrere sull’aria, semplicemente perché non vi potevo leggere.
Vi ringrazio di cuore per le belle parole che in ogni occasione mi esternate e ciò mi spinge a voi. Forse mi ero abituato troppo al silenzio di chi sfugge perché gli do fastidio...... D’altronde l’Italia, dalla politica alla cultura, dallo sport all’economia, dal costume alle forme antropologiche più sfumate, è il paese del "di che ti mando io" o del "fatti i cazzi tuoi e non rompere!": massime che han fatto sociologia e che si sono sublimate su linee aberranti e forcaiole, degne di una società che vive sulla "libertà della libera volpe nel libero pollaio". Sono dunque un uomo che infastidisce e ne vado fiero, non già per altezzosità, ma perché è la via giusta, se si vuole contribuire a cambiare un corso quotidiano sempre più grigio. Per questo ho pubblicato, pubblico e pubblicherò libri, articoli e saggi, senza farmi sfregiare (come il 95-97% degli scrittori italiani), da un editore che dipinge merletti in luogo di ciofi, o trasforma ad uso e consumo, non della verità e della cultura, ma delle leggi del commerciale e del quasi sempre falso o parziale, per intristire di intontimenti il corso vero del segmento che percorriamo. Tengo troppo alla mia libertà per farmi condizionare da simili figure, o da direttori di testate tutte votate a non acculturare, ed a vivere nel gossip o nell’ignavo delle sostanze. Per questo, e per chi se lo chiede o me lo ha chiesto, pubblico dove trovo gente che mi prende per quello che sono, anche perché il Morris che qui vedete, è il Morris bambino anomalo e forse prodigio (poi fermatosi per fortuna di tutti e mia in particolare), nonché adulto che ha sempre vissuto infischiandosene dei tornaconti, fino ad abbandonare la politica che gli rendeva onori.......ed a rifiutare un sicuro seggio in Parlamento. E’ una persona che si dipinge nella verità che conosce e che porta scrivendo, non una fisarmonica che s’allunga e s’accorcia, a seconda delle note del pentagramma del portafogli; è colui che cerca di portare quel che sa e che ha imparato con grande umiltà, per non farsi prendere per i fondelli dai soliti burattinai, fino a ridursi, dopo aver vinto nello sport come pochi in assoluto, per uno che vive di stenti. Ma sono me stesso, e non è poco nello squallido mondo d’oggi. Certo, sono pieno di difetti e come ha detto qualcuno così efficacemente (al punto da indurmi a inserire questa sua disamina nella contro-copertina del mio ultimo libro), un "uomo fuori dal tempo che scrive affascinando chi ha il coraggio di leggerlo". Non mi interessano la fama, i soldi, i palcoscenici. Quando vado in giro per fare conferenze lo faccio prima di tutto per passione, dei "Vespa-siani" e similari, non me ne frega un celeberrimo.....niente. Voglio solo vivere per quello che mi rimane, così come ho vissuto fino ad oggi, accontentandomi di quello che viene e della stima dei veri che sono i comuni, quelli che se ti criticano lo fanno perché lo sentono nell’onestà del loro status e non.....quelle prostitute in giacca e cravatta che volgarmente chiamiamo critici (ma de che!).
Quindi, ogni tanto mi ritroverete qua....su Cicloweb. Sul sito che mi è immediatamente piaciuto e che è cresciuto grazie a voi, bravi ed acuti come pochi. Ed è un onore essere ogni tanto su questi lidi, accanto alla vostra genuinità.

Tempo fa, qualcuno mi chiese notizie sui libri che hi scritto e su quelli che intendevo far uscire….
Bene, credo che gli amici della Redazione mi perdoneranno se mi faccio un po’ di pubblicità, ma un libro è veramente uscito ieri. Si intitola "Segnali di fumo" ed è firmato non col mio nome e cognome, bensì proprio con lo pseudonimo di Morris. Non si tratta di un libro sportivo, anche se non mancano alcuni ritratti su personaggi dello sport (come quello su Salvador Sanchez che ho pubblicato qui). La casa editrice è molto piccola (le migliori e più libere) e non è un grado di coprire tutto il territorio nazionale, perciò, chi lo vorrà leggere, potrà acquistarlo, se è registrato a Cicloweb, ad un prezzo inferiore comprese le spese postali (nelle librerie o edicole sarà in vendita a 12 euro) scrivendo a: morris2000@aliceposta.it

Domani, in calce a questo thread, inserirò altri indirizzi per poterlo reperire ancor più facilmente.

Intanto, di "Segnali di fumo", vi porto un altro spezzone......stavolta di richiamo ciclistico: un racconto che si perde lontano nel tempo e che potrà far capire a qualcuno, dove ho consumato una parte delle mie esperienze ciclistiche......

Approfitto dell’occasione per augurare a tutti VOI grandi di Cicloweb e alle vostre famiglie, un sereno Natale. Un abbraccio!

Eccolo qua........


