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Autore: Oggetto: Ultima Volata... e tre

Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 31/05/2005 alle 09:10
A grande richiesta…insomma un paio di voi me l’hanno chiesto! Ecco il terzo.
Mi raccomando, non mettetevi piangere alla fine.
Besos
Claudio

_dedicato a Roberto Ricci e a suo figlio.


Ultima volata



Prologo

Ristorante Cucina Mantovana – Raffa di Puegnago – Dicembre 1987

- …, quindicimila iscritti, un vero casino. Il Poli è un delirio, oh, non ho ancora aperto un libro, ho avuto solo il tempo per capire dove sono le aule, fare il piano di studi e frequentare le prime lezioni. Un delirio!, però a ragazze siamo messi bene, Architettura è piena così! Bellissime, tiratissime, io mi sento un vero campagnolo. Però bello, mi piace, è un casino, ma un casino che mi piace. E tu come ti trovi? Brescia vero?, Economia? -
- Sì, beh per me non è cambiato molto, non siamo così tanti, stò cercando di organizzarmi per allenarmi due o tre pomeriggi alla settimana, con il sabato e la domenica liberi dovrei riuscire a prepararmi. E poi non ci sono tutte quelle gnocche, ti invidio, ma il Politecnico, si sa, è una leggenda.-
- Si proprio. Dai, sono contento che riesci a fare allenamento. Primo anno di dilettante Nico, la cosa si fa seria eh?-
- Già, speriamo bene. Ma tanto lo sai che per me viene prima lo studio, anche tu la pensavi così!, le mie soddisfazioni me le sono tolte, e poi come li trovo dei compagni come te,…cavolo, quando me l’hanno detto, guarda, ero nero, volevo chiamarti. Però mi è dispiaciuto, sul serio, se ripenso a quella gara….oh, a proposito, vieni a vedere.-
La foto che Nicola mi vuole mostrare è sulla parete dietro il buffet, l’ultima a sinistra. Qualche originalone le deve avere appese in ordine cronologico. Rido pensando al volonteroso della Gavardo-Medeghini che si è preso la briga di organizzare la cena sociale.
Eccoli lì, i dieci combattenti di Flero, Nicola è al centro pallidissimo, trasfigurato. Ha una bizzarra espressione affranta e incredula che spunta sotto la mascherina Oakley.
Dieci ragazzi gialloneri, sorridono sudati al richiamo di Rodella. All’estrema sinistra, mi riconosco, alto, davvero magro, stremato. La bici è messa di traverso, in bilico fra le gambe abbronzate. Rido anche io, ma non guardo l’obiettivo, la testa è inclinata in avanti, sembra che stia osservando qualcosa, sull’asfalto.






Flero – prima domenica di Ottobre 1987 – categoria Juniores

Di tutte le situazioni, questa è una delle più strane. Inseguiamo un tizio da un paio di giri. Un bergamasco che non ne vuole sapere di mollare, è da solo. Deve essere veramente forte, eppure non lo conosciamo. Mancano 20 chilometri al traguardo e si procede coi soliti allunghi.
La velocità è comunque alta e ci stupiamo di non recuperare.
Corriamo con la volata in testa. Nicola sta finendo la stagione in una forma strepitosa. Due vittorie nell’ultimo mese, di tre volate disputate ne ha persa solo una, arrivando secondo.
La gara è pianeggiante e non c’è stato bisogno di discorsi, tutti sanno che Nicola merita di essere aiutato.
Ho una condizione discreta, le gambe rispondono anche, la testa un po’ meno.
Però una gara è una gara e all’ultimo ritrovo tutto, motivazione, voglia di fare bene, una gara è una gara e io la sento sempre, fino in fondo.

Cicloscommesse

- Dance, và che non lo prendiamo più!, manca un giro! –
La voce di Gianluca è così familiare che potremmo essere ovunque. Amici come siamo, mi viene da pensare che un giorno o l’altro faremo una vacanza in campeggio insieme, senza ragazze, a spaccarci dal ridere tutto il tempo e basta.
Invece siamo in gara, è appena iniziato l’ultimo giro e quella iena in fuga non perde un metro. Deve avere più di un minuto perché non lo vediamo nemmeno.

