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Giorgio Gaber
lemond - 29/12/2008 alle 09:38

In occasione dell’uscita del terzo DVD sull’attività del (secondo me) più grande artista italiano del ventesimo secolo, vorrei esprimere qualche pensiero. Parlami d’amore Mariù Introduzione (noi e sentimenti) Giorgio parla in questo spettacolo, con gran trasporto ed emozione, di una “cosa” (la parola è sua, perché amore ad es. è troppo astratta) che riguarda il mondo intiero e quindi ciascuno dentro se stesso, e va oltre il proprio pensiero. Giorgio, dicevo, vorrebbe chiamarlo *cosa*, chi altrimenti, ma ad ogni modo si tratta di ciò che caratterizza la specie umana: sentimenti. Se ad essa si togliesse questo impeto che quasi sempre ci governa non se se ci potessimo dire ancora persone vive, oppure gente che aspetta solo di morire. (Nella serie televisiva di culto “Star Trek” sono stati ipotizzati i vulcaniani, “alieni” in grado di sopprimere completamente, a livello conscio, le pulsioni di qualsiasi genere, ma il risultato …) Gaber cerca di distinguere se quel che l’uomo sente è vero oppur meschino e per far ciò, prova a spogliarlo da quanto si presenta mascherato: ogni persona “recita” nel mondo e se la parte riesce, l’uomo crede (e forse è anche vero) di essere genuino. L’importante è approfondire quello che l’apparenza cela e chiarire a noi stessi se siamo ancora (e sempre) capaci di qualcosa o invece il nulla è l’unica speranza che rimane al genere umano. Forse la speranza è, appunto, una Pulsione. P.S. A chi vuole e mi spedisce il proprio indirizzo, gli posso far avere, con piacere, il DVD relativo agli anni ottanta (uscito quest’anno)


lemond - 30/12/2008 alle 09:17

Addirittura padre La paternità è un sentimento piuttosto sconosciuto ai più (se ne parla poco e sempre in sott’ordine all’altro conclamato da tutti e, credo, anche con ragione). Forse il motivo è che è difficile da esprimere ed anzi, e prima ancora, da comprendere. In verità quello che si solito avviene è la mancanza di comunione, e quindi di commozione, che lega il padre al figlio appena nato. Non vale essere bravi o pravi, ribelli o integrati, dementi, superiori o qualunquisti, quell’esserino in culla ci dice poco o niente. Sembra un criceto, un micio o meglio … un uccello e chi riesce a comunicare, forse ci vorrebbe Alfred Hitchcock :). Solo fastidi può portare seco: la presenza vibrante nella notte, sopportare l’orda dei parenti o, male minore, eseguire alla lettera le indicazioni che la mamma lascia nelle assenze. Riassumendo si può dir soltanto che ogni tipo di idiozia fa da contorno “a tutto tondo” all’infante “monstrum” :) . Ma ecco, all’improvviso … il bimbo piange, si calma … ma torna a singhiozzare via via, sempre più forte :( !!! La scena ormai è diversa: calda, emozionante, ecco l’attore che si trasfigura e davanti a lui appare la conoscenza, ma non con la ragione, finalmente sa di essere padre, ma solo e soltanto, grazie al … Sentimento. L’incontro con il figlio è avvenuto con il contatto corporale: aiutarlo a vomitare e solo cos', allora la paternità, quella vera, dispiega tutta la sua valenza e importanza. Basterà anche quell’ “unica” volta, simile esperienza a marchiare la vita di quell’uomo che prima era ben lungi dal pensare di essere *Padre*. Egli ha compreso il dialogo d’amore, e si stupisce di come sia così facile imparare e se come accade, Hitchcock non dà un finale sicuro, così quel giorno non c'è la certezza della nascita di un padre ideale, ma la paura che era dentro di lui in quel momento promette che la speranza non sia pura illusione e se dovessimo rispondere noi alla domanda che ci pone il vivere, potremmo provarci senza temerarietà: l’importante è che quel momento ci sia stato!


lemond - 31/12/2008 alle 12:31

Da "Parlami d'amore Mariù" - La gente è di più Ognuno di noi vuol sapere e indaga, approfondisce, analizza qualsiasi risvolto razionale intorno ai rapporti che legano la famiglia nelle varie generazioni. Infanzia, adolescenza, essere adulti, e la vecchiaia, che fa intravedere la morte, sono al centro dell'indagine. Ma forse non abbiamo capito che quanto sotteso è ben è più importante e potremmo benissimo fare a meno di ... se soltanto sapessimo ascoltare quello abbiamo dentro per gli altri. "Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore il resto è niente." Con una simile sicurezza, sapremmo tutto di ogni generazione: le grandi e piccole differenze, ma che importa conoscere chi non siamo, se ogni momento è ben vivo che insieme agli altri, noi tutti possiamo ... La gente possiede questa enorme forza in più e, basta che voglia, un giorno potrà usarla e se non sempre, talvolta almeno.


lemond - 01/01/2009 alle 12:09

Da "Parlami d'amore Mariù" - Falso contatto L'amore è una parola che "si trova sulla bocca di tutti", ma il concetto non credo sia molto chiaro, perché mi sembra che ognuno ne viva una dimensione un po' diversa. Ma ci sarà un modo per conoscerlo per quel che è, perché un sentimento così importante non è normale che non possa essere definito. Secondo me è più facile rappresentarlo secondo il negativo: quello che non è ad es. "falso contatto". Ma questa canzone mi/ci spinge anche alla ricerca dell'ideale e allora ... Posso dire quello che non dovrebbe mancare mai: la sintonia che appare la prima e forse l'unica essenza che distingue A. da a. Confondere l'altro con se stesso, non separare mai ciò che ci riguarda, da quanto ci prende solo "di ritorno". Il calcolo non è conforme ad essa/o e i bilanci mai han da esser fatti! Giusto, direbbe il culture del romanticismo, ma tutto questo appare spesso? O invece tante e tante volte avviene che una nota stonata si diffonda? L'ideale insomma (come si ascolta) è distante miglia e miglia e i soggetti agiscono da soli, pur stando insieme e il sentimento non è che un simulacro di quello che anche loro vorrebbero, un puro asservimento di quest'uomo e questa donna a quello che domanda ... chi? Ed allora noi, da fuori, possiamo affermare che il coito è mancato non per impotenza sessuale [il viagra non sarebbe servito:) ], ma per mancanza di vita vissuta dai personaggi ... in quel momento almeno.


lemond - 02/01/2009 alle 08:08

Da "Parlami d'amore Mariù" - Soli Che cosa conosciamo di quelle persone che, per scelta o per ... vivono così? E' certamente gente molto strana, né più, né meno di chi fa parte di una coppia :) (se si cerca di guardarli per quel che sono). La società impone ai soli una parte precisa, ma talvolta, più degli altri, riescono a stupire se riescono a stare in bilico fra improvvisazione e errore. Non si sa se sia *peggio* o *migliore* l'aggettivo che più compete loro e la domanda resterà tale, perché non sempre sol è uguale a solo. C'è chi decide in proprio, chi per martirio, c'è gente allegra e triste, ha paura oppur trae vanto da quell'alone di mistero che lui *da solo* emana. Ma prima di finire il nostro assunto, conviene un po' ripetere il già detto, sapendo che resterà pur sempre enorme confusione: il solo è solo anche se ha altri accanto! Però non è da disperare, secondo Giorgio, perché se non si accetta la bassezza umana, la solitudine ci appare una palestra, indispensabile e sovrana, per imparare, partendo da se stessi, a comunicare con gli altri senza mai l'intenzione di usar costoro.


lemond - 03/01/2009 alle 14:44

Da "Parlami d'amore Mariù" - E tu non ridere Ma l'amore no, l'amore non può essere illusione per tutti noi, perché se si perdesse la speranza di avere un giorno simile esperienza, resterebbe comunque il sogno a mantener viva ogni aspettativa. Quando una sera di maggio ci par d'incontrare colei che ... ecco che l'ideale "si fa vita" e alla felicità conviene abbandonarsi. E il nostro voler filosofare non deve schernire ciò che altra parte di noi pur sente. Il mondo è bello per le sensazioni meravigliose che talvolta abbiamo in noi e se non sappiamo definirle, che importa. Certo che il sogno per sua natura è lieve e poi ... lascia il posto a qualcos'altro: al nulla. Ma anche un tal niente, seco si porta i sentimenti accanto: pace, abbandono, atarassia, ma anche ciò che ci confonde oppure inganna. Ma, ripeto, non importa perché la conoscenza non sempre si congiunge all'esistenza e sarebbe impossibile scegliere davanti all'immagine in uno specchio. E allora non credo sia vile la scelta che non è tale, ma è quella che facciamo, perché ne siam convinti e con ragione: per noi il dubbio è sempre e ancora vita.


lemond - 04/01/2009 alle 13:33

Da "Parlami d'amore Mariù" - L'insolito commiato del signor Augusto (prima parte) Chi non ha mai visto questo "pezzo", credo si sia perso una delle più grandi "pièce de théâtre" di sempre. L'uomo è solo, di fronte alla morte non ha nessuno e la scelta del signor Augusto non è poi così strana, anzi sembra proprio che della fine abbia ben capito il filo ed anche la trama. Quando vediamo apparire la parca, la sola padrona, insieme a lei, è l'impotenza e stare insieme può servire a chi resta e al suo amor proprio, non certo ad aiutare chi sa che se ne va da solo! Parlare o vedere gente intorno, anche coloro che in vita hai voluto e cercato, non conta molto in questo caso orribile. Unica eccezione, mi sembra, si possa vedere nel film "Invasioni barbariche". La falsa coscienza dei parenti sarebbe salva, ma non vi sarebbe nulla di più e allora proviamo ad accettare un amico più giovane e più ... altro, perché, forse, chi sai poter essere più distaccato potrebbe aiutarti un po' nel tuo distacco. Ma anche questa è solo una falsa speranza, perché di pietra resta chi lì entra. La paura, il gelo ed altri diaframmi separano chiunque da chi è fuori dal mondo come lo percepiamo noi. Combattere con gli altri appare vano, perché quando costei arriva e la vediamo, tutto si ferma e massime il calore umano, che dentro di noi scorreva. Rimane invece la rabbia, il disperato affanno per quel che si voleva e non si può e l'unica cosa che ci appare chiara è la comprensione di essere ben poca cosa in quel momento in cui "tutto" avviene.


lemond - 05/01/2009 alle 14:04

Da "Parlami d'amore Mariù" - L'insolito commiato del signor Augusto (seconda parte) Ma capire non basta a chi sta accanto: vorremmo essere e non siamo. L'altro fugge lontano e lo vediamo, soltanto e solo, andar via; non è più possibile il contatto fra i due spiriti, una volta amici, nessuna unione, al massimo il cinico cercare di trarre forza dall'ultimo respiro. Augusto è l'archetipo che scopre quei sentimenti che noi, da sempre, ricerchiamo, ma non posiamo capire con la ragione: l'indecifrabile, l'indefinibile o forse no, cosa risaputa e vecchia che da sempre esiste, ma rimane indifferente ad ogni voglia e pulsione umana. Ma la morte è poi così diversa dall'uomo che si adopra e da tutta la sua vita? Secondo me il dolore, l'angoscia, la disperazione, insieme al desiderio di capire non sono le essenze principali dell'uomo, perché in lui prevalgono tutt'altri miti: uno per tutti il successo. E quindi l'uomo non riesce a concepire e neppure a ricordar la morte (siamo bravi solo ad esorcizzarla) preoccupandosi invece di plasmare la propria storia ed il suo ego; alla fine dovrà, però, pagare il "giusto" e salato prezzo, perché la trista bagascia non è, per lui, parte della vita, o almeno così non l'à mai concepita.