Questo racconto è stato scritto nel 1997, quando il significato di una semplice maglia da corsa, appariva all’autore protagonista, come l’invocazione alla Musa per Omero. I motivi per un simile intendimento c’erano tutti……nella profondità dei sentimenti e nella semplicità o banalità che sempre persiste, nascondendosi nel meschino, di chi è nato con gli occhi, ma non li sa usare. Un breve testo venuto alla luce perché, in fondo, il sottoscritto era diventato un protagonista di quell’ambiente, verso il quale, fin da piccino, il proprio cuore pulsava evidente. In lui si confondono le motivazioni spinte dal lavoro, con quella passione che è essenziale richiamare per far capire agli interlocutori, quanta convinzione vi sia in ciò che si fa. Un tassello spaccato di un’epoca che s’era trasformata in moderna, ma che testimonia la gioia nei valori di una disciplina sportiva decisamente attaccata e violentata negli ultimi anni, ma perennemente rimasta ancorata ai significati profondi costantemente evidenziati e percorsi nel proprio romanzo. In questo racconto il chiaro richiamo sportivo si presenta più sociologico che agonistico, ed è un inno a ciò che l’autore vorrebbe siamese patrimonio di tutti coloro che governano, in Italia, la disciplina menzionata nelle righe che seguono.


CONTINUA A RISPLENDERE CARA MAGLIA
......…Morris era un bambino vivace di quel tanto da fare ammattire gli anziani genitori. A casa sua si parlava di Coppi, delle sue scalate d'airone e del suo mito patrimonio d'ogni italiano. In famiglia si pianse quando la radio annunciò la morte di quel campione, esempio d'una Italia leggendaria e vincente, non quella storpiata dalla guerra. Anche Morris pianse, come se Coppi fosse il caro zio col quale si costruivano i giochi pronti ad accender fantasia. Quel corridore ossuto e pieno di rughe lui l'aveva proprio visto, a Forlì, in mezzo ad una selva di gambe. Per vederlo
meglio, aveva dovuto arrampicarsi sulle spalle di babbo, ed in quell'attimo gli era parso solo un uomo sulle cui magre spalle avevano posto una maglia rosa. Com'era possibile che tutti lo volessero toccare? Era così diverso dagli altri? E perché tutti quegli applausi, in fondo gli avevano detto che aveva vinto Baldini. Poi, tornando a casa sulla "Lambretta", in mezzo alle gambe di babbo, pensò che la bicicletta poteva
essere un curioso aggeggio se tutti s'appassionavano. Capì che in quello spingere i pedali e poggiare le mani su quello strano manubrio ricurvo, c'era qualcosa di unico. Non poteva che appassionarsi pure lui..............
Un giorno, a pranzo, Berto, il corridore di famiglia che aveva corso fra i dilettanti per l'EMI e che tanto si vantava di aver usato le maglie scartate da Gaul, disse a babbo di guardare Zilioli, come l'unico in grado di meritarsi l'appellativo di "nuovo Coppi". Morris faceva la terza, ma già sapeva bene chi era Zilioli e cominciò subito a chiedere quando lo poteva andare a vedere.
L'occasione capitò presto.
San Marino ospitava la partenza del Giro d'Italia 1965. Ancora una volta Morris doveva scansare quella selva di gambe, ma il fratello Berto era più abile di babbo a fargli da "traccia" e fu abbastanza facile avvicinare quello spilungone di Zilioli. Quel corridore era tremendamente triste. Dal suo volto scavato, parevano leggersi i romanzi delle anime in pena, o l'attesa per un evento tutt'altro che positivo. Tutti dicevano che era il favorito del Giro e tutti volevano un autografo. Morris lo guardò a lungo mentre firmava il foglio di partenza trascinandosi la bicicletta color amarena, mentre parlava con due compagni di squadra e quando, con un flebilissimo sorriso, salutò un signore con la faccia raggiante e gli occhi furbi. Alla tristezza d'espressione, Zilioli contrapponeva un'evidente eleganza. Indossava una maglia con spalline e strisce verticali-laterali color amarena, in mezzo una scritta che non poteva non piacere ad un bambino goloso come Morris: "Gelati Sanson". Ben presto quel nostro giovincello s'appassionò a quella maglia, la più bella di quella moltitudine di colori, berrettini, borracce e biciclette. La cercò a lungo per la sua giovane collezione, ed anche se Zilioli un po' lo deluse, costringendolo a tifare per Adorni prima e Merckx poi, quella maglia rimase sempre nel suo cuore. A lungo si chiese se quel signore che il flebile sorriso di Zilioli salutò, fosse proprio il signor Sanson, quello dei gelati. Divenuto più grande e sempre più affamato di conoscenza sul ciclismo, le sue immanenze e la sua etica così permeante, Morris vide il suo crescere accostato spesso alle metamorfosi ed al protagonismo di quella maglia. E più volte s'é chiesto cosa sarebbe stato per lui, se anche il sublime ed insuperabile Eddy Merckx avesse vestito quei colori.
Con gli anni i ricordi si confondono con le palpitazioni del cuore, perché il passato è nostalgia inconscia di gioventù perduta. Con gli anni si tingono di chiara luce i sogni che son divenuti realtà e si dipanano nel grigio scuro della disperazione i contorni meno nitidi, quelli che vorresti scordare ogni volta che gli ignari incauti, te li metton su un piatto, tanto sporco quanto veritiero. E con gli anni comprendi meglio i messaggi, i motivi, ed i perché di certe scelte. Anche per Morris, quel vortice di sensazioni è passato e passa quotidianamente nelle vie del suo pensiero, certo adulto, quanto sognatore e ricercatore come quando era bambino. E lui vorrebbe esser ancora là, fra quella selva di gambe per guardare il campione che veste una "maglia da corsa", la maglia che ha scelto siamese alla sua passione per quel significativo ed ermeneutico spingere i pedali. Egli sa di aver contribuito a modificarne i colori ed i disegni, come sa che la leggenda di quelli che l'hanno vestita è più viva che mai. Quella maglia deve essere bella, perché grande é il solco che ha tracciato nella storia del pedale. Quella maglia deve far sognare gli odierni piccoli Morris che si pongon sulle strade, per vedere i colori ed i messaggi di quegli atleti in bicicletta, pronti a soffrire e faticare come impongono l'immortale legge del ciclismo e la sua insita cultura. Qualcuno ha detto a Morris che è tardi per sognare e che siamo nell'era che ha smarrito i sogni per intraprender i viali d'una immane decadenza interiore, fatta di falsi materialismi e di valori accecati dalla luce del danaro. Ed il nostro sognatore sa che quel Qualcuno ha ragione ed è veritiero, ma ad ogni colpo dei predoni o degli ignavi, vi è l'arma della fede che, non sempre, è quella per un dio. E' il simbolo spesso vincente che sta dentro l'immanenza d'ognuno.
Quello che disarciona chi vuole impietrire nel qualunquismo, il fulgido volto d'un messaggio, di un gesto, di un segno. Ed allora si corazzano i sogni, con la determinazione che vuole mantenerne i significati e quei momenti placanti che sono le nostre ricerche di vita. Un bambino è il più onesto ed innocente ricercatore, ed é bene che trionfi anche se del bambino non ha più l'età. Un gelato si consuma con una
velocità di poco superiore a quella d'un pensiero, la maglia dei "Gelati Sanson" no, è viva ed immortale nel romanzo del ciclismo, perché il ciclismo nonostante le "cassandre" che di mitologico non han nulla, è vivo nei cuori della gente che sa
amare. Continua la tua corsa, cara maglia! Continua a risplendere il tuo pazzo diamante di vita e di successo, come dissero i Floyds.
"Shine on you crazy diamond of life and of success".