- Oh, cosa facciamo, quello lì và all’arrivo! Tentiamo insieme? –
- Boh, non si và più in fuga ormai ….Sento Nico, se mi dice che ha gamba andiamo a prenderlo.-
- In che senso?-
- Facciamo il treno. –
- In che senso?-
- Sei scemo?, in che senso vuoi che sia, tutti davanti a girare….cavolo, il treno! –
- Ma non l’abbiamo mai fatto, nessuno lo fa! Vuoi dire…Ehehe…come la DelTongo! -
- Sì! Eheheh! –

Mi volto, Nicola è li dietro che ci ascolta, sorride con la sua faccia da ragazzino per bene. Mi fa segno con il pollice. Pedala in carrozza e si vede, mi fa:
- Se ci riuscite vi pago il caffè. –
- Ok, scommettiamo, però tu poi devi vincere, okey? –



“Continuiamo?”

Mi sono messo in testa, Nicola a ruota, non troppo forte, regolare. Gianluca si è sfilato a richiamare gli altri, sentiamo le sue urla dal fondo, convince un paio di ostinate pigrizie.
Uno alla volta arrivano tutti, mi danno i primi cambi, la velocità cresce, siamo fuori dal paese, la strada si allarga, si raddrizza, Nico chiude la nostra fila. Mi volto e dietro si è formato una specie di cuneo allungato, che ha il suo vertice nella ruota posteriore di Nicola.

Sul cavalcavia c’è il nostro allenatore, ci vede arrivare come leoni implotonati. Mi delude la sua espressione, la sua faccia, rimane troppo fermo, col culo appoggiato all’ammiraglia, la sua voce sgraziata che dice: - Dai, dai, che non lo prendete più altrimenti. –
La sua erre moscia mi irrita, mi sembra fuori posto, sbagliata.
“Cristo, non sai dire niente di meglio, ma ci vedi?, ma chi ce l’ha ordinato?, il sangue, dove hai il sangue?”
Gli passo a fianco, detestandolo, non lo guardo nemmeno, mi rialzo, volto il busto verso i miei, la squadra siamo noi, lui non conta niente, Nicola, Gianluca, Roberto, Cristian, Marco, ecco chi conta per me, decido, urlo: - Alè! Doppia fila, dai doppia fila adesso!! –
- Via, doppia fila, veloci, via! – Gianluca risponde per primo, occhialuta grancassa della mia intuizione.
- Giusto, doppia gnari, doppia! – E’ Nicola, da dietro, segue tutto, è già il padrone del gruppo.

Quattro chilometri. Ci bastano quattro chilometri. La maglia bianca e rossa del fuggitivo ci è comparsa davanti in pochi minuti. Lo superiamo, la fila doppia viaggia a meraviglia, Nicola da dietro si fa sentire – Grandi, grandi! –

Uno sbandamento, rallentiamo, Cristian dice – E adesso? Continuiamo? – mancano almeno dieci chilometri al traguardo, abbiamo già raggiunto il corridore in fuga, la stanchezza c’è tutta e ora non sappiamo che fare.
Pochi secondi e da dietro Nicola, la voce bassa, calmissimo: - Io qui sto da Dio, se ce la fate…. siete dei grandi. –
È come una frustata, sento un brivido, scoppia un delirio, l’adrenalina fa sentire il suo odore, urliamo tutti, - Alè, si continua! -, - Via, dai, via! -, - Sentito Nico?, alè! Andare! - , Gianluca riprende i cambi brevi della doppia fila, si volta e mi ghigna un’espressione da canaglia soddisfatta, gli rifilo un pizzicotto sulla natica e gli mostro i denti, siamo una macchina, una macchina da guerra.

“.. biglietto!...”

Esaltante. Dieci siluri a rotazione, mangiamo l’asfalto, compatti, dietro sventolano tutti, nessuno azzarda di affiancarci. La tecnica è semplice, mai lasciare uno spazio vuoto, l’aria non si deve infilare. Restare in testa solo il tempo di sfilare il compagno, spostarsi in modo che questo si accodi automaticamente. La velocità cresce immediatamente, il difficile è mantenere le distanze corte, anche quelle laterali, è bene che i gomiti si sfiorino, le due file devono toccarsi. L’inganno della doppia fila è che non ti accorgi di svuotare il serbatoio, non è l’alternanza di sforzo e recupero dei cambi statici, in doppia fila lo sforzo è continuo, ma improvvisamente diventa difficile mantenere le distanze, ti manca lucidità, sbandi lateralmente innervosendo tutti.

