Board logo

Il Forum di Cicloweb

Non hai fatto il login | Login Pagina principale > Dite la vostra sul ciclismo! > OT - La leggenda di Salvador Sanchez.
Nuovo Thread  Nuovo sondaggio
< Ultimo thread   Prossimo thread >  |  Versione stampabile
<<  1    2  >>
Autore: Oggetto: OT - La leggenda di Salvador Sanchez.

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 16/11/2004 alle 00:30
Il forum di cicloweb, come ho scritto ancora, si eleva assai sulla media dei “fratelli” di tipologia, presenti sul mondo italiano di internet. Per la competenza, innanzi tutto, quindi per la passione. Non si vivono i “ragli” tipici dei “curvatoli” calcistici, ma il gusto dell’analisi del segmento attuale e il richiamo alla storia e ai personaggi della disciplina, in perfetta sincronia con uno sport che è segno di fatica e di valori, nonostante una dirigenza poco all’altezza e sempre pronta agli autogol. Una rarità che fa di Cicloweb un sito emergente, un ottimo giornale, ed una palestra non solo di discussione ciclistica, ma anche di acculturazione. Un plauso al grande Marco Grassi, all’Admin (a cui sto per chiedere una licenza…), ai redattori e corsivisti, con particolare riferimento a Maurizio Radente (bravissimo ad inquadrare essenze ed ombre del Pro Tour), Fiorella Merola e a quei collaboratori che ho spesso chiamato agli straordinari, per rendere le foto da me inviate per Graffiti, perlomeno presentabili.
Ma un applauso soprattutto va a voi forumisti, davvero la grande forza-sorpresa del sito.
Bene, dopo avervi spesso costretto a degli straordinari di lettura, vi faccio un’ulteriore violenza allegarvi un ritratto esterno al ciclismo, non già per propagandare altre discipline, ma solo per testimoniare l’intimo messaggio, che sta nel dipinto e nell’arte del campione vero dello sport. Un amore che è istinto, come poggiato su un linguaggio da scoprire sullo sfondo di cristallo del protagonista.
Ho scelto un pugile, perché la boxe, come il ciclismo, è spesso testimoniata o proposta con un taglio non sincero, fino a divenire la panacea di mali di cui, qualcuno, sa bene l’estera provenienza. E’ uno sport che nasconde tanti valori dietro la facciata di violenza, immerso in un mondo denso di uomini e donne con un’umanità grandissima, come raramente ho trovato fra la ventina di discipline che ho seguito, raccontato o praticato. La boxe ci viene dagli umili, spesso dalle fasce più disadattate delle società, ci presenta storie particolari e delle figure immense, ma il più delle volte nascoste o deviate, dall’inferno dei media e dal cancro del danaro. Nel tratto del pugilato, le affinità col ciclismo sono tante, ma non è luogo e nemmeno mio scopo, approfondirle ora.
Qui, con Pirata e Aranciata, ho parlato dei miei libri fermi allo start. Il racconto che sto per postare, non è altri che un piccolo tassello di uno di questi, l’unico che, probabilmente, ”partirà” nel giro di poche settimane. Si tratta di un’opera che ha l’ambizione di fondere letteratura e sfondi di sport, attraverso la vita immanente e non pubblica, dell’uomo che racconta. Si chiamerà “Segnali di fumo”.
Dopo questa lunga premessa, chiedendo licenza all’Admin, vi riporto l’intero spezzone che apparirà nel libro. E se a qualcuno piace leggere anche altro, può essere un’occasione, anche perché, l’artista pugile qui ritratto, è quasi del tutto sconosciuto alla massa sportiva del nostro Paese.




......da SEGNALI DI FUMO
(N.B. testo non corretto)


Il protagonista di questo racconto è Salvador Sanchez, un pugile messicano tra i più grandi della storia e uomo, il cui tratto di vita, concede tanto di più di quello che solitamente si chiede ad un campione dello sport. Un artista, che il destino s’è portato via giovanissimo, quando ovviamente era ancor pieno delle sue facoltà.
Ho cercato di scavare sul personaggio, proiettandolo sullo sfondo di quel Messico denso di povertà, drammi e contraddizioni, di cui ancor poco si parla.
Lo sforzo che ho profuso, scrivendo in mezzo all’emozione che spesso mi pervade quando sento particolarmente quello che scrivo, non s’è indirizzato verso la sola rivisitazione delle imprese del protagonista, pur lontane oltre venti anni e, quindi, sconosciute a molti, bensì sull’uomo Salvador. Un giovane intelligente, con dei valori palpabili e con una grande capacità di esprimerli. Un pugile che ha dimostrato, con la sua arte, quanto questo sport sia il contrario di quello che molti, erroneamente, pensano: un ammasso di imbecilli e violenti.
Spero venga apprezzato anche da coloro che non amano il pugilato.



UNA LEGGENDA: SALVADOR SANCHEZ
Combatteva a testa alta guardando negli occhi gli avversari, le sue gambe, sempre in continuo movimento, spingevano, attraverso i tendini d’Achille, l’azione ritmata pronta a tenere in temperatura quella reattività, nella sua arte indispensabile. Il suo corpo, proporzionato, ma decisamente alto per il suo peso, ci presentava un volto su cui il naso, nella parte alta schiacciato da quella che era tradizione del tempo fra i maestri del suo paese, e nelle precoci battaglie cui s’era necessariamente sottoposto, non aveva scalfito quel fascino che già interessava qualcuno, lassù, proprio sopra la sua terra. Erano i teatranti di quel luogo che, da sempre, si sente tanto padrone quanto demagogo di volti e portamenti e nel dipinto mobile di presentarli; quel mondo che l’avrebbe voluto prima o poi, perché il suo sguardo, la sua espressività e sensibilità, erano garanzie di evidente recitazione. Lui, intanto, la sua arte la propinava alla gente e l’imponeva, uno dopo l’altro, a tutti quelli che volevano stenderlo al tappeto.
I suoi capelli, ricci come tanti dalle pelle più scura, donavano, con quel lor colore biondo castano ben poco in sincronia con quel nome e quel cognome, tanto tipico sugli altipiani, la convinzione fosse un meticcio, quando invece era messicano di origine ispana. Era un buono nella vita, trasudando quell’intelligenza e quell’acume che erano tanto alleati al corpo nella costruzione di una leggenda, via via più in simbiosi col suo io. Non voleva ci fossero stupori, era contento di quel che faceva e rispettava tutto ciò che si poneva di fronte al suo camminare. In lui l’orizzonte era chiaro come fosse sulla montagna ove si poneva, lontano dallo smog della sua capitale, a meditare sul suo tratto e per come atteggiarsi al prossimo. Leggeva Neruda, amava la musica strozzata nelle corde d’una chitarra che Carlos Santana, un suo connazionale, da Woodstock aveva allargata al mondo. Era la romantica “Samba pa ti” ad aiutarlo mentre si concentrava per trovare, nell’interno, la forza per salire sul suo teatro con le sue vere sembianze, per non offendere chi guardava e il valore del suo avversario. In tempo di riposo, era invece “Oje como va”, col suo ritmo, ad accompagnarlo in auto mentre si trasferiva sull’amica collina a scrutare l’altipiano, per guardare lontano, alla ricerca di quella poesia che cresceva in lui, come il tratto del suo essere raffinato artista d’una apparenza selvaggia.
Lo chiamavano Salvador Sanchez, che poi erano le sue stesse generalità, ma lui era sempre più la boxe, un’arte nobile trasformata sovente, dalla malvagità umana, a guerra fra galli o cani, per guadagnare danaro e sentirsi pieni della propria criminalità. Era un giovane come tanti, nato vicino alla miseria senza esserne stato coinvolto pienamente, abbastanza per capirla, interpretarla e ricordarla ogni volta ve ne fosse bisogno, per non dimenticare. Un giorno disse che per essere bisognava rispettare, soprattutto per chi, come lui, aveva ancora tanto da imparare perché tenero alla vita e troppo vecchio per non rimembrare le voci di chi vedeva saggio. Qualcuno gli chiese perché avesse scelto quella boxe così violenta e lontana, forse, da uno come lui, e Salvador, come fosse su un sentiero a passeggiare guardando ed ammirando anche quello che la natura non sempre da per luccicare, rispose: “Perché nessuno si deve vergognare quando rispecchia quella vita che tanta gente fa soffrire, ma che alla fine ti offre sempre un’occasione. Da piccolo ero uno dei tanti e sono finito in palestra, perché era un modo per fare sport. Non potevo far altro, c’era solo quella vicino casa, ma ho apprezzato subito il pugilato. Fossi nato nei sobborghi di Londra forse avrei fatto il calciatore, a Dallas, il giocatore di baseball, ad Hong Kong il pongista. Le nostre passioni, spesso, nascono proprio dall’ambiente in cui si viene al mondo. No, non mi vergogno di essere pugile, anzi ne sono fiero!”
L’originale modo di concepirsi, lasciò spesso con l’amaro in bocca coloro che in qualche modo volevano toglierlo da quell’alone che costruiva mistero, solo perché non cercava altro che la normalità. Ma per le voci che costruiscono echi, lui era personaggio da scoprire, anche perché alle cronache finiva come campione così evidente per la sua arte, addirittura brillante per come viveva la sua catena di successi. E quando, lontano dal ring, gli chiesero perché combattesse a testa alta ed a viso aperto, rischiando più pugni dei più e perché la sua condotta fosse così pulita, cercando di legare così poco le braccia dell’avversario, lui, il giovane Salvador, ancora una volta con naturalezza, rispose: “Il rispetto per l’avversario è il rispetto a se stessi. Ti da forza interiore, perché quando sali sul ring hai paura e cerchi tutto quello che è possibile per farti coraggio. La boxe ti da tante opportunità per difenderti, non solo per colpire. In quel quadrato sei in lotta, ma ci sono gli spazi per farti il giusto male. Quando trovi uno più bravo di te soccombi, ma nessuno ti potrà dire che non hai fatto il tuo dovere. Io combatto a testa alta, per vedere meglio. Allaccio poco le braccia dell’avversario per colpire d’anticipo e quando cerco di legare, è solo per tirare il fiato e riprendermi da un colpo che m’ha fatto male. Oppure, per tattica, facendo credere al mio avversario una cosa che non c’è. E’ una variabile che devi usare con criterio, per non scoprirti troppo. Il ring è anche furbizia nel rispetto. Non c’è mai un pugile che sei sicuro di battere. Quello che dici prima, per caricarti, è solo una finzione, un momento per eccitare gli altri che verranno a vederti, più che te stesso. La vera spinta verso la vittoria, la trovi solo quando sei di fronte ad un altro che, come te, vive le stesse paure. Contro di lui, puoi essere migliore solo se hai fatto tutto quello che dovevi fare in palestra. Se sei concentrato a dare il meglio di te”.
In quelle frasi c’era il Salvador Sanchez che tutti abbiamo ammirato come uno dei più grandi, ma ci stava, a ben guardare, il pugilato. Frasi brevi, ma col peso di un macigno e portatrici di quella intelligenza che ha fatto, di quel giovane, uno dei più straordinari personaggi del suo sport, ma non solo. Parole pulite e, nel contempo, intense di un ricco mondo interiore, ecco perché, ogni tanto, si isolava per guardare il lontano, con le bellezze e le contraddizioni dell’altipiano. Ecco perché stuzzicava chi voleva raccontare in tridimensionale. Era diverso nella normalità, proprio come appariva sul ring. Nelle variabili del pugno, non era di nessuna il più forte: come incassatore non era la roccia più riconoscibile, come tecnico non era il più evidente, come stile nemmeno, nella velocità uno dei tanti. In palestra non si distingueva per abnegazione e la sua condotta quotidiana era quella di un giovane della sua età, senza vivere da monaco perché glielo imponeva il suo titolo mondiale. Eppure, da constatazioni di non eccellenza, con l’intelligenza, sul ring, diveniva il migliore in tutto. Come facesse è uno di quei misteri che stanno nel profondo dell'essenza dell’arte sportiva. E Salvador, di questa, aveva l’istinto e le stigmate, ne possedeva i colori e le voci, per darne quella immortale eco che ancor oggi ci risuona e ci concilia la determinazione del presente, quando ci avviciniamo ad un quadrato. Un fenomeno che rimarrà per sempre giovane e che non ci darà mai il segno inevitabile della decadenza atletica, o il ricordo di una sconfitta di fronte ad un pugile, quel giorno, migliore di lui. Tutto questo non ci potrà mai essere, perché come il destino ce lo aveva donato così denso di facoltà per insegnare, altrettanto per insegnare e per dire che è solo lui a decidere, se l’è portato via, a soli ventitre anni, il 12 agosto 1982.
Mentre andava, forse, sulla solita collina, un pugno tragico nelle spoglie di un trattore con rimorchio, che tagliò la strada alla sua Porsche nei pressi di Queretaro, gli inflisse un irrimediabile ed istantaneo ko. Fra quelle lamiere finite sotto il rimorchio, s’era spenta la vita di Salvador, ma non il suo messaggio di campione straordinario. S’era chiuso un segmento luccicante della storia della boxe e di quegli artisti che sono gli sportivi. Lui era originale, troppo originale, per passare inosservato anche se faceva della normalità un credo. Anche nella morte lo è stato. Gli incidenti, purtroppo, sono un fatto comune, e diversi colleghi di Sanchez ci hanno lasciati nello stesso modo. Ma su un rischio così presente a tutti noi, Salvador andò incontro al luogo che mai avrebbe potuto presagire un simile fatto: poche auto, pochi camion, molta miseria e quel trattore con rimorchio proprio lì, in quel preciso istante, a svolgere una manovra incauta.
Da quel giorno lontano oltre vent’anni, ogni volta che la chitarra di Carlos Santana si distende nel suo spesso struggente modo di parlare, chi vi scrive ha pensato a Salvador, ai sui incontri, ai suoi echi, al suo modo di intendersi e concepirsi, ed un rivolo di lacrime scende senza percepirne i perché. Per anni ho sperato che Carlos dedicasse a quel ragazzo artista un intreccio di note, ma non mi risulta l’abbia mai fatto e se lo ha fatto, m’è sfuggito. Per lustri ormai, il lungo corso e la carriera breve di Salvador mi riconducono sullo sfondo d’un Messico che mai è riuscito a rabberciare le proprie contraddizioni e su quella collina che guarda l’altipiano, dove lo spirito di quel giovane si incarna nel colore di un dipinto, per donare un po’ di luce alla miseria imperante di quella terra.


