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Autore: Oggetto: Echi di una data.....

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 13/06/2005 alle 22:52
Oggi è il 13 giugno........
Per tanti anni è stata una ricorrenza, un grumo di ricordi echeggianti sugli sfondi di “A trick of the tail”, un LP dei Genesis, uscito nella tarda primavera di quell’anno, il 1976, che voglio riportare all’oggi, sulle ali di un campione che tanto mi ha fatto divertire e che gemellai all’ascolto e alle emozioni di quel disco: Adriano Panatta.
Erano i tempi del tennis per me: si sublimavano nelle letture che poi sfociavano senza ripasso alcuno, in esami….. E fra Wright Mills, Talcott Paesons, David Hume, Adam Smith, August Comte, i miei occhi, sempre più curiosi, allora sostenuti dalla forza e dai sogni giovanili, si dividevano fra Antonio Gramsci e quel ragazzone romano con un braccio che ricamava.
La settimana che portò al 13 giugno, la consumai a Canazei, in una casa che volgeva i suoi occhi falsamente chiamati “finestre”, verso il Gran Vernel, imperioso e suggestivo ad ogni singolo sguardo e quando la musica era lontana, per doveri d’apparenza, una piccola cascata arricchiva di note i miei voli. Che gradevole segmento! Intanto Gerda, impreziosita dall’animosità dei suoi anni che eran quelli dei fiori, mi donava i suoi sguardi dal bazar adiacente, in attesa della libertà di quegli orari che, lo studentello sottoscritto, ancor non immaginava sì circuenti la vita. Lei mi aspettava con quel sorriso che illuminava un viso perennemente abbronzato e quasi in contrasto col fascio di luce di quei capelli biondi che ho sempre voluto pensare tinti, quando, in realtà, erano naturali come la sua voglia di vivere le emozioni, con l’intensità del non pensare al domani. Precisa, alle diciannove e cinque minuti, Gerda, si liberava fra le mie braccia che non aspettavano altro, nonostante il timore che la foga potesse, in qualche modo, urtare quel nasino uscito postumo dal pennello di Raffaello. L’oscurità arrivante s’univa pian piano al blu scuro dei suoi occhi, mentre s’avvicinava la porta di quel rifugio che la spinta della passione e del cuore, ci faceva apparire grande come il mondo.
Ancor oggi, non so chi di noi due sia stato più oggetto nelle rispettive proiezioni, ma quel che fa l’infatuazione nessun amore descritto o studiato, illuminato o poetico, può fare. Forse perché è proprio l’infatuazione, col suo breve ed intenso segmento a scoprire la perfezione di un amore che, fra due persone, mai potrà rendersi cosmico per leggi delle nostre imperfezioni.
Gerda, era la gratificazione luccicante di quei miei giorni di letture e di tennis, ed io ero per lei quel qualcosa che non va mai bene narrare oltre i significati delle sensazioni, anche a se stessi. Un radioso incontro che impreziosiva il cuore, di fronte alla profondità del pensiero gramscioano che imparavo a conoscere e le misure dei voli emozionali di quel ragazzo romano che ricamava, con la racchetta, ciò che può fare un polso.
Sì, caro Adriano, una parte consistente di quelle giornate me le donavi tu, con quella volontà di recuperare perfino un match point a quel talento cecoslovacco, poi smarritosi chissà come, il cui nome risuonava all’anagrafe come uno da scacciare: Pavel Hutka. E poi, con l’arte che ti riusciva quando il fisico ti reggeva, superasti un altro talento, classico e fragile forse anche più di te, Zeliko Franulovic.
Arrivò il turno del freddo candelotto svedese, colui che ai miei occhi resterà sempre un campione “distorsore”, per quel rovesciaccio obbrobrioso a due mani, con quel portamento silenzioso che non lasciava tradire, né signorilità, né sentimento, né umanità: Bion Borg.
Esclamai ed urlai per te, mentre via via si concretizzava la tua lezione di tennis al giovanotto che pareva imbattibile e che tu stendesti con un autentico capolavoro. Quando conquistasti il punto dell’incontro guardai il Gran Vernel: pareva tremare come fosse collegato alla mia adrenalina. Avevi dimostrato grandezza per chi s’era distratto nella logica, ma tu eri un australiano nel gioco e qualcuno lo sapeva.
Arrivò in semifinale un altro mostriciattolo bimane, Eddie Dibbs, ed anche per lui la doccia dell’eliminazione.
In finale, ti trovasti Harold Solomon, il gemello ortodosso di Dibbs, ma anche per lui, le tue lezioni di volèe, veroniche e smorzate, furono invincibili. Il Roland Garros finì ai tuoi piedi, Adriano. Stavolta, la mia adrenalina non si fermò nemmeno alla presenza del caldo corpo di Gerda: la presi in braccio e la portai dietro casa, sotto la flebile cascata di acqua sì gelida, da trasformare il liquido, in lame. Fu una grande sensazione….. che pagammo il giorno dopo, quando ambedue non riuscimmo ad uscire da una stanza che il linguaggio più decoroso, ci impone di chiamare “toilette”.
Non l’ho dimenticato, era il 13 giugno di 29 anni fa......

