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Profumo di letteratura
Felice - 20/01/2007 alle 21:02

Non me ne vogliano i moderatori e Admin per quest'ennesimo thread OT. Ma tante volte mi é capitato di leggere in un libro un brano, un passaggio, magari una singola frase che mi hanno particolarmente colpito. Succede spesso quando si entra in simbiosi con un libro, quando ci si accorge che quando si arriverà all'ultima pagina e lo si riporrà infine in biblioteca, per un po' di tempo si resterà, in un certo senso, orfani. Ed ora che l'ho finito, moh che faccio??? E poi ci sono quei passaggi, quelli che più degli altri hanno colpito la nostra immaginazione, di cui pian piano si perdono le traccie. Ecco, mi sono detto che é un peccato. Che é un peccato non provare a trasmetterli ad altri. Certo, abbiamo tutti delle sensibilità diverse e quello che a me può sembrare piacevole e interessante ad un altro può apparire come una banalità pazzesca e viceversa. Ma che importa! Magari invece a qualcuno darà la voglia di andare a leggere il seguito della storia. Ecco, era parecchio tempo che avevo voglia di aprire questo thread e le citazioni di Tolstoj del Dancelli e di Claudio82 ed un'altra cosa di cui vi dirò dopo, mi hanno convinto a farlo per davvero. Buona lettura a tutti!

 

[Modificato il 25/08/2008 alle 09:41 by Monsieur 40%]


W00DST0CK76 - 20/01/2007 alle 21:15

Gran bella idea Felice! :clap: La prima che mi viene in mente è tratat dall'ultimo libro di Tiziano Terzani: "il futuro è un cassetto vuoto in cui in cui riponiamo le nostre illusioni"


Felice - 20/01/2007 alle 21:20

Apro quindi le danze con un passo tratto da "La prima volta" di Franco Bernini. No, no, non cominciamo subito a fare confusione! Non si tratta della prima volta in amore ma... della prima volta del calcio! Già, il libro si articola attorno al primo Campionato Italiano di Calcio, a Torino, l'8 maggio del 1898. Non é un libro che farà la storia della letteratura, ma se volete passare qualche ora piacevole respirando l'aria della fine dell'800 ve lo raccomando di sicuro! ************************************************************ [i] …….. Quattro footballers in rappresentanza delle quattro squadre si portano sul cerchio centrale. Il referee ribadisce le regole: nessuna sostituzione sarà possibile durante il gioco. Se la partita dovesse chiudersi in parità, si proseguirà ad oltranza fino al goal risolutivo. Potenza del rituale. Soltanto mettere in atto questi preparativi fa rinascere il clima di festa. Anche chi era contrario a giocare sente il sangue correre nelle vene, la voglia di calciare venire su. Compare una lunga scatola, viene da un elegante negozio di abbigliamento di via Po, contiene dei guanti bianchi, quarantaquattro paia, li ha fatti acquistare il referee di sua iniziativa, sono il suo personale contributo alla giornata. I rappresentanti delle squadre si guardano sconcertati. A cosa servono? Il referee ricorda un po’ seccato che in Gran Bretagna, checché se ne dica patria del football, i giocatori hanno portato in passato guanti così, per accertarsi che non toccassero palla con le mani. Il segno della pallonata li smascherava, dimostrando in maniera incontrovertibile il fallo. Propone di ripristinare l’usanza, nella convinzione che il primo campionato italiano debba essere disputato, per così dire, in guanti bianchi. L’onorenole Venarla, in nome e per conto dell’International, loda la qualità dei guanti e il buon gusto della scelta, ma fa notare che i quarantaquattro footballers hanno taglie diverse: non tutti dunque potranno indossare guanti della loro misura. Né purtroppo c’è modo di acquistarne altri, essendo oggi, domenica, chiusi tutti i negozi di abbigliamento. Il dottor Spensley è più netto. A nome del Genoa, conferma che in passato i guanti erano indossati nel Regno Unito, ma sostiene che a suo parere non è stato un caso se l’usanza è caduta in disuso. Essendo il football uno sport di gentiluomini, non c’è bisogno di controlli esterni, meccanici. E’ sufficiente la morale di ogni footballer che non potrà esimersi dal dichiarare di aver commesso il fallo, se lo avrà fatto. Cosa è in fondo quello sport che tanto li affascina se non il regno della lealtà esercitata all’aria aperta? Il referee deve arrendersi alle serrate argomentazioni dei due. Si procede al sorteggio per stabilire come si svolgerà, in mattinata, il primo turno eliminatorio. In un cappello vengono posti quattro bigliettini, ognuno col nome di una squadra. Il referee ne estrae due. E sono: Genoa Cricket and Athletic Club, calzettoni e calzoncini blu, camicia bianca, e Società Ginnastica, in camicia blu con striscia rossa orizzontale, pantaloncini e calzettoni avana. [/i] ***************************************************************** Ecco l'altra cosa che mi ha convinto definitivamente ad aprire il thread é la discussione con Davide_Aranciata su etica e morale. Mi dicevo che l'etica e la morale cambiano nel tempo e mi sono tornati in mente i guanti bianchi di cui si parla sopra... Ah, sia detto en passant, quanto sopra porta a riflettere sull'applicabilità della presunzione di innocenza nello sport... Ciao a tutti


Felice - 20/01/2007 alle 21:22

Pensavo di essere io ad aprire le danze, ma sono stato preceduto... Ne sono contentissimo!!


DeEjAy_FlAtBeAt - 20/01/2007 alle 21:38

La mia frase non è presa da un libro ma da un film a mio parere eccellente,ovvero La Finestra di Fronte di Ferzan Ozpetek (si scrive così?) <> A mio parere stupenda,se tutti ci riflettessimo su queste parole:yoga:


pedalando - 20/01/2007 alle 22:06

Non so se reputarla Letteratura nel senso classico ma il libro che mi e' spiaciuto maggiormente terminare e' stato: Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig. poi trovo una passione sviscerale per La luna e i falo' di Pavese :boh:


Reggio Emilia - 21/01/2007 alle 03:56

ho avvertito un senso di mancanza nei giorni successivi all'aver terminato le letture di: 1)La versione di Barney - M.Richler 2)Il barone rampante - I.Calvino non riporto passaggi particolari, lo volevo fare ma mi sono accorto che i due libri menzionati sono stati da me sottolineati quasi interamente(ho questo viziaccio!) il libro più sconvolgente per crudezza, atmosfere cupe e violente e psicologia dei personaggi è "Il mio nome era Dora Suarez" di Derek Raymond. Altro che i luoghi oscuri di Ellroy, questo libro è una abisso.


ciclgian - 21/01/2007 alle 08:21

Approfitto dell'opportunità e del fatto che l'anno sia da poco iniziato per riproporre alcuni passi del mirabile saggio "Utopia e disincanto" dello scrittore Claudio Magris. Nel "Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere" Leopardi mostra la struggente vanità di attendere, alla fine di ogni anno, un anno più felice di quelli passati, anch'essi attesi ogni volta nella fiducia che avrebbbero arrecato una felicità che invece non hanno mai portato. Quel breve testo immortale del grande poeta italiano, così inesorabile nella diagnosi del male di vivere, è tuttavia esente dal facile pessimismo apocalittico di tanti retori odierni, compiaciuti di annunciare continuamente disastri e di proclamare che la vita è solo vuoto, errore e orrore. Il dialogo leopardiano è invece pervaso da un timido amore per la vita e da una ritrosa attesa di felicità, che vengono smentite dal succedersi degli anni ma continuano a vivere, con timore e tremore, nell'animo e fanno sentire il dolore e l'assurdità tanto più fortemente del pathos catastrifico. ......................................................................... La fine e l'inizio di millennio ha bisogno di utopia unita a disincanto. Il destino di ogni uomo, e della Storia stessa, assomiglia a quello di Mosè, che non raggiunse la terra Promessa, ma non smise di camminare nella sua direzione. Utopia significa non arrendersi, alle cose come sono e lottare per le cose così come dovrebbero essere; sapere che il mondo, come dice un verso di Brecht, ha bisogno di essere cambiato e riscattato...... Utopia significa non dimenticare quelle anonime vittime, i milioni periti nei secoli in violenze indicibili e scomparsi nell'oblio......Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l'onda dell'oblio le cancella dalla memoria del mondo........... Disincanto significa sapere che la parusia non ci sarà, che i nostri occhi non vedranno il Messia, che l'anno prossimo, non saremo in Gerusalemme, che gli dei sono in esilio. L'Occidente vive all'insegna di questo disincanto, che Max Weber ha ritratto in pagine mirabili e definitive, descrivento la gabbia di ferro che ha imprigionato il mondo nella maglie di una razionalizzazione inesorabile, che lo avvia e lo spinge su un binario obbligato. Ma la stessa pagina di Weber contraddice questa diagnosi col tono col quale la enuncia, con la musica che la pervade quando parla dei valori indimostrabili ma irrinunciabili, del senso della vita, che la razionalizzazione rende irriperibile ma di cui essa non spegne l'insopprimibile esigenza, del demone che c'è nella vita di ognuno. ......................................................................... Volevo ricordare che Claudio Magris è un amante del Ciclismo.

 

[Modificato il 21/01/2007 alle 08:30 by ciclgian]


miky70 - 21/01/2007 alle 11:47

Fantastico preludio all'argomento Felice. Hai spiegato perfettamente cos'è per me chiudere un libro appena finito. Adesso riporto qui quello che più mi ha emozionato nella lettura, proprio questa mattina, appena sveglia. Le ultime 20 pagine di un libro che, come ha detto l'autore, non è importante per la letteratura ma è importante per le amicizie che riesce a creare. [i]Non era più un indiano e non era più un bianco. Solo un uomo alla ricerca di quello che aveva perduto. Dall'alto delle rocce c'erano gli occhi di mille e mille uomini che lo guardavano. Erano i padri e i loro padri e i padri dei padri fino a che la mente riusciva a tenerne il conto. Gli stessi che avano iniziato la scalata come ragazzi e che erano arrivati alla cima con la consapevolezza di avere imboccato la via per essere uomini. Qualcuno non ce l'aveva fatta ed era morto. Ma il coraggio era anche quello. Era la consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo. Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai. E che ogni uomo, anche quando è solo, ha comunque la sua anima come compagna di viaggio.[/i] [u]Giorgio Faletti - Fuori da un evidente destino [/u] Come storia non è un granchè, sembra tratta da un banale film americano, ma alcune pagine hanno saputo infondermi un'emozione profonda e mi hanno permesso di conoscere qualcosa dei Navajos. E adesso anche io sono un'orfana in cerca di un libro che mi adotti!:(


Admin - 21/01/2007 alle 11:56

La frase che mi piace citare e che a volte identifica i miei stati d'animo è questa: "Io sono la periferia di una città inesistente, la chiosa prolissa di un libro non scritto". (Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine). La cosa più bella che io abbia mai letto è La metamorfosi di Kafka.