IL SALVADOR SANCHEZ PUGILE
Nato il ventisei gennaio 1959 a Santiago Tianguisten, come tutti i messicani esordì prestissimo fra i professionisti della boxe. Il cinque aprile del 1975, a poco più di sedici anni, sul ring di Veracruz affrontò Al Gardeno, di tre anni più anziano e riuscì a metterlo al tappeto dopo sole tre riprese. Da quell’incontro Salvador Sanchez inanellò una serie di 18 successi consecutivi, di cui 17 prima del limite ed uno ai punti, col connazionale Fidel Trejo, poi peraltro sconfitto per KO alla sesta ripresa in un successivo incontro. Una stecca di match pronti a giurare sulle qualità del ragazzino messicano, soprattutto, più che per la pesantezza del suo pugno, sulla sua già evidente capacità di sfruttare, a proprio favore, le carenze di avversari comunque non di grandissima nota, salvo Daniel Felizardo, un buon combattente, finito al tappeto alla quinta ripresa. D’altronde sulla strada di un giovanissimo come Salvador, non era pensabile mettere pugili di altro rango, ed in questo si distingueva l’opera di Cristobal Rosas, il manager di Sanchez, che aveva capito benissimo i primari valori di quel ragazzino. Ciononostante, ben presto iniziò a mettere di fronte a Salvador avversari già nelle "top ten" mondiali dei vari Enti.
Il nove settembre 1977 sul ring di Mazatlan, il pupillo di Rosas, combatté per il titolo messicano dei piuma e subì la prima, ed unica, battuta d’arresto di carriera, ad opera di Antonio Becerra un ventunenne di casa, al match che poi si dimostrerà il suo "top" nel palmares. La vittoria di strettissima misura ai punti di questi, infatti, apparve ai più come un lasciapassare per il suo futuro ravvicinato, piuttosto che la lettura fedele di quel match. D’altronde, Salvador, era ancora molto giovane e quell’incontro rappresentava gli inizi della seconda fase di avvicinamento ai vertici. L’esito non proprio legittimo del match con Becerra, comunque, un certo contraccolpo in Salvador lo provocò. I quattro incontri successivi, infatti, furono i più incolori della sua carriera: tre vittorie ai punti con Soto, Cosme, e Jose Sanchez, ed un pareggio con Juan Escobar, tutti senza favori s’intende, ma col sapore di un’involuzione e qualche incertezza di troppo. Il ragazzo però, era ancora ben sotto ai vent’anni, ed era più che legittimo un appannamento. Ma il 13 agosto 1978, a Mazatlan, contro il forte Hector Cortez, Salvador, fugò ogni dubbio, stroncando l’avversario con un perentorio ko alla settima ripresa, dando un segno inequivocabile delle sue qualità, ben oltre l’epilogo.
Nei piani di Rosas però, gli appuntamenti importanti dovevano ancora aspettare e dopo Cortez, continuò a proporre al suo pupillo, pugili forti, alcuni pure molto esperti, ma non ancora dei super. A tutto questo aggiunse diverse “capatine” sui duri ring americani. La risposta di Sanchez fu all’altezza della fama che si stava costruendo, match dopo match. Una striscia di dieci successi tutti vinti in maniera perentoria, compreso quello chiusosi ai punti contro Fel Clemente, uno che tre anni prima aveva combattuto per il titolo mondiale dei piuma. Terrificante, poi, il KO tecnico col quale chiuse i conti con Felix Trinidad senior (il padre di cului che è stato per chi scrive, assieme a Lennox Lewis, il miglior pugile degli anni ’90). Ancora un incontro in un tempio del pugilato, l’Olympic Auditorium di Los Angeles, contro Richard Rotelle, ed ancora un KO. Indi, per testimoniare il suo essere fenomeno a soli vent’anni, sul ring di Guadalajara, un altro KO ai danni di Rafael Gandarilla. I pesi piuma avevano così trovato un nuovo protagonista da proiettare sulla scena mondiale. Di questa nuova dimensione ne ebbe piena consapevolezza Cristobal Rosas che, con un atto di coraggio, tanto criticato da una parte dell’osservatorio, colse al volo l’opportunità di un match mondiale contro un mostro sacro del pugilato di quei tempi, Danny Lopez. Costui, soprannominato Little Red, il piccolo rosso, era stato nominato, dal gotha dei giornalisti di pugilato raccolti nella rivista Ring Magazine, il miglior pugile del mondo, nel 1979. Campione mondiale dei piuma da quattro anni e con ben nove successi iridati, il ventottenne californiano, nel pieno della maturità atletica, non pensava a Sanchez come un avversario in grado di potergli togliere il titolo. Ma sul ring del Memorial Coliseum di Phornix, in Arizona, ebbe l’amara sorpresa di trovarsi di fronte ad un fenomeno. Lui, il piccolo rosso, che aveva steso e abbattuto fior di campioni, si trovò da subito nelle insolite vesti di uno che si doveva difendere: quel giovane lo guardava in faccia irriverente e lo anticipava sistematicamente. In ogni ripresa, mettendo in mostra l’università del pugilato, attraverso jub, montanti, ganci e diretti con ambo le braccia, Salvador Sanchez si dimostrò il veterano di mille battaglie. Il giovane messicano cambiò pure guardia, mettendo inoltre in evidenza una velocità che non gli si riconosceva. Per Lopez il match si dimostrò un calvario. Quando già era larghissimamente in vantaggio, Salvador, con una gragnola di colpi seppellì il californiano alla tredicesima ripresa, costringendo l’arbitro a decretare la sua vittoria per KO tecnico. Ad appena 21 anni, e con una condotta da pugile in grado di aprire una leggenda, Sanchez diventò il nuovo campione del mondo dei piuma, versione WBC.
Aldilà della cintura conquistata, la carriera di Salvador, ed il suo essere fenomeno, trovarono il loro peso supremo, in un dato che vado a spiegare e che mentre scrivo mi fa venire i brividi: con o senza la voglia di strafare e di guadagnare di Cristobal Rosas, l’ancor giovanissimo Sanchez arriverà, comprendendo il match che gli valse il titolo, a combattere per ben sei volte per la massima cintura in tredici mesi! Un record ineguagliato nella storia della boxe! Un match di massima importanza ogni due mesi e qualche giorno, straordinario!
Il contratto relativo al match con Lopez, recitava che in caso di successo di Salvador, si sarebbe dovuta tenere una rivincita entro cinque mesi, ed il messicano la concesse. Prima però, solo settanta giorni dopo la conquista del titolo, mise in palio al Civic Auditorium di Tucson, la freschissima cintura contro Ruben Castillo, un pugile pericoloso, esperto e con un curriculum denso di successi importanti. Sanchez lo vinse senza cercare sincronia con quel ruolo di picchiatore terrificante, che il suo palmares dimostrava: si limitò a dominare l’avversario con la tecnica, a testimonianza dei suoi valori eccelsi. Il verdetto al termine delle 15 riprese gli fu favorevole in maniera netta. Dopo due mesi dall’incontro con Castillo, arrivò la rivincita con Danny Lopez. Sullo sfondo di uno dei templi della boxe come il Caesar’s Palace di Las Vegas, il match si dipanò sulla falsariga del primo, ma stavolta con esiti ancor più brutali per un Lopez che mise tutto se stesso alla ricerca della rivincita. La conclusione per KO tecnico, una ripresa più tardi rispetto al primo match non deve trarre in inganno: Salvador dominò il californiano imponendogli una lezione di pugilato di una pesantezza tale, da stroncare definitivamente la carriera di “little red”, solo sette mesi prima valutato il miglior pugile del mondo, ogni categoria. Qualche settimana dopo, furono proprio le parole di Lopez a suggellare la grandezza di Sanchez: “Questo pugile entrerà nella storia, è fortissimo dappertutto, ed è troppo giovane!”.
Due mesi dopo la rivincita col californiano, al Joe Freeman Coliseum di San Antonio, Salvador Sanchez era di nuovo sul ring, a mettere in palio il suo titolo mondiale. L’avversario, Patrick Ford, un pugile della Guaiana, pieno di mestiere e con un evidente palmares, aveva tutta l’aria del boxeur da evitare, perché adatto a tendere un’imboscata. L’incontro però, suggellò ancora una volta la grande completezza di Salvador, un picchiatore per palmares, in tecnico sopraffino di fronte alle necessità, ed uno che sul ring, anche nei momenti di difficoltà, sapeva seminare intelligenza. Alla quindicesima ripresa, dopo aver vinto il match con largo vantaggio di punti, Sanchez si vide assegnare l’incontro per intervento medico: Ford, col volto tumefatto, ed una pericolosa ferita fu fermato, ma il match non aveva più storia da tempo.
Dopo tre mesi, sull’orizzonte di Salvador si presentarono i primi echi della grande rivalità che ha sempre diviso messicani e portoricani, nelle spoglie di un pugile tra i più belli, resistenti e velenosi in circolazione: Juan La Porte. Nella storia di questo fighter coetaneo di Sanchez, che ha portato la sua figura a calcare i ring fino a tre anni fa (40 anni), ci stavano, all’epoca dello scontro col messicano, solo 15 match da professionista, ma la cosa non deve ingannare, perché i portoricani, a differenza dei messicani, fanno da sempre esordire i loro pugili al professionismo più tardi, ma hanno ben altri modi di temprarli e dopo 10 match nella massima serie, sono già pronti a qualsiasi confronto. I “figli di San Juan de Portorico”, sono smaliziati come pochi e decisi a fare del pugilato una ragione di vita, o meglio una rivincita con quello che l’esistenza ha imposto loro all’atto della nascita.
Il match fra Sanchez e La Porte, si tenne il tredici dicembre 1980 al County Coliseum di El Paso, in Texas. Fu un bellissimo match, anche perché La Porte oltre ad essere un combattente nato, possedeva una tecnica sopraffina e un’arma che rappresentava per Salvador una variabile nuova fra i pugili incontrati per il titolo: la capacità di incassare cannonate e pure di schivare i colpi. Sanchez ebbe momenti di sofferenza, ma impose chiaramente i diritti della sua classe eccelsa e vinse chiaramente ai punti. Dopo due mesi, il suo crescendo impressionante, lo portò di nuovo sul tempio del Caesar’s Palace di Las Vegas per affrontare, titolo in palio, il campione europeo dei piuma, lo spagnolo Roberto Costanon. Anche quel match non ebbe storia e finì nel palmares del messicano, grazie ad una vittoria per KO tecnico alla decima ripresa. In tredici mesi, Salvador, era stato capace di combattere per sei volte per il titolo mondiale, vincendo sempre senza problemi! Era una realtà luccicante del pugilato mondiale, a nemmeno 22 anni!
Quale match per entrare nella leggenda?
Sull’orizzonte del giovane messicano, c’era il campione della WBA Eusebio Pedroza, per un incontro che avrebbe potuto unificare il titolo, oppure, sempre da quella sigla, il campione mondiale dei supergallo, un terribile picchiatore imbattuto dopo 32 match fa professionista, tutti vinti per KO, escluso uno solo, Wilfredo “bazooka” Gomez!
Fu scelto quest’ultimo, portoricano anch’esso, e di tre anni più anziano di Salvador. Prima però, Cristobal Rosas fece sostenere al suo pupillo, a Los Angeles, un incontro non valido per il titolo, ma con un pugile che valeva certamente quanto uno sfidante, Nicky Perez. Costui, battuto da Gomez quasi due anni prima per KO alla quinta ripresa, riuscì a contenere Sanchez per tutte le 10 riprese, anche se uscì sconfitto chiaramente ai punti. Fu proprio il non certo molto opportuno incontro con Perez e la sua conclusione ai punti, a fare di Gomez, il preferito dei pronostici alla vigilia del grande incontro del Caesar’s Palace di Las Vegas. Ma Salvador, doveva e voleva entrare nella leggenda, ed il tempio crescente della boxe mondiale, poté assistere a quello che rimarrà il capolavoro di questo giovane ed incomparabile artista dell’altipiano. Il match, presentato alla grande come fosse uno scontro fra due titani dei pesi massimi, con centinaia di televisioni a bordo ring ed una diffusione mondiale, vide sorgere una stella. Salvador Sanchez, per nulla intimorito dal pugno devastante e dalla velenosa condotta di un grande come Gomez, anch’esso dotato di una cintura mondiale, lo seppellì. Gli fu superiore in tutto: nella tecnica, nell’incassare i colpi, nel portarli e persino nella potenza! All’ottavo round, quando il portoricano era ridotto ad un burattino di pezza nelle mani della costruita leggenda messicana, l’arbitro fu costretto a decretare la fine di un calvario che avrebbe potuto nuocere alla salute di Gomez. Con quella vittoria per KO tecnico, Salvador era divenuto un divino della “noble art”, un campione da strappare le lacrime agli occhi di tutti, e non solo di quelli che han sempre compreso i dettami di questa disciplina.
Ricordo i commenti d’ammirazione e stupore di gente comune, dopo aver visto il match in TV. Ricordo un vecchio pugile che insegnava ai ragazzi la tecnica, per fare di questo sport non quello che in tanti o troppi dicono, venirmi incontro con un rivolo di lacrime che scendevano sulle guance e dirmi: “Voglio la registrazione di questo match, per farla vedere ai ragazzi che vengono in palestra. Salvador Sanchez non è un pugile è la perfezione. Questo incontro non rappresenta, è, il pugilato!”.
E come non dar ragione a quell’uomo che aveva visto i più grandi! Salvador, era stato davvero sublime e perfetto. Ricordo pure mio fratello, uno che ha sempre visto la boxe come il fumo negli occhi, dirmi che si era esaltato come quando poteva vedere uno scalatore involarsi, con la sua bicicletta, verso quella montagna da sempre mito del ciclismo. Salvador Sanchez ci aveva conquistato tutti: Gomez, un campione con la “C” maiuscola, uno dal pugno che poteva stroncare un toro, affrontato a viso aperto sull’ideale terreno del suo essere picchiatore, era stato ridotto a fantoccio tra le sue mani. Il giovane dell’altipiano che leggeva Neruda e ascoltava Santana, era un uomo dai valori eccelsi, anche perché aveva dimostrato ancora una volta un’intelligenza non comune.
Il richiamo di quell’incontro, provocò negli avversari di Sanchez la condizione ideale per affrontarlo: la convinzione di dover giocare al massimo le proprie possibilità, perché contro di lui ogni ripresa era guadagnata. In altre parole, non avevano nulla da perdere, una condizione ideale in tante discipline e nella boxe in particolare. La concretizzò subito un inglese, Pat Cowdell, che aveva detronizzato Costanon dal titolo europeo dei piuma, il quale si presentò all’Astrodrome di Houston, quattro mesi dopo lo storico match con Gomez, per togliere a Salvador il titolo mondiale.
Fu l’incontro in assoluto più difficile che Sanchez abbia mai sostenuto con la cintura in palio. Cowdell fece il match della vita, ed il suo pugilato sgusciante ebbe la fortuna di aggiungersi alla pessima giornata del messicano. Una congiunzione che nella boxe, spesso si paga con interessi ben più deleteri che in altre discipline. Alla quindicesima ripresa, l’incontro vedeva il britannico con uno o due punti di vantaggio, ma nel quindicesimo ed ultimo round, Salvador, raccolse la concentrazione e le virtù necessarie per dominare la ripresa e spedire al tappeto, anche se in maniera non decisiva, Cowdell. Bastò, comunque, per guadagnarsi il verdetto, seppur in “split decision”, decisione non unanime.
La stentata vittoria e la promessa di una rivincita, rappresentarono per Sanchez un fatto d’onore e di rispetto verso quel pugile d’oltre oceano, venuto ad affrontarlo senza timori reverenziali, ma per imposizioni a cui nessuno può sfuggire, quella rivincita all’inglese Salvador non la poté dare.
Cinque mesi dopo, sul ring della Reunion Arena di Dallas, il messicano dalla faccia e dal portamento che stava stuzzicando Hollywood, affrontò con titolo in palio, il pericoloso connazionale Jorge Garcia, vincendo chiaramente ai punti, ma le solite cassandre, che nel pugilato spesso assumono connotati fastidiosi e provocatori, cominciarono a parlare sulle pagine dei loro giornali, di un Salvador in difficoltà. In realtà, era un modo per vederlo di fronte a qualche altro pugile che potesse contenere, nel suo seno, facoltà simili a quelle di Gomez. E solo due mesi dopo, nello scenario del Madison Square Garden di New York, in quello che è da considerarsi il tempio perenne della boxe, Salvador Sanchez, affrontò colui che più di ogni altro possedeva le caratteristiche del portoricano, il ghanese Azumah Nelson (uno che è arrivato a combattere fino ai 40 anni).
Fu un ennesimo scontro fra titani, vinto con chiarezza da Sanchez, ed un epilogo analogo a quello con Gomez, anche se avvenuto all’ultima ripresa. Sicuramente Nelson, poi divenuto negli anni un grande della storia della boxe, mise più in difficoltà il campione, di quanto non fosse riuscito al portoricano, ma la vittoria di Salvador non fu mai messa in discussione, per quanto le doti di Azumah potessero, da un momento all’altro, far girare quel match. Ciò non avvenne, perché Sanchez era un pugile superiore a Nelson e questi avrebbe sempre avuto difficoltà con un boxeur che poteva combattere, sia da picchiatore che da tecnico, come il messicano. Lo dico alla luce della visione dei successivi incontri di Azumah contro Gomez, Whitaker, La Porte e Fenech e, pur giudicando il ghanese un pugile tra i migliori, mi sento tranquillo nell’affermare che Salvador gli fosse superiore. Quando poi leggo autorevoli commentatori internazionali, dichiarare che Azumah fu sconfitto da Sanchez, perché era ancora troppo giovane, non posso far altro che sorridere: aveva un anno in più di Salvador e se si presentò a quel match con minori incontri da professionista, possedeva una carriera dilettantistica e una maturità fisica, che non potevano certo porlo in condizioni di inferiorità.
L’incontro col ghanese al Madison, tenutosi il ventuno luglio 1982, mise Salvador Sanchez nelle condizioni di entrare fra i grandi della boxe, anche per quelli che basano i loro giudizi, solo ed esclusivamente sulla statistica. In fondo, il giovane messicano, aveva in poco più di due anni combattuto ben 10 volte per il titolo mondiale, un record tutt’oggi ineguagliato. Era forte, all’indomani del Madison, la domanda su quali potevano essere i programmi futuri di Sanchez e che cosa avrebbe scelto per lui Cristobal Rosas. Non ci fu il tempo per vederne le minime tracce, perché ventidue giorni dopo il match con Azumah Nelson, il più crudele dei destini, volle porsi di fronte a Salvador per un match impari. Quello che non era riuscito a nessuno dalle umane sembianze, riuscì alle mani che mai si vedono, ma spingono i nostri destini, le nostre speranze, ed il bisogno inconscio di continuare a tracciare. Salvador Sanchez, per il rimorchio di quel trattore finito sulla strada di Queretaro perse la vita, quella giovane esistenza che l’aveva eletto pugile straordinario, per le rare stimmate di cui era stato dotato. Era avviato verso una leggenda che, l’improvvisa e tanto prematura morte, sancì nel modo più cruento.
Sono passati poco più di vent’anni, ma sembra ieri, anche perché il solco tracciato da questo ragazzo, semplice e così sensibile alla normalità degli uomini, rilancia i suoi echi ogni giorno in chi ha avuto la fortuna di vederlo.
La leggenda e l’orgoglio messicano che lui incarnò nello sport rappresentano un immutato tenue momento di sorriso, sullo sfondo di un paese tanto grande quanto povero.
Salvador, con quei suoi folti capelli e quello sguardo tanto significativo, continuano a camminare sull’altipiano e, sovente, li ritroviamo sui ring, quando vediamo uno che solo lontanamente gli assomiglia. E’ vivo nei cuori e nelle passioni, è immortale per le consistenze del suo tratto. E’ la speranza “che si può”, per chi ancora oggi si avvicina a quell’arte di cui è stato profeta e, come allora strappava le lacrime per la sua grande onestà d’artista sul ring, oggi le fa scorrere alla constatazione di non concederci la sua mano per stringerla. Salvador, veleggia nei cuori dello sport, come una piuma, quel peso che lo vide inimitabile e che ancora gli permette di dipingere affreschi, nel suo nuovo status di immortale. (Morris)

