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Autore: Oggetto: Aveva solo diciott'anni Sam

Moderatore




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  postato il 11/09/2005 alle 16:59
Aveva solo diciott'anni Sam, e moriva - come tanti - senza sapere perché.
Il giorno prima il compleanno che sognava, con quella vittoria colta al Central Park tra tante ruote più esperte di lui: "Incredibile papà, ce l'ho fatta". Il papà però non voleva per lui un futuro da ciclista, anche se gli faceva innegabilmente piacere che il figlio fosse felice, ci mancherebbe. Lui, uomo in carriera ed amministratore delegato di una delle società commerciali più importanti del globo, che avrebbe voluto per il suo "bambino" studi di prima classe ed università blasonate, si ritrovava uno "scavezzacollo" che pensava solo a mulinare rapporti sulla Bmx prima, sulla Mountain Bike poi, infine: la scoperta della biciletta da corsa.
Aveva quindici anni Sam, vero nome Samuel Jordan Martin, quando ricevette come premio per l'ennesima corsa vinta, la ventesima stagionale, una bicicletta da corsa nuova di zecca dalla società per cui correva: "un premio al lavoro - gli diranno - Te lo sei meritato". Si era dannato Sam per cercare di restare vincente pur cambiando categoria, ed agli inizi le cose non furono affatto facili. Aveva determinazione Sam, e molte volte lo tentarono a provare i "trials", esibizioni da circo che gli americani compiono con auto, moto e biciclette, ovviamente non da corsa.
"Se mi hanno regalato una bici da corsa, un motivo ci sarà", continuava a ripetersi Sam, in uno dei tanti discorsi che il ragazzo faceva tra sé e sé, anche perché non poteva contare sull'apporto del padre, che per quieto vivere accettava, ma non tollerava questo spirito del figliolo.
Un anno e mezzo di sacrifici, di allenamenti, tra le tante strade trafficate di New York, col solo appiglio più tranquillo di Battery Park, a due passi da casa. Il padre si preoccupava un po' anche perché, a ormai diciassette anni, il ragazzo si era un po' lasciato andare con la scuola, che putroppo offriva ai ragazzi sportivi soltanto l'opportunità del football e del basketball, senza considerare i ragazzi che in bicicletta inseguivano i loro sogni.
La prima vittoria, nel New Jersey, accanto all'aeroporto di Newark, Sam la conquistò in ottobre. Azione da finisseur, anticipo sul gruppo compatto ad 1,5 km dal traguardo, sfruttando una curva stretta che richiedeva abilità da biker. Sam ne aveva.
"Ma no, ancora!": il giornale del mattino successiva indicava in Martin Jordan il vincitore della corsa di Newark. "E' impossibile che alcun giornale non sappia risalire al mio nome corretto...!!". Il nome però se lo ricordava Liz, ragazza di origini nigeriane che in tutte le corse, appassionata di ciclismo com'era, notava Sam e pian-piano se ne innamorava. Samuel non aveva tempo per lei, però, determinato com'era a dimostrarsi un campione anche con la "road bike". Una vittoria non gli bastava, una vittoria era troppo poco. Da lì a fine stagione nessun altro segnale. L'appuntamento era fissato per l'anno dopo, l'anno - non soltanto anagrafico - della maturità.
La presentazione della squadra, in febbraio, destinò a Samuel Jordan Martin una notevole sorpresa: difatti, sfruttando qualche conoscenza in comune Gordon Blanner, l'allenatore di Sam, era riuscito ad invitare ed a ottenere la partecipazione di qualche corridore della Us Postal, la squadra di ciclismo professionistico americana più forte, forte anche di quel Lance Armstrong che in Europa spopolava con i Tour de France. Ma Sam sognava Central Park, sognava Fred Mengoni, sognava George Hincapie, anche perché il suo fisico e le sue caratteristiche, nonché un'analogia geografica, lo avvicinavano molto più al passista di Long Island che al passista-scalatore-cronoman di Austin, Texas, troppi chilometri lontana da New York.
Strinse la mano a George, e ne fu soddisfatto. "Mi hanno parlato di te, mi hanno detto che vai forte sui percorsi misti". Hincapie si rivolse così a Sam, ed al piccolo Samuel quelle parole risuonarono nel cervello con una sorta di aurea celeste, un sottofondo divino che stentava a credere vero. "Sì...ma...tu...cioè...", balbettava nervosamente Sam nella risposta. Hincapie rideva divertito: "Ehi, stai tranquillo ometto, non sono altro che un ciclista come te". Si scambiarono i numeri, "per qualsiasi consiglio", gli disse il più celebre collega da pedale.
