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Autore: Oggetto: Racconti di montagna.

Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 23/03/2006 alle 23:02
Carissimi, estinguo qui un vecchio debito. Uno dei miei, che contraggo per mesi prima di far pace con la coscienza.
Un antefatto: dei molti amici forumistici, uno mi è caro in modo particolare. Alberto, Pedalando di Nickname, ma ormai lo chiamano tutti Lando. La ragione di questa simpatia è anche in una passione comune: la montagna.
Cosa avete capito, non le salite in bicicletta, che io non le digerisco neanche in televisione, ma la montagna intesa come alpinismo, trekking, esplorazione della dimensione “altra” dei monti.

Per farla breve, scopriamo di essere appassionati “scalatori” (lui molto meglio di me, curriculum di tutto rispetto quello del Lando) e di condividere anche la passione delle letture di montagna.
Alberto mi manda un paio di suoi racconti sul tema e mi piacciono parecchio. Gli prometto che sarò il suo editor per Cicloweb. Naturalmente la pigrizia prevale e la cosa accumula ritardo.

Così apro questo 3d davvero OT, ma credo davvero bello. Parte con i due racconti del nostro e proseguirà con qualcosa di mio se riesco e ritrovare i file!

Eccoli "Tecno-solo" e "L'ascensione", due sguardi diversi e ironici sul mondo e sui personaggi della montagna, Bravo Lando.

Buona lettura.


Ps. Lando....mandami la focaccia!!!








TECNO-SOLO


La sveglia iniziò a suonare proiettando sul soffitto della stanza le sue belle cifre rosse. Le 2 del mattino.

Andrea accese istantaneamente il forno a microonde in cui la sera prima aveva preparato due croissant alla marmellata, poi andò a farsi la barba.

Mezz'ora dopo era già sulla sua cherookee lanciato in autostrada verso le montagne.

Grazie al telepass l'unica sosta fu quella al passo per aprire la sbarra che nega l'accesso alla strada sterrata che conduce agli alpeggi.

Quando spense il motore il suo apparato GPS indicava raggiunto il primo dei checkpoint del programma "solitaria 2001".

L'aria ancora fredda era ben contrastata dal calore emanato dai muscoli delle sue gambe che lo stavano portando rapidamente verso la zona degli attacchi. I suoi muscoli stavano dimostrando di aver gradito i mesi di elettro-stimolazione e soprattutto il tapis-roulant che si era messo in sala per compiere comodamente il footing mattutino e serale.

Arrivato alla base della parete Nord accese nuovamente il sistema GPS per trovare facilmente l'attacco della via che aveva intenzione di salire. Lo trovò subito: partiva in corrispondenza di una marcata fessura che saliva in diagonale fino ad un grande diedro nero.

Indossò l'attrezzatura, si applicò il nastro sulle mani per proteggerle dalle affilate fessure e verificò la carica delle batterie del telefonino.

La parete Nord era stata scelta principalmente perchè soddisfaceva completamente le sue esigenze. La salita poteva essere compiuta in giornata, l'avvicinamento era abbastanza comodo, specialmente se si poteva disporre di un fuoristrada (per il permesso, grazie al suo lavoro, non aveva dovuto penare più di tanto). Inoltre sul colle di fronte alla parete c'era una grande antenna: il campo era praticamente garantito.

Andrea procedeva rapidamente, di tiro in tiro, con la libertà di decidere le soste; almeno fino a quando le difficoltà non sarebbero cresciute obbligandolo ad autoassicurarsi.

Tutto stava andando per il meglio, il telefonino marcava sempre 3 tacche, nessuna nuvola appariva all'orizzonte, la roccia era ottima.

Arrivato al grande diedro nero l'orologio segnava le 6.30, era in orario, adesso cominciavano le difficoltà: il diedro saliva diagonalmente e notevolmente in strapiombo formando una specie di grotta. A complicare la salita, la qualità scadente della roccia. Andrea decise di legarsi e procedere in autoassicurazione fino all'uscita dalla zona di roccia instabile. La manovra era molto delicata, doveva salire da primo di cordata sistemando le assicurazioni e passando la corda nel jumar che aveva fissato in vita; arrivato alla sosta avrebbe dovuto fissare la corda, ridiscenderla per liberare il capo legato alla sosta precedente e, lasciandosi penzolare nel vuoto, risalire con le jumar la corda.

Quando finalmente uscì dagli strapiombi si ritrovò in una specie di colatoio esposto a est, la salita si stava facendo dura, un'occhiata al display gli fu sufficiente per realizzare che in quel canale non c'era campo ed erano già le 8. Doveva sbrigarsi ad uscire di lì. Oltretutto con il sole il ghiaccio poteva cominciare a mollare lasciando liberi tutti quei massi che, come delle lentiggini, apparivano lungo il canale.

Negli ultimi 100 metri del canale ebbe la brutta sorpresa di trovare un sottile strato di vetrato, dove si era cacciato..., traversò a destra per raggiungere una zona rocciosa dove poter attrezzare una sosta e continuare in autoassicurazione. Con un rampone nel ghiaccio e l'altro artigliato alla roccia tirò fuori un chiodo, lo appoggiò ad una fessura e cominciò a martellare delicatamente per non farlo saltare. Inaspettato un sasso colpì il manico del martello vicino alla sua mano, tranciando il cordino che lo assicurava all'imbrago; per lo spavento Andrea lasciò il martello che seguì così la corsa del masso. La situazione stava precipitando, la fronte gli si coprì di sudore, la saliva si azzerò, stava sopraggiungendo il panico. Poi ebbe un'idea, prese la piccozza e sfruttando il lato della becca continuò a martellare il chiodo.
Il chiodo era quasi completamente piantato quando un rumore metallico improvviso lo scosse: squillava il telefonino. C'era di nuovo campo!

Il display mostrava il numero dell'ufficio, l'orologio segnava le 9:10 "Pronto? Ingegnere, buon giorno!", Andrea si pose il telefono fra l'orecchio sinistro e la spalla e cercò un cordino da far passare nel chiodo; "ehm, mi scusi se non ho potuto chiamare prima, ho avuto un contrattempo e poi non c'era campo".
Con la mano destra tremolante cercò di fare un nodo inglese, con la sinistra, intanto, serrava la piccozza piantata nuovamente nel ghiaccio...
"No no, stavo facendo le scale, dica pure". Restò in silenzio.
"Si, ieri sera le ho mandato per e-mail la relazione", saggiò il nodo, sembrava tenere, passò un moschettone a ghiera, "bene, se la legga con calma... no, ehm, non la ho sottomano, comunque mi chiami per qualsiasi chiarimento". Aggiunse una staffa e caricò delicatamente il peso senza allentare la presa dalla piccozza.
"Non saprei, credo che, prima di decidere, sarebbe meglio commissionare una perizia tecnica". Cercò un friends piccolo e con esso rinforzò la sosta; poi tirò un respiro di sollievo.

"Come? Sì sto bene non si preoccupi, deve essere la linea disturbata, va bene, lascio il telefono acceso, certo aspetto la sua chiamata, grazie, la saluto".
Quando la linea fu interrotta Andrea elencò, dettagliatamente, tutte le perversioni sessuali che, secondo lui, la madre del suo capo praticava abitualmente con conoscenti e no. Cercò nuovamente la concentrazione, per un attimo valutò l'idea di spegnere il telefonino, poi preparò la corda e la jumar e ripartì all'attacco di quel pezzo di vetrato che lo aveva bloccato.