A SALVADOR
.........Il vento soffiava
la fatica nello spingere quel carro
sulla terra screpolata dalla siccità,
coi cuori appassiti
ogni giorno
nella ricerca di un pugno di farina.
Un mulo con bisacce vuote
un cane a cui si contavan
gli anelli della spina dorsale,
un gatto inselvatichito
che miagolava ferito
la mancanza di lucertole,
un odore acre
che arrivava da lontano
cosparso di grigio.
Un paesaggio infinito e confuso
che graffiava l’orizzonte
e dietro uno sguardo
la semplicità d’un sorriso
che orchestrava una speranza di vita.
Grazie mio signore
d’avermi dato un pennello
ed un quadrato come cornice
per non morire
cercando ogni giorno di vivere........

Morris



 

Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 16/11/2004 alle 17:54
Ieri sera avevo memorizzato questa pagina sul compiuter, ed oggi l'ho succhiata piano piano.
Bella come gli accordi tirati e vibrati di Carlos Santana.
Grande Morris, spero davvero che il libro esca, perchè se anche solo un decimo delle pagine fossero su questi livelli direi che è imperdibile.
Roba da matti, mi fà persino sentire un cazzone per non avere mai seguito la boxe.

 

____________________
Davide

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 3567
Registrato: Jul 2004

  postato il 16/11/2004 alle 19:52
BELLISSIMO!!!!

scritti cosi'intensi,appassonanti nella loro lucida semplicita'e capaci di regalare forti emozioni anche a chi nn ha mai amato tale sport beh sarebbe un delitto nn poterli far leggere a tutti...

spero tanto che col tempo ed il mitigar di emozioni cosi forti quanto negative sulla tragedia a tutti noi comune consumata quest'anno potrai un giorno trovare la forza e la serenita'almeno parziale di scrivere un libro ad altrettato genio sportivo e persona di grandi valori quale ancora piangiamo affranti al solo ricordo....

 

____________________
Giuseppe Matranga

www.cicloweb.it

 
E-Mail User Edit Post Visit User's Homepage

Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 16/11/2004 alle 22:06
Non ho mai seguito il pugilato, l'ho già scritto, ma le storie di boxe non possono che far tornare in mente il bellissimo film-documentario "when we were kings", storia filmata dell'incontro-scontro tra Mohammed Alì e George Foreman, nel cuore dell'africa nera.
Il gran burattinaio Don King portò il luccicante dollarificio della boxe a kinshasa nello zaire, simbolicamente inteso come la patria perduta di tutte le genti di colore strappate alla madre africa, caricate a forza sulle galere dell'uomo bianco.
Per far da corollario al match scritturò numerosi neroamericani del mondo dello spettacolo e della musica, come sex machine James Brown e lady soul Aretha Franklin, icone della negritudine emancipatasi dal ghetto.
E lui, l'uomo conosciuto un tempo come Cassius Clay, ritratto quando già si credeva che avesse imboccato il viale del tramonto.
George Foreman era il pugile più potente in circolazione, dotato di un pugno simile ad un maglio di ferro, ed era assai più nero di pelle che non Mohammed Alì, il quale però ebbe sin da subito il favore del pubblico, le torme di ragazzini a piedi scalzi lungo le strade di kinshasa inneggiavano a lui, gridando festanti "Alì buma ye, Alì buma ye", Alì ammazzalo.
Mohammed Alì era l'uomo che aveva rifiutato il nome imposto alla sua famiglia dai negrieri, Mohammed Alì era l'uomo che si era rifiutato di vestire l'uniforme e di andare a sparare contro la gente del vietnam in nome di uno stato razzista e imperialista.
Foreman di conseguenza incarnò il ruolo del negro corrotto e imborghesito, ammaliato dal denaro e dal vizio degli uomini occidentali, probabilmente suo malgrado, giacchè molti lo descrivono come un gigante buono.
"Too fast, too fast" gigioneggiava Alì, allenandosi davanti alla cinepresa che non lo mollava un istante.
Sul ring durante l'incontro incassò pugni granitici ripresa dopo ripresa, le mazzate di Foreman si abbattevano sulle sue braccia più e più volte, eppure trovava la forza e lo spirito per farsi beffe del suo avversario e gli gridava "George! picchia più forte perchè non ti sento!".
Foreman era sorpreso e sempre più stanco, non capiva come l'altro pugile potesse incassare così tanti colpi ed essere ancora agile sulle gambe, mentre le sue membra diventavano sempre più rigide e lente.
Too fast, Alì sparò un cazzotto missile, invisibile, la sua macchina umana per un istante violò la velocità della luce e pochi realizzarono quanto era accaduto se non quando Foreman si accasciò a terra con tutto il proprio peso massimo.
Nel film l'anziano commentatore per la tv racconta di come nella pellicola manchino alcuni fotogrammi di quel colpo, too fast persino per la cinepresa.

 

____________________
Davide

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 17/11/2004 alle 00:20
Grazie ragazzi, grazie di cuore.
Di racconti simili, su campioni di una ventina di discipline, ho preparato un paio di libri "Graffiti 1" e "Graffiti 2", ma fino ad oggi i rischi di trovarmi di fronte un editore che mi li vuole trasformare in gossip, o ridurre a scheletriche monografie, è stato troppo forte. Vedremo nel domani.

Il tuo riporto sul mitico match di Kinshasa, mi ha creato i soliti brividi nella schiena....
Fu una lezione di noble art, unica nella storia dei pesi massimi.
Mohammed Alì in origine era un mediomassimo, in questa categoria vinse le Olimpiadi di Roma e per questo, aveva ereditato un gioco di gambe e di braccia decisamente straordinari per libbre superiori. Ma il suo talento era tale che il peso non poteva sfregiarlo più di tanto. Al resto, pensava la sua intelligenza non comune.
Alì, Sugar Robinson e Salvador Sanchez, sono stati, per me, le massime espressioni della "noble art". Tra l'altro, si dividevano bene, per le fasce di peso che rappresentavano.