Laura Idril - 21/01/2007 alle 13:36

Alcune delle mie frasi preferite sono tratte dal Signore degli Anelli piango ogni volta che le rileggo. "aveva gli occhi di chi andava a morire" (per descrivere lo sguardo di Eowyn che parte in guerra). "non vi dirò non piangete perchè non tutte le lacrime sono un male" (quando si scioglie la Compagnia dell'Anello ai Porti Grigi). E poi l'Alighieri mi ha lasciato questo: "Considerate la vostra semenza. Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza."


pedalando - 21/01/2007 alle 20:53

Michy e'una questione di gusti e non la discuto, ma io quando ho finito quel libro ho provato un senso di liberazione. Forse non amo il genere :boh:


maglianera - 21/01/2007 alle 22:28

Gli uomini hanno in testa un’immagine di come sarà il mondo. Di come saranno loro dentro questo mondo. Il mondo può avere diversi aspetti per ciascuno di loro, ma c’è di sicuro un mondo che non esisterà mai ed è proprio questo il mondo che sognano. (Cormac McCarthy, Città della pianura)


simociclo - 21/01/2007 alle 22:42

[quote][i]Originariamente inviato da pedalando [/i] poi trovo una passione sviscerale per La luna e i falo' di Pavese :boh: [/quote] idem... l'ho letto 3-4 volte per intero e varie volte l'ho ripreso in mano. non so spiegarmi precisamente il perchè, ma sono attratto da questo romanzo.


W00DST0CK76 - 21/01/2007 alle 22:52

C'è una frase che mi è rimasta indelebilmente impressa, forse perchè rispecchia la mia indole particolarmente incline alla nostalgia: "Non raccontate mai niente a nessuno, se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti" J.D. Salinger - Il giovane Holden


Claudio82 - 22/01/2007 alle 00:29

Anche se ultimamente ho la fissazione per Coelho, mi torna in mente spesso questo capitolo de "Il Piccolo Principe" di Antoine De Saint-Exupèry: [i]Il pianeta appresso era abitato da un ubriacone. Questa visita fu molto breve, ma immerse il piccolo principe in una grande malinconia. "Che cosa fai?" chiese all'ubriacone che stava in silenzio davanti a una collezione di bottiglie vuote e una collezione di bottiglie piene. "Bevo", rispose, in tono lugubre, l'ubriacone. "Perchè bevi?" domandò il piccolo principe. "Per dimenticare", rispose l'ubriacone. "Per dimenticare che cosa?" s'informò il piccolo principe che cominciava ià a compiangerlo. "Per dimenticare che ho vergogna", confessò l'ubriacone abbassando la testa. "Vergogna di che?" insistette il piccolo principe che desiderava soccorrerlo. "Vergogna di bere!" e l'ubriacone si chiuse in un silenzio definitivo. Il piccolo principe se ne andò perplesso. I grandi, decisamente, sono molto, molto bizzarri, si disse durante il viaggio.[/i] Ogni riferimento a persone o fatti attinenti al ciclismo è da considerarsi puramente casuale.


Raf Benson - 22/01/2007 alle 09:19

[quote][i]Originariamente inviato da simociclo [/i] [quote][i]Originariamente inviato da pedalando [/i] poi trovo una passione sviscerale per La luna e i falo' di Pavese :boh: [/quote] idem... l'ho letto 3-4 volte per intero e varie volte l'ho ripreso in mano. non so spiegarmi precisamente il perchè, ma sono attratto da questo romanzo. [/quote] Anch'io. :yes:


W00DST0CK76 - 22/01/2007 alle 14:52

Ecco la poesia che fa da preludio a uno dei libri che più amo: Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per un pezzo di pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi - Se questo è un uomo)


pol - 22/01/2007 alle 16:01

Complimenti Felice per questo thread, di letture non se ne parla mai abbastanza! Per dare un impronta di ciclismo a questa pagina vorrei ricordare una celeberrima frase di Lorenzo De Medici che mi è capitata di utilizzare come risposta ad un mio amico. Nel mentre scalavamo una slita mi disse: -oggi non la "senti" proprio!- Risposi da "Magnifico": -se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, molti che invidia già ci fanno, ci farebbero pietà!:Old:


Felice - 22/01/2007 alle 16:03

Se questo é un uomo... Che libro, che testimonianza! Lo lessi la prima volta quando ancora ero al liceo. A quei tempi non era ancora molto noto. "La tregua" aveva già una certa reputazione, "Se questo é un uomo" molto meno. Il fatto é che io ci capitai sopra (non ricordo come), lo lessi e ne rimasi estremamente colpito. Al punto che lo proposi come lettura collettiva in classe (cosa che fu effettivamente fatta). Quello che mi colpì allora, e che dopo tanti anni mi rimane ancora come lasensazione più marcata che mi ha lasciato quel libro, é il fatto che sia stato scritto senza odio. Si narra l'inumano con una profonda, profondissima umanità...


Felice - 22/01/2007 alle 16:11

[quote][i]Originariamente inviato da ciclgian [/i] Utopia significa non dimenticare quelle anonime vittime, i milioni periti nei secoli in violenze indicibili e scomparsi nell'oblio......Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l'onda dell'oblio le cancella dalla memoria del mondo........... [/quote] "I sommersi e i salvati", l'ultimo contributo di Primo Levi alla riflessione sul tema di cui sopra (e non solo), prima di darsi la morte...


Felice - 22/01/2007 alle 16:12

[quote][i]Originariamente inviato da pol [/i] Risposi da "Magnifico": -se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, molti che invidia già ci fanno, ci farebbero pietà!:Old: [/quote] Una profonda verità!


27luglio - 22/01/2007 alle 21:26

Da il giovane Holden: "A pencey io stavo nell'ala Ossenburger Memorial dei nuovi dormitori, ecco dove stavo. Era riservata a quelli del penultimo anno e ai licenziandi. Io ero del penultimo. Il mio compagno di stanza era liceziando.L'ala si chiamava cosi' in onore di quel tale Ossenburger che aveva studiato a pencey.Uscito da pencey si era fatto un sacco di quattrini con le pompe funebri. E' stato lui a disseminare per tutto il paese quegli uffici di pompe funebri dove potete far seppellire tutta la vostra famiglia cavandovela con circa cinque dollari cadauno. avreste dovuto vederlo il vecchio ossenburger. Quello e' il tipo da ficcarlo in un sacco e buttarlo a fiume.Ad ogni modo ha dato a Pencey un mucchio di soldi, e loro hanno chiamato la nostra ala col suo nome. Alla prima partita di rugby dell'annata se ne venne all'istituto con quell'accidente di Cadillac enorme,e noi dovemmo starcene tutti in piedi nella tribuna a fare il treno - ad acclamarlo,cioe'. Poi la mattina dopo, in cappella, fece un discorso che duro' circa dieci ore. Comincio' con una cinquantina di spiritosaggini antidiluviane,tanto per farci vedere quanto era in gamba. Da fargli tanto di cappello. Poi' attacco' a dirci che lui,quando aveva qualche guaio o un altro accidente del genere,non si vergognava affatto di mettersi in ginocchio e di pregare Dio - parlargli eccetera eccetera. Ci disse che dovevamo pensare a Gesu' come un nostro compagno eccetera eccetera.Disse che a Gesu' lui parlava sempre.Perfino quando portava la macchina. Mi lascio' secco.Mi par di vederlo,quel bastardo di un pallone gonfiato,che ingrana la prima e chiede a gesu' di mandargli un altro po di salme. Il bello pero' venne a meta' del suo discorso. Ci stava dicendo che fenomeno era lui, che uomo in gamba e compagnia bella,quando tutt'a un tratto il ragazzo seduto nella fila davanti a me,Edgar Marsalla,mollo' una scoreggia tremenda. Certo fu un po forte,in cappella eccetera eccetera,ma fu anche un vero spasso.Il vecchio Marsalla. A momenti faceva saltare il tetto.Non scoppio' a ridere quasi nessuno e il vecchio Ossenburger fece come se non avessse nemmeno sentito,ma il veccho thurmer,il preside stava seduto proprio vicino a lui ,sul palco e palchetteria,e aveva sentito eccome, bastava guardarlo. Ragazzi,era furibondo! Li' per Li' non disse niente,ma la sera dopo ci chiamo tutti a rapporto nell'aula magna e poi venne a farci un discorso.Disse che il ragazzo che aveva provocata quell'incidente in cappella non era degno di stare a pencey. Noi avremmo voluto che il vecchio Marsalla ne mollasse un'altra proprio mentre il vecchio thurmer sermoneggiava,ma lui non era in vena.Ad ogni modo, io a pencey stavo la'.Nell'ala dedicata al vecchio ossenburger,nei nuovi dormitori" Trovo straordinario lo stile con cui e' scritto questo libro, e lo spontaneo rifiuto verso le pedanterie,le goffaggini,l'ipocrisia la prepotenza del piccolo spaccato di mondo che viene descritto, uno dei miei libri preferiti,altri libri che adoro sono delitto e castigo,il processo, il conte di montecristo(piu' leggero ma piacevolissimo, letto gia' quattro volte). Ultimamente mi ha completamente rapito furore,i capitoli descrittivi e quelli narrativi separatamente potrebbero essere gia' di per se considerati grandi libri,insieme formano un capolavoro. E poi ricordo con grandissimo piacere la lettura di la donna della domenica di fruttero e lucentini,un giallo magnifico ambientato in un palcoscenico ideale: Torino.


