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Autore: Oggetto: questione spinosa: per tecnici

Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 03/08/2005 alle 15:41
tratto da un altro thread: scritto da Jan

...quando vedo percorsi per il mondiale così , non ho altro da dire. non ce l'ho con Petacchi, è evidente. Ma un mondiale meriterebbe un circuito più selettivo.
Il Mondiale vinto da Cipollini è stato l'unico che non ho seguito dal 67 ad oggi. Penso che Madrid non lo seguirò. Che ci volete fare...le volate non mi entusiasmano.
Piccolo appunto. Corridori come Bettini, DiLuca che devono fate per andare al mondiale?
Mannaggia ai treni. e trenini...

JanJanssen


Caro Jan,
questa tua affermazione mi offre il destro per una discussione che mi preme da qualche tempo: La questione è quella della scala di valori attribuibili alle varie specializzazioni.

Dici che non hai seguito il mondiale di Zolder vinto da Cipolla e che non ti entusiasmano le volate.
Dico subito, a scanso di equivoci, che sono perfettamente d’accordo sul fatto che il campionato del mondo meriti percorsi selettivi, diciamo almeno “sostenuti”.

Qui però si aprono alcune questioni:
la prima è storica, non vorrei sbagliare, non credo, ma in passato i mondiali pianeggianti ci sono stati. La doppia, prestigiosissima, tripletta dei grandi Van Steenbergen e Van Looy dovrebbe attestarsi su percorsi non durissimi. Confermi? Van Steembergen vinse due volte nella pianeggiante Copenhaghen.
Questa considerazione si potrebbe fare pari pari per quanto riguarda le cronometro. Oggi sento molti appassionati scandalizzarsi se al tour ci sono crono di 60 km. La cosa può avere un suo senso dal punto di vista degli equilibri agonistici (che peraltro non condivido appieno), ma almeno non và storicizzata. Infatti sarai d’accordo con me che Coppi e Anquetil avevano a disposizione un kilometraggio nell’esercizio solitario contro il tempo anche superiore a quello odierno (a volte, non sempre). Il tour di Fausto del ‘49 deve buona parte dell’impresa al distacco che il Campionissimo seppe infliggere al Ginettaccio Bartali due crono la seconda Colmar- Nancy di ben 140 km. (ripeto 140!). la prima era comunque di 92 km. e sommando i distacchi delle due emerge che il Bartali avrebbe vinto il tour de France senza quelle crono lunghissime. Ma chi si sognerebbe di dire che Coppi vinse il tour solo grazie al cronometro? Io no di certo.
Spulcio l’annuario con curiosità e ti trovo l’insospettabile: C. Gaul, vinse il tour del ‘58, trionfando in ben tre prove individuali a cronometro, per un totale di 141.5 km ( se ci togli i 21.5 km del m. Ventoux rimangono 120 km.) Ohibò….sbalordisco, vuoi vedere che Charly viaggiava anche nelle crono…e di brutto!

La seconda considerazione tocca argomenti più sensibili e meno misurabili.
Se è vero che appassionarsi e amare qualcosa dovrebbe coinvolgere nel tutto, perché dare più peso e più valore a talune specializzazioni.
Perché lo scalatore è migliore del velocista? Perché il cronometro è meno sincero dell’alpe d’huez?
Se mi dici che l’arrivo in salita è più spettacolare mi deludi un po’, so che non lo farai, teniamo il focus sui valori tecnici, sulla prestazione e sulla storia del ciclismo.
Ti dico come la penso io, così faccio prima.
Trovo che ogni specializzazione abbia pari dignità dal punto di vista agonistico, la forza dei campioni stà proprio nella completezza in ogni ambito di applicazione. Il buon Eddy è stato lui proprio perché sapeva eccellere in ogni fase (anche negli sprint, lo ricorderai)
Ogni epoca ha avuto una propensione a percorsi più o meno selettivi, ma i campioni hanno sempre saputo ritagliarsi gli spazi dovuti alla loro classe. Alcuni eccessi ci sono stati, come i giri fatti su misura a Moser e Saronni, ma anche alcune impennate verso le vette più tremebonde nel decennio di Chioccioli-Pantani-Gotti.

Cosa impedirebbe a Petacchi di essere un Campione del mondo dignitoso?

Insomma carissimo, il mio è un invito a confrontarsi su questo tema e soprattutto un consiglio, non perderti il Mondiale Madrileno, io Zolder l’ho visto tutto e non mi sono pentito.
Il mio è il punto di vista dell’innamorato cronico, delle corse in bici mi piacciono anche i traguardi volanti.
Ti convinco?...dai che ti/vi convico.

Ciao belli
claudio



 
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Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 04/08/2005 alle 08:32
Azz, trattenete gli entusiasmi raga!

ok, devo aver sbagliato periodo, peccato, mi sembrava interessante.
ciao belli
claudio

 
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Livello Ottavio Bottecchia




Posts: 548
Registrato: Mar 2004

  postato il 04/08/2005 alle 11:32
tocchi molte questioni...
Io ricordo che qualcuno in questo forum (Emiliano forse?) scrisse una cosa che condivido: un buon mondiale è quello capace di valorizzare un campione. Dunque quello di Zolder fu un buon mondiale. Certo, non puoi mettere ogni anno un percorso come quello, però il mondile di Zolder non vale meno di quelli con percorsi ibridi (quelli vinti da Astarloa, Vainsteins ecc.). Anzi, tutt'altro!

Sulla cronometro, concordo che sia un esercizio tecnico notevole, il problema che crono di oltre 60 km favoriscono enormemente gli specialisti poichè, al giorno d'oggi, gli scalatori non riescono a fare gli stessi distacchi in montagna. Perchè? Perchè molti cronomen vanno fortissimo anche in salita. E perchè vanno cosi' forte? La risposta la sappiamo tutti...

 

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Via i dopati dal ciclismo.

Non è che mi sono staccato, è che il gruppo è andato in fuga!


 
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Livello Hugo Koblet




Posts: 402
Registrato: Feb 2005

  postato il 04/08/2005 alle 11:52
Sulle cronometro non sono del tutto d'accordo; Le crono di oggi avvantaggiano molto i passistoni che hanno subito maggiori benifeci dalemodoping rispetto ai benefici che ne ricavano gli scalatori! ma secondo me il punto non è questo; in Italia siamo generalemnte avversi alle cronometro perche non abbiamo un corridore che va forte in questa specialità da anni, da troppi anni. e perche??? perche in italia non si corre quasi ma contro il tempo, non ci si allena; in tutte le piccole corse a tappe italiane non viene quasi mai proposta una crono (giro del trentino, tirreno adriatico, ecc.) e di conseguenza gli italiani per migliorarsi in questo esercizio devono emigrare (vedi Basso) a mio avviso è una questione di mentalita italiana che rifugge dalle prove contro il tempo!! Se avessimo un mario rossi che a crono vola e vince il tour ci farebbero cosi schifo le crono? penso di no!!!!