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jul 2004

  postato il 13/06/2005 alle 23:16
grazie morris,grazie di aver ricordato un cosi grande campione ed una cosi intensa esperienza,perchè sono le persone come te,che sanno esternare e trasmettere le proprie emozioni,che ci regalano sempre qualcosa in più di loro stessi,ad esser le più Grandi....
.....perchè è nei valori che io baso la mia scala di giudizio,e di questi valori tu ne hai tantissimi e ti rendono unico,cosi come unica è la fortuna di leggerti di nuovo.....

 
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Livello Classica San Sebastian




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  postato il 13/06/2005 alle 23:27
bravo morris, anche se il meglio era già stato dato con grabriel ancora in gioco ossia sino the lamb...
 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 1635
Registrato: Apr 2005

  postato il 13/06/2005 alle 23:31
Intanto bentornato Morris.
E grazie per avere ricordato un grande artista della racchetta. Non un mostro bionico come oggi si può trovare al Roland Garros, ma un artista nella linea più pura degli artisti terraioli europei degli anni 60-70....
Partendo da Pietrangeli (grande ed antipatico...), per andare a Santana,a Gimeno, ad Orantes, e gli artisti dell'est...Pilic, Kodes, Franulovic, Nastase.....ed anche Metreveli.
nel gennis di allora si poteva assistere ad uno scambio...senza grugniti. Incredibile vero?

 

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pedala che fa bene.....

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 14/06/2005 alle 00:03
Grazie per il bentornato!

Per Raggio...
E' vero che la dipartita di Peter Gabriel ha tolto una mente creativa ai Genesis e che "A trick of the tail" è uno dei lavori più spenti dei Genesis, ma era il disco di quel periodo....
Devo dire che il disco seguente, "Wind and Wuthering", l'ultimo progressive dei Genesis, a me è piaciuto tantissimo e lo considero uno dei migliori del gruppo....

Jan...
Il tuo riferimento ai grugniti, è una chicca! Purtroppo quei suoni rappresentano una delle più grosse schifezze del tennis da troppo tempo a questa parte.
C'è tanto altro ovviamente.
A proposito avevo un file con l'ultimo articolo (ritratti esclusi) che ho scritto sul tennis. Risale al giorno dopo la vittoria di Hewitt a Wimbledon. Non me lo ritrovo ora, ma appena potrò lo pubblicherò. E' uno studio scritto di getto, senza ragionarci troppo sopra (anche se i contenuti fanno pensare al contrario) sulle metamorfosi di questo sport, che non amo più come un tempo, anche se provo per Federer l'ammirazione che ho riservato solo ai geni di un passato che sta diventando a veloci passi lontano, a parte le eccezioni di Sampras e Rafter.
Lo svizzero, escluso Safin (nonostante il mostriciattolo di quel rovescio da vomito), predica nel deserto. E non mi lascio suggestionare da Nadal, non mi piace e non mi piacerà mai, anche se dovesse vincere 15 prove dello slam.

