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Autore: Oggetto: Alexis Arguello: il mio saluto ad un idolo...

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 02/07/2009 alle 23:13
Che giornata d’opposti e stata quella di ieri per me. Nel pomeriggio ho ritrovato il tennis, grazie ai lampi di un giocatore che ha vissuto oltre dieci anni, fra una marea di infortuni che gli hanno deviato prepotentemente la carriera. Ero contento, perché il geniale Tommy Haas, aveva dimostrato che il serv and volley non è un fossile: lo possono giocare in pochissimi e per pochissimo, perché abbisogna di un raro sangue blu, ed un ancor più raro coraggio, ma è ancora possibile. Poi, la sera, dopo il lieve sorriso giunto dalla conferma che l’idolo Laurent Fignon sta correndo bene la corsa più lunga e più dura, la notizia coltellata: un altro idolo, Alexis Arguello, uno di quelli che han cementato in me il pugilato come personale quarto lato della passione sportiva, s’era ucciso. Sono rimasto basito, ma, come sempre, quando di mezzo c’è un suicidio, mi sono inchinato ancora una volta al volere più estremo che ci spetta. Al rispetto che una scelta come quella merita, ancor prima di abbozzare una disamina. A quel senso di personale aberrazione, o di quel vero e proprio odio verso chi pretende di giudicarla, da sempliciotto con lauree e cattedre, come una debolezza, una miopia, una fuga. A quell’onore che si prova quando si è in tale minoranza, da sentirsi, proprio per questo, nella ragione più piena. Sì, caro Alexis, anche stavolta hai tirato un gancio sinistro perfetto, veloce, preciso. Resta solo il dubbio se a riceverlo sia stato un sacco, un essere umano, o un’ideale. Ma poco importa: è il tuo volere che va rispettato con devozione, in chi sta lontano come me e va capito nell’estremo ed intimo messaggio, in chi ti stava vicino.

I tuoi 57 anni hanno fatto conoscere al mondo un uomo straordinario, uno sportivo leggendario, un essere umano che non ha mai dimenticato il valore delle idee sulla vita della gente e sul bisogno di allargare ai fatti, le parole d’eguaglianza. Un uomo che sapeva parlare, che s’era fatto una cultura che teneva stretta nonostante le apparenze ed i preconcetti, da sempre vicini ai pugili e a questo sport meno cattivo di tanti. Un sapere che dalle favelas di Managua, dove nacque il 19 aprile 1952, s’era impossessato di lui, seguendo dapprima un fratello che aveva studiato raccattando libri di legge, e poi s’era arricchito nella conoscenza che, dai viaggi per combattere, con intelligenza, riusciva a carpire. Discuteva, voleva sempre allargare la sua sfera e meditava, sovrapponendo esperienze e filosofie, per capire, per dare a sé e agli altri. Lasciò la scuola a 14 anni e salì immediatamente sul ring, ma anche il quadrato e le corde furono insegnanti, così come le folle che erano là, a guardarlo mentre interpretava sublime la scherma pugilistica. La sua laurea era la permanente rivoluzione della conoscenza e della conseguente traduzione nell’intimo del pensiero. Sì, dietro il terrificante colpitore che abbatteva gli avversari, nobili e forti incontrati, ci stava un intellettuale che ragionava, che si metteva in discussione: nulla a che vedere con troppi definiti tali, solo per la ragione, spesso fessa, delle carte.