lemond - 06/01/2009 alle 13:24

Da "Parlami d'amore Mariù" - L'uomo che sto seguendo L'essere mediocre (a me viene in mente come esempio illuminante Pippo Baudo) non è capace di grossi sentimenti, la meschinità è il suo valore primario. Peccato, perché basterebbe così poco per far di un piccolo e meschino cugnino delle scimmie, un uomo: un sentimento vero, anche uno solo, almeno qualche volta volta, che ci faccia scoprire la realtà, sì, ma in modo affatto diverso. Ma forse la pulsione nell'uomo che si sta cercando (seguendo) può anche esistere e l'armatura che ha intorno e che lo ricopre fino a farlo diventare quello di cui sopra, non è ... e forse si può spezzare. Basterebbe, ma non è certo facile, gettar la maschera e presentarsi al mondo "a viso aperto"! Non ci rimane che sperarlo tutti quanti, perché quell'uomo infin ci rappresenta. "Homo sum, nihil humani a me alienum puto"


lemond - 07/01/2009 alle 14:21

Da "Parlami d'amore Mariù" - Cortesie per gli ospiti Ovvero, l'amicizia: questa sconosciuta. Lasciamoci così, senza rancore appare difficile in questo mondo, ma ancora più impervia appare la strada che ci porta a trovare e conservare l'amico. Ad es. colui che potrebbe adoperarsi per consolare un coppia che si sta dissolvendo. Magari l'amico si adopera e può anche darsi che il suo intervento abbia qualche rilevanza, ma l'amicizia, quella vera, molto spesso si vede in lontananza. Solo se esistesse quel legame che ognuno crede di avere in se stesso, ma non ritrova se lo cerca ..., potremmo non sentirci mai soli. Nell'attesa dobbiamo contentarci di altro, perché sappiamo che ogni nostra idea può disegnare la più perfetta incomprensione e quel disegno non è poi così chiaro a chi lo guarda con diversa luce. La realtà non è certo unica, così come i più nobili sentimenti possono durare molto poco, ma, seppur l'amicizia è poca, forse l'alba, se abbiamo fiducia, ce la fare vedere in una luce un po' meno fioca. :)


lemond - 08/01/2009 alle 13:24

Da "Parlami d'amore Mariù" - Isteria amica mia" Meglio un piccolo sentimento che niente Ma noi come facciamo a discettar su tutto quello che nel nostro intimo proviamo? Certo sarebbe bello possedere sentimenti belli e grandi, ma chi ci può assicurare che sia così? E se invece non rimanesse niente delle nostre pulsioni cosi pure? E allora, tutto sommato, può essere meglio accontentarsi anche di un seme, un qualcosa anche piccolo, che può generare... Addirittura è forse meglio essere "isterici" che avere il vuoto dentro, perché nel secondo caso ci limiteremmo a vegetare [Eluana "ante litteram" :( ]


lemond - 09/01/2009 alle 15:00

Da "Parlami d'amore Mariù" - Piccoli spostamenti del cuore Innamoramento, delusione e dubbio. Innamorarsi non è cosa usuale ed anzi questo stato è così particolare che, a chi lo prova, quasi non sembra di vivere nel reale. Il peso non esiste o meglio non si sente, perché quello che lui/lei avvertono è ciò che di sublime sussiste in loro. Si unisce con le nubi, se alza un dito e ritrova quella fantasia che aveva lasciato da bambino. Non è neppure necessario stare insieme, quando la sintonia lo pervade in tal misura: respiro, idee, certezze riempiono quell'anima ... diciamo gemellata. Ma quando si guarda da diversa luce, ad esempio un no dell'altra (parte), ecco che tutto cambia ed il castello etereo si fa di pietra. Sommo e incorporeo non sono tali e tutto quanto riacquista il proprio peso ed ogni senzazione ha forma diversa, se pur l'intorno è uguale. Nulla rimane al suo posto, perché il "cuore ha subìto un piccolo spostamento". La delusione, questo sentimento così sincero ed anche tanto vero, lo avvolge dentro e l'incertezza appare a chi, fino allora, era sicuro di amare. La risposta non spetta certo a Giorgio dare, perchè lo stato che nasce e poi, forse, si estingue è quanto di più personale ci sia al mondo: qualcuno crederà d'esser perdente, altri invece penseranno comunque ad una nuova vittoria e ... infine quelli che credono, per ogni cosa, che il dubbio è l'unica certeza della nostra storia.


lemond - 10/01/2009 alle 14:42

Da "Parlami d'amore Mariù" - L'alibi (prima parte) Essere o no, sapere o non sapere Ma l'uomo riesce ad avvertire quando un sentimento, magari all'improvviso, lo sconvolge? Costui vuol veramente capire oppure il vivere gli basta come tale? Per taluni l'importante è una maschera (Pirandello docet) che permetta di apparire a lor guisa e consenta di non essere scoperti, miseri come sono. Una maschera che si possa comandare e che magari, trasformi il divenire. Un'espressione, un cipiglio od un sorriso talmente aperto che non lasci dubbi a chi non guarda con mente più che acuta. Quello che conta è ciò che dimostra a chi gli sta vicino! L'uomo che sto immaginando quasi mai si lascia andare per scoprire sensazioni le più vere, perché altra cosa appare imperativa: lasciare un segno, non importa quale.


lemond - 11/01/2009 alle 14:17

Da "Parlami d'amore Mariù" - L'alibi (seconda parte) Essere o no, sapere o non sapere Molto importante sarebbe che, almeno fossimo consci di quel che facciamo. Anche la carità (con la c minuscola), grande invenzione dei cattolici nostrani, si rivela in fondo niente altro che una buona scusa a chi non cerca altro: va bene sono incapace di amare chi conosco da sempre, però mi muovo e commuovo sempre per quelli che stanno molto lontano da me . Che importa se non li conosco, l'importante che il mio obolo lo dia. Ma certo, è molto meglio, perché quelli si contentano di un segno, mentre gli altri, inopportuni, vorrebbero che tu parlassi loro e che l'agire con il sentire fosse conforme. In ogni modo non conviene mai di disperare e invece provare e riprovare finché un piccolo, magari uno solo, ma vero spostamento per noi accada.


lemond - 12/01/2009 alle 09:53

da "Il caso di Alessandro e Maria" Il "caso" nasce dalla ricerca di un'analisi della coscienza personale (nella coppia) e Gaber lì riprende tutte le sue idee precedenti sulla vita a due, ottenendo però non una semplice giuistapposizione, ma un prodotto nuovo che riesce a darci uno specchio nel quale si può guardare senza paura di essere guardati, scoprirsi senza essere sorpresi da alcuno, compiangersi e compiacersi delle più riposte debolezze e perfidie. In questa "piece" l'uomo e la donna stanno in rapporto, ma entrambi al singolare e l'essere ci appare così com'è: veramente brutto, o forse no, ma in ogni caso la sua forza è, al tempo stesso, la sua debolezza. L'intierezza, infatti, che è il modello che Giorgio ci ha sempre indicato, qui appare come uno strumento di tortura per l'altro/a.


lemond - 13/01/2009 alle 13:50

Conclusioni sull'intero spettacolo (prima parte) Il tessuto drammatico riesce sempre a mantenersi su un piano di assoluta tensione, se pur (anzi, in quanto) intervallato da interruzioni ironiche che portano lo spettatore a scoprire la verità dei sentimenti umani. Per vedere se quello che un individuo sente è vero o no, si deve denudare il soggetto da ogni possibile sovrastruttura ideologica, morale, religiosa e sociale e solo allora potremo accorgerci (o no) se l'uomo posssiede dentro quello che appare. Ogni persona (sono convinto) che almeno un po' recita nel mondo e, se la parte gli viene bene, può anche autoconvincersi di essere genuino "in toto". Ma non ci possiamo accontentare della simulazione e l'indagine prosegue per chiarire, appunto quanto vi sia sotto l'apparenza; sapere insomma se si è veramente capaci di qualcosa per cui valga la pena esistere.


lemond - 14/01/2009 alle 13:57

Seconda parte Il "quid" è la pulsione di un sentimento vero, limpido, spontaneo, non filtrato dall'ipocrisia sociale o dall'ignoranza (finta o vera) di se stesso. Per farlo Gaber divide il suo lavoro in sei sezioni e, con precisione manichea, distingue la parte ideale e quella più meschina di un possibile (immaginato) reale e lascia a ciascuno di noi la possibilità di identificarsi (o no) dove vuole, suggerendo altresì che è impossibile scerverare il bene dal male con esattezza e continuità. E' chiaro che non tutti i quadri possono mantenere la stessa tensione emotiva, ma l'importante è il tutto, non le singole parti. Ad es. quando all'inizio si analizza lo "stato nascente" e la delusione di non essere corrisposti (insieme al dubbio di non aver amato mai: l'alibi) non si può stare sulla scena con l'attitudine di quando si deve rappresentare il concetto di morte.


lemond - 15/01/2009 alle 13:51

Terza ed ultima parte Analogamente la scoperta della paternità non può presentare lo stesso carico emotivo di un'amicizia con la a minuscola e per di più inventata da un personaggio che *deve* avere qualcosa per cui vivere, oltre alle albe:D. Dipoi le canzoni sono un tutt'uno con le parti in prosa: ne rappresentano il sostegno, il contrappunto, il complemento e quant'altro si voglia. Ad es. l'addio di Cristina resterebbe un po' a mezz'aria senza la parte cantata, che ci invita a pensare che la solitudine altro non è che una palestra che prepara il nostro animo alla comunicazione; e "tu non ridere" serve proprio da antitesi alla asserzione che i due coiti mancati proponevano: il silenzio della coppia".


lemond - 16/01/2009 alle 14:17

"Il dio bambino" prima parte In questa "pièce" si parla di "amore" in una storia come tante, nella quale il rapporto rischia di vegetare e l'uomo ripercorre "a ritroso" il cammino per cercare, indagare e forse capire come ha vissuto e se riuscirà ad essere diverso. Ma, come in "Parlami d'amore Mariù" alla fine scoprirà che ciò che potrà salvarlo è solo una pulsione, ma che sia limpida e spontanea. L'uomo normale, pensando alla vita di coppia, si vede del tutto inadeguato, perché non sa distinguere il possesso dall'amore e , come nel titolo, è condannato a restare bambino, con tutti i sintomi dell'infanzia amorosa: gelosia, superficialità, assenza di sintonia, ma soprattutto povertà tale nel donare che anche nel coito che sembra più puro, si vede solo la faccia che lo specchio rimanda *di lui*. :mad:


lemond - 17/01/2009 alle 13:39

Il dio bambino - seconda parte Con tali premesse è fatale che tutto prenda il corso, quasi da sempre, normale: ci si allontana, si fa finta di niente, silenzi sempre più lunghi e l'unica cosa frequente sono i litigi per piccole cose. D'altra parte il lavoro impegna, i figli distraggono e un viaggio serve a qualcosa solo per gli americani :D. Tutti (o quasi) prendono coscienza, inevitabilmente, della solitudine e forse "l'ultima spes" per il riscatto dell'io è rappresentata dall'avventura: un nuovo stato nascente! Ma quando anch'essa/o ci rivela ... la nostra impotenza, allora lo spettatore può pensare ad una cosa soltanto: siamo arrivati!


lemond - 18/01/2009 alle 13:32

Tuttavia, con l'autore, ci accorgeremo che non tutte le porte sono chiuse: al termine del mondo, per fortuna, le strade sono sempre più di una e, anche in amore, prima di sotterrare un uomo ce ne vuole. :). Col tempo le turbe si attenuano e la spirale perversa [innamoramento - estasi - dubbio - delusione - dispetto - orgoglio ferito - acredine - ostilità - tradimento] smette di girare nel verso più disastroso e nella vita sentimentale c'è una pausa, una specie di quiete emotiva: il rapporto continua :D.


lemond - 19/01/2009 alle 15:12

Il dio bambino (parte quarta) Siamo privi di tutto, dobbiamo saperlo, ma è necessario seguire una strada, anche se forse è inutile, perché anche il solo tentare ci ...dal vuoto esistenziale e il passo successivo potrebbe essere migliore. La comprensione manca, così come l'attrazione e può darsi che il sentimento sia un mero simulacro dell'essenza e non fa certo più rima con cuore! :( Ma possiamo sempre sperare di crescere e quindi il dovere di chiunque penso sia quello di resistere, resistere, resistere. Non solo in politica:)


lemond - 20/01/2009 alle 14:01

Il dio bambino (quinta parte) Diventare adulti significa anche non cercare l'eccezionalità in ogni momento, riconoscere i propri limiti (individuali e di coppia), ma soprattutto avere ben chiara la divaricazione fra possesso e amore, perché solo questo stato mentale ci impedirà, forse, di ricadere nella ripetizione consueta che parte dal "coup de foudre" per arrivare all'insofferenza più totale.


lemond - 21/01/2009 alle 13:02

Il dio bambino (ultima parte) Tutto è molto difficle, perché un'analisi spietata ci fa comprendere quel che si prova davvero. Però basta poco, talvolta, per fare di un piccolo uomo un uomo vero: basta spezzare quel mostro che è rappresentato dal "bambino". Bisognerebbe, come conclude Gaber: "...abbandonare i nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili; abbandonare quell'egoismo ossessivo; abbandonare il nostro bisogno smisurato di affermazione; abbandonare l'eroismo; abbandonare persino il proprio io! Sì, abbandonare anche quell'aristocrazia intellettuale dell'individuo che consiste, quasi sempre, nel non sporcarsi con la vita. Abbandonare tutto questo per non rimanere eternamente bambini." Chi scrive non sa fare un commento migliore, come chiusura, che non sia ripreso da altri. In questo caso, mi pare, Jannacci: "Ci insegna la vita, quando parla Gaber". :)


lemond - 22/01/2009 alle 14:10

"Io se fossi dio" prima parte L'autore immagina di avere la possibilità di giudicare le cose del mondo con lo sguardo distaccato, perché se non lo può fare lui che è sempre stato critico e distante dalle regole sociali imperative ... La prima cosa che noterebbe questo occhio "teorico" è l'atteggiamento tipico dell'italiano medio o normale, quello che di norma viene chiamato "piccolo borghese" e del quale anche Monicelli e Sordi ci hanno dato un'interpretazione magistrale. Il nostro uomo si deve analizzare con attenzione, perché si muove quasi sempre "sotto traccia" e se riesce in qualche modo ad essere perverso lo fa in modo sfuggente e sempre di nascosto perché il suo credo fondamentale è: "passare inosservato".