Con rabbia lo vinse e raggiunse un buon terrazzino fuori dalle difficoltà. Prendendosi molti rischi si calò per recuperare la sosta e risalì nuovamente, poi fece una pausa per bere.
A quel punto dovette scegliere se proseguire lungo la facile via al centro della parete nord-est oppure deviare a destra, e seguire la più difficile cresta nord.
L'esile tacca sul display del telefono lo fece decidere per la cresta, meglio affrontare qualche passaggio di sesto grado che correre il rischio di non farsi trovare dal capo. La presenza del campo gli dava la garanzia di poter chiamare i soccorsi, ovvero, in caso di bisogno; del resto la sua reperibilità gli dava la speranza di una buona carriera. Ovvero, ne aveva l'ambizione.

Per raggiungere la cresta traversò una zona di sfasciumi veramente pericolosa; i 400 metri di parete sotto di lui erano bersagliati dalle piccole frane che si staccavano ad ogni suo passo, usare la corda era impossibile, anzi pericoloso.

Dopo mezz'ora di danza sulle uova raggiunse la cresta; qui il segnale arrivava molto forte e il telefonino, come a dimostrare la sua riconoscenza, squillò nuovamente: "Pronto? Ah ciao Mauro, sì sono uscito dalla parete inferiore", la voce di un amico lo mise di buon umore, "Grazie, ti saluto.... questa notte? Non penso, sarò stanco...".
Un sorriso illuminò il suo viso sporco di terra, "Anche lei? beh, allora vengo, ok ci sentiamo, ciao".
Pensò che era bello avere degli amici che gli organizzavano le serate; specialmente quel tipo di serate.

Con l'allegria nel sangue salì velocemente la cresta, la cui difficoltà non scendeva mai al di sotto del V grado. Fece solo 2 soste: la prima per sostituire le batterie del telefonino, la seconda alla base di un gendarme roccioso che impediva di proseguire lungo la cresta.
Il gendarme offriva il lato debole sulla sinistra, ma lui preferì avventurarsi sul lato più aereo pur di non entrare nel cono d'ombra; oramai era pomeriggio e la chiamata del capo non avrebbe più dovuto tardare.

Fortunatamente aveva portato con sé il perforatore e una manciata di chiodi a pressione. Poté così preparare una sequenza di solidi ancoraggi su cui compiere i pendoli necessari e superare delle placche lisce come porcellana. Dopo più di un'ora di corse, salti e colpi riuscì a riguadagnare la cresta; da quel punto raggiungere la cima fu solo una pura formalità.

Andrea arrivò in vetta quando il sole stava per concludere il suo lavoro quotidiano; il tramonto colorava le pareti della valle, il vento da Nord gli sbatteva il colletto della giacca sulla faccia, una leggera nebbia si andava formando lentamente. Il capo non si era più fatto sentire, forse aveva provato proprio mentre lui stava cambiando le batterie. Per sicurezza chiamò la segreteria ma non c'erano messaggi per lui. Andrea si avviò lungo il sentiero di discesa pervaso da un senso di tristezza; non era la prima volta che restava invano in attesa di poter parlare con il suo capo.
Si chiese se almeno l'avesse letta la sua relazione; poi decise di pensare a qualcosa di più allegro: “questa sera c'é la biondona”.
Squillò nuovamente il telefono: non c’era neanche la biondona.


di Alberto

 

[Modificato il 25/07/2006 alle 01:25 by Monsieur 40%]

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Livello Marco Pantani




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  postato il 23/03/2006 alle 23:04
L'ASCENSIONE



Il suono della sveglia mi obbliga ad alzarmi e spegnerla.

Adesso posso risedermi e finire la mia colazione a base di pane secco e latte caldo. Tsé, adesso dicono che si usa il muesli e tutte quelle porcherie ipocaloriche... i vecchi del gruppo hanno sempre fatto colazione così ed io, lo voglio con tutto il cuore, sarò come loro.

Devo sbrigarmi l'appuntamento é per le 6 sotto la sede e sono già le 5 e un quarto... se non mi sbrigo finirà che non riuscirò ad arrivare per primo; non vorrei che succedesse, io abito a 10 minuti dalla sede, devo sfruttare questo vantaggio.

La mattina inizia alla grande: sono il primo, il freddo si fa sentire ma voglio resistere in maglietta; che tutti possano vedere che anche io, come i vecchi, non soffro il freddo.
Arriva qualcuno, é Mario, il Primo Istruttore; bene, sono arrivato prima di lui... questo sicuramente deporrà a mio favore per la promozione ad aiuto istruttore, almeno lo spero.

"Hai portato tutto?" mi chiede. "Certo é da ieri mattina che é tutto pronto" rispondo fiero. "Hai verificato dalla lista che vi ho preparato io ?" insiste. Pieno di gioia per il suo interessamento lo rassicuro "ho
smarcato la check-list 3 volte, sai ho fatto le fotocopie".

"Check-list? É roba che si mangia?" mi interrompe, vorrei spiegare ma ecco che arrivano gli altri e Lui mi molla lì.
Mannaggia non imparerò mai. Però il sorriso mi torna subito. Come di consueto ci si raccoglie in silenzio e Mario passa la parola ad uno dei suoi assistenti che, mestamente, organizza le macchine e ci illustra il programma della giornata.

Sono felice, passo il viaggio fantasticando sulle prove che dovrò affrontare durante questo fine settimana e mentalmente ripasso i preziosi insegnamenti ricevuti durante gli incontri serali in sede.
Gli altri parlano di lavoro o di calcio; io no, io sono un "prescelto" e non mi faccio distogliere dalla vita cittadina!

Parcheggiate le automobili affrontiamo un'entusiasmante camminata attraverso uno stupendo bosco di conifere; fra i rami, ogni tanto, appaiono Loro... come ogni anno il corso per i novizi si conclude qui e Loro sembrano aspettarci vestite a festa; e noi siamo qui per Loro.

Quest'anno siamo in tanti, qualcuno dovrà dormire per terra, ma non sarà un problema, almeno non per quelli che hanno talento. Una volta Mario mi spiegò che questa uscita finale ha lo scopo di capire chi ha talento e chi no.
"Lo vedi subito da come uno si muove" dice Mario. Devo ponderare i miei gesti, gli altri mi osservano.

Siamo arrivati, é il terzo anno che vengo qui; il semplice "cerimoniale" di insediamento fa dimenticare la stanchezza: noi anziani con pochi gesti essenziali sistemiamo tutto, invece fra quelli che affrontano questa esperienza per la prima volta si nota un po’ di insicurezza, ma é normale, é così per tutti.

La cena viene consumata in allegria però mi sembra che Mario non gradisca troppo; secondo lui non dovremmo lasciarci andare così; domani c'é l'Ascensione.
Ha ragione Lui, però come si fa con Sergio? É proprio una sagoma!
Mario controlla l'orologio: "Va bene ragazzi, é ora di riposare. Domani avremo bisogno di gambe fresche. Non siamo qui per divertirci e ricordate che da adesso non é più' possibile fare rumore". Mentre dice questo guarda seriamente Sergio. Non gli é mai piaciuto; poi dopo quella volta che, in sede, lo ha sorpreso a parlare con un altro su come applicare il buon senso ed il libero arbitrio nella nostra disciplina... "si fa così e basta" urlava, "Io sono il vostro Istruttore, le procedure da seguire sono queste, che ne sai tu di cosa sia giusto o sbagliato ?"

A volte Mario é un po’ rude; ma non posso fare a meno di ammirare la sua enorme saggezza. Lui é stato anche in Nepal!