Quando sfilo in coda Nicola ha sempre un sussurro e un consiglio per me. Siamo sicuri di vincere. I chilometri corrono via e Gianluca comincia il suo show personale, ad ogni mio incrocio una battuta: - Scusi, questo treno ferma a Flero?., Biglietto prego, biglietto!, Quanti giri mancano?, Ma chi siamo la Del Tongo Col Naso!, Dancelli , ce l’hai il biglietto?, se non ce l’hai scendi eh!”
- Basta Gianluca, ti prego, mi fermo in parte a ridere se non la smetti, è dura anche senza le tue battute. –

La strada provinciale è dritta, risale la pianura verso nord, non c’è un filo d’aria. Non c’è bisogno di scegliere il lato della strada né di studiare traiettorie.
Roberto si è sfilato, ha detto che si metterà dietro Nicola per proteggergli la ruota. Non fa una grinza, Nicola è d’accordo. Mi volto e vedo Robi affiancare e poi rifilare un paio di spallate ad uno della Italgel, le bestemmie di questo non lo preoccupano, prende il posto che vuole, resiste senza scomporsi al ritorno del tizio, che tenta anche di usare le mani. Una codata di Roberto, misurata, ma l’Italgel si caga addosso e rincula.

(Roberto è il più talentuoso ciclista del gruppo, il più grande di tutti, quando penso alla definizione di classe penso a Roberto.
Ho corso con lui al mio debutto, nella Mobilbrix, ultimo anno di Esordienti, lui era già esausto di gare, aveva quasi cento vittorie nel carnet. Dai sei ai dodici anni non aveva fatto altro che vincere ogni domenica. Poi la musica cominciò a cambiare, sempre meno vittorie. Ma quell’anno ne vinse comunque quattro, ogni volta con dei colpi da maestro.
Mi voleva bene e tentò inutilmente di insegnarmi la tecnica dell’impennata con la bici da corsa. Lui era capace di restare sulla ruota posteriore per mezzo chilometro. Era un velocista, ma non solo, poteva vincere ogni gara, in ogni modo. Guidava la bici come se avesse quattro ruote e non aveva paura di niente. Era un amabile bastardo, voglia di allenarsi che scemava con gli anni. Gli ho voluto bene anche io e me lo sono ritrovato in squadra tre anni dopo, alla Gavardo, il secondo anno da Juniores. Io e lui, i due meno considerati della squadra, dai dirigenti che non dirigono un bel niente. Su entrambi pesa un giudizio di fancazzismo. Per Robi, devo dire, realistico. Nel mio caso legato alle vicende dell’anno precedente quando una broncopolmonite mal curata mi tolse dall’intera stagione di gare. Fancazzista non lo sono, ma il feeling non c’è mai stato e così non ho mai esibito smancerie per farmi ben volere.)

Eccolo lì, Roberto, si accomoda a ruota di Nicola, non farà entrare nessuno, questo è chiaro, ma a cento metri potrebbe anche salutare tutti e vincere di una macchina. La gara è nostra, la sento in mano, io comanderò il vapore fino a quando quei due diavoli con le facce d’angelo non cominceranno a sputare fuoco e fiamme. Penso che potrebbero fare addirittura primo e secondo.
Andiamo avanti, sei chilometri all’arrivo.

Coltellata

A quattro chilometri cominciamo a perdere pezzi. Marco, poi Cristian, si defilano, esausti. Un chilometro dopo altri due rotolano indietro, la doppia fila è già insensata, cambi normali, la sofferenza diventa una cosa concreta, per tutti.
Simone si allarga e fa no con la testa, lo guardo e mi sembra fresco, gli faccio cenno di entrare, di dare tutto, aggiungo:
- Se non ce la fai và bene, ma vedi di non ritrovare le forze per fare la volata, che ti vengo a brincare! –
A tre chilometri dal traguardo entriamo in una zona ombrosa, sento Nicola che dice: - Aumentate -. Mi volto, il cuneo adesso è molto più compatto e Roberto è già costretto a lottare per difendere la ruota di Nicola. Aumentiamo, le gambe sono dilaniate dall’acido.
A due chilometri rimaniamo solo io e Gianluca a tirare, la velocità si abbassa e vedo l’ombra quadrata del gruppo che avanza da dietro. Colpi di freno, bestemmie, arrivano attutiti dalla velocità, ma ci segnalano l’imminenza delle belve.
Mi accuccio dietro Gianluca, cerco di pensare a qualcosa, ma ormai è solo una battaglia. Siamo esausti, questi ultimi due chilometri sono un incubo, potremmo naufragare e tutto il lavoro fatto sarebbe stato inutile.
Altri due cambi furibondi, ma l’ombra del gruppo avanza.

Ultimo chilometro.

Gianluca si sposta, braccia stese, bocca spalancata, distrutto, allarga le ginocchia, butta indietro la testa e scompare dalla mia vista. Rimango al vento, sono finito anche io e non riesco ad aumentare, ecco mi affiancano, siamo immersi nel gruppo lanciato a cinquanta all’ora. Vorrei morire, è stato tutto inutile, inutile. Fra poco sarò superato del tutto e Nicola dietro di me è in trappola, Mio Dio tutto inutile, Nico, scusa Nico……..