lemond - 23/01/2009 alle 14:48

Io se fossi dio (seconda parte) Ma l'occhio esercirtato riesce a cogliere anche le piccole "marachelle" (che forse poi tanto piccole non sono): evasione fiscale, corruzione dei funzionari statali, l'assoluta noncuranza per i diritti degli altri, i peculati, gli spacciatori periferici di droga, i furti maldestri, la speculazione sui prezzi di artigiani e commercienti (l'introduzione dell'euro "docet"), i guadagni esagerati di certi professionisti [magari poi obiettori di coscienza:D], gli scioperi selvaggi o bianchi che non costano a chi li fa e a chi li subisce in maniera diretta, ma molto, forse troppo, alla società etc. Di fronte a questa massa enorme di piccoli furfanti irriconoscibili si potrebbe addirittura preferire i grandi "peccati" dei secoli passati, perché almeno offrivano il vantaggio di evidenziare il nemico e dove "sparare" se lo si voleva colpire


lemond - 24/01/2009 alle 12:58

Inoltre nei tempi antichi non si era avuto quell'appiattimento tipico del mondo attuale, il grande ancora imperava sul piccolo. Ma a questo punto l'autore deve interrompere i suoi pensieri per avvertire che si sente un po' a disagio nella parte che si è scelto, perché l'estraneità è difficilmente raggiungibile da chi (come lui) in quegli anni aveva vissuto e partecipato con passione, forse degna di miglior causa, alle alterne vicende politico-sociali. Chiusa la parentesi, mi sembra che uno dei difetti maggiori degli italiani sia il loro "manicheismo comportamentale". Che cosa esso sia cercherò di spiegarlo nella prossima puntata:).


lemond - 25/01/2009 alle 10:43

Io se fossi dio (quarta parte) E' molto raro l'uomo che affronti la vita con intierezza, la normalità è che invece ci sia una dicotomia netta fra coloro che si appoggiano al solo sentimento: i sentimentaloni tuttocuore o, al contario, chi si serve soltanto della ragione: iperazionali o superilluministi. Quindi in pochi riescono a comprendere che occorre guardare alle cose del mondo con un certo distacco, per non esserne completamente avvolti e travolti, ma servendosi altresì di tutto il nostro io, perché la complessità di quanto ci circonda lo esige.


lemond - 26/01/2009 alle 13:21

Ed è, infatti, in grado di capire meglio chi si immerge nella realtà con il gusto di provare ad amare, ed anche soffrire, piuttosto che chi si ritira in una specie di "turris eburnea" dalla quale, come un dio, guardare soltanto quanto accade. Certo è che ce ne sono pochi di uomini così, ma serve a poco piangere sulla natura umana, nella quale i molti difetti si contrappongono alla poche virtù: è così ed amen. Nulla, del pari, è servito l'avvento del cristianesimo, anzi, ha peggiorato la situazione, creando alibi "in quantità industriale" :D a chi, furbescamente era disposto ad accaprararseli:(.


lemond - 27/01/2009 alle 14:11

Io se fossi dio (sesta parte) Costui poteva tranquillamente "fregarsene" del prossimo, soprattutto di quello più vicino, perché tanto l'oTTIMO amore *teorico* che sentiva per il resto del mondo, gli avrebbe garantito la salvezza eterna; egli "prova a buon mercato" la sua voluta compassione. Per fare un esempio posso citare quello che ho letto oggi dal Corriere quale "domanda" a Sergio Romano. Caro Romano, la proposta di Fini per imporre l'uso della lingua italiana durante le cerimonie religiose e le relative prediche nelle moschee è a dir poco sconcertante: la lingua araba è considerata dai musulmani lingua sacra ad Allah, la lingua nella quale è scritto il Corano e per loro sarebbe grave blasfemia durante la loro liturgia parlare una lingua diversa. Non voglio esprimere un giudizio di condivisione di ciò, ma penso che si dovrebbe avere rispetto dell'Islam e lasciare a loro la scelta subito o in futuro di aggiornare la loro teologia che oggi è questa... In altre parole il rispetto è una forma di sentimento che non costa nulla ed uno può stare in pace con la propria coscienza *religiosa* :D


Bitossi - 27/01/2009 alle 14:27

Un po' più prosaicamente, caro Lemond, ti rendo noto che posseggo ancora il 33 giri "storico" originale di "Io se fossi Dio", e cioè quello inciso solo su una facciata e presto fatto sparire. Non ha un grande valore commerciale (ho controllato), ma sicuramente ce l'ha dal punto di vista della storia della canzone italiana...


lemond - 28/01/2009 alle 14:08

[quote][i]Originariamente inviato da Bitossi [/i] Un po' più prosaicamente, caro Lemond, ti rendo noto che posseggo ancora il 33 giri "storico" originale di "Io se fossi Dio", e cioè quello inciso solo su una facciata e presto fatto sparire. Non ha un grande valore commerciale (ho controllato), ma sicuramente ce l'ha dal punto di vista della storia della canzone italiana... [/quote] Se mi piacesse Mina, ti direi " Sei grande, grande, grande" ;) :) :D


lemond - 28/01/2009 alle 14:10

Io se fossi dio (settima parte) A questo punto è bene che l'autore precisi di non sentirsi coinvolto in questo "gran casino" che è rappresentato dal mondo piccolo borghese. Non pensa di poter arrivare mai a diventare una rotella di quell'ingranaggio sociale del tipo "usa e getta". Ma se, purtroppo, un giorno avvertisse una simile possibilità, avrebbe (essndo consapevole) sempre la possibilità di un gesto finale! Ma se ci si pensa meglio, non è facile trovare qualcosa di veramente importante per cui vivere o, anche, morire e nella storia non sono stati molti i personaggi che siano riusciti a lasciare la scena in modo degno. Mentre tanti (penso) saranno stati quelli che almeno hanno voluto provarci e non sono riusciti per viltà o altre "virtù" proprie od altrui (in quest'ultimo caso mi viene in mente, chissà perché, Beppino Englaro. :OIO


lemond - 29/01/2009 alle 14:04

Io se fossi dio (ottava parte) Chiusa la parentesi, un po' troppo lunga per la verità :), occorre parlare della richiesta di "legge ed ordine" che, secondo i telegiornali, si eleva dal popolo italiano. Intellettuali, militari, preti, madri di famiglia, studenti e soprattutto dipietristi, si associano ai fascisti nell'aderire alla sgomento di "tutti". Anche l'autore avrebbe voglia di dare bastonate "a destra e a manca" senza preoccuparsi di tante sottigliezze, pronto a giustificare la violenza con illustri esempi del passato e del presente, ma quasi subito questo impulso demagico riesce a farselo passare, perché si dice, ma chi credi di essere per imporre i tuoi "valori" a questo e quello?


lemond - 30/01/2009 alle 13:26

Io se fossi dio (nona parte) Ciascuno altrimenti potrebbe giustificare ogni cosa e, nel segno del rigore, farsi paladino del rigorismo tanto caro ai, secondo me, delinquenti peggiori (vedi la chiesa cattolica apostolica romana ed altri, secondo i propri gusti). Però a tutto non si può "passar sopra" e quando si vedono o si sentono nefandezze di ogni tipo, pare giusto, almeno, esprimere un giudizio, seppure distaccato: "Sarebbe stato bello se in quegli anni i brigatisti, invece di sparare nel mucchio, avessero colpito quella gente che avrebbe avuto tutto il "diritto" :-) di essere "sparata"! "


lemond - 31/01/2009 alle 15:02

Io se fossi dio (decima parte) Una categoria che meriterebbe di essere "presa di mira" forse sarebbe quella dei giornalisti, persone molto capaci nel *chiaro-scuro" . Nel senso di illuminare solo quello che si vuole colà dove si puote e nascondere il resto :D. E il lettore/telespettaore altro non deve dimandare :( Ogni riferimento a fatti che accadono "oggi" è puramente casuale :)


lemond - 01/02/2009 alle 14:53

Io se fossi dio (undicesima parte) Questi lavoratori, che fanno parte della "classe intellettuale", si guardano bene dall'usare l'intelletto :D e si limitano a scribacchiare, navigando nel piccolo cabotaggio, tipico dei tempi. La prima pagina serve ad es. a sfruttare i peggiori sentimenti: pietismo, immagini ufficiali, retorica, compassione come alibi, così contribuendo alla disinformazione del "popolo-bue". Si può comprendere che non si può fare a meno della stampa, ma se non si potesse sperare in una qualità migliore, forse, con tutto il rispetto dovuto alla democrazia, sarebbe bene spedire i nostri giornalisti in cassa integrazione perpetua. :)


lemond - 02/02/2009 alle 14:28

Io se fossi dio (dodicesima parte) Accanto ai giornalisti, sul banco degli imputati, è indispensabile far sedere tutta la gente di partito, perché il modo come intendono la politica questi signori è tale da farli sembrare degli imbroglioni, anziché dei reggitori della cosa pubblica. Simili personaggi, che partecipavano, ma continuano ancora, allo scempio degli interessi collettivi, secondo l'autore, hanno enormi difetti e, se pur ciascuno possiede il suo specifico, si può quasi fotografare l'archetipo del "mestierante della parola", sempre meno teso alla ricerca del giusto e del vero e più propenso invece a rincoglionire la gente, per renderla sempre più simile a se stesso:D. P.S. Al posto del mestierante, negli ultimi anni si è sostituito il dilettante della politica (che, secondo me, è molto peggio).


lemond - 03/02/2009 alle 12:46

http://it.youtube.com/watch?v=pGe2ETQHlNI&feature=related


lemond - 03/02/2009 alle 13:06

Io, se fossi dio (seconda parte) http://it.youtube.com/watch?v=lIT1P_HUbb0&NR=1


lemond - 04/02/2009 alle 15:05

Io se fossi dio (tredicesima parte) Il politico è un uomo che non si preoccupa di altro se non della sua immagine che, ad intervalli sempre meno regolari, verifica attraverso le "predenze" strappate all'ignaro popolini. Egli parla certo dei problemi del mondo, ma non li ha mai vissuti; non si preoccupa mai se quel che fa, servirà a qualcosa, l'importante è che gli esca bene dalla bocca (nel senso di credibile) ciò che dice, così da dare l'impressione del vero.


lemond - 05/02/2009 alle 14:25

Io se fossi dio (quattordicesima parte) Il vizio è talmente connaturato all'uomo di parte che anche quei pochi che vorrebbero fare altrimenti, dopo un po' si adeguano, invischiati dal comportamento di amici e compagni. Esempi particolari se ne possono trovare quanti se ne vuole, in quegli anni bastava guardare in faccia un qualunque funzionario del P.C.I. per accorgersi di quanto fossero privi di spessore personale e come l'espressione "intelligenza vivace" proprio non li riguardasse. Oggi questa situazione vale per tutti, perché ormai i "peones" sono solo marionette manovrate dal padrone.


lemond - 06/02/2009 alle 14:10

Io se fossi Dio (XV) Un altro caso tipico, secondo Gaber, era il "compagno" Marco Pannella [Poi però a voce mi disse che non la pensava più così]. Non si capisce come sia riuscito a farsi chiamare compagno, ma, visto il significato odierno che questa parola ha assunto, va bene anche per Pannella, come per qualsiasi altro individuo! :( Il Nostro è "qualunquista" come nessun altro: sfrutta ogni argomento se pensa che porterà adesioni al suo ... senza mai domandarsi quali interessi serva quel suo atteggiamento. Il compito di questo poltico, che possiede notevoli capacità istrioniche, è molto facilitato dalla stupidità della gente e dall'incertezza dei nostri tempi, ove si può applaudire tutto (insieme al suo contrario). Occuparsi di ogni cosa è facile per costui, basta interessarsi alle cose poco importanti, limitandosi a campagne pubblicitarie sui grandi princìpi che, più sono eclatanti, meno servono a spostare qualcosa. Ad es. l'arma dei referendum è usata dallo stesso solo per far parlare di sé i media, perché tanto poi ...