É mattino, nella piccola costruzione risuonano i tipici rumori dei preparativi per l'Ascensione, gli istruttori sono già tutti schierati sul piazzale con le loro divise rosso fiammante. Mario sta guardando verso l'alto tutto concentrato.
Si volta, ha deciso, adesso sapremo quale sarà l'obbiettivo della nostra Ascensione.

"Ragazzi, oggi non c'é vento quindi non dovremmo avere brutte sorprese. Ho deciso che la cerimonia dell'Ascensione si compirà in onore di quella nuvola là, quella a forma di elefante."

Il monaco del tempio intona la nenia dell'Ascensione, tutti quanti, anziani e novizi, cominciamo a dondolare sulle gambe ed a contemplare la nuvola prescelta. L'atmosfera é sublime, dobbiamo sentire il nostro spirito salire verso la nuvola... soltanto i più preparati riusciranno a realizzare la loro Ascensione.
Sono proprio fiero di appartenere alla "Setta dei contemplatori di Cumuli"

di Alberto

 

[Modificato il 23/03/2006 alle 23:06 by claudiodance]

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Livello Octave Lapize




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  postato il 23/03/2006 alle 23:21


... bellissimi racconti, complimenti ad Alberto-Lando! E te li fa una che è appassinata di montagna, di "trekking" o, come preferisco, di camminate, di vette conquistate con le proprie gambe
Tra i miei progetti per il prossimo autunno c'è proprio un corso di roccia.

 

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"...poi Dio creò la biciletta perché l'uomo ne facesse strumento di fatica e di esaltazione nell'ardito itinerario della vita ..." (monumento al Ghisallo)


L’orizzonte era fatto di monti
che guardavano in fondo la valle.
S'ergevano austeri e inviolati
al cuore d'un credo
provato dal non lontano
ricordo d'una immane prova di vita.... (L'Angelo della Montagna - Morris)

 
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Utente del mese Gennaio 2009




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  postato il 24/03/2006 alle 01:13
Innanzitutto un grazie a Stella Alpina ed al Claudione.
Poi uno scusa a tutti quelli che, vedendo un nuovo
3D di racconti a firma claudiodance, si sono buttati dentro nella
speranza di trovare altri scritti del nostro CDMsC ed invece
hanno dovuto accontentarsi (spero)

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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  postato il 24/03/2006 alle 09:16
Originariamente inviato da pedalando

Innanzitutto un grazie a Stella Alpina ed al Claudione.
Poi uno scusa a tutti quelli che, vedendo un nuovo
3D di racconti a firma claudiodance, si sono buttati dentro nella
speranza di trovare altri scritti del nostro CDMsC ed invece
hanno dovuto accontentarsi (spero)


Ma scusa de cheee???
Bellissimi ragazzi!

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/03/2006 alle 09:20
ACCONTENTARSI?????????

magari ci si dovesse accontentare di questi racconti!!!!

BRAVISSIMI!!!!!!!!

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jun 2005

  postato il 24/03/2006 alle 09:32
Allora mi sa che è + facile vederci a Verbania che a Genova, ai voglia a fare Trekking qui a da me.
In meno di mezzora da casa ti porto davanti alla zona "WILDNESS" + estesa d'Italia (Parco nazionale della Valgrande).

Allora, abbiamo la stessa età, ci piacciono gli stessi sport e la maggior parte li pratichiamo anche, ma non è che per caso siamo anche la stessa persona?


Ps: io il corso di roccia lo stavo per fare, insieme a quello da sub e da paracadutismo, poco prima di sposarmi (9 anni fa).
Poi è arrivata la mia signora e mio figlio e le priorità sono diventate altre.
Fa nulla l'importante e come si fanno le cose non quante se ne fanno.

 

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"MEGLIO NON ESSERE RICONOSCIUTO PER STRADA CHE ESSERLO ALL'OBITORIO.
IL CASCO SALVA LA VITA, LA CHIOMA VA BENE PER LA FOTO SULLA TOMBA"!!!


Articolo 27 della costituzione Italiana

La responsabilità penale è personale.
L'IMPUTATO NON E' CONSIDERATO COLPEVOLE SINO ALLA CONDANNA DEFINITIVA.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 24/03/2006 alle 11:15
Beh, i racconti sono davvero belli. Consiglio ai lettori di non leggerli uno di seguito all’altro.

Un breve commento su Tecno-solo.
Chi legge riviste, frequenta rifugia o si interessa di montagna conosce il tipo di super attrezzato tratteggiato da Lando. Nel nostro caso è un amante delle solitarie. Cioè di quel ramo dell’alpinismo degli scalatori in solitudine.
Siamo nell’ambito della sfida senza compromessi. A se stessi, alla natura….alla paura. Non c’è nessuno con cui condividere la fatica e i problemi di una ascensione. Il solitario è un alpinista molto forte, sicuro di se, ambizioso e insoddisfatto.
La cosa si osserva a tutti i livelli. Dalle grandi ascensioni storiche, fino ai trekking. Io stesso, con il mio curriculum da principiante, mi sono “provato” in qualche occasione in solitaria. Un paio di vie ferrate e qualche escursione invernale sul Monte Baldo, quando la neve, il ghiaccio e il freddo rendono tutto più complicato.

È una esperienza profonda, che non ha nulla a che vedere con lo sport, con l’agonismo. Nemmeno con il paesaggio della montagna, arrivo a dire. È un tratto di esistenza vissuto in un tono più alto….non so come dire, è vita più “incisa”.
È un pezzo di vita in cui tutto diventa più semplice, intenso, concreto.
Consapevolmente e senza nessun motivo razionale, l’alpinista solitario si mette un passo più vicino alla morte che non nella vita di tutti i giorni.

Poche cose importanti: Organizza tutto prima, progetta tutto nei dettagli, copriti, mangia, fai attenzione, valuta i rischi, ascolta il tuo corpo, controlla i tempi e il meteo.

E poi tornare a casa, ogni volta come una liberazione, fino alla prossima febbre.

ciao belli
claudio

 

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  postato il 24/03/2006 alle 11:35
Visto che c'e' chi e' interessato a corsi di alpinismo
allora metto anche un commento al secondo racconto: l'ascesa.

Almeno dalle mie parti questi corsi, spesso, sono realizzati grazie
al volontariato di persone ingessate all'antica "lotta con l'alpe".
Gente che sale in cattedra (a volte senza la necessaria preparazione
tecnica) e detta il suo dogma.
Pensate che fino a pochi anni fa le famose scarpette da arrampicata
erano bandite da corsi in cui veniva insegnata una visione totalmente
anacronistica della montagna.

Per fortuna le cose, lentamente, stanno cambiando ed anche in questo
settore ci sono delle regolamentazioni che aumentano la professionalita'
nei corsi e riducono i rischi di un'attivita' che, intrinsecamente,
puo' essere molto pericolosa.

Non avventuratevi in montagna senza una giusta preparazione o
senza il supporto di persone veramente preparate (guide alpine
in primis)

 

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Livello Octave Lapize




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  postato il 24/03/2006 alle 11:35
Originariamente inviato da claudiodance

È una esperienza profonda, che non ha nulla a che vedere con lo sport, con l’agonismo. Nemmeno con il paesaggio della montagna, arrivo a dire. È un tratto di esistenza vissuto in un tono più alto….non so come dire, è vita più “incisa”.
È un pezzo di vita in cui tutto diventa più semplice, intenso, concreto.
Consapevolmente e senza nessun motivo razionale, l’alpinista solitario si mette un passo più vicino alla morte che non nella vita di tutti i giorni.

Poche cose importanti: Organizza tutto prima, progetta tutto nei dettagli, copriti, mangia, fai attenzione, valuta i rischi, ascolta il tuo corpo, controlla i tempi e il meteo.