Morris



 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2004 alle 02:03
bentornato caro morris,ci sono mille domande che ti abbiamo scritto qua e la sul forum...quello che a te e'sembrato un secolo altrettanto e di piu'ci e'sembrato anche a noi,spero che per piu'di qualche giorno potremo affascianarci con i tuoi racconti,le tue saggie considerazioni,con i tuoi illuminanti pensieri,cio'che e'certo che stavolta se dovrai ripartire mi terra'compagnia il tuo libro!!!

 

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Giuseppe Matranga

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/12/2004 alle 15:09
Ciao Morris, ciao Poeta, nel forum ti vogliamo tutti bene, e ti auguriamo un felice Natale anche se sei un vecchio bolscevico mangia Cristiani, vecchio per modo di dire, bolscevico mangia Cristiani grosso modo come il Peppone di Guareschi.
Il diamante pazzo ebbe le meningi completamente sconvolte dagli acidi, che ne inaridirono la vena creativa, ne spensero la luce, consumandolo in una vita spesa tra una clinica psichiatrica e l’altra.
E’ ancora vivo? Non lo so, di sicuro lo è la sua poesia ingenua, infantile, psichedelica e originalissima, e i Floyds convertitisi al main stream dedicarono quella toccante ballata all’amico che si era bruciato il cervello, con il quale si era spenta una fonte di poesia.
Poesia è la chiave di tutto.
Vogliamo poesia, perchè il sentire poetico è l’unico strumento per indagare sulla grandezza dei sentimenti umani.
Poeti come il nostro Morris ci aiutano a cercare la Poesia nascosta anche nel ciclismo di oggi, tra campioni autentici, gregari e malefici farlocchi, perchè ci schifa l’arida cronaca dei risultati, buona per gli almanacchi e gli amanti delle statistiche, grandi lavoratori di mano, con una calcolatrice casio in luogo del cuore.

Ps i miei dischi di Natale sono di Otis Redding e Patti Smith
Ciao!

 
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  postato il 24/12/2004 alle 15:40
Profonda, e totale, ammirazione

Buon Natale Morris!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 25/12/2004 alle 02:34
vista la gioia di sapere che il tuo libro possa essere per me il piu'bel regalo di natale nn e' piu'utopia,anzi,volevo chiederti come fare nello specifico per acquistarlo...cosa scrivere al tuo indirizzo email,come sono le modalita'di pagamento(se tale si puo'dire visto che a quel prezzo e'un regalo che fai a noi ancor prima che a tutti gli italiani),anche perche'nn ho mai comprato niente via web...e soprattutto col fatto che io vivo a roma,se le spese postali saranno un po'superiori nel mio caso vista la lontananza cio'nn sara'un problema!!!

i migliori Auguri di buone feste

 

[Modificato il 25/12/2004 alle 03:02 by Pirata x sempre]

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 25/12/2004 alle 15:51
vista la gioia di sapere che il tuo libro possa essere per me il piu'bel regalo di natale nn e' piu'utopia,anzi,volevo chiederti come fare nello specifico per acquistarlo...cosa scrivere al tuo indirizzo email,come sono le modalita'di pagamento(se tale si puo'dire visto che a quel prezzo e'un regalo che fai a noi ancor prima che a tutti gli italiani),anche perche'nn ho mai comprato niente via web...e soprattutto col fatto che io vivo a roma,se le spese postali saranno un po'superiori nel mio caso vista la lontananza cio'nn sara'un problema!!!