Samuel tornò a casa con un sorriso stellare, e chiamò Liz per farle sapere dell'incontro e della chiacchierata con George Hincapie, l'idolo di una vita.
Si incontrarono, piansero insieme, si accorsero di volersi davvero bene. Liz era più grande di Sam, ma non si notava. Infatti il ragazzo era molto maturo per la sua età e molte volte aveva fatto fatica, date le circostanze, a legare con i compagni di classe e di squadra, ancora "troppo acerbi" secondo il ciclista newyorkese. Al padre non disse nulla Sam, sapeva che avrebbe sorriso come suo solito per poi borbottare: "Quando capirai che dovrai crescere?". Evitò di intristirsi, evitò di confrontarsi col padre, che pure non gli faceva mancare niente, se non forse la cosa più importante: l'apporto della famiglia, rappresentata unicamente da lui. Sam era figlio unico e sua madre se n'era andata quando aveva dieci anni, esasperata dai ritmi del marito e dalla eccessiva minuzia che prestava al lavoro e dall'eccessiva - di contro - trascuratezza che applicava verso la moglie, la madre di suo figlio. Non era cattivo il padre di Sam, era soltanto un uomo che da piccolo aveva sofferto di povertà, e non voleva che la cosa si ripetesse ai suoi cari, al costo di snobbarli.
Sam però ce l'aveva col padre, perché non capiva i suoi sogni.
A marzo iniziò con le competizioni, dopo mesi invernali rivolti a migliorare la posizione in bici e la presenza in gruppo, visto che Sam tendeva a correre nelle ritrovie e, spesso, si trovava tagliato fuori dalla bagarre dei migliori non tanto per mancanza di energie, ma proprio per una posizione scorretta in gruppo. Migliorò tutto questo insieme a Gordon, che credeva molto in lui.
Vittorie, tante: in volata per distacco, allungando sugli strappi per scremare il gruppo da ruote più veloci di lui, e battere gli eventuali compagni di sortita con un discreto spunto veloce. Un uomo da classiche, un corrridore alla Hincapie.
Però, mai a New York: vinceva ad Albany, a New Jersey, a Newark, a Boston addirittura, ma mai New York, gli era tabù addirittura Battery Park, il luogo dove si allenava sempre. Era causa di preoccupazione questa per lui, e ne risentiva anche un poco il rapporto con Liz; con lei Sam era freddo, e lei si lamentava. Non avevano ancora fatto l'amore, e questo lei glielo rimproverava spesso. "Ma che fretta c'è?", gli chiedeva Sam. "Nessuna fretta, del tempo non mi interessa. Ma ti amo, e non vedo perché, visto che dici di amarmi, dovremmo aspettare", ribatteva lei.
Lui le dava un buffetto, riagganciava i pedali e se ne andava. Lei, dopo l'arrabbiatura, rideva divertita, perché sapeva che il suo Sam era felice.
Il rapporto col padre era sempre più freddo. "Non so più come fare con Sam - parlava il padre con i colleghi di lavoro, quelli più fidati - vorrei che mi seguisse qui in azienda, ed invece tutto il giorno a scarrozzare su quella bici". "Sei troppo duro con lui - provava a suggerirgli Johanna, la sua segretaria, una ragazza che aveva praticamente visto crescere Sam in ufficio, visto che il padre lo portava spesso con sé perché non si fidava delle baby-sitter - dovresi parlargli e fargli capire che gli vuoi bene. Indipendentemente dalle cose che fa". "Non è facile - precisava Jake - ma spero che lui lo abbia capito che gli voglio bene davvero".
Sam invece dubitava di questo, ma mai aveva avuto il coraggio di affrontare la situazione, neanche ora che aveva trovato una perla come Liz. Aveva paura della risposta, aveva paura che potesse ritrovarsi orfano anche dell'amore del padre. Preferiva non pensarci, e pedalare forte.
In estate il calo di forma coincise con una vacanza in Messico, pochi giorni con Liz e capire che fosse veramente la donna della sua vita. Nessun rapporto, neanche in vacanza, ma erano stati bene e Liz non aveva neanche sentito il bisogno di lamentarsi. Le bastava sapere - anche a lei - di poter contare sempre su Sam. "Sei un ragazzo d'oro", gli ripeteva spesso. "Spero che sia d'oro anche la medaglia delle Olimpiadi", la stuzzicava Sam alludendo ad una futura partecipazione alla rassegna a cinque cerchi. "Che scemo che sei!", e Liz continuava ad abbracciarlo.
