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Autore: Oggetto: Una "Milano-Tortona" che non si è corsa mai

Livello Tour




Posts: 203
Registrato: Feb 2006

  postato il 27/02/2006 alle 21:19

UNA “MILANO-TORTONA” CHE NON SI E’ CORSA MAI.

Marini, il tenace atleta di Broni, alla partenza della “Milano-Tortona” alla “Conca fallata” di Porta Ticinese, cercava Fausto fra quel grumo di biciclette e corridori che, imbacuccati alla meno peggio e stringendosi fra loro, tentavano di proteggersi da quella pioggerellina primaverile fredda e penetrante. Marini non aveva dimenticato che, l’anno prima, sulla Bocchetta, nel “Circuito dell’Appennino”, mentre con Coppi inseguiva Scappini e Ferrando, al suo grido implorante: - Vai regolare, non scattare … -, Fausto aveva smesso di spingere alla morte sperando che il bronese trovasse la forza per riprendersi. Rinvennero, così, su di loro, Racca e Piotto seguiti da Tommasoni e Bucco. A quel punto, Fausto, gli lanciò un’occhiata indagatrice: Marini non alzò neppure il capo dal manubrio e Fausto capì che, per quel giorno, il bronese aveva già speso tutto. Aspettò un tornante durissimo e se ne andò da solo. Marini avvertì la ghiaietta che gli tintinnava sul telaio, lo vide alzarsi qualche volta sui pedali e poi sparire nella nuvola di polvere sollevata da una moto, senza alcun rumore, come fosse volato via senza il fremito di un invisibile paio di grandi ali che, pensò Marini, da qualche parte dovevano pur esserci. Quel: “ Mi dispiace: vado!” sussurrato da Fausto nel sperarlo, quasi con rammarico per doverlo piantare lì, con le gambe in croce ed il cuore in tumulto, Marini non l’aveva dimenticato più. Fausto fu 6° a Pontedecimo a 4’ e 55” dal vincitore ferrando: non fosse rimasto con lui per qualche chilometro, Marini ne era convinto, il tortonese sarebbe riuscito sicuramente ad agganciare il forte atleta del G.S. Tellini di Genova. Quando, a corsa finita, scorse Fausto in un cortile intento a lavarsi affondando le mani in un grosso mastello, riuscì solo a dirgli: - Grazie, Faustei… -. Fra i partenti, che infagottati com’erano, sembravano tutti uguali, riconobbe già da lontano le maglie dell’OND di Tortona: Burlando e Rolandini stavano ritoccando la pressione dei tubolari; Primo Zuccotti stava finendo, a grossi bocconi, la terza rosetta della mattina; Fausto era chino ad armeggiare sul cambio. Quando si drizzò a salutarlo, Marini gli notò sul petto il nuovo scudetto col leone rampante con cui il Dopolavoro di Tortona aveva impreziosito le vecchie maglie dalle rosse maniche.
Fausto … - cominciò a confidargli Marini cingendo con il braccio le spalle del tortonese, - … ho sentito che Ferrando, il più anziano dei due fratelli, e Tommasoni, quello del G.S. Paracchi di Torino vogliono andarsene in pianura, con Covolo, e prenderti di sorpresa. Ho chiesto loro di lasciarmi passare per primo a Casteggio, dove è venuta la mia gente a vedermi, ma mi hanno risposto che quando noi passeremo per Casteggio, loro saranno già oltre Montebello della Battaglia. Anche Giuvanei Destefanis, quello di Cuneo, me l’ha confermato: “Coppi si aspetta un loro attacco in salita, ma quelli se ne vanno prima!”. Fausto, che mano a mano si era fatto più attentò, increspò leggermente il labbro superiore mentre, fra sé, stava già rivedendo i suoi piani; rialzò con la mano la visiera del berrettino ormai floscia per la pioggia; s’avvicinò ancor più a marini e di rimando gli disse piano: - Ti ringrazio: sei un vero amico. In corsa stammi vicino che a Casteggio passi tu per primo. Cercami nel gruppo e non lasciare che qualche brocco mi si incolli a ruota e magari, per un non voluto incidente, mi getti nel Naviglio. Coprimi, e qualsiasi cosa io faccia, falla subito anche tu! A questa “Milano-Tortona” sai quanto ci tenga: … si arriva a casa mia!...