Sui mondiali, penso debbano premiare dei campioni capaci di eccellere o almeno di andare molto bene in varie situazioni; e i mondiali piatti ( e en quelli troppo duri) non premiano chi veramente e un campione!

 

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No crusar la caretera

 
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Livello Marco Pantani




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Registrato: Mar 2005

  postato il 04/08/2005 alle 14:09
Originariamente inviato da Cimospa

Sulle cronometro non sono del tutto d'accordo; Le crono di oggi avvantaggiano molto i passistoni che hanno subito maggiori benifeci dalemodoping rispetto ai benefici che ne ricavano gli scalatori!


Però questa cosa degli scalatori che non riescono a fare distacchi è, permettimi, una mezza verità. Non ci riescono solo se attendono l’arrivo in salita per sferrare i loro attacchi.
In questo modo un forte passista-scalatore riesce a contenere i distacchi. Però la colpa è loro, principalmente degli arrampicatori intendo. Che non possono pensare di ribaltare le classifiche scattando a 4 km. dal traguardo. Ti lancio una provocazione, gli scalatori che attendono gli ultimi km, dell’arrivo in salita interpretano la gara con le stesse modalità tattiche del velocista, attendono il terreno e il momento adatti a mettere in campo la loro specializzazione. In questo modo però non rischiano….e non rosicano. Ottengono vittorie di tappe e distacchi contenuti.
All’inizio del tour Morris ebbe a dire che l’unico modo per infastidire Lance era quello di fare attacchi da lontano, mai cosa fu più vera! La storia del ciclismo insegna che più degli arrivi in salita possono fare le tappe con più salite e quindi con la possibilità di far intervenire tattiche complesse, gestione di energie, sfiorare gli ambiti delle crisi irreversibili.
Marco Pantani ha vinto il tour grazie a uno “scellerato” attacco da lontano. Quell’attacco poteva anche costargli molto caro se Jan non fosse crollato, possiamo dire che rischiò di saltare anche lui.
Ecco, a rischio di lambire il banale, io dico che le grandi gare a tappe non devono essere “per scalatori”, ma per corridori forti e completi…e coraggiosi, aggiungo.

La questione del doping che appiattisce i valori in salita a favore dei passisti mi pare tolga rilievo al discorso, che è prettamente tecnico. Aggiungo il fatto che aumentare i km, di salita per compensare la sconfitta della lotta al doping sarebbe una implicita ammissione di disfatta del mondo del ciclismo e di abdicazione degli organizzatori dai loro doveri. Inoltre il ragionamento ha un che di complicato (per combattere gli effetti del doping sul risultato finale della gara…rendo i percorsi ancora più duri!...mah).

ciao e grazie!
claudio



 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jul 2004

  postato il 04/08/2005 alle 17:25
Attenzione Claudio, Morris faceva un’osservazione calata nella realtà, in circostanze precise, e non si riferiva assolutamente agli scalatori ma ai pari categoria di Armstrong (se esistono). Tu invece conduci un discorso astratto e decontestualizzato, teorico direi.
Altra questione: dal momento che non ho alcuna intenzione di rifriggere argomenti già dibattuti, ti faccio una domanda: dal momento che non è ancora provato che le onde elettromagnetiche dei telefonini abbiano rincoglionito definitivamente gli scalatori, a cosa sarebbe dovuta questa ignavia, questa codardia, questa pavidità che sta squalificando, a livello di credibilità, tutta la categoria?
Da alcune tue osservazioni deduco che tu non condividi le mie stesse idee (e quelle di Morris e di qualcun altro nel forum) attorno all’alterazione dei valori sportivi determinata dal doping, me ne faccio una ragione e attendo con curiosità le tue risposte.
Ciao Carissimo!

 

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Davide

 
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Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 04/08/2005 alle 18:48
Sì, certo. Il discorso è proprio sul filo della teoria. Volutamente. Se faccio esempi è solo per agganciare la realtà e spiegarmi meglio. Il riferimento al post di Morris è forse fatto con superficialità (touchè, maldido!). L’importante era per me condurre una linea di ragionamento.

La mia personale convinzione è che non ci sia un disequilibrio sostanziale fra le opportunità fornite a passisti e a scalatori nelle grandi gare a tappe. Ci sono, è vero, delle differenze fra Tour e Giro, ma non costituiscono, a mio avviso, scandali tecnici.
Quello che volevo condividere e discutere con voi è la ragione per cui gran parte degli appassionati preferisce “lo scalatore” al “cronoman” o al “velocista”, con tutti i limiti che queste schematizzazioni specialistiche si portano appresso.
Anzi, non solo “preferisce”, il che sarebbe assolutamente legittimo e inerente ai gusti personali di ognuno, ma bensì attribuisce alla specificità dello scalatore dignità e valore assoluto superiore agli altri…..Capirai che, dall’alto dei miei 87 Kg., mi ci inkakkio un po’!

Ti dirò, ma è un segreto….non dirlo ad alcuno, ho una mia idea e si rifà a due tipi di auree mitiche che sono state costruite sulla figura dell’arrampicatore.
La prima riguarda la storia delle grandi corse a tappe e le cronache degli albori, dove le imprese avevano i contorni dell’esplorazione mitica, dell’avventura Salgariana, della lotta contro una natura (le montagne) ostile e invincibile. Questa mi piace, la trovo più che legittima, mi ci riconosco. “….un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto…” mi fa venire la pelle d’oca solo a riscriverla.

La seconda è moderna e fondamentalmente legata a meccanismi di spettacolo televisivo. L’arrivo in salita vende, fa share, incassa….è questa che mi fa incavolare e che credo responsabile dell’equivoco tecnico (almeno così io lo percepisco) all’origine di questo mio thread.
Mi sembra che il ciclismo venga considerato “nobile” solo se arriva sul Mortirolo….divento pazzo quando sento queste cose.

La pavidità della categoria scalatori non so davvero da dove derivi, figurati, io ero un passista!, no scherzi a parte, torno sul tecnico e ipotizzo che non si tratti di pavidità, ma di forze che mancano. Mi sembra che anche al giro Simoni abbia giocato le sue carte da lontano solo nella tappa del Finestre, quando non ne poteva fare a meno, mentre nelle altre tappe ha fatto i cosiddetti “scattini”.
Però non sempre mancano, l’anno scorso a Falzes il biondino neopapà fece un numero discreto.
E poi la mia era una risposta a Gregorio, che diceva che per colpa del nuovo doping non si riescono a fare gli stessi distacchi in montagna che a cronometro. La mia intenzione era di riportare la questione su binari tecnici, tattici e atletici.
La questione del doping è difficile e inficia la semplicità di queste mie considerazioni. In realtà non ho una convinzione radicata in merito, poiché non ne conosco abbastanza. Ho letto i vostri post in cui si dice che il doping moderno avvantaggia di più le azioni “aerobiche”, quelle dei passisti insomma. Non posso certo contestarli, mancando di pezze d’appoggio e quindi li accolgo per corretti.