E poi tornare a casa, ogni volta come una liberazione, fino alla prossima febbre.

ciao belli
claudio


E' come tornare alle origini ... sei solo nella natura ... hai tutto ma non hai niente ... ti porti con te tutti ma sei solo ... vivi una dimensione diversa dal vissuto quotidiano ...

sottolineo che le mie esperienze sono un nulla rispetto a quelle di Claudio o Lando ma anche nel piccolo delle mie camminate in solitario (e in sicurezza) ho vissuto uno stralcio di quelle sensazioni.

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 30/03/2006 alle 15:39
Ecco una mia specie di racconto. In realtà è un resoconto per i miei compagni di cordata di quel giorno, infatti è senza titolo (lando, trova un titolo, sgomma dai!) sarebbe da riscrivere in forma narrativa, ma ho preferito lasciarlo così.
Ciao belli.

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 30/03/2006 alle 15:40
sabato sera, ore 19.30
Rif. Teodulo –- cena

La grande vetrata della sala apre la vista sulla storia dell’alpinismo.
Le ombre delle montagne si allungano, Il Cervino chiude la scena sul lato destro.

La vista scorre mille volte sui profili della montagna mitica, immagino le mille storie di mille uomini migliori di noi, impegnati su quelle rocce, a combattere con ghiaccio rovinato e stanchezza, calcoli sbagliati e maltempo.
I primi, nobili inglesi alla ricerca di una morte gloriosa, montanari svizzeri e delle vallèe, alla ricerca di una buona paga.
La sera scende sul Cervino, una nube ne cinge la vetta, simbolicamente ce ne nasconde la vista. Vetta inaccessibile per noi neofiti della più grande, inutile, romantica e meravigliosa avventura concepita dall’uomo, la scalata delle montagne più grandi della terra.
Siamo qui, attorno a un tavolo, ridendo come matti per ogni spunto o trovata che la nostra amicizia ci suggerisce, domani saliremo sul Breithorn, fratello minore e infinitamente più “buono” del Cervino, dovremo battere soprattutto noi stessi, la nostra stanchezza e la nostra pigrizia di uomini del terzo millennio, Il Breithorn si offre nelle sue condizioni ideali, unica avversità reale la quota, 4160 m.
Penso ai GIGANTI che hanno percorso il Cervino per primi, a quelli che lo hanno esplorato in ogni possibile anfratto alla ricerca delle vie più estreme, degli inverni gelidi e soprattutto dei propri limiti umani.
Da Whimper primo conquistatore ottocentesco della vetta, fino a Bonatti, che salirà nel 1965 la parete nord, in una straordinaria impresa solitaria e invernale, stabilendo la fine di un’epoca dell’alpinismo….questi giganti, chi siamo noi in confronto, io, chi sono?


…….“Ambrogio, non stai bene?”. Questa frase mi distoglie dai pensieri, Andrea si è accorto di qualcosa.
Ambrogio è pallido, quasi giallognolo, sudore sulla pelle, “ho mal di stomaco….nausea”
Scherziamo sul colore della pelle di Ambro, ma c’è poco da sorridere. Adesso è ancora più pallido, riflessi verdognoli e occhiaie, “..prendo un po’ d’aria..”.
Lo accompagno fuori, solo pochi secondi, perchè l’aria è fredda e non vorrei che la congestione di Ambrogio peggiorasse.

Ricordo le volte che è capitato a me, so che il momento brutto dura 15/20 minuti di malessere durissimo.
Un primo thè al limone, un secondo, poi zucchero, altro zucchero “ gli farà salire un po’ la pressione..” suggerisce il rifugiata. Ambrogio ha una faccia che fa spavento, proviamo a farlo chiacchierare.

Tenta di vomitare senza successo, ma forse il peggio è passato.
Il colore torna rosato, è ancora debole, forse domani ce la farà, dipende tutto da questa notte……..cosa ci facciamo qui?...



domenica ore 10.30
Vetta del Breithorn, quota 4160 – preghiera dell’Alpino

“….a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani e ci aiuti a essere degni della gloria dei nostri avi. Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall'impeto della valanga…”
….La voce di Pietro, la stanchezza, il pensiero di Giorgia e Roberta,….tutto questo e non solo…..anche noi sette, accovacciati e stretti sulla cima di questo brandello ghiacciato del pianeta, a proteggerci da raffiche di vento minacciose, ascoltiamo le parole della preghiera. Sento la commozione salirmi dentro, la tengo giù, dietro gli occhiali da ghiaccio, dentro il bavero alzato, tutto dentro.
Siamo sulla cima, anche stavolta, Ambrogio ha recuperato, il duo con la giacca policroma ha fatto molto bene, Andrea ha scaricato lo zaino, Pietro è in formissima, Cristian con lui, io ho fatto una fatica bestia, stavolta la quota mi ha massacrato.
Gli ultimi cento metri fra nausea, capogiro e ossigeno che non si trova, una infinita diagonale che mette alla prova la nostra volontà, mille soste per riprendere il fiato, poi si svolta e una breve cresta ci porta sopra. Nessuna vera difficoltà, più facile del Castore, solo una fatica devastante per la mia scarsa condizione fisica.
Matteo è il primo, da capocordata trascina Claudio sulla vetta qualche secondo prima di noi, era il più motivato, riscatta la rinuncia di Cima d’Asta con rabbia, come un debito personale da saldare.
Ecco perché siamo qui, per sfidare la nostra debolezza, per esserci stati, per una febbre che non ha un nome, per dimostrarlo a noi stessi, per guardarci negli occhi …….meno di loro, ma per gli stessi motivi loro, i GIGANTI della montagna…
Dieci minuti sulla vetta: ho urlato “Spacca!!”, battuto il 5 a tutti, abbracciato Matteo con rabbiosa felicità, ho cazziato Claudio che voleva mangiare la mortadella aggrappato al pendio, ascoltato la preghiera di Pietro, sorriso alle foto di Andrea….adesso via, è fatta, discesa lunga e facile, via di qui, amore, bambina, stò arrivando.
Un’occhiata al Cervino, sembra vicino, è poco più in alto dell’orizzonte, non me ne frega un caz.zo di te adesso.

Quota uno sei quattro raggiunge un “quattromila” al quinto appuntamento.
Ambrogio, Andrea, Claudio, Cristian, Matteo, Pietro, Claudio

MQFIA, Ciao belli , Dance



 

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  postato il 31/03/2006 alle 00:46
Belin! mi era sfuggito questo nuovo racconto.
E bravo Claudio che quatto quatto si e' portato a casa un 4000 metri..

dai fra un po' metto il racconto del mio primo 4000,
(magari dopo aver rivisto il finale )

ah dimenticavo: che ne dici di "Amici e Giganti" per il
tuo racconto ?

 

[Modificato il 31/03/2006 alle 00:52 by pedalando]

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 31/03/2006 alle 09:35
Originariamente inviato da pedalando

Belin! mi era sfuggito questo nuovo racconto.
E bravo Claudio che quatto quatto si e' portato a casa un 4000 metri..

dai fra un po' metto il racconto del mio primo 4000,
(magari dopo aver rivisto il finale )

ah dimenticavo: che ne dici di "Amici e Giganti" per il
tuo racconto ?


carino...ci siamo quasi...impegnati di più!
il mio 4000 migliore è il Castore, ma spero di incrementare con qualcosa di meglio...

 

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  postato il 31/03/2006 alle 23:57
Originariamente inviato da claudiodance

Originariamente inviato da pedalando
ah dimenticavo: che ne dici di "Amici e Giganti" per il
tuo racconto ?


carino...ci siamo quasi...impegnati di più!

mannaggia, mi sforzo, ma non mi viene in mente altro
che non sia sfrontatamente retorico.