dedalus - 22/01/2007 alle 21:47

credo che qualsiasi brano del "fu mattia pascal" mi richiami alla mente immagini, suoni, colori e voglia di sfogliarlo una volta ancora: "Lei sola, là dentro, quella pallottola d'avorio, correndo graziosa nella roulette, in senso inverso al quadrante, pareva giocasse: - Tac tac tac - Lei sola: - non certo quelli che la guardavano, sospesi nel supplizio che cagionava loro il capriccio di essa, a cui - ecco - sotto, su i quadrati gialli del tavoliere, tante mani avevano recato, come in offerta votiva, oro, oro e oro, tante mani che tremavano adesso nell'attesa angosciosa, palpando inconsciamente altro oro, quello della prossima posta, mentre gli occhi supplici pareva dicessero:- Dove a te piaccia, dove a te piaccia di cadere, graziosa pallottola d'avorio, nostra dea crudele! . Ero capitato là, a Montecarlo, per caso." Sempre dalla stessa opera, frasi sparse che ricordo a memoria: "...cambio treno..." "Adriano! Adriano! Adriano!" "acquasantiera e portacenere" [fra le righe: questa espressione, nel libro, è usata come definizione di Roma. Sfido chiunque a trovarne una più ermetica e più incisiva insieme.] chi ha letto l'Opera potrà ricordare come a volte delle semplici espressioni come quelle che ho elencato possano cambiare l'intero corso di una esistenza. o di un romanzo... in questo un maestro è stato secondo me Joyce. scrivo una frase tratta dal suo capolavoro, che rimane ad oggi sul più alto gradino del podio dei miei libri preferiti. "Si, lo voglio, si." che è la frase conclusiva tratta da "Ulisse", J.Joyce


Miro - 22/01/2007 alle 22:53

Rimanendo in ambito ciclistico, Dino Buzzati ha scritto pagine da antologia della letteratura sportiva. Consiglio a tutti la lettura del suo resoconto cronachistico del Giro d'Italia del '49, comparsa sulle pagine del Corriere della Sera e successivamente in un libro (<>. Quella fu l'edizione della famosa tappa Cuneo-Pinerolo. Ecco come l'epica impresa viene ricordata dal Buzzati: <>. E al termine della tappa questo il ritratto di Bartali sconfitto: <>.


Donchisciotte - 23/01/2007 alle 00:54

Beh... viene voglia di leggere o rileggere tanti libri, leggendo questo thread. In particolare penso sia folgorante la citazione di Pessoa ( il sentirsi una chiosa prolissa a un libro mai scritto), libro da rileggere assolutamente. Non mi viene una citazione in particolare, ma penso che una delle cose più belle in letteratura sia la leggenda del grande inquisitore, che si trova nei fratelli Karamazov. Soprattutto di questi tempi, molto profondo e attuale.


violetta - 23/01/2007 alle 07:45

[quote][i]Originariamente inviato da W00DST0CK76 [/i] Ecco la poesia che fa da preludio a uno dei libri che più amo: Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per un pezzo di pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi - Se questo è un uomo) [/quote] Mai nulla mi ha fatto leggere e rileggere per mille volte un libro come questa poesia. triste, dura, stanca, afflitta...ora che si avvicina il giorno della memoria niente di più azzeccato.


ciclgian - 23/01/2007 alle 08:09

Alcune delizie. Da "La donna senz'ombra" di Hugo von Hofmannsthal (Bisogna nascondere la profondità. Dove? Nella superficie) "Alto sul fiume volteggiava il falco.Lo sguardo dell'Imperatore si fissava su di lui piuttosto che sul sontuoso battello. L'uccello si slanciò verso inaccessibili altezze, la sua ala svelava luminosi abissi del cielo; lo sguardo dell'Imperatore era acceso dall'ebbrezza, ed i suoi sensi erano più inebriati dalla vicinanza della donna stupenda, le cui braccia lo stringevano. Sopra di lui e sotto di lui era il cielo. Il suo sguardo volava di tra le ciglia dietro l'uccello; quand'ecco di fronte a sè, lì verso settentrione, dove i colli si elevano anche più scuri e severi, egli vide avanzare i suoi. Scorse i cavalli, i cani, i falchi; poi una lettiga avanzare oscillando, come un'alcova circondata di fiamme, tanto il sole splendeva su suoi ornamenti d'oro. L'Imperatrice gli giaceva tra le braccia, con lo sguardo vagante rivolto verso l'alto: non trovava il falco nella più alta raggiante dimora del cielo, ma udiva scendere di lassù un canto. Tenere parole, toni leggeri, trovavano incomprensibilmente la via per giungere fino a lei da quell'altezza ..... Le parole fluttuanti cadevano in lei come perle di rugiada. Il cuore le tremava e le mani libere, poichè l'Imperatore nell'eccesso della felicità l'era caduto ai piedi, si giungevano in un moto di stupore sul grembo. Osava appena percepire ciò che pure udiva, osava appena comprenderlo. Non sapeva che dal talismano che portava al petto le parole della maledizione erano state già da tempo cancellate e sostituite da simboli e versi che celebravano l'eterno segreto del concatenarsi di ogni cosa terrena." Da "Pinocchio" di Collodi "Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono a una città che aveva nome "Acchiappacitrulli". Appena entrati in città, Pinocchio vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall'appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l'elemosina d'un chicco di granoturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perchè avevano venduto le loro bellisse ali colorate, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano di farsi vedere, e di fagiani che zampettavano cheti cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d'oro e d'argento, ormai perdute per sempre. In mezzo a questa folla di accattoni e di poveri vergognosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina. ......................................................................"

 

[Modificato il 23/01/2007 alle 08:13 by ciclgian]


superalvi - 23/01/2007 alle 12:08

"celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi celeste dote è negli umani e spesso per lui si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi" U. Foscolo I sepolcri "ah l'uomo che se ne va sicuro agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro" E. Montale Non chiederci la parola anche questa vera e propria profezia di Svevo,la coinclusione della coscienza di Zeno. "la vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo s'è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l'aria,ha impedito il libeor spazio. Può avvenire di peggio.Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze....(i famosi ordigni ndr) Altro che psicanalisi!Sotto la legge del possessore d'ordigni in maggior numerpo prospereranno malattie ed ammalati..." "anch'io sono onesto press'a poco eppure potrei accusarmi di cose tali che mia madre avrebbe fatto meglio a non mettermi al mondo. Sono orgoglioso,vendicativo,ambizioso ho più peccati sottomano che pensieri in cui versarli,fantasia per dar loro forma o tempo per compierli" Amleto III,1


pedalando - 23/01/2007 alle 12:53

Beh se citiamo Montale citiamo tutta la poesia: [i] Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco Perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. [/i]


Rinaldo in campo - 23/01/2007 alle 13:00

Beh, se citiamo Montale, citiamo la mia poesia preferita. A dire il vero l'ho scelta qualche tempo fa un po' arbitrariamente, vista la mia passione per tutta la sua opera. Ma questa... Serenata Indiana [i] E’ pur nostro il disfarsi delle sere. E per noi è la stria che dal mare sale al parco e ferisce gli aloè. Puoi condurmi per mano, se tu fingi di crederti con me, se ho la follia di seguirti lontano e ciò che stringi, ciò che dici, m’appare in tuo potere. Fosse tua vita quella che mi tiene sulle soglie - e potrei prestarti un volto, vaneggiarti figura. Ma non è, non è così. Il polipo che insinua tentacoli d’inchiostro tra gli scogli può servirsi di te. Tu gli appartieni e non lo sai. Sei lui, ti credi te. [/i]


Reggio Emilia - 23/01/2007 alle 22:34

Autobahn - P.V. Tondelli (Altri Libertini) [i]"....Correggio sta a cinque chilometri dall'inizio dell'autobrennero di Carpi, Modena che è l'autobahn più meravigliosa che c'è perchè se ti metti lissù e hai soldi e tempo in una giornata intera e anche meno esci sul Mare del Nord, diciamo Amsterdam, tutto senza fare una sola curva, entri a Carpi ed esci lassù. Io ci sono affezionato a questo rullo di asfalto perchè quando vedo le luci del casello d'ingresso, luci proprio da granteatro, colorate e montate sul proscenio di ferri luccicanti, con tutte le cabine ordinate e pulite che ti fan sentire bene anche solo a spiarle dalla provinciale, insomma quando le guardo mi succede una gran bella cosa, cioè non mi sento prigioniero di casa mia italiana, che odio, sì odio alla follia tanto che quando avrò tempo e soldi me ne andrò in America, da tutt'altra parte s'intende, però è sempre andare via. Ma ci son notti o pomeriggi o albe e anco tramonti, anche questo dovete imparare, che succede il Gran Miracolo, cioè arriva su quel rullo l'odore del Mare del Nord che spazza le strade e la campagna e quando arriva senti proprio dentro la salsedine delle burrasche e dell'oceano e persino il rauco gridolino dei gabbiani e lo sferragliare dei docks e dei cantieri e anche il puzzo sottile delle alghe che la marea ha gettato sugli scogli, insomma t'arriva difilato lungo questo corridoio l'odore del gran mare, dei viaggi, l'odore che sento adesso come un prodigio e che sto inseguendo sulla mia ronzinante cinquecento con su gli scoramenti e dentro tanto vino e in bocca tanta voglia di gridare. Sono sulla strada amico, son partito, ho il mio odore a litri nei polmoni, ho tra i denti la salsedine aaghhh e in testa libertà. Sono partito, al massimo lancio il motore, avanti avanti attraversare il Po, dentro ai tunnel tra le montagne di Verona, avanti sfila Trento sulla destra e poi Bolzano e poi al Brennero niente frontiere per carità, non mi fermo non mi fermo, verso Innsbruck forte forte poi a Ulm, poi via Stuttgart e Karlsruhe e Manneheim, una collina dietro l'altra, da un su e già all'altro, spicca il volo macchina mia, vola vola, Frankfurt, Koln, forza eddai ronzino mio, ormai ci siamo ostia se ci siamo senti il mare? Amsterdam Amsterdam! Son partito chi mi fermerà più?......" [/i] e poi mi piace veramente tanto anche questo estratto: Andrea Maietti - "Canzone per Bugno" [i]".....Pantani, lui sul terzo gradino del podio accenna appena un forzato sorriso. No, lui non è uno nato per l'onore del piazzamento. "Vedremo", usa dire Bugno (non lo voglio ancora credere morto). "Vedrete", lampeggiano gli occhi dell'aquilotto Pantani." [/i]

 

[Modificato il 23/01/2007 alle 22:47 by Carrefour de l arbre]


mattewhawk23 - 24/01/2007 alle 09:40

Josef Conrad Cuore di tenebra "L' orrore,l'orrore!" Bruce Chatwin In Patagonia(ma tutti i suoi libri sono cult) Nadime Gordimer Lugli La Nelson Mandela della letteratura


Felice - 24/01/2007 alle 18:40

[quote][i]Originariamente inviato da Miro [/i] Rimanendo in ambito ciclistico, Dino Buzzati ha scritto pagine da antologia della letteratura sportiva. Consiglio a tutti la lettura del suo resoconto cronachistico del Giro d'Italia del '49, comparsa sulle pagine del Corriere della Sera e successivamente in un libro (<>. Quella fu l'edizione della famosa tappa Cuneo-Pinerolo. Ecco come l'epica impresa viene ricordata dal Buzzati: <>. E al termine della tappa questo il ritratto di Bartali sconfitto: <>. [/quote] Che belle queste parole di Buzzati! Uno come me, che pur non avendo avuto la fortuna di vedere i duelli Coppi-Bartali, si é sempre sentito più dalla parte di Ginettaccio che da quella del grande Fausto, non può che commuoversi nel leggerle! [i]Contro una potenza sovrumana ha lottato Bartali e doveva perdere per forza: la potenza malefica degli anni[/i] Già... a quei tempi l'elisir dell'eterna giovinezza di cui dispongono i corridori oggi non lo avevano ancora scoperto. A proposito di Buzzati, quando si pensa ad un suo romanzo, si pensa, in genere, al conusciutissimo e splendido "Deserto dei tartari". Beh, se non lo avete ancora letto, fate un pensierino a "Un amore". Un altro romanzo veramente straordinario!