Un abbraccio ragazzi!

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 17/11/2004 alle 00:33
E' un piacere leggerti e mi dispiace che per ovvii motivi tu non possa scrivere apertamente delle tante vittorie che hanno ottenuto i tuoi atleti (e soprattutto le tue atlete).
Adesso vado a leggermi il tuo mega-file sul doping.
A presto

 

____________________
Davide

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 25/11/2004 alle 17:32
Carissimo Bottecchia, oggi, mentre sistemavo il menaboo di un mio prossimo libro, “Graffiti Due”, ho avuto modo di rileggermi il lunghissimo ritratto-monografia sul grande Alì.
Riporto qui, il primo “spezzoncino” (non corretto), quello più sconosciuto e, forse, più interessante alla conoscenza di un personaggio che è da definirsi, in tutti i sensi, un patrimonio culturale e sportivo dei popoli.
E scoprirai, che alla base della sua leggenda di pugile,
c’è un motivo ciclistico nel senso più antropologico.....

Non ti sfuggiranno i motivi del taglio netto, con cui ho concluso questo inserimento......

Intanto, ho avuto la notizia che "Segnali di fumo", dal quale ho estratto la storia di Salvador Sanchez, uscirà prima della fine dell’anno…
A più tardi.

Un abbraccio!

Morris



IL PITTORE DELLA “NOBLE ART”.

Il 17 gennaio Mohammed Alì, alias Cassius Clay, compirà 63 anni. Dire che è stato il più grande pugile del secolo, può apparire persino riduttivo al cospetto di un personaggio che ha saputo uscire dal suo sport, per altro da sempre prodromo di discussioni sull’opportunità o meno di tenerlo in vita, divenendo un messaggero di pace e di positivo convivio fra gli uomini. Da ormai venti anni lotta contro il morbo di Parkinson col medesimo coraggio e la stessa capacità di soffrire, nonché la stessa baldanza che aveva sul ring.
Alì, è stato pugile e personaggio unico al punto che le letture sulla sua vita e sulla sua arte, vanno spesso nelle direzioni di un impegno intellettuale nel richiamare e giudicare il suo percorso. Tante parole sono state dette e scritte su di lui, molte tutte uguali, quasi fosse ovvio esprimerle in quel modo, con l’univocità nelle vesti di legge narrata con tanto di codice. Dico subito che io non mi sento fra quelli che lo vogliono spiegare, intingendo il proprio scrivere sull’ovvio detto e ridetto, anche perché non corrisponderebbe al vero: primo per il mio stile a volte originale, a volte provocatorio e spesso disponibile a innalzare la figura interpretata dal soggetto narrato e secondo, diretta conseguenza del mio io, dalla conoscenza non giornalistica dello sportivo, coi suoi drammi, le sue paure e quei timori che lo fanno cristallo, bello da vedere, ma fragile ed indifeso più di quanto si pensi. Sembra paradossale, ma c’è una profonda differenza fra il giornalista che scrive sui fatti spesso con freddezza, non per stile, ma perché non conosce l’atleta, la sua psicologia, il suo valore nel fare arte e, perché no, storia, e l’operatore che, come me, ha avuto la fortuna di stare vicino all’atleta in altro ruolo e che ha così potuto conoscere il sottile istmo che unisce il fatto ufficiale e il percorso interno ed esterno che vi sta dietro. Non ho mai conosciuto Clay di persona, ma ho letto e parlato con tanta gente che l’ha conosciuto. Conosco però i pugili, spesso meno suonati di quanto è comune pensare, ed ho trovato persone che potrebbero fare i Presidenti del Consiglio visto il panorama della politica italiana; persone con un’anima, un coraggio e dei sentimenti ben superiori alla norma degli atleti. Persone che vivono la vita come una lotta sulla quale c’è la cattiveria che gli altri ti impongono e c’è quella società, che è ben lungi dall’essere giusta, che ti presenta varie sfaccettature sotto forma di avversari da affrontare a viso aperto e, come te, pieni di timore se non vera e propria paura.
Per questi motivi mi sento di poter dire la mia su Cassius Clay o Mohammed Alì e di farlo con una certa cognizione di causa, ma so pure che le opinioni espresse non sono altri che una lettura che si va ad aggiungere a quella di altri, in un enorme condensato di giudizi, che fanno di questo figlio del nostro tempo, una figura evidente e legittima nella sua pretesa di ergersi ad esempio.


LA SUA VITA E LA SUA CARRIERA

Le origini.
Cassius Clay, nacque a Lousville, nel Kentucky, il 17 gennaio 1942, figlio di Cassius Marcellus e di Odessa. Il baffuto padre possedeva una marcata vena artistica rattrappita dalla condizione sociale e dal “vizietto” di alzare sovente il gomito. Si guadagnava da vivere incantando la gente per strada, suonando e cantando, o disegnando santi sui marciapiedi. Spesso, i danari raccolti, servivano a dare carezze all’amico alcol per la disperazione della moglie, anch’essa con una evidente vena artistica, sfogata nella preparazione di opere da cucina. Cuoca sopraffina, Odessa, al punto di essere chiamata spesso a portare la sua arte nelle occasioni speciali di un ristorante vicino. Lei, la madre, già rotonda, come molte nere quasi a voler essere inversamente proporzionale alla miseria, guardava il figlio Cassius come un dono sublime, perché sapeva quanto fosse oggettivamente bello e perché era così loquace, da farle quella compagnia che il marito, spesso lontano di corpo e di mente, non sapeva darle. Il piccolo, meritava le sue amorose attenzioni, anche se agli studi preferiva l’osservazione diretta delle cose, al punto di stupire i più, per il suo acume. Il ragazzino aveva dodici anni, quando il padre, per niente persona priva di sentimenti e la madre, mettendo assieme i loro risparmi, gli regalarono una bicicletta. Un dono gradito e di grandi dimensioni per una famiglia povera come la sua. Il piccolo Cassius lo sapeva bene e guardava quel cavallo d’acciaio, con un condensato di gratitudine e di responsabilità. Ma ebbe poco tempo per pensarci, in quanto, quello stesso giorno, la bicicletta, gli venne rubata. Il ragazzino, con un groppo in gola ed una rabbia fuori dal comune, iniziò a cercarla dappertutto, ma senza risultati. Decise così di rivolgersi a un poliziotto, Joe Martin, conosciuto da tutti per le sue frequentazioni alla Columbia Gym, una palestra dove si insegnava pugilato. Cassius andò nella struttura rimanendo incantato nel vedere quei ragazzi bianchi e neri che si allenavano. Martin lo capì e gli chiese di allenarsi con gli altri: “Sai, la boxe – esordì – potrebbe essere uno sport adatto a te. Intanto io ti prometto che farò di tutto per ritrovare la tua bicicletta!”
Quelle parole e l'idea d'imparare a reagire ad eventuali soprusi, ebbero un potere pressoché decisivo nella nascita di una leggenda.


Cassius Clay dilettante.
Il giovanissimo Cassius, iniziò la boxe nella palestra divenuta la sua seconda casa e scoprì le innate doti che mamma e babbo gli avevano date: una grande coordinazione nei movimenti, una formidabile elasticità e due peculiarità ancor più evidenti, il ritmo e la precisione. Sembrava un mediomassimo naturale quando abbracciò la carriera e già gli avversari non riuscivano a prenderlo. Vinse uno dopo l’altro gli incontri colpendo solo il volto dell’avversario. I suoi occhi sembravano acuti fari neri concentrati sugli obiettivi da colpire. Era già in possesso di un repertorio completo di jab, montante, gancio e diretto destro.
Insomma, non gli mancava niente. Joe Martin gongolava, il ragazzo aveva tutto per imporsi fra i dilettanti, poteva andare alle Olimpiadi.
A soli 15 anni partecipò ai “Golden Glove” di Chicago, una rassegna di grandissima importanza internazionale e giunse ai quarti rimediando contro Kent Green, di cinque anni più anziano, l’unica sconfitta per KO della sua carriera fra i dilettanti e, per trovarne un’altra prima del limite, bisognerà aspettare 23 anni, quando già il vero corso agonistico di Clay era stato concluso.

L’anno dopo, il cammino del giovincello Cassius, nella medesima rassegna, lo portò addirittura in finale. Ma fu il 1959, ad eleggerlo epigone dell’allora vastissimo movimento pugilistico americano. A soli diciassette anni, il ragazzino di Lousville, giunse ancora in finale a Chicago e, solo due settimane dopo, battendo nettamente ai punti il forte australiano Tony Madigan, vinse a New York l’Inter-City Golden Gloves, il più importante torneo degli Stati Uniti ed a ben vedere del mondo, relativamente ai pesi di fascia maggiore. Un mese dopo conquistò il titolo statunitense dei mediomassimi. Il suo cammino, subì un piccolo arresto, con la sconfitta di misura nei quarti di finale ai Giochi Panamericani ad opera di Amos Johnson.
Il 1960, anno olimpico, segnò per Cassius Clay la definitiva conquista dei vertici mondiali. Vinse i Golden Gloves di Chicago, rivinse gli Inter-City a New York, mandando al tappeto Gary Jawish, un pugile dalle eccezionali credenziali, quindi, con un nuovo KO ai danni di Jeff Davis, si confermò campione americano dei mediomassimi sul ring di Toledo. Era il dominatore per i più, quando si presentò agli “Olympic Trials” di San Francisco. Qui, il suo cammino fu impressionante come impressionante fu il KO che seppe infliggere ad Alan Hudson: era così finalmente ed ufficialmente giunto, al biglietto per le Olimpiadi di Roma.
Nel torneo a cinque cerchi, impressionò letteralmente, per la personalità che dimostrò dentro e fuori dal ring. Il giovane Cassius, si dimostrò personaggio già pronto a stimolare di curiosità le penne dei giornalisti, allora decisamente migliori per fantasia e acume rispetto a quelle di oggi. La sua vittoria per KOT sul belga Yves Because negli ottavi, lo elesse vincitore sicuro per quei tanti, giunti appositamente a bordo ring, per vedere colui che era già considerato il nuovo fenomeno della boxe. Nei quarti si trovò di fronte all’orgoglio sovietico, personificato sulle larghe spalle e l’imponenza di Genadiy Schatkov, ma fu un ostacolo che fece una figuraccia al cospetto della classe del già chiacchierone statunitense. Idem, il già conosciuto e battuto australiano Tony Madigan in semifinale.
Lo scontro per l’oro, mise davanti alla tecnica sopraffina di Cassius, colui che veniva considerato il miglior pugile dei paesi comunisti: il polacco Zbigniew Pietrzykowki. Doveva essere una battaglia, ma in realtà fu una passerella per Clay che conquistò l’Olimpiade con un perentorio ed inconfutabile 5 a O.

L’osservatorio del pugilato mondiale, in particolare quello italiano che in quella rassegna aveva presentato diversi pugili di grande valore (Benvenuti su tutti), s’era così arricchito di un nuovo ed originale gioiello.

L’arrivo al professionismo.
L’attesa per verificare il modo rivoluzionario di boxare del giovane Cassius Clay all’impatto coi professionisti, fece piovere sulle riviste americane (e non solo) fiumi di inchiostro. All’esaltazione dei più, completamente presi dalla sua grande capacità di portare i colpi e di usare le gambe, si unirono le voci “stonate” di altri, convinti che il nuovo tipo di boxe del pugile di Lousville, si adattasse perfettamente solo al credo propedeutico del dilettantismo.
Cosa sarebbe stato di Clay anche di fronte al passaggio di peso, dai mediomassimi ai massimi?
Il primo riscontro sul nuovo viale della carriera di Cassius, si consumò 44 giorni dopo il successo olimpico, nella natia Luisville, contro il non certo trascendentale Tunnel Hunsaker. La chiara vittoria ai punti del campioncino non aggiunse nulla al capitolo di ricerca, mentre un primo tassello di significati giunse sul finire del 1960, quando sul ring di Miami Beach, Clay affrontò, vincendo con un perentorio KO, sul più accreditato Herb Siler........

Morris



 
Edit Post

Livello Moreno Argentin




Posts: 372
Registrato: Oct 2004

  postato il 26/11/2004 alle 09:47
Salvador Sanchez è stato sicuramente un grandissimo pugile (lo ricordo con Lopez) ma faccio notare che a quell'epoca c'erano anche un certo Roberto 'manodipietra' Duran ed un certo Marvin Hagler che erano allo stesso livello!!!
 
Edit Post

Livello Tour




Posts: 248
Registrato: Oct 2004

  postato il 26/11/2004 alle 11:23
marvin hagler era un medio..
sanchez un piuma

 

____________________

 
Edit Post

Livello Tour




Posts: 248
Registrato: Oct 2004

  postato il 26/11/2004 alle 11:27
duran era un peso leggero, diventato poi un welter, sanchez er una piuma..
nn sono paragonabili..

 

____________________

 
Edit Post

Livello Moreno Argentin




Posts: 372
Registrato: Oct 2004

  postato il 26/11/2004 alle 12:19
Confronto senza limiti di peso ma solo di classe, personalità, agonismo e palmares.....

Comunque Duran, per me, rimane Hors Categorie confrontato a tutti gli altri....