 

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  postato il 07/04/2006 alle 01:42
In attesa di Parigi-Roubaix eccovi un altro racconto di montagna:
TACUL 94
Resoconto tragicomico del mio primo quattromila


- SI ORGANIZZA LA GITA
"ciao sono Luca, ne hai voglia di fare una salita in montagna questo week end?"
"mah, va bene, dove si va?"
"ah boh! Tu hai qualche proposta ?"
A volte le gite si organizzano cosi`, in fondo l'importante e` evadere dalla
vita cittadina, specie in questo torrido Luglio.
Il decidere la meta e` semplice, a Luca piacerebbe dormire al rifugio Torino ed
io allora propongo la Tour Ronde, una meta mancata di poco qualche anno prima.
"Ok dai, una salita in canalino mi attira: casco, piccozza e ramponi, domani a casa mia, andiamo con la mia auto e viene anche il mio amico Gianluca".

Partiamo in tarda mattinata dopo aver preparato accuratamente gli zaini; mi sono
anche comprato la frontale nuova per non avere sorprese con la vecchia ormai decrepita.

- ARRIVIAMO!
Ad Entreves, in calzoncini ed Espadrillas, cominciano ad apparire i primi
segnali di quella che sarà un`avventura tragicomica: Gian ha dimenticato a casa
gli occhiali da sole, per fortuna se ne accorge prima di prendere la funivia e
può comprarne un paio. Da buon Genovese tira al risparmio e sceglie il modello
più economico, dei finti ray-ban a specchio: 10mila lire.
La signora staccando l'etichetta di un'improbabile protezione ai raggi UVA fa
saltare anche un po’ di specchio....Gian non si perde d'animo e riesce a negoziare un prezzo finale di 5mila lire, "intanto c'é nuvolo, non li userò neanche" e' il commento che ci accompagna mentre saliamo in funivia.

I pochi ospiti del rifugio presenti in terrazza vedono sbucare dalla nebbia
3 pazzi vestiti da spiaggia, con tanto di espadrillas ed una bella,
fresca e lucida anguria sotto braccio. Per sottolineare ulteriormente la
nostra condizione penso bene di gridare a Luca che e' in testa:
"cerca di prendere 3 sdraio!!".
Il nostro arrivo e' da applausi, manca solo che qualche "vecio" istruttore
CAI si faccia il segno della croce.

- AL RIFUGIO
Mangiamo le nostre provviste nel locale invernale insieme a 2 spagnoli
appena tornati da una via dura al Gran Capucin, loro con scatolette e cibi
liofilizzati noi con polpettoni, frittate ed ogni altro "ben de dios".
Penso "Dimmi come mangi e ti dirò come scali" e noto che ci stanno snobbando,
ma lo spirito cameratesco dei vecchi montanari risbuca fuori non appena
Luca posa platealmente la nostra anguria sul tavolone.

Dopo un giretto digestivo sul ghiacciaio ci accomodiamo nel salone,
dove una comitiva di "non più giovani" del CAI Vigevano continua a parlare del Tacül, con la Ü pronunciata alla francese. Pronuncia che noi adottiamo immediatamente, accogliendo le "simpatie" di tutto il gruppo.

"Dai prepariamo l'attrezzatüra"

E qui iniziano i primi dolori: io ho dimenticato i guanti, e non abbiamo neanche una frontale. La mia, nuova, e' rimasta posata sul tavolo a casa, le altre chissà.
Mancherebbero anche 2 elmetti e per un attimo pensiamo di ricavarli dai gusci
della nostra anguria poi pensiamo di aver già dato abbastanza spettacolo.

Chiaramente il canalino e` fuori portata quindi urge trovare una meta alternativa.
Apparentemente invocato dalle nostre imprecazioni si materializza dal nulla
il mio vecchio amico Carlo espertissimo della zona che, viste le nostre
misere condizioni, ci suggerisce di provare il Mont Blanc du Tacul 4200 e rotti metri passando per la facile parete Nord.
Siamo un po’ perplessi, benché allenati, non miravamo cosi` in alto. Ma i
nostri dubbi sulla discesa vengono risolti dal buon Carlo: "non preoccupatevi,
in discesa ci vanno anche i sassi".

OK dai! Carlo ci conosce e sostiene che per noi e' poco più di una camminata;
mal che vada ci fermiamo al Col du Midi ed andiamo a vedere da vicino la
sud dell'omonima Aiguille.
Il rendersi conto che la nostra nuova meta e` il Tacül non ci ferma più nessuno.
Davanti ad un birrone Gian si arma di chiave e regola accüratamente i suoi ramponi, io e Lüca stüdiamo il piano d'azione: alle 2 si parte sfrüttando il chiaro della lüna cosi' lasciamo indietro quelli di Vigevano.
Cena parsimoniosa e poi a nanna sui materassi in corridoio: calpestati tutta la notte da chi arriva, chi parte, chi va in bagno. "Porca püttana!"

- SI PARTE...
Ore 1, non ci sembra vero potersi alzare e fuggire dal corridoio. Veloce colazione ipercalorica e subito fuori a mettersi i ramponi. Siamo i primi, bene, ci avventuriamo immediatamente sul ghiacciaio.
Per proteggere le mie mani dal freddo adotto questa tecnica:
una mano tiene piccozza ed anello di corda, l'altra sta in tasca, al caldo.
Appena comincio ad avere la mano esterna fredda inverto le parti.
I miei amici, gentilmente, mi offrono un loro guanto ma tutto sommato e' meglio
che ci sia uno solo in cordata a procedere con la mano in tasca.
Sembro sulla passeggiata di Varazze...ma la cosa funziona, non soffro il freddo.

Il passo e' buono, se non fosse per Gian che spesso inciampa e perde un rampone,
ma procediamo comunque spediti. Al Colle del Gigante ci tuffiamo verso la
conca glaciale e, amaramente, scopriamo che la neve risplendeva grazie alle
luci del Rifugio.
La Luna latita e siamo completamente al buio. Prudentemente decidiamo di
aspettare quelli di Vigevano, intanto Gian riagganciando per l'ennesima
volta il rampone si rende conto di aver sbagliato di un buco la lunghezza
quando ieri sera lo ha regolato. Sara' stata la birra...
3 fantasmi aspettano accucciati nella neve le lucine dei Vigevanesi,
"Gian approfittane per sistemare il rampone, porca püttana".

- ALPINISMO
Ci accodiamo e sfruttando le "piccole lucette lombarde" raggiungiamo la zona
crepacciata sotto i satelliti del Tacül. Il mio sguardo si alza per cercare la
vetta della Pyramide, la mia prima vera scalata in montagna; anche quella salita
meriterebbe un racconto: Massimo, Aldo che giorni quell'estate...
Ormai il sole sta sorgendo e noi cominciamo, educatamente, a sorpassare
i gruppetti che ci precedono sfruttando qualche ponte di neve ma, soprattutto,
saltando grossi crepacci alla Sandokan.
Ormai siamo in testa e raggiungiamo il Col du Rognon per primi.
Le perplessità si rifanno forti non appena alla nostra sinistra appare la
parete di neve e ghiaccio che dovremmo affrontare: 800 metri di dislivello interrotti circa a meta' da un grosso crepaccio.
Mangiamo frutta secca lasciando che il CAI Vigevano faccia strada.
Si parte, qui vale il solito principio: finche' stiamo tutti bene, c'é tempo e non percepiamo rischi oggettivi si va avanti.
Le mani sono calde, il cielo e' terso ed il morale, aiutato dalle elucubrazioni
su "I mille üsi dell'angüria in montagna", e' alto.
Adesso la pendenza si fa sentire e, soprattutto, sotto di noi Chamonix sembra aspettare un nostro passo falso.
Un po' intimoriti continuiamo a salire nella traccia mantenendo Gian, il meno esperto, in mezzo.
La concentrazione e' assoluta ma ci stiamo divertendo.
Passare il crepaccio risulta più semplice del previsto: basta entrare in una zona
colma di neve e scalare il piccolo seracco alto al massimo 2 metri. Il tutto
fatto in doppia assicurazione. L'unica complicazione e' l'incrociarsi con
quelli che stanno già scendendo, probabilmente loro sono partiti dai Cosmiques
e si sono risparmiati la traversata del ghiacciaio, oppure sono quelli che
mi hanno calpestato per tutta la notte.