lemond - 07/02/2009 alle 15:58

Amici cari, quest’oggi non posso continuare ad esaminare “Io se fossi Dio”, perché quanto sta accadendo in Italia mi fa vergognare di essere nato in questo “bel paese”, perché chi lo governa (dai due lati del tevere) non mi sembra nemmeno … Ho deciso quindi di servirmi di tre pezzi di Giorgio come canovaccio per esternare, se ci riesco, le mie emozioni. Essi sono: Il cancro, Ritratto di un vecchio zio e La libertà Nell'aria come una scadenza incombe incredibilmente la malvagità più spinta. Sembra ci sia la solita aria di ipocrisia e deferenza al potere, ma invece mi pare che accada qualcosa, che non saprei ben definire, forse la parola giusta è mancanza di Stato. (A parte Napolitano) Ma quello che succede è qualcosa che ci stanno mettendo dentro senza che nessuno (o quasi) se ne accorga e ci mangia pian piano ... come un cancro. Hanno inventato un nemico molto più geniale, che non si vede, un nemico segreto e consapevole che ti viene incontro, che sussurra paroline dolci, come movimento per la vita o gli embrioni siamo noi. E ti lasciano libero di pensare, ma solo quello che Loro hanno deciso, altrimenti sei un assassino o, peggio, un laicista/comunista (dipende chi dei due si esprime) e per costoro quello che conta è il cuore che batte, ma che un corpo disfatto rappresenti un tormento insostenibile per coloro che l’ànno amato in vita, questo non lo capiranno mai e quindi nessuno può illudersi di fare diversamente. Ciò non è negoziabile. E secondo loro si vive, pur non potendo Vivere, non avendo la capacità di scegliere che è l’unica cosa (secondo me) che distingue l’uomo dal suo simulacro in sfacelo. Ma non si può ancora morire, senza che quel ghigno imbalsamato dia il proprio permesso, d’altra parte, altrimenti, quale sarebbe la funzione del presidente del consiglio? Resta un’inutile rabbia, per qualcuno terrore, senza scopo alcuno e non puoi neppure aggrapparti all’ultima azione: tu devi fallire la morte e così avrai la Loro Benedizione. È difficile vivere con questi mostri accanto. Forse è più facile vivere con i nemici visibili, riconoscibili, che ti sparano addosso dalle strade, dalle cattedrali, dalle finestre delle caserme, dai palazzi reali, dai balconi col tricolore. Nemici che in qualche modo puoi combattere, sai cosa fanno, li vedi e ... Vecchi cialtroni, prevedibili e schematici anche nella cattiveria, come le bestie bionde, come le bestie nere che ti possono uccidere, ma non toglierti le tue idee, come quegli ingenui e patetici esemplari che esistono ancora oggi, ma non contano, sono un diversivo, un fatto di folklore, una mazurka. Ma questi qui pretendono che ti inchini alle loro idee e lo fanno magari servendosi di un decreto, ma per il tuo bene :( E per la libertà del popolo :D Confronto a quello che viviamo oggi mi viene quasi da rimpiangere gli inizi del secolo scorso e mi fa quasi tenerezza il ritratto di un vecchio zio fascista un po' stupido e felice, coerente con l'immagine del duce. A ventun anni aveva già una figlia la guerra tutta sua e l'idea della ... famiglia (che in quelli che sono al governo è rimasta la stessa:). Ma l'uomo è quasi sempre meglio rispetto alla propria ideologia e infatti ricordo quella volta che piangeva e quanto stava male per sua moglie. Sorrideva accarezzando i suoi nipoti con una commozione così vera, che l’unica conclusione cui possiamo giungere è che ha sempre avuto il cuore troppo tenero e la testa troppo dura. Negli uomini politici di oggi c'è come un grosso salto di statura, infatti non hanno per niente il cuore tenero, quanto alla testa, non saprei, perché sono così obnubilati dal potere ed hanno talmente paura di perderlo che è difficile sapere se sono capaci o solo "capaci di tutto" !!! E il loro pensiero unico è negare sempre e comunque ogni libertà che non sia la loro! Ed io invece vorrei che chiunque potesse essere essere libero, libero come un uomo. Ma libertà non è star sopra un albero non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, la libertà è la possibilità di SCEGLIERE.


lemond - 08/02/2009 alle 18:05

Io, se fossi dio (XVI) Anche i compagni socialisti non sono da meno quanto ad improvvisazione, opportunismo, trasformismo, ambiguità. Essi usano lo "slogan" del progresso per restare ben fermi e solo grazie alla dilagante stupidità degli elettori riescono a far passare per nuovi, discorsi che già avevano sentito i nostri nonni e che già allora servivano a puntellare quella società! [E Giorgio non aveva ancora conosciuto quelli che ora sono nel Partito della libertà "obbligatoria" :D ]


lemond - 09/02/2009 alle 14:31

Io se fossi dio (XVII) Se poi, proprio a me fosse comandato di dare un giudizio globale, credo che già si sia capito quale sarebbe, ma, a costo di ripetermi, confermo che mi sembra davvero giunta l'ora di un totale rinnovamento di uomini e idee e fra questi "parassiti" nessuno potrebbe, a giudizio di dio, risultare innocente.


lemond - 10/02/2009 alle 15:49

liberamente tratto da Giorgio Gaber "Che bella gente" Che bella gente che ieri sera avevo di fronte ipnotizzato da uno schermo fluorescente con dei giochini tra i più cretini e il conduttore così allegro e commosso che più è imbecille, più è schifoso, più ha successo. Interrotti e surclassati però dal presidente del Senato che grida "l'àn uccisa, l'àn uccisa" il governo non ha potuto salvare una vita! Che bella gente Giuliano Ferrara e il Presidente sono capaci di cose atroci, ma son così bravi a coprire le tracce (sono gli altri che non capiscono) ma è tutto scritto nei loro gesti e nelle loro facce. Che bella gente che son costretto ad ascoltare, voglio dire gli intoccabili maestri del potere che mi raccontano con orgoglio che grazie a loro l'Italia va sempre meglio proprio loro così invischiati con dentro un'anima repellente e con in testa niente. Che bella gente. Che bella gente. Che bella gente. Che bella gente con le miserie del mondo intero che sta vivendo il suo futuro con le speranze e l'ideale di un incantesimo virtuale assaporando la poesia di un nuovo mondo pieno d'idiozia. E se fuggite in una casa in cima a un monte scegliete un posto che sia davvero disinfestante che per errore potrebbe entrare un po' di odore del presente. Che bella gente. Che bella gente.


lemond - 11/02/2009 alle 15:35

Io se fossi dio (XVIII) Chi ascolta la canzone potrebbe chiedere: "Perché Giorgio si interessa solo ad una parte della società italia, che è certamente brutta e schifosa, ma non la sola?" Ma l'autore risponde che non ha nessuna intenzione di nascondere il suo disgusto per chi uccide o si uccide, ad es. con la droga e che, se potesse veramente maledire qualcuno, i brigatisti sarebbero i primi, ma d'altra parte il fenomeno terrorismo rappresenta/va qualcosa di veramente oscuro ed è difficile per un artista (massime per Gaber che ha bisogno di parlare soprattutto di Maria) esprimersi su qualcosa che pensa di non conoscere bene. Ciao, Carlo.


lemond - 12/02/2009 alle 14:00

Io, se fossi dio (IXX) Invece è molto più facile parlare di cose che conosce (Maria appunto), perché lui è nato con lei e per lei ha sperato, combattuto, sofferto, criticato, approvato o è rimasto deluso; in altre parole: ha vissuto. Dei brigatisti, al contrario ha solo capito che la loro strategia "rivoluzionaria" è servita solo a togliere ogni legame di classe, per unire tutti nell'interclassiso sciocco della lacrima facile per i giustiziati di turno. Per costoro vorrebbe aggiungere che in effetti e purtroppo è quasi certo che abbiano influito sul modo di pensare di tutti, nel senso di rendere vano ogni tentativo di rivolta personale contro le ingiustizie e storture :OIO.


lemond - 13/02/2009 alle 15:29

Io se fossi dio (XX) Se un intellettuale può comprendere qualcosa di più, arriva molto probabilmente a concludere che gli spari e i rapimenti, gli omicidi e la gente ferita non possono essere solo frutto, come sembrano, di pazzia, e possono invece favorire il disegno di ... Ma, come detto in precedenza, di fronte alle B.R. siamo in una situazione di potenzialità intuitiva solo parziale e quindi la reazione complessiva e finale non può che essere di sgomento.


lemond - 14/02/2009 alle 14:15

Io se fossi dio (XXI) Ma questo sentimento non deve servire come alibi per ciò che si capisce per intiero ed il fatto, ad es. che la strategia delle B.R. abbia comportato l'uccisione di Aldo Moro non ci deve indurre al "pietismo" e quindi ad un falso giudizio su quel "martire". Va invece detto e ripetuto che la tragica morte non può servire a nasconderne l'opera da vivo. Egli, insieme alla D.C. tutta, porta la piena responsabilità dello sfacelo che ha condotto l'Italia per mano verso l'abisso economico (un debito pubblico ad es. che non aveva l'eguale in nessun paese avanzato al mondo). Nota mia Poi è arrivato Berlusconi e la nuova strategia vaticana e le cose, per certi aspetti, vanno ancora peggio :OIO


lemond - 15/02/2009 alle 14:41

Io se fossi dio (XXII) Bisogna avere il coraggio anche di essere denunciati per violazione dell'ex codice Rocco, ormai entrato a far parte della legislzione penale della Repubblica democratica, ma si deve dire chiaramente quello che si pensa a proposito della D.C. e dei suoi capi (morti o vivi che siano). Ma se ci si pensa meglio ogni speculazione con distacco è abbastanza oziosa, perché si può giudicare bene (in politica) solo partecipando anche emotivamente e fisicamente, mentre, chi si mette dietro una lastra di vetro non riceve l'immagine della realtà.


lemond - 16/02/2009 alle 16:30

Io se fossi dio (ultima parte) Se quindi, come ha fatto lui, si sceglie o si accetta di giudicare da fuori, tutto ciò comporta anche la premeditata rinuncia ad un impegno sociale diretto. La ricerca dovrà indirizzarsi all'analisi della coscienza personale per sperare di poter incidere in qualche modo (individuo per individuo) sull'intiero contesto della vita associata. L'occhio critico dell'artista non riesce però ad essere sicuro dei risultati di simili sforzi contro gli atti e gli uomini politici imperanti, ma di una cosa è sicuro: questo "sfogo" contro quelle facce orrende lo lascia a chi vorrà trarne giovamento ;). Ciao, Carlo


lemond - 17/02/2009 alle 16:50

"1981" Questo testo del 1981 (come dice il titolo) a me fa capire come quel che Giorgio scriveva allora, sia ancor più valido oggi. Nei giorni fra i più neri per la storia d'Italia, credo che l'uomo abbia lasciato la storia politica nel 2009. Il paradigma mi sembra sia la sconfitta di Soru per mano del CaiNano (con i suoi media) e il progetto dei cardinali e dei papi contro il testamento biologico per togliere la libertà, addirittura di scegliersi la propria morte, all'individuo, perché, come sostengono in troppi (come Stalin), il corpo appartiene allo Stato:-(. Gaber lascia sempre una speranza "Perché Dio c’è ancora Dio c’è ancora, io insisto". Io penso invece che per tanti anni ancora, dovrò soltanto rispondere, sempre con le sue parole: " Io non esisto". 1981 di Gaber - Luporini 1981 © Edizioni Curci Srl - Milano Ma la Storia lasciò l’uomo al numero 1981 e l’uomo come congelato non intravedeva il suo destino. Non era il capolinea qualcosa doveva accadere lo suggeriva una fede spontanea che non era ancora il tempo di morire. Il vecchio saggio e il bimbo appena nato guardavano la notte dove il caso è in agguato. E la notte lasciava intravedere la notte col trucco metafisico e scioccante che l’è proprio le cose che riuscivano a stupire il bimbo e il vecchio. Come ad esempio su di un cielo eterno un grattacielo illuminato di pistacchio. Il vecchio saggio e il bimbo tra le braccia della mamma di fronte a quella strana meraviglia rinnovarono il dilemma se quelle cose colorate e straordinarie sarebbero col tempo diventate se a Dio fosse piaciuto necessarie. Ma di una cosa siamo certi che i loro occhi vedevano non so se con fiducia o senza scampo quell’enorme assurdità che è il tempo. Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale. Questa volta c’era poca gente, troppo poca gente di cardinali e papi non se ne son visti del resto i tuoi ministri sono troppo effettuali a noi piaceva immaginarli un po’ più metafisici e mentali a noi che siamo i più ultimi fedeli ma a scanso di fraintesi non faccio il polemista per mestiere cerco solo di capire di capire come fa la gente a vivere contenta senza la forza vitale di una spinta di capire come fa la gente che vive senza correr dietro a niente. È vero sono un po’ anarcoide e pieno di livore ma in questo mondo troppo sazio di analisi brillanti e di torpore ci sarà pure un po’ di spazio per chi si vuole sputtanare perché piuttosto che giocare con le più acute e raffinate astuzie del cervello è meglio ricoprirsi di merda fino al collo e tirar fuori la rabbia spudorata di chi è stupido ma crede e urla il suo bisogno disperato di una fede. Perché Dio c’è ancora Dio c’è ancora, io insisto Dio c’è ancora, altrimenti non esisto. È un Dio inconsueto, che non ha niente di assoluto è un Dio che non conosce il bene e il male figuriamoci il sociale è un Dio severo che con magica ironia ci diede insieme il falso e il vero è un Dio inventato, senza altari né vangeli ma è l’unica mia spinta in questo mondo di infedeli. Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale. C’era poca gente appunto troppo poca gente e rimpiangevo le piccole sapienze che ogni trapasso lascia e poi non resta niente. E mi veniva il mente quando si credeva come dei bambini e insieme a tre ragazzi finiti male si livellava destini. Ma come fate ora a vivere e a morire senza qualcosa da inseguire ma come fate a viver tra la gente con l’anima neutrale e indifferente. È vero, si perde un po’ il pudore a riparlare di morale però mi fa un po’ schifo saltellare dal fanatismo più feroce all’abbandono più totale e praticare nei salotti la tecnica furbastra di fare a gara chi è più a destra. Confronto a questi ironici infedeli senza il minimo spessore è molto meglio la mancanza più assoluta di pudore confronto allo snobismo dei guardoni distaccati e intelligenti è molto meglio persino la retorica dei vecchi sentimenti è molto meglio l’urlo disperato di un "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente" che muore e che ha bisogno di una nuova religione. Perché Dio c’è ancora, Dio c’è ancora, io insisto Dio c’è ancora, altrimenti io non esisto. È un Dio incostante che non ha mai fermato niente è un Dio che si rincorre senza scampo è l’immagine del tempo. È un Dio un po’ strano che ci insegna la follia di ribaltare sempre il piano è un Dio ancestrale che è l’essenza del pensiero la forza naturale che mi spinge verso il vero. Signore Iddio, non so s’è irriverente o s’è normale dover ricominciare dal tuo definitivo e ricorrente funerale.