Carissimo Pirata, ricambio di cuore gli auguri a te e famiglia.
Per "Segnali di fumo" scrivimi e ti dirò in raccordo con la casa editrice, come fare.
Ti debbo delle risposte, non lo dimentico. Arriverò quanto prima. Adesso però, devo scrivere su "cose" che non hanno niente a che fare con lo sport.

Un abbraccio!

A dopo!

Morris

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 26/12/2004 alle 00:03
Profonda, e totale, ammirazione

Buon Natale Morris!


Grazie di cuore! Ricambio gli auguri Mario.


 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 26/12/2004 alle 00:12
Ciao Morris, ciao Poeta, nel forum ti vogliamo tutti bene, e ti auguriamo un felice Natale anche se sei un vecchio bolscevico mangia Cristiani, vecchio per modo di dire, bolscevico mangia Cristiani grosso modo come il Peppone di Guareschi.
Il diamante pazzo ebbe le meningi completamente sconvolte dagli acidi, che ne inaridirono la vena creativa, ne spensero la luce, consumandolo in una vita spesa tra una clinica psichiatrica e l’altra.
E’ ancora vivo? Non lo so, di sicuro lo è la sua poesia ingenua, infantile, psichedelica e originalissima, e i Floyds convertitisi al main stream dedicarono quella toccante ballata all’amico che si era bruciato il cervello, con il quale si era spenta una fonte di poesia.
Poesia è la chiave di tutto.
Vogliamo poesia, perchè il sentire poetico è l’unico strumento per indagare sulla grandezza dei sentimenti umani.
Poeti come il nostro Morris ci aiutano a cercare la Poesia nascosta anche nel ciclismo di oggi, tra campioni autentici, gregari e malefici farlocchi, perchè ci schifa l’arida cronaca dei risultati, buona per gli almanacchi e gli amanti delle statistiche, grandi lavoratori di mano, con una calcolatrice casio in luogo del cuore.

Ps i miei dischi di Natale sono di Otis Redding e Patti Smith
Ciao!