- VETTA!
Siamo ormai alla sella che separa il Tacul dal Maudit. Siamo a 4000 metri, scacciamo l'idea di andare anche al Maudit, sarebbe da pazzi, e ci concediamo un po' di riposo seduti sui nostri zaini colmi anche delle giacche, visto il caldo.
Sono seduto e mi godo il panorama stupendo. Improvvisamente Luca mi sveglia per
ripartire, incredibile, stavo dormendo ma sognavo di essere li'! Cosa fa
la mancanza di ossigeno...
Raggiungiamo l'anticima e, di fronte alle scene raccapriccianti di quelli che
rischiano la pelle slittando su roccia e vetrato per guadagnare i 3 metri
che mancano alla vetta, decidiamo che per noi basta cosi`.
Fra gli infoiati riconosco qualche vigevanese che aveva acremente commentato il mio imprudente procedere da signorino sguantato, "imprüdente a me eh?".
Cioccolata, foto e stretta di mano.
Nell'ordine inverso ad essere sinceri, ma non filava la frase.
E' il nostro primo 4000 metri, 4248 per la precisione, ottenuto grazie
alla nostra sbadataggine.

- DISCESA e risalita al Rifugio
Finora le cose importanti sono andate tutte bene ma, si sa', il ritorno e'
la fase critica di ogni salita e noi, checcazzo, siamo saliti in alto oggi!
Ci prepariamo, controlliamo i nodi e ripartiamo, Gian sempre in mezzo, Luca
in testa ed io per ultimo. Grazie al caldo ma soprattutto vista l'esposizione, tengo entrambe le mani pronte.
Ottima preveggenza perché nel bel mezzo della traversata di un lastrone
Gian mette male il rampone a valle e "parte" verso Chamonix. Non so come, ma riesco a gridare "a terra" prima di lui e mi tuffo col corpo sopra la piccozza piantata istantaneamente. Luca fa lo stesso e fermiamo Gian che ha avuto solo il tempo di spaventarsi.
Che spettacolo... sembriamo due provetti allievi all'esame di fine corso.
Gian ci ringrazia e ripartiamo sempre attenti ma fiduciosi che ce la possiamo fare.
Al Col du Midi consumiamo le ultime provviste ed acqua a disposizione quindi
cominciamo la lunga marcia per rientrare al Rifugio Torino.
Ormai e' solo stanchezza e sofferenza, anzi no, c'é ancora la zona con i grossi
crepacci a riservarci un po' di adrenalina.

- ANCORA ADRENALINA
Veniamo quasi a capo del labirinto quando ci si para davanti una bella crepa
larga più di un metro.
Bisogna saltare, uno alla volta mentre gli altri assicurano per bene.
Luca salta e si prepara ad assicurare, io svolgo abbastanza corda per garantire
a Gian l'atterraggio oltre il bordo opposto. Gian prende due gran respiri,
parte di corsa e improvvisamente la corda si tende e lo blocca facendolo cadere.
Fortunatamente 50cm prima del bordo.
Restiamo allibiti, lui mi guarda irato per chiedere spiegazioni...
i miei occhi partono dal mezzo barcaiolo fatto sulla piccozza e seguono a ritroso
la corda fino a raggiungere un piccolo fungo di ghiaccio dove, incredibilmente,
la fune si e' annodata. Vabbé ti e' andata di nuovo bene Gian!
Il mio salto e' senza cronaca, anche se mi tremavano le gambe.

- SI TORNA A CASA
Piazzale della funivia: i turisti fotografano alternativamente la Val Ferret
ed una peugeot 205 cabriolet circondata da attrezzatura alpinistica e da tre tizi
in mutande che, allegri come dei bambini a Carnevale, si vestono da spiaggia.
La macchina e' un forno per cui abbassiamo la capotte e partiamo verso casa.
Io siedo dietro affianco a me gli zaini e mi rilasso godendomi l'aria fresca
ed i ricordi della salita.
Certo che ci e' capitato di tutto: io senza guanti me la sono cavata ma
Gian ha gli occhi rossi e gonfi. L'unico a posto e' Luca che, prima di entrare
in autostrada, si ferma e solleva la capotte andandola a fissare agli appositi ganci nonché al puntale sprotetto della sua piccozza.
Ci e' capitato davvero di tutto, "Lüca, il Tacül varrà pure un büco, no?".

Alberto

 

[Modificato il 07/04/2006 alle 01:49 by pedalando]

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codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 07/04/2006 alle 17:21



ciao belli, fresco fresco, senza titolo (forza Alberto), forse il prologo di una possibile trama.
niente paura, tutta roba inventata di sana pianta...buona lettura






Prologo


La funivia mi scarica alle otto e mezza.
La cabina era mezza vuota. Io, attrezzatissimo, e due coppie di fidanzati sciatori, tutti col il berretto coi capelli finti. Gli escursionisti del sentiero panoramico si stanno ancora preparando davanti alle loro Wolkswagen a quattro ruote motrici. Chi vuole attaccare la Miramonti è salito con la prima corsa ed è già partito da un pezzo. Tranne me.
Di bello c’è che a quest’ora non fa più troppo freddo. E che sono solo.
Dai Piani di Bobbio scendo per un breve tratto. Cinque minuti buoni attraverso le villette sparse dei milanesi in pensione. Più avanti, invece di girare verso gli impianti, proseguo dritto ed entro nell’abetaia.
Adesso comincio a salire. La neve è alta almeno settanta centimetri. Alla base del conoide deve essere un metro. Per risparmiare peso non ho preso le racchette da neve. Arranco, la crosta superficiale è ghiacciata. Sembra dura, ma sotto la crosta, i cristalli non si sono trasformati e a metà del passo si sfonda con un CROC. Sprofondo fino al ginocchio.
Detesto l’avvicinamento.
La fatica pura respira nel mio corpo. Procedo come un animale. È solo spostamento. Energia cinetica verso l’alto.
Il cervello può andare altrove. E ci va.
Elisa e Giulia, naturalmente.

Un’ora abbondante. Quattrocento metri in quota. Ho tolto la giacca quasi subito. Rimango con il micropile e un gilet antivento mezzo aperto. Nuvole basse, fa caldo.
Esco su una sella che da accesso alla via. La neve è tempestata dei sassi neri delle scariche. Guardo in alto e vedo un paio di punti colorati, uno giallo e uno arancione, che si spostano con lentezza. Spiccano sul grigio del calcare.
Scaricano proprio quì sotto.
Il casco! Speriamo di non averlo dimenticato. Infilo la mano nello zaino. Toccare la superficie convessa mi tranquillizza. Mi sposto di lato e mi sistemo. Decido se calzare subito i ramponi o meno. Lo faccio. Con calma li tolgo dalla sacca e li infilo. Sistemo bene le ghette e controllo le chiusure automatiche degli attrezzi.
Metto il casco e parto.
La roccia è mista a ghiaccio e la parete in ombra. Dopo un paio di passaggio facili mi fermo perchè fa gia freddo.. Indosso la giacca e mangio una barretta.
In mezzora sono quasi fuori dal misto. Sento le voci dei punti colorati sopra di me. Sono lenti. E fanno troppo casino.
Speravo di essere solo.

