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Autore: Oggetto: Giorgio Gaber

Livello Greg Lemond
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  postato il 29/12/2008 alle 09:38
In occasione dell’uscita del terzo DVD sull’attività del (secondo me) più grande artista italiano del ventesimo secolo, vorrei esprimere qualche pensiero.

Parlami d’amore Mariù

Introduzione (noi e sentimenti)

Giorgio parla in questo spettacolo, con gran trasporto ed emozione, di una “cosa” (la parola è sua, perché amore ad es. è troppo astratta) che riguarda il mondo intiero e quindi ciascuno dentro se stesso, e va oltre il proprio pensiero. Giorgio, dicevo, vorrebbe chiamarlo *cosa*, chi altrimenti, ma ad ogni modo si tratta di ciò che caratterizza la specie umana: sentimenti.
Se ad essa si togliesse questo impeto che quasi sempre ci governa non se se ci potessimo dire ancora persone vive, oppure gente che aspetta solo di morire. (Nella serie televisiva di culto “Star Trek” sono stati ipotizzati i vulcaniani, “alieni” in grado di sopprimere completamente, a livello conscio, le pulsioni di qualsiasi genere, ma il risultato …)
Gaber cerca di distinguere se quel che l’uomo sente è vero oppur meschino e per far ciò, prova a spogliarlo da quanto si presenta mascherato: ogni persona “recita” nel mondo e se la parte riesce, l’uomo crede (e forse è anche vero) di essere genuino. L’importante è approfondire quello che l’apparenza cela e chiarire a noi stessi se siamo ancora (e sempre) capaci di qualcosa o invece il nulla è l’unica speranza che rimane al genere umano. Forse la speranza è, appunto, una Pulsione.

P.S.

A chi vuole e mi spedisce il proprio indirizzo, gli posso far avere, con piacere, il DVD relativo agli anni ottanta (uscito quest’anno)


 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 30/12/2008 alle 09:17
Addirittura padre



La paternità è un sentimento piuttosto sconosciuto ai più (se ne parla poco e sempre in sott’ordine all’altro conclamato da tutti e, credo, anche con ragione). Forse il motivo è che è difficile da esprimere ed anzi, e prima ancora, da comprendere.

In verità quello che si solito avviene è la mancanza di comunione, e quindi di commozione, che lega il padre al figlio appena nato. Non vale essere bravi o pravi, ribelli o integrati, dementi, superiori o qualunquisti, quell’esserino in culla ci dice poco o niente. Sembra un criceto, un micio o meglio … un uccello e chi riesce a comunicare, forse ci vorrebbe Alfred Hitchcock .

Solo fastidi può portare seco: la presenza vibrante nella notte, sopportare l’orda dei parenti o, male minore, eseguire alla lettera le indicazioni che la mamma lascia nelle assenze. Riassumendo si può dir soltanto che ogni tipo di idiozia fa da contorno “a tutto tondo” all’infante “monstrum” .

Ma ecco, all’improvviso … il bimbo piange, si calma … ma torna a singhiozzare via via, sempre più forte !!!

La scena ormai è diversa: calda, emozionante, ecco l’attore che si trasfigura e davanti a lui appare la conoscenza, ma non con la ragione, finalmente sa di essere padre, ma solo e soltanto, grazie al … Sentimento.

L’incontro con il figlio è avvenuto con il contatto corporale: aiutarlo a vomitare e solo cos', allora la paternità, quella vera, dispiega tutta la sua valenza e importanza. Basterà anche quell’ “unica” volta, simile esperienza a marchiare la vita di quell’uomo che prima era ben lungi dal pensare di essere *Padre*.

Egli ha compreso il dialogo d’amore, e si stupisce di come sia così facile imparare e se come accade, Hitchcock non dà un finale sicuro, così quel giorno non c'è la certezza della nascita di un padre ideale, ma la paura che era dentro di lui in quel momento promette che la speranza non sia pura illusione e se dovessimo rispondere noi alla domanda che ci pone il vivere, potremmo provarci senza temerarietà: l’importante è che quel momento ci sia stato!

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 31/12/2008 alle 12:31
Da "Parlami d'amore Mariù" - La gente è di più

Ognuno di noi vuol sapere e indaga, approfondisce, analizza qualsiasi risvolto razionale intorno ai rapporti che legano la famiglia nelle varie generazioni. Infanzia, adolescenza, essere adulti, e la vecchiaia, che fa intravedere la morte, sono al centro dell'indagine.
Ma forse non abbiamo capito che quanto sotteso è ben è più importante e potremmo benissimo fare a meno di ... se soltanto sapessimo ascoltare quello abbiamo dentro per gli altri. "Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore il resto è niente."
Con una simile sicurezza, sapremmo tutto di ogni generazione: le grandi e piccole differenze, ma che importa conoscere chi non siamo, se ogni momento è ben vivo che insieme agli altri, noi tutti possiamo ...
La gente possiede questa enorme forza in più e, basta che voglia, un giorno potrà usarla e se non sempre, talvolta almeno.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 01/01/2009 alle 12:09
Da "Parlami d'amore Mariù" - Falso contatto