Però consentimi di approfittare di te. Ti pongo questa domanda. Se l’uso di prodotti che aumentano la capacità aerobica è diffuso allora anche la categoria degli scalatori dovrebbe adeguare le proprie tattiche di gara e privilegiare attacchi a lunga gittata invece degli affondi anaerobici degli arrivi in salita? Il ragionamento ti sembra reggere?

Dai, fammi sapere....lazzarone, io aspetto ancora il tamarindo!

Claudio

Ps. devo dire che l’ipotesi delle onde elettromagnetiche mi sembra degna di nota…con quelle radioline si rinc.oglioniscono!

 
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Livello Greg Lemond




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  postato il 06/08/2005 alle 00:16
Originariamente inviato da gregorio

Sulla cronometro, concordo che sia un esercizio tecnico notevole, il problema che crono di oltre 60 km favoriscono enormemente gli specialisti poichè, al giorno d'oggi, gli scalatori non riescono a fare gli stessi distacchi in montagna. Perchè? Perchè molti cronomen vanno fortissimo anche in salita. E perchè vanno cosi' forte? La risposta la sappiamo tutti...


Concordo pienamente. Ed aggiungo che ai bei tempi da te citati, Claudio, non esistevano gli specialisti, le crono si correvano con la bici di tutti i giorni ( sarebbe un' idea eccellente ricominciare a farlo) .
E poi, non esisteva nemmeno un certo tipo di sostanze che portano alla situazione efficacemente descritta da Gregorio.
Insomma, purtroppo (e sottolineo purtroppo) un paragone tra due epoche così diverse per quanto riguarda l' esercizio specifico personalmente mi sembra improponibile.

Se poi i tracciatori dei percorsi danno ancora altri vantaggi ai passistoni, piazzando molta pianura e una cronometro prima delle montagne e dando così loro modo di difendersi agevolmente in salita - soprattutto se le salite medesime sono pedalabili e/o lontane dall' arrivo - allora la frittata è fatta, al giorno d'oggi se sei uno scalatore devi essere un Pantani per vincere un Tour, e in circostanze particolari tra l' altro.

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 07/08/2005 alle 19:54
Originariamente inviato da claudiodance

... la prima è storica, non vorrei sbagliare, non credo, ma in passato i mondiali pianeggianti ci sono stati. La doppia, prestigiosissima, tripletta dei grandi Van Steenbergen e Van Looy dovrebbe attestarsi su percorsi non durissimi. Confermi? Van Steembergen vinse due volte nella pianeggiante Copenhaghen.




Attento che Van Looy vinse a Berna su un percorso niente affatto facile (Anquetil, Gaul e Bahamontes avevano la lingua di fuori). E la volata finale arrivò dopo tre rimonte spettacolose sugli strappi del percorso.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 09:46
Originariamente inviato da Angian
Attento che Van Looy vinse a Berna su un percorso niente affatto facile (Anquetil, Gaul e Bahamontes avevano la lingua di fuori). E la volata finale arrivò dopo tre rimonte spettacolose sugli strappi del percorso.


Superuau!....attento Angian, per far parte del "club dei precisini" avresti dovuto scovare l'errore grosso del mio post...Van Looy ha vinto 2 mondiali e non 3. (ho appena finito una serie di 20 flessioni)
Comunque il percorso di Berna viene definito "accidentè" da www.memoire-du-cyclisme.net che definisce invece "Vallonè" e "Tres Vallonè" i percorsi duri e poi "Tres selectif" un percorso come quello di Sallanches.

Comunque grazie per la segnalazione, la mia opinione non cambia e confermo l'esistenza nella storia dei mondiali di alcuni e episodi pianeggianti, e alcuni "accidentè".

ciao caro!
claudio

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 08/08/2005 alle 10:51
Originariamente inviato da claudiodance

Perché lo scalatore è migliore del velocista? Perché il cronometro è meno sincero dell’alpe d’huez?
Se mi dici che l’arrivo in salita è più spettacolare mi deludi un po’, so che non lo farai, teniamo il focus sui valori tecnici, sulla prestazione e sulla storia del ciclismo.
(...) Trovo che ogni specializzazione abbia pari dignità dal punto di vista agonistico, la forza dei campioni stà proprio nella completezza in ogni ambito di applicazione.


Va bene, Rik II vinse due mondiali e non tre (prese anche 2 secondi posti). Ad ogni modo, sono pienamente d'accordo con te.
Le specializzazioni sono oggi diventate anche un alibi per molti campioni, che amano nascondersi. Quanto alle graduatorie tra diverse "specialità", secondo me dovrebbero esisterne solo tra strada e pista: il gesto tecnico è unico ed è molto difficile distorcerlo anche a fini televisivi. Da qui il fascino del Campionato del Mondo, che nessuna coppa ... a punti riesce ad eguagliare.

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 11:03
Originariamente inviato da gabri59

Originariamente inviato da gregorio

Sulla cronometro, concordo che sia un esercizio tecnico notevole, il problema che crono di oltre 60 km favoriscono enormemente gli specialisti poichè, al giorno d'oggi, gli scalatori non riescono a fare gli stessi distacchi in montagna. Perchè? Perchè molti cronomen vanno fortissimo anche in salita. E perchè vanno cosi' forte? La risposta la sappiamo tutti...


Concordo pienamente. Ed aggiungo che ai bei tempi da te citati, Claudio, non esistevano gli specialisti, le crono si correvano con la bici di tutti i giorni ( sarebbe un' idea eccellente ricominciare a farlo) .
E poi, non esisteva nemmeno un certo tipo di sostanze che portano alla situazione efficacemente descritta da Gregorio.
Insomma, purtroppo (e sottolineo purtroppo) un paragone tra due epoche così diverse per quanto riguarda l' esercizio specifico personalmente mi sembra improponibile.

Se poi i tracciatori dei percorsi danno ancora altri vantaggi ai passistoni, piazzando molta pianura e una cronometro prima delle montagne e dando così loro modo di difendersi agevolmente in salita - soprattutto se le salite medesime sono pedalabili e/o lontane dall' arrivo - allora la frittata è fatta, al giorno d'oggi se sei uno scalatore devi essere un Pantani per vincere un Tour, e in circostanze particolari tra l' altro.

Gabry, innanzi tutto fatti salutare, ciao bella.

Che non esistessero specialisti me lo dovresti spiegare. Uno per tutti, J. Anquetil, il quale in salita non era certo uno scattista attaccante, bensì un regolarista, viceversa i Gran Prix des Nations vinti ne fanno (….probabilmente…uffi!) il più grande specialista del cronometro nella storia.
La questione delle sostanze che favoriscono alcune tipologie la lascio in sospeso, ma sia chiaro che il doping è sempre esistito.
Dici che il paragone fra epoche non è possibile, posso anche essere d’accordo, ma allora qual è la categoria interpretativa che utilizzi per stabilire il fatto che ad oggi si voglia avvantaggiare i passistoni? Ti basta l’osservazione di un paio di tappe del tour di quest’anno?
Beh, sì…se sei uno scalatore con dei grossi limiti a cronometro DEVI essere un Pantani, se vuoi ambire alla vittoria (cioè uno che fa sfracelli in montagna, senza paura di saltare per aria sulla seconda salita!)...i giri vanno vinti da ciclisti completi! Uno scalatore puro deve fare “la differenza”, altrimenti si dedichera alle tappe o ai gpm!