L’uscita dal tratto misto è più complicata di quanto avevo stimato. Un traverso orizzontale di sette otto metri. La roccia ricoperta di vetrato.
Devo fare un passo verso destra alla cieca. Cercherò e troverò un appoggio con le punte del rampone. Penso che forse potrei assicurarmi, ma non lo faccio.
Azzardo il piede, soffio fuori la paura e passo.

Prima di attaccare il canalone mi fermo. Ho avuto paura. Non mi piace avere paura. Sento i battiti rullare nelle orecchie. Un colpo di tosse, chiudo gli occhi per calmare la paura.







Mi tolgo un guanto, lo metto in bocca e infilo la mano nella giacca, sotto il pile, sposto la canotta e trovo la medaglietta bagnata di sudore. Tiro la catena d’oro in avanti. La piastrina è sfuocata e trema nella mia mano. Non distinguo bene, ma so cosa c’è scritto:
Papy

Dico a bassa voce: pah-py. Ansimo. Il fiatone mi irrita.
Una volta non era così.
Trovo un posto per riposare. Alzo la testa e respiro. Il cielo è una V celeste nella roccia, più in alto bende biancastre lo fasciano largamente.

Riparto. Adesso i ramponi si piantano con le punte e le piccozze aggrappano il muro di ghiaccio alternandosi in alto sopra la mia spalla. Prima piano, poi sempre meglio. La successione ordinata dei movimenti è un mantra. E io mi sento meglio. La fatica di prima si trasforma in un esercizio di stile.
La mia arte.
Controllo la posizione del corpo e dei pesi sul ghiaccio. Ascolto il rumore lento degli attrezzi.
Spum-spum-spum.
Non sono euforico. Sono tranquillo. Vado su bene, senza sforzo. Il respiro e il cuore non spaccano più lo sterno. Sto bene. Senza fatica, salgo questa montagna.
Felicità tranquilla, senza sforzo.
Chiedo troppo? Ho chiesto troppo? Cosa c’è di sbagliato?

Continuo la progressione. 170 BPM, stimo. Dovrei uscire i cresta senza problemi.
Sento le voci colorate sopra di me, si urlano raccomandazioni agitate.
Sciocchi.
Non voglio raggiungerli. Mi chiederebbero qualcosa. Forse aiuto.
Rallento un po’. Anzi, mi fermo e mangio un’altra barretta.
Riprendo con calma, le voci colorate si sono alzate abbastanza. Salgo tranquillo col solito Spum- Spum.

Fra un quarto d’ora troverò una rampa senza ghiaccio. Roccia verticale per cinque metri. Sarò costretto ad affardellare le piccozze e arrampicare il pericoloso passaggio di quinto grado.
L’ indolenza, o forse la distrazione, mi impediranno di fare l’unica cosa sensata: togliere la corda dallo zaino, preparare fettucce e moschettoni e affrontare il passaggio autoassicurandomi. Invece attacco senza protezione, stanco e negligente.

Pochi minuti dopo, scivolando nel canalone, prima di cominciare a rimbalzare perdendo conoscenza, vedrò i puntini colorati sopra di me. Così vicini da vedere i loro volti. Urleranno verso di me, mentre il ghiaccio esploderà.

L’ultimo desiderio, prima di morire, sarà di conoscere il loro nome.



 

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Livello Francesco Moser




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  postato il 07/04/2006 alle 22:06
Rubo un pò di spazio per raccontare una mia avventura di circa 8-9 anni fa:
Si chiama Finalspitze (Punta Finale), 3500metri e si trova in Val Senales nel confine tra l'Italia e l'Austria...

Avevo 12-13 anni, ora non ricordo di preciso, e il programma prevedeva Punta Finale il sabato e Palla Bianca la domenica, alla quale però abbiamo dovuto rinunciare per il maltempo che ci ha colti di sorpresa anche il sabato appena giunti in vetta a Punta Finale...ricordo ancora che fu una sensazione bellissima appena raggiunsi la cima, mi sembrava di essere il padrone del mondo...l'unica cosa brutta erano i nuvoloni neri che cominciavano a coprire tutto il cielo, difatti durante il ritorno al rifugio il temporale che è la peggior cosa che si possa trovare in montagna ci ha assalito...una volta giunti in rifugio una bella cioccolata calda mi ha rimesso in piedi..

Ecco Finalspitze:





Una cosa è certa: prima o poi ricomincerò con la mia passione della montagna (Trekkig, Sci Alpinismo...) che in questi ultimi anni ho abbandonato per il ciclismo...

 

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Carpe diem, quam minimum credula postero!! (Orazio)

Mattia

 
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Livello Luison Bobet




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  postato il 11/04/2006 alle 09:44
Gran bel Thread..complimenti!
Sono sicuro che sono molti gli appassionati di cilismo amanti di sport di montagna che troveranno godibilissimo l'argomento.
IO consiglio un libro che ho letto da poco:

"Il vuoto alle spalle", scritto da Ferrari(non l'ingengere motorista di Ferrara!), parla di Ettore Castiglioni, grande Alpinista che ha aiutato molte persone durante la 2 guerra.

Ciao!

 
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  postato il 24/07/2006 alle 23:24
uff! Anche questo Tour e' passato. Resta il caldo e la
conseguente voglia di fresco, magari lontano dallo stress
quotidiano. Magari in Montagna.

Allora rispolvero un vecchio racconto, scritto per il giornalino
locale del CAI, ma con la bici a fare capolino.
Buona lettura.

MARMOLADA - Agosto 1999
Come tutte le mattine il suono della sveglia da il via agli interrogativi su come evolverà il tempo oggi. E come tutte le mattine di questa lunatica estate la risposta é sempre la stessa: non é bello.

Ma oggi mi sembra che tenga. Dopo aver scrutato e riscrutato le nuvole e l'ascesa della nebbia decido che sono troppi giorni che aspetto. Vado.

In tanti anni che passo le mie ferie scarpinando e scalando per le dolomiti mi manca proprio lei, la regina, la Marmolada. La cosa fa ridere, di solito chiunque passi da queste parti fa la sua bella corsa sulle funivie del Pordoi e di Punta Serauta appunto. Ma a me non é mai interessato l'esserci stato... ho sempre preferito l'essermelo guadagnato, l'esserci salito e l'esserci sceso da solo. Prendere una funivia é un po’ come farsi un debito con la montagna.

Mi ricordo di quel giorno in cui dissi: "se mai arriverò in cima alla Marmolada sarà con le mie gambe".

Oggi forse manterrò la promessa. Il progetto, almeno per me, é ambizioso: in bici da Campitello al Contrin sono 700 metri di dislivello, poi c'é da raggiungere la forcella Marmolada a piedi (altri 900 metri) e da li', per la ferrata della cresta Ovest, fino alla punta Penia, ancora 400 metri.

In tutto 2000 metri di dislivello in un giorno e poi c'é da scendere, ci riuscirò?

Se non provo non lo saprò mai.

Come al solito parto in ritardo; mezzora é tanta! Del resto non si può tenere lo zaino fatto per giorni sperando nell'alta pressione che, dicono le guide, ormai latita da quasi 3 mesi. Via, l'aria fresca del mattino mi sveglia e mi gasa; devo concentrarmi sullo sforzo se pompo troppo per recuperare il ritardo finisce che mi cuocio le gambe troppo in fretta;
oggi si gioca al risparmio.