I fischietti dei giudici di gara, con trilli brevi ed imperiosi, cominciarono a tentare di radunare il gruppo dei partenti. I più pigri, seduti sulle ringhiere arrugginite del lungo Naviglio, le abbandonarono di malavoglia: per questo i trilli si fecero più acuti e più concitati i richiami. Al via, quel grumo informe s’allungò di colpo divenendo mobile filante come se, prima di conquistare altre forme e dimensioni, dovesse, come sabbia, passare l’angusta strozzatura di una clessidra: gli ultimi del gruppo ancora fermi a lamentarsi, mentre i primi, a testa bassa, già stavano a questionare con le profonde buche della strada. Poi tutti, dal primo all’ultimo, acquistarono velocità: le schiene ingobbite li facevano sembrare a tanti punti interrogativi che s’inseguivano; le mani, a tratti, si staccavano alternativamente dal manubrio, per pulire, con un solo rapido movimento, bocca, naso ed occhialini. Il fango, in pochi chilometri, aveva spento tutti i colori delle maglie; Fausto, in quel convulso inizio, aveva pilotato Marini nelle prime posizioni del gruppo. Il fondo sconnesso della strada l’obbligava a scarti repentini ed a non distrarsi: neppure per un attimo.
Annunciandosi con brevi colpi di clacson li superò una Fiat nera: dal finestrino s’affacciò una testa calva senza nemmeno un berretto a ripararla dall’aria umida e fredda: - Alè, Faustei! Alè! L’incitamento fece sorridere Fausto: - E’ Cunicolo, … - ammiccò a Marini, - … E’ un mio tifoso! – concluse un po’ inorgoglito.
Pavia era apparsa, là in fondo, all’improvviso; l’acqua verde e lenta del Naviglio, ora, rifletteva grosse nuvole bianche e luminose dai cui strappi prorompeva un azzurro intenso che faceva ben sperare per il seguito della giornata: già dalla Certosa non pioveva più. Sulla zampetta all’ingresso di Pavia, scattò, dalla destra, il voltrese Domenico Massa. Piccolo, velocissimo, s’attorcigliava alla bicicletta quasi a volerle trasmettere tutta la sua foga, oltre che la sua spinta, mentre per lo sforzo, la sua maglia, ancora umida di pioggia, sembrava emettere vapori azzurrini di fatica. All’avvertimento urlato da Marini: - Guarda che va via! Fausto rispose con un cenno del capo, poi lo chetò: - Lascialo fare! Sperano che mi sfianchi per andarlo a prendere e poi farmi pagare lo sforzo sulle prime salite … - Ferrando, da sinistra, continuava a guatare Fausto che ostentava indifferenza e che, sul ciglio destro della strada, veniva avanti pilotando una lunga fila di corridori. Da dietro, giunse il rumore di ferraglie di una caduta collettiva: il tardivo stridio dei freni, le grida, le imprecazioni, non parvero distrarre alcuno, come se la cosa non li riguardasse per nulla. Le auto e le moto che, invece, si fermarono sul ciglio della strada, videro allontanarsi quella ventina di assatanati rimasti indenni.
A centro strada venne avanti Destefanis con alla ruota il toscano Pasquini della U.S. Montecatini Terme che, evitata per poco la caduta, non la smetteva di “smoccolare”: - Madonna bona! Icchè stiano a’ casa se ‘un sanno manco sta’ in piedi!! – Ferrando, alzando appena lo sguardo, sembrava voler valutare ad occhio la distanza del fuggitivo Massa; Trinchero, che l’affiancava, sembrò non gradire il rientro di Bruno Pasquini e cominciò a scattare: nella fila di sinistra si creò un “buco” che Fausto, tagliando in diagonale la strada, s’affrettò a chiudere. Prima del ponte sul Po, Massa, sentì sul collo il fiato degli inseguitori: alla grigia baracca delle angurie il gruppetto s’ingoiò il fuggitivo. Come per un tacito accordo, tutti sembravano tirare il fiato: i più ne approfittarono per trarre dalla borraccia qualche sorsata ristoratrice; altri per pescare nelle tasche della maglia un frutto od un panino che sparirono in un baleno. Guardandosi attorno, ognuno fece la conta di quanti erano rimasti: diciotto in tutto. Da dietro, anche sfruttando la scia di auto e moto, c’erano corridori che cercavano di rientrare: l’andatura, calata di colpo dopo il ricongiungimento con Massa, permetteva a qualcuno di questi di agganciarsi al plotone di testa. Fausto fu lieto di intravedere Isidoro Bersaglio, pupillo di Capanna e suo compagno d’allenamenti. Si portò al suo fianco e gli chiese in dialetto: - … C’ma vala’? Bersaglio, con una smorfia, gli indicò il gomito insanguinato e con la destra fece nell’aria il segno di una serpentina additando la ruota posteriore che nella caduta si era scentrata e che ora, causa un paio di raggi rotti, girava “vergola”: - Faustei, non ho più freni: a Voghera mi ritiro e torno a Novi in treno … - No, ?Doro, aspetta! Siamo a quattro chilometri di Casteggio: lì c’è un traguardo volante con vino e salami per il primo ed il secondo – Marini, se passa primo, lascia i premi a te: lui vuol fare bella figura con la sua gente … e tu ti prendi tutto. Alè, dai, scatta deciso: vai via e portatelo dietro: se io sto con loro, vedrai che vi lasceranno andare. Dopo Casteggio, se vorrai ritirarti lo potrai fare, ma, almeno, avrai raggranellato qualche premio …