Leggendoti, ma anche molti altri, emerge che la domanda alla base del mio thread era sensata.
Cioè, perché la categoria “scalatori” riveste, nell’immaginario di molti appassionati, una dignità e un valore intrinseco superiore alle altre?
Se qualcuno ha voglia di cimentarsi su questa domanda lo faccia, per cortesia, argomentando e analizzando. Gliene sarò grato.

Ciao bella gente.
claudio


 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 11:05
Originariamente inviato da Angian

Originariamente inviato da claudiodance

Perché lo scalatore è migliore del velocista? Perché il cronometro è meno sincero dell’alpe d’huez?
Se mi dici che l’arrivo in salita è più spettacolare mi deludi un po’, so che non lo farai, teniamo il focus sui valori tecnici, sulla prestazione e sulla storia del ciclismo.
(...) Trovo che ogni specializzazione abbia pari dignità dal punto di vista agonistico, la forza dei campioni stà proprio nella completezza in ogni ambito di applicazione.


Va bene, Rik II vinse due mondiali e non tre (prese anche 2 secondi posti). Ad ogni modo, sono pienamente d'accordo con te.
Le specializzazioni sono oggi diventate anche un alibi per molti campioni, che amano nascondersi. Quanto alle graduatorie tra diverse "specialità", secondo me dovrebbero esisterne solo tra strada e pista: il gesto tecnico è unico ed è molto difficile distorcerlo anche a fini televisivi. Da qui il fascino del Campionato del Mondo, che nessuna coppa ... a punti riesce ad eguagliare.


Angian...fidanziamoci...te vojo bbene!

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 08/08/2005 alle 11:10
sono già fidanzato con una della mia razza
 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 11:16
Originariamente inviato da Angian

sono già fidanzato con una della mia razza


ah però! venite da Marte?

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 08/08/2005 alle 11:18
cicloturismo spaziale
 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 11:27
...uhm...è la bici!..giusto?
ti sei fidanzato con la bici!

sei una sagoma!!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 08/08/2005 alle 12:44
Claudio bello, sarebbe soddisfacente che magari un giorno fosse Morris a rispondere a questa tua domanda.
Tu mi dici che il doping è sempre esistito, io posso anche essere d’accordo, ma ciò che fa la differenza è l’obbiettivo che si vuole alterare con il doping.
Ti faccio un esempio: dalla grande guerra in poi, tra i soldati sono stati fatti circolare a manetta gli stimolanti, amfetamine e cose del genere, per alzare la soglia d’attenzione e rendere contemporaneamente aggressivi i soggetti.
Supponiamo che gli stimolanti non esistessero, gli avrebbero dato l’ormone della crescita? A che pro?
Capisci che le circostanze hanno il loro peso.
Gli stimolanti avevano lo scopo di lenire la sofferenza, ma alteravano la prestazione solo sul piano temporale, il doping del sistema nervoso non alterava la potenza dei muscoli e non migliorava le prestazioni aerobiche legate alla ricchezza d’ossigeno nel sangue.
Senza dimenticare che fino all’introduzione dell’anti-doping gli stimolanti erano davvero nel taschino di tutti i corridori (ma fino ai primi del novecento, mi sembra il 1907, l’estratto delle foglie di coca stava pure nella coca-cola).
Morris distingue le epoche del ciclismo in varie fasi, dove progressivamente emergono l’innovazione delle tattiche di corsa, l’innovazione del mezzo meccanico e l’innovazione delle superfici stradali, non certo a sbalzi ma progressivamente.
Dopodichè arriva il doping più efficace, quello muscolare prima, quello ematico/muscolare poi.
Se dovessi scegliere l’anno di nascita del ciclismo su strada, senza la pretesa di pensare che prima non ci fosse nulla, lo fisserei nel 1891, prima edizione della Bordeaux Parigi.
L’evoluzione di questo sport termina nel 1978 e fino a questo momento la competizione a cronometro ha scritto pagine significative e credibilissime.
Dal 1979 in poi comincia il ciclismo contemporaneo, non l’ultimo stadio dell’evoluzione del ciclismo che fu, ma qualcosa di differente, una trasformazione, una novità.
Per tanti motivi: gli anabolizzanti fanno il loro ingresso probabilmente sul finire degli anni sessanta, la macchia si estende come l’olio fino a ritenersi completamente estesa alla fine degli anni settanta.
Morris faceva notare che è della la fine degli anni settanta la presenza fissa di un medico in ogni squadra, e curiosamente è della fine degli anni settanta la morte di alcune prestigiose classiche del cronometro come il famoso GP Tendicollo/GP Forlì.
Perchè? Forse perchè il cronometro non è più capace di emettere un giudizio sincero sulle qualità del corridore? Forse perchè i responsi del cronometro non rispondono più alla logica del "vedo e giudico" ma si prestano viappiù a sorprese e meteore?
Facevo notare che nel 1978 il Tour de France passava dai 109 cronokilometri dall’anno precedente a ben 342km, valutando come assimilata questa novità nel 1979, sempre più anno della svolta.
Avrai notato anche tu che dalla fine della seconda guerra al 1977, solo in cinque occasioni il Tour forò il tetto dei 130 cronokilometri: nel 1949, nel 1950, nel 1951, nel 1958, nel 1962.
Questa nuova importanza donata al cronometro andrà a condizionare l’attitudine del ciclismo a venire.
Nel 1979 la media oraria del Tour segna un picco rispetto alle annate precedenti, tendenza confermata a strappi, ma nettamente, dalle edizioni successive.
Dipendendo la media oraria soprattutto dal plotone, avrai capito che nel plotone qualcosa è cambiato.
Quindi affermare che il doping è sempre esistito è vero, ma per nulla esaustivo, neanche a metà in verità.
Dal 1979 in poi i valori del ciclismo in generale perdono una certa credibilità, l’esercizio a cronometro poi vacilla con gli studi sulla soglia aerobica e con la diffusione progressiva della pratica dell’auto-emotrasfusione.
Dal 1990 in poi il cronometro perde ogni credibilità: ti permette di dire se un corridore ha stile, se sa pedalare composto senza sprecare energia nell’oscillazione di spalle e anche, se riesce a concentrarsi senza perdere il ritmo etc etc, ma chi pensa che un corridore sia un campione, perchè va forte a cronometro, è un pirla o un ignorante, a seconda dei casi.