Caro indimenticabile compagno Arguello, ti vidi una prima volta e mi bastò per tanto tempo: eri a due passi da casa mia, in quella Rimini che ti discusse per settimane. Davanti a te, per la seconda volta, il grande Alfredo Escalera, tuo coetaneo: uno dal sorriso-smorfia, che pareva una presa in giro per chi gli si poneva di fronte. Lo avevi detronizzato dal trono mondiale dei superpiuma, in casa sua, a San Juan di Portorico, era la tua seconda cintura iridata, perché da anni eri l’incontrastato re dei piuma. Ma a San Juan, una ferita aveva pesato sul combattimento di Alfredo, abbastanza per concedergli la rivincita. Rimini fu brava ad aggiudicarsi quell’incontro e tu rispondesti con una prestazione che riassumeva tutto il pugilato in un match. Anche Alfredo fu bravo, ma tu eri troppo per lui e lo mandasti al tappeto tre volte, prima dell’epilogo al 13° round. Ne uscì comunque un incontro che in tanti, ed io fra quelli, giudicano ancora oggi, come il più grande match svolto sul suolo italiano. Quel giorno (era il 4 febbraio 1978) conobbi “El Flacho Esplosivo” (Il magro esplosivo) come ti chiamavano e capii che tu sapevi tirare con la medesima potenza in ambo le braccia, tutta la gamma dei colpi possibili. Persino quel montante così complicato, generalmente, in chi possiede leve lunghe come le tue. Eri semplicemente il pugilato. Gli echi di quel match, come detto, si protrassero a lungo nella riviera, anche quando nell’estate seguente ci si andava per cercare l’amore, o per mettersi al sole ad arrostire una pelle a quei tempi sicuramente meno contaminata.

Ti rividi ancora tante volte, anche se i fotogrammi con Escalera rimasero a lungo dei solchi.
Ma come potrei dimenticare la lezione che impartisti a Bobby Chacon, uno che incassava cannonate e che con te arrivò a voltarti le spalle e ad appoggiare entrambi i guantoni sulle corde. Un segno di resa che resterà unico nella sua lunga carriera. O come annientasti “Bazooka” Limon, Castillo, Navarrete, prima di dire a Ray “boom boom” Mancini, Elizondo, Busceme e Canigan che, per diventare campioni del mondo, dovevano scegliere altre strade.

E come potrei dimenticare, purtroppo, i tuoi incontri con Aaron Pryor per il mondiale dei welter junior. Non erano match da fare, caro Alexis. Pryor, era una forza della natura nel suo peso perfetto ed era al massimo della maturità fisica. Tu eri un piuma naturale che si portava dietro il fardello di 15 anni di carriera massacrante. Ma eri troppo onesto e coraggioso per togliere al tuo manager e all’organizzatore, un affare gigantesco. I colpi più belli, più nitidi, più potenti furono i tuoi, e sul primo incontro pesano sospetti enormi. E poi, come dimenticare il collo di Pryor, che s’allungava di 20 centimetri per non lasciar partire la testa. Fosti grande ugualmente, caro Alexis, ma l’intensità di Aaron era troppo, per non dare spago a sconfitte. Una sicura, sull’altra, come tutti, ho giganteschi dubbi. Quel che è certo, è che ambedue finiste lì la vostra carriera

Il terrificante diretto destro di Arguello, si stampa sulla mascella di Pryor

Sul dopo, onore a te, caro Alexis.
Hai sconfitto la droga, hai recitato pagine di studio, in quelle che qualcuno ha definito contraddizioni politiche. In realtà, erano le metamorfosi dell’esperienza, della conoscenza, delle necessità della tua gente. Quella che non hai mai dimenticato. E come giudicasti da intellettuale le tue sconfitte con Pryor, ugualmente ti sei posto in discussione, hai trascinato sui comizi la tua elaborazione. Dicevi: “Non c’è avvenire nei sistemi che si pongono lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, facendone un’insalata di libertà. Meglio la povertà dignitosa di tutti, piuttosto che il lusso di pochissimi e la fame di milioni”. Compagno Alexis, sono così d’accordo con te che mi vengono le lacrime, ma devo aggiungere, che è un terreno impossibile all’attualità degenerativa e sempre più egoista dell’uomo drogato da infusi di pseudo-libertà alla cicuta. E manco può servire, perché non aggiunge nulla all’evidente, quanto si possa anche là, dove il destino è stato assai più tenero rispetto al tuo Nicaragua, considerare libertario e democratico avere a capo un clown, nemmeno intelligente ma con soldi, che vince libere elezioni contro un misero replicante di parole fatte e ritrite. Questa è l’Italia, caro Alexis: non ha niente da spartire con la tua terra, ma ha ancor meno da dare all’avventura dell’uomo su questo globo.
Dicevi: “Mi si chiede sempre perché sono tornato sandinista. Ed io rispondo che il capitalismo è canaglia, delinquente, ed è molto peggio per l’avvenire del Nicaragua e non solo”. Sono ancora così d’accordo con te che mi obbligo ad aggiungere: “Non ci sarà futuro per il genere umano, se forti elementi di socialismo non spazzeranno una gran fetta di capitalismo”….