Carissimo Aranciata, ti ringrazio per l’ennesima volta e devo dire che tu mi leggi ben oltre queste pagine…..
“Vecchio bolscevico mangia Cristiani” lo sono stato e lo sono tuttora, ma non nel senso che a prima vista si può pensare. Sono uno che vuole mangiare l’ipocrisia che si mette lo scudo della fede per bestemmiare, con la falsità, la filosofia del primo socialista della storia. La fede deve essere espressione di sacralità e va “bestemmiata” col comportamento, solo quando si è materializzata in una delusione, una presa in giro, ecc. La stessa cosa vale per i miei compagni “bolscevichi” che si vergognano di esser stati comunisti, quando il comunismo che s’è instaurato, chiamato realcomunismo, altri non era che una versione di una dittatura più o meno sanguinaria come tutte le altre.
Alla fine, i miei più cari amici, potrei dire i miei tifosi quando facevo politica (ma anche oggi), erano i cattolici veri, che mi consideravano uno di loro, anche se non ero credente. Mentre i “bolscevichi”, quelli che lo stalinismo l’avevano nel cuore e che nella vergogna d’esser stati comunisti, ne hanno ripudiato il nome, senza capire o conoscere la strada del socialismo che non s’è mai fatto, sono quelli che mi vedono come un nemico, ed io ne son contento, perché ogni volta che apron bocca, mi danno involontaria ragione, col loro essere la vergogna di un movimento che ha avuto due intellettuali fra i più grandi del ventesimo secolo: Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer. Il primo, è uno che la Thatcher, conservatrice, faceva studiare nelle scuole inglesi (non credo che le consistenze intellettuali di “baffetto” D’Alema e “apparenza” Veltroni, possan arrivare a tanto, semmai, forse, in futuro…..sotto la spinta del primo ministro del costituendo “regno di Baccalaide”). Il secondo aveva disintegrato la via stalinista al consolidamento socialista, aveva rotto ogni argine della filosofia della Terza Internazionale, facendo ammattire Suslov (l’intellettuale nascosto del realcomunismo sovietico), perché ogni sua uscita, era un’autentica polveriera per l’equilibro, col coltello fra i denti, dei potenti del Cremlino. Quando Enrico portò l’ultimo fendente alla Mosca di Breznev, i “panrussi del Politburò”, lo fecero parlare in una capanna, mentre in Italia era così popolare ed amato da tutti ….che persino Almirante, andando al suo funerale, si commosse. Bèh, io sono un comunista che vive il laboratorio del comunismo, che lo sperimenta su se stesso e che diventa violento e cattivo solo se è percosso, come del resto farebbe ogni persona razionale di qualsiasi tendenza politica, e che non si sognerebbe mai di soffocare gli altri. Sono il comunista che vuole il cambiamento col non conformismo (non l’idiota anticonformismo dei beccaccini), che non vende la testa al credo d’una squadra trasformata in partito soggiogante, ma ragiona con la spettacolarità e la gratificazione dell’idea che cresce assieme alla costante critica interna. E sono il comunista che non vede nemico il cattolico, il credente, quello vero, che prende del Gesù di Nazareth-Dio oltre allo spirito della fede, anche la filosofia e la conseguente antropologia. Sono il comunista che cerca quello che non c’è fra i partiti ed i movimenti di un’Italia odierna, capace di partorire la classe politica più scarsa (e di molto) dell’intera sua storia. D’altronde, cosa si può sperare da dirigenti di destra e sinistra, che avrebbero trovato, nei rispettivi dirimpettai di trenta-quaranta anni fa, il massimo possibile di carriera nel ruolo di usciere delle sedi di partito.
E qui sta la bellezza illuminata del tuo intervento Aranciata: ridiamo anche alla politica la poesia, il gusto di fare le cose per rimettere al centro l’uomo e non le banche, il pallottoliere o la calcolatrice Casio. La passione di riportare alla luce il talento, le immanenze con idiomi nuovi, con una filosofia della conoscenza che sorge spontanea come un patrimonio che eleva il romanticismo come fonte di amore verso il prossimo. Con la gioia di vivere per darsi agli altri, in quanto si gratifica se stessi, in una società davvero migliore e non perché ha un’economia migliore, un prodotto interno lordo con segni positivi e l’infamia della borsa che porta un Mibtel in avanzata. Basta con questi matematici che contano solo i soldi e mandano allo sfascio la vita della gente e del pianeta, uccidendo i cervelli e facendo camminare delle fotocopie. Basta col credo idiota ed australopiteco che giudica bravo, non chi è bravo, ma solo chi ha soldi Su questo piano Peppone e Don Camillo sono paritetici ed illuminati in tutto e per tutto e si vogliono bene, perché le diversità fra di loro sono apparenza, mentre la sostanza è siamese. Basta coi criminali-liberali che si coprono le tre narici, con la parola libertà, come fosse un’area sconfinata, quando, invece, è un parametro d’equilibrio che consente al genere umano di vivere secondo uno spirito cristiano tendente all’eguaglianza, oltre il quale, chi va, toglie risorse vitali agli altri. Questo è il Natale che vorrei festeggiare anch’io, non quella farsa di oggi che offende prima di tutti quello che nacque 2004 anni fa.

Ma l’ottimo, grandioso Aranciata, è andato oltre e mi ha stuzzicato ancora, scoprendo un’altra parte della mia vita: la mia colonna sonora. Sì sono un pinkfloydiano anche se ascolto di tutto (a tal proposito ottimi Otis Redding per quel soul jazzistico che trasporta al sogno, mentre di Patty sono i testi a renderla tanto eccellente quanto “perdente”, quindi per questo grande). Ed è stato un colpo d’emozione, l’aver letto la tua competenza nel giudizio su Syd Barrett.
Sì, Syd è ancora vivo, abita a Cambridge, non sopporta la musica, guarda la televisione e legge i giornali, ma è un morto che cammina, fra mille timori ed un quadro quotidiano sempre ai limiti.
Questo è lui.......nella foto più recente, che mi ha fatto avere una mia carissima amica circa un anno fa.....


E per dare seguito al mio universo pazzoide e di trasporto sotto l’effetto del suono e dei testi dei Pink Floyd (anche se in questo preciso momento sto ascoltando “Selling England by the pound dei Genesis) riporto a te, ed a tutti i grandi di Cicloweb, un altro spezzone di “Segnali di fumo”.

Caro Aranciata sai quanto ti stimo, ma sei sempre più sorprendente. Sto finendo i superlativi e non sono ancora arrivato a raggiungerti.

Un abbraccio!


.....Tratto da "Segnali di fumo" Edizioni Nuova Tipografia - dicembre 2004.




........Caro Roger, tu non c’entri nulla con la mia “If” (Se). Sono finiti i tempi dell’atomo cuore madre, ricorda sono passati 32 anni, non dimenticarlo, ma resta il tuo solco, il tuo esempio, quando scrivesti quella poesia sullo sfondo di un disco capolavoro. Eravamo giovani allora, Roger. Tu men che trentenne, ed io, ragazzino che era già Morris nel suo girovagare interno ed esterno. I miei “Se”, rappresentano percorsi come lo furono i tuoi, anche se mi manca tanto il suono sublime dei Floyd’s, sostituito con l’alone della strada e delle fauci del presente.
Ora sono qui, Roger, a richiamare il risveglio di una mente che percorre leggera emozioni e sensazioni in una quotidianità musicale perenne, senza che la mia musa se ne renda perfettamente conto. Una figura nobile perché piena di quella tristezza che diventa richiamo di vita, tanto dolce quanto gaia nell’incontro con Pegaso, il cavallo alato che tutti abbiamo, ma che spesso le traiettorie d’esistenza ci cancellano sull’altare della razionalità. Un tempo ero il cavallo di quella mente.....che continua a leggermi.... ed io spero di essere ancora capace di volare.