Marini, che aveva capito tutto al volo, si stinse i cinghietti dei puntapiedi e quando bersaglio schizzò in avanti zigzagando, lo agganciò senza mollarlo più: sparirono nella prima polvere della giornata. Qui non era piovuto. Ferrando, Trinchero, Pasquini e compagnia non capivano a che gioco giocasse Coppi: sapevano che avrebbe dato qualsiasi cosa per vincere la Milano – Tortona, ma non riuscivano a decifrare la sua condotta di gara. Rimasto senza compagni di squadra, non capivano perchè lasciasse andar via tutti senza inseguire alcuno. Intanto per Marini e Bergaglio, almeno per il traguardo di Casteggio, i giochi erano fatti, … ma, in verità, solo per il primo, perché Bergaglio, a Casteggio non passò mai.. A testa bassa tamponò una prosperosa contadina che, con un grosso fagotto d’erba sul manubrio della bicicletta, stava lentamente tornando alla sua cascina … ed ai suoi conigli. Rotolarono, avvinghiati, nel fosso di destra con bici, erba e tutto il resto, e, buon per Bergaglio, che i soccorritori riuscirono a sottrarlo, in pochi attimi, alle giuste ire della tracagnotta casteggina. Pasquini fu secondo a Casteggio, terzo Massa e Voghera fu raggiunta in un attimo. Il sole, già caldo, asciugava la divise dei concorrenti che dovevano, però, faticare per scansare scriteriate succhiellate d’acqua che, alcuni del pubblico, non sapendo del freddo e della pioggia sopportati sino a poco prima, si affannavano a distribuire come dolorose e gelide sberle. La velocità, ora, era notevolmente aumentata: Tortona, con le sue colline su cui avrebbero trovato le prime, vere, grosse difficoltà della giornata, si profilò in fondo al rettilineo appena usciti dalla via Emilia di Pontecurone. Lo striscione del traguardo a premi del Bar Salvarezza alla Fitteria, gonfio com’era di vento, lo videro già dalla Fornace Montemerla. Qualcuno cominciò subito ad imbastire alleanze: - Se vinco io, facciamo a metà … -, ma mentre le trattative erano ancora in corso, il ligure Massa saltò fuori dal gruppo e, resistendo al suo ritorno, vinse la volata, e i premi, a mani basse tra gli strilli di gioia e di saluto della signora Zaira che li aveva messi in palio. Davanti allo “Scolastico”, dove il buon maestro Bonissone da Carbonara era riuscito a schierare, pur essendo in vacanza, un cordone di vocianti balilla in divisa, passarono tutti insieme in lunga fila. Il Castello, gremito d’appassionati, sembrava attenderli per offrire loro l’opportunità della prova di forza decisiva. Dall’alto, la gente, li vide piccoli, piccoli, sbucare velocissimi dalla curva dell’ospedale ed iniziare, a scatti frenetici, la lunga salita. Erano una decina, o poco più, quelli che si erano avvantaggiati sul gruppo: Coppi, che aveva armeggiato a lungo sul cambio, era quel puntino staccato di una decina di metri che s’affrettava a riportarsi sui primi. Al curvane di Villa Vedani erano rimasti in cinque e Fausto era fra loro. La folla aveva un incitamento per tutti; quasi nessuno riconosceva quel ragazzo di Castellania che stava tenendo alto il nome di Tortona: la sua maglia, grigia di fango, non si poteva riconoscere per quella del Dopolavoro Tortonese.
Destefanis mantevena alta l’andatura alzandosi sui pedali e scattando di continuo: il solo Pasquini lo rilevava, talvolta, in testa al gruppetto, ma soltanto nei brevi tratti di falsopiano. Ferrando e Massa, sulla rampetta del Belvedere, persero contatto di colpo: sull’acciottolato nel centro di Sarezzano, Coppi, dopo un’accelerazione irresistibile, se ne andò solo. Mani alte sul manubrio, il labbro superiore appena increspato, le spalle immobili, un velo di lucido sudore sulle lunghe gambe mulinanti, sembrava non far fatica: eppure volava! Al Gran Premio della Montanina aveva già 15 secondi su Destefanis, 25 su Pasquini e 1 minuto e mezzo su Massa e Ferrando: rallentò appena per passare, contropedalando, sul rapporto più lungo e, senza voltarsi, si lanciò nella dissestata discesa. Testa bassa, la fronte a sfiorare l’attacco del manubrio, vedeva il nastro grigio della strada fuggire