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 3567
Registrato: Jul 2004

  postato il 26/11/2004 alle 12:43
GRANDE CLAY e grande morris,sarebbe bello ad un forum non proprio informatissimo sulla boxe(anche se vedo che tonymontana e lallo la conoscono eccome..)sentir in modo dettagliato ed affascinante come solo tu sai fare anche la vita professionistica del piu'grande pugile della storia,marciano permettendo...

 

____________________
Giuseppe Matranga

www.cicloweb.it

 
E-Mail User Edit Post Visit User's Homepage

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 25/12/2004 alle 14:46
Lallo
Salvador Sanchez è stato sicuramente un grandissimo pugile (lo ricordo con Lopez) ma faccio notare che a quell'epoca c'erano anche un certo Roberto 'manodipietra' Duran ed un certo Marvin Hagler che erano allo stesso livello!!!


Quando ho scritto la storia di Salvador Sanchez, non volevo certo sminuire la grandezza di altri pugili anche contemporanei a lui, come Hagler e Duran, ma solo riportare agli appassionati di boxe, ai semplici sportivi, o alle persone che amano leggere, i tratti di una figura sconosciuta ai più, ma dalle stimmate umane e pugilistiche enormi. Scrivere dei dimenticati, rappresenta per me una forma d’immanenza crescente, nella boxe come in tutto lo sport, ciclismo compreso. Ora, come tutti, anch’io ho delle opinioni, classifiche di merito o di intensità emotiva, di soggettività sui generis e di oggettività nell’umano sforzo di compassare gli stimoli personali per arrivare all’obiettività.
Qui, ho scritto che la noble art (quindi il pugilato sopraffino fatto di tecnica soprattutto), ha per me tre figure sopra gli altri, che si dividono in tre categorie di peso rappresentati i tre universi principali della boxe: Sanchez per i "piuma", Sugar Robinson per i "medi" e Mohammed Alì per i "massimi". Non ho la pretesa di eleggerli alla verità, ma mi sembrano i migliori, accostandoli alla parte del pugilato che si può ancora definire Noble Art. Ler mie sono opinioni, non faccio classifiche, anche perché c’è chi sostiene, ad esempio ,che un Arguello, possa non aver niente in meno di un Sanchez fra "piuma". Credo però, che il livello di classe "interpeso", debba considerare due variabili che si esemplificano la prima col diverso modo di combattere che il peso spinge e, la seconda, negli avversari che possono limitare l’emergenza della classe del pugile giudicato. Non poco, dunque.
Hagler era un mancino di grande tecnica e di pugno, ma a parte John Mugabi, non ha incontrato avversari ai limite dell’impossibile. Roberto Duran, ad esempio, era un leggero naturale, non un medio, ed in questa categoria il suo pugno "de piedras" era ovviamente meno letale, in più, la sua statura così limitata, lo costringeva a sottoporsi a difficoltà sovrumane per colpire. Quindi, il giudizio su Hagler ci perde, ma si innalza enormemente quello su Duran, il quale però, nella sua grandezza insuperabile di combattente, non aveva la tecnica che amiamo considerare "noble art". Sia chiaro la mia stima per Roberto è enorme (ho sempre tifato per lui, tra l’altro), ma quando prendo come area di paragone la "noble art", con tutto il rispetto che posso avere per il panamense, se voglio essere il più possibile obiettivo, non posso inserirlo al pari di un Robinson, di un Sanchez e di un Alì.
Comunque, per dimostrarti che il mio giudizio su Duran non scalfisce i suoi valori, inserirò in uno specifico thread, il ritratto che su "mano di pietra" ho scritto due anni fa.

Ciao e visto che ti piace il pugilato, ai migliori auguri classici del periodo, voglio aggiungerti quelli di ritrovare una boxe più in linea con la leggenda che è stata nel passato.

Morris


 
Edit Post

Non registrato



  postato il 19/01/2005 alle 02:54
..profili molto interessanti su grandi campioni..eppure, anche se rimango nell'area del parere personale, vorrei dare una voce a chi predilige i pugili "da battaglia" rispetto a quelli tecnici..ad esempio,non ho mai condiviso l'universale ammirazione per Cassius Clay..è stato un grande personaggio, ma sopravvalutato per quanto riguarda le sue doti da ring ( come Leonard, del resto)..un grande oratore, che con Foreman aveva vinto prima di salire sul ring, per tutta una serie di circostanze diciamo "ambientali" e perche' aveva capito che l'unico modo di aver ragione su un pugile indubbiamente piu' forte di lui era quello di far leva sul fattore umano ( carente nel suo avversario). Destino poi volle che a Foreman fosse tolta la possibilita' di una rivincita, altrimenti chissa' che non avremmo visto volare il buon vecchio Ali' per tutto il ring come è successo a Frazier..ora su questo tema ci sarebbe da scrivere molto, ma lascio ad altri le lunghe trattazioni..solo per finire su Clay ricordo, tra l'altro, il generoso Holmes che gli ha concesso di non esser umiliato al suo cospetto..insomma, e con questo so che per molti bestemmio, a mio avviso Cassius Clay è stato soprattutto un grande ipnotizzatore che è riuscito a convincere benissimo se stesso e molti altri di essere stato il piu' grande pugile della storia..un ottimo ballerino, ma il suo cuore era piu' quello dell'esaltato che non quello del guerriero, come molti tratti della sua vita fuori dal ring evidenziano..Robinson invece era si anch'egli un tecnico, ma di ben altra levatura, e pur non riscuotendo la mia massima simpatia, è sicuramente degno di essere ricordato fra i piu' grandi di sempre..su Sanchez non mi pronuncio..non lo conosco bene..per quanto riguarda invece tempi a noi piu' vicini, passi Trinidad (Hopkins permettendo), ma dire che Lennox Lewis sia stato uno dei migliori pugili degli anni novanta..mah..cosi' su due piedi me ne vengono in mente almeno una decina sicuramente superiori..James Toney..Bernard Hopkins.."Winky" Wright..questi sono nomi di veri combattenti, uomini che non hanno mai ceduto il passo a nessuno, che conoscono il tappeto solo come posto per mettere i piedi e non la faccia..tanto per dirne qualcuno ancora in attivita'..loro,come molti altri, presenti e futuri, conosciuti e non, incarnano, a mio avviso, il vero spirito del ring..
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 04/04/2005 alle 00:22
Originariamente inviato da chaliaht

..profili molto interessanti su grandi campioni..eppure, anche se rimango nell'area del parere personale, vorrei dare una voce a chi predilige i pugili "da battaglia" rispetto a quelli tecnici..ad esempio,non ho mai condiviso l'universale ammirazione per Cassius Clay..è stato un grande personaggio, ma sopravvalutato per quanto riguarda le sue doti da ring ( come Leonard, del resto)..un grande oratore, che con Foreman aveva vinto prima di salire sul ring, per tutta una serie di circostanze diciamo "ambientali" e perche' aveva capito che l'unico modo di aver ragione su un pugile indubbiamente piu' forte di lui era quello di far leva sul fattore umano ( carente nel suo avversario). Destino poi volle che a Foreman fosse tolta la possibilita' di una rivincita, altrimenti chissa' che non avremmo visto volare il buon vecchio Ali' per tutto il ring come è successo a Frazier..ora su questo tema ci sarebbe da scrivere molto, ma lascio ad altri le lunghe trattazioni..solo per finire su Clay ricordo, tra l'altro, il generoso Holmes che gli ha concesso di non esser umiliato al suo cospetto..insomma, e con questo so che per molti bestemmio, a mio avviso Cassius Clay è stato soprattutto un grande ipnotizzatore che è riuscito a convincere benissimo se stesso e molti altri di essere stato il piu' grande pugile della storia..un ottimo ballerino, ma il suo cuore era piu' quello dell'esaltato che non quello del guerriero, come molti tratti della sua vita fuori dal ring evidenziano..Robinson invece era si anch'egli un tecnico, ma di ben altra levatura, e pur non riscuotendo la mia massima simpatia, è sicuramente degno di essere ricordato fra i piu' grandi di sempre..su Sanchez non mi pronuncio..non lo conosco bene..per quanto riguarda invece tempi a noi piu' vicini, passi Trinidad (Hopkins permettendo), ma dire che Lennox Lewis sia stato uno dei migliori pugili degli anni novanta..mah..cosi' su due piedi me ne vengono in mente almeno una decina sicuramente superiori..James Toney..Bernard Hopkins.."Winky" Wright..questi sono nomi di veri combattenti, uomini che non hanno mai ceduto il passo a nessuno, che conoscono il tappeto solo come posto per mettere i piedi e non la faccia..tanto per dirne qualcuno ancora in attivita'..loro,come molti altri, presenti e futuri, conosciuti e non, incarnano, a mio avviso, il vero spirito del ring..

Ciao Chaliaht, ho letto il tuo commento....e non lo condivido in diversi passaggi.
Morris ha tre pugili preferiti...Ali, Robinson e Sanchez. Fra le centinaia di pugili straordinari dal dopoguerra ad oggi, ne ha scelti dal mazzo tre....Certamente scelte opinabili (quali altrimenti non lo sarebbero?), ma senz'altro motivate dalle caratteristiche tecniche sicuramente comuni ed eccezionali. Stamina, classe e personalità accomunanotutti tre i pugili scelti da Morris...Diciamo sono il tratto comune, il marchio comune.
Ali è stato straordinario come pugile e come personaggio. Nel tuo commento lo hai demolito....devo dire in modo eccessivo.
Il vero Ali è quello che va dal 1964 al 1967.....dove ha sconfitto pugili come Moore, Cooper, Liston, Pattersson, Chuvalo, Williams, Folley, Mildemberger, London....alcuni di questi veramente forti ....ma con una superiorità tecnica straordinaria...il massimo più veloce che abbia mai visto. dopo il carcere, Ali è tornato a battersi con i Frazier, Foreman, Norton ecc, ma il suo massimo fulgore atletico era andato....nonostante questo, è stato capace di match memorabili. Foreman era superiore? Può essere tutto , ma il match c'è stato e K.O. ci è andato Big George...
E col sistema del poi, sono tutti bravi, a dire che Ali a Kinshasa non poteva che vincere, ma allora perchè Foreman era dato netto favorito? Che è ...i bookmakers sono dei sempliciotti?
La verità è che Ali ridimensionò George...considerato imbattibile (anch'io lo pensavo..), che poi fu messo in difficoltà da un Lyle qualsiasi e battuto dal mediocre Young, in piena crisi (George) di fiducia.....
E prendere ad esempio l'incontro con Holmes è riduttivo. Mi viene da pensare che tu il "Clay" non lo abbia mai visto combattere.....L'Ali prima della galera....
Robinson....ecco dici era un grande. Lo pensano tutti Fleischer diceva che pound for pound era il migliore di sempre. Ma anche in questo caso...quale Robinson dici? Quello che batte Jack La Motta nella notte di S.Valentino o quello che perse due volte di fila con Mel Pender o pareggiò due volte con Fabio Bettini?
Dico questo non per offendere Ray Sugar, ma per ricordarti che il tramonto c'è per tutti e Ali con Holmes può fare il paio con Robinson con Pender...o Bettini....
Sanchez è morto troppo giovane, a mio avviso, per potere essere valutato serenamente. Il buon Morris ne è innamorato, perchè la boxe del messicano incantava....A me ricordava (in meglio..) un altro messicano piuma...Vicente Saldivar....Che ne dici Morris? Ma non so pesarlo...a 21 anni Benitez (ad esempio) poteva essere paragonato al messicano come reisultati...ma proseguendo, non è cresciuto, restando un ottimo pugile, ma non un top ten all time.
Lewis.....io non sono un suo estimatore. Ma dire che non era un guerriero, mi pare troppo..semmai aveva la mascella non di ferro, ma wWright (soprattutto), e Toney e lo stesso Hopkins, è assolutamente opinabile debbano occupare nella storia della boxe un posto più alto. Opinabile non significa certo che non sia possibile, ma perdonami, non condivido la tua certezza e la tua stigmatizzante affermazione.
Ciao!!

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 04/04/2005 alle 03:11
Aldilà della stima enorme verso il pugile, ho scritto la storia di Salvador Sanchez, innanzi tutto per i suoi risvolti umani e per la beffarda tragedia, che ne ha segnato la fine così prematuramente. Non a caso ho inserito questo ritratto nel mio ultimo libro pubblicato, un lavoro che non può certo definirsi sportivo.
E’ sempre difficile collocare con oggettività un pugile (ma anche gli altri sportivi) nelle graduatorie storiche, fra epoche diverse, ambienti e situazioni percorrenti variabili sì distanti.
Ciononostante, la classificazione che ho dato di Sanchez si basa su dei valori inoppugnabili, dettati da una peculiarità che non ha pari nella storia del pugilato (l’unico campione ad aver incontrato pur esordendo giovanissimo solo cinque pugili non inseriti nel “top ten” mondiale), nonché dalle dichiarazioni di Danny Lopez, il suo primo avversario mondiale, il quale ha sempre innalzato le doti straordinarie di quel ragazzo.
Certo la morte così prematura di Salvador, prima del compimento dei 24 anni, lascia un alone di incertezza che non taccio. Ma insiste pure un aspetto che è importante sottolineare: quanti di quelli che son poi venuti dopo, sarebbero stati stroncati prima di definirsi con la presenza di un Sanchez? Giustamente tu, Jan, hai fatto notare il miglior periodo di Alì. Bene, se il “labbro di Lousville”, non fosse stato fermato per tre anni per il suo rifiuto di andare in Vietnam, sarebbe nato quel Frazier che lo mise poi così fortemente in difficoltà? Sanchez avrebbe potuto fermare ulteriormente Nelson, e resta sempre l’esempio dell’ellisse di Gomez, un picchiatore formidabile incapace di essere più quello di prima, dopo aver incontrato Salvador. In sostanza, non è facile giungere all’oggettività senza i match probatori, ma è pur vero che di frecce alla tesi di Sanchez tra i più grandi piuma della storia, ne abbiamo a iosa.