Felice - 24/01/2007 alle 18:46

[quote][i]Originariamente inviato da ciclgian [/i] Da "Pinocchio" di Collodi "Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono a una città che aveva nome "Acchiappacitrulli". Appena entrati in città, Pinocchio vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall'appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l'elemosina d'un chicco di granoturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perchè avevano venduto le loro bellisse ali colorate, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano di farsi vedere, e di fagiani che zampettavano cheti cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d'oro e d'argento, ormai perdute per sempre. In mezzo a questa folla di accattoni e di poveri vergognosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina. ......................................................................" [/quote] E che bella pure questa citazione da Pinocchio! Direi che descrive perfettamente il mondo moderno, anche se bisognerebbe un tantino generalizzarla: al giorno d'oggi non é strettamente necessario essere dei "citrulli" per finire spennati...


cancel58 - 24/01/2007 alle 19:52

[quote][i]Originariamente inviato da Felice [/i] A proposito di Buzzati, quando si pensa ad un suo romanzo, si pensa, in genere, al conusciutissimo e splendido "Deserto dei tartari". Beh, se non lo avete ancora letto, fate un pensierino a "Un amore". Un altro romanzo veramente straordinario! [/quote] Concordo pienamente, caro Felice!Lessi "Un amore" trent'anni addietro e mi piacque moltissimo. Sarebbe il caso che lo rileggessi (anche per vicinanza anagrafica con il protagonista:D) Il sottotitolo : come un borghese può impazzire d'amore per una ragazza squillo.


Miro - 24/01/2007 alle 22:58

Bello "Un amore", bellissimo "Il deserto dei Tartari", da cui è stato tratto un film (1976) pregevole, che restituisce fedelmente le atmosfere mute di inesauribile attesa di uno dei più importanti capolavori della letteratura italiana del Novecento.

 

[Modificato il 24/01/2007 alle 23:00 by Miro]


simociclo - 25/01/2007 alle 09:14

[quote][i]Originariamente inviato da cancel58 [/i] [quote][i]Originariamente inviato da Felice [/i] A proposito di Buzzati, quando si pensa ad un suo romanzo, si pensa, in genere, al conusciutissimo e splendido "Deserto dei tartari". Beh, se non lo avete ancora letto, fate un pensierino a "Un amore". Un altro romanzo veramente straordinario! [/quote] Concordo pienamente, caro Felice!Lessi "Un amore" trent'anni addietro e mi piacque moltissimo. Sarebbe il caso che lo rileggessi (anche per vicinanza anagrafica con il protagonista:D) Il sottotitolo : come un borghese può impazzire d'amore per una ragazza squillo. [/quote] A proposito del grande Buzzati, vi segnalo che a Milano, presso la Rotonda della Besana, fino a questa domenica è ancora allestita una bella e originale mostra a lui dedicata. Sono esposti alcuni suoi disegni e schizzi. Buzzati amava definirsi "un pittore che per hoby ha fato il giornalista e lo scrittore". Qualche info sulla mostra: http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp/idelemento/35248


Admin - 25/01/2007 alle 11:22

[quote][i]Originariamente inviato da Miro [/i] Bello "Un amore", bellissimo "Il deserto dei Tartari", da cui è stato tratto un film (1976) pregevole, che restituisce fedelmente le atmosfere mute di inesauribile attesa di uno dei più importanti capolavori della letteratura italiana del Novecento. [/quote] Valerio Zurlini è stato uno dei più bravi e al contempo misconosciuti registi italiani. Davvero consiglio vivamente - oltre al film tratto da Buzzati - il bellissimo "Cronaca familiare" con un impagabile Marcello.


cancel58 - 25/01/2007 alle 16:57

[quote][i]Originariamente inviato da Admin [/i] [quote][i]Originariamente inviato da Miro [/i] Bello "Un amore", bellissimo "Il deserto dei Tartari", da cui è stato tratto un film (1976) pregevole, che restituisce fedelmente le atmosfere mute di inesauribile attesa di uno dei più importanti capolavori della letteratura italiana del Novecento. [/quote] Valerio Zurlini è stato uno dei più bravi e al contempo misconosciuti registi italiani. Davvero consiglio vivamente - oltre al film tratto da Buzzati - il bellissimo "Cronaca familiare" con un impagabile Marcello. [/quote] Di lui ricordo anche "un'estate violenta" e "la prima notte di quiete", con una bella interpretazione di Alain Delon


cancel58 - 25/01/2007 alle 17:05

[quote][i]Originariamente inviato da Miro [/i] Bello "Un amore", bellissimo "Il deserto dei Tartari", da cui è stato tratto un film (1976) pregevole, che restituisce fedelmente le atmosfere mute di inesauribile attesa di uno dei più importanti capolavori della letteratura italiana del Novecento. [/quote] Imperdibili, poi, i Racconti.Alcuni veramente notevoli. Ricordo, tra gli altri, "Sette piani", la storia di un uomo che entra in una clinica per fare dei controlli di routine. Di piano in piano scenderà fino al più basso... Dal racconto venne tratto anche un film con Tognazzi (il Fischio al naso)


kitty!!! - 25/01/2007 alle 17:30

da "lettera ad un bambino mai nato" di Oriana Fallaci: "la mai mamma, vedi, non mi voleva. ero incominciata per baglio, in un attimo di altrui distrazione. e perchè non nascessi ogni sera scioglieva nell'acqua una medicina. poi la beveva, piangendo. la bevve fino alla sera in cui mi mossi, dentro il suo ventre, e le tirai un calcio per dirle di non buttarmi via. lei stava portando il bicchiere alle labbra. subito lo allontanò e ne rovesciò il contenuto per terra. qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa nel sole, e se ciò è stato bene o male non lo so. quando sono felice penso sia stato bene, quando sono infelice penso sia stato male. però, anche quando sono infelice, penso che mi dispiacerebbe non essere nata perchè nulla è peggiore del nulla. io, te lo ripeto, non temo il dolore. esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si abitua come al fatto di avere due braccia e due gambe. io, in fondo, non temo neanche di morire: perchè se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. io temo il iente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l'altrui distrazione. molte donne si chiedono: mettere al mondo un figlio, perchè? perchè abbia fame, perchè abbia freddo, perche venga tradito ed offeso, perchè muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? e negano la speranzache la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per cercare di cancellare le nalattie e la guerra. forse hanno ragione loro, ma il niente è da preferirsi al soffrire? io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente." "vorrei che tu fossi donna. vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto daccordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia un disgrazia. la mia mamma, quando è molto infelice, sospira :"ah, se fossi nata uomo!" lo so: il nostro è un mondo fabbricatodagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio. si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina, si dice figlio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indicare l'assassinio di un uomo e di una donna. [..] eppure, o proprio per questo, essere donna è così affascinante. è un'avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia dai capelli bianchi o una bella ragazza. poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui eva colse la mela: quel giorno nacque una splendida virtu chiamata disubbidienza. infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c'è un'intelligenza che chiede di essere ascoltata. essere mamma non è un mestiere. non è neanche un dovere. è solo un diritto fra tanti diritti. faticherai tanto a ripeterlo. e spesso, quasi sempre, perderai. ma non dovrai scoraggiarti. battersi è molto piu bello che vincere, viaggiare è molto piu divertente che arrivare:quando sei arrivato o hai vinto, avverti un gran vuoto. sì, spero che tu sia donna: non badare se ti chiamo bambino. e spero che tu non dica mai ciò che dice mia madre. io non l'ho mai detto." "una volta conobbi uno scrittore che diceva: ciascuno ha la vita che si merita. come dire che un povero merita di essere povero, che un cieco merita di essere cieco. era un uomo stupido, sebbene fosse uno scrittore intelligente. anche il filo che divide l'intelligenza dalla stupigaggine è un filo talmente sottile, te ne accorgerai. infatti, quando si rompe,le due cose si fondono insieme come l'amore e l'odio, a vita e la morte, che tu sia uomo o donna."