Tornati dal Messico, tornati ad allenarsi. Sam ci teneva alla corsa di Central Park, ci teneva perché sperava nella supervisione di Fred Mengoni, il "guru" del ciclismo statunitense, il vero incentivatore di questa disciplina negli "States". "Sarebbe bello poter percorrere davvero la stessa strada di Hincapie", diceva a Liz.
Settembre 2001: giorno della gara.
Samuel Jordan Martin ha il numero 211, nessuna numerologia particolare lo accompagnava, e lui neanche ci faceva caso al numero che aveva. Il giorno dopo avrebbe compiuto diciotto anni, e ci teneva a festeggiarlo nella maniera che sognava da sempre. 122 km di corsa, su e giù per il parco, ma dopo 20 km un violento nubifragio rese impossibile la prosecuzione della corsa. Tutti a casa, appuntamento al giorno dopo.
"Vengo anch'io domani. Non sarà festeggiare come avevamo preventivato, ma sento che vincerai, e non voglio davvero mancare", gli disse dalla cornetta Liz alludendo alla promessa di un giorno d'amore che finalmente Sam le aveva dichiarato e che si era deciso ad affrontare. "Spero tu abbia ragione, piccola", ribattè già sognando Samuel.
Tornò a casa la sera del 10 settembre Sam, e trovò papà Jake con Johanna, praticamente "sua madrina", in atteggiamenti inequivocabili. Si offese Sam, si sentì tradito da entrambi, per un attimo rimase impassibile. Loro si accorsero della sua presenza. "Beh, bel regalo per domani", furono le uniche cose che riuscì a partorire Samuel dalla propria bocca. Fece per girarsi ed andarsene, alchè papà Jake si alzò stizzito: "Ma non pensi a me? - gli fece - Credi sia facile affrontare una vita da solo? E stare dietro alle tue "bizze" da ciclista? Che pensi?". Pugnalata al cuore per Sam, si sentì davvero orfano, dando così seguito concreto alle proprie remore. Scappò via, verso quell'ascensore così alto per poter correre davvero.
"Ma sei impazzito? Che cosa gli hai detto?", Johanna si affrettò a far notare le parole che Jake aveva appena pronunciato. "Oddio, sono un mostro", pensò subito il padre di Sam.
Sessantasettesimo piano, c'era il tempo di recuperare il figlio. In maniche di camicia, salì su un ascensore e si precipitò al piano terra. Sam già correva verso Battery Park in bici, Jake gridò con tutto sé stesso: "Ti voglio bene!!", ed era la prima volta che lo faceva in modo così plateale, e la prima volta in assoluto da un po' di anni a quella parte.
Sam lo sentì, pensò se fosse il caso di tornare indietro, perché in fondo anche lui voleva bene a Jake ed apprezzava Johanna, la donna, in pratica, che l'aveva cresciuto. Per orgoglio continuò, pensando di fargli avere la coppa che - era sicuro a quel punto - avrebbe vinto l'indomani mattina.
La mattina, Sam compiva diciott'anni, ma ci avrebbe pensato poi: c'era da non deludere Liz quella mattina, c'era da regalare a Jake e Johanna un ragazzo di cui andar davvero fieri. Ci mise tutto sé stesso su quei pedali, spingeva con forza che spaccava i cambi, il gruppo, l'armonia dei primi chilometri. Azioni di forza continue sugli strappetti, a ridurre il plotone sempre meno numeroso, fino a restare da solo a 54 km dalla fine.
"Ahi, son tanti", pensò Fred Mengoni, inevitabilmente presente alla rassegna. "Ce la fa, si fidi", si affrettò ad intervenire Liz, che si era posizionata strategicamente accanto all'italo-americano.
Concentrato Sam, determinato Sam, era in un'altra dimensione Sam: neanche l'acquazzone del giorno prima lo avrebbe fermato quella mattina. Vinse, vinse da grande, vinse da campione. I baci delle miss che ingelosivano Liz, le strette di mano che gratificavano Sam, ed anche se papà Jake e compagna non potevano essere presenti per lavoro, era sicuro che da quel momento anche i "genitori" sarebbero stati orgogliosi di lui.
Baciò fortissimamente Liz, che invece di dirgli "Ti Amo" gli disse ironicamente "Buon Compleanno", sapendo che comunque la prima frase era ormai ben in mente del proprio amore, che era già al settimo cielo.
Insieme andarono verso sud di Manhattan, verso casa. Ascensore con la bici impennata, tanti baci mentre salivano verso il sessantasettesimo piano. A casa non c'era nessuno, "poco male - pensarono - aspetteremo cucinando qualcosa di buono".
Qualche minuto più tardi, salirono Jake e Johanna con la torta di compleanno.