La carriera in cifre di Salvador Sanchez

Data – Avversario - Luogo – Risultato – Titolo eventuale

1975
5/4/75 Al Gardeno Veracruz, Mexico KO-3rd Round
5/25/75 Miguel Ortiz Misantla, Mexico KO-3rd Round
8/10/75 Victor Martinez Misantla, Mexico KO-2nd Round
10/19/75 Cesar Lopez Misantla, Mexico KO-4th Round
11/25/75 Candido Sandoval Mexico City, Mexico KO-7th Round
12/11/75 Fidel Trejo Mexico City, Mexico Won-8 Rounds

1976
1/24/76 Juan Granados Mexico City, Mexico KO-3rd Round
2/25/76 Javier Solis Mexico City, Mexico KO - 7st Round
3/31/76 Serafin Pacheco Mexico City, Mexico KO-4th Round
4/24/76 Jose Chavez Mexico City, Mexico KO- 7th Round
5/26/76 Fidel Trejo Mexico City, Mexico KO - 6th Round
7/5/76 Pedro Sandoval Mexico City, Mexico KO - 9th Round
8/11/76 Joel Valdez Mexico City, Mexico KO - 9th Round
10/31/76 Saul Montana Nuevo Laredo, Mexico KO - 9th Round
12/25/76 Antonio Leon Mexico City, Mexico KO - 10th Round

1977
2/5/77 Raul Lopez Mexicali, Mexico KO - 10th Round
3/12/77 Daniel Felizardo Mexico City, Mexico KO - 5th Round
5/21/77 Rosalio Badillo Mexico City, Mexico KO - 5th Round
9/9/77 Antonio Becerra Misantla, Mexico Lost -12 Round Decision
(For vacant Mexican Bantamweight title).
11/11/77 Jose Soto Los Mochis, Mexico Won - 10 Rounds
12/5/77 Eliseo Cosme Mexico City, Mexico Won - 10 Rounds
1978
4/15/78 Juan Escobar Los Angeles, CA DRAW- 10 Rounds
7/1/78 Jose Sanchez Mexico City, Mexico Won - 10 Rounds
8/13/78 Hector Cortez Masatlan, Mexico KO - 7th Round
9/26/78 Francisco Ponce Houston, Texas KO - 2nd Round
11/21/78 Edwin Alarcon San Antonio, Texas KO - 9th Round
12/16/78 Jose Santana Mexico City, Mexico KO - 2nd Round

1979
2/3/79 Carlos Mimila Mexico City, Mexico KO - 3rd Round
3/13/79 James Martinez San Antonio, Texas Won - 10 Rounds
5/19/79 Salvador Torres Mexico City, Mexico KO - 7th Round
6/17/79 Fel Clemente San Antonio, Texas Won - 12 Rounds
7/22/79 Rosalio Muro San Luis Potosi, Mexico KO - 3rd Round
8/7/79 Felix Trinidad Sr. Houston, Texas KO - 5th Round
9/25/79 Richard Rozelle Los Angeles, CA KO - 3rd Round
12/15/79 Rafael Gandarill Guadalajara, Mexico KO - 5th Round

1980
2/2/80 Danny Lopez Las Vegas, Nevada TKO - 13th Round - (Won World & WBA Featherweight Title.
4/12/80 Ruben Castillo Tucson, Arizona Won - 15 Rounds
6/21/80 Danny Lopez Phoenix, Arizona TKO-14th Round
9/13/80 Patrick Ford San Antonio, Texas Won-15 Rounds
12/13/80 Juan LaPorte El Paso, Texas Won- 15 Rounds

1981
3/22/81 Roberto Castanon Las Vegas, Nevada KO-10th Round
7/11/81 Nicky Perez Los Angeles, CA Won-10 Rounds
8/21/81 Wilfredo Gomez Las Vegas, Nevada KO-8th Round
12/12/81 Pat Cowdell Houston, Texas Won-15 Rounds
1982
5/8/82 Rocky Garcia Dallas, Texas Won-15 Rounds
7/21/82 Azumah Nelson New York, NY TKO-15th Round

Su Vicente Saldivar che dire?
Era un mancino (southpaw, come è più significativo dire nel linguaggio pugilistico), grandissimo picchiatore, ma quando ha incontrato pugili tecnici, in grado di colpire ed evitare i colpi, oppure semplicemente capaci di reagire con gli spostamenti del corpo, alla sua veemente macchina demolitrice, è finito a gambe levate. Forse, anche nel vittorioso match romano col comunque grande Jahnny Famechon, se l’australiano fosse stato più motivato (aveva già deciso di chiudere con quel match), avrebbe avuto vita dura. Tra l’altro s’affermò solo ai punti e nemmeno di molto. Sia chiaro, Saldivar era un gran bel pugile, ma quelle sconfitte stroncanti con Kuniaki Shibata (Ko alla 13esima ripresa) sul ring di casa, e con Eder Jofre, in Brasile, imprimono sul giudizio un peso non indifferente. Restano le vittorie significative con Winstone (due ai punti e una per Ko), ed i terrificanti Ko inflitti ai fortissimi Ramos, Rojas e Robertson. Sempre confrontandolo con Sanchez vi è da dire che Saldivar, pur con una carriera tanto lunga (dal ’61 al ’73), quando si ritirò, il suo ruolino contava solo 40 match, contro i 46 del giovane Salvador.
Dovessi classificare Vicente Saldivar nella storia dei piuma, lo inserirei senz’altro fra i primi dieci, ma non fra i primi cinque. Anche per questo messicano (era nato nella capitale nel 1943), una fine tragica: nel suo caso non per incidente, ma per un male incurabile, a soli 42 anni.

Su Benitez. Il portoricano, oggi con problemi di salute, bruciò decisamente ogni tappa: esordì al professionismo a 15 anni, ed a 17 anni e mezzo, battendo Antonio Cervantes, era già campione del mondo dei welter.
Era fin troppo logica una carriera corta. Senza perdere un incontro, fu privato del titolo per le solite guerre di sigle, ed a ventuno anni incontrò due pugili fortissimi in rapida successione, Carlos Palomino e Ray Sugar Leonard. Col primo la spuntò ai punti, conquistando così ancora una volta il titolo mondiale; con secondo iper-valutato e protetto, uscì sconfitto per Kot alla 15esima ripresa, ma ai punti non era molto distante dall’americano. Con quella sconfitta finì le sue forze migliori, anche se continuò a combattere con significativi successi. Riconquistò un mondiale, stavolta nei medi, contro Mourice Hope, lo difese con Santos e il grande Roberto Duran, per poi finire sconfitto, a 24 anni, con Thomas Hearns per intervento medico (ma era largamente in svantaggio), proprio alla 15esima ripresa. Continuò a combattere fino ai 32 anni (1990), senza più nè arte nè parte e lì si rovinò.

Jan Janssen, tu sei un grande!

Ciao !

Morris


 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 04/04/2005 alle 19:25
Morris, ma non è che janjanssen sei sempre tu, cioè ti fai le domande e ti rispondi con due nick diversi?
Qui abbiamo trovato un altro gigante, la memoria storica del forum è raddoppiata e pure la competenza!
Eccezionali

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 04/04/2005 alle 19:37
no no Morris è uno ed inimitabile....per il resto...siamo conterranei, coetanei (mi pare di avere capito..) ed io sono solo un dilettante....ma con un grande amore per le 2 ruote......

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 04/04/2005 alle 23:42
Bèh, al posto di Davide l'avrei pensato anch'io....
Non sono Jan Jansen, ma questi come ho scritto sopra è un grande!

Nella boxe è un asso, nel ciclismo lo si vede benissimo. Nell'atletica ha mostrato una conoscenza indubbia..... Non ho mai parlato di tennis (in assoluto lo sport che più conosco, perlomeno fino agli anni in cui non era il ribrezzo che si vede...), ma sono sicuro che se lo facessi, troverei nell'occhialuto mezzanese un grande interlocutore!

Un grande!

P.S. Jan, Mezzano, un tempo mi era cara....


 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 04/04/2005 alle 23:54
grazie dei complimenti, Morris. In effetti il tennis, fino all'abuso dei materiali , mi ha sempre interessato......Diciamo che l'ho seguito (bene...) fino alla fine della carriera di Lendl, poi i bombardieri mi hanno annoiato un pò......
Boxe, ciclismo e tennis sono gli sport che più ho seguito, ma anche l'atletica leggera mi è sempre piaciuta...
Mezzano nel cuore.....caspita, un giorno mi dirai...

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 05/04/2005 alle 00:02
Avrei scommesso i pochi euro che ho, che avresti giudicato il tennis in questa maniera....
Ad una certa età, se si ama lo sport e se vive il lato poetico del gesto, certe conclusioni divengon logiche.
Se poi si ha la fortuna di aver visto i grandi sportivi degli anni sessanta, il dado si può dire .....tratto...

Gli anni di Mezzano sono il '77 - '78 - '79...

Se ti piace l'atletica ti farò un regalo, postando la storia di un personaggio dimenticato, ma incredibile. E' lo sportivo che mi ha creato la più grossa frustata emozionale....concentrata in soli 4 secondi...

Ciao!

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 05/04/2005 alle 01:20
Se è chi penso di aver capito sono ansioso di ri-leggerlo...
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 05/04/2005 alle 01:23
Grazie Mario, penso piacerà anche a Jan, visto come s'è divertito con Lusis!

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 11/04/2005 alle 19:17
..mah..jan eccetera..mi sembra che ti parli addosso senza aver non solo condiviso ma nemmeno capito il senso della mia precedente..fra le varie perle che propini mi vieni a raccontare che il grande periodo di Clay è durato 3 anni..ma lo rileggi quello che scrivi?..non ti rendi conto che con certe affermazioni non fai altro che darmi ragione?.."il piu' grande pugile di sempre" che dura 3 anni..mia nonna in carriola lo avrebbe battuto in quella che tu chiami stamina in maniera molto anglofona..e comunque uno che viene a dirmi che Lewis è migliore di Hopkins non merita per me, dopotutto, neanche una risposta..in ogni caso vedo che hai degli estimatori quindi..continua cosi', se ti fa piacere, continua pure..
 
Edit Post

Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 11/04/2005 alle 20:34
Chaliaht, perché scaldarsi tanto?
Ognuno esprime la propria opinione, siamo qui per questo.

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 11/04/2005 alle 22:24
Caro Chaliaht, scusami, non ti propino proprio niente.
Dico solo la mia , modesta, opinione.
Ho visto Ali combattere nel periodo 64-67...era un pugile fantastico, inimitabile (per me.).
Poi è stato fermato dallo stato americano. Per tre anni non ha potuto combattere.
Quando è tornato, il momento di massimo fulgore atletico era passato. Nonostante questo , ha fatto match memorabili. Contro Oscar Ringo Bonavena, contro Jerry Quarry....poi i tre incontri con Frazier. Il terzo è stato votato come miglior match del secolo. E NON era il miglior Ali. Per quello , io e non altri, lo considero un fenomeno.
La generazione dei massimi allora era eccellente....ha incrociato i guantoni con veri figther..Frazier tre volte, Norton tre volte, Foreman (forse il migliore dei suoi avversari post interruzione...), Bonavena, Shavers, Lyle. Pur non essendo il miglior Ali, è stato in grado di batterli tutti. Opinabile? No..scoring e basta. Fatti insomma.
Il tramonto di Ali è stato triste. Tu forse sei stato influenzato dal suo tramonto più del suo fulgore. Io forse sono più vecchio (credo almeno...ho 50 anni, non so te ....) e mi ricordo molto bene gli "anni belli" pre viet-nam...il memorabile match di Kinsasha poi e quello di Manila...dopo iniziò il tramonto.
Non ho intenzione di convincerti. Scusami se ti ho dato questa impressione.
Pensavo solo di esprimere la mia opinione in un forum di sport. Argomento che si presta alle opinioni come forse nessun altro.
Non me ne avrai se quindi non concordo con te su alcune valutazioni...Hopkins, il boia, avrei voluto vederlo contro altri avversari.
Tooney francamente non mi è mai parso un fenomeno.
Wright nemmeno e Trinidad lo misurerà presto.
Ho insomma nostalgia di un'epoca neanche troppo lontana, quando vi era un solo campione per categoria. E vi erano otto classiche categorie.
Diventare campione del mondo era quindi immensamente più difficile di oggi e molti pugili eccellenti non lo sono neanche mai diventati, dovendo scontrarsi con avversari difficili...Spider Webb, ad esempio, mai lo è diventato pur essendo stato un ottimo medio.
Hopkins ha potuto esprimersi in un'epoca che vedeva il migliore (Jones) andarsene nei supermedi (ma che categoria è?)...bravo pugile, sicuramente, ma non certo per avere battuto un superpiuma ingrassato come De la Hoya.....insomma, difficile valutare i pugili di oggi.
Poche grandi sfide, molte categorie, molti campioni...
Emile Griffith nella sua carriera ha combattuto, perdendo o vincendo, con i seguenti altri campiopni del mondo.....
Denny Moyer 3 volte
Luis Rodriguez 4 volte
Benny Paret 3 volte
Ralph Dupas 2 volte
Dick Tiger 2 volte
Nino Benvenuti 3 volte
Josè Napoles 1 volta
Carlos Monzon 2 volte
Vito Antuofermo 1 volta
Eckhart Dagge 1 volta
Tutti campioni assoluti tranne Dagge.
Ecco , oggi questo non avviene. La boxe è cambiata. Le grandi sfide si contano sulle dita di una mano e i campioni (o campioncini) si evitano, facendo spesso carriere parallele. E quando si incontrano,è solo per interessi televisivo-economici.
Capisco che Hopkins di ciò non abbia colpa. Ne ho stima, ma non riesco a paragonarlo ad altri campioni di tempi per me più "classici".
Scusato l'O.T.
Spero di essermi spiegato bene e non interverrò più in questo topic.
Spero anche, caro Chaliaht, che capirai che in me non c'è amore per nessuna polemica.
Ciao.