Ad Alba comincia la vera salita, sterrata per giunta, una breve pausa per levarmi il maglione e bere; ok rispetto al tempo cronometrato nei giorni scorsi ho guadagnato 10 minuti, adesso la salita é veramente ripida e spingere la bici é molto faticoso... mi consola il pensare che in discesa non dovrò patire il male alle ginocchia su questi sassi instabili.

Il tempo tiene e sono già nella parte piana della valle... piana un caz.zo, sono sugli ultimi rapporti e fatico parecchio, devo risparmiare se la salita si fa più dura scendo e spingo; meglio fare una figura di m.erda con sti gitanti che bruciarsi la salita... la bici é un mezzo non un fine.

Non sono neanche al rifugio, sto spingendo come un dannato, sudo come un cane, farei sempre pausa... insomma sono in piena crisi. Cosa faccio continuo? Beh, di solito mi basta un po’ di riposo, ok pianifichiamo: appena arrivato al rifugio chiedo dove poter mettere la bici e poi mi cambio; probabilmente questo tempo mi sarà sufficiente. Non devo cedere.

La gente al rifugio guarda incuriosita un tizio vestito da ciclista che furtivamente indossa una camiciona a quadri ed i pantaloni da montagna sopra ai calzoncini imbottiti, ehm... non sapete che con questi calzoncini non si possono indossare le mutande? Danno fastidio, parecchio, volete che me li levi qui davanti a tutti? Si', sembro con il pannolone... intanto da adesso in poi non ci sarà tanta gente, e poi vuoi che con il panorama che c'é stiano proprio a vedere me?

Prima cosa dimenticata a casa: i bastoncini telescopici. In discesa dalla forcella sarà dura... se sarò arrivato in cima la gioia mi farà da analgesico altrimenti sarà la giusta punizione! Bene cosi' mi piaccio!

Intanto uso la borraccia come bastone... é un po’ corta ma qui é ripido e poi non rischio di bagnare lo zaino.

L'orologio mi dice che non ho accumulato altro ritardo, devo fare un buon passo; seconda cosa dimenticata: la macchina fotografica, mannaggia, sono in mezzo alle marmotte. Mai viste cosi' da vicino, non capisco perché non fischino, ne ho una a circa 2 metri: fischio io, lei alza appena la testa si guarda attorno, io sono li' coi pantaloni rossi... adesso mi vede e scappa... invece no si riappoggia sul suo masso e riprende a sonnecchiare. Più in su altre tre vicinissime... una scappa subito le altre due mi osservano passare... che rabbia; decido comunque di fare piano dopotutto sono loro le padrone di casa qui.

Arrivato alla pietraia la mancanza di bastoncini si fa sentire. Forza conta 100 passi e poi fermati, adesso almeno 110, adesso 120, poi 130 anzi no qui é meno dura facciamo 230... 230 posso continuare allora 300... anzi 330. Ok la prossima fermata devo farla sulla forcella per indossare l'imbrago ed il maglione.

Ci sono: forcella Marmolada 2911m. adesso inizia la ferrata e con essa la parte non conosciuta (ero già arrivato a questa forcella), mazza che freddo, e quelle nuvole? sono tante e vengono da sud-ovest verso di me... non promette bene. Non devo perderle di vista, con questo vento non tarderanno ad arrivare.

La ferrata segue la cresta e tranne qualche saltino non é troppo verticale, si sale bene; peccato ci siano tutti questi scalini di ferro. Pietre! Per fortuna piccole e di lato, guardo su, ci sono tre che stanno scendendo... devo tenerli d'occhio... a proposito le nuvole?

Sono vicinissime e nere, sarebbe da fare dietro front... proseguo ancora un po’.

Ecco i tre tizi, due sono in T-shirt ma con gli scarponi di plastica (ecco perché venivano giù pietre!) il terzo indossa almeno tre felpe. Le solite due parole... come é il tempo su, sono polacchi. Sti polacchi... hanno una determinazione davvero invidiabile; poveretti con pochi soldi a disposizione viaggiano in autostop, bivaccano dove capita perché per loro anche i rifugi sono troppo cari e soprattutto sono male equipaggiati. O meglio sono male influenzati: l'equipaggiamento specifico quale scarponi e imbrago non gli manca però non hanno indumenti anche se i pochi in loro possesso sono come i nostri...

vuoi vedere che si vergognano di esibire vecchi maglioni di lana ?

In Polonia fa freddo da sempre se non sbaglio...

... intanto questa estate ne sono morti già due sul Gran Paradiso per il freddo. Pubblicità assassina!

Sono alla fine della parte verticale, sul bordo della parete Sud; che spettacolo: si intravede già una croce, sarà la cima? Che stanco!

Prendendo fiato faccio un piccolo esercizio sulla meccanica dei fluidi: il forte vento proveniente da sud-ovest sbatte contro la parete sud, che in alcuni tratti é alta fino a 900 metri, quindi rimbalza e si innalza formando una vera e propria barriera che impedisce alle nuvole di avvolgere la cima; sopra di me é sereno, poco più in là c'é il concorso nazionale per la nuvola più nera. Se calasse il vento dovrei scappare col turbo.

Sarà meglio che memorizzi bene il percorso, dove bisogna salire, dove si attacca il ghiacciaio... se arrivasse la nebbia non vorrei perdermi.

Quanto mancherà ancora? Non importa, stringi i denti, un passo, un altro, occhi al vento, che ore sono? La neve é molle e non servono i ramponi, quel ragazzo l'altro giorno mi aveva detto bene; anche perché non li ho con me, l'arte di arrangiarsi mi ha sempre affascinato.

Manca poco, ormai vedo anche la capanna che c'é in vetta, ci sono, é fatta, sono in vetta: 3340m.

A est vedo Punta Serauta con l'arrivo della funivia... sarà 200 metri sotto! Che pacco pagano e si fermano laggiù. Che uomini piccoli e non é la prospettiva!

E là in basso c'é Pian dei Fiacconi... con quelli che fanno la camminata per vedere il ghiacciaio.... ma da sotto!! E da questo lato si vede la bellissima parete sud... mi chiedo dove sbucherà la via "Ideale" di Aste o la "Attraverso il pesce" o la "Tempi moderni" e ancora la valle con il mitico rifugio Falier... resterei quassù per sempre, peccato che non abbia la macchina fotografica; perché peccato? Meglio, la foto non rende ciò che si prova ad esserci e col tempo si finisce per associare il ricordo all'immagine invece che all'emozione.

Bravo. Mi concedo una breve pausa nella capanna per mangiare i miei panini con la Nutella ed invidiare i due gestori che d'estate vivono qui.

Si riparte, le nuvole restano a fare da spettatrici, avrò tempo per guardarmi con calma i resti delle trincee della prima guerra mondiale ancora presenti lungo il percorso. Trincee, pali telegrafici, tavole... qui la vita deve essere stata dura; mi domando: che differenza farebbe se quella guerra non ci fosse stata? Le montagne sarebbero sempre le stesse, la gente della valle parlerebbe comunque sia l'italiano che il tedesco, si ecco:
i cimiteri sarebbero più piccoli.

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 25/07/2006 alle 08:34
bella Lando!!!!

non ho mai fatto passeggiate di questo genere in alta montagna e mi piacerebbe tanto qualche volta...

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 25/07/2006 alle 10:41
io preferisco lo sci alpino all'alpinismo, troppo faticoso!!!
 
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