lemond - 18/02/2009 alle 16:38

Al bar Casablanca A me questa canzone sembra il ritratto del tipico "radical chic" sessantottino e dintorni. :). Il "contraltare" oggi, purtroppo, è rappresentato da leghista-forcaiolo che grida in tono ossessivo: "In galera ..." come, mi pare, Bracardi a "Quelli della notte" :( . Ciao, Carlo Fanno festa i musulmani il venerdì il sabato gli ebrei la domenica i cristiani ... e i barbieri il lunedì "Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi". (Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe) Al bar Casablanca di Gaber - Luporini 1972 © Edizioni Curci Srl - Milano Al bar Casablanca seduti all’aperto una birra gelata guardiamo le donne guardiamo la gente che va in passeggiata con aria un po’ stanca camicia slacciata in mano un maglione parliamo parliamo di proletariato di rivoluzione. Al bar Casablanca con una gauloise la nikon, gli occhiali e sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali blue jeans scoloriti la barba sporcata da un po’ di gelato parliamo, parliamo di rivoluzione di proletariato. L’importante e che l’operaio prenda coscienza. Per esempio i comitati unitari di base… guarda gli operai di Pavia e di Vigevano non hanno mica permesso che la politica sindacale realizzasse i suoi obiettivi, hanno reagito, hanno preso l’iniziativa! Non è che noi dobbiamo essere la testa deli operai. Sono loro che devono fare, loro, noi… Al bar Casablanca seduti all’aperto la nikon gli occhiali e sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali blue jeans scoloriti la barba sporcata da un po’ di gelato Parliamo, parliamo di rivoluzione, di proletariato…


lemond - 19/02/2009 alle 16:10

Gaber scopriva allora i disastri dell'ideologismo di sinistra e la mancanza invece di pulsioni sociali vere: livellare tutto, senza neanche un dio/diavolo, nel cuore! Tali termini vogliono significare, appunto, la partecipazione con tutto il proprio io, per ottenere ogni mutamento politico. In assenza si ha solo la deriva che ha portato l'Italia al Belusconismo e forse non è nemmeno finita qui, perché, come si sa, al peggio ... Però, c'è sempre la speranza che anche qui da noi arrivi uno Zapatero o un Obama, perché prima di uccidere l'uomo ... Al termine del mondo di Gaber - Luporini 1981 © Edizioni Curci Srl - Milano I vetri delle stanze hanno una forma rigida e perfetta e l'uomo è fermo alla finestra, l'uomo aspetta. Un grattacielo enorme, una mitologia nascente e l'uomo guarda in basso dove c’è la strada e non fa niente. Adagio, distrattamente, senza angoscia, né stupore fa qualche passo nel silenzio delle stanze copiando gelide e automatiche sequenze senza futuro né passato probabilmente il tempo si è fermato. E ancora lui nel semibuio tocca con le mani qualche oggetto, poi lo sposta si direbbe senza farlo apposta ma forse distrattamente pensa alla sua storia sembra quasi con sollievo il suo bilancio è positivo. Un uomo che nella vita ha sempre usato la ragione con la certezza di aver fatto tutto bene. Adesso abbassa le lussuose veneziane e aspetta il colpo di fucile della fine. Ma forse commettiamo un grosso errore quando si pensa che quell'uomo aspetta solo di morire. Quando si pensa al futuro della Storia come l'avessimo già visto o lo sapessimo a memoria quando si pensa a uno sviluppo inarrestabile e perfetto come fosse Dio e lo confesso c'ho pensato anch'io piagnucolando per come aveva già ridotto quel poco che restava ancora del soggetto. È vero c'è un momento in cui ti pare sia finito il tuo viaggio hai messo tutto a posto senza accorgerti che stai morendo che sei arrivato al capolinea al termine del mondo. Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. È vero abbiam commesso qualche errore a dir che l'uomo muore ma come Diogene, che certo non invidio quanto si faticava a riconoscer l'individuo. Un individuo che obbediva alla sua sorte ma stranamente non era ancora la sua morte e dico stranamente per quelli come me che hanno creduto troppo a Francoforte. Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. C'è sempre qualcosa che sfugge alla ragione del presente persino l'esattezza e la potenza del sistema l'abbiamo vista come un mito probabilmente esagerato. C'è sempre qualcosa che sfugge alla ragione del presente persino quel residuo di individuo chi lo può dire che d'un tratto non tiri fuori il suo carattere ancestrale di stare sempre alla finestra col fucile. C'è sempre qualcosa che sfugge alla ragione del presente persino lo sfacelo generale magari è solo un giusto ammonimento e non la fine irreversibile e totale. *Ma c'è sicuramente una ragione se un'idea fa il suo bel giro nella testa di un "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente". L'idea era quella troppo elementare che tutto si potesse livellare. L'idea era quella troppo razionale di un mondo senza un diavolo nel cuore. L'idea era quella di un mondo senza neanche un Dio: il "piccolo oggetto tondeggiante non troppo intelligente" ero io.* Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. Ma prima di ammazzare un uomo ce ne vuole mettiamoci ogni giorno alla finestra col fucile e l'ultimo bagliore che vedremo bene non sarà certo il colpo di fucile della fine.


lemond - 20/02/2009 alle 15:54

Questo testo mi sembra sia emblematico del rapporto Veltroni - D'Alema, ma ce ne saranno tanti altri che, al momento a me non vengono in mente. Algebra di Gaber - Luporini 1973 © P. A. MONOLOGO [Campanello che suona] [Gaber]: Ecco, è arrivato il Cotinelli. (1) “Come va?” (Saluto cordiale ma un po’ anonimo: non mi espongo). [Ospite]: (Mi ha chiesto come va. Avrà un significato? Meglio tenersi sulle generali). “Insomma… così. E tu?” [Gaber]: “Sto abbastanza bene, grazie”. (Voglio vedere in base a questa mia affermazione come si comporta lui. Anzi, aggiungo): “Non mi posso lamentare, io” [Ospite]: (Hai visto? Ha messo l’”io” in fondo. Non è casuale, eh? “Non mi posso lamentare, io”. Che potrebbe anche voler dire “E tu, invece?” Bisogna che mi difenda. Risposta gentile ma ambigua nell’intonazione): “Sono molto contento, contentissimo!”. [Gaber]: (Ahi, mi frega. Però potrebbe anche essere contento, non lo so. Comunque posso sapere di avere questa esperienza di lui che si articola su due punti: quando io ho detto che sto bene, lui ha pensato che io ho detto che io sto bene perché sto bene veramente - chiamiamolo “caso a” - oppure - chiamiamolo “caso b” - lui ha pensato che io sto malino, ma ho detto che sto bene. D’altra parte lui ha detto “sono contentissimo”. Devo dirgli qualcosa di stravolgente). “Anch’io!” (Sa che non sono così banale. Chissà cosa ci trova sotto, sono convinto che è in difficoltà. Vado a vedere). [Ospite]: (Senza alcun dubbio lui ha già preso in considerazione il caso a e il caso b. Comunque non posso correre il rischio di sopravvalutarlo. In questa ipotesi - che chiameremo per comodità “alfa” - avremo una serie di risposte elementari che per ora non tengo in considerazione. All’ipotesi più probabilistica di a e b devo aggiungere a2b2 e a3b3 per poter ricavare il valore della x che è la mia risposta). “ab + a2b2 + a3b3 aperta la parentesi, alfa…” [Gaber]: “No, alfa non me lo dovevi dire, eh! La tua soluzione è arbitraria e semplicistica. Casomai x = b che moltiplica a2b2 che moltiplica a3b3 fratto alfa. Vuoi un caffè?” [Ospite]: “No! Perché a2+b2, a2+ab+b2 fratto x che procede da a2+b2+x al quadrato, uguale a radice di a2+b2-ab che moltiplica alfa… vero? È chiaro…”. L’irreparabile è già accaduto. Non ci resta che dedicarci con rinnovato coraggio alla nostra salvezza personale. Note: (1) Il Cotinelli è citato nella canzone che precede il monologo (“La comune”).


lemond - 04/03/2009 alle 07:57

Ho letto su Repubblica che ci sarà nei programmi di Educazione civica, forse lo hanno fatto per celebrare il venticinquesimo anniversario di quando lo facevo io :D Ciao, Carlo Fanno festa i musulmani il venerdì il sabato gli ebrei la domenica i cristiani ... e i barbieri il lunedì "Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi". (Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe) GABER A SCUOLA Lunedì 2 marzo si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di PROGETTO GABER, iniziativa promossa dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca con Fondazione Gaber. In seguito alle simpatiche provocazioni di Enzo Iacchetti, che nel corso dell’ultima edizione del Festival di Viareggio chiedeva la presenza di Gaber nelle scuole, il Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca ha elaborato insieme alla Fondazione un progetto che porti i giovani a confrontarsi con Giorgio Gaber. La prima iniziativa sarà il concorso “Giorgio Gaber, parole per pensare”, rivolto alle scuole secondarie superiori statali e paritarie. Il Progetto prevede inoltre delle lezioni nelle scuole tenute da studiosi ed artisti in grado di arrivare al cuore dei giovani. Il primo appuntamento si è svolto lo stesso 2 marzo alle ore 11.00 al Teatro dell’Arte di Milano, dove oltre 450 studenti degli istituti secondari superiori della provincia hanno partecipato ad un incontro con il Signor G.: un percorso nella sua opera, tenuto secondo le modalità della Lezione - Spettacolo da Andrea Pedrinelli con la partecipazione straordinaria di Gioele Dix, che ha proposto una sintesi del suo recital dedicato al repertorio gaberiano, in tournée dall’estate prossima. ACCEDI ALLA SEZIONE DEDICATA Info: progettogaber@giorgiogaber.it Link: Leggi la rassegna stampa relativa al progetto


pacho - 04/03/2009 alle 11:24

eh sì, un uomo per tutte le stagioni.


UribeZubia - 29/04/2009 alle 13:41

In questi giorni in cui è tornata prepotentemente alla ribalta la questione doping mi è venuta in mente una canzone di Gaber che andrebbe benissimo cantata dai corridori. Si tratta de : L'odore :Od:


lemond - 30/04/2009 alle 16:15

[quote][i]Originariamente inviato da pacho [/i] eh sì, un uomo per tutte le stagioni. [/quote] Non capisco che c'entri Thomas More, ma forse tu volevi scrivere "Non esistono più le mezze stagioni" :D


lemond - 30/04/2009 alle 16:18

[quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] In questi giorni in cui è tornata prepotentemente alla ribalta la questione doping mi è venuta in mente una canzone di Gaber che andrebbe benissimo cantata dai corridori. Si tratta de : L'odore :Od: [/quote] Secondo me, invece, la dovrebbero cantare i dirigenti di questo sport :mad:


lemond - 09/06/2009 alle 17:14

Parlare di Gaber è fra le cose che più mi appassionano, anche se non mi sembra per niente fuori tema in una discussione sulla politica. Al riguardo, negli ultimi miei anni di insegnamento, lo proponevo come parte integrante del programma di una materia: educazione civica. In ogni modo penso (e lo sconosco dal 1971) che in tutta la sua storia ha avuto solo un intervallo nel quale, diciamo, si è ritirato fuori dal politico/sociale ed ha analizzato molto di più i sentimenti: alla fine degli anni ottanta (86-88), con lo spettacolo "Parlami d'amore Mariù". Che detto "inter nos" è quello che ho apprezzato di più.