Sì Alexis, nella mia follia mi sono messo a parlare con te, digitando su questa tastiera che va dove vuole, forse perché la mia presunta pazzia altri non è che un nitido richiamo di vita. Perciò mi son messo a scrivere come se ti avessi di fronte, come faccio ogni tanto, per te e per altri, a letto prima di dormire o mentre mangio, o quando guardo assente le stupidaggini che si trovano a iosa nella mia Italietta che fa la calzetta pungendosi le dita. Te e gli altri che han significato qualcosa nel mio cammino, che sono idoli o riferimenti. Tu eri una zolla di questo imperfetto e trascinante terreno, che è da considerarsi sublime rappresentazione dell’essere umano. E chi non ha idoli o riferimenti è un povero vero, morto ancor prima di nascere.
Ma fra compagni, va detto tutto guardandosi in faccia in ogni occasione: anche quando uno deve ricordare l’altro che non c’è più. Ed allora, ti ribadisco, perché l’ho scritto ancora su queste pagine, che non ero e non sono d’accordo sulla tua concezione pratica di proselitismo al pugilato. La comprendo, ne giustifico tante parti, ma non la vedo propagandabile per i valori che, una disciplina, nelle sue intime diversità, deve sempre tenere a mente quando si propone all’orizzontalità dello sport. Non boxe fra bambini come il duello dei galli. Sì alla boxe e relativo inchino, quando la crescita ed il colpo d’occhio, poggiano sull’atletismo compiuto dei giovani. E’ una visione tecnico-sportiva, quanto educativa e sociologica. Non tutti devono scegliere il pugilato perché è un’occasione per prendersi una rivincita di fronte alla miseria della vita. Non tutto è sacca di screpolature e affronti, c’è anche quel “meglio” verso il quale, la boxe, i suoi valori e la sua nobiltà, devono comunque guardare. Perché si può essere campioni ugualmente. Magari non un Arguello, ma pur sempre qualcuno.
Poco fa, mi han chiesto dove ti collocherei nelle graduatorie di tutti i tempi. Non mi piacciono queste classifiche, l’ho sempre scritto e detto, ma i compagni sono sinceri. Ed allora ti vedo come il secondo piuma di tutti i tempi, dietro Salvador Sanchez, ed uno dei primi cinque leggeri di sempre. Con Salvador, ora darai saggio di come va concepito un combattimento a livello di 126 libbre (57,15 Kg).

Ti sia lieve la terra, Alexis!




Le grandi tappe della carriera di Alexis Arguello.

Nato a Managua (Nicaragua), il 19 aprile 1952.
Da dilettante (1966-1968), ha vinto 58 combattimenti (di cui 48 prima del limite) e due sconfitte ai punti.
Nel 1968, a 16 anni, passò professionista. Senza canottiera (1968-1995) ha combattuto 90 volte, vincendo 82 volte (65 prima del limite pari al 79%) e perdendo 8 volte (4 prima del limite).

Le date da ricordare:
16 febbraio 1974 – Panama City.
Il suo primo tentativo ad un titolo mondiale, quando andò a sfidare il Campione WBA dei piuma Ernesto Marcel, proprio a casa sua. Perse ai punti, ma Marcel, finì esausto ed a dispetto dei suoi non ancora 26 anni non tornò più sul ring.

23 novembre 1974 – Inglewood (California)
Il messicano Ruben Olivares, già iridato fra i pesi gallo, si era preso il titolo WBA lasciato vacante da Marcel, superando il giapponese Zensuke Utagawa per KO alla settima ripresa. La sfida di Arguello era inevitabile, visto il comportamento di questi con Marcel. Olivares, era un tecnico geniale e pure formidabile incassatore, ma al 13esimo round, quando era in leggero vantaggio, incappò in un devastante gancio sinistro di Arguello e non si rialzò più. Alexis, a 22 anni, era Campione WBA dei piuma.