SE
Se fossi pazzo vivrei un mondo migliore,
potrei perfino essere felice
nel chiarore dell’illogico
e nella calma d’una serpe.
Se chiamassi il sole sarei divino
e se urlassi ai cuori sarei ingenuo
nella derisione del danaro
infausta divinità dell’oggi.
Se mi piacesse la riflessione sarei meno vero
e gradirei il saluto vuoto e falso dell’ignavia
quando preme col sorriso
per addolcire la tanta nullità.
Se amassi il mare vorrei solo sirene
e prenderei spunto dalla luna
per urlare la mia vicina lontananza
alle stanze che vegliano la bontà.
Se vestissi il rumore
non mi vedrebbe nessuno
e sarei aria che si scioglie
distruggendo il vento del messaggio.
Se dicon che esisto
è perché han deciso di farmi morire
sui vortici del successo
come uno staccato petalo di mano.
Se aprono le finestre del grattacelo
son puntini d’un formicaio
oggi dimora di vespe di pensieri
e lugubri torte alla cicuta.
Se fossi un colombo starei nel bosco
trasformandomi in usignolo
per cantare il sordo pianto
d’una fine annunciata da nessuno.
Se volgessi lo sguardo alle colline
m’avvolgerei nell’ignoto
e getterei baci ai timori
abbracciando il calore del mio essere piccino.
Se accarezzassi gli assiomi
sarei padre dell’involuto
nella ruffiana filosofia
che semina giustificazioni
per cancellare l’incanto
e sorridere all’orrida normalizzazione.
Se piangessi di meno
appassirei d’interno
per essere brillante di qualunquismo,
strozzando le pietre
per fare l’amore con l’interesse.
Se dessi un puffetto
all’aria del cielo d’una città
scoprirei il grigiore
che si volge ai doni d’apparenza.
Se chiudessi gli occhi e pensassi
potrei uccidere
quel fiore donatomi esile
e divenuto tronco
in ogni segmento di quel viale
di cui conosco i tigli,
ma non le direzioni.
Se i se volano
se i se narrano
se i se piovono
è perché c’è ancora un cuore.
Non fanno storia
sono riflessi spinti
che vivon perenni in noi,
tormentosi e tormentati pittori dell’intimo.
C’è ancora posto sul bus?
(03/02/2003)

Morris

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/12/2004 alle 00:40
il grande aranciata ha inoltre evidenziato il tuo lato poetico,che traspare in tutti i tuoi scritti e che questa splendida poesia,tanto profonda quanto vera,nn puo'far altro che ribadire...(e farmi essere ancora piu'impaziente di avere il tuo libro)
se poi leggo anche che oltre ai grandissimi,inarrivabili pink floyd(nella prima parte della loro carriera pero',another break in the wall esclusa)di cui ancora mi accompagna il fruscio finale di wish you were here che la prima volta che la ascoltai,grazie a mio zio quale sempre saro'debitore,mi ricordo pensai fosse il fruscio del vento sul finestrino della sua macchina tanto mi ero immedesimato nel loro tanto semplice quanto originale modo di far musica e soprattutto dei genesis,anch'essi conosciuti grazie alla cultura musicale cui mio zio mi ha indirizzato,salvo poi continuare appassionato da solo(con gli stones,bob dylan,david bowie,joe cocker,tina turner,mano lenta eric clapton,la stessa patty smith ed altri geni del blues e del rock)e di cui ho sempre nel cuore e nelle casse del mio pc canzoni eterne come follow you follow me o many to many piuttosto che abacab e cui anche i queen(ottimo gruppo,che pero'ha attinto a piene mani sia dagli uni che dagli altri)e freddie mercury impallidirebbero alla voce strabiliante di uno come peter gabriel,per non parlare di collins e gli altri!!!

 

[Modificato il 26/12/2004 alle 00:50 by Pirata x sempre]

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Giuseppe Matranga

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/12/2004 alle 13:23
Ciao Morris, se posso farti un complimento che non sia retorico direi che sei fonte di ispirazione, e non saprei trovarne uno migliore.
Ti ringrazio per le parole lusinghiere che spendi per me, ma ti invito a non sopravvalutarmi, perchè possiedo un intuito fulminante, ho una sensibilità sufficiente per apprezzare le tue pagine ma, per esempio, non sono padrone di una cultura e di una capacità di analisi adeguate per rispondere a quanto hai scritto.

Infine, carissimi Morris e Pirata, il mitico Mariolino82 mi ha insegnato che grand canyon si scrive con la "Y", state in campana perchè se scoprisse che "Patti Smith" si scrive proprio così, senza la "Y", vi becchereste una tirata d’orecchie con sonora ramanzina.
Ciao a tutti!