Veniamo al dunque: perchè gli scalatori piacciono tanto?
Morris mi ha fatto venire in mente che sono una razza estinta, della quale Pantani era l’ultimo esemplare in circolazione, massacrato impietosamente dai bracconieri.
Razza estinta o quasi estinta, le cause le hai lette in precedenza.
Ecco, gli scalatori piacciono per una sorta di sindrome del panda del wwf.
Forse piacciono perchè i corridori completi come si intendeva una volta non esistono più, ma esistono coloro che più possono avvantaggiarsi dal doping ematico e coloro che se ne possono avvantaggiare di meno.
In fondo poi, i cosiddetti corridori completi, al giorno d’oggi, sono sempre o musoni o idioti, e ti fanno pensare a quale sorta di trattamento siano stati sottoposti in gioventù per ridursi a tale umiliante rappresentatività del genere umano. Come siamo capaci di abbruttirci (noi, cioè loro). Insomma, se vai in trattoria con un corridore completo, saresti pure disposto a pagargli il pranzo purchè la cosa finisse presto.

Caro Claudio, tu rifiutavi l’idea che Pantani fosse un artista, ma quando la coda dell’occhio percepisce una macchia di colore muoversi in fondo al gruppo, sfilare rapidamente indistinta, doppiare il capofila a velocità tripla facendo gridare a tutti "Eccolo! È il Pirata che saluta e se ne va", non puoi che inchinarti davanti a quella che sarà pure popolare, ma è arte, e non è vero che l’arte non interessa al popolo, almeno non tutta.
Perchè la gente ama gli scalatori? Perchè è arte, e i più grandi scalatori sono grandi artisti.
Gli altri sono atleti.
Eh?

 

____________________
Davide

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 08/08/2005 alle 13:31
Claudio scusa se ti rispondo solo ora.
Mi era sfuggito il topic....
Partiamo dall'inizio.
I mondiali facili ci sono sempre stati. Ovvero i mondiali su percorsi poco selettivi, adatti a corridori veloci.
V.Steemberghen ne approffiottò soprattutto nel 49, quando (vado a memoria)si incollò alla ruota di Coppi e lo trafisse allo sprint. Da notare che Rik I dichiarò che Fausto , dominatore della corsa, doveva essere considerato il vero campione mondiale...dando prova di una sportività oggi impossibile da trovarsi. ma bando alle ciance.
Grandi campioni hanno vino su percorsi facili. guarda V.Steemberghen, Stablinsky, Merckx ad Heerlen nel 67....
Oggi mi pare diverso. Il campione del mondosu strada deve avere caratteristiche di completezza che esulano , o dovrebbero esulare, da percorsi adatti a specialisti assoluti. Come i velocisti puri. attenzione, i velocisti puri, non i corridori veloci.
V.Steemberghen, V.Looy, Merckx, Jannsen erano corridori veloci, non velocisti. Cipollini era un velocista puro, come Petacchi o McEwen. Capperi esistono già le loro corse. Senza scomodare la Milano-S.remo, corsa veloce , c'era la Parigi Tours che ne era il campionato mondiale. tre vittorie di reybroeck..tanto per dire.
Sarebbe come proporre un mondiale che terminasse in cima all'alpe d'huez. non si è mai visto e non sarebbe giusto, perchè favorirebbe troppo lo scalatore rispetto ad altri ciclisti. Non c'è una gerarchia fra specialità, hai ragione.
Tradizionalmente si può dire che vi erano i velocisti, i cronomen, i passisti, i passisti-scalatori e gli scalatori. Schematicamente.
A me piacevano tutti.
Se vuoi ti dico che ho amato sempre i cronomen..Anquetil, Bracke, Adorni, gimondi, Merckx, Poulidor, Ocana, Swerts, v.Springel, ritter...mi affascinavano proprio. Il tic tac era specialità per me affascinante, tutt'altro che peregrina. Ma era appunto na specializzazione. si correva con biciclette, non con siluri, col berrettino, non con caschi iperspaziali, dare 2" al km all'avversario era già molto. Oggi i distacchi sono dilatati enormemente. Aranciata e Morris te lo possono spiegare bene perchè.Il passistone è il prototipo del corridore "potenziato" e costruito. Non tutti, ovvio, ma è certamente il più facile. un tempo le amfetamine non dilatavano le differenze, aumentavano la caèpacità di sofferenza e resistenza alla fatica...è molto diverso. In montagna servivano come per la cronometro. C'era equilibrio insomma se così si può dire, coppi batteva Bartali non perchè trasformato fisicamente, ma perchè più portato all'esercizio del tic tac.
I velocisti mi piacevano. Willy planckaet, Guido Reybroeck, V.Linden, sercu, Karstens tanto per fare qualche nome ben noto , erano in grado di fare volate emozionanti, alla McEwan per dire.
Idem gli scalatori, vere stars èper gli appassionati di ciclismo.
Quindi concordo che non ci sono speciaòlizzazioni regine. Ma allora il mondiale deve dare possibilità di vittoria ad un corridore possibilmente completo. E vedere il gruppo compatto per 6 ore, tenuto cucito da 3-4 squadre dedicate a velocisti principi poi tutto giocato in 300 metri, giuro che non mi entusiasma affatto e non guarderò spettacoli del genere. Sai.. bene Madrid, poi quest'altranno mondiale sul Puy de Dome...allora ci si può stare......
Mi dirai....ma ad herleen Merckx ha vinto su un percorso facile....vero. Ma allora corse bloccate non ce ne erano. Ad Herleen Motta saez e vandervleuten andarono in fuga il primo giro, poi raggiunti da Merckx e quindi da Janssen che recuperò quasi 4 minuti al gruppetto. Insomma, vinceva un corridore veloce, ma non vi erano squadre che come oggi fossero in grado di tenere 280 km legato il gruppo. Insomma...percorsi alla cipollini non mi piacciono, non mi sembrano giusti, non ci dovrebbero essere al mondiale. Tutto qui.
poi leggerò il resto del topic....
ciao!

 

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pedala che fa bene.....

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 08/08/2005 alle 13:41
Jan, Aranciata (e anche gli altri, ma certo) lasciate che ve lo dica.
Grazie sorcini!
Queste sono le risposte che volevo stimolare. le quali stimolano a me uteriori considerazioni, che arriveranno. Per ora grazie e ciao.
...e Morris, baffone, non vorrai chiamarti fuori da questa meraviglia....ciclismo allo stato puro.
ciao belli.
claudio

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 08/08/2005 alle 16:19
Claudio bello, sei un Grande, ti aspetto al varco per bastonarti eh eh eh.
Scherzo, comunque condivido le osservazioni di JanJan sul mondiale.
Percorsi come Zolder o Madrid non dovrebbero esserci (in rapporto alle caratteristiche del ciclismo contemporaneo).
A me piacerebbe questa struttura quinquennale:
1 anno con percorsi banalotti come quello di Verona, con una sola salitella, adatto ai passisti veloci che sappiano guadagnarselo però.
3 anni con una salita piuttosto dura, tipo quella di Agrigento, o con almeno tre salitelle, oppure anche solo due ma con arrivo in leggera salita.
1 anno con un mondiale tosto, tipo Sallanches o Duitama.
Sognare è lecito no?
Ciao!