L'amore è una parola che "si trova sulla bocca di tutti", ma il concetto non credo sia molto chiaro, perché mi sembra che ognuno ne viva una dimensione un po' diversa. Ma ci sarà un modo per conoscerlo per quel che è, perché un sentimento così importante non è normale che non possa essere definito. Secondo me è più facile rappresentarlo secondo il negativo: quello che non è ad es. "falso contatto". Ma questa canzone mi/ci spinge anche alla ricerca dell'ideale e allora ...
Posso dire quello che non dovrebbe mancare mai: la sintonia che appare la prima e forse l'unica essenza che distingue A. da a.
Confondere l'altro con se stesso, non separare mai ciò che ci riguarda, da quanto ci prende solo "di ritorno". Il calcolo non è conforme ad essa/o e i bilanci mai han da esser fatti!
Giusto, direbbe il culture del romanticismo, ma tutto questo appare spesso? O invece tante e tante volte avviene che una nota stonata si diffonda? L'ideale insomma (come si ascolta) è distante miglia e miglia e i soggetti agiscono da soli, pur stando insieme e il sentimento non è che un simulacro di quello che anche loro vorrebbero, un puro asservimento di quest'uomo e questa donna a quello che domanda ... chi?
Ed allora noi, da fuori, possiamo affermare che il coito è mancato non per impotenza sessuale [il viagra non sarebbe servito ], ma per mancanza di vita vissuta dai personaggi ... in quel momento almeno.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 02/01/2009 alle 08:08
Da "Parlami d'amore Mariù" - Soli

Che cosa conosciamo di quelle persone che, per scelta o per ... vivono così? E' certamente gente molto strana, né più, né meno di chi fa parte di una coppia (se si cerca di guardarli per quel che sono). La società impone ai soli una parte precisa, ma talvolta, più degli altri, riescono a stupire se riescono a stare in bilico fra improvvisazione e errore. Non si sa se sia *peggio* o *migliore* l'aggettivo che più compete loro e la domanda resterà tale, perché non sempre sol è uguale a solo. C'è chi decide in proprio, chi per martirio, c'è gente allegra e triste, ha paura oppur trae vanto da quell'alone di mistero che lui *da solo* emana.
Ma prima di finire il nostro assunto, conviene un po' ripetere il già detto, sapendo che resterà pur sempre enorme confusione: il solo è solo anche se ha altri accanto! Però non è da disperare, secondo Giorgio, perché se non si accetta la bassezza umana, la solitudine ci appare una palestra, indispensabile e sovrana, per imparare, partendo da se stessi, a comunicare con gli altri senza mai l'intenzione di usar costoro.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 03/01/2009 alle 14:44
Da "Parlami d'amore Mariù" - E tu non ridere

Ma l'amore no, l'amore non può essere illusione per tutti noi, perché se si perdesse la speranza di avere un giorno simile esperienza, resterebbe comunque il sogno a mantener viva ogni aspettativa.
Quando una sera di maggio ci par d'incontrare colei che ... ecco che l'ideale "si fa vita" e alla felicità conviene abbandonarsi. E il nostro voler filosofare non deve schernire ciò che altra parte di noi pur sente.
Il mondo è bello per le sensazioni meravigliose che talvolta abbiamo in noi e se non sappiamo definirle, che importa.
Certo che il sogno per sua natura è lieve e poi ... lascia il posto a qualcos'altro: al nulla. Ma anche un tal niente, seco si porta i sentimenti accanto: pace, abbandono, atarassia, ma anche ciò che ci confonde oppure inganna. Ma, ripeto, non importa perché la conoscenza non sempre si congiunge all'esistenza e sarebbe impossibile scegliere davanti all'immagine in uno specchio. E allora non credo sia vile la scelta che non è tale, ma è quella che facciamo, perché ne siam convinti e con ragione: per noi il dubbio è sempre e ancora vita.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 04/01/2009 alle 13:33
Da "Parlami d'amore Mariù" - L'insolito commiato del signor Augusto (prima parte)
Chi non ha mai visto questo "pezzo", credo si sia perso una delle più grandi "pièce de théâtre" di sempre.

L'uomo è solo, di fronte alla morte non ha nessuno e la scelta del signor Augusto non è poi così strana, anzi sembra proprio che della fine abbia ben capito il filo ed anche la trama. Quando vediamo apparire la parca, la sola padrona, insieme a lei, è l'impotenza e stare insieme può servire a chi resta e al suo amor proprio, non certo ad aiutare chi sa che se ne va da solo! Parlare o vedere gente intorno, anche coloro che in vita hai voluto e cercato, non conta molto in questo caso orribile. Unica eccezione, mi sembra, si possa vedere nel film "Invasioni barbariche".

La falsa coscienza dei parenti sarebbe salva, ma non vi sarebbe nulla di più e allora proviamo ad accettare un amico più giovane e più ... altro, perché, forse, chi sai poter essere più distaccato potrebbe aiutarti un po' nel tuo distacco. Ma anche questa è solo una falsa speranza, perché di pietra resta chi lì entra. La paura, il gelo ed altri diaframmi separano chiunque da chi è fuori dal mondo come lo percepiamo noi. Combattere con gli altri appare vano, perché quando costei arriva e la vediamo, tutto si ferma e massime il calore umano, che dentro di noi scorreva. Rimane invece la rabbia, il disperato affanno per quel che si voleva e non si può e l'unica cosa che ci appare chiara è la comprensione di essere ben poca cosa in quel momento in cui "tutto" avviene.




 

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  postato il 05/01/2009 alle 14:04
Da "Parlami d'amore Mariù" - L'insolito commiato del signor Augusto

(seconda parte)

Ma capire non basta a chi sta accanto: vorremmo essere e non siamo. L'altro fugge lontano e lo vediamo, soltanto e solo, andar via; non è più possibile il contatto fra i due spiriti, una volta amici, nessuna unione, al massimo il cinico cercare di trarre forza dall'ultimo respiro.

Augusto è l'archetipo che scopre quei sentimenti che noi, da sempre, ricerchiamo, ma non posiamo capire con la ragione: l'indecifrabile, l'indefinibile o forse no, cosa risaputa e vecchia che da sempre esiste, ma rimane indifferente ad ogni voglia e pulsione umana. Ma la morte è poi così diversa dall'uomo che si adopra e da tutta la sua vita? Secondo me il dolore, l'angoscia, la disperazione, insieme al desiderio di capire non sono le essenze principali dell'uomo, perché in lui prevalgono tutt'altri miti: uno per tutti il successo.

E quindi l'uomo non riesce a concepire e neppure a ricordar la morte (siamo bravi solo ad esorcizzarla) preoccupandosi invece di plasmare la propria storia ed il suo ego; alla fine dovrà, però, pagare il "giusto" e salato prezzo, perché la trista bagascia non è, per lui, parte della vita, o almeno così non l'à mai concepita.




 

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  postato il 06/01/2009 alle 13:24
Da "Parlami d'amore Mariù" - L'uomo che sto seguendo

L'essere mediocre (a me viene in mente come esempio illuminante Pippo Baudo) non è capace di grossi sentimenti, la meschinità è il suo valore primario. Peccato, perché basterebbe così poco per far di un piccolo e meschino cugnino delle scimmie, un uomo: un sentimento vero, anche uno solo, almeno qualche volta volta, che ci faccia scoprire la realtà, sì, ma in modo affatto diverso.
Ma forse la pulsione nell'uomo che si sta cercando (seguendo) può anche esistere e l'armatura che ha intorno e che lo ricopre fino a farlo diventare quello di cui sopra, non è ... e forse si può spezzare.
Basterebbe, ma non è certo facile, gettar la maschera e presentarsi al mondo "a viso aperto"!
Non ci rimane che sperarlo tutti quanti, perché quell'uomo infin ci rappresenta.
"Homo sum, nihil humani a me alienum puto"

 

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  postato il 07/01/2009 alle 14:21
Da "Parlami d'amore Mariù" - Cortesie per gli ospiti

Ovvero, l'amicizia: questa sconosciuta.

Lasciamoci così, senza rancore appare difficile in questo mondo, ma ancora più impervia appare la strada che ci porta a trovare e conservare l'amico. Ad es. colui che potrebbe adoperarsi per consolare un coppia che si sta dissolvendo. Magari l'amico si adopera e può anche darsi che il suo intervento abbia qualche rilevanza, ma l'amicizia, quella vera, molto spesso si vede in lontananza.
Solo se esistesse quel legame che ognuno crede di avere in se stesso, ma non ritrova se lo cerca ..., potremmo non sentirci mai soli.
Nell'attesa dobbiamo contentarci di altro, perché sappiamo che ogni nostra idea può disegnare la più perfetta incomprensione e quel disegno non è poi così chiaro a chi lo guarda con diversa luce.
La realtà non è certo unica, così come i più nobili sentimenti possono durare molto poco, ma, seppur l'amicizia è poca, forse l'alba, se abbiamo fiducia, ce la fare vedere in una luce un po' meno fioca.

 

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  postato il 08/01/2009 alle 13:24
Da "Parlami d'amore Mariù" - Isteria amica mia"

Meglio un piccolo sentimento che niente

Ma noi come facciamo a discettar su tutto quello che nel nostro intimo proviamo? Certo sarebbe bello possedere sentimenti belli e grandi, ma chi ci può assicurare che sia così? E se invece non rimanesse niente delle nostre pulsioni cosi pure?

E allora, tutto sommato, può essere meglio accontentarsi anche di un seme, un qualcosa anche piccolo, che può generare... Addirittura è forse meglio essere "isterici" che avere il vuoto dentro, perché nel secondo caso ci limiteremmo a vegetare [Eluana "ante litteram" ]

 

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  postato il 09/01/2009 alle 15:00
Da "Parlami d'amore Mariù" - Piccoli spostamenti del cuore

Innamoramento, delusione e dubbio.

Innamorarsi non è cosa usuale ed anzi questo stato è così particolare che, a chi lo prova, quasi non sembra di vivere nel reale. Il peso non esiste o meglio non si sente, perché quello che lui/lei avvertono è ciò che di sublime sussiste in loro. Si unisce con le nubi, se alza un dito e ritrova quella fantasia che aveva lasciato da bambino. Non è neppure necessario stare insieme, quando la sintonia lo pervade in tal misura: respiro, idee, certezze riempiono quell'anima ... diciamo gemellata.
Ma quando si guarda da diversa luce, ad esempio un no dell'altra (parte), ecco che tutto cambia ed il castello etereo si fa di pietra.
Sommo e incorporeo non sono tali e tutto quanto riacquista il proprio peso ed ogni senzazione ha forma diversa, se pur l'intorno è uguale.
Nulla rimane al suo posto, perché il "cuore ha subìto un piccolo spostamento". La delusione, questo sentimento così sincero ed anche tanto vero, lo avvolge dentro e l'incertezza appare a chi, fino allora, era sicuro di amare.
La risposta non spetta certo a Giorgio dare, perchè lo stato che nasce e poi, forse, si estingue è quanto di più personale ci sia al mondo: qualcuno crederà d'esser perdente, altri invece penseranno comunque ad una nuova vittoria e ... infine quelli che credono, per ogni cosa, che il dubbio è l'unica certeza della nostra storia.

 

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  postato il 10/01/2009 alle 14:42
Da "Parlami d'amore Mariù" - L'alibi (prima parte)

Essere o no, sapere o non sapere

Ma l'uomo riesce ad avvertire quando un sentimento, magari all'improvviso, lo sconvolge? Costui vuol veramente capire oppure il vivere gli basta come tale? Per taluni l'importante è una maschera (Pirandello docet) che permetta di apparire a lor guisa e consenta di non essere scoperti, miseri come sono. Una maschera che si possa comandare e che magari, trasformi il divenire. Un'espressione, un cipiglio od un sorriso talmente aperto che non lasci dubbi a chi non guarda con mente più che acuta. Quello che conta è ciò che dimostra a chi gli sta vicino!
L'uomo che sto immaginando quasi mai si lascia andare per scoprire sensazioni le più vere, perché altra cosa appare imperativa: lasciare un segno, non importa quale.

 

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  postato il 11/01/2009 alle 14:17
Da "Parlami d'amore Mariù" - L'alibi (seconda parte)

Essere o no, sapere o non sapere

Molto importante sarebbe che, almeno fossimo consci di quel che facciamo. Anche la carità (con la c minuscola), grande invenzione dei cattolici nostrani, si rivela in fondo niente altro che una buona scusa a chi non cerca altro: va bene sono incapace di amare chi conosco da sempre, però mi muovo e commuovo sempre per quelli che stanno molto lontano da me . Che importa se non li conosco, l'importante che il mio obolo lo dia. Ma certo, è molto meglio, perché quelli si contentano di un segno, mentre gli altri, inopportuni, vorrebbero che tu parlassi loro e che l'agire con il sentire fosse conforme.
In ogni modo non conviene mai di disperare e invece provare e riprovare finché un piccolo, magari uno solo, ma vero spostamento per noi accada.

 

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  postato il 12/01/2009 alle 09:53
da "Il caso di Alessandro e Maria"

Il "caso" nasce dalla ricerca di un'analisi della coscienza personale (nella coppia) e Gaber lì riprende tutte le sue idee precedenti sulla vita a due, ottenendo però non una semplice giuistapposizione, ma un prodotto nuovo che riesce a darci uno specchio nel quale si può guardare senza paura di essere guardati, scoprirsi senza essere sorpresi da alcuno, compiangersi e compiacersi delle più riposte debolezze e perfidie. In questa "piece" l'uomo e la donna stanno in rapporto, ma entrambi al singolare e l'essere ci appare così com'è: veramente brutto, o forse no, ma in ogni caso la sua forza è, al tempo stesso, la sua debolezza. L'intierezza, infatti, che è il modello che Giorgio ci ha sempre indicato, qui appare come uno strumento di tortura per l'altro/a.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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Livello Greg Lemond
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  postato il 13/01/2009 alle 13:50
Conclusioni sull'intero spettacolo (prima parte)

Il tessuto drammatico riesce sempre a mantenersi su un piano di assoluta tensione, se pur (anzi, in quanto) intervallato da interruzioni ironiche che portano lo spettatore a scoprire la verità dei sentimenti umani. Per vedere se quello che un individuo sente è vero o no, si deve denudare il soggetto da ogni possibile sovrastruttura ideologica, morale, religiosa e sociale e solo allora potremo accorgerci (o no) se l'uomo posssiede dentro quello che appare. Ogni persona (sono convinto) che almeno un po' recita nel mondo e, se la parte gli viene bene, può anche autoconvincersi di essere genuino "in toto". Ma non ci possiamo accontentare della simulazione e l'indagine prosegue per chiarire, appunto quanto vi sia sotto l'apparenza; sapere insomma se si è veramente capaci di qualcosa per cui valga la pena esistere.

 

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  postato il 14/01/2009 alle 13:57
Seconda parte

Il "quid" è la pulsione di un sentimento vero, limpido, spontaneo, non filtrato dall'ipocrisia sociale o dall'ignoranza (finta o vera) di se stesso.
Per farlo Gaber divide il suo lavoro in sei sezioni e, con precisione manichea, distingue la parte ideale e quella più meschina di un possibile (immaginato) reale e lascia a ciascuno di noi la possibilità di identificarsi (o no) dove vuole, suggerendo altresì che è impossibile scerverare il bene dal male con esattezza e continuità. E' chiaro che non tutti i quadri possono mantenere la stessa tensione emotiva, ma l'importante è il tutto, non le singole parti. Ad es. quando all'inizio si analizza lo "stato nascente" e la delusione di non essere corrisposti (insieme al dubbio di non aver amato mai: l'alibi) non si può stare sulla scena con l'attitudine di quando si deve rappresentare il concetto di morte.

 

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  postato il 15/01/2009 alle 13:51
Terza ed ultima parte

Analogamente la scoperta della paternità non può presentare lo stesso carico emotivo di un'amicizia con la a minuscola e per di più inventata da un personaggio che *deve* avere qualcosa per cui vivere, oltre alle albe. Dipoi le canzoni sono un tutt'uno con le parti in prosa: ne rappresentano il sostegno, il contrappunto, il complemento e quant'altro si voglia. Ad es. l'addio di Cristina resterebbe un po' a mezz'aria senza la parte cantata, che ci invita a pensare che la solitudine altro non è che una palestra che prepara il nostro animo alla comunicazione; e "tu non ridere" serve proprio da antitesi alla asserzione che i due coiti mancati proponevano: il silenzio della coppia".

 

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  postato il 16/01/2009 alle 14:17
"Il dio bambino" prima parte

In questa "pièce" si parla di "amore" in una storia come tante, nella quale il rapporto rischia di vegetare e l'uomo ripercorre "a ritroso" il cammino per cercare, indagare e forse capire come ha vissuto e se riuscirà ad essere diverso. Ma, come in "Parlami d'amore Mariù" alla fine scoprirà che ciò che potrà salvarlo è solo una pulsione, ma che sia limpida e spontanea.
L'uomo normale, pensando alla vita di coppia, si vede del tutto inadeguato, perché non sa distinguere il possesso dall'amore e , come nel titolo, è condannato a restare bambino, con tutti i sintomi dell'infanzia amorosa: gelosia, superficialità, assenza di sintonia, ma soprattutto povertà tale nel donare che anche nel coito che sembra più puro, si vede solo la faccia che lo specchio rimanda *di lui*.

 

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  postato il 17/01/2009 alle 13:39
Il dio bambino - seconda parte

Con tali premesse è fatale che tutto prenda il corso, quasi da sempre, normale: ci si allontana, si fa finta di niente, silenzi sempre più lunghi e l'unica cosa frequente sono i litigi per piccole cose. D'altra parte il lavoro impegna, i figli distraggono e un viaggio serve a qualcosa solo per gli americani .
Tutti (o quasi) prendono coscienza, inevitabilmente, della solitudine e forse "l'ultima spes" per il riscatto dell'io è rappresentata dall'avventura: un nuovo stato nascente! Ma quando anch'essa/o ci rivela ... la nostra impotenza, allora lo spettatore può pensare ad una cosa soltanto: siamo arrivati!

 

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  postato il 18/01/2009 alle 13:32
Tuttavia, con l'autore, ci accorgeremo che non tutte le porte sono chiuse: al termine del mondo, per fortuna, le strade sono sempre più di una e, anche in amore, prima di sotterrare un uomo ce ne vuole. . Col tempo le turbe si attenuano e la spirale perversa [innamoramento - estasi - dubbio - delusione - dispetto - orgoglio ferito - acredine - ostilità - tradimento] smette di girare nel verso più disastroso e nella vita sentimentale c'è una pausa, una specie di quiete emotiva: il rapporto continua .

 

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  postato il 19/01/2009 alle 15:12
Il dio bambino (parte quarta)

Siamo privi di tutto, dobbiamo saperlo, ma è necessario seguire una strada, anche se forse è inutile, perché anche il solo tentare ci ...dal vuoto esistenziale e il passo successivo potrebbe essere migliore. La comprensione manca, così come l'attrazione e può darsi che il sentimento sia un mero simulacro dell'essenza e non fa certo più rima con cuore!

Ma possiamo sempre sperare di crescere e quindi il dovere di chiunque penso sia quello di resistere, resistere, resistere. Non solo in politica

 

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  postato il 20/01/2009 alle 14:01
Il dio bambino (quinta parte)

Diventare adulti significa anche non cercare l'eccezionalità in ogni momento, riconoscere i propri limiti (individuali e di coppia), ma soprattutto avere ben chiara la divaricazione fra possesso e amore, perché solo questo stato mentale ci impedirà, forse, di ricadere nella ripetizione consueta che parte dal "coup de foudre" per arrivare all'insofferenza più totale.

 

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  postato il 21/01/2009 alle 13:02
Il dio bambino (ultima parte)

Tutto è molto difficle, perché un'analisi spietata ci fa comprendere quel che si prova davvero. Però basta poco, talvolta, per fare di un piccolo uomo un uomo vero: basta spezzare quel mostro che è rappresentato dal "bambino".
Bisognerebbe, come conclude Gaber: "...abbandonare i nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili; abbandonare quell'egoismo ossessivo; abbandonare il nostro bisogno smisurato di affermazione; abbandonare l'eroismo; abbandonare persino il proprio io!
Sì, abbandonare anche quell'aristocrazia intellettuale dell'individuo che consiste, quasi sempre, nel non sporcarsi con la vita.
Abbandonare tutto questo per non rimanere eternamente bambini."
Chi scrive non sa fare un commento migliore, come chiusura, che non sia ripreso da altri. In questo caso, mi pare, Jannacci: "Ci insegna la vita, quando parla Gaber".

 

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  postato il 22/01/2009 alle 14:10
"Io se fossi dio" prima parte

L'autore immagina di avere la possibilità di giudicare le cose del mondo con lo sguardo distaccato, perché se non lo può fare lui che è sempre stato critico e distante dalle regole sociali imperative ...
La prima cosa che noterebbe questo occhio "teorico" è l'atteggiamento tipico dell'italiano medio o normale, quello che di norma viene chiamato "piccolo borghese" e del quale anche Monicelli e Sordi ci hanno dato un'interpretazione magistrale.
Il nostro uomo si deve analizzare con attenzione, perché si muove quasi sempre "sotto traccia" e se riesce in qualche modo ad essere perverso lo fa in modo sfuggente e sempre di nascosto perché il suo credo fondamentale è: "passare inosservato".

 

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  postato il 23/01/2009 alle 14:48
Io se fossi dio (seconda parte)

Ma l'occhio esercirtato riesce a cogliere anche le piccole "marachelle" (che forse poi tanto piccole non sono): evasione fiscale, corruzione dei funzionari statali, l'assoluta noncuranza per i diritti degli altri, i peculati, gli spacciatori periferici di droga, i furti maldestri, la speculazione sui prezzi di artigiani e commercienti (l'introduzione dell'euro "docet"), i guadagni esagerati di certi professionisti [magari poi obiettori di coscienza], gli scioperi selvaggi o bianchi che non costano a chi li fa e a chi li subisce in maniera diretta, ma molto, forse troppo, alla società etc.
Di fronte a questa massa enorme di piccoli furfanti irriconoscibili si potrebbe addirittura preferire i grandi "peccati" dei secoli passati, perché almeno offrivano il vantaggio di evidenziare il nemico e dove "sparare" se lo si voleva colpire

 

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  postato il 24/01/2009 alle 12:58
Inoltre nei tempi antichi non si era avuto quell'appiattimento tipico del mondo attuale, il grande ancora imperava sul piccolo.
Ma a questo punto l'autore deve interrompere i suoi pensieri per avvertire che si sente un po' a disagio nella parte che si è scelto, perché l'estraneità è difficilmente raggiungibile da chi (come lui) in quegli anni aveva vissuto e partecipato con passione, forse degna di miglior causa, alle alterne vicende politico-sociali.
Chiusa la parentesi, mi sembra che uno dei difetti maggiori degli italiani sia il loro "manicheismo comportamentale". Che cosa esso sia cercherò di spiegarlo nella prossima puntata.

 

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  postato il 25/01/2009 alle 10:43
Io se fossi dio (quarta parte)

E' molto raro l'uomo che affronti la vita con intierezza, la normalità è che invece ci sia una dicotomia netta fra coloro che si appoggiano al solo sentimento: i sentimentaloni tuttocuore o, al contario, chi si serve soltanto della ragione: iperazionali o superilluministi. Quindi in pochi riescono a comprendere che occorre guardare alle cose del mondo con un certo distacco, per non esserne completamente avvolti e travolti, ma servendosi altresì di tutto il nostro io, perché la complessità di quanto ci circonda lo esige.

 

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  postato il 26/01/2009 alle 13:21
Ed è, infatti, in grado di capire meglio chi si immerge nella realtà con il gusto di provare ad amare, ed anche soffrire, piuttosto che chi si ritira in una specie di "turris eburnea" dalla quale, come un dio, guardare soltanto quanto accade. Certo è che ce ne sono pochi di uomini così, ma serve a poco piangere sulla natura umana, nella quale i molti difetti si contrappongono alla poche virtù: è così ed amen.
Nulla, del pari, è servito l'avvento del cristianesimo, anzi, ha peggiorato la situazione, creando alibi "in quantità industriale" a chi, furbescamente era disposto ad accaprararseli.

 

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  postato il 27/01/2009 alle 14:11
Io se fossi dio (sesta parte)



Costui poteva tranquillamente "fregarsene" del prossimo, soprattutto di quello più vicino, perché tanto l'oTTIMO amore *teorico* che sentiva per il resto del mondo, gli avrebbe garantito la salvezza eterna; egli "prova a buon mercato" la sua voluta compassione. Per fare un esempio posso citare quello che ho letto oggi dal Corriere quale "domanda" a Sergio Romano.

Caro Romano, la proposta di Fini per imporre l'uso della lingua italiana durante le cerimonie religiose e le relative prediche nelle moschee è a dir poco sconcertante: la lingua araba è considerata dai musulmani lingua sacra ad Allah, la lingua nella quale è scritto il Corano e per loro sarebbe grave blasfemia durante la loro liturgia parlare una lingua diversa. Non voglio esprimere un giudizio di condivisione di ciò, ma penso che si dovrebbe avere rispetto dell'Islam e lasciare a loro la scelta subito o in futuro di aggiornare la loro teologia che oggi è questa...

In altre parole il rispetto è una forma di sentimento che non costa nulla ed uno può stare in pace con la propria coscienza *religiosa*

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 27/01/2009 alle 14:27
Un po' più prosaicamente, caro Lemond, ti rendo noto che posseggo ancora il 33 giri "storico" originale di "Io se fossi Dio", e cioè quello inciso solo su una facciata e presto fatto sparire.

Non ha un grande valore commerciale (ho controllato), ma sicuramente ce l'ha dal punto di vista della storia della canzone italiana...

 

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  postato il 28/01/2009 alle 14:08
Originariamente inviato da Bitossi

Un po' più prosaicamente, caro Lemond, ti rendo noto che posseggo ancora il 33 giri "storico" originale di "Io se fossi Dio", e cioè quello inciso solo su una facciata e presto fatto sparire.

Non ha un grande valore commerciale (ho controllato), ma sicuramente ce l'ha dal punto di vista della storia della canzone italiana...


Se mi piacesse Mina, ti direi " Sei grande, grande, grande"

 

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  postato il 28/01/2009 alle 14:10
Io se fossi dio (settima parte)



A questo punto è bene che l'autore precisi di non sentirsi coinvolto in questo "gran casino" che è rappresentato dal mondo piccolo borghese. Non pensa di poter arrivare mai a diventare una rotella di quell'ingranaggio sociale del tipo "usa e getta". Ma se, purtroppo, un giorno avvertisse una simile possibilità, avrebbe (essndo consapevole) sempre la possibilità di un gesto finale! Ma se ci si pensa meglio, non è facile trovare qualcosa di veramente importante per cui vivere o, anche, morire e nella storia non sono stati molti i personaggi che siano riusciti a lasciare la scena in modo degno. Mentre tanti (penso) saranno stati quelli che almeno hanno voluto provarci e non sono riusciti per viltà o altre "virtù" proprie od altrui (in quest'ultimo caso mi viene in mente, chissà perché, Beppino Englaro.

 

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  postato il 29/01/2009 alle 14:04
Io se fossi dio (ottava parte)



Chiusa la parentesi, un po' troppo lunga per la verità , occorre parlare della richiesta di "legge ed ordine" che, secondo i telegiornali, si eleva dal popolo italiano. Intellettuali, militari, preti, madri di famiglia, studenti e soprattutto dipietristi, si associano ai fascisti nell'aderire alla sgomento di "tutti". Anche l'autore avrebbe voglia di dare bastonate "a destra e a manca" senza preoccuparsi di tante sottigliezze, pronto a giustificare la violenza con illustri esempi del passato e del presente, ma quasi subito questo impulso demagico riesce a farselo passare, perché si dice, ma chi credi di essere per imporre i tuoi "valori" a questo e quello?

 

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  postato il 30/01/2009 alle 13:26
Io se fossi dio (nona parte)



Ciascuno altrimenti potrebbe giustificare ogni cosa e, nel segno del rigore, farsi paladino del rigorismo tanto caro ai, secondo me, delinquenti peggiori (vedi la chiesa cattolica apostolica romana ed altri, secondo i propri gusti). Però a tutto non si può "passar sopra" e quando si vedono o si sentono nefandezze di ogni tipo, pare giusto, almeno, esprimere un giudizio, seppure distaccato: "Sarebbe stato bello se in quegli anni i brigatisti, invece di sparare nel mucchio, avessero colpito quella gente che avrebbe avuto tutto il "diritto" :-) di essere "sparata"! "

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Greg Lemond
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  postato il 31/01/2009 alle 15:02
Io se fossi dio (decima parte)

Una categoria che meriterebbe di essere "presa di mira" forse sarebbe quella dei giornalisti, persone molto capaci nel *chiaro-scuro" . Nel senso di illuminare solo quello che si vuole colà dove si puote e nascondere il resto . E il lettore/telespettaore altro non deve dimandare
Ogni riferimento a fatti che accadono "oggi" è puramente casuale

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 01/02/2009 alle 14:53
Io se fossi dio (undicesima parte)


Questi lavoratori, che fanno parte della "classe intellettuale", si guardano bene dall'usare l'intelletto e si limitano a scribacchiare, navigando nel piccolo cabotaggio, tipico dei tempi. La prima pagina serve ad es. a sfruttare i peggiori sentimenti: pietismo, immagini ufficiali, retorica, compassione come alibi, così contribuendo alla disinformazione del "popolo-bue". Si può comprendere che non si può fare a meno della stampa, ma se non si potesse sperare in una qualità migliore, forse, con tutto il rispetto dovuto alla democrazia, sarebbe bene spedire i nostri giornalisti in cassa integrazione perpetua.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 02/02/2009 alle 14:28
Io se fossi dio (dodicesima parte)


Accanto ai giornalisti, sul banco degli imputati, è indispensabile far sedere tutta la gente di partito, perché il modo come intendono la politica questi signori è tale da farli sembrare degli imbroglioni, anziché dei reggitori della cosa pubblica. Simili personaggi, che partecipavano, ma continuano ancora, allo scempio degli interessi collettivi, secondo l'autore, hanno enormi difetti e, se pur ciascuno possiede il suo specifico, si può quasi fotografare l'archetipo del "mestierante della parola", sempre meno teso alla ricerca del giusto e del vero e più propenso invece a rincoglionire la gente, per renderla sempre più simile a se stesso.

P.S.

Al posto del mestierante, negli ultimi anni si è sostituito il dilettante della politica (che, secondo me, è molto peggio).

 

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  postato il 03/02/2009 alle 12:46
http://it.youtube.com/watch?v=pGe2ETQHlNI&feature=related

 

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  postato il 03/02/2009 alle 13:06
Io, se fossi dio (seconda parte)

http://it.youtube.com/watch?v=lIT1P_HUbb0&NR=1

 

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  postato il 04/02/2009 alle 15:05
Io se fossi dio (tredicesima parte)

Il politico è un uomo che non si preoccupa di altro se non della sua immagine che, ad intervalli sempre meno regolari, verifica attraverso le "predenze" strappate all'ignaro popolini. Egli parla certo dei problemi del mondo, ma non li ha mai vissuti; non si preoccupa mai se quel che fa, servirà a qualcosa, l'importante è che gli esca bene dalla bocca (nel senso di credibile) ciò che dice, così da dare l'impressione del vero.

 

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  postato il 05/02/2009 alle 14:25
Io se fossi dio (quattordicesima parte)


Il vizio è talmente connaturato all'uomo di parte che anche quei pochi che vorrebbero fare altrimenti, dopo un po' si adeguano, invischiati dal comportamento di amici e compagni. Esempi particolari se ne possono trovare quanti se ne vuole, in quegli anni bastava guardare in faccia un qualunque funzionario del P.C.I. per accorgersi di quanto fossero privi di spessore personale e come l'espressione "intelligenza vivace" proprio non li riguardasse. Oggi questa situazione vale per tutti, perché ormai i "peones" sono solo marionette manovrate dal padrone.

 

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  postato il 06/02/2009 alle 14:10
Io se fossi Dio (XV)


Un altro caso tipico, secondo Gaber, era il "compagno" Marco Pannella [Poi però a voce mi disse che non la pensava più così].
Non si capisce come sia riuscito a farsi chiamare compagno, ma, visto il significato odierno che questa parola ha assunto, va bene anche per Pannella, come per qualsiasi altro individuo!
Il Nostro è "qualunquista" come nessun altro: sfrutta ogni argomento se pensa che porterà adesioni al suo ... senza mai domandarsi quali interessi serva quel suo atteggiamento. Il compito di questo poltico, che possiede notevoli capacità istrioniche, è molto facilitato dalla stupidità della gente e dall'incertezza dei nostri tempi, ove si può applaudire tutto (insieme al suo contrario).
Occuparsi di ogni cosa è facile per costui, basta interessarsi alle cose poco importanti, limitandosi a campagne pubblicitarie sui grandi princìpi che, più sono eclatanti, meno servono a spostare qualcosa. Ad es. l'arma dei referendum è usata dallo stesso solo per far parlare di sé i media, perché tanto poi ...

 

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  postato il 07/02/2009 alle 15:58
Amici cari, quest’oggi non posso continuare ad esaminare “Io se fossi Dio”, perché quanto sta accadendo in Italia mi fa vergognare di essere nato in questo “bel paese”, perché chi lo governa (dai due lati del tevere) non mi sembra nemmeno …

Ho deciso quindi di servirmi di tre pezzi di Giorgio come canovaccio per esternare, se ci riesco, le mie emozioni.



Essi sono: Il cancro, Ritratto di un vecchio zio e La libertà



Nell'aria come una scadenza incombe incredibilmente la malvagità più spinta.
Sembra ci sia la solita aria di ipocrisia e deferenza al potere, ma invece mi pare che accada qualcosa, che non saprei ben definire, forse la parola giusta è mancanza di Stato. (A parte Napolitano)
Ma quello che succede è qualcosa che ci stanno mettendo dentro senza che nessuno (o quasi) se ne accorga e ci mangia pian piano ... come un cancro.
Hanno inventato un nemico molto più geniale, che non si vede, un nemico segreto e consapevole che ti viene incontro, che sussurra paroline dolci, come movimento per la vita o gli embrioni siamo noi.
E ti lasciano libero di pensare, ma solo quello che Loro hanno deciso, altrimenti sei un assassino o, peggio, un laicista/comunista (dipende chi dei due si esprime) e per costoro quello che conta è il cuore che batte, ma che un corpo disfatto rappresenti un tormento insostenibile per coloro che l’ànno amato in vita, questo non lo capiranno mai e quindi nessuno può illudersi di fare diversamente. Ciò non è negoziabile.

E secondo loro si vive, pur non potendo Vivere, non avendo la capacità di scegliere che è l’unica cosa (secondo me) che distingue l’uomo dal suo simulacro in sfacelo.

Ma non si può ancora morire, senza che quel ghigno imbalsamato dia il proprio permesso, d’altra parte, altrimenti, quale sarebbe la funzione del presidente del consiglio?
Resta un’inutile rabbia, per qualcuno terrore, senza scopo alcuno e non puoi neppure aggrapparti all’ultima azione: tu devi fallire la morte e così avrai la Loro Benedizione.
È difficile vivere con questi mostri accanto. Forse è più facile vivere con i nemici visibili, riconoscibili, che ti sparano addosso dalle strade, dalle cattedrali, dalle finestre delle caserme, dai palazzi reali, dai balconi col tricolore.
Nemici che in qualche modo puoi combattere, sai cosa fanno, li vedi e ... Vecchi cialtroni, prevedibili e schematici anche nella cattiveria, come le bestie bionde, come le bestie nere che ti possono uccidere, ma non toglierti le tue idee, come quegli ingenui e patetici esemplari che esistono ancora oggi, ma non contano, sono un diversivo, un fatto di folklore, una mazurka.
Ma questi qui pretendono che ti inchini alle loro idee e lo fanno magari servendosi di un decreto, ma per il tuo bene
E per la libertà del popolo

Confronto a quello che viviamo oggi mi viene quasi da rimpiangere gli inizi del secolo scorso e mi fa quasi tenerezza il ritratto di un vecchio zio fascista un po' stupido e felice, coerente con l'immagine del duce. A ventun anni aveva già una figlia la guerra tutta sua e l'idea della ... famiglia (che in quelli che sono al governo è rimasta la stessa. Ma l'uomo è quasi sempre meglio rispetto alla propria ideologia e infatti ricordo quella volta che piangeva e quanto stava male per sua moglie. Sorrideva accarezzando i suoi nipoti con una commozione così vera, che l’unica conclusione cui possiamo giungere è che ha sempre avuto il cuore troppo tenero e la testa troppo dura.

Negli uomini politici di oggi c'è come un grosso salto di statura, infatti non hanno per niente il cuore tenero, quanto alla testa, non saprei, perché sono così obnubilati dal potere ed hanno talmente paura di perderlo che è difficile sapere se sono capaci o solo "capaci di tutto" !!! E il loro pensiero unico è negare sempre e comunque ogni libertà che non sia la loro!



Ed io invece vorrei che chiunque potesse essere essere libero, libero come un uomo.
Ma libertà non è star sopra un albero non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, la libertà è la possibilità di SCEGLIERE.

 

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  postato il 08/02/2009 alle 18:05
Io, se fossi dio (XVI)

Anche i compagni socialisti non sono da meno quanto ad improvvisazione, opportunismo, trasformismo, ambiguità. Essi usano lo "slogan" del progresso per restare ben fermi e solo grazie alla dilagante stupidità degli elettori riescono a far passare per nuovi, discorsi che già avevano sentito i nostri nonni e che già allora servivano a puntellare quella società! [E Giorgio non aveva ancora conosciuto quelli che ora sono nel Partito della libertà "obbligatoria" ]

 

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