UribeZubia - 09/06/2009 alle 17:23

Il Gaber che ho apprezzato di piu' è quello di [b]Anche per oggi non si vola[/b] e [b]Liberta'obbligatoria[/b]. Per questioni di eta' non ho seguito direttamente il periodo di [b]Far finta di essere sani[/b], ma ho poi recuperato ascoltandolo e riascoltandolo. :)


lemond - 09/06/2009 alle 17:31

[quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] Il Gaber che ho apprezzato di piu' è quello di [b]Anche per oggi non si vola[/b] e [b]Liberta'obbligatoria[/b]. Per questioni di eta' non ho seguito direttamente il periodo di [b]Far finta di essere sani[/b], ma ho poi recuperato ascoltandolo e riascoltandolo. :) [/quote] A scanso di equivoci, io li ho apprezzati tutti e visti (sempre tutti) più di una volta. Quando veniva a Firenze o Prato (a Empoli no perché faceva un solo spettacolo) facevo l'abbonamento orizzontale, cioè andavo almeno tre volte: uno con la scuola, uno con gli amici e l'ultimo con la moglie. :)


UribeZubia - 09/06/2009 alle 17:33

[quote][i]Originariamente inviato da lemond [/i] [quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] Il Gaber che ho apprezzato di piu' è quello di [b]Anche per oggi non si vola[/b] e [b]Liberta'obbligatoria[/b]. Per questioni di eta' non ho seguito direttamente il periodo di [b]Far finta di essere sani[/b], ma ho poi recuperato ascoltandolo e riascoltandolo. :) [/quote] A scanso di equivoci, io li ho apprezzati tutti e visti (sempre tutti) più di una volta. Quando veniva a Firenze o Prato (a Empoli no perché faceva un solo spettacolo) facevo l'abbonamento orizzontale, cioè andavo almeno tre volte: uno con la scuola, uno con gli amici e l'ultimo con la moglie. :) [/quote] A scanso di quali equivoci ?


desmoblu - 09/06/2009 alle 18:07

Riprendo dal thread sulla politica: l'ultimo Gaber non mi convince. Opinione personale, badate bene. Il fatto è che qualche decennio prima cantva cose ben diverse, poi la Colli (che sarebbe diventata forzaitaliota convinta, addirittura senatrice), e il chiedersi 'cos'è la destra cos'è la sinistra' (come se non ci fosse differenza, siamo nel 1994).. insomma, mi suona tanto come di 'pancia piena'. Esattamente- lo dirò scandalizzando/deludendo/irritando- l'ultimo De André, ricco in jeans e mocassini..ben distante dalla Canzone del Maggio o dal Bombarolo. Insomma, non è- per dirla con Gaetano- che 'partono incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri'.. però forse la pancetta stempera un po' la fame (fisica e non). Niente di male (o di troppo male), ma non facciamone eroe, duri e puri, santi incorruttibili. (Non credo né agli eroi né ai santi, nel mio piccolo). Saluti :)


UribeZubia - 09/06/2009 alle 18:20

[quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] Riprendo dal thread sulla politica: l'ultimo Gaber non mi convince. Opinione personale, badate bene. Il fatto è che qualche decennio prima cantva cose ben diverse, poi la Colli (che sarebbe diventata forzaitaliota convinta, addirittura senatrice), e il chiedersi 'cos'è la destra cos'è la sinistra' (come se non ci fosse differenza, siamo nel 1994).. insomma, mi suona tanto come di 'pancia piena'. Esattamente- lo dirò scandalizzando/deludendo/irritando- l'ultimo De André, ricco in jeans e mocassini..ben distante dalla Canzone del Maggio o dal Bombarolo. Insomma, non è- per dirla con Gaetano- che 'partono incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri'.. però forse la pancetta stempera un po' la fame (fisica e non). Niente di male (o di troppo male), ma non facciamone eroe, duri e puri, santi incorruttibili. (Non credo né agli eroi né ai santi, nel mio piccolo). Saluti :) [/quote] Condivido pienamente quello che dici. Aggiungo che ho trovato inoltre falsa e ipocrita la beatificazione che ne hanno fatto le televisioni (in particolar modo quella del Nostro) :Od:. Credo che se avesse potuto lo stesso signor G. li avrebbe presi a calci nel sedere. Vorrei aggiungere una cosa anche se OT. Quando è morto Pierangelo Bertoli (grande uomo e grande poeta anche lui), le TV ne hanno dato a mala pena la notizia. :yes:


Zanarkelly - 09/06/2009 alle 18:32

[quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] Esattamente- lo dirò scandalizzando/deludendo/irritando- l'ultimo De André, ricco in jeans e mocassini..ben distante dalla Canzone del Maggio o dal Bombarolo. [/quote] Eh no! non toccarmi De Andrè! :D No, a parte gli scherzi, forse tu intendi che entrambi hanno perso, invecchiando, la vervè e la grinta di quando erano giovani; probabilmente è vero, ma non credo sia tanto questione di pancia piena, quanto di cambiamento di prospettive, di maturità, quello che chiamano l'invecchiamento. Vorrei vedere chi è rimasto tale e quale a quando aveva vent'anni. In compenso, "invecchiando", sia Gaber che Faber hanno forse tralasciato alcuni temi della giovinezza, anche se solo ad una visione superficiale, per addentrarsi dentro terreni che erano più adatti alla loro nuova prospettiva. Per inciso: entrambi ci sono riusciti alla grande e sono stati fermati dall'"invecchiamento" quando avrebbero potuto dare ancora tantissimo all'arte. "Anime Salve" per esempio è, secondo me, in assoluto il migliore dei lavori di De Andrè: una forza ed una poesia che hanno superato tutti i precedenti. Ah... se fosse ancora vivo. Mi manca tanto.


lemond - 10/06/2009 alle 07:24

[quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] [quote][i]Originariamente inviato da lemond [/i] [quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] Il Gaber che ho apprezzato di piu' è quello di [b]Anche per oggi non si vola[/b] e [b]Liberta'obbligatoria[/b]. Per questioni di eta' non ho seguito direttamente il periodo di [b]Far finta di essere sani[/b], ma ho poi recuperato ascoltandolo e riascoltandolo. :) [/quote] A scanso di equivoci, io li ho apprezzati tutti e visti (sempre tutti) più di una volta. Quando veniva a Firenze o Prato (a Empoli no perché faceva un solo spettacolo) facevo l'abbonamento orizzontale, cioè andavo almeno tre volte: uno con la scuola, uno con gli amici e l'ultimo con la moglie. :) [/quote] A scanso di quali equivoci ? [/quote] Che potesse essere sembrato, avendo privelegiato proprio quello che esce dagli schemi politici/sociali, fossi poco interessato a questi ultimi.


lemond - 10/06/2009 alle 07:40

[quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] Riprendo dal thread sulla politica: l'ultimo Gaber non mi convince. Opinione personale, badate bene. Il fatto è che qualche decennio prima cantava cose ben diverse, poi la Colli (che sarebbe diventata forzaitaliota convinta, addirittura senatrice), e il chiedersi 'cos'è la destra cos'è la sinistra' (come se non ci fosse differenza, siamo nel 1994).. insomma, mi suona tanto come di 'pancia piena'. (Non credo né agli eroi né ai santi, nel mio piccolo). Saluti :) [/quote] Io invece ci credo eccome ad entrambe le categorie: la prima composta da pochissimi personaggi che nella loro vita sono riusciti a tenere un comportamento lineare e non sono *mai* venuti a patti con la propria coscienza. Nella seconda ce ne sono tanti e fra questi i peggiori criminali della storia. Per Giorgio poi, semmai il discorso sulla pancia, si dovrebbe ribaltare. Ha cominciato come "star televisisa del sabato sera" ed è finito come, sono parole sue "filosofo ignorante". :cincin: Ma veniamo all'argomento e ditemi in quale anno sono state scritte? Al bar Casablanca (Ovvero, che cos'è la sinistra?) di Gaber - Luporini Al bar Casablanca seduti all’aperto una birra gelata guardiamo le donne guardiamo la gente che va in passeggiata con aria un po’ stanca camicia slacciata in mano un maglione parliamo parliamo di proletariato di rivoluzione. Al bar Casablanca con una gauloise la nikon, gli occhiali e sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali blue jeans scoloriti la barba sporcata da un po’ di gelato parliamo, parliamo di rivoluzione di proletariato. L’importante e che l’operaio prenda coscienza. Per esempio i comitati unitari di base… guarda gli operai di Pavia e di Vigevano non hanno mica permesso che la politica sindacale realizzasse i suoi obiettivi, hanno reagito, hanno preso l’iniziativa! Non è che noi dobbiamo essere la testa deli operai. Sono loro che devono fare, loro, noi… Al bar Casablanca seduti all’aperto la nikon gli occhiali e sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali blue jeans scoloriti la barba sporcata da un po’ di gelato Parliamo, parliamo di rivoluzione, di proletariato… Non insegnate ai bambini di Gaber - Luporini Non insegnate ai bambini non insegnate la vostra morale è così stanca e malata potrebbe far male forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza. Non elogiate il pensiero che è sempre più raro non indicate per loro una via conosciuta ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo. Non insegnate ai bambini non divulgate illusioni sociali non gli riempite il futuro di vecchi ideali l'unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Non esaltate il talento che è sempre più spento non li avviate al bel canto, al teatro alla danza ma se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente stategli sempre vicini date fiducia all'amore il resto è niente. Giro giro tondo cambia il mondo. Giro giro tondo cambia il mondo.


lemond - 10/06/2009 alle 07:54

[quote][i]Originariamente inviato da UribeZubia [/i] [quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] [/quote] Condivido pienamente quello che dici. Aggiungo che ho trovato inoltre falsa e ipocrita la beatificazione che ne hanno fatto le televisioni (in particolar modo quella del Nostro) :Od:. Credo che se avesse potuto lo stesso signor G. li avrebbe presi a calci nel sedere. Vorrei aggiungere una cosa anche se OT. Quando è morto Pierangelo Bertoli (grande uomo e grande poeta anche lui), le TV ne hanno dato a mala pena la notizia. :yes: [/quote] Se conosci veramente Gaber non puoi condividere :D, mentre il resto è molto giusto, ma aumenta lo spessore di Giorgio. Anche su Bertoli sono d'accordo, ma se si parla di TV, allora vi dico che io questo strumento lo uso solo per vedere film e qualche sport, perché, per il resto, per me ha la credibilità, per dirla con Giorgio, di un tostapane :Od: Pierangelo crede che in certi momenti ... Anna che hai scavalcato le montagne e hai preso a pugni le tue tradizioni lo so che non è facile il tuo giorno ma il tuo pensiero è fatto di ragioni i padri han biasimato la tua azione la chiesa ti ha bollato d'eresia i cambiamento impone la rezione e adesso sei il nemico e così sia Credo che in certi momenti il cervello non sa più pensare e corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono non credo alla vita pacifica non credo al perdono Adesso quando i medici di turno rifiuteranno di esserti d'aiuto perchè venne un polacco ad insegnargli che è più cristiano imporsi col rifiuto pretenderanno che tu torni indietro e ti costringeranno a partorire per poi chiamarlo figlio della colpa e tu una Maddalena da pentire Credo che in certi momenti il cervello non sa più pensare e corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono non credo alla vita pacifica non credo al perdono Volevo dedicarti quattro righe per quanto può valere una canzone credo che tu abbia fatto qualche cosa anche se questa è solo un'opinione che lascerà il tuo segno nella vita e i poveri bigotti reazionari dovranno fare senza peccatrici saranno senza scopi umanitari Credo che in certi momenti il cervello non sa più pensare e corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono non credo alla vita pacifica non credo al perdono Credo che in certi momenti il cervello non sa più pensare e corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono non credo alla vita pacifica non credo al perdono P.S. Ma che si deve stare attenti agli "O.T." anche nelle discussioni già "O.T." ? :?


lemond - 10/06/2009 alle 07:59

[quote][i]Originariamente inviato da Zanarkelly [/i] [quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] Esattamente- lo dirò scandalizzando/deludendo/irritando- l'ultimo De André, ricco in jeans e mocassini..ben distante dalla Canzone del Maggio o dal Bombarolo. [/quote] Eh no! non toccarmi De Andrè! :D No, a parte gli scherzi, forse tu intendi che entrambi hanno perso, invecchiando, la vervè e la grinta di quando erano giovani; probabilmente è vero, ma non credo sia tanto questione di pancia piena, quanto di cambiamento di prospettive, di maturità, quello che chiamano l'invecchiamento. Vorrei vedere chi è rimasto tale e quale a quando aveva vent'anni. In compenso, "invecchiando", sia Gaber che Faber hanno forse tralasciato alcuni temi della giovinezza, anche se solo ad una visione superficiale, per addentrarsi dentro terreni che erano più adatti alla loro nuova prospettiva. Per inciso: entrambi ci sono riusciti alla grande e sono stati fermati dall'"invecchiamento" quando avrebbero potuto dare ancora tantissimo all'arte. "Anime Salve" per esempio è, secondo me, in assoluto il migliore dei lavori di De Andrè: una forza ed una poesia che hanno superato tutti i precedenti. Ah... se fosse ancora vivo. Mi manca tanto. [/quote] Condivido del tutto quanto scrivi, a parte che a me manca molto di più Giorgio (che era più di un poeta) :cincin: P.S. Se fossi Admin, per riconoscenza del tuo notevole spessore, ti riterrei degno di mantenere per sempre il livello attuale (perché altrimenti non potrai che peggiorare :D )


desmoblu - 10/06/2009 alle 08:12

Il significato della mia frase, come avrai capito, è che per me non ha senso rivestire di una qualsiasi [i]auctoritas[/i] un'altra persona, sia santo (occhio, li si può intendere anche in senso laico e per niente religioso) sia eroe. Posso ammirare la coerenza di una persona, ma se mi affidassi a questa o modificassi le mie idee in base a questa [persona, ndr] sarei io il primo degli incoerenti e il primo dei deboli. Per questo raramente faccio citazioni, se non 'leggere'. Su Gaber e De André confermo quello che ho scritto, potrai dirmi che forse ho ascoltato poco (o ascoltato meno) gli ultimi album.. e ti dirò che tutto sommato hai ragione. Forse per pregiudizio, ma non credo. Sull'"evoluzione"... è strano che tutti diventino filosofi e poeti, con l'età, e finiscano per staccarsi un pochino dalla società. Niente di male, in fondo a me piacciono sia i filosofi che i poeti, mi piacciono anche quelli che si spingono al di là della realtà o che interpretano tutto su una base personale e soggettiva (forse a volte è l'unica cosa che ha senso davvero: in ogni caso, meglio un Catullo di un Virgilio), però mi piace quando PARTONO così.. meno quando DIVENTANO così con tasche e pancia piene: in questo caso mi suona come di ripiego. Forse più facile. Del resto, per dirla con Brecht, 'un uomo è un uomo', non ha senso e non è giusto crederlo un dio o pretenderlo perfetto. Ed è proprio questo che dico: secondo me Gaber e Faber hanno fatto i loro errori, ed è PIÙ CHE NORMALE, l'unica cosa secondo me sbagliata è traformarli in miti assoluti, oracoli per tutte le stagioni, bocche della verità. Ah, ovviamente anche questa citazione era leggera: il vero significato di 'mann ist mann' è completamente diverso. Bella pièce, tra l'altro. Saluti :) ps: Mauro/Stress.. tranquillo: l'ho detto che era un'opinione personale senza voler offendere nessuno. Come a te può piacere G. Testa e non piacere Guccini, o Finardi, o Branduardi, chissà. pps: con l'età davvero molti diventano 'filosofi', a volte santoni, guru, chissà. Addirittura celentano e califano.. è tutto dire ;)