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 12/04/2005 alle 01:33
Caro Chaliaht, tu hai chiuso il tuo precedente intervento scrivendo: “James Toney..Bernard Hopkins.."Winky" Wright..questi sono nomi di veri combattenti, uomini che non hanno mai ceduto il passo a nessuno, che conoscono il tappeto solo come posto per mettere i piedi e non la faccia..tanto per dirne qualcuno ancora in attivita'..loro,come molti altri, presenti e futuri, conosciuti e non, incarnano, a mio avviso, il vero spirito del ring..”

La tua è un’opinione, i “pugili da battaglia” come tu li definisci, possono apparire bellissimi, intensi ed esaltanti per molti, ma non tutti la pensano nello stesso modo.
La “noble art” non è stata definita così, per vedere solo dei guerrieri all’ultimo sangue, ma per altro che non spiego, perché lo sai benissimo. Quindi, chi ha opinioni diverse, va rispettato nel medesimo modo col quale si devono rispettare quelli che la pensano come te.
C’è un particolare che balza agli occhi nei tuoi interventi: la convinzione di vedere nei pugili di oggi dei fenomeni, o perlomeno degli evidenti della storia del pugilato. Evidentemente sei giovane. Una simile tesi fa veramente a pugni con la constatazione che il proliferare delle sigle, ha evidenziato molti mediocri, ed un match per il titolo mondiale di oggi, trenta-quaranta anni fa, non sarebbe valso nemmeno un quarto di finale.
Altro aspetto importante: se non ci fosse crisi nella boxe, certi pugili a 40 e più anni, starebbero in pensione e qualcuno gli impedirebbe di farsi del male sul ring, oltre che ad evitare di mettere nel ridicolo uno sport bellissimo.
Bèh io non mi sono esaltato con Toney e nemmeno per l’Hopkins che raggiunge il massimo di carriera a 40 anni circa. Non mi esalto per certi ritorni, li trovo patetici e pericolosi. Non mi vergogno di dire che nemmeno Jones lo vedo un fenomeno, visto che in carriera non ha battuto dei santi, ed è fuggito alla ricerca di conquiste di categorie non sue, fino al punto di imbottirsi di quegli ormoni la cui positività (e dagli americani non si può aspettare altro che questo), è stata resa nota dopo tre anni!
Se siamo sinceri, la boxe da almeno due decenni, vive una crisi di talenti come poche altre, se non nessuna, disciplina.
In questo quadro, giudico Lewis uno dei migliori pugili degli anni 90, per quattro motivi. Primo, era un predestinato già al tempo delle Olimpiadi da lui vinte e nella sua carriera, ha trovato gente che ha sempre cercato di sfuggirgli (Tyson in primis). Parlando con un personaggio grandissimo di questo mondo (tra l’altro libero di ogni interesse si sorta), costui mi disse che il britannico faceva paura a troppi, per trovare una carriera spianata. Secondo, ha saputo superare con l’intelligenza e la tecnica, la debolezza di una mascella fragile (non come quella Hearns, ma simile), fino a battere tutti i migliori massimi (categoria che ha presentato, rispetto ad altre, nell’ultimo ventennio, nonostante tutto, più personaggi di un certo valore).
Terzo, pur non danzando come Clay, ha dimostrato di avere una mobilità di braccia e di gambe, tra le più belle degli ultimi trenta anni della massima categoria. Danzare da massimo, non è come farlo da medio: sarà banale ricordarlo, ma il banale, a volte, è…..significativo.
Quarto, ha saputo smettere quando era giusto smettere, evitando di fare della sua immagine quella di un idiota suonato, come invece avviene, ed è avvenuto, per tanti altri del pugilato e di altri sport.
Bene, quando giudico in questo modo Lewis, forte anche di un palmares incontestabile, non ho certo la pretesa di volerlo imporre agli altri, esprimo solo un’opinione che credo legittima, perlomeno da rispettare.

In quanto ad Alì, oltre a confermare la perfetta disamina di Jan, vorrei solo aggiungere che un Ernie Terrell, californiano dai pugni a rasoio, battuto ai punti chiaramente dall’allora Clay, se fosse nato solo cinque o sei anni dopo, si sarebbe fatto polpette di tanti pugili, ed avrebbe incrinato assai, se non battuto, gente come Frazier e Foreman. Perché dico questo? Per una constatazione che viene dallo sport in generale, soprattutto da quelli ad alto dispendio fisico. Il periodo di massimo fulgore non dura in eterno e nemmeno un lustro e mezzo, ma solo tre-quattro anni. La carriera, dunque, si può allungare, e bene, solo se si possiedono doti mentali superiori, in grado di esaltare quella potenza che è l’ultima ad abbandonare un pugile. Se poi in quei momenti di massimo fulgore incontri uno che è più forte di te e nello scontro dai tutto, il peso di quel match ti rimane a lungo, a volte, specie nel caso di rivincita, ti stronchi la carriera. Sarà un caso, ma il buon Terrell, al pari degli altri incontrati dal Clay non ancora Alì, non sono stati più capaci di rendersi decorosi. Proviamo a chiederci cosa sarebbe stato di Frazier, se avesse incontrato Alì tre anni prima, o questi non fosse stato costretto ad uno stop così lungo. Chiediamocelo anche per Foreman, certo forte come un toro, ma con la zucca di una capra, il quale, dopo la disfatta con Alì, non fu più capace di rendersi degno di quello che si pensava. Infatti, alla stentata vittoria con Lyle (un galeotto dal quale prese un fracasso di diretti destri al volto), si sciolse col modesto Young. Il resto della carriera di George è solo da iscrivere negli annali dei clown. Chiediamoci piuttosto, cosa sarebbe successo se avesse rincontrato Alì, dopo Lyle o Young!
Bene, l’unico appunto che faccio al “labbro di Lousville, è quello di aver continuato anche dopo l’incontro vinto (quattro anni dopo Foreman!) con Leon Spinks, ed è assurdo contare la sconfitta con Holmes (altro penoso che è ritornato da vecchio sul ring per fare il pollo).
Il concetto ben espresso da Jan, circa l’ineluttabilità del tramonto, lo dobbiamo fare sempre nostro, specie quando ci poniamo di fronte ad uno sport così duro come la boxe.

Infine una nota attuale. Nella modestia del panorama, voglio segnalare un welter portoricano, Kermit Cintron (24enne imbattuto, con 24 incontri e 22 vittorie prima del limite), che sfiderà al Caesar Palace di Las Vegas, il 23 aprile prossimo, il messicano Antonio Margarito (25 anni – 36 incontri 32 vittorie di cui 22 prima del limite e 4 sconfitte), per il mondiale WBO. Ho visto Cintron, ed è uno spettacolo. Il messicano è tosto e rappresenta un test credibile. Vedremo se sarà questo pugile di Portorico, a farci riassaporare un po’ di quella boxe ormai rara. Sportitalia dovrebbe trasmettere l’incontro.
Sono due pugili che potrebbero piacerti molto, Chaliaht.

Ciao!


Morris

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 12/04/2005 alle 18:39
..evitero' puntigliose risposte al limite della grafomania per vari motivi, non ultimo quello di non aver piu' molto interesse a dire la mia laddove sento solo vento contrario, anche se molto edulcorato.. sintetizzando, dico che a mio avviso il problema non sia tanto la mia indovinata giovane eta', bensi la vostra(?) non piu' giovanissima che probabilmente vi fa ancora vivere in un mondo che fu, che come tutti i mondi passati sono cosi' belli e dorati.. tralasciando una ovvia concezione del pugilato che mi vede assai distante dalla vostra (si notava?) sono indotto a pensare che entrambi abbiate tifato per Leonard contro Hagler, magari trovando giusta la sua vittoria.. oppure pensate che il fatto che Foreman abbia dovuto combattere su un ring circondato da migliaia di africani che gridavano al suo avversario "uccidilo" in un contesto politico dittatoriale non abbia avuto alcun peso sul suo morale..
mi viene da pensare inoltre che voi due non vi siate mai infilato un paio di guantoni, sentendo cosa si prova quando sanguina il naso.. sapete com'è, il pugilato piu' di altri sport è molto bello, soprattutto quando lo si guarda in poltrona.. io cerco di evitare nelle mie risposte tecnicismi, sfoggi di cultura pugilistica e atteggiamenti "polite", perche' se qualcosa deve trasparire preferisco sia la passione.. che non si giova, a mio avviso, di approcci ingegneristici..che siano proprio questi atteggiamenti tiepidi ad aver mandato in crisi il mondo della boxe? Sapete com'è, quando i lettori sono tutti borghesi benpensanti, l'arte si spenge..
p.s: Non c'era bisogno di aspettare i giornalisti per capire che Jones si dopava, bastava saper guardare..

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 12/04/2005 alle 20:03
Mi dispiace di tornare su una decisione presa...
Per una serena puntualizzazione.
Hagler-Leonard...tifavo per Hagler. Leonard era troppo protetto per essere simpatico. Hagler aveva dovuto passare il vento contrario...Ignorato per anni, schivato era l'underdog che con solo il suo talento, arriva in cima. Nessun paragone col ricco Sugar II...tifavo per Hagler e per me, pur deludendo, aveva vinto. Ma era più di un anno che Marvellous non combatteva....Mugabi pesava ancora evidentemente....
Ali-Frazier , ho sempre tifato Frazier. Mi era più simpatico il buon Smoking Joe...Quando Alì era il "Labbro di Louisville" sapeva rendersi veramente odioso, credici.
Ma oltre il tifo c'è l'analisi tecnica. E tecnicamente Ali (e meno, molto meno Leonard) erano grandi. Grandissimi.
Seconda precisazione. I guantoni li ho messi. Per poco, presso la mitica palestra Edera a Ravenna.
Peso Leggero-superleggero.Alto e secco...61 kg di peso forma facile, per 1,80. Allungo , buon destro, fragile sotto. Durata poco perchè ne buscavo. Non ero bravo. Dignitoso, ma non bravo. Ho scelto altri sport, dove sono riuscito meglio. Sport faticosi anche quelli.
Ma il sudore, l'adrenalina, il "rumore" dei pugni lo ricordo ancora.
Mi piace la passione. Veramente.
Meno l'intolleranza.
Poi , vedi come dietro una tastiera, sia facile farsi un'idea non esatta di chi ci sta di fronte?
Non entro nel problema doping nella boxe. Ci sarebbe da scrivere un libro grosso come un vocabolario. Fisici "ingrossati" artificialmente. Masse scultoree innaturali...eccc. Ma non è il treat giusto.
Ciao e buona serata.

 

[Modificato il 12/04/2005 alle 20:06 by janjanssen]

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 12/04/2005 alle 20:29
..gia'..ma solo se si esce allo scoperto ci si puo' guardare in faccia..e solo se si esce dal "politically correct" si arriva a un reale confronto..nella dialettica come nel pugilato..il tiepido è una temperatura che mi piace solo nella primavera..per quantop mi riguarda rimando la palla..bye..
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 13/04/2005 alle 11:19
..evitero' puntigliose risposte al limite della grafomania per vari motivi, non ultimo quello di non aver piu' molto interesse a dire la mia laddove sento solo vento contrario, anche se molto edulcorato.. sintetizzando, dico che a mio avviso il problema non sia tanto la mia indovinata giovane eta', bensi la vostra(?) non piu' giovanissima che probabilmente vi fa ancora vivere in un mondo che fu, che come tutti i mondi passati sono cosi' belli e dorati.. tralasciando una ovvia concezione del pugilato che mi vede assai distante dalla vostra (si notava?) sono indotto a pensare che entrambi abbiate tifato per Leonard contro Hagler, magari trovando giusta la sua vittoria..