velocissimo sotto le ruote: alzando il capo traguardava, al centro del manubrio, Cerreto che sembrava farglisi incontro traballando. Con secchi colpi di clacson e stridii di pneumatici lo superò, Dio sa come, la Topolino dell’organizzazione e Cesare Rossi, sporgendosi dal tettuccio e facendosi imbuto con le mani, l’incoraggiò: - Alè Faustei! Stai attento al guado del Grue! Affrontalo adagio e stai al centro: ai bordi, la corrente ha portato pietre e fango che potrebbero farti cadere o forare. Alè Faustei! Dai! Dai! – La discesa sul Grue era poco più di un sentiero: i solchi lasciati dalle ruote dei carri sembravano due profonde, sinuose cicatrici; fra di esse, un discontinuo tappeto d’erba scivolosa rendeva tutto più insidioso. Coppi vi passò indenne: superò, adagio, il guado del torrente, poi, sul piano verso Palazzo, si allungò sul telaio e prese a spingere le sue lunghe leve: ormai veva più di 1 minuto sul duo Destefanis e Pasquini e quasi 3 su Massa rimasto solo ad inseguire dopo la caduta di Ferrando. Iniziò lì, per Fausto, una cavalcata solitaria fra le colline delle sue terre: passò come un lampo, seguito da un codazzo di auto rumorose e moto scoppiettanti, per paesi che già conosceva. La gente l’applaudiva senza immaginare che quel ragazzo, dal profilo aguzzo come una freccia, fosse uno di loro. Fausto riconosceva i luoghi e le strade che aveva percorso tante volte, i campi e le case di amici e parenti, il Santuario a S. Bernardino dove, a fine agosto per la festa scendeva con Serse e Livio a rimpinzarsi di granite colorate e grosse fette d’anguria gelata. Riconosceva il molino Brodo dove, col papà Domenico, caricava sul calesse la farina per il pane e la crusca per il pastone delle galline; il bosco dove lo zio Giuseppe gli aveva insegnato, di frodo, a sparare le prime schioppettate alle “rosse”. Il ravvisare, già da lontano, quei posti gli dava sicurezza e stimolo e quando alla Fitteria riconobbe la Orsi, la fabbrica del trattore che, a Castellania, avevano solo i Baselica, capì che ormai era fatta. Si abbassò gli occhialini lasciando che ballonzolassero sul petto, passò su un rapporto più leggero, lasciò alle spalle il “S. Marziano” e già dal peso pubblico del Gambrinus intravide, maestoso, lo “Scolastico” che precedeva di 200 metri il traguardo.
Il maestro Bonissone stava ancora minacciando i suoi indisciplinati balilla, che contagiati dal crescente entusiasmo non mantenevano più l’allineamento, che Fausto superò la linea d’arrivo. Cesare Rossi fu il primo ad abbracciarlo, poi lo zio, il comandante, poi il Podestà impettito nell’impeccabile divisa. Sballottato e confuso, Fausto, non vide neppure la volata per il secondo posto: anche il mazzo di fiori, che si passava da una mano all’altra gli toglieva la visuale. Cunicolo lo trasse a sé: - Bravo Fausei! Stasera rimani a cena a casa mia … dobbiamo parlare un po’… -
Fausto consegnò i fiori a Serse che si era arrampicato sul palco e non la smetteva più di ridere e piangere di gioia: - Portali alla mamma -, gli gridò – e che non si preoccupi se stasera tarderò un po’: mi porterà a casa, dopo cena, il signor Cunicolo… -
Il mattino dopo, le edicole di piazza del Duomo avrebbero appeso la pagina interna della Gazzetta dello Sport con contornato un titolo: - UN TORTONESE DI CASTELLANIA VINCE, PER DISTACCO, LA MILANO – TORTOMA.
Questa appena descritta è una “Milano-Tortona” che non si è mai corsa perché in quei tempi, quanto Fausto si scopriva, a poco a poco, non esisteva ancora. La “inventeranno” Cunicolo, Aiolo, Corollo, Berutti, Vaccai, Rossi ed altri soltanto nel ‘46 quando Coppi sarà già grande. Ci è piaciuto, però, immaginare come Fausto avrebbe potuto vincerla, convinti come siamo che l’avrebbe corsa e certamente vinta, motivato da mille stimoli, primo, fra tanti, l’intimo legame che l’univa a questi posti, a queste strade attorcigliate alle sue colline. Dalla sua vittoria anche la Milano – Tortona ne avrebbe tratto lustro: annoverare nel suo Albo d’Oro, già ricco di nomi di splendidi atleti, il nome di Fausto Coppi, avrebbe premiato, ancor più, tutti coloro che l’hanno voluta, tutti quelli che hanno lavorato per farla grande, e tutti coloro che, ancor oggi, s’impegnano a tenerla viva.
GINO BAILO (Articolo tratto da “Sette Giorni” di sabato 10 aprile 1999)

