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Autore: Oggetto: Parliamo di Atletica

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 02/09/2009 alle 21:58
Su quello che ho letto sopra...


Gli americani nel mezzofondo, oltre ai citati dal sempre grande Bitossi (Jim Ryun era sublime, ma lo era altrettanto la sua sfortuna…), hanno avuto diversi altri atleti di livello. Il settore, poco seguito e pur non rappresentando come altri (ad esempio la velocità) una scuola, ha comunque lasciato un bel solco.
Uno zoom degli ultimi 40 anni, ci evidenzia un grandissimo come Frank Shorter, uno dei passi più leggeri che abbia mai visto, non a caso lo chiamavano “farfalla”. Frank, vinse le Olimpiadi di Monaco nella maratona, proprio nella città che lo vide nascere 25 anni prima (suo padre era un militare in servizio in Germania). Fu uno degli ultimi atleti a doppiare, nella medesima manifestazione, 10000 e maratona. Infatti, a Monaco, gareggiò anche sulla massima distanza su pista, giungendo 5°. A Montreal, sempre sui 42195 metri, giunse secondo, superato nel finale dal tedesco orientale di origine polacca Waldemar Cierpinski, giunto nell’occasione alla classica gara della vita. Shorter, ha poi fatto incetta di titoli nazionali sui 5000 e, soprattutto, sui 10.000.

Un altro grande, era proprio un amico di Shorter, di quattro anni più giovane: Steve Prefontaine. Talento sopraffino, nonché personaggio aldilà dello sport. Fu il primo “testimonial” della nascente Nike, allora piccolissima azienda dell’Oregon, la sua terra. Steve, appena ventunenne, giunse quarto nei 5.000 a Monaco ‘72 e fu protagonista di un ultimo giro al cardiopalma, conclusosi con la vittoria di Lasse Viren, sul tunisino Gammoudi e l’inglese Stewart. Prefontaine purtroppo, dopo aver stabilito tutti i primati americani fra i 2000 ed i 10000 metri, ed esser diventato un big riconosciuto da tutti, il 30 maggio 1975, morì in un incidente stradale. Una storia, la sua, che sarebbe bello raccontare, ma non è proprio il caso.

Andando avanti, limitatamente agli 800, dopo Wottle, non va dimenticato Richard Wohlhuter, anch’egli personaggio da racconto, bronzo a Montreal (dove fu 6° anche nei 1500 metri), quindi il grandissimo e longevo, anche se mai vincente, Andy Gray: bronzo a Barcellona e finalista a Seul ‘98 (5°) ed Atlanta ’96 (7°), nonché 6° ai Mondiali del ’91. Poco prima dell’esplosione di Gray, si erano messi in luce, James Robinson e David Patrick, rispettivamente 5° ed 8° ai primi campionati del mondo, quelli del 1983, ad Helsinki. Curiosa la storia di Patrick, un grandissimo quattrocentista ad ostacoli, chiuso da Ed Moses e costretto a cercare fortuna in altre specialità. Scelse gli 800, ma pur raggiungendo le migliori posizioni mondiali, capì presto di non possedere competitività assoluta negli ultimi cento metri e ritornò sui 400hs, dove fu capace di emergere ancora alle spalle di Moses. Anche la moglie di David, Sandra Farmer, di origine giamaicana e bellissima donna dalle gambe atleticamente perfette, fu una grande quattrocentista ad ostacoli: conquistò la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Barcellona e ai Mondiali dell’anno successivo, a Stoccarda. Marito e moglie, nel 1989, vinsero i campionati americani nei 400hs, stabilendo un primato che, nella storia della rassegna, aveva il solo precedente di Hal Connolly e Olga Fikotova Connolly nel 1960, ma a differenza dei due lanciatori, lui nel martello e lei nel disco, David e Sandra, sono ancora oggi gli unici ad esserci riusciti nella medesima specialità. Dopo questa parentesi, che farà arrabbiare qualcuno e dormire qualcun altro, torno al mezzofondo.
Altri ottocentisti di valore furono, Mark Everett, 3 volte finalista ai Mondiali (’91-’95-’97) con un bronzo nel ’91, nonché finalista alle Olimpiadi di Barcellona, dove fu costretto al ritiro. Brandon Rock, dal passo screziato, 5° ai Mondiali del ‘95 e Josè Parilla, 6°, nel medesimo anno. L’ultimo acuto, prima dei contemporanei, fu di Rich Kenah, bronzo mondiale nel 1997.

Sui 1500 metri, contestualmente e dopo le alterne vicende di Jim Ryun, si mise in luce Marty Liquori, che non vinse nulla di importante, a parte i Giochi Panamericani nel 1971, ma fu dapprima il gemello più debole di Ryun (Marty alle Olimpiadi messicane fu finalista, ma rimediò in corsa una microfrattura che lo frenò e lo tenne fermo a lungo), indi un grande esponente nelle sfide sul miglio, a quei tempi un riferimento, anzi una vera e propria prestigiosa tradizione. Sui 1500, fu considerato il numero uno mondiale nel 1969 e nel 1971, mentre sul miglio fu autore di grandi sfide col tanzaniano, poi primatista mondiale, Filbert Bayi. Memorabili anche le sfide col nostro Franco Arese, attuale presidente Fidal. Dopo una lunga serie di infortuni, passò sui 5000 metri, divenendone il numero uno mondiale nel 1977, nonché primatista americano con 13’15”1, a quei tempi una grandissima performance. Ancora infortuni e poi, col boicottaggio americano a Mosca ’80, la sua decisione di smettere. Dopo aver superato l’impatto con una leucemia linfocitica cronica, con la quale è costretto a convivere, è oggi un apprezzato chitarrista jazz.

Dopo Montreal però, anche una specialità tradizionale negli Stati Uniti come i 1500, subì un calo e per ritrovare specialisti americani di pregio s’aspettò un lustro, quando fu naturalizzato il sudafricano di colore Sydney Maree. Costui, fu un protagonista sia sui 1500 che sui 5000: per intenderci, uno che è sceso sotto i 3’30” sulla distanza più breve e si collocò di pochissimo sopra i 13’ sui 5000. Stabilì il primato del mondo sui 1500 nel 1983, a Colonia, correndo in 3’31”24, poi fu autore di duelli a distanza con Cram e Aouita, migliorandosi ancora, fino a 3’29”77, mentre i suoi avversari, erano scesi rispettivamente a 3’29”61 e 3’29”67. Non poté partecipare alle Olimpiadi di Los Angeles ’84 per motivi legati alla sua naturalizzazione, che imponevano un certo tempo prima di potersi schierare col nuovo paese ai Giochi. Arrivò comunque 5°, sui 5000, a Seul 1988. Maree, poi tornato in Sudafrica, è stato un personaggio: memorabile il suo ghigno in corsa, con quei denti bianchi in evidenza, che te lo facevano vedere a 300 metri di distanza. Oggi, non se la passa molto bene, visto che è stato condannato dal Tribunale di Pretoria per frode e se l’appello in corso dovesse andargli male, finirà in galera.
Contemporanei a Maree, furono gli ottimi Jim Spivey e Steve Scott, ambedue quinti, rispettivamente a Los Angeles e Seul sui 1500 metri. Scott, giunse terzo ai mondiali di Helsinki, nel 1983, mentre Spivey fu terzo nella rassegna iridata di Roma, nel 1987, nonché 5°, a Stoccarda 1993.

Sui 3000 siepi, la tradizione americana, formidabile nei primi trenta anni del secolo scorso, s’è fermata molto prima: l’ultimo grande acuto avvenne ai Giochi Olimpici di Helsinki, nel 1952, quando l’agente FBI, Horace Ashenfelter III, vinse in 8’45”4, al tempo record mondiale ufficioso, in quanto la Iaaf iniziò ad inserire i primati della specialità, solo nel 1954.
Limitatamente al segmento preso in esame in questo ingrandimento, vanno segnalati Henry Marsh, Brian Diemer e Mark Croghan. Marsh, ardimentoso combattente dai polpacci da velocista, giunse 8° ai mondiali ’83 e 6° in quelli del 1987. Diemer, bravo soprattutto per la sua capacità di scavalcare gli ostacoli, fu bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles ‘84, 4° nella rassegna iridata di Roma e 5° ai Mondiali di Tokyo nel ’91. Croghan, il più recente, il più longevo, ed il più forte dei tre, con una performance sulla distanza di 8’09”76, colta ai mondiali del 1993 a Stoccarda dove giunse 5°, fu pure capace di giungere alla finale olimpica per tre volte, ed a raggiungere il 6° posto ai Mondiali di Atene nel 1997.

Nei 5000, dopo Prefontaine, per incontrare uno statunitense di nascita, in grado di raggiungere livelli internazionali primari, bisogna aspettare il 1983, quando Doug Padilla, una delle andature più dinoccolate che il sottoscritto ricordi, giunse quinto ai Mondiali di Helsinki. Ci vollero poi altri dodici anni prima di incontrare un atleta di spessore ben superiore a Padilla, Robert “Bob” Kennedy, omonimo (e con una certa somiglianza fisica) del celebre politico, che fu il primo non africano, a scendere sotto i 13 minuti nei 5000, ed uno dei quattro tuttora ad esserci riusciti. Gran bel atleta, ma anche molto sfortunato, per acciacchi a volte banali e per un incidente stradale che gli ha procurato guai alla schiena. Quinto nei Mondiali di Goteborg ‘95, l’anno successivo cercò di giocarsi fino in fondo le sue carte alle Olimpiadi di Atlanta, dove fu a lungo in lotta con gli africani per il podio, poi crollò proprio nel finale, giungendo 12°. Nel ’97, fu 6° nella rassegna iridata di Atene, ed è da considerare come l’ultimo mezzofondista statunitense di peso, prima dell’attualità.


Sui 10000 metri, la non presenza ai vertici degli americani è stata vistosa. Dopo Shorter, gli unici a mettersi i evidenza sono stati: Steve Plasencia, 8° ai Mondiali di Roma nel 1987 e Todd Williams, in quelli di Stoccarda nel 1993. Alle Olimpiadi il buio.

Anche sulla Maratona l’eredità di Shorter è stata lungamente pesante: fino all’attualità, il solo bagliore s’è consumato nel bronzo di Steve Spence, ai Mondiali di Tokyo nel 1991.


L'attualità.
Dietro la naturalizzazione del keniano Bernard Lagat (doppio oro ai Mondiali di Osaka nei 1500 e 5000, nonché il bronzo sui 1500 e l’argento sui 5000 ai recenti di Berlino), di quella dell’eritreo Mebrahtom Keflezighi (argento ad Atene 2004 nella maratona), di quella del sudanese Lopez Lomong (finalista a Berlino e semifinalista a Pechino sui 1500 metri), del marocchino Khalid Khannouchi (uno dei migliori tempi al mondo sulla maratona), c’è un gruppo di atleti autoctoni, sul quale i nuovi tecnici americani, possono puntare con ottimismo. Il più “caldo”, al momento, è senza dubbio Dathan Ritzenhein, 26 anni e mezzo, proveniente dalla maratona (ha partecipato alle Olimpiadi di Atene a soli 21 anni e mezzo) e quarto atleta bianco a scendere sotto i 13” sui 5000 metri, grazie al fantastico 12’56”27 colto a Zurigo venerdì sera. Ottimi e di prospettiva, soprattutto per la loro giovane età: Galen Rupp (23 anni), con un proiezione naturale verso 10000 e maratona; Matt Tegenkamp (il più maturo, ha 27 anni, che sono sempre pochi per un mezzofondista), campione americano sui 5000 e Chris Solinsky (24 anni e mezzo), anch’egli destinato ai 10000 metri, anche se è stato finalista a Berlino sui 5000.

Perché questi buchi nella storia del mezzofondo made in Usa?
Si tratta soprattutto di un problema di mentalità e, per taluni aspetti, di effetti collaterali all’impostazione sportiva che vige negli Stati Uniti. Sia chiaro, parliamo di una realtà che è di gran lunga migliore di quella italiana che, per inciso, anche di fronte alla veritiera e pungente intervista rilasciata da Andrew Howe, meriterebbe un’analisi a 360°. Sono costretto a ribadirlo, perché di fronte a disamine che comportano necessariamente inquadramenti e legami con realtà più vaste, visto lo stucchevole e scioccante precedente, c’è il rischio di trovarsi qualche indefinibile, pronto a strombazzare chissà che cosa e, magari, qualcun altro a dire che se voglio parlare di politica, questo non è questo il thread adatto….
Succintamente. Il mezzofondo, rispetto ad altre discipline, è più povero dal punto di vista tecnico, ed il talento ha una maturazione più lenta, non a caso il mezzofondista è tendenzialmente più longevo, anche se l’evoluzione del doping ha allungato le carriere in tutti gli sport e, conseguentemente, anche nelle altre discipline dell’atletica. La lenta maturazione, che spesso può passare come generica capacità atletica, si scontra con la “velocità” che i ritmi selettivi e di approfondimento disciplinare, stanno nel comunque breve segmento delle Università, crogiolo di tutto lo sport statunitense. L’head coach e gli altri allenatori, in particolare coloro che sono specifici all’atletica, destinano gli indefinibili, o i non precipuamente collocabili, al mezzofondo, perché, come detto, trattasi di area più povera di sofisticazione tecnica e dove il talento che fa la differenza, a volte si ferma con l’avvenuto completamento della costituzione fisica. Ne consegue, una selettività naturale che restringe i numeri dei possibili, in maniera ben superiore ad altre aree dell’atletica e, col tempo, si va a scoprire che l’indefinito d’origine, s’è diviso in cinque determinabili categorie, delle quali una sola può garantire al soggetto un futuro nel settore. Mi spiego. Chi aveva le caratteristiche ed un talento (che è un insieme di tante componenti) in grado di superare il confine del completamento fisico, arriva allo sport più adatto a lui, nel quale si potrà affinare attraverso gli allenamenti specifici del caso. Trattasi però, di consistenza estremamente minoritaria, perché i maggiori numeri si collocano su quelle “impossibili”, ovvero su coloro che non avevano il talento per fare mezzofondo, su quelli che si fermano al raggiungimento della maturazione fisica, su coloro che non possedevano l’indole psicologica per maturare la disciplina, ed infine su quelli che, col tempo, scoprono di avere le qualità per sviluppare agonismo su altre discipline. Si riscontra dunque una selettività a monte molto forte, vissuta, e questa è una questione di mentalità, con poca volontà da parte degli allenatori di studiare ed approfondire con la pazienza siamese al mezzofondo. Un esempio pratico. Un ragazzo diciottenne che ti corre in 10”30, è considerato da tutti un potenziale grande velocista e quindi si lavora in tal senso, mentre un mezzofondista che ti fa 9’10” sui 3000 siepi, lo si pensa poco possibile e lo si segue sui generis. In quest’ultimo caso, spesso, proprio l’allenatore, gli preferisce un collega che, alla medesima età, fa i 5000 in 14’, solo perché il differenziale dall’assoluto, considerando la maggior distanza, risulta inferiore. Ne consegue una genericità che non ha pari in altri settori. Poi, come sempre, il grande talento può emergere dall’angolo per le leggi della casualità, ma è indubbio che sul mezzofondo si poggi una parte inferiore di quella grande base che è stata la fortuna americana in tante discipline dell’atletica e non solo.
Ultimamente, anche sulla spinta di quelle naturalizzazioni che, come nel caso di Lopez Lomong, si vengono a creare in giovane età, nonché la presenza nelle Università di molti giovani africani, ha stimolato il mondo sportivo americano a cambiare, a guardare il settore con più attenzione. E’ in corso un ricambio di allenatori, e gli stessi “Head Coach”, si impongono un approccio diverso. I risultati li vedremo più avanti, ma è indubbio che un nuovo fervore insista. E, già l’attualità, è ottima.


P.S. Appena avrò finito di scrivere la storia delle edizioni '49-'50-'51 della Freccia Vallone, scriverò la mia sul duello fra Kenenisa Bekele e Bernard Lagat ai Mondiali di Berlino...

P.S. E pure sulle dichiarazioni di Andrew Howe...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/09/2009 alle 13:18
Originariamente inviato da rizz23

Originariamente inviato da babeuf

i reality lasciamoli ai tronisti di uomini e donne, altro che visibilità del movimento.

gente come phelps, biedermann, bolt, contador, bekele, mellouli, questa è gente che da visibilità positiva ai movimenti sportivi nelle loro nazioni. solo in italia per avere visibilità gli sportivi devono andare ai reality, gli sportivi all'estero pensano a come fare risultati, i nostri a come mettersi in mostra davanti alle telecamere (e i recenti mondiali di nuoto hanno visto una grande manifestazione di ciò). che squallore


Lo squallore non sta nella volontà degli atleti di partecipare ai reality, ma nel fatto che il sistema mediatico italiano implica che la visibilità per gli sport minori, ovvero tutti quelli che non contemplino un pallone da manovrare coi piedi e mandare in porta e che si giochi 11 contro 11, passi esclusivamente per i giochi olimpici, ovvero con una vetrina ristrettissima dal punto di vista temporale e una volta ogni quattro anni.

Comunque sul tema aprirò un thread a breve.


ne avevamo parlato un po' anche oltre un anno fa:

http://www.cicloweb.it/forum/viewthread.php?tid=8137

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 03/09/2009 alle 13:53
Originariamente inviato da Morris
...Un altro grande, era proprio un amico di Shorter, di quattro anni più giovane: Steve Prefontaine. Talento sopraffino, nonché personaggio aldilà dello sport. Fu il primo “testimonial” della nascente Nike, allora piccolissima azienda dell’Oregon, la sua terra. Steve, appena ventunenne, giunse quarto nei 5.000 a Monaco ‘72 e fu protagonista di un ultimo giro al cardiopalma, conclusosi con la vittoria di Lasse Viren, sul tunisino Gammoudi e l’inglese Stewart. Prefontaine purtroppo, dopo aver stabilito tutti i primati americani fra i 2000 ed i 10000 metri, ed esser diventato un big riconosciuto da tutti, il 30 maggio 1975, morì in un incidente stradale. Una storia, la sua, che sarebbe bello raccontare, ma non è proprio il caso...

Caspita, Steve Prefontaine! Una storia che avevo quasi dimenticato, grazie a Morris per averlo ricordato.
Invece negli USA fu (ed è tuttora) oggetto di un certo culto, naturalmente anche a causa della sorte sfortunata. Addirittura gli furono dedicati due film negli anni '90, entrambi mai arrivati nelle sale italiane: "Prefontaine", con Jared Leto, e "No limits", che forse si può trovare in DVD/home video in versione italiana.

Una sorta di eroe romantico e ribelle, con una storia ed un'aura simili a quelle di diversi personaggi dell'epoca, in primis alcune rock star...
Uno da "o tutto o niente", con un talento superiore a quanto effettivamente raccolto in campo internazionale: basti vedere come perse la medaglia di bronzo nei 5000 a Monaco 1972, dopo una gara all'attacco... http://www.youtube.com/watch?v=8RTUit6Yogg

Certo che l'atletica USA nel periodo '68/'72 di personaggi interessanti ne aveva a bizzeffe!

 

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 04/09/2009 alle 14:10
Sui 5000 di Berlino: il duello Bekele-Lagat.
Quando, a 4/5 di curva, Francesco Panetta ha esclamato per tre volte “Vince Lagat”, il sottoscritto la pensava nello stesso modo. Forse l’ex iridato non doveva farlo, visto il suo ruolo sul video, ma è pur vero che nel complesso il servizio che ci ha reso la RAI su questi mondiali, rappresenta una delle cose migliori, ogni-tema, espresse dalla TV negli ultimi tempi. Poi, le sbavature ci stanno: si è in diretta, si vive l’avvenimento e c’è anche chi, come nel caso di Panetta, può faticare più di altri a sentirsi addosso “la gabbia” del comunicatore. Un confronto fra atletica e ciclismo comunque, anche sul versante televisivo, vede il pedale ancora una volta fare la figura del pirla.
Ma torniamo all’oggetto 5000. Parteggiavo per Bekele, ma che al momento dell’esclamazione di Panetta, fosse Lagat più favorito, era nella logica.
Per una netta maggioranza di ragioni.
Vediamole:
-) la maggiore velocità di base;
-) il carico di stanchezza ravvicinato inferiore: uno veniva dai 1500 e l’altro dai 10000;
-) il ritmo non certo asfissiante della gara;
-) la possibilità di uscire per la volata in rimonta, usando la corda, perché gli altri erano stati tolti di mezzo dall’accelerazione di Bekele;
-) la non perfetta forma fisica dell’etiope, costretto ad assorbire un infortunio complicato, che lascia postumi lunghi;
-) la possibilità di scegliere il momento del cambio di passo, avendo nell’unico avversario rimasto, un riferimento visibile, senza bisogno di guardare il megaschermo;
-) la dimostrazione recentissima del cambio di passo (finale dei 1500 metri quando con uno scarto da rugbista è uscito dall’imbottigliamento in cui era finito, conquistando il bronzo).

Le ragioni contrarie a Lagat:
-) il talento straordinario del più forte mezzofondista degli ultimi trenta anni;
-) l’età: 35 anni contro 27.

Ovviamente lo sbilanciamento fra le due ragioni poteva essere cancellato da un fattore d’errore, o di cedimento, di uno dei due contendenti.

Il fatto topico.
All’uscita di curva, Lagat ha affondato lo sprint come fosse Bekele, lunghissimo, ma siccome non lo è, dopo averlo superato per un poco, tre-quattro metri, ed essere rimasto appaiato a lui per una quindicina di metri, ha poi dovuto cedere.

Altro che grande sensibilità tattica, Bernard ha fatto un errore pacchiano! Lemond dice per paura di vincere, può essere, di certo s’è fatto sopraffare dalla foga di battere colui che sembrava imbattibile.

Analizziamone gli aspetti tecnici.
Le altezze fra i due sono simili, anche il compasso pressappoco lo stesso. C’è però una differenza di reattività che porta Lagat ad essere più esplosivo, accorciando di quella minuzia il passo ed aumentandone contestualmente la frequenza. Bekele è però un levriero impareggiabile per cadenza e fondo. Volendo fare un confronto ciclistico, uno, l’etiope, ha la volata lunga alla Cipollini, l’altro, Lagat, quella corta alla Quaranta. Chi ha lo sprint più breve, deve stare coperto fino all’ultimo segmento, quello più corto, che si conclude con la linea del traguardo. Se spara prima le sue cartucce, non va da nessuna parte, s’assorbe praticamente sempre nell’illusione. Nel ciclismo c’è l’effetto scia tangibile e chi è in testa non può vedere la rimonta dell’altro. In atletica, su una prova di mezzofondo (tanto più se è lungo), l’effetto scia è irrisorio, ma esiste il riferimento che favorisce in ogni caso chi rimonta, soprattutto se le linee di corsa sono quasi sovrapponibili. Chi è davanti, si può “difendere e verificare la situazione”, alzando lo sguardo sul megaschermo. Ma è un “recupero” non decisivo, anche se importante.
Lagat, rimontando e superando seppur di poco Bekele, ha dimostrato che battere il per ora imbattibile Bekele, quando la gara non è sfibrante è possibile, ma lo ha fatto 50 metri buoni prima del punto ideale. L’etiope non ha sbagliato nulla, anche in considerazione del suo stato non ottimale di forma, il keniano-statunitense, che aveva avuto in precedenza le condizioni ottimali, è invece mancato nel momento decisivo, non per impossibilità, ma per un pacchiano errore nella scelta di tempo. Il modo col quale, nei giorni precedenti, aveva colto il bronzo sui 1500, con uno scarto ed una ri-partenza esplosiva, non gli ha insegnato a credere nelle sue forze, anche a Berlino. In certi momenti, la grande carriera passata, s'azzera....

Motivi psicologici? Sono più che probabili, ma da lui non me li aspettavo. Anche se parteggiavo per Bekele.

 

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Livello Greg Lemond
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  postato il 04/09/2009 alle 15:20
Che dire di Morris, se non che un talento sprecato così in ogni sport di cui si interessa (io seguo solo il ciclismo e l'atletica, ma ...) non lo conosco proprio e mi rammarico di gran lunga come in Italia i media non si avvagano di una persona così preparata.

P.S.

Sono d'accordo sul fatto che il reparto atletica è il migliore in assoluto dello sport RAI, Bragagna, dopo Morris , è il secondo grande intenditore sportivo oltre che di lingua italiana. Ha pronunciato, ad es. giustamente la parola scandinàvo, anche se, purtroppo per lui, non rammento se si riferiva ad un finlandese che della penisola scandinàva non è detto che faccia parte o a un danese, che non c'entra proprio niente con essa.

 

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Fanno festa i musulmani il venerdì
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e i barbieri il lunedì

"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 14/09/2009 alle 18:23
Il 14 settembre di 35 anni fa, nasceva a Berkane, in Marocco, uno dei più grandi mezzofondisti di tutti i tempi: Hicham El Gerrouj.
Il più grande, secondo me; di sicuro, egli è, assieme a Michael Johnson e Gebrselassie, l'atleta che più m'ha avvicinato al mondo dell'atletica.

Stampato nella mente, ricordo quel fantascientifico 3'26" al quale ho avuto la fortuna di assistere, seppur attraverso il tubo catodico, seppur cogli occhi di un bambino, in quella serata del 14 luglio del '98.
Ricordo ancora le parole di un Bragagna adrenalinico ed euforico: "Quando mancano 130 metri, l'impresa è a portata di mano, anzi, di piede!".
38 anni dopo Bikila, Roma si prostrava di nuovo difronte all'incedere maestoso di un magnifico cavallo di razza (peraltro, il "rapporto" particolare di Hicham con La Capitale trovò nuova linfa l'anno successivo, il 7 luglio, quando El Gerrouj stampò un 3'43"13 sul miglio, primato tuttora in auge).

Grazie, Hicham.

 

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« La superstizione porta sfortuna »
(Raymond Merrill Smullyan, 5000 B.C. and other philosophical fantasies, 1.3.8)


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Omloop Het Nieuwsblad Élite: 3°
E3 Prijs Vlaanderen - GP Harelbeke: 2°
GP Miguel Indurain: 1°
Ronde van Vlaanderen / Tour des Flandres: 3°
Rund um Köln: 1°
Liège-Bastogne-Liège: 1°
Giro d'Italia: Carrara - Montalcino: 2°
Tour de France: Sisteron - Bourg-lès-Valence: 1°
Tour de France: Longjumeau - Paris Champs-Élysées: 1°
Tour de France - classifica finale: 3°
Gran Premio Città di Peccioli - Coppa G. Sabatini: 1°

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 14/09/2009 alle 18:40
Bragagna è sempre adrenalinico ed euforico, figurati con un record del mondo.

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 14/09/2009 alle 18:52
Eh già!
Diciamo che avrei dovuto premettere un "particolarmente" agli aggettivi di cui sopra.

 

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  postato il 23/09/2009 alle 12:27
Ho appena guardato, su Eurosport, il 9"69 (secondo miglior crono di sempre, eguagliato Bolt in versione Pechino '08) di Tyson Gay, risalente a qualche giorno fa.
Lo statunitense ha margine per avvicinarsi al 9"6 basso: nella suddetta gara, è rimasto fin troppo sul blocco, è partito maluccio, probabilmente 'frenato' dal fatto che poco prima Powell aveva fatto falsa partenza (con conseguente ammonizione per tutti) e quindi Tyson voleva evitare la squalifica.
Fino ai 60 metri, difatti, in testa c'era Asafa, ma la progressione di Gay è stata molto bella.

Attendo fiducioso il prossimo Bolt vs Gay.

 

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  postato il 07/11/2009 alle 17:23
Segnalo per i torinesi interessati questa bella iniziativa, organizzata anche dal sottoscritto, in uno degli impianti sportivi più belli e prestigiosi della nostra città, che, finalmente, per un giorno torna ad essere a disposizione GRATUITAMENTE (e non lo dico per pubblicizzare l'evento, ma per sottolineare l'esigenza estrema della gratuità dello sport di base, come pratica di crescita personale e sociale) di tutti i cittadini ed in particolar modo dei più giovani.

 

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  postato il 28/07/2010 alle 12:28
Andrea Fusco non capisce neppure di atletica. Ha domandato a Benedetti (ootocentista) se pensa di far meglio di 1 e 50"

 

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"Per principio rifiuto di sottopormi a questi controlli. Non sono ostile alla lotta al doping, che ritengo indispensabile tra i dilettanti, ma nel caso di professionisti è differente. Dopo 12 anni di carriera io so quello che devo fare e non voglio che una mia vittoria venga messa in dubbio dalla fantasia delle analisi".

(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

Non riesco a comprendere perché Morris non sia assunto da nessuna rete telvisiva come opinionista

 
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  postato il 29/07/2010 alle 03:24

Il campione europeo sui 100 metri piani è un mio coetaneo.
Lemaitre è un fuoriclasse, a vent'anni è stato il primo atleta dalla pelle "bianca" a scendere sotto i 10" (a 17 anni correva già in 10"38, a 19 in 10"04), poche ore fa s'è reso protagonista di una prestazione da 10"11 proporzionalmente migliore del 9"98 di tre settimane fa: in quell'occasione c'erano 1,3 metri di vento favorevole, a Barcellona contrario di un metro.
Manco a dirlo, il ragazzo ha una fisicità lungi dall'essere paragonabile agli "armadi" di oggi, espressione classica della velocità podistica.
Ci sono tutte le potenzialità per poter assistere alla brillante carriera del primo "bianco" in grado di scendere regolarmente sotto i 10".

Meritevole di attenzioni pure l'argento di Vizzoni, ancora a medaglia a dieci anni dalle Olimpiadi di Sydey (considero marginalmente nel discorso Universiadi e Giochi del Mediterraneo, tre ori che non valgono i due argenti).

 

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  postato il 29/07/2010 alle 08:23
Velocista con fisico da mezzofondista (da 1500).
Talento naturale, molto naturale.
L'unica cosa che non sopporto quando escono questi campioni, è il sentire, a partire dai commentatori televisivi : il "bianco" che corre in meno di 10" , il "bianco" che arriva davanti ai neri, ecc. ecc.
Mica c'è stata tutta sta meraviglia quando nei 110 hs un cinese ha battuto i bianchi e i neri.

 

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  postato il 29/07/2010 alle 09:35
Originariamente inviato da nino58

Velocista con fisico da mezzofondista (da 1500).
Talento naturale, molto naturale.
L'unica cosa che non sopporto quando escono questi campioni, è il sentire, a partire dai commentatori televisivi : il "bianco" che corre in meno di 10" , il "bianco" che arriva davanti ai neri, ecc. ecc.
Mica c'è stata tutta sta meraviglia quando nei 110 hs un cinese ha battuto i bianchi e i neri.


Concordo Nino, anch'io trovo insopportabile sta cosa....

 
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  postato il 29/07/2010 alle 09:47
Originariamente inviato da lemond

Andrea Fusco non capisce neppure di atletica. Ha domandato a Benedetti (ootocentista) se pensa di far meglio di 1 e 50"


gli 800 son gare controllate e un tempo alto influisce negstivamente sui ripescaggi. La domanda non è così poi peregrina, visto che non fa riferimento (solo) alle capacità dell'atleta.

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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  postato il 29/07/2010 alle 13:24
Originariamente inviato da Subsonico

Originariamente inviato da lemond

Andrea Fusco non capisce neppure di atletica. Ha domandato a Benedetti (ootocentista) se pensa di far meglio di 1 e 50"


gli 800 son gare controllate e un tempo alto influisce negstivamente sui ripescaggi. La domanda non è così poi peregrina, visto che non fa riferimento (solo) alle capacità dell'atleta.


Invece, per quanto ho capito io, era proprio così (solo riferimento alle capacità).

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 29/07/2010 alle 13:27
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Velocista con fisico da mezzofondista (da 1500).
Talento naturale, molto naturale.
L'unica cosa che non sopporto quando escono questi campioni, è il sentire, a partire dai commentatori televisivi : il "bianco" che corre in meno di 10" , il "bianco" che arriva davanti ai neri, ecc. ecc.
Mica c'è stata tutta sta meraviglia quando nei 110 hs un cinese ha battuto i bianchi e i neri.


Concordo Nino, anch'io trovo insopportabile sta cosa....


Secondo me, i cento e i dieci secondi sono qualcosa che colpisce l'immaginario collettivo, a differenza dei 110 (con ostacoli, dove la tecnica prevale sulla fisicità naturale) e dove, per di più non c'è un numero tondo. Confrontate, se volete, tutte le storie intorno all'anno 2000.

 

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(Jacques Anquetil, 4 maggio 1966, intervista a L'Équipe)

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  postato il 30/07/2010 alle 19:48
sto vedendo gli europei di atletica e noto la differenza tra la caporale e la destefano...
 
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  postato il 31/07/2010 alle 13:59
Originariamente inviato da simociclo

sto vedendo gli europei di atletica e noto la differenza tra la caporale e la destefano...


Visto oggi dopo la maratona delle donne?

 

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  postato il 31/07/2010 alle 14:01
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Andrea Fusco non capisce neppure di atletica. Ha domandato a Benedetti (ootocentista) se pensa di far meglio di 1 e 50"


gli 800 son gare controllate e un tempo alto influisce negstivamente sui ripescaggi. La domanda non è così poi peregrina, visto che non fa riferimento (solo) alle capacità dell'atleta.


Invece, per quanto ho capito io, era proprio così (solo riferimento alle capacità).

be ha fatto 1.49.33.. (un tempo che si commenta da solo..)
Quindi è si andato sotto 1.50 ma non di molto

 
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  postato il 31/07/2010 alle 14:15
Originariamente inviato da EugeRambler

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sto vedendo gli europei di atletica e noto la differenza tra la caporale e la destefano...


Visto oggi dopo la maratona delle donne?


si...

 
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  postato il 01/08/2010 alle 19:31

Oro sfuggito agli ultimi quindici metri, ma che bravi gli azzurri della staffetta dei "centisti"!
Collio ha tenuto alla grandissima Lemaitre, poi Mbandjock ha rimontato e l'oro è andato alla Francia, ma è arrivato il record italiano per l'argento continentale.
L'ultimo cambio è stato corto, si poteva rischiare un po' di più, ma è comprensibile che a quel punto, essendo davanti, si voleva evitare l'inconveniente del mancato passaggio del testimone.

 

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  postato il 02/08/2010 alle 07:22
Gibilisco, secondo me, ha dimostrato, nella lunga intervista, di essere veramente un grande uomo, oltre che un campione. Orrendo il trattamento che ha ricevuto da tutti (tranne Tilli, sembra) e ciò nonostante è riuscito a tornare a prendere una medaglia virtuale (era il secondo più forte dopoo l'intoccabile R.L. e solo un paio di "Jolly" hanno permesso agli atri ...)
Nel regolamento dell'atletica esiste la norma che prevede che uno squalificato non possa neppure allenarsi in un campo sportivo pubblico , però almeno non c'è l'obbligo di reperibilità 24h su 24, quindi il ciclismo non lo batte nessuno.

P.S.

Capodacqua ho sentito che c'è anche in atletica: quasi tutti hanno la fissa sul doping e il comitato olimpico aumenta la squalifica legale, anche se non capisco come possa essere possibile dal punto di vista giuridico. Ma forse per i giustizialisti il diritto è un "optional"

 

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  postato il 02/08/2010 alle 08:30
Esatto.
Per i giustizialisti il diritto è un optional.

 

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  postato il 03/08/2010 alle 16:09

Tornando a Lemaitre, la sua prestazione nella finale dei 200 metri, molto più che quella fornita nei 100, rende l'idea di quanto il suo talento sia ancora "grezzo", e per questo di quanto ampio sia il potenziale dell'atleta.
In percorrenza di curva, era sì e no quinto, forse sesto, poi agli ultimi 60 metri ha messo il turbo, rimonta sensazionale (bellissima pure quella di Mbandjock, anche lui partito maluccio).
Urge affinare la corsa in percorrenza di curva e nella gestione delle forze, dopodiché...

Vado a prendere il link del video... eccolo qua, perfino in HD (e commentato in francese, più bello così ): http://www.youtube.com/watch?v=TXWZM4ske_Y&feature=related

Più guardo questa prestazione e più mi vengono i brividi...

 

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  postato il 04/08/2010 alle 12:30
Originariamente inviato da Abajia

Più guardo questa prestazione e più mi vengono i brividi...

a me vengono i brividi da quanto corre male. veramente brutto da vedere, sia in curva che in rettilineo.
non è cosi scontato che possa limare i suoi tempi
piccola parentesi che dovrebbe far pensare allo stato vegetativo dell'atletica italiana, soprattutto dei dirigenti e delle strutture.... Howe a 19 anni andava piu forte di lui, correva i 200 in 20'28''contro i 20'68'' di Lamaitre. dai 19 ai 20 il francese si è migliorato di mezzo secondo ( un enormità). Howe anno dopo anno è costantemente peggiorato.
questo per dire che talvolta non basta il talento per diventare dei fenomeni.

 

[Modificato il 04/08/2010 alle 12:53 by perico]


 
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  postato il 04/08/2010 alle 12:44
non so però quanto Howe abbia lavorato sulla velocità...

 

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  postato il 04/08/2010 alle 13:02
Originariamente inviato da uffa

non so però quanto Howe abbia lavorato sulla velocità...

prima che diventasse un infortunato cronico, i 200m li curava parecchio.... ha disputato sia un Olimpiade che un Mondiale su questa distanza.
Poi gli infortuni, le continue batoste sui 200m e l'exploit di Goteborg lo hanno inevitabilmente dirottato solo sul lungo.

 
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  postato il 04/08/2010 alle 18:00

Ma sai, perico, che sia brutto da vedere è evidente, è una delle ragioni per cui immagino che la tecnica si possa affinare non poco.
In realtà, in linea di massima non è SEMPRE bruttissimo da veder correre, lo è sostanzialmente là dove costretto a rincorrere.
Si sbraccia e da' testate, e il confronto coll'altro francese, Mbandjock, pulito, busto eretto, sciolto pure quando spinge a fondo, sotto quest'aspetto è impietoso.
Il ragazzo difetta in percorrenza di curva, migliorando questo fondamentale si limano decimi di secondo, mica noccioline.
Se noti bene, in curva pare quasi che che "zoppichi", fa passi piccoli, non è disteso; se migliora, secondo me può buttar giù mezzo secondo (senza considerare i miglioramenti che possono arrivare colla piena maturazione atletica).
Poi oh, magari migliora i tempi continuando a dare testate; tanti sono stati quelli che spingevano per cambiare la tipica corsa "da cavallo" di Michael Johnson.

 

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  postato il 04/08/2010 alle 19:28
Per Il Maestro sono affatto d'accordo con Andrea: deve, per forza, migliorare sui 200. Non è possibile correrli così, spendendo troppo sulla curva e poi dovendo recuperare in apnea.

 

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  postato il 11/08/2010 alle 15:21
antonio pettigrew si è suicidato.

 

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  postato il 23/08/2010 alle 16:45

Rudisha ha segnato la storia.
Il crono di Kipketer pareva inavvicinabile, un po' come quello di Johnson sui 200 prima di Bolt.
Ovviamente, già da un po' era nell'aria che il keniota ci riuscisse in tempi brevi: un annetto fa, a Rieti - pista velocissima, è risaputo -, fece 1'42"01, crono replicato, più o meno (tre centesimi in più), quest'anno.
A luglio è arrivato un 1'41"51, ieri il nuovo primato mondiale, due centesimi di secondo meglio del Kipketer di Colonia '97.
Difficile credere che il Rudisha fuori dalla finale agli ultimi mondiali (se non sbaglio) non abbia accusato un qualche problema.
Stamattina ho guardato il video della prestazione mondiale: l'accordo colla lepre era del primo giro sotto i 49" (il personale di Rudisha nei 400 è di 45"5), poi la volata solitaria. Buttandosi di petto sarebbe riuscito a guadagnare qualcosina, ma non l'ha fatto.

 

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  postato il 30/08/2010 alle 17:59
Giusto per segnalare il tempo di 1'41"01 con cui Rudisha ha abbassato il suo record del mondo.

Ho visto in replica su Raisport sia l'ultima tappa della Diamond League (mi sembra Bruxelles) che il meeting di Rieti e per la prima volta ho visto in azione il keniano; l'unico aggettivo che posso associare a Rudisha è ECCEZIONALE. Oltre a possedere due gambe lunghissime ha la dinamite nelle caviglie.


 
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