 

[Modificato il 10/06/2009 alle 08:21 by desmoblu]


Bitossi - 10/06/2009 alle 09:13

Ragà, ma voi alle coincidenze ci credete? Stavo leggendo questa discussione, mentre le finestre del mio ufficio sono aperte sul Parco Lambro. Ebbene, credo stiano organizzando una qualche manifestazione, e si sentono prove di diffusione dagli altoparlanti. Dopo qualche secondo ho realizzato che, mentre leggevo di Gaber, nell'aria si sentiva: "Lasciateci aprire le finestre, lasciateci alle cose veramente nostre e fateci pregustare l’insolita letizia di stare per almeno dieci anni senza una notizia..." ("C'è un'aria" - 1993) Ganzo, no? ;)


lemond - 10/06/2009 alle 09:29

[quote][i]Originariamente inviato da desmoblu [/i] Il significato della mia frase, come avrai capito, è che per me non ha senso rivestire di una qualsiasi [i]auctoritas[/i] un'altra persona, sia santo (occhio, li si può intendere anche in senso laico e per niente religioso) sia eroe. [b]Non ha senso (sono d'accordo) "a priori", ma se si analizza "l'opera omnia" se ne può trarre un giudizio. Se poi lo vogliamo chiamare eroe o santo o ... è solo una questione terminologica, però per chiarezza continuerei a chiamare *santi* i criminali, senza allargarne troppo il senso. :Od: Per restare al significato delle parole *laico* vuol dire soltanto che appartiene al popolo e non al clero, quindi mi sembra che sia più appropriato *laicista* [/b] Posso ammirare la coerenza di una persona, ma se mi affidassi a questa o modificassi le mie idee in base a questa [persona, ndr] sarei io il primo degli incoerenti e il primo dei deboli. [b]Tutt'affatto d'accordo [/b] Per questo raramente faccio citazioni, se non 'leggere'. [b]Fare citazioni invece a me pare un modo per sottolineare non "in toto", ma "uti singuli" e quindi ... [/b] Su Gaber e De André confermo quello che ho scritto, potrai dirmi che forse ho ascoltato poco (o ascoltato meno) gli ultimi album.. [b]No, ti dico, invece, che non hai studiato i primi spettacoli (non album, perché lui non era un cantautore) [/b] Sull'"evoluzione"... è strano che tutti diventino filosofi e poeti, con l'età, e finiscano per staccarsi un pochino dalla società. Niente di male, in fondo a me piacciono sia i filosofi che i poeti, mi piacciono anche quelli che si spingono al di là della realtà o che interpretano tutto su una base personale e soggettiva (forse a volte è l'unica cosa che ha senso davvero: in ogni caso, meglio un Catullo di un Virgilio), però mi piace quando PARTONO così.. meno quando DIVENTANO così con tasche e pancia piene: in questo caso mi suona come di ripiego. Forse più facile. Del resto, per dirla con Brecht, 'un uomo è un uomo', non ha senso e non è giusto crederlo un dio o pretenderlo perfetto. Ed è proprio questo che dico: secondo me Gaber e Faber hanno fatto i loro errori, ed è PIÙ CHE NORMALE, l'unica cosa secondo me sbagliata è traformarli in miti assoluti, oracoli per tutte le stagioni, bocche della verità. [b]Bello quanto scrivi, però bisogna anche provarlo (testi alla mano), altrimenti si rischia di diventare "clienti del "Bar Casablanca" :Od:[/b] [/quote]


lemond - 02/08/2009 alle 13:34

Curzio Maltese "Far finta di essere Giorgio" da Rebubblica del 25 luglio 2009 Non esiste personaggio più lontano dall'Italia di oggi di Giorgio Gaber. Per tutta la vita ha parlato ad una generazione, la sua, quella del '68, che si è persa o rinnegata per strada. Alla fine di sessantottino impenitente c'era rimasto solo lui. Non c'è opera più inattuale, perfino nella forma. Il teatro canzone è scomparso con Giorgio. Per la verità, stanno chiudendo pure i teatri e basta. Non c'è Milano più lontana dalla Milano di oggi di quella dove Gaber è nato e ha lavorato, ma forse vale per tutta l'Italia. Quanti secoli sono passati dagli anni settanta? Eppure basta prendere una sua canzone degli anni settanta, ma davvero una a caso ed ecco la magia. Giorgio Gaber è qui e ci parla di adesso, commenta con inarrivabile ironia le notizie del giornale di stamattina. Lo vedi quasi materializzarsi sul palco, con le pause, i monologhi, le risate, i racconti surreali che sgorgano in canto. All'epoca le sue poesie erano diventate inni di battaglia. In ogni frase si cercava un riferimento a questo o quel personaggio, questo o quel fatto della politica. Ma un ventenne di oggi può pensare che "Si può" sia una satira del berlusconismo e "Libertà è partecipazione" una critica ai dirigenti del centrosinistra. Non c'è nessuno più attuale di Gaber. Alla prima edizione del festivalGaber ci si aspettava un pubblico di cinquanta-sessantenni nostalgici: arrivarono frotte di ragazzi. Perché se c'è una cosa che invecchia rapidamente è la retorica e lui non ne ha mai fatta: era libero. Quando tutti i colleghi facevano i comunisti, criticava il Pci. Quando tutti hanno cambiato musica, lui ha scritto il più struggente elogio del comunismo italiano (Qualcuno era comunista). Così per tutto il resto. Oggi sono tanti a far finta di essere Gaber. Far finta di essere liberi, anarchici, anticonformisti è diventata una tecnica di marketing. I finti Gaber cambiano idea ogni anno per adeguarsi all'anticonformismo della stagione. Quello vero ha cambiato idea e vita una volta sola, quando ha mollato una carriera televisiva di enorme successo, per lanciarsi all'avventura nei teatri con il grande Sergio Luporini. Quelli si credono eroi e cercano seguaci, lui si credeva una persona e vedeva nel pubblico un amico con cui discutere alla pari di società, sentimenti, vita. E siccome il pubblico non è stupido, prima o poi se ne accorge e torna al Gaber vero.


lemond - 09/10/2009 alle 15:52

Io non temo Berlusconi in sé, ma temo molto Berlusconi in me :mad:


Morris - 11/10/2009 alle 20:43

Caro Carlo, a proposito di Gaber, mi piacerebbe conoscere la tua opinione su quanto scrissi su di lui nel 2004. Il ritratto, che pubblicai in un libro del medesimo anno, “Segnali di fumo”, lo scelsi come apertura di questo thread: http://www.cicloweb.it/forum/viewthread.php?tid=3546 Ciao! ;)


lemond - 12/10/2009 alle 08:30

Oggi è il terzo anniversario della scomparsa di un artista, semisconosciuto ai più giovani e sottostimato dai più attempati, Giorgio Gaber. A lui dedicai un ricordo che ho pubblicato su "Segnali di fumo" e che allego in calce. …..Quasi un anno fa, un personaggio che pure ha pesato sui miei passi quotidiani moriva: Giorgio Gaber. In una raccolta di sensazioni, pensieri ed emozioni, vissute e testimoniate in modi sì diversi, non poteva mancare il ricordo di questo grande…. IL MIO TRIBUTO AD UNO CHE MI HA DATO SENZA SAPERLO [b] >Siamo d'accordo anche su Giorgio, che piacere da parte mia condividere pure questa passione ;)[/b] Con Giorgio Gaber se ne va un artista completo, dalla comunicativa tanto graffiante quanto acuta, testimoniata col sorriso ed il garbo di uno che porta consigli e spera di riceverne altri.[b] >Hai proprio colto nel segno, perché tutte le volte che andavamo (mia moglie ed io) in camerino, ci chiedeva subito che ci sembrava di quella serata. Una persona grande e perciò necessariamente modesta.[/b] Un uomo che ha saputo ricercare una sua via originale, restando diverso ed anarchico in un mondo sempre pronto a presentarti “canti di sirena”, sabotaggi, dolorosa indifferenza e accattivanti richiami ai lustrini del danaro coi suoi siamesi egoismi. Cantante, attore, musicista, poeta e pure filosofo, con la tinta ben impressa di un politico sopraffino troppo intelligente e profondo per diventarlo davvero. Un intellettuale vero, quasi un moderno Socrate che ha trovato la sua cicuta prima ancora dell’inesorabile malattia, nell’infernale timore o vera e propria paura che incuteva in chi doveva esaltarne l’originale messaggio, o quei perché che sono il prodromo ispiratore di chi è realmente una mente. [b] >E che poi si sono rivelati suoi ammiratori dopo la morte, perché chiunque può far dirgli ... :mad:[/b] Caro Giorgio, il tuo sguardo triste, uscito da due occhi che brillavano anche quando non sorridevi, tracciato e nascosto nella smorfia che il tuo nasone indicava contorcendosi, era lo specchio del tuo interno navigare. Era il megafono della crescente tristezza verso quell’uomo e quella società che vedevi sempre più lontani ed impercettibili al tuo credo altrettanto crescente e, per questo, ti sentivi avvinghiato ed avvolto negli interrogativi. Ti ponevi domande infinite per testimoniare un disagio che andava raccolto e che presentavi sempre più soffocante per timore di essere tu a vedere male. Eri un grande che non si leggeva, non si sentiva, non si vedeva, ma c’eri come i concetti che trasparivano dal chiasma della tua arte. [b] >Per i grandi numeri hai ragione, ma i teatri erano sempre pieni e lo so io i "salti mortali" che ho dovuto sempre fare per acquistare i biglietti ;)[/b] Quante volte la tua sottile ironia, presentata nelle vesti di personaggi così comuni da passare per semplici uomini da bar che interpretavi con dovizia nella sublimazione delle note e dei gesti, ci indicava il dovere di essere uomini e donne e non ergastolani dell’ignavia. Quante volte il tuo messaggio arrivava al nostro terreno possibile, presentandosi come il pensiero di una meditazione costante per capire dove c’è il falso e dove il concreto. [b] >diobono, come hai centrato in pieno il suo messaggio di fondo. :clap:[/b] Quante volte, Giorgio, m’è capitato di pensarti come un patrimonio possibile di quella sinistra che era tua prateria, ma che non hai mai potuto percorrere per il latente ostracismo dei suoi miopi e minimi profeti e per la diffidenza che di converso cresceva in te. Come posso non ricordare quella volta che ti volevo a tutti i costi ad una manifestazione ai margini di quelle “feste-baraccone” che sono state le Feste de l’Unità, perché avresti potuto donare luce a quel grigiore penoso che circolava attorno a quei palinsesti. Lottai, Giorgio, lottai contro quelli che allora erano colleghi, con l’oratoria migliore del mio possesso e le argomentazioni che sapevo superiori, ma predicai nel deserto. Era troppo forte, per loro, la paura di te, del tuo essere intellettuale ben diverso dalle tanto presenti insignificanti “parrucchette” con cattedra universitaria coi quali “flirteggiavano” quotidianamente, perdendo i sensi della realtà e disimparando a parlare con la gente. Andammo persino ai voti, a quei tempi così rari, e rimasi solo contro undici. Ovviamente tutto questo avvenne ben prima di un possibile contatto con te, ma quella sconfitta mi fu utile nel capire che dovevo andarmene da quel rogo senza fiamme esteriori. [b] >:OIO[/b] Caro Giorgio, come posso non ricordare il tuo lungo monologo sull’essere comunisti di una decina d’anni fa e quella conclusione: “E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo”. Era il segno di un’ellisse interiore che tanti di noi han vissuto, fra l’immanente sentire lo spirito muoversi verso la liberta e l’amica anarchia, ed i dilemmi di un insuccesso che ti trasportava supino verso l’ogni giorno. Ci hai lasciato un solco, Giorgio, invisibile perché troppo vero, che sentiremo presente quando la tragica realtà di dover vivere in un mondo non più nostro, ci lascerà sprazzi di respiro. E quando ci muoveremo verso i sentieri cupi di una società dove si sono confuse le sostanze, riecheggerà in noi la tua gestualità mentre recitavi nei monologhi un condensato di filosofia, sociologia e psicologia rese meno pungenti da quell’intrinseca ironia che accarezzava la poesia che t’accompagnava. Era il tuo modo di rifiutare il dramma di quella vita, che era nata in noi per essere dolce ed intensa, divenuta grigia e lugubre dall’umana perdita di quel buon senso, tanto paladino nel tuo pensiero. Andremo, Giorgio, col nostro cammino verso il punto del nulla di un mondo che capiremo sempre meno e che ameremo sempre meno, proprio gli echi delle tue ultime parole, ma fino a quando il lenzuolo nero che vuole coprirci, ci lascerà il tempo di far qualcosa, sapremo che stan nascendo dei signor “G” e la luce di una lucciola ci donerà un salutare sorriso. [b] >Giorgio era un po' meno pessimista di te, lasciava sempre il posto alla speranza: "Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. Ma prima di ammazzare un uomo ce ne vuole mettiamoci ogni giorno alla finestra col fucile e l'ultimo bagliore che vedremo bene non sarà certo il colpo di fucile della fine." [/b]