 
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  postato il 27/12/2004 alle 13:14
Morris: grazie per la Poesia

Aranciata: grazie per il mitico, anche se spero che nel tuo immaginario io non sia una noiosissima maestrina elementare con lo scudiscio in una mano e la penna rossa nell'altra, magari in quella che non scrive... anche perchè, in questo caso (ma non credo), il tuo intuito proverbiale avrebbe fallito

 
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  postato il 27/12/2004 alle 16:43
X Morris, Aranciata e Pirata (ma anche tutti gli altri, senz'altro): sarei curioso di leggere una vostra opinione riguardo la Carta Etica firmata poco meno di 15 gg fa dalle 19 squadre ProTeam.

Potete trovare il testo integrale e le mie considerazioni nel thread "La Carta Etica del ProTour", che vista la scarsità di post suscitati è relegato nella II pagina della lista dei thread.

Vi saluto,
Mario

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 28/12/2004 alle 01:04
Pirata ha scritto....
dei genesis,anch'essi conosciuti grazie alla cultura musicale cui mio zio mi ha indirizzato,salvo poi continuare appassionato da solo


A volte, raccontare sotto l'effetto emozionale, può riuscire meglio, sicuramente si è più veri, perchè non si ragiona troppo.
La musica è una fonte trascinante unica.
In questo momento, sto ascoltando Wind and Wuthering, l'ultimo lavoro "progressive" dei Genesis, risalente al 1977 e mi vengono in mente, con facilità estrema, particolari di quell'anno che mi orientano in certe direzioni....
Siamo strani e, forse, anche per questo, si capisce quanto siano complicate le scienze dell'uomo. E' troppo più facile la via dell'ovvia matematica, per non essere percorsa....compresa la tumorale conta del danaro....
I disastri che ne fuoriescono......sono probabilmente figli della semplicità....

....E con Wind.....il ricordo si tramuta...

NAUSICAA
Era una debuttante che inteneriva di grazia. La notai subito. A lungo mi son chiesto se i miei occhi l’osservavano per trasmettere emozioni al cuore, o erano gli strumenti immediati per stimolare il mio essere uomo. Quando mi resi conto, nel primo abbraccio comune, di un segno diverso dall’incontro delle due nostre arti, ero già vecchio, imbolsito nel corpo, ma con la favella lucida del passato e l’esperienza dei tanti anni consumati. Nacque una favola in cui mi sentivo strane vestigia addosso. Su quella collina, dove, lontano dai riflettori mi fermavo a pensare, vivevo un richiamo che mi riempiva le tempie, dando nuova linfa alle gambe e ai voli di fantasia. Poi, quella mano, quel sorriso, quei limpidi impulsi di luce, venuti come faretti sullo sfondo d’un volto impresso della dolce espressione d’una bambolina, emanavano leggerezza e sogno, ottimismo e passione, tenerezza e sentimenti. Mi fermai, rifiutando sul nascere un ritorno completo all’oasi stupenda che unisce il sesso al dolce sentimento, quando l’istinto si muove nella solarità più grande che possa vivere un essere umano, nei pochi momenti davvero felici del proprio segmento d’esistenza. Mi fermai, sopraffatto dalla razionalità che sempre si scontra con l’intuito e la volontà ad essa legato, fino a piovere su una brace più scottante del solito, ignaro di uccidermi un po’. E poi, quelle lettere ricevute mi consegnavano una penna che si inteneriva aprendosi alle bellezze d’interno e, quei tanti “perché” richiesti, mi colpivano il cuore. Continuavano i suoi voli, la sua arte, le sue luci, sempre pronte a donarmi la verve creativa che l’animava, ed io, lontano, per non distruggermi completamente. Contro le voci, contro tutta la proiezione d’un intorno smarrito nella fuga, mi son chiuso a rimembrare, e lei, fermando il tempo su una giovane, vitale in forza e leggiadria, non perdeva occasione di cercarmi, di richiamare un impulso ben poco sopito. Un giorno, nel luogo più impensabile, denso di gente di veloce passaggio, si consumò un casuale incontro tridimensionale. Lei esplose tutta la sua luminosità, fin quasi a trascinarmi sul terreno che non avrei mai voluto, forse stupidamente, o forse per non ubriacare me stesso delle verità e volontà, da sempre compagne della brezza dei sentimenti. Era lì, a sfidare l’imposto d’un io confuso, bella più del solito, tenera, coinvolgente come l’alba su quel mare che, ignaro del dopo, le avevo fatto conoscere. Non so ciò che feci, o come mi imposi un rifiuto che aveva il sapore dell’anima, più che del corpo, e m’incamminai in una reazione psicofisica tutta legata al dimenticare.
Strana la vita, lei mi amava d’una infatuazione totalizzante e densa d’incenso: dimenticava l’età, i percorsi, le mie altalene d’umore, legate all’ossessione d’essere ligio ai miei credi, che, dal laico, s’intingevano d’un teismo eccessivo. Riprovò l’acceso della determinazione, usando il telefono, l’unico strumento che ancor riusciva ad avvicinarci con richiami fisici, ed arrivai al punto d’un ritorno che sentivo senza avere il coraggio di dirlo a me stesso. Le telefonate non finivano posando nuovamente la cornetta sull’apparecchio, continuavano nelle azioni, nella notte e nel dì, correndo in ogni alveo. Un giorno d’autunno, lontano dalle mie dimore come al solito, parlai, parlai, parlai e la mia voce ad un microfono scandiva narrazioni e motivi d’oratoria, ma pensavo a lei, solo a lei. M’ero sdoppiato, qualcuno se ne era accorto e mi disse: “Dove nasconde il gobbo? Non aveva appunti, ma sembrava leggesse con la mente altrove, o recitasse un copione senza rendersene conto. E’ stato freddo come un chirurgo”. Stavo effettivamente snaturando il mio cammino comune. Arrivò il suo compleanno, quei venticinque anni che trasudano di gioventù e d’una maturità arrivante, le feci gli auguri trattenendo a stento un pensiero più pieno e lei si lasciò andare al solito filo telefonico che ci univa. Mi sentii perduto, ma venne un imprevisto di quotidianità a salvarmi. Capii che dovevo decidere, ed essere conseguente: scappai ancora una volta sulle ali del teismo d’un credo ormai appassito e traballante. Mi legai al tempo, divenendo tenero nella comprensione d’aver sacrificato me stesso.
Il vento sa leggere e può aiutare davvero: il mio volere, certo sofferto come un atroce dolore, trovò l’alleato giusto nello scorrere veloce e spinto delle lancette. Compassare i sentimenti, significa cancellare una parte di noi, ma non mi chiederò mai se è giusto o meno farlo, quando la posizione è quella del coinvolto protagonista. Agli altri dirò sempre: “vai dove ti porta il cuore, assieme a quel calore che cresce dentro di te!"
Il tempo ha determinato, smussato e stemperato, portando la ferita nel chiuso d’una cicatrice perenne. Lei continuò a consumare la sua arte, ma un giorno il suo motore esterno si ruppe e nella versione primaria del suo messaggio, non fu più quella di prima. Si disgiunse, forse sorretta anch’ella dal tempo e dalla forza dell’imposizione, fino ad arrivare alla dimora delle comunanze esterne che la normalità stende per noi. Forse, anzi ne sono certo, consumò tanto di quell’apparenza che spesso ci serve come uno scudo, una difesa. S’è nascosta nei suoi sorrisi sempre più spenti, nelle finte effusioni, s’è sfogata nell’ignavia del lavoro vissuto senza gli stimoli interni. Ha continuato ad aggraziare un’altra forma d’arte, non più quella del periodo che ci avvolse, lanciandomi lontana qualche intimo acuto, per dire che c’era ancora, anche se non avevamo vissuto la nostra stagione. Poi, un colpo duro, poco fa, concentratosi in un punto delicato e grigio d’entrambe le vite, con una di lei confessione che non voglio definire nell’indice del mio segmento, o come intimo augurio, o per la sentita paura d’esagerare contorni e direzioni. M’ha spinto a pensarla come nei giorni lontani ormai due lustri, ma con orizzonti tanto diversi e densi di quei nembi che mai vorresti avere come copione. Non potendo trasmettere, per mille motivi, in altro modo, sensazioni e racconti d’un “perché”, lascio qui, queste righe senza pretese come l’intima confessione d’un uomo che si sente percosso, senza capire fino in fondo se è stato il rimorso o la preoccupazione…. Forse convivono entrambi con medesima intensità.
Esternarne qualche tratto, serve come sfogo e può pure servire all’esperienza…leggendo.