Aveva solo diciott'anni, Samuel, quando quell'aereo bussò alla finestra.
Era l'11 settembre 2001.

Mario






P.S.: I nomi dei protagonisti, ed i fatti di questo racconto sono puramente inventati.

 

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Mario Casaldi - Cicloweb.it

CICLISTI
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 17:11
Grazie Mario

Originariamente inviato da Monsieur 40%

Quando quell'aereo bussò alla finestra era l'11 settembre 2001.


IO NON DIMENTICO

 

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"MEGLIO NON ESSERE RICONOSCIUTO PER STRADA CHE ESSERLO ALL'OBITORIO.
IL CASCO SALVA LA VITA, LA CHIOMA VA BENE PER LA FOTO SULLA TOMBA"!!!


Articolo 27 della costituzione Italiana

La responsabilità penale è personale.
L'IMPUTATO NON E' CONSIDERATO COLPEVOLE SINO ALLA CONDANNA DEFINITIVA.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 18:24
Caro Mario, ogni parola è superflua, solamente un grande vuoto nel cuore ripensando a quelle immagini!

a tutti gli angeli caduti........

 

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http://ilmiociclismo.blog.excite.it

"La vita e la morte.La pace e la guerra.La repubblica e la monarchia.Infine Bartali e Coppi e la progressiva identificazione di un popolo, che ripartiva da zero, in una coppia di campioni."Leo Turrini

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 19:09

 

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Davide

 
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Moderatore




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  postato il 11/09/2005 alle 19:28
Complimenti.
Un ricordo doveroso a tutte le vittime e alle loro famiglie

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 20:29
Aveva ragione chi disse, dopo l' 11/9/2001, che probabilmente ci saremmo resi conto della reale gravità della barbarie compiuta in quel di New York City solo molto tempo dopo... la cicatrice di quelle spaventose immagini è ancora viva nei nostri cuori e nelle nostre menti, e fa bene Mario a ricordare quei poveri innocenti, con questo splendido pezzo!