 

[Modificato il 28/02/2006 alle 18:51 by Admin]


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 27/02/2006 alle 22:19
Delfo, grazie.
Complimenti anche per la cronometrica, molto coppiana, puntualità nel mantenere la tua promessa.
Il tuo è un contributo importante che alimenta il mito di Coppi, forse la storia più straordinaria di questo fantastico sport.

 
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Moderatore
Utente del mese Gennaio 2009




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Registrato: Apr 2005

  postato il 27/02/2006 alle 23:34
Grazie Delfo.....e' cosi' bello leggere!

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 2797
Registrato: Apr 2005

  postato il 27/02/2006 alle 23:38
Delfo, grazie per aver riportato questo bel racconto.
Credo che il ciclismo, ed in particolare il ciclismo eroico, sia lo sport che si adatta meglio al racconto.

 
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Livello Federico Bahamontes




Posts: 390
Registrato: Oct 2005

  postato il 28/02/2006 alle 07:56
Bellissimo racconto!
 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 9090
Registrato: Nov 2005

  postato il 28/02/2006 alle 08:53
alla faccia del primo post!!!!
credo che miglior esordio per te non poteva esserci!!!!!

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 2142
Registrato: Jun 2005

  postato il 28/02/2006 alle 17:00
Avevo anticipato, in un altro 3D, che Delfo ci avrebbe riservato tante sorprese.
Debbo ringraziarlo pubblicamente: grazie a lui, infatti, sono uno dei fortunati possessori dell'edizione del racconto stampata in occasione della mostra "I colori di Coppi" ,del pittore Claudio Pesci, autore della copertina.
Gino Bailo me ne ha fatto omaggio con tanto di dedica, e di questo lo ringrazio.Il racconto è straordinario e sono lieto che sia stato apprezzato:non avevo dubbi.
la copertina (che raffigura Fausto Coppi visto da Claudio Pesci) è veramente bella e merita di essere pubblicata.

p.s. la metto io, ma è il merito di tutto è di Delfo!

 
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