 

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Davide

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 09/08/2005 alle 11:20
Originariamente inviato da aranciata_bottecchia
...Caro Claudio, tu rifiutavi l’idea che Pantani fosse un artista, ma quando la coda dell’occhio percepisce una macchia di colore muoversi in fondo al gruppo, sfilare rapidamente indistinta, doppiare il capofila a velocità tripla facendo gridare a tutti "Eccolo! È il Pirata che saluta e se ne va", non puoi che inchinarti davanti a quella che sarà pure popolare, ma è arte, e non è vero che l’arte non interessa al popolo, almeno non tutta.
Perchè la gente ama gli scalatori? Perchè è arte, e i più grandi scalatori sono grandi artisti.
Gli altri sono atleti.
Eh?


Ah no! Fellone! Non lo permetto! Eziandio!, non mi si metta in bocca quel che non ho detto, perdindirindina!!! La disquisizione sull’arte non verteva su Pantani, che era stato lo stimolo, ma non l’oggetto del confronto. Io ho detto che non intendo lo sport agonistico una forma d’arte! (senza falsa modestia, penso anche di aver argomentato la cosa, ma tant’è) Se mai, viceversa, dovessi accettare questo come un assioma, il povero Marco sarebbe certamente uno dei miei artisti preferiti. Al momento è une dei ciclisti per cui ho provato la più sincera ammirazione. Però, scherzi a parte, la tua risposta è molto bella e articolata, ma questo ultimo passaggio è un assist per la mia tesi iniziale, caro Bottecchia. Eccola, eccola lì, è la posizione “ideologica” di cui ti parlavo. Addirittura arrivi a identificare lo scalatore come appartenente a una categoria “altra” rispetto agli specialisti non arrampicatori! No, inaccettabile (per me). Il ciclismo su strada è uno, i percorsi e le differenze sono lo specifico che rende meraviglioso questo sport. L’approfondimento non ti manca uomo, il sale in zucca nemmeno. Riconosci perciò che questo modo di vedere è discriminante e penalizzante nei confronti di chi non è dotato di specifici caratteri tecnico e atletici. Bada bene che non mi sfugge il fatto che ognuno è libero di preferire chi e cosa gli pare, ma siamo nel campo delle ovvietà. Qui facciamo dell’esercizio intellettuale mio caro e mi preme stabilire come in linea di principio non vi debba essere differenza sostanziali fra scalatori, passisti e ruote veloci. La questione del “mi piace” è così complessa che ci si è perso il senno per generazioni di filosofi dell’estetica.
Accarezzo però l’idea di affiancarti nel campo della contemplazione estetica del gesto tecnico, non per gratificare la tua visione del ciclismo artistico, ma per dare sostanza “purovisibilista” alla percezione di altri momenti atletici del nostro sport. Hai tratteggiato uno scatto in salita del pirata…mi sei piaciuto. Adesso ci provo io.



Eddy
La tv è in bianco e nero. Papà ha scovato un bar aperto. Ci sediamo e le immagini azzurate mostrano un gruppetto sulla riviera. Il primo colpo è un assaggio. La schiena già orizzontale e i capelli divisi al centro, come pettinati da una mano amorevole di mamma…ma il bambino è un giaguaro. Lo prendono subito. Francesco, Roger e Freddy, giovani e più forti, lo sottovalutano. Il secondo e il terzo scatto sono rasoiate. Lo inquadrano di fianco, mi vengono i brividi, il viso sfiora il manubrio e la bocca aperta si piega in una smorfia cannibale. Lo prendono ancora. Sfila dietro, smette la pedalata e piega la caviglia tenendo il ginocchio steso, in un gesto di riposo che mi commuove. Attende un altro rallentamento, una semicurva per sparirgli davanti per un secondo. Parte ancora, ancora, ancora. Stavolta per riprenderlo devono faticare, sembra un balletto. Altri scatti, ne farà undici., tutti in pianura. Alla fine rinunciano. Lo odiano e rinunciano, increduli e perduti. Fforse pensano che sul Poggio si pianterà. Invece vola via, con la testa ficcata verso l’asfalto, il torace immenso è spianato sulle cosce. Probabilmente stà ruggendo.

Mario
È in trance. Da cinque giri. La testa alta come sempre, composto e aggraziato, come sempre. Infilato dentro un plotone di maglie uguali. Vola e non sente nulla, non prova nulla. Da sei ore viaggia scortato e non si è accorto di nulla. Voci, mani e intenzioni amiche lo circondano. Forse pensa alle sue bambine bellissime e vorrebbe fargli ciao con le sue mani grandi. Ma ha un appuntamento. Il volto è trasfigurato e sembra indifferente. Mario gli urla qualche cosa, poi gli passa accanto, lo guida in un corridoio fra le transenne e altri uomini, ma sbanda e rischia di travolgerlo. La paura non esiste, esiste il movimento necessario e sufficiente a restare in equilibrio. Esiste solo il movimento e lui lo sà. E il suo appuntamento. Che si avvicina. Giovanni lo guarda, grida frasi concordate, mentre aumenta la velocità. Giovanni è partito, come una belva, gli si scompone davanti oscillando. Lui lo segue e si prepara. È ora. Cambia tutto. Il mondo si muove attorno e ora è sollevato, appoggiato su quattro piccoli punti. Sbriciola lo spazio che lo separa dal traguardo. Buca l’aria e finalmente alza il busto e le mani. È finita, Mario.

Laurent
Ha aspettato questo momento come nessuno altro. Cyrille gli ha ripeto ogni giorno di aspettare. “Sei giovane Laurent, non ti preoccupare, ci penso io, ti porto a Parigi in maglia gialla. “ Ma lui vuole tagliare i traguardi e stavolta deve solo rovesciare la rabbia sull’asfalto. Il body giallo fascia la schiena di ragazzino, una fascetta di spugna, sulla fronte tiene fermi i capelli già lunghi. La faccia per bene, dietro gli occhialini. “Adesso lo potete vedere, quanto sono forte io.”, piega la testa e guarda in basso, tiene gli occhi fissi sulle due strisce bianche che gli corrono sotto le ruote. Non guarda avanti per interi minuti poi controlla il tracciato e giù di nuovo. Ecco le salitele, strada dritta che gli si impenna sotto la bici. Cambia rapporto, si alza sui pedali, la gente lo acclama e sia avvicina a lui. Danza per tutte le cotes, un ritmo uguale, sposta il peso da un ginocchio all’altro e cerca di dimenticare il dolore che gli esplode nelle gambe. La pianura finale, aumenta velocità, una musica nella testa, la ripete e svuota tutto se stesso in un esercizio che somiglia a una preghiera. Il traguardo lo sorpende. La concentrazione dolorosa lo abbandona, finalmente. Gli hanno detto che è primo, si lascia andare e solleva le mani, come un bambino.




eh?!

ciao bello, grazie per l'approfondimento, graditissimo.
hai sollecitato molte altre questioni. tutte interssanti

di nuovo Ciao!
claudio






 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/08/2005 alle 12:21
Ah, vile marrano, figlio di terre che generano pencolanti tra mostarde e zucche da tortelli, abbandona l’elsa del ferro, che dorma nel suo fodero!