Nausicaa

Sei tornata con una telefonata,
non sapevo che lottavi
non immaginavo che i tuoi occhi
che scambiavo per fiori
nascondessero quella prova.

Mi hai accarezzato il volto
lo sentivo
mi hai ringraziato con un atto di te
me l’han detto gli echi
c’erano le tue mani sottili e piccine
sulla tela di quel dipinto
le ho viste.

Come t’ho sempre detto
è l’immaginazione ad eleggersi
più importante della conoscenza
per ricordarlo riapri le ali
come un tempo facevi
scolpendoti rondine sull’orizzonte.

Non scambiare il tempo
in funzione del razionale destino
sogna se vuoi
le virtù non si cancellano
nelle percosse delle difficoltà,
ma s’esaltano come il cammino
che t’ha eletta deliziosa.

Non è tempo di tetro
ci pensa già troppo
chi ha fatto dell’insensibilità
una permanente via di credo.
Rimembra
quand’eri colei
che mi concesse esaltazione,
la libellula che si posava
sul sentito riflesso
che trovava nido sul tuo sguardo
abbracciando quel sorriso
che tenevi come un pegno d’amore
e, come un sentimento
nasce, fiorisce e cammina
senza un perché apparente
ci siamo amati.

A volte i ricordi spingono forze
ridonano tentativi
per riprendere le leggi del tempo,
ritemprano.
Gli angoli son vivi
l’arte di quel gesto
che ha spinto la mia penna
che ha estasiato te
nella scultura che puoi sempre rivedere
ti guarda
vuole il tocco delle tue labbra.
Quella parola che m’hai detto
cancellala
non è tempo per te
devi amarti come non hai mai fatto.

T’attendo
con le lacrime dell’ammirazione
non voglio conoscere
quelle del pianto.
Non si finisce mai di tracciare.
T’abbraccio nell’arrivederci.

Morris


 
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