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Autore: Oggetto: Il Giro, ed un nuovo campione.

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 29/05/2005 alle 00:40
Una corsa appassionante, un percorso bellissimo, tecnicamente strutturato al meglio, che spinge ad una riflessione gli organizzatori dei grandi giri, certo anche i nostri della Gazzetta, affinché non siano tentati dal rendere questa edizione, una ciliegina sulla pur buona torta che, da tempo, li contraddistingue.
Un Giro mai monotono, che ha dimostrato quanto siano ridicoli i tronconi stagni del Tour, le tappe brevi della Vuelta, che ha proposto i percorsi delle classiche quando i grandi picchi si trovavano lontani dall’epilogo, per poi presentare una serie di montagne vere, fra le quali, il Colle delle Finestre, col suo contorno fascinoso, le sue aspre peculiarità, s’è eletto, già alla prima occasione, un terreno di leggenda.
Una corsa, quella rosa, che respira una nuova brezza pronta a gridare quanto il ciclismo, sport dal sapore antico che ha fatto della fatica e dello stoicismo valori e tratti degni dello spaccato della vita, possa ancor camminare a testa alta sulle letture di chi mai si ferma a quella crosta sempre fautrice d’ignavia o, peggio ancora, d’ipocrisia.
Sì, quel pedale che è stato dipinto coi colori del doping, ben oltre le colpe della normalità di tutto lo sport, esce da questi giorni, con una corazza nuova, un punto di partenza che servirà a tutti coloro che si battono per migliorarlo e renderlo vicino alla sua etica.
Scorre dunque sui cuori degli appassionati un nuovo brio, che ci aiuta pure a far capire meglio i confini degli scheletri che il ciclismo possiede ancora nell’armadio e che vanno aperti per doveri di moralità, di giustizia, di cultura. Innanzi tutto la vicenda di Madonna di Campiglio, per la parte che di quel coacervo gli spetta, il conseguente sacrificio di un profeta, Marco Pantani, che tanto ha dato a questo sport e che è stolto e barbaro dimenticare anche nei momenti di nuovo vigore. L’esigenza che la lotta al doping, trovi nuovi adepti anche oltralpe e oltreoceano, affinché si trovi la via per rendere tutti uguali, in questo come negli altri sport. Infine il perdurante bisogno che nuove risorse coinvolgano una disciplina che non può proporre biglietti e stadi, ma che raccoglie ai margini del proprio teatro, folle da sole equivalenti ad un’intera giornata del campionato di calcio di serie A. Genti festose, capaci di incitare tutti senza differenze di colori, civili e per nulla disponibili ai ricatti e ai sabotaggi. Il governo del ciclismo deve riflettere su questi aspetti a tutti i livelli, in Italia quanto nel mondo, facendo leva su un patrimonio che rappresenta un simbolo di positivo convivio.

Ma il Giro d’Italia che domani va in archivio, ci ha lasciato anche una marea di patrimoni, di letture tecniche e di significati coinvolgenti i protagonisti veri, quei corridori che solo per il fatto di arrivare a Milano, meritano il nostro applauso e la nostra riconoscenza.
La maglia rosa finale andrà a Savoldelli, ma il vero faro nuovo del ciclismo, superiore ad ogni più ottimistica traduzione dei comunque tangibili risultati ottenuti, si chiama Josè Rujano Gillen, ha 23 anni, ed è un Topolino venezuelano.