Morris - 12/10/2009 alle 10:49

[quote][i]Originariamente inviato da lemond [/i] >Giorgio era un po' meno pessimista di te, lasciava sempre il posto alla speranza: "Ma al termine del mondo per fortuna le strade sono sempre più di una. Ma prima di ammazzare un uomo ce ne vuole mettiamoci ogni giorno alla finestra col fucile e l'ultimo bagliore che vedremo bene non sarà certo il colpo di fucile della fine." [/b] [/quote] Già! ...Ogni anno è peggio, ci si invecchia e come le foglie perdendo linfa ci si accartoccia su se stessi. Il filone di una vita vede spegnersi la luce per le ombre che accompagnano il generatore esterno e per l’anziano autoctono che si muove sull’arcobaleno nella china dell’ellisse. Si nasce e si muore verso una dimensione che sfugge negli idiomi per l’intima convinzione che il bene non si possa coltivare con l’imposizione ma come supremo volere del nostro ramingare l’oceano dei sentimenti ed il pietoso incenso di chi pensa si possan copiarne le tipologie come fossero copioni da recitare. E tutto ci passa sotto gli occhi, senza che il grido crei un fremito nel nostro cammino verso quel punto lontano a volte vissuto come se ci fossimo dentro ma senza percepirne dimensioni. Le foglie hanno a genesi una radice noi non sappiamo spiegare la dolente mandibola senza prima aver composto la determinazione di quel fatuo valore su cui siamo nati morti: il danaro. E come un sogno sorto contorto per un’indigestione continuiamo a morire percorrendo un segmento segnato ad ogni centimetro da un cartello su cui ognuno legge l’incitamento ad andare più forte. Dove, non si sa. Prima bisogna guardare e palpare il portafogli. Schizzi di meditazioni e pessimismi che si muovono verso le fonti d’una ragione a cui hanno squarciato le volontà e le speranze…. C’entra poco con Gaber, forse, ma qui nessuno verrà a reclamare. Ed intanto ti ringrazio per l’ennesima volta. :cincin:


lemond - 12/10/2009 alle 11:14

[quote][i]Originariamente inviato da Morris [/i] C’entra poco con Gaber, forse, ma qui nessuno verrà a reclamare. Ed intanto ti ringrazio per l’ennesima volta. :cincin: [/quote] Guarda che sono io che devo ringraziarti e la poesia (perché non si può chiamare altrimenti) mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. :clap: P.S. Per i moderatori, con Gaber c'entra tutto, perché nel suo "modesto" pensiero si è alla continua ricerca dell'uomo in tutte le sue sfaccettature ed io, ad esempio, negli ultimi due anni di insegnamento di Educazione Civica, commentavo i suoi spettacoli. :cincin:


lemond - 12/10/2009 alle 11:22

Cancel 58 scrisse il 6/01/2006 Ascoltai dal vivo Giorgio Gaber al Teatro Margherita di Genova , all'inizio degli anni 70. Fu, quella, una tournee memorabile: nella prima parte dello spettacolo, infatti, si esibiva Gaber e, nella seconda, nientepopodimeno che... Mina! Pur essendo un ragazzo,le sue canzoni mi piacquero molto e, a distanza di molti anni, ricordo ancora quel concerto. Pensate che conservo ancora il 45 giri originale della canzone con la quale partecipò al Festival di Sanremo del 67:"E allora dai"(sul retro, "la libertà di ridere"). Sulla copertina scrissi il prezzo del disco:750 lire! Non ci sono più le lire, nè il Teatro Margherita, ed anche Giorgio se ne è andato troppo presto [b]Era il 7 febbraio 1971, una domenica dove a Genova c'erano stati tumulti, perché davanti al teatro Margherita c'era un grande schieramento di polizia e mia moglie ed io (in viaggio di nozze) siamo andati a vedere per la prima volta il grande Giorgio (a lei interessava anche Mina). Da allora non ho più perso un suo spettacolo. ;) P.S. Non mi pare, però, di averti visto :D [/b]


cancel58 - 13/10/2009 alle 06:33

[quote][i]Originariamente inviato da lemond [/i] P.S. Non mi pare, però, di averti visto :D [/b] [/quote] Forse perchè eri andato di sera:D. Io andai allo spettacolo del pomeriggio ....;)Nonostante siano passati tanti anni quel concerto me lo ricordo bene . Di gaber ricordo - tra le altre- " la Chiesa si rinnova" . Mina aveva una minigonna notevole .... Che combinazione, caro lemond!


lemond - 15/12/2009 alle 08:55

E' uscito in questi giorni l'annuale DVD che percorre il penultimo (l'ultimo intiero) decennio della sua vita. Davvero struggente (secondo me) l'ultima parte del secondo disco, quando era già colpito dalla malattia, ma era forse, più di sempre, capace di dare emozioni a chi volesse provarle. Chi fosse interessato al disco, può farmelo sapere. :cincin:


lemond - 09/03/2010 alle 15:20

Conoscendo Giorgio, che è sempre stato *credente in altro, rispetto al *lassù*, mi permetto di chiosare la metafora del titolo :mad: All'Olimpico Neri Marcoré è 'Un certo Signor G' e Gaber da lassù, convinto, applaude. da radicali.it di Lucio De Angelis Fino al 14 marzo a Roma è di nuovo in scena all'Olimpico 'Un certo signor G' dall'opera di Giorgio Gaber e Sandro Luporini con Neri Marcorè. La precedente edizione aveva visto l'attore interpretare questo spettacolo con un timore quasi reverenziale, data la notorietà dell'opera, mentre oggi l'ha fatta propria, offrendone una pregevole performance. Alla domanda: "Un gusto per le cose di buon gusto, il tuo?" oggi risponde "Sì. Non ho mai rinunciato a scegliere, anche quando la mancanza di popolarità e di possibilità economiche mi rendevano la vita piuttosto difficile professionalmente. Scelte severe che continuo a fare, senza sforzo, anche adesso che potrei forse permettermi di azzardare. Ma non fa per me. Devo amare progetti e compagni di lavoro, devo crederci". Ed anche quella di riproporre questo "Un certo signor G" dal celebre "il Signor G" di Giorgio Gaber e Sandro Leporini, indimenticabile successo del 1970, è una scelta di questo tipo. Lo spettacolo è l'occasione per rileggere, rivisitare, reinterpretare l'opera di Gaber, fatta dall'attore marchigiano a più di 40 anni di distanza, con mano libera e pudica, accostandosi ad un personaggio, ad uno stile, ai contenuti e ai linguaggi di un artista geniale ed innovatore, sempre autonomo e fedele a se stesso. Questo 'Signor G' è un'esplorazione nel beffardo, paradossale, buffonesco mondo di questa maschera di uomo comune che si interroga, comicamente impotente, sul senso della propria vita, sempre sfiorata dal pericolo dell'imbecillità e del qualunquismo. Per questo Marcoré si ispira, riproponendole e rimontandole, alle prime esperienze teatrali di Gaber, quelle del Signor G appunto, ma anche quelle di "Dialogo tra un impegnato e un non so", "Far finta di essere sani", "Anche per oggi non si vola" (siamo tra il 1970 e il 1974), rifacendosi anche stilisticamente alle forme del 'teatro canzone', invenzione gaberiana continuamente perfezionata nel corso di vari spettacoli, geniale intreccio di monologhi e melologhi, musica e canzoni. Neri é il signor G quarant'anni dopo; solo sul palcoscenico, accompagnato da due pianiste dal sincronismo perfetto, Gloria Clemente e Vicky Schaetzinger, a riscoprire quest'opera da considerare un'invenzione senza tempo di scadenza, un classico moderno, che tra ironia, malinconia, istanze civili e comico paradosso si interroga sui destini dell'uomo moderno, in bilico tra utopia, impotenza, razzismo, amore, consumismo, paura e sogno. Un individuo che rischia di perdere i pezzi e che soffre, ci dice Gaber, dei mali più comuni e alla moda: nevrosi acuta, condizionamento totale, visione delle cose vicino allo zero: una persona normale insomma, che, però, ha fatto della coerenza la sua bandiera senza nascondere le sue contraddizioni e le sue debolezze. Tra una riflessione e l'altra l'attore non recita bene soltanto, nove monologhi, ma canta anche meglio per la prima volta in teatro 13 canzoni, tra cui "Io non mi sento italiano", pubblicata postuma. Marcoré racconta che lo spettacolo ha avuto una lunga gestazione. "Dalia Gaberscik, venuta a sapere del mio amore per Gaber, mi chiese di partecipare al festival dedicato a suo padre che si svolge a Viareggio ogni anno. Forse è stato quest'antefatto a portare a "Un certo signor G". Qualche mese dopo, infatti, il regista Giorgio Gallione, con cui avevo da poco messo in scena "La lunga notte del dottor Galvan" di Daniel Pennac, mi ha proposto questa sfida ardua e affascinante, coi favori della stessa Dalia e di Paolo Dal Bon, presidente della Fondazione Gaber". Le canzoni di UN CERTO SIGNOR G Prima ricorrenza: il signor G nasce - da Il signor G 1970 L'ingranaggio - da Dialogo tra un impegnato e un non so, 1972 C'è un'aria - da Il Teatro Canzone '93, 1993 L'odore - da Anche per oggi non si vola, 1974 La nave - da Far finta di essere sani, 1973 Il narciso - da Anche per oggi non si vola, 1974 Quando sarò capace d'amare - da E pensare che c'era il pensiero, 1994 Il dilemma - da Anni affollati, 1980 Si può - da Libertà obbligatoria, 1976 Io non mi sento italiano - dal disco Io non mi sento italiano, 2003 Quello che perde i pezzi - da Far finta di essere sani, 1973 Se ci fosse un uomo - da Gaber 1999/2000, 2000 Teatro Olimpico di Roma Periodo: fino al 14 marzo 2010 Teatro dell'Archivolto in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber Un certo signor G dall'opera di Giorgio Gaber e Sandro Luporini con Neri Marcorè al pianoforte Silvia Cucchi e Vicky Schaetzinger elaborazione musicale Paolo Silvestri scene e costumi Guido Fiorato luci Aldo Mantovani regia Giorgio Gallione assistente alla regia Giovanni Badino assistente scene e costumi Lorenza Gioberti direttore di scena Fabrizio De Sanctis fonico Rinaldo Compagnone elettricista Maurizio Macioce


lemond - 27/07/2010 alle 08:53

http://www.youtube.com/watch?v=tMzSRbf2uic&feature=related ... "unicuique suum" I soli sono individui strani con il gusto di sentirsi soli fuori dagli schemi non si sa bene cosa sono forse ribelli forse disertori nella follia di oggi i soli sono i nuovi pionieri. I soli e le sole non hanno ideologie a parte una strana avversione per il numero due senza nessuna appartenenza, senza pretesti o velleità sociali senza nessuno a casa a frizionarli con unguenti coniugali. Ai soli non si addice l'intimità della famiglia magari solo un po' d'amore quando ne hanno voglia un attimo di smarrimento, un improvviso senso d'allegria allenarsi a sorridere per nascondere la fatica soli, vivere da soli soli, uomini e donne soli. I soli si annusano tra loro sono così bravi a crearsi intorno un senso di mistero sono gli Humphrey Bogart dell'amore sono gli ambulanti son gli dèi del caso i soli sono gli eroi del nuovo mondo coraggioso. I soli e le sole ormai sono tanti con quell'aria un po' da saggi, un po' da adolescenti a volte pieni di energia a volte tristi, fragili e depressi i soli c’han l'orgoglio di bastare a se stessi. Ai soli non si addice il quieto vivere sereno qualche volta è una scelta qualche volta un po' meno aver bisogno di qualcuno, cercare un po' di compagnia e poi vivere in due e scoprire che siamo tutti soli, vivere da soli soli, uomini e donne soli. La solitudine non è malinconia un uomo solo è sempre in buona compagnia.