La voce di Nicola viene da un altro mondo, rauca, irriconoscibile: - Fuori, Claudio, vai fuori!!! –
Mi spaventa, reagisco alla paura scattando sui pedali, le gambe esplodono, fuoco che invade ogni tessuto, mi alzo, esco dal budello di manubri oscillanti, butto avanti la testa e chiudo gli occhi.
Mi siedo.
Settecento metri.
Punta di sella, sono fuori, sono ancora avanti io. Guardo sotto e dietro. C’è Nicola!
Vederlo mi esalta, ma dura pochi secondi, cala il buio dentro di me. Sbando, rallento e non ho nemmeno più la forza di segnalarlo per tempo.
Cinquecento metri.
Nicola mi ha superato con un guizzo, infilandosi dietro a qualcuno, ho visto la sua espressione da guerriero di profilo. Subito dopo Roberto mi ha strattonato lievemente per la tasca destra per lanciarsi senza sforzo, lo vedo infilarsi fra due avversari mentre riporta la mano sinistra sul manubrio, sia appoggia a entrambi, forza il passaggio, è ancora a ruota di Nicola. Io rinculo pericolosamente e resto in piedi per miracolo, la paura di cadere malamente mi invade.

Sono deluso, ho mancato. Volevo tirargli una gran volata e invece ai cinquecento si son dovuti arrangiare, mi rialzo, la schiena a pezzi. Il fragore del pubblico è assordante.

Guardo avanti, è tutto annebbiato, schiene e spalle colorate che oscillano, caschetti bianchi e neri che rotolano sulla linea dell’orizzonte, ecco, c’è uno che alza le mani….la maglia é gialla e nera.

Epilogo


Dopo la linea, qualcuno mi urla “Dancelli, primo e secondo, primo e secondo!”
Spunta Nicola, bianco come un cadavere, il labbro sotto è viola e gli trema, pacche sulle sue spalle, lo speacker urla “quarta vittoria stagionale per Nicola Freri.”. Mi accascio su di lui, gli faccio: - non ce l’ho fatta, scusami, di più non…non…- , - Sei stato bravo.- me lo sussurra e ho l’impressione che di più non abbia la forza di dirmi.
Ecco Robi, ride come se avesse vinto lui, mi dà una manata sul casco, diventa una carezza. Mi ghigna. - Ancora dieci metri e lo bruciavo.-

Torniamo verso il traguardo, gente attorno. Irrompe Rodella con due fotocamere al collo, scatta una raffica a Nicola, si agita, ci urla di metterci in fila, arrivano tutti. Anche io.
Attorno la gente si è radunata per assistere alla celebrazione della squadra. GianLuca, eccitatissimo, non la smette di parlare, urlano tutti, bene bravi, viva! Anche alcuni avversari si sono fermati e battono le mani, ecco che parte un applauso, alziamo tutti le braccia tenendoci per mano.

Ed è lì, in quel momento, che capisco cosa è bene fare. Meglio di così non potrebbe finire. Le due gare che mancano non aggiungerebbero nulla. Martedì farò quel che devo fare. È finita.
Dentro di me un onda di emozioni contrastanti, ci scattano le foto. Sono proprio venuto male.





 

[Modificato il 31/05/2005 alle 09:19 by claudiodance]


 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 2797
Registrato: Apr 2005

  postato il 31/05/2005 alle 10:25
Complimenti Claudio anche questo è un racconto molto bello!
 
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Moderatore
Utente del mese Gennaio 2009




Posts: 3948
Registrato: Apr 2005

  postato il 31/05/2005 alle 12:29
bellissimo anche questo
 
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Professionista




Posts: 38
Registrato: Apr 2005

  postato il 31/05/2005 alle 13:33
Ho la pelle d'oca
 
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Moderatore




Posts: 2848
Registrato: Nov 2004

  postato il 31/05/2005 alle 13:45
Grande! Se Petacchi legge questo racconto ti accoglierebbe subito nel suo treno...
Ma il caffe' poi ve l'ha offerto, vero?

 
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Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 31/05/2005 alle 13:48
Originariamente inviato da Seb

Grande! Se Petacchi legge questo racconto ti accoglierebbe subito nel suo treno...
Ma il caffe' poi ve l'ha offerto, vero?



Oh yeah!

Il peta mi prende nel treno, sì se vuole perderle tutte!!

grazie raga.
claudius

 
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