28 gennaio 1978 – San Juan di Portorico
Dopo quattro difese del titolo con altrettante vittorie per KO, una dozzina di incontri sulle 10 riprese vinti anch’essi in dieci casi prima del limite e solo due ai punti, Arguello andò a sfidare in casa sua il Campione del Mondo dei Leggeri Junior, Alfredo Escalera. Vinse per KOT alla 13esima ripresa. Il match divenne famoso come “la sanguinosa battaglia di Bayamon” e l’esperto arbitro dell’incontro, Arthur Mercante, la definì con queste parole: “La più brutale lotta che io abbia mai assistito”.

29 giugno 1981 – Wembley Londra
Arguello, dopo aver difeso con successo il titolo dei “leggeri junior”, in otto occasioni (tra le sue vittime i fortissimi Ruben Castillo, Bobby Chacon, “Bazooka” Limon e Rolando Navarette) decise di salire fra i “leggeri” ed andò a sfidare il Campione WBC della categoria, il britannico Jim Watt, a Londra. Nonostante l’ambiente ostile che gli inglesi nel pugilato (e non solo) sanno creare come nessuno, Arguello vinse ai punti per decisione unanime. Anche in quella occasione l’arbitro era Arthur Mercante. Con la conquista del titolo dei leggeri Alexis Arguello portava a tre le cinture iridate in differenti categorie di peso, all’epoca un record condiviso con altri cinque pugili. Dopo quell’incontro, Watt appese i guantoni al chiodo.

12 novembre 1982 – Miami (Florida)
Dopo quattro difese del titolo mondiale dei leggeri, tutte vinte prima del limite con Mancini, Elizondo, Busceme e Canigan, Arguello tentò il record assoluto di vincere il quarto titolo in differenti categorie di peso, salendo fra i “welter junior”. All’Orange Bowl di Miami di fronte ad un Aaron Pryor, che fra i dilettanti si era permesso di mandare a gambe levate Thomas Hearns, ed al massimo della sua forma psicofisica fu sconfitto per KOT alla 14esima ripresa, quando il match era ancora in sostanziale parità. Su quell’incontro però, pesano come macigni, alcune ombre…

9 settembre 1983 – Caesars Palece Las Vegas
Nella rivincita, contrariamente al primo incontro, la complessiva superiorità di Pryor al momento dell’epilogo per KO al 10 round fu evidente. Lì, di fatto, si chiuse la carriera pugilistica di Arguello. I quattro incontri che seguirono (3 vinti e uno perso), non aggiungono nulla alla carriera leggendaria del pugile nicaraguese.

Questo intervento non voleva e non vuole essere una monografia, e non lo voglio allungare con una disamina tecnica, perciò chi vuole conoscere ulteriormente la sua carriera può consultare questo sito:
http://www.boxrec.com/list_bouts.php?human_id=2179&cat=boxer

Chi invece vuole vedere un bellissimo summa dei suoi incontri, può collegarsi qui.

http://www.videosurf.com/video/alexis-arguello-highlight-65601780

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi




Posts: 5156
Registrato: Apr 2005

  postato il 05/07/2009 alle 12:16
Grazie Maurizio.
Ricorrono in questi giorni anche i trent'anni della liberazione del Nicaragua dalla dittatura di Somoza da parte delle forze sandiniste.
La prima rivoluzione "di sinistra" che, come primo atto, abolì la pena di morte, rinunciando alla vendetta verso chi aveva torturato anche insegnando ai bambini a cavare gli occhi dei prigionieri con il cucchiaio.
Nessuno ricorda la grandezza di quella rivoluzione.
Mi permetto un ricordo personale.
La notte avevo dormito all'Abbazia di Chiaravalle, perchè partecipavo ad un convegno di alcuni giorni lì nei paraggi.
Al mattino comprai il Quotidiano dei Lavoratori e lessi la splendida notizia.

 

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nino58

 
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