Subsonico - 25/01/2007 alle 22:42

"The many man, so beautiful! And they all dead did lie: and a thousand thousand silmy things Lived on; and so did I" (Samuel Coledrige- Rime of the ancient mariner) TRAD: Tutti quegli uomini, così belli: e ora tutti giacciono morti. E migliaia e migliaia di cose schifose ancora vivono, e così io.


mattewhawk23 - 26/01/2007 alle 09:49

La mente dell'uomo e' capace di qualsiasi cosa - poiche' dentro di essa vi e' ogni cosa, non solo tutto il passato ma anche tutto il futuro. JOSEPH CONRAD


mattewhawk23 - 26/01/2007 alle 09:57

Non mi dire, in tristi cifre, che la vita è un sogno vuoto. Che l’anima è un morto che sonnecchia e le cose non sono quel che sembrano. La vita è reale! La vita è onesta. E la tomba non è il suo fine: Pulvis eras, e polvere tornerai non è detto per l’anima. Né il godere né il dolore sono il fine preordinato, ma l’agire, ché il domani ci veda domani più avanti di oggi. L’arte è lunga, il tempo vola e i cuori, belli e forti, sono i tamburi che scandiscono marce funebri alla tomba. Ampio campo di battaglia è il mondo, è la vita un bivacco, non essere sordo, gregge ottuso! Sii un eroe nella lotta. Non fidarti del futuro, per piacevole che sia lascia che il Passato muoia nel Presente agisci ora! Cuore di petto e Dio dinnanzi! Le vite dei grandi uomini ci ricordano che possiamo rendere sublimi le nostre vite e che, quando ce ne andremo, lasceremo le nostre impronte sulla sabbia del tempo. Impronte che Forse un altro, navigando la sua vita, un fratello smarrito e naufrago vedendo potrà seguire e rincuorarsi. Orsù dunque: coraggio e azione, con il cuore aperto a tutto; sempre in cerca, sempre in viaggio imparando a resistere e ad aspettare. Henry Wadsworth Longfellow Primo Traduttore e redattore della Divina Commedia in America


ProfRoubaix - 26/01/2007 alle 09:58

[quote][i]Originariamente inviato da Subsonico [/i] "The many man, so beautiful! And they all dead did lie: and a thousand thousand silmy things Lived on; and so did I" (Samuel Coledrige- Rhyme of the ancient mariner) TRAD: Tutti quegli uomini, così belli: e ora tutti giacciono morti. E migliaia e migliaia di cose schifose ancora vivono, e così io. [/quote] Subsonico, accidenti a te. :bll: Ieri sera dopo avere letto il tuo post me la sono dovuta cercare e rileggere, non resistevo, troppo bella. Coleridge, che meraviglia :)


claudiodance - 27/01/2007 alle 22:31

Ecco il mio contributo a questo meraviglioso thread del grande Felice. Il libro è "Q", scritto dal collettivo di autori chiamato Wu Ming all’epoca usavano lo pseudonimo multi-uso Luther Blisset). Il romanzo è uno di quelli che mi hanno cambiato la vita. Sicuramente mi ha rivelato un modo di scrivere talmente vicino alla mia sensibilità da indurmi, qualche anno dopo, a buttare giù qualche frase organizzata. Lo consiglio a tutti, è un vero capolavoro. Il passo che riporto è sostanzialmente l’inizio. Non un vero incipit perchè vengono prima un paio di capitoli a prologo. Il vero cazzotto nello stomaco comincia qui. Buona lettura. [i] Frankenhausen, Turingia, 15 maggio 1525. Pomeriggio Quasi alla cieca. Quello che devo fare. Urla nelle orecchie già sfondate dai cannoni, corpi che mi urtano. Polvere di sangue e sudore chiude la gola, la tosse mi squarcia. Gli sguardi dei fuggiaschi: terrore. Teste fasciate, arti maciullati... Mi volto continuamente: Elias è dietro di me. Si fa largo tra la folla, enorme. Porta sulle spalle Magister Thomas, inerte. Dov'è Dio onnipresente? Il Suo gregge è al macello. Quello che devo fare. Le sacche, strette. Senza fermarsi. La daga batte sul fianco. Elias sempre dietro. Una sagoma confusa mi corre incontro. Mezza faccia coperta di bende, carne straziata. Una donna. Ci riconosce. Quello che devo fare: il Magister non deve essere scoperto. La afferro: non parlare. Grida alle mie spalle: - Soldati! Soldati! La allontano, via, mettersi in salvo. Un vicolo a destra. Di corsa, Elias dietro, a capofitto. Quello che devo fare: i portoni. Il primo, il secondo, il terzo, si apre. Dentro. Ci chiudiamo il portone alle spalle. Il rumore cala. La luce filtra debole da una finestra. La vecchia siede in un angolo in fondo alla stanza, su una sedia di paglia mezza sfondata. Poche povere cose: una panca malmessa, un tavolo, tizzoni che ricordano un fuoco recente in un camino annerito dalla fuliggine. Mi avvicino: - Sorella, portiamo un ferito. Ha bisogno di un letto e di acqua, in nome di Dio... Elias è fermo sulla porta, la occupa tutta. Sempre con il Magister sulle spalle. - Per qualche ora soltanto, sorella. I suoi occhi sono acquosi e non guardano niente. La testa dondola su e giú. Le orecchie fischiano ancora. La voce di Elias: - Cosa sta dicendo? Le vado piú vicino. In mezzo al ronzio del mondo, una nenia appena mormorata. Non afferro le parole. La vecchia non sa neanche che siamo qui. Quello che devo fare. Non perdere tempo. Una scala porta di sopra, un cenno a Elias, saliamo, finalmente un letto dove stendere Magister Thomas. Elias si toglie il sudore dagli occhi. Mi guarda: - Bisogna trovare Jacob e Mathias. Tocco la daga e faccio per andare. - No, vado io, tu resta col Magister. Non ho il tempo di rispondere, già scende le scale. Magister Thomas, immobile, fissa il soffitto. Lo sguardo vuoto, appena un battito di ciglia, pare quasi non respiri. Guardo fuori: uno scorcio di case dalla finestra. Dà sulla strada, il salto è troppo alto. Siamo al primo piano, c'è almeno un solaio. Osservo il soffitto e riesco a malapena a distinguere le fessure di una botola. Per terra c'è una scala. Un pasto di tarli, ma regge lo stesso. Mi infilo carponi, il tetto del solaio è bassissimo, il pavimento è coperto di paglia. Le travi scricchiolano a ogni movimento. Nessuna finestra, qualche raggio di luce si infila da sopra tra le assi: il sottotetto. Ancora assi, paglia. Devo stare quasi sdraiato. Un'apertura dà sui tetti: spioventi. Impossibile per Magister Thomas. Torno da lui. Ha labbra secche, la fronte brucia. Cerco dell'acqua. Al piano di sotto sul tavolo ci sono noci e una brocca. La cantilena prosegue incessante. Quando accosto l'acqua alle labbra del Magister vedo le sacche: meglio nasconderle. Siedo sullo sgabello. Le gambe mi fanno male. Tengo la testa tra le mani, solo un attimo, poi il ronzio diviene un fragore assordante di urla, cavalli e ferraglia. I bastardi al soldo dei principi entrano in città. Di corsa alla finestra. A destra, sulla strada principale: cavalieri, picche spianate, rastrellano la via. Infieriscono su tutto ciò che si muove. Dalla parte opposta: Elias sbuca nel vicolo. Scorge i cavalli: si ferma. Soldati a piedi compaiono dietro di lui. Non ha scampo. Si guarda intorno: dov'è Dio onnipresente? Lo puntano. Alza gli occhi. Mi vede. Quello che deve fare. Sguaina la spada, si lancia gridando contro i soldati a piedi. Ne ha sventrato uno, gettato a terra un altro con una testata. Gli sono addosso in tre. Non sente i colpi, afferra l'elsa con due mani come una falce, continua a menare fendenti. Si fanno da parte. Da dietro: un galoppo lento, pesante, il cavaliere carica alle spalle. Il colpo ribalta Elias. È finito. No, si rialza: maschera di sangue e furore. La spada ancora in mano. Nessuno si avvicina. Lo sento ansimare. Strattone alle redini, il cavallo si gira. La scure si alza. Di nuovo al galoppo. Elias allarga le gambe, due radici. Braccia e testa verso il cielo, lascia cadere la spada. L'ultimo colpo: - Omnia sunt communia, figli di cane! La testa vola nella polvere.


barrylyndon - 28/01/2007 alle 09:50

IMMENSO E ROSSO immenso e rosso sopra il grand palais il sole d'inverno appare e scompare Come lui il mio cuore sparira' E tutto il mio sangue se ne andra' Se ne andra' in cerca di te Mio amore Mia belta' E ti ritrovera' la' dove sei tu (J.Prevert) FIESTA e i bicchieri eran vuoti la bottiglia spaccata il letto spalancato e la porta sbarrata E tutte le stelle di vetro della felicita' e della bellezza scintillavano nella polvere della stanza mal ripulita Ero ubriaco morto e gioioso falo' e tu ubriaca viva nuda tra le mie braccia (J. PREVERT. Sono le poesie che, per motivi sentimentali, hanno segnato un periodo irripetibile della mia esistenza.


fagot - 28/01/2007 alle 12:36

Due poesie splendide di Konstantinos Kavafis: Aspettando i barbari e Candele. Oggi arrivano i barbari. Perché mai tanta inerzia nel Senato? E perché i senatori siedono e non fan leggi? Oggi arrivano i barbari. Che leggi devon fare i senatori Quando verranno le faranno i barbari. Perché l'imperatore s'è levato così per tempo e sta solenne, in trono, alla porta maggiore, incoronato? Oggi arrivano i barbari. L'imperatore aspetta di ricevere il loro capo. E anzi ha già disposto l'offerta d'una pergamena. E là gli ha scritto molti titoli ed epiteti. Perché i nostri due consoli e i pretori sono usciti stamani in toga rossa? Perché i bracciali con tante ametiste, gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti? Perché brandire le preziose mazze coi bei ceselli tutti d'oro e argento? Oggi arrivano i barbari e questa roba fa impressione ai barbari. Perché i valenti oratori non vengono a snocciolare i loro discorsi, come sempre? Oggi arrivano i barbari: sdegnano la retorica e le arringhe. Perché d'un tratto questo smarrimento ansioso? (I volti come si son fatti seri!) Perché rapidamente e strade e piazze si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi? S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti. Taluni sono giunti dai confini, han detto che di barbari non ce ne sono più. E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? Era una soluzione, quella gente. ------------------------------------------------- Stanno i giorni futuri innanzi a noi come una fila di candele accese, dorate, calde e vivide. Restano indietro i giorni del passato, penosa riga di candele spente: le più vicine danno fumo ancora, fredde, disfatte, e storte. Non le voglio vedere: m'accora il loro aspetto, la memoria m'accora il loro antico lume. E guardo avanti le candele accese. Non mi voglio voltare, ch'io non scorga, in un brivido, come s'allunga presto la tenebrosa riga, come crescono presto le mie candele spente


cancel58 - 29/01/2007 alle 21:08

Mi piaceva a diciott'anni e mi piace ancora. Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco: t'amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l'ombra e l'anima. T'amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori; grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo il concentrato aroma che ascese dalla terra. T'amo senza sapere come, né quando, né da dove, t'amo direttamente senza problemi né orgoglio: così ti amo perché non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno. Pablo Neruda


Laura Idril - 31/01/2007 alle 10:04

Sono ancora emozionata... Ieri sono stata a sentire Benigni recitare Dante. Ha scelto di parlare dell'amore e recitare il canto di Paolo e Francesca. Mi scendevano le lacrime a pensare quanto è dolorosa la vita senza amore. Amor c'ha nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte che come vedi ancora non m'abbandona.


robby - 31/01/2007 alle 11:04

volevo venire anche io....ma forse visto l'argomento trattato è stato meglio che in questo particolare momento della mia vita io non sia venuto....forse è stato proprio il destino a tenermi lontano dal palatenda ieri sera....