 

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Livello Classica San Sebastian




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  postato il 14/06/2005 alle 00:23
se devo scegliere qualcosa dei genesis prendo foxtrot e ascolto supper's ready (se qualcuno vuole capire cos'è il progressive-rock non c'è niente di meglio)
Riguardo al tennis sono d'accordo con te.
Io ho smesso di seguirlo come un tempo quando Mc enroe ha lasciato.
Vederlo giocare era qualcosa che andava al di là del semplice gesto agonistico.
a presto

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 6922
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  postato il 15/06/2005 alle 00:44
Confesso che ho seguito poco il tennis in passato e che da anni non lo seguo per nulla, e confesso che il "progressive" mi procura l’orticaria, ma è sempre un piacere leggere la trasfigurazione delle tue sensazioni in puro idillio, un piacere e un privilegio, è bene ricordarlo a tutti.

 

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Davide

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 24/06/2005 alle 14:39
Per gli appassionati di tennis e per chi come Davide ama conoscere risvolti del grande romanzo dello sport, un protagonista particolare e dimenticato.... anche dai più noti commentatori....

MERVYN ROSE, genio e sregolatezza mancina...



…..Mervyn, non piaceva al grande Harry Hompan. Il mitico coach australiano, non sopportava le abitudini di quel tennista, certo virtuoso e pieno di talento come pochi, ma tutte quelle sigarette, quella birra che si faceva a fiumi, si scontravano troppo coi principi sui quali aveva poggiato la sua grande organizzazione. Così lo convocava poco, ed anche quando Rose batteva i prescelti per la Davis, il cuore del vecchio Harry, non s’inteneriva.
Mervyn non si dannava per quei “no”, in fondo stare in ritiro coi regimi imposti da Hopman, era un’autentica tragedia. Meglio riposare in un bar, con cinque birre o sei, perlomeno fino a quando la visione delle tribune del Kooyong non s’appannava. E poi tutte quelle storie sulle sigarette che tolgono il fiato, no no, meglio veder giocare gli altri.
Mervyn Rose era proprio un bel tipo, la natura gli aveva regalato un braccio ed un polso mancini, così supremi da far roteare la palla dove voleva, spesso con precisione millimetrica. Aveva tutto per diventare una leggenda, ed in piccola parte vi riuscì, perché in campo ci andava e lottava, ma il più delle volte, quando il torneo arrivava nella fase più calda, era costretto ad arrendersi al quinto set, vittima dei morsi della stanchezza e della sua vita sregolata. Le sue gambe si bloccavano e gli arti superiori, comunque sempre svegli, erano costretti ad adagiarsi nell’inutilità. Quelle sconfitte, diverse delle quali evitabilissime, non lo cambiavano, non lo stimolavano, non lo spingevano a nessuna reazione. Mervyn, indipendentemente dall’esito del match, con la solita flemma, come fosse un rito dei propri cromosomi, stringeva la mano dell’avversario, si accendeva una sigaretta e dopo essersela fumata e prima di accenderne un’altra si faceva la doccia. Uscito dallo stadio, il suo primo pensiero era quello di raggiungere un bar per una buona razione di birra. La sera, alle costanti di fumo e di alcol, aggiungeva l’incontro con qualche ragazza, magari di costumi un po’ così, per non fare troppa fatica nell’arte del corteggiamento.
Con quell’originale modo di fare l’atleta, Mervyn consumò i suoi anni migliori, ed il fatto che sia arrivato a vincere tornei del Grande Slam, Coppe Davis ed altri tornei importanti, la dice lunga sulle sue qualità tennistiche. Quando, nel 1959, passò professionista, proprio per le caratteristiche del nuovo ambiente, decisamente meno bacchettone e stressante di quello ufficiale allora definito dilettantistico, poté addirittura incentivare le sue caratteristiche, o i suoi vizietti. Il pubblico lo amava ugualmente, anche perché pur perdendo il più delle volte contro i vari Gonzales, Hoad, Rosewall, Sedgman ecc., era sempre una garanzia di spettacolo. Come negli anni dell’ufficialità, chi incontrava Rose, sapeva che doveva sudarsi la vittoria e sapeva pure che per una parte del match, avrebbe rischiato di far la figura dello sparring. Scritte così, queste righe potrebbero far passare questo autentico campione del tennis per uno dal cervello corto, ma la realtà era diversa. Era perfino geniale e lo dimostrò a fine carriera, quando divenne uno dei migliori coach del mondo. La sua “colpa” era quella di vivere per il gusto di vivere, per divertirsi, per sfruttare senza difficoltà superiori alla sua filosofia di vita, le doti che la natura gli aveva dato. Oggi lo definiremmo un personaggio, ma lui era così, senza ricercarsi e senza opportunismi di sorta.