Riconosci perciò che questo modo di vedere è discriminante e penalizzante nei confronti di chi non è dotato di specifici caratteri tecnico e atletici.


Ma no, Claudio, ho sempre scritto che gli scalatori sono penalizzati nella possibilità di artefare la propria macchina atletica, rispetto ai caratteri tecnico-atletici dei passisti scalatori, dunque non posso riconoscere una cosa del genere, perchè in verità io l’ho sempre sostenuta, non ti pare?

Mi piace quel ciclismo che richiede una viva attenzione, allora metto un attimo da parte Pantani perchè il suo caso è fuorviante, tale è la sua statura da risultare più un’eccezione che la regola.
Il segreto mentale dell’esercizio a cronometro è non pensare e non sentire, lasciare che il corpo possa esprimere la prestazione pura.
Altro discorso è andarsene via come hanno fatto Voigt prima e Vinokourov poi a Liegi, e offrire una prestazione da cronomen sapendo che, alle loro spalle, il gruppo li braccava menando a tutta, circostanza psicologica che può condizionare la prestazione.
Questa è la poesia del ciclismo.
Ci sono gesti che accendono l’animo e altri che non l’accendono, poi è normale che il protagonista possa interiorizzare in maniera emotiva l’evento che sta vivendo, ma per quello che riguarda Mario e Laurent, forse quelle sensazioni sono capaci di emozionare soprattutto attraverso le tue parole (bravissimo), cioè una finzione dello stato d’animo degli attori in questione, piuttosto che attraverso la diretta esperienza visiva.
Ciao Carissimo!

 

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Davide

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 09/08/2005 alle 13:55
Canaglia! Recedi dai tuoi propositi, meschino. Giammai riporrò la spada fedele, sappilo e dispera della tua sorte!

Originariamente inviato da aranciata_bottecchia

Ma no, Claudio, ho sempre scritto che gli scalatori sono penalizzati nella possibilità di artefare la propria macchina atletica, rispetto ai caratteri tecnico-atletici dei passisti scalatori, dunque non posso riconoscere una cosa del genere, perchè in verità io l’ho sempre sostenuta, non ti pare?



Uffi, non mi sono spiegato allora, il mio discorso non verte sulla prestazione, ma sulla considerazione degli appassionati verso questa o quest’altra specializzazione. Il discorso sul doping e sulle possibilità minorate degli scalatori di “costruire” il loro rendimento esula dall’obiettivo principe di questa discussione, o almeno dall’obiettivo che intendevo dargli io. Io volevo che tu riconoscessi che considerare lo scalatore “artista” e il passista “atleta” è discriminante. Legittimo visto che “c’è il polo delle libertà al governo e ognuno fa come caz.zo gli pare”, am discriminante, almeno in senso filosofico stretto. Se devo dire una bestialità ti dico che è classista (l’avevo detto, una bestialità, ma per farmi capire un po’ di più). Il mio parere è che non vi debbano essere doti di serie A e B. In fondo è come se ti dicessi che il musicista jazz è migliore del musicista classico. …perché…boh….improvvisa di più!!
Sei molto più convincente quando mi parli di scalatori come razza in estinzione e di gesti che accendono di più la fantasia. Ti seguo di più.

Non sono affatto convinto che il segreto del cronometro stia nel “non pensare”, per quel che mi ricordo, dimenticarsi di sentire significa abbassare l’intensità della prestazione….boh, oddio, crono ne ho fatte una e mezza…però.

Arrenditi dunque e poni fine a questa tenzone. Oppure disponiti ad attendere la tua ruina!
Ciao sorcino
claudio

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/08/2005 alle 16:25
Orsù, lestofante, che la sorte mia m’apparve salda ancor più che la lanza del braccio forte, trema! Ch’io non saprei ancor dire se fossero fitte come gli astri le gocce che la vile fellonia scavò sulla tua fronte, o le roride lacrimucce rosse che disseteranno il freddo filo della spada mia!

Claudietto, non riesco a trascurare le contingenze, mi dispiace.
Tu parli di un ciclismo virtuale, che non c’è più da almeno quindici anni.
In questi ultimi anni la Sanremo si è trasformata da corsa per passisti veloci a corsa per velocisti.
È un altro ciclismo, e io ne tengo conto, tutto qui.
Sono classista? Amen.
Magari sono io che non riesco a seguire il tuo discorso (anzi, qualcosa mi dice che è così).

Sul "non pensare" può essere che tu abbia ragione, ma io dico di no. Lo sosteneva anche Bordin, e la maratona trovo che abbia qualcosa in comune con certe gare a cronometro (certo, non quelle di un quarto d’ora).

Ciao Carissimo

 

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Davide

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 09/08/2005 alle 17:17
Ebbene, gaglioffo, ancora mi chiami alla pugna. Il cuor mi trema al vederti ancora ritto in arcione. Giacchè la nobiltà che è mia, opprime la viltà di gaudere della tua fine. Non conosci il timor del male dunque?
Ma arrenditi tanghero, che la disputa non mi dispiacque e non mi dispiacerà. Risparmiami il calice, di infierire e pascermi delle tue carni molli e macilente.


Sì sono due approcci diversi, il tuo pragmatico, il mio teorico.
Non direi virtuale, ma ideale.
E poi nessuno dei due vuol mollare un centimetro…..sticazzi!
Lascia stare il classimo dai, era un escamotage discorsivo.

Ci provo un ultima volta, poi prometto di mollare il colpo…… ocio eh?
Se fossimo nell’estate del 1986: Visentini ha vinto un giro attaccando in salita e vincendo le crono, Le Mond e Hinault hanno fatto scintille sul galibier e all’alpe d’huez. Cronoman formidabili e scalatori eccellenti. Fra 3 settimane Moreno Argentin vincera il mondiale con una spettacolare condotta d’attacco. Diciannove anni fa, avresti avuto le stesse riserve e la stessa preferenza gerarchica per gli scalatori? Il tuo ragionamento mi farebbe dire di no. Giusto? Se si, sono soddisfatto.


Gelindo?. Bella mossa citare un olimpionico, meco! Il bravo e simpatico veneto ha senz’altro ragione, ma vedo la specialità della cronociclismo caratterizzata anche da un quid di “rabbia controllata”, più che da una distensione totale e un rilassamento del gesto come nei 42 di corsa.
La maratona è uno sforzo al limite delle possibilità (2/3 ogni stagione) e non di rado atleti in forma sono costretti al ritiro per piccoli malesseri che in una crono di 50/60 chilometri vengono tollerati abbondantemente.

ciao ciccio, grazie
claudio


ps. complimenti per il "roride"

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/08/2005 alle 18:09
Signori ridete, ‘che il nemico mio si vanta d’una nobiltà che non gli è propria! Quando sarà passato da parte a parte, Signori, tutti avrete sazia la volontà di scoprire come il sangue suo, più che il blu, abbia il colore di ciò che per decenza m’è proibito nominare!