Sono internazionalista per ideologia politica che non rinnego, più convinto oggi d’un tempo, internazionalismo che diviene sangue, cuore e cervello quando di mezzo c’è una forma d’arte come lo sport. Oggi, gli occhi si concentravano soprattutto sui tre italiani protagonisti, tre che han dato il meglio delle loro gambe, ed in un caso, Savoldelli, anche quel quid di intelligenza tattica che, alla fine, gli ha donato il Giro. Quel “puntino verde” passava quasi come un intruso, di cui l’opinione comune, s’attendeva il crollo e dove anche il buon Cassani, dopo tanti acuti, ha recitato sottostimazione. Eppure quel Topolino, stava facendo un capolavoro fino ad intingersi di stoicismo, al punto di correggere col cuore ed un talento raro, gli errori del suo direttore sportivo. Era lui il mio osservato speciale, in un condensato d’ammirazione, d’applausi e nel riconoscimento che si deve a colui che dipinge coi più vivi colori.
Certo, fra il mirabile Di Luca, oggi consacrato campione con una “C” più marcata, quel Simoni colosso di volontà per sopperire la mancanza delle sue vecchie grandi gambe, i ricami d’acume tattico del “Falco”, la strada eleggeva il più forte di tutti, per il passato delle condotte al Giro, la lunga stagione di sforzi, l’età e l’inesperienza.
Rujano ha capito che scattare sul terribile Finestre, soprattutto sullo sterrato, vista l’andatura, era controproducente. E’ rimasto lì, senza dare segni di cedimento, bastava vedere come si muovevano i suoi occhi, come rilanciava l’andatura dopo un tornante e come il suo passo s’intingeva dei ricordi lasciati sulle strade dal simile Lucho Herrera e dal sacrestano di Avila, Julio Jimenez. In quel vortice di sforzi, che il palcoscenico del Finestre accostava come una carezza alle livree di un possibile radioso successo, quel piccolo puntino verde d’una terra che fra monti e povertà, delinquenza e caldo, nasconde quel petrolio tanto saccheggiato dall’idrovora statunitense, beveva però molto poco e s’alimentava peggio, anzi quasi per nulla. E manco ci pensava il suo diesse, forse perso dai lustrini edonisti che un simile patrimonio poteva donargli. Nella discesa di quel colle già pietra miliare del Giro, Josè si superava: pochi errori e soprattutto quel riposo che allontanava una crisi di fame prevedibile e concepibile per ognuno, anche di piccola taglia. Lì, in quella discesa dove sono venuti a galla i segni dello sforzo profuso nei suoi due compagni d’avventura, Rujano, ha mostrato al mondo che ha dalla sua la pasta dei campioni. Ed in quel falsopiano che ha stuzzicato la rabbia dei crampi direttamente in Di Luca e più celati in Simoni, il “puntino verde” ha sentito la fame, ma aveva un dovere da compiere e l’ha ibernata di nuovo. Ancora una volta il suo capo d’ammiraglia, forse impegnato a prepararsi i discorsi del dopo tappa, ha dimenticato anche le maltodestrine e per il Topolino, nel frattempo salito sovente a far l’andatura, il dolore, lo sfondo rosso della fame, han iniziato a lasciare segni, togliendogli la possibilità di scattare. Ma il suo cuore, la sua grandezza sono stati sufficienti a lasciarlo solo al comando, perché il vecchio campione trentino non aveva più niente da spendere. Rujano, accortosi dopo un centinaio di metri, di non aver più Simoni a ruota, ha raccolto ciò che gli era rimasto nel cuore, ripassando tutti gli sforzi per giungere, col traguardo, ad un panino.
Certo, ha vinto il Topolino e poco c’è mancato che oltre alla tappa arrivasse quel “rosa” che, correndo su altre traiettorie del Giro, aveva gettato almeno sei volte, ma la morale è dalla sua. Ancora tanti momenti di prammatica: la premiazione di tappa, il verde dei GPM e poi, finalmente, quel panino che per il Savio…consisteva in un’intervista proclamatoria del suo fiuto, alla De Stefano.
Eppure oggi, anche gli scettici han visto un campione, che non è Pantani, ma ci farà divertire proprio là dove il ciclismo incontra il mito: la montagna.
Dove potrà arrivare?
In alto, molto in alto, perché è più completo di quello che si pensa e persino nelle cronometro umane (non nei biliardi d’inno al doping del Tour) potrà difendersi bene. Quando poi partirà con l’obiettivo della maglia leader e non quella sempre poco eccelsa dei GPM, saran dolori per tutti, perché il bimbo ha l’intelligenza istintiva, ed è affamato.
Il dubbio si gioca tutto su come sarà capace Savio di gestirlo. E’ facile scoprire dei talenti in Sudamerica, l’ho scritto qui in tempi non sospetti, ma ora attorno a questo patrimonio di 49 chili, va costruito tutto: squadra, condotta di vita, allontanamenti dalle sirene che quel continente esprime a iosa. Se poi Savio, o chi per lui, nel caso in cui Rujano dovesse essere acquistato da qualche grosso team, metteranno mano sul fisico del Topolino, per farlo divenire “uomo lancetta”, l’unica tangibilità che raccoglierebbero è l’affossamento di un atleta primario, richiamando con ciò, l’esigenza di prendere i loro fondoschiena a calci fino a ridurre i piedi a moncherino.
Il Giro d’Italia 2005, intanto, saluta questo campione.
Tre giorni fa, qui, nel post aperto dal grande Mesty, mi sono lasciato andare a delle previsioni molto favorevoli sul Topolino; oggi, vedendolo ancor più radioso, posso dire d’aver fatto il tifo per lui e, come sempre, mi sono commosso.
Piccolo Josè, torna nella tua terra a riposarti e dì pure ai tuoi genitori con le mani screpolate dalla fatica, che sono strati grandi ad averti messo al mondo.

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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