La sua scheda
Marvyn Rose nacque a Coffs Harbour, nel Nuovo Galles del Sud, la regione di Sydney, il 17 gennaio 1930. A vent’anni era già nella squadra australiana di Coppa Davis. E’ stato classificato fra i primi dieci giocatori del mondo ininterrottamente dal 1953 al 1958, l’anno della sua migliore posizione: numero 3.
In sintesi le sue vittorie più importanti:
1951-Coppa Davis 1952 - Coppa Davis
1953 - Internazionali USA nel Doppio in coppia con Rex Hartwig
1953 - Internazionali del Canada 1954 - Internazionali d’Australia (battendo Rex Hartwig 6/2–0/6–6/4–6/2)
1954 - Internazionali d’Australia nel Doppio in coppia con Rex Hartwig
1954 - Wimbledon nel Doppio in coppia con Rex Hartwig 1957 - Wimbledon nel Doppio Misto in coppia con Darlene Hard
1957 - Coppa Davis
1958 - Roland Garros ( battendo Luis Ayala 6/3 – 6/4 - 6/4 )
1958 - Internazionali d’Italia (battendo Nicola Pietrangeli 5/7–8/6–6/4–1/6–6/2)



Il "dopo carriera"
Dopo quattro anni di professionismo, Mervyn Rose, decise di fare l’allenatore. Già nel suo ultimo anno fra i prof. ebbe modo di seguire, quando si trovava in Australia, l’ascesa di colei che poi diverrà una delle più grandi tenniste della storia, Margareth Smith (poi da sposata Court). Lo straordinario mancino di Coffs Harbour, mostrò subito doti formidabili per il ruolo. Schietto, capace di insegnare come pochi i colpi, i movimenti e il senso tattico, Mervyn, pur continuando a fumare sigarette e bere birra si mostrò tremendamente concreto. Evidentemente, gli insegnamenti di Harry Hopman, s’erano impadroniti anche di un ribelle strutturale come lui. Nel 1964 una grande speranza del tennis femminile americano, l’occhialuta Billie Jean Moffit (poi da sposata, prima del divorzio per omosessualità, King), venne appositamente in Australia, per costruirsi, proprio dal virtuoso mancino, grande giocatrice. Fu un successo strepitoso, perché la Moffit, grazie a Rose, cambiò completamente gioco fino a divenire, al pari della Smith, una delle più grandi giocatrici della storia. La ragazza americana, quando arrivò da Mervyn, si distingueva per potenzialità, ma vanificava molto delle sue doti, per un’evidente insicurezza, da considerarsi quasi timidezza. Rose, con la consueta schiettezza, affrontò la psicologia particolare della giovane, nella maniera rivelatasi, poi, migliore. “Di cosa devi avere paura, tu sei un uomo che gioca con le ragazze. Sei tu che devi aggredire con cattiveria, i colpi vanno giocati per fare il punto, non per aspettare l’errore, tira fuori i tuoi muscoli”- le diceva con l’immancabile sigaretta in bocca e con costanza, dopo averla caricata di allenamenti davvero da uomo. Gli scoop con le due stelle del firmamento femminile del tempo, valsero poi a Mervyn, l’interesse di diverse federazioni per le loro squadre di Coppa Davis e nella carriera del talento mancino del Nuovo Galles del Sud, arrivarono collaborazioni con la Nuova Zelanda, l’Inghilterra, l’Italia e la sua Australia. Fra i giocatori di un certo valore in seguito seguiti, si segnalarono Richard Fromberg, Jan Fletcher, Magdelina Grzybowska e, recentemente, con particolare riferimento per il ruolo giocato nei suoi successi al Roland Garros, la spagnola Arantxa Sanchez-Vicario.
Mervyn Rose, oggi vive a Sydney e allena ancora, ma non saprei dirvi se fuma come un tempo e si beve una mezza dozzina, o tre quattro litri di birra al giorno.

Morris

 

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Non registrato



  postato il 24/06/2005 alle 14:43
Prendo questo tuo thread per RINGRAZIARTI di essere tornato fra noi...altrimenti le barchette senza faro come potevano rientrare al porto dopo essersi spinte in mare aperto
Grande Morris e bentornato!!!

 

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