 

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Lo stupido sa molto, l'intelligente sa poco, il saggio non sa nulla... MA EL MONA EL SA TUTO!!! (copyright sconosciuto)

ADOTTA ANCHE TU UNA AMY WINEHOUSE!!! Mangia poco, non sporca... e aspira tutta la polvere che hai in casa!

 
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Livello Federico Bahamontes




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  postato il 11/09/2005 alle 20:56





 

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Crono-Campione-Nazionale 2005 US ACLI

Attenzione!! Vieni a trovarmi su

http://www.cycling-checco.tk

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 22:20
Senza nessun intento polemico, vorrei ricordare anche un altro 11 settembre (per far riflettere tutti sul fatto che certi terrorismi non sono, purtroppo, compiuti solo da coloro che noi consideriamo "barbari", ma anche da stati che per noi sono "alleati").
l'11 settembre del 1973 il generale pinochet, con l'appoggio politico, economico e militare (addestramento e intelligence) degli usa, compie il golpe che trascinerà il cile in una lunga e terribile dittatura. il presidente allende morirà suicida e migliaia di cileni verranno subito uccisi, torturati o costretti all'esilio.
i camerati di allende si dimostreranno tra i + violenti di tutti i tempi ed è triste ricordare come le + atroci trecniche di tortura le abbiamo imparate da alcuni neo-fascisti italiani rifugiati in cile per sfuggire al carcere italiano.





L’11 settembre 1973 e le sue conseguenze (da diario.it)


QUELLO CHE SUCCESSE. Tra le 6 e le 13 di martedì 11 settembre (ora locale) le forze armate cilene abbattono il governo liberamente eletto del Cile. L’azione parte dalla Marina a Valparaiso e si sviluppa nella capitale Santiago con il bombardamento aereo del palazzo presidenziale, la Moneda. Assediato, il presidente socialista Salvador Allende si suicida. Il generale Augusto Pinochet assume il potere. Migliaia di prigionieri vengono concentrati nello Stadio Nazionale. Più di 1.800 oppositori vengono uccisi nei primi giorni, con esecuzioni di massa o dopo torture.

CHE COSA C'ERA PRIMA. Unidad popular, coalizione di sinistra, aveva vinto le elezioni con il 36,6 per cento dei voti nel 1970. Allende, che governava con l’appoggio della Democrazia cristiana, aveva nazionalizzato banche, miniere di rame, espropriato 5 mila latifondi e istituito l’istruzione obbligatoria e gratuita. Una crescente opposizione alla sua politica si era prodotta in manifestazioni di piazza e serrate. Con l’appoggio della Casa Bianca (presidente Nixon, segretario di Stato Kissinger) i militari erano stati invitati a risolvere una situazione che andava contro gli interessi Usa. La maggioranza della Dc cilena appoggiò l’operazione, nel timore di una evoluzione «castrista» della situazione.

UN GOLPE MODERNO. Il colpo di Stato cileno stupisce per la violenza, la spettacolarità e l’alto livello di organizzazione. Nasce una potentissima polizia segreta (la Dina, diretta dal generale Manuel Contreras) che agisce in tutta l’America Latina (l’Operazione Condor), oppositori vengono inseguiti e uccisi in mezzo mondo. Pinochet sarà studiato dai militari argentini che tre anni dopo prenderanno il potere a Buenos Aires, con ancora maggiore violenza, ma con meno esibizione

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 22:56

 

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"Se hai la fortuna clamorosa di diventare un cronista di ciclismo, non puoi fare a meno di essere coinvolto, trascinato in una passione infinita, irrinunciabile, che ti segna per sempre" - Pietro Cabras

"C'è una salita? Vai su, arriva in cima, e vedrai che sarai sempre vincitore" - Giordano Cottur

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 11/09/2005 alle 23:13
bravo mario
sei un grandissimo
ciao
mesty

 
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Livello Octave Lapize




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  postato il 11/09/2005 alle 23:19
speriamo che certi orrori non vengano piu' ripetuti

 

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La vita è come una bicicletta con dieci velocità.
La maggior parte di noi ha marce che non userà mai.(Schultz Charles)




 
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Moderatore




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  postato il 12/09/2005 alle 00:36
Grazie, ragazzi.
E grazie a Checco che mi ha ridotto e postato le foto.