E’ molto superficiale dire che chi ha una certa età vive di ricordi e vede nel passato il rosa e nel presente il nero. Quando uno più anziano dice certe cose ad uno più giovane, spesso lo fa per rammentargli solo il proprio naturale quadrante più largo, in virtù dell’ovvio fatto di avere tanti anni in più, all’interno dei quali ci stanno trasformazioni, oggi d’obbligo quando si discute di sport: il doping su tutte. Poi, approfondendo, si possono disquisire i progressi negli allenamenti eccetera eccetera… Sul pugilato, per giunta, gioca un altro fattore importante: un tempo arrivavano alla boxe da ogni latitudine molti più ragazzi, fra i quali anche degli autentici campioni in fatto di atleticità e con ciò si spiega la minor qualità media dei pugili di oggi rispetto a quelli di trenta quarant’anni fa. Questo vale per molte discipline dure, ciclismo compreso.
Hai capito poco di me. Non ho mai sopportato Leonard, gli ho sempre tifato contro, pur riconoscendogli classe (anche se marcatamente inferiore a diversi altri meno protetti e pure contemporanei a lui). Ho tifato per Mazzinghi, per Sanchez (che qualcuno continua a considerare un picchiatore), per Duran, per Hearns (ancor oggi, nonostante la mascella di vetro, lo giudico superiore al cocco mafiosetto) e per Hagler, col quale “mister protezione” aveva perso o al massimo pareggiato l’incontro farsa che li pose di fronte. Certo, perché in realtà fu un’esibizione che doveva chiudersi pari, ed invece tirarono una fregatura al mancino di Brockton, il quale, dalla delusione, sbatté la porta alla boxe. Non ho mai visto 15 riprese in apparenza violente e con numerosi colpi in faccia, concludersi solo col sudore senza nemmeno un segno, un semplicissimo graffio. Classico delle esibizioni, appunto. Ricordo un incontro dimostrativo fra Oliva e Raininger (due non picchiatori n.d.m), sembrava un match vero e per giunta violento. Su Leonard-Hagler, e sul forte sospetto di farsa (condiviso dai tanti che come me avevano assistito all’esibizione dei due napoletani) posi la domanda direttamente a Tommasi, ma costui scivolò via. In ogni caso, recita o match, la vittoria data a Leonard, fu una presa per il fondoschiena, ma si sapeva che i pesi dei due, sul mondo losco, erano distanti in maniera abissale.
Inoltre, mi pare che dal tuo intervento si evinca un Leonard tecnico, ed un Hagler solo combattente o picchiatore.... Lo trovo riduttivo.

oppure pensate che il fatto che Foreman abbia dovuto combattere su un ring circondato da migliaia di africani che gridavano al suo avversario "uccidilo" in un contesto politico dittatoriale non abbia avuto alcun peso sul suo morale..


In qualsiasi sport, pugilato compreso, il tifo avversario, anche nelle variabili più evidenti, ha un peso, ma sono proprio quelle le condizioni dove si vedono i campioni coi connotati. Foreman tatticamente era un imberbe, mai cresciuto, lo dimostrarono poi Lyle e lo stesso Young. Alì lo sapeva e lo castigò. Giustificare col metro delle particolari condizioni ambientali avverse la sconfitta di Foreman, significa mettere la testa sotto la cenere di un’essenza peculiare all’agonismo sportivo: diverso sarebbe un atteggiamento di tal tipo, di fronte alle avversità politiche, dirigenziali, mediatiche e losche contemporaneamente. Qualche atleta l’ha provato….. Ma nel pugilato, le provocazioni dell’avversario e del pubblico, sono vecchie come il pugilato stesso e Foreman lo sapeva benissimo. In certi ring americani, quindi in uno stato non dittatoriale, si vivono inferni simili a quelli di Kinshasa, ma nessuno li tira mai fuori per giustificare le sconfitte dei beniamini, anzi, sono proprio quei ring ad essere eletti come banco di prova sulle qualità dei pugili. Alì aveva 32 anni, con tre passati lontano non solo dai match, ma dagli allenamenti veri (le esibizioni con Jimmy Ellis erano ovviamente una farsa sul piano prettamente sportivo), ed era più che naturale giocasse tutto quello che poteva, soprattutto l’intelligenza. A Foreman inflisse una punizione che, di fatto, pose fine alla carriera di Foreman. Ah già…. poi il vecchio George seppe ritornare …..Ma lasciamo perdere, questo non è pugilato, è solo fiera del ridicolo, purtroppo ormai asfissiante.

mi viene da pensare inoltre che voi due non vi siate mai infilato un paio di guantoni, sentendo cosa si prova quando sanguina il naso.. sapete com'è, il pugilato piu' di altri sport è molto bello, soprattutto quando lo si guarda in poltrona..


I guantoni li ho infilati una volta e sono salito sul ring di una palestra protetto oltremisura, mentre l’avversario occasionale si disponeva ad essere matato….perché così, il maestro, poteva avere gioco più facile a convincermi di fare il boxeur. Lui credeva fossi troppo veloce e pungente per farmi scappare, inoltre, contemporaneamente, praticavo il karate, quindi ai suoi occhi, dovevo essere un “possibile”. Idee sbagliate, ovviamente. Salii su quel ring, misi a terra due volte quel ragazzo sicuramente consenziente, ma non ci sono più risalito. Per quell’incontro? No di certo, perché non volevo farlo. Considero quella un’esperienza? Assolutamente no, e non mi ha mai pesato. Sono stato vicino a tanti pugili però, ho vissuto le loro ellissi, alcuni fortissimi addirittura tricolori e iridati, altri comunque significativi per il fatto stesso di aver avuto la capacità di mettersi alla prova. Ho fatto il dirigente, a volte persino lo psicologo. Ho cercato di imparare da vicino tecniche di allenamento e scherma pugilistica. L’ho fatto per la boxe come per le altre, tante, tantissime discipline seguite in vari ruoli.
Ma la cosa che non sopporto perché miope in tutto, è quella di voler eleggere ad osservatorio solo quelli che hanno provato, che sono stati qualcuno, magari brocchi, ma pur sempre praticanti. Se così facessimo, lo sport morirebbe per sua insita cecità. Ed il sottoscritto, dalla poltrona di casa, o dai bordi delle strade, delle piste, delle piscine, dei ring e dei campi, di campioncini in erba ne ha scoperti a iosa. Bravo? No, forse non conformista come lo è sempre stato nella vita, divenuto competente per l’umiltà di studiare e capire gli allenatori, avere un rapporto profondo con gli atleti e di non apparire per il gusto di quel protagonismo personale, tanto in voga oggi.

io cerco di evitare nelle mie risposte tecnicismi, sfoggi di cultura pugilistica e atteggiamenti "polite", perche' se qualcosa deve trasparire preferisco sia la passione.. che non si giova, a mio avviso, di approcci ingegneristici..che siano proprio questi atteggiamenti tiepidi ad aver mandato in crisi il mondo della boxe? Sapete com'è, quando i lettori sono tutti borghesi benpensanti, l'arte si spenge..


La passione non spiega tutto, a volte può essere controproducente se la si lascia a se stessa. Fare sfoggio di tecnicismi e cultura, a volte è un obbligo per confrontare, verificare, capire meglio: non è giusto considerare questi atteggiamenti, sempre, come una forma di esibizionismo ammazza passione o tornacontista.
Gli atteggiamenti tiepidi non esistono, non siamo in guerra fra galli, cani, cervi o gatti. L’osservatorio sportivo non è un branco e l’arte non si spegne per la platea borghese e ben pensante. Il mondo della boxe è in crisi per motivi suoi innanzi tutto, in particolare perché non ha saputo leggere i tempi e le nuove variabili agenti sull’individuo. In quanto a me, non sono borghese o benpensante, ma comunista, di un comunismo che non c’è mai stato, fino al midollo. Vedi un po’ tu....

p.s: Non c'era bisogno di aspettare i giornalisti per capire che Jones si dopava, bastava saper guardare…..


Con me sfondi una porta aperta. Qui, come altrove e persino nelle conferenze svolte, ho sempre sostenuto che gli occhi hanno quasi sempre maggior acutezza delle provette. Nei riguardi del doping sul pugilato, attenzione però a non guardare solo i gonfiati di ormoni per andare all’insù, ma pure a quei fisici asciutti e scolpiti che vanno all’ingiù…. sempre tramite altri ormoni e fentermina.

Ciao!

Morris

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 13/04/2005 alle 11:50
...evidentemente non hai molto da fare tutto il giorno e dai sfogo alla tua tastiera..quello che non ha capito nulla sei proprio tu..ti corazzi dietro la cultura pugilistica e soffochi con ridondanti argomentazioni..stile proprio di quelli che non sanno spiegarsi in poche parole..la mia era una evidente provocazione, e non un giudizio, ma pare tu non conosca la differenza..lungi da me fossilizzarmi al par tuo in sterili repliche..ma almeno,cerca di non estrapolare da quello che ho scritto opinabili tesi a tuo favore..per quanto mi riguarda il discorso finisce qui, continua pure a gestire il tuo feudo..passo e chiudo.
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
Registrato: Jul 2004

  postato il 13/04/2005 alle 12:45
Per Morris: non entro nella discussione perchè non conosco assolutamente la boxe, tuttavia lo svolgimento del dialogo lascia la sensazione di un dejà vu, mi torna in mente Pacho e una certa categoria di pensatori.
Comuque, Morris, stai attento a come rispondi, perchè Alì ha dimostrato che le parole sanno fare più vittime dei cazzotti quando sono frutti del pensiero, e chi sa sviluppare il pensiero è un avversario imbattibile, e le tue parole sanno essere sassate micidiali, hai visto quale reazione isterica e incontrollata hanno sollevato, vacci piano.
Saluti a tutti.

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 13/04/2005 alle 13:50
Chaliaht, avessi poco da fare risponderei subito. C’è gente che si aspetta risposte da tempi enormi e talune le dimentico pure. Il forum non è un ring, per me è un divertimento, forse una debolezza, fattene una ragione. Semmai soffoco la gente con ambizioni saccenti come te e le provocazioni, quando danno occasione di rispondere ad opinioni diffuse in un ambiente, sono sempre da raccogliere, perlomeno fino al punto che si ritiene ragionevole. La concisione si usa, quando la si sente, altrimenti da pregio diventa coltello. Non amo i feudi e la tua tradizione e infantile.
 
Edit Post

Non registrato



  postato il 13/04/2005 alle 19:32
..per aranciata barattolo: la reazione isterica l'ha avuta tua madre quando ti ha visto la prima volta e tutte le seguenti,non io.
Tu pero'continua pure a "succhiare piano" il tuo amico morris (come hai scritto in un precedente messaggio) visto che mi da' l'idea di essere incappato in un sito di culattoni che si leccano fra loro..
p.s:suvvia dottor morris,hai anche il coraggio di dare a qualcuno del saccente..scrivi,scrivi..ma ogni tanto fatti una trombatina..

addio a tutti.. e le vostre risposte tenetevele fra voi perche' non vi onorero' piu' della mia presenza..farewell.

 
Edit Post

Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 13/04/2005 alle 19:39
Nessuno sentirà la mancanza di questo personaggio.

Vi preghiamo di non rispondere, perché la stupidità non merita replica.

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 14/04/2005 alle 13:28
..nemmeno tua moglie sente la tua mancanza quando non sei a letto con lei..e in quanto alla stupidita'..chi è stupido la vede dovunque..ora,se non deve dire la sua qualche altro improvvisato estraneo alla questione,tornerei a salutare cordialmente.
 
Edit Post

Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 14/04/2005 alle 15:27
Pensavamo di aver capito che non saresti più tornato ad onorarci della tua presenza.

Siamo troppo liberali per bannare qualcuno, e anche se ci stai mettendo a dura prova non procederemo a questa estrema sanzione. Cicloweb è come il Gabbiano Jonathan: vola alto!

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 19/05/2005 alle 19:37
..mentre meditate sul bannamento (non temete,non mi offenderei..) potete avere conferma di quanto piu' di voi capisco di pugilato..cosa avevate da dire, ad esempio, di Wright? Cazzate, come al solito..ribadisco che è uno dei migliori pugili del momento, ma io questo lo sapevo gia', tocca a voi sacerdoti del Verbo capire che non ne sapete cosi' tanto come credete.. stesso discorso per Toney e Hopkins (o qualcuno pensa davvero che Taylor possa vincere? Con voi non si sa mai..). Salutatemi il gabbiano,che vola cosi' in alto da non santirvi..
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 19/05/2005 alle 23:12
Bravo. Ogni tanto ci prendi.
Impossibile sbagliare sempre. Tooney è un dopato reo confesso....bell'esempio. Comunque complimenti per Wright.
Noi sciocchi, se non ci fossi tu, non sapremmo che pesci prendere.
saluti.

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 23/05/2005 alle 18:59
..ma no..sbagliare sempre è possibile..basta fare come te e commettere l'errore di nascere..tutto il resto è una conseguenza..
..Toney dopato reo confesso è ancora piu' personaggio..tanto prima di diventare un ridicolo buffone come Ali' la strada è ancora lunga..
grazie per i complimenti..e concordo anche sul fatto che sei sciocco..vedo che i rapporti cominciano a migliorare.. basta capire i propri limiti..continua cosi'..

 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 23/05/2005 alle 21:24
Ti diverti con poc o.
Bravo. I bambini fanno così di solito..........

 

[Modificato il 23/05/2005 alle 21:31 by janjanssen]

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Non registrato



  postato il 28/05/2005 alle 00:13
..mah..risposta stupidina e sotto tono..sembra tu abbia finito gli argomenti..non che ne avessi mai avuti molti, ma almeno ci provavi..dai, se fai il bravino e smetti di darmi soddisfazione rispondendomi vedrai che me ne vado davvero..segui l'esempio degli altri..
 
Edit Post

Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 28/05/2005 alle 09:54
Un giorno forse capirò che gusto ci provano gli individui come te ad offendere la gente. ........
Ah..capito...te ne stai dietro una tastiera, lontano...bravo. che "guerriero"!
mah....
Sono di un'altra generazione forse.
Ma di un'altra pasta , sicuramente.
Coniglietto....

 

____________________
pedala che fa bene.....

 
Edit Post

Amministratore




Posts: 5978
Registrato: Aug 2002

  postato il 28/05/2005 alle 14:02
Jan, proprio perché sei di un'altra pasta ti preghiamo di lasciar perdere questo poveretto. Coraggio, torniamo a parlare di ciclismo.
 
Edit Post
<<  1    2  >> Nuovo Thread   Nuovo sondaggio
 
Powered by Lux sulla base di XMB
Lux Forum vers. 1.6
1.5297880