Se fossimo nell’estate del 1986: Visentini ha vinto un giro attaccando in salita e vincendo le crono, Le Mond e Hinault hanno fatto scintille sul galibier e all’alpe d’huez. Cronoman formidabili e scalatori eccellenti. Fra 3 settimane Moreno Argentin vincera il mondiale con una spettacolare condotta d’attacco. Diciannove anni fa, avresti avuto le stesse riserve e la stessa preferenza gerarchica per gli scalatori? Il tuo ragionamento mi farebbe dire di no. Giusto? Se si, sono soddisfatto.


Non ho ben capito cosa ti darebbe soddisfazione, comunque dici bene sostenendo che non avrei avuto le riserve che ho oggi, è così.
Però sono in conflitto d’interessi: quella degli scattisti è una categoria che adoro tanto quanto gli scalatori.
Fregato eh? Forza Bettini!
Ciao Carissimo!

PS Credo che la maratona sia condizionata soprattutto dai colpi che massacrano caviglie e ginocchia, ripercuotendosi poi sull’organismo intero.
Ma credo che ci siano molte affinità, comunque se preferisci puoi fare il confronto con la marcia 20km, calza ugualmente direi.

 

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Davide

 
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Livello Herman Van Springel




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  postato il 09/08/2005 alle 22:05
per come la vedo io un mondiale troppo facile non ha alcun senso. Al limite fosse piatto come un biliardo potrebbe giocarselo anche Quaranta e già questo mi basta per non poter approvare scelte del genere. Nulla contro i velocisti (che poi volendo dimostrare d'essere veloci possono andare in pista anche se temo nell'uno contro uno piglierebbero delle gran legnate) ma la maglia di campione del mondo è un premio eccessivo per tale dote.
Ciò che impedirebbe a Petacchi d'essere degno campione del mondo è lo stesso motivo che a mio parere lo ha impedito a Cipollini. Un campione del mondo su strada dei prof dovrebbe essere tre spanne sopra qualunque amatore in circolazione...lasciamo perdere Rumsas ...Petacchi su 10 gran fondo quante ne vincerebbe? io dico che andrebbe + vicino allo zero che al 10(e non è che non le vince perchè è scarso in volata ovviamente..è che non arriva con i primi) Velocista straordinario ma nulla a che vedere col campione del mondo dei prof

 
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Livello Luison Bobet




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  postato il 09/08/2005 alle 22:26
Io penso che il Petacchi della Sanremo invece ne vinca 10 su 10 granfondo.
Non credere che arrivare nel tempo limite di una tappa alpina tirata sia andare piano..
Mi ricordo Cipollini affiancare il gruppetto dei primi in una corsa dilettanti (sul pedona) e pedalare in scioltezza.
Questo per dirti di non sopravvalutare i vincitori delle granfondo...e che Petacchi e Cipollini sono superiori di ben oltre 3 spanne rispetto a qualsiasi amatore!


Per quanta riguarda il percorso dei mondiali, io penso che 2 mondiali per velocisti in 4 anni siano troppi, considerando che gli altri (verona ed hamilton) erano comunque percorsi veloci.
Io vedo un mondiale per velocisti ogni 6-7 anni,uno alla duitama ogni 5 e gli altri stile liegi!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/08/2005 alle 22:35
Per quanta riguarda il percorso dei mondiali, io penso che 2 mondiali per velocisti in 4 anni siano troppi, considerando che gli altri (verona ed hamilton) erano comunque percorsi veloci.
Io vedo un mondiale per velocisti ogni 6-7 anni,uno alla duitama ogni 5 e gli altri stile liegi!

Si si si sono troppissimissimissimi!
Ma che diamine.......non voglio sempre shallanches o Imola...(quello era duro. i tre monti....), ma i bigliardi vanno bena al bar per giocare a boccette.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/08/2005 alle 22:44
hai ragione se pensiamo a verona 99,pluay00,lisbona01,zolder02,hamilton03,verona 04,madridi05,salzburg06 ragazzi il tasso tecnico di questi mondiali è ridicolo manco io chiedo il mondiale a corvara(anche se campolongo e falzarego..... )ma almeno con uno strappo impegnativo.
per esempio va bene un mondiale piatto ogni 10 anni poi eventualmente tipo verona ogni 5 ma preferisco tipo atene dove c'era un bello strappetto ripido.
il massimo sarebbe liegi/ans con san niklaas e salitella finale sarebbero fuochi d'artificio oppure nizza col col d'eze

 

[Modificato il 10/08/2005 alle 09:46 by Admin]

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Elite




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  postato il 10/08/2005 alle 10:17
Vi prego...


Ah no! Fellone! Non lo permetto! Eziandio!



Ah, vile marrano, figlio di terre che generano pencolanti tra mostarde e zucche da tortelli, abbandona l’elsa del ferro, che dorma nel suo fodero!



Canaglia! Recedi dai tuoi propositi, meschino. Giammai riporrò la spada fedele, sappilo e dispera della tua sorte!



Orsù, lestofante, che la sorte mia m’apparve salda ancor più che la lanza del braccio forte, trema! Ch’io non saprei ancor dire se fossero fitte come gli astri le gocce che la vile fellonia scavò sulla tua fronte, o le roride lacrimucce rosse che disseteranno il freddo filo della spada mia!



Ebbene, gaglioffo, ancora mi chiami alla pugna. Il cuor mi trema al vederti ancora ritto in arcione. Giacchè la nobiltà che è mia, opprime la viltà di gaudere della tua fine. Non conosci il timor del male dunque?
Ma arrenditi tanghero, che la disputa non mi dispiacque e non mi dispiacerà. Risparmiami il calice, di infierire e pascermi delle tue carni molli e macilente.



Signori ridete, ‘che il nemico mio si vanta d’una nobiltà che non gli è propria! Quando sarà passato da parte a parte, Signori, tutti avrete sazia la volontà di scoprire come il sangue suo, più che il blu, abbia il colore di ciò che per decenza m’è proibito nominare!


Hahahaha, siete grandi!!!

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 10/08/2005 alle 10:39
Originariamente inviato da Marco Grassi
Vi prego...

Hahahaha, siete grandi!!!



N.B. Aranciata deve aver scritto la parola "pencolanti" riferendosi all'etimo del mio nome di battesimo Claudio; "claudicante, lo zoppo, malfermo, traballante".
Chapeau!

 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 10/08/2005 alle 18:55
Originariamente inviato da claudiodance

Originariamente inviato da Angian

sono già fidanzato con una della mia razza


ah però! venite da Marte?


Scusa Claudiodance, ma dalla risposta dell'altroieri era saltata la frase, che cambiava il senso:
cicloturismo spaziale. Ma io ironizzavo sul tuo avatar.
ciao

 
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Livello Miguel Poblet




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Registrato: Oct 2004

  postato il 10/08/2005 alle 18:58
Originariamente inviato da aranciata_bottecchia

In questi ultimi anni la Sanremo si è trasformata da corsa per passisti veloci a corsa per velocisti.
È un altro ciclismo...


Vero, ma tecnicamente non possiamo spalare l'acqua con un forcone!

 
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