E bene ha fatto Simociclo a ricordare anche "un altro" 11 settembre.

Mario

 

[Modificato il 12/09/2005 alle 01:39 by Monsieur 40%]

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Mario Casaldi - Cicloweb.it

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Livello Gastone Nencini




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  postato il 12/09/2005 alle 06:19
proprio bella

Originariamente inviato da Monsieur 40%

P.S.: I nomi dei protagonisti, ed i fatti di questo racconto sono puramente inventati.


sarà pure tutto inventato ma vedo che quel vecchio marpione di Fred Mengoni riesce ad infilarsi anche in queste storie

 
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Livello Luison Bobet




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  postato il 12/09/2005 alle 10:41
@simociclo
riguardo l'argomento Cile-Pinochet c'e un bel libro scritto da Marquez (premio nobel per "cien anos de soledad"), si intotola "La aventura de Miguel Littin clandestino in Chile". E' la il racconto di questo regista Littin, che e' rientrato di nascosto in chile durante la dittatura di Pinochet per girare un documentario sul regime.Lui era un esiliato e quindi ha dovuto mascherarsi da ricco uruguagio per evitare conseguenze non piacevoli...
Non so se il libro e' tradotto in italiano..io sto cercando il documentario ma non lo trovo...se qualcuno sa dove trovarlo...

Ciao

 
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Moderatore
Utente del mese Gennaio 2009




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  postato il 12/09/2005 alle 10:52
grande Mario


e grande simociclo

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Non registrato



  postato il 12/09/2005 alle 11:24
Ieri sera avevo intravisto uno scritto lungo, una firma conosciuta, una data trita e ritrita... ma a causa del sonno ho rimandato ad oggi la lettura.
Beh che dire ne è valsa la pena!
Veramente una bella storia, epilogo tragico a parte.
Bravo Mario i più sentiti complimenti.

 

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Livello Miguel Indurain




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  postato il 12/09/2005 alle 11:26
Bella riflessione.

Ci sono anche tanti altri Sam... in tutto il mondo che ancora non hanno compiuto i 18 anni... e che in maniera diversa, ma tragicamente, hanno un destino simile.

 

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Tutto dipende...!


 
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Livello Freddy Maertens




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  postato il 12/09/2005 alle 12:24
Grazie Simociclo per aver ricordato anche i morti di serie B, le tragedie che non contano, il terrorismo che non vale in quanto non causato da una "cultura inferiore".
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/09/2005 alle 16:40
Originariamente inviato da leo

@simociclo
riguardo l'argomento Cile-Pinochet c'e un bel libro scritto da Marquez (premio nobel per "cien anos de soledad"), si intotola "La aventura de Miguel Littin clandestino in Chile". E' la il racconto di questo regista Littin, che e' rientrato di nascosto in chile durante la dittatura di Pinochet per girare un documentario sul regime.Lui era un esiliato e quindi ha dovuto mascherarsi da ricco uruguagio per evitare conseguenze non piacevoli...
Non so se il libro e' tradotto in italiano..io sto cercando il documentario ma non lo trovo...se qualcuno sa dove trovarlo...

Ciao

l'ho cercato anch'io, ma temo non sia stato tradotto...

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 12/09/2005 alle 18:43
Chapeau Monsieur!
 
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  postato il 12/09/2005 alle 20:54
Originariamente inviato da simociclo

Originariamente inviato da leo

@simociclo
riguardo l'argomento Cile-Pinochet c'e un bel libro scritto da Marquez (premio nobel per "cien anos de soledad"), si intotola "La aventura de Miguel Littin clandestino in Chile". E' la il racconto di questo regista Littin, che e' rientrato di nascosto in chile durante la dittatura di Pinochet per girare un documentario sul regime.Lui era un esiliato e quindi ha dovuto mascherarsi da ricco uruguagio per evitare conseguenze non piacevoli...
Non so se il libro e' tradotto in italiano..io sto cercando il documentario ma non lo trovo...se qualcuno sa dove trovarlo...

Ciao

l'ho cercato anch'io, ma temo non sia stato tradotto...


"Le avventure di Miguel Littin, clandestino in Cile" è tradotto ed edito da Mondadori nella collana di Garcia Marquez.
Tra l'altro Littin è un personaggio reale, regista tuttora attivo, e la storia è vera.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/09/2005 alle 22:07
Originariamente inviato da Admin

Originariamente inviato da simociclo

Originariamente inviato da leo

@simociclo
riguardo l'argomento Cile-Pinochet c'e un bel libro scritto da Marquez (premio nobel per "cien anos de soledad"), si intotola "La aventura de Miguel Littin clandestino in Chile". E' la il racconto di questo regista Littin, che e' rientrato di nascosto in chile durante la dittatura di Pinochet per girare un documentario sul regime.Lui era un esiliato e quindi ha dovuto mascherarsi da ricco uruguagio per evitare conseguenze non piacevoli...
Non so se il libro e' tradotto in italiano..io sto cercando il documentario ma non lo trovo...se qualcuno sa dove trovarlo...

Ciao

l'ho cercato anch'io, ma temo non sia stato tradotto...


"Le avventure di Miguel Littin, clandestino in Cile" è tradotto ed edito da Mondadori nella collana di Garcia Marquez.
Tra l'altro Littin è un personaggio reale, regista tuttora attivo, e la storia è vera.


grazie!

 
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Moderatore




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  postato il 12/09/2005 alle 22:11
Originariamente inviato da jerrydrake

Grazie Simociclo per aver ricordato anche i morti di serie B, le tragedie che non contano, il terrorismo che non vale in quanto non causato da una "cultura inferiore".


Jerry, non per pignoleria (o forse un po' sì, diciamo al 40%...), ma mi preme sottolineare che non ho postato questo racconto perché lo considero di serie A rispetto ad altri accadimenti.
Il fatto che tu abbia usato la parola "anche" mi fa capire che ciò che hai postato non si riferisse a me.

Perché la vigliaccheria del terrorismo, tutto, non si ripeta.

CIAO!

 

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Livello Octave Lapize




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  postato il 12/09/2005 alle 23:26
Complimenti Mario, bisognerebbe stamparlo e portarlo a qualcuno che si è già dimenticato di tutto perchè è successo di là dall'oceano...
Leggendolo mi hai fatto commuovere....Grazie!

 

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Pedivella rovente

 
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Livello Freddy Maertens




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  postato il 13/09/2005 alle 16:27
Originariamente inviato da Monsieur 40%

Originariamente inviato da jerrydrake

Grazie Simociclo per aver ricordato anche i morti di serie B, le tragedie che non contano, il terrorismo che non vale in quanto non causato da una "cultura inferiore".


Jerry, non per pignoleria (o forse un po' sì, diciamo al 40%...), ma mi preme sottolineare che non ho postato questo racconto perché lo considero di serie A rispetto ad altri accadimenti.
Il fatto che tu abbia usato la parola "anche" mi fa capire che ciò che hai postato non si riferisse a me.

Perché la vigliaccheria del terrorismo, tutto, non si ripeta.

CIAO!


Nessuna polemica con te e con il tuo bel racconto. Ciò non toglie che, per molti, i morti causati dalla nostra società siano sempre degli "inconvenienti", un "prezzo da pagare", un "sacrificio necessario". Quanti di quei morti dell'altro 11 settembre hai sentito ricordare dai tg o dai quotidiani? Ho solo voluto ringraziare Simociclo che ha voluto spendere 2' del suo tempo per non dimenticare ciò che per molti non esiste.

 
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  postato il 13/09/2005 alle 19:42
Allora lo vedi che siamo in comunione d'intenti, caro Jerrydrake...?!? Simociclo l'ho ringraziato anch'io...

 

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Mario Casaldi - Cicloweb.it

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Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

 
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