Laura Idril - 31/01/2007 alle 11:12

Ti assicuro Robby che è stato duro anche per me visto che tu conosci quello che mi è capitato in passato. Ma ti assicuro che è stato uno spettacolo memorabile.


robby - 31/01/2007 alle 11:18

Ne sono convinto...quelle volte che ho visto anche solo in tv le performance di Roberto sulla divina Commedia sono sempre rimasto a bocca aperta e con l pelle d'oca


Felice - 01/02/2007 alle 14:17

Una canzone. Ma che canzone! Il simbolo di tutta una generazione... **************************************************** [i]Dio è morto (Guccini) Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente cercare il sogno che conduce alla follia nella ricerca di un qualcosa che non trovano, nel mondo che hanno già lungo le strade che dal vino son bagnate dentro alle stanze da pastiglie trasformate dentro alle nuvole di fumo del mondo fatto di città essere contro ed ingoiare la nostra stanca civiltà, e un dio che è morto ai bordi delle strade dio è morto nelle auto prese a rate dio è morto nei miti dell'estate dio è morto Mi han detto che questa mia generazione più non crede in ciò che spesso è mascherato con la fede nei miti eterni della patria e dell'eroe perché è venuto ormai il momento di negare tutto cio che è falsità e che è di parte e di abitudine e paura una politica che è solo far carriera il perbenismo interessato la dignità fatta di vuoto l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto e un dio che è morto nei campi di sterminio dio è morto coi miti della razza dio è morto con gli uomini di partito dio è morto. Ma penso che questa mia generazione è preparata ad un mondo nuovo e a una speranza appena nata ad un futuro che ha in mano, ad una rivolta senza armi e che noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi risorge in cio che noi crediamo dio è risorto in cio che noi vogliamo dio è risorto nel mondo che faremo dio è risorto [/i] *******************************************************


Stella alpina - 01/02/2007 alle 14:34

quante volte l'ho cantata ... che ricordi! quando ho un pò più di tempo prometto di posare qualche citazione anch'io! Per il momento mi associo a chi elogiava "La luna e i falò" di Pavese, mi avete fatto venire voglia di rileggere ... e mi associo a Laura per le frasi citate dal "Signore degli Anelli" uno dei miei libri preferiti ... anche se il mio libro preferito rimane "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupéry, l'ho letto da piccola come una favola l'ho riletto da grande come un racconto di vita ... [i]Non c'e' niente di perfetto", sospiro' la volpe. Ma la volpe ritorno' alla sua idea: "La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..." La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse. "Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose". "Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" "Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe. "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..." Il piccolo principe ritorno' l'indomani. "Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'. Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro' il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti". "Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe. "Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza". Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina: "Ah!" disse la volpe, "... piangero'". "La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..." "E' vero", disse la volpe. "Ma piangerai!" disse il piccolo principe. "E' certo", disse la volpe. "Ma allora che ci guadagni?" "Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano". Poi soggiunse: "Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua e' unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalero' un segreto". Il piccolo principe se ne ando' a rivedere le rose. "Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora e' per me unica al mondo". E le rose erano a disagio. "Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo' morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, e' piu' importante di tutte voi, perche' e' lei che ho innaffiata. Perche' e' lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perche' e' lei che ho riparata col paravento. Perche' su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perche' e' lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perche' e' la mia rosa". E ritorno' dalla volpe. "Addio", disse. "Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi". "L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe, per ricordarselo. "E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante". "E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurro' il piccolo principe per ricordarselo. "Gli uomini hanno dimenticato questa verita'. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..." "Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe per ricordarselo. [/i]


Andrea Innsbruck - 01/02/2007 alle 16:24

Un'altra canzone del grande Francesco Guccini, il quale ho personalmente conosciuto lo scorso maggio (l'universitá di Innsbruck aveva organizzato una mostra dedicata a lui, il quale venne all'inaugurazione), é "Piazza Alimonda". Questa canzone l'ho sentita per la prima volta in quell'occasione, e mi é rimasta nel cuore. Parla in modo non esplicito del G8 di Genova e dell'uccisione di Carlo Giuliani. Ecco il testo: PIAZZA ALIMONDA - FRANCESCO GUCCINI Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare respiro al largo, verso l'orizzonte. Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte. Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi, parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi. Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera. Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera. Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia; facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia. Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare; una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini. Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini. Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere, piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere, la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza, sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza. Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione, Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione. Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia. Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso, appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso; marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite. Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore, ma come quella vita giovane spenta, Genova muore. Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene. Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene. Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione, dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione, come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare una vita troncata, tutta una vita da immaginare. Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare, c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare. La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda. Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda. La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare, viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare. Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita. Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita dall'album "Ritratti" (2004)

 

[Modificato il 01/02/2007 alle 16:27 by Garda Bike]


Stella alpina - 06/02/2007 alle 08:48

[i] “Perdi tempo, Jon, con me! Ho i riflessi troppo lenti. Sono troppo scemo. Provo e riprovo, ma non ci riesco mai.” Jonathan guardò giù e gli fece un cenno col capo. “Non ci riuscirai no, finché forzi così la cabrata. Fletch, hai perso quaranta miglia all’ora nella fase iniziale. Devi essere più sciolto. Deciso ma scioltissimo, hai inteso?” Planando si portò accanto al giovane. “Adesso ci proviamo insieme, in formazione. E sta’ attento a quella cabrata. Dev’essere scorrevole, il passaggio.” [/i] [i] Lanciò uno sguardo al mare, all’orizzonte. “E’ buffo. Quei gabbiano che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno. Ricordati, Jonathan, il paradiso non si trova né nello spazio né nel tempo, poiché lo spazio e il tempo sono privi di senso e di valore. Il paradiso è…”[/i] da "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach


Felice - 10/02/2007 alle 16:26

Non ricordo dove eravamo. Forse in Galleria Mazzini, alla Fiera del Libro. O forse in un negozio di libri discount, vicino a Piazza Banchi. La mia compagna mi porge un libro. - Guarda cosa ho trovato… - “Kaputt”? Cos’è? Un libro sulla guerra? - Prendilo, è un libro straordinario… Ci risiamo, ancora una volta un libro che avremo in due versioni, francese e italiana. D’altra parte leggere gli autori italiani in francese è un gran peccato… Lo prendo in mano. Le pagine ingiallite. La copertina del colore di quei mattoni pieni di cui son fatte le case di una volta. Casa editrice “Aria d’Italia”, mai sentita prima. Lo giro: 6 euro, non è certo la rovina economica. Porta sulla prima pagina una vecchia stampigliatura: “Biblioteca, Via dei Vassalli, Nervi”. Un libro che qualcuno ha rubato quindi, chissà quando, chissà come… Curzio Malaparte, una prosa deliziosa, una visione del mondo che lo circonda che i Francesi definirebbero “décapante”. Sì, è il termine giusto: “on décape”, per esempio, quando si gratta via la vernice di un vecchio mobile per portarne alla luce la sua vera natura, il legno che sta sotto. Curzio Malaparte, uno scrittore da riscoprire. Kaputt, un libro straordinario. Dopo averlo letto condivido l’opinione della mia compagna. Mille episodi indimenticabili, ognuno dei quali è una piccola gemma smagliante… Ma cos’è Kaputt? Beh, nessuno meglio che Malaparte stesso ce lo può dire e può farcene la storia. Lasciamogli dunque la parola. ************************************************************ [i]Il manoscritto di Kaputt ha una sua storia: e mi sembra che nessuna prefazione convenga a questo libro meglio della storia segreta del suo manoscritto. Ho incominciato a scrivere Kaputt nell’estate del 1941, all’inizio della guerra tedesca contro la Russia, nel villaggio di Pestcianka, in Ucraina, in casa del contadino Roman Suchèna. Ogni mattina mi sedevo nell’orto, sotto l’albero di acacia, e mi mettevo a lavorare, mentre il contadino, seduto per terra presso il porcile, affilava le falci, o affettava le barbabietole e le verze per i suoi maiali. ………… Ripresi a scrivere Kaputt durante la mia permanenza in Polonia e sul fronte di Smolensk, nel 1942. Terminai il libro, fuorché l’ultimo capitolo, nei due anni trascorsi in Finlandia. Prima di tornare in Italia divisi il manoscritto in tre parti, affidandole al Ministro di Spagna a Helsinki, Conte Augustin de Foxà, che lasciava il suo posto chiamato a Madrid presso quel Ministero degli Esteri, al Segretario della Legazione di Romania a Helsinki, Principe Dinu Cantemir, che andava a raggiungere il suo nuovo posto presso la Legazione di Romania a Lisbona, e all’Addetto Stampa della Legazione Romena nella capitale della Finlandia, Titu Michailesco, che si recava a Bucarest. Dopo una lunga odissea, le tre parti del manoscritto pervennero finalmente in Italia. Nel Luglio del 1943 mi trovavo in Finlandia: non appena ebbi notizia della caduta di Mussolini, tornai in volo in Italia e mi recai a Capri, per attendervi lo sbarco degli Alleati e a Capri, nel settembre del 1943, terminai l’ultimo capitolo di Kaputt. Kaputt è un libro crudele. La sua crudeltà è la più straordinaria esperienza che io abbia tratto dallo spettacolo dell’Europa in questi anni di guerra. Tuttavia, fra i protagonisti di questo libro, la guerra non è che un personaggio secondario. Si potrebbe dire che ha solo un valore di pretesto, se i pretesti inevitabili non appartenessero all’ordine della fatalità. Non v’entra in altro modo. Direi che v’entra non da protagonista, ma da spettatrice, in quello stesso senso in cui è spettatore un paesaggio. La guerra è il paesaggio oggettivo di questo libro. Il protagonista principale è Kaputt, questo mostro allegro e crudele. Nessuna parola, meglio della dura, e quasi misteriosa parola tedesca Kaputt, che letteralmente significa “rotto, finito, andato in pezzi, in malora”, potrebbe dare il senso di ciò che noi siamo, di ciò che ormai è l’Europa: un mucchio di rottami. E sia ben chiaro che io preferisco questa Europa kaputt all’Europa di ieri, e a quella di venti, di trent’anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover tutto accettare come un’eredità immutabile. Speriamo ora che i tempi nuovi siano nuovi realmente, e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana ha bisogno di rispetto, non meno che di libertà. Ho detto “speriamo”, non già perché io non creda nella libertà e nei suoi benefici, (mi si consenta di ricordare che io appartengo al numero di coloro, che hanno pagato con la prigione e con la deportazione nell’isola di Lipari la loro libertà di spirito e il loro contributo alla causa della libertà), ma perché conosco, ed è di pubblico dominio, quanto sia difficile in Italia, e in gran parte dell’Europa, la condizione umana, e quanto pericolosa la condizione di scrittore. Che i tempi nuovi siano dunque tempi di libertà, e di rispetto per tutti: anche per gli scrittori. Poiché soltanto la libertà, e il rispetto della cultura, potranno salvare l’Italia e l’Europa da quei crudeli giorni, di cui parla Montesquieu nell’ “Esprit des Lois”: “Ainsi, dans le temps des fables, après les inondations et les déluges, il sortit de la terre des hommes armés, qui s’exterminèrent”. [/i] *************************************************


miky70 - 28/06/2007 alle 23:00

Sto leggendo "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafon - Mondadori Le prime 40 pagine sono un po' lente, mai poi il libro diventa intrigante ed affascinante.... Lo trovo bellissimo.


EugeRambler - 28/06/2007 alle 23:19

visto che michela ha riportato alla luce questo vecchio thread, vi regalo un mio racconto. nulla di inventato, tutto vero, almeno credo...


EugeRambler - 28/06/2007 alle 23:19

Memorie del Treno. 2007. 01 febbraio 2007 I Quello che mai di questo viaggio potrò dimenticare, sarà l’odore acre del fumo. Fumo, acre come quello che i camini di Auschwitz distribuivano generosamente al cielo della campagna polacca. II Il fondo del vagone ha il finestrino sbloccato; lo apro e guardo fuori. C’è la neve, il cielo è stellato, interrotto solo da qualche solitaria nuvola bianca. Il treno arranca in salita. Tra poco sarà Italia. Vorrò essere sveglio. Due ragazze vengono per utilizzare il bagno. La prima ad uscirne mi saluta. Mi vede scrivere: “Ognuno ha la propria poesia – dice – e io canto”. Un favoloso De Andrè, la protagonista è Marinella. Il momento è quello ideale per accendere mezzo toscano. Io scrivo e lei canta, di lì a poco accompagnata dall’amica della notte. Già, è notte. Il treno è silenzioso. Il brulicare di questo formicaio dal cuore di metallo, è ormai un ricordo dell’ultima serata di viaggio. Un momento malinconico, si sa. “…e come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose”. Le applaudo. La ragazza con la maglietta nera smanicata e la kefia al collo mi porge la mano. Mi dice il suo nome; le dico il mio. Sono passati pochi minuti e quel nome già manca ai miei ricordi. Rimarrà Marinella. Mi accarezza: “Ciao poeta”. III Lo sguardo torna alle montagne, la mente al viaggio. Un’esperienza forte, sublime. Birkenau, Auschwitz, tanti volti e tante storie, ognuna diversa, tutte su questo treno. Tutte in viaggio, ognuna con la stessa, ma allo stesso tempo, propria e personale meta. L’odore del fumo è svanito, c’è solo il profumo di un sigaro e l’aria gelida e nevosa che passa attraverso il finestrino aperto. Un gruppo di cinquanta persone, partito cinque giorni fa, destinazione Cracovia, si è fatto comunità viaggiante. Questi tredici gruppi, così diversi, una festa di giovani. IV I miei pensieri per un attimo si bloccano. Troppi cercano di uscire, tutti insieme, e lo sbocco, la luce è sottile come la punta di questa penna blu che scorre sopra il foglio. Il momento è presto interrotto, ritorna la voce dolce di poc’anzi. Ha una sigaretta in mano e ricorda il mio nome. Non le chiedo nuovamente il suo. Voglio che rimanga Marinella. Scambiamoqualche veloce e sincera parola. Il mio sigaro è presto un mozzicone, la sua bionda, ora, una cicca da buttare. Questa volta la bacio: “Buonanotte”. V Sarà una buona notte, ne sono certo, ma non voglio ancora dormire. Torno in cuccetta, mi siedo sul pavimento e cerco di scorgere i nomi delle piccole stazioni che attraverso. Ritorno a scrivere le righe di qualche istante addietro. D’improvviso dal vetro filtrano tante luci, dalle lunghe banchine di una stazione più grossa delle altre: Klagenfurt. Tra poco sarà casa. Stacco la penna dal foglio, chiudo il mio libro e guardo fuori. Francesco nel sonno russa come un trombone. Spengo il lumicino del mio giaciglio. Fuori è già Villach. Ci siamo quasi. Il sonno attenderà. VI No, ha vinto Morfeo. Al mio risveglio il formicaio è riapparso. I sentimenti sono tanti, veri e contrastanti. C’è la gioia, la stanchezza, la nostalgia e la voglia di non arrivare mai in stazione. Saluti, scambi di numeri e indirizzi, pensieri e dediche, braccialetti e sguardi, sorrisi e abbracci. Le visioni esterne sono sempre più familiari. I nomi delle stazione, quelli conosciuti. Si vede Superga: siamo davvero a casa. E’ tutto finito. E’ tutto finito? No, credo di no. Il gruppo B, parte di esso, è stato davvero gruppo. Ci rivediamo ragazzi! Torino Porta Nuova: il capolinea. 13 febbraio 2007 VII Erano giorni ormai che volevo continuare questo personalissimo scritto. La notte che ho davanti credo propizia, ed eccomi qui, non più con la penna blu di Roberta in mano, ma con le dita sulla plastica della tastiera. I ricordi però non sono certo nemmeno sbiaditi. Ancora nitidi e precisi posso cercarli negli angoli più prossimi della mia mente. E come ovvio, ci metto poco, praticamente nulla a ritrovarli, esattamente lì dove li avevo lasciati qualche giorno or sono scendendo dal treno già fermo in stazione. Sono però ricordi più meditati, ma non per questo meno veri. Posso ammirare dall’alto del dopo il viaggio nella sua interezza, nella sua semplice complessità. Un solo problema: da dove cominciare? VIII E’ quasi scontata la risposta. Dall’inizio chiaramente. Un sabato mattina, si preannuncia una bella giornata di sole, ma l’aria è fredda su Torino. Mi alzo presto, cosa che non amo davvero. Per fortuna la valigia è pronta a partire. Me ne sono ricordato la sera prima in fretta e furia. Un saluto a casa e via…si parte. Ma ci sono ancora tante ore davanti a me prima che il treno muova verso est. Arrivo in una Piazza Castello tranquilla e ancora addormentata, davanti al Regio ci sono più Agenti che viaggianti. Aspetto le mie tre compagne d’avventura. Sabrina è la prima ad arrivare. Nel frattempo il porticato si popola. Poco a poco, senza quasi che ce ne si accorga, siamo ormai una folla. Tutti con valigia e giacca pesanti. Tutti pronti. Arriva anche l’altra metà della Labor: ci siamo tutti. IX Entriamo a Teatro. Forse in tanti anni di onorata storia il Regio un pubblico così non lo ha mai avuto! Sembriamo tanti scappati da casa, e un po’ lo siamo davvero! o almeno, io mi sento così. Da qualche cosa in fondo sto scappando anch’io. Gruppo B, colore giallo. Dicono sia il colore dei pazzi. Poco male, è pur sempre allegro. Iniziano a incrociarsi gli sguardi con gli altri partenti del drappello B, ma per le prime impressioni, quelle che ti rimangono tatuate nella mente, bisogna pazientare ancora un po’. Ora bisogna andare a disonorare un altro tempio della cultura cittadina. Il Teatro Carignano è un gioiello di eleganza barocca, al pari della piazza che lo accoglie. X L’assemblea sembra eterna, sebbene non occupi più di due ore. La voglia di partite è tanta, deforma la stessa concezione del tempo. La conclusione è un augurio: buon viaggio ragazzi! XI In corteo verso Porta Nuova. Con le valigie a mano. Suscitiamo stupore e divertimento in molte delle persone che incrociamo lungo la strada. Gli automobilisti che blocchiamo sono inevitabilmente meno divertiti. Chi ha fretta non prenda l’auto, no? Arrivati in stazione, sembra di aver già compiuto un grande viaggio, ma non siamo che all’inizio. Ultimo controllo ai documenti e via…si sale in carrozza. La sistemazione è operazione davvero difficoltosa. I numeri sembrano non tornare mai. Mi infilo nel primo scompartimento ove trovo un posto libero. Ci sono cinque ragazzi. Fanno quinta al Bodoni. Ci presentiamo, tanto i nomi non li ricorderò mai in una sola volta. Poi per magia si libera un posto con la mia società sportiva: mi ci infilo, ma mi staccherò presto dallo scoglio. XII Il pomeriggio lo spendo a fare la conoscenza dei compagni di viaggio. Ne nascono anche alcune belle chiacchierate impegnate. Lo spirito sembra davvero quello giusto. Giusto per un’esperienza che sarà sicuramente crescita personale, ma anche divertimento, componente che in occasioni come questa credo davvero indispensabile e totalmente positiva. I ragazzi sono davvero delle persone interessanti. Tutto è cominciato nel migliore dei modi possibili. Le particolarità del viaggio si sono già tutte presentate. A partite dall’odore del fumo, che ho già eletto a protagonista indiscusso. XIII Poi dai finestrini inizia a vedersi la neve. Sempre più copiosa, sempre più immanente. Siamo presto fermi a Tarvisio: cambio di locomotore e poi…ciao Italia! E’notte. Le cuccette incutono un po’ di claustrofobico timore, ma è meglio chiudere gli occhi qualche ora. Sonno interrotto però. “Passport, Passport!” Tutto in regola. Si torna a dormire, ma ci sarà un altro controllo. XIV Questo viaggio sembra davvero non finire mai. I paesaggi che attraversiamo sono tutti così uguali e tristemente aridi di colori ed emozioni. Siamo davvero al di là del muro. La stazione di Cracovia sembra un miraggio. Un miraggio con un enorme specchio tra il nostro e il binario adiacente: un treno identico, tanti giovani affacciati ai finestrini, facce stanche e sorridenti, felici e malinconiche. Una gran voglia di fare casino, di salutare nel modo più rumoroso possibile quel treno fotocopia che si è appena affacciato al binario di fianco. Un treno appena arrivato di qua, uno che sarebbe partito di lì a poco dall’altro lato. Il testimone è passato. Noi, staffette, pronti a scendere e cominciare una nuova avventura in mezzo alla neve polacca che saluta il nostro arrivo. XV Giù dal treno e su sul pullman. Sempre in viaggio, ancora per poco. Sabina, la nostra animatrice indigena, offre il suo benvenuto. Pochi minuti e siamo in ostello. Letto e bagno sono i traguardi più ambiti. Da tutti. Ah, quasi dimenticavo, le socie sportive sono finite per qualche oscuro motivo in un altro gruppo, ma ormai sono così inserito in questa emozione che non me ne curo assolutamente. Capito in camera con quei ragazzi che il giorno prima ho conosciuto nel primo degli scompartimenti visitati: ora mi tocca impararne i nomi per davvero! XVI Si comincia subito a socializzare e non potrebbe essere altrimenti. La cucina che abbiamo a disposizione sembra proprio il luogo ideale. Un tè caldo, quattro chiacchiere e qualche immancabile tirata di culo alle ragazze già operose con piastre e spazzole. Dodo, l’animatrice che ci accompagna, insieme a Davide, già da Torino, ci propone un breve gioco di conoscenza. Avete presente gli speed date? No, non ci sono mai stato, però se ne sente parlare, ce n’era uno in un film di Verdone. Ecco quella era stata la mia esperienza più diretta mai avuta con uno speed date. Praticamente pochi secondi per presentarsi, conoscersi e sperare di trovare l’anima gemella. L’ultimo fine è per ora abolito, ma il gioco non perde certo la sua indole di puro divertentismo. Ne viene fuori un gran baccano, ma ora ci conosciamo davvero tutti. XVII Si esce. Vestiti pesanti e scarponi pronti all’uso. Il problema più pressante è la fame, ma non da meno è la voglia di una fresca birra. Senza sloti però siamo a piedi. Tappa al cambio obbligatoria quindi, con annesse e strepitose teorie new-economiche di Vincenzo, perle che accendono sonore risate in tutti gli udenti. XVIII “Là, dove c’è quell’insegna di quella birra tedesca che non è niente male”. La maggior parte dei locali hanno l’insegna sulla via o nella piazza, ma poi si nascondono nei cortili degli isolati. “Ehi, hai visto che poco che viene una media? Ma non beviamo solo”. Così parte la nostra prima cena straniera. E siamo davvero italiani, lo si vede, abbiamo un non so che del Totò dentro. E così siamo presto protagonisti e forse un po’ zimbelli nella sala. Un signore del posto che bene conosce l’italiano ci aiuta con il menù, e un altro gruppo che non ne capisce proprio un accidente, ma che noi coinvolgiamo ugualmente nella nostra baraonda, ci consiglia qualche piatto. A Cracovia non si mangia male. XIX La serata prevede una festa in una discoteca poco distante dal centro. DJ set e alcol in abbondanti dosi riempiono il ritrovo. La raccomandazione è di non esagerare coi bagordi, domani si va ai campi. Il ritorno in ostello non è quindi ritardato eccessivamente, ma sinceramente…”chi ha voglia di dormire?” In cucina si prosegue la chiacchierata interrotta nel tardo pomeriggio. Quando la notte è già fonda tocchiamo finalmente il letto. Domani mattina la sveglia sarà un incubo. XX Forse incubo non lo è stato, ma noi zombi di sicuro. Qualcuno ha fotografato le nostre facce? Sarebbe da farci su delle grasse risate. Stiamo per partire, l’atmosfera si fa inevitabilmente più seria, o forse è solo il sonno arretrato. Sul pullman usciamo dalla città, la campagna è monotona come quella mirata dal treno. Siamo a Birkenau. XXI Il muro di cinta non finisce mai, da solo mette i brividi. Dalla torre di guardia si fatica a scorgere i confini del campo. Il vento sbatte sui vetri e rende ancora più grigio l’animo. I binari entrano nel campo, si diramano, si fermano al fondo, lontano. XXII Una lettura accompagna il nostro ingresso all’inferno, freddo e neve non anestetizzano la mente però, che ha sete di conoscere. Entriamo in un block, poi le latrine. Orrore. Avanti, seguendo i binari, vento che ti sputa sul viso proiettili di ghiaccio che bucano la pelle. Ci fermiamo a metà strada: un’altra lettura. Anche chi come me, si violenta per non provare emozioni, per lasciare campo libero alla razionalità, deve arrendersi. Mi guardo intorno, punto uno ad uno gli occhi dei miei compagni: tutti, nessuno escluso, con un paralizzante macigno nel cuore e gli occhi che vorrebbero piangere. Il nodo alla gola; ci pensa lui a imprigionare le lacrime. XXIII Giungiamo quindi alla fine, camere a gas e forni fatti saltare in aria nell’inutile tentativo di nascondere al mondo un’infamia senza perdono. Un monumento commemorativo, non saprei ricordare come fosse fatto precisamente, né elencare qui le parole scolpite in varie lingue su altrettante targhe. Il ghiaccio ha smesso di piombare con tumultuosa violenza dal cielo, spunta il sole. Birkenau si illumina, sembra paradossalmente un luogo sereno di pace. Ma le nubi nere come la morte sono poco distanti verso est, o almeno credo fosse est. Non sarà facile dimenticare quel cielo. Sarà impossibile dimenticare quel contrasto tra l’inferno nel quale stavamo camminando e il paradiso azzurro e luminoso che si mostrava ai nostri occhi, tesi verso l’alto. XXIV Abbiamo camminato sulla sofferenza, sulla morte e sulle ceneri di un milione e mezzo di uomini, che la storia ha fatto incontrare proprio qui, in quello che era un punto qualsiasi della superficie del nostro pianeta. Era un punto qualsiasi. E’ stato, e ormai sarà per sempre Birkenau. XXV Auschwitz non è meno sconcertante. Non mancano anche qui, tristemente, gli stessi luoghi di inutile tortura, protagonisti in tanti altri inferni sparsi per l’Europa, e non solo. Un luogo divenuto museo, a imperituro ricordo di ciò che vi accadde. Cataste di oggetti: vasi e pentole, pettini e rasoi, scarpe e valigie, capelli e occhiali. Latte una volta colme del gas usato nelle docce, catalogate, etichettate meticolosamente, nessuna esclusa. Uno sterminio elevato a sistema burocratizzato in ogni sua più piccola e insignificante piega e sfumatura. XXVI Il piazzale dell’appello è gremito di giovani, là dove ben sappiamo quel che successe. Si giura “mai più”. Ognuno di noi ha in mano un lumino. Li accendiamo, passiamo il fuoco di mano in mano. Una luce, una speranza è entrata oggi ad Auschwitz. Rimarranno dentro Auschwitz quelle centinaia di luci, un po’ per ogni angolo che ancora trasuda sofferenza, all’interno del lugubre cancello, che pare una porta infernale dantesca, sul quale campeggia il famoso arbeit macht frei, atroce scherno per una moltitudine di condannati, per i quali l’unica via d’uscita fu il camino. Altre luci usciranno, però, da questo infausto luogo. La luce che ognuno di quei 650 viaggianti ha donato a se stesso visitando il campo. XXVII Abbiamo camminato sulla sofferenza, sulla morte e sulle ceneri di un milione di uomini, che la storia ha fatto incontrare proprio qui, in quello che era un punto qualsiasi della superficie del nostro pianeta. Era un punto qualsiasi. E’ stato, e ormai sarà per sempre Auschwitz. XXVIII Giornata carica di emozioni quel lunedì 29 gennaio. Tornati in città ci attendeva una rappresentazione teatrale. Eravamo stanchi, l’idea di sederci in un teatro nel quale di colpo si sarebbero spente le luci e aperto il sipario, formicolava in noi soporiferi pensieri. Non ho staccati gli occhi dalla scena, non fosse altro che per battere le ciglia. Veloci frammenti e lenti intermezzi hanno scandito il ritmo di un’emozione che lentamente ha lasciato un sorriso sulle labbra. E gli occhi felici. Un lungo applauso, doveroso, un simbolico biglietto pagato ad un gruppo di giovani artisti, capaci di inscenare violenza e dolcezza, tumulto e quiete, odio e amore su pochi metri quadri di palco e nell’arco di uno scarso giro di lancette d’orologio. XXIX Non di sola conoscenza ed emozione si può vivere però. Siamo un groppone, unito nella voglia di cenare sì, ma soprattutto di passare una serata di festa insieme. Perché è questo lo spirito che ci deve guidare. Imprescindibili e importanti i momenti di riflessione, ma tutti legati dallo spirito festoso che ti permette di fare tesoro ancor più caro dell’esperienze vissute. L’arte dell’arrangiarsi ci permette facilmente di trovare, o meglio, di arrangiare una tavolata tanto capace. Qualche incomprensione linguistica ci costringe a bere alcune birre in più, ma non è certo un male. Lo facciamo di buon grado. Fuori è freddo e di passeggiare accompagnati dalla grande stanchezza non abbiamo molta voglia. L’ostello, l’amico luogo che per pochi giorni abbiamo pensato casa ci accoglie. E ci terrà compagnia per tutta la notte, una notte che alcuni di noi non vogliono proprio dormire. Tiranno è il tempo quando conosci il momento della fine, sfruttarne ogni attimo è l’unica arma di cui disponiamo. In culo il sonno! 14 febbraio 2007 XXX A fatica siamo arrivati desti a mattino. Però siamo i primi a fare la colazione non appena arrivano latte e brioches. Mattinata rilassante quella di martedì, in programma un momento di riflessione di gruppo. Siamo numerosi, non è proprio tutto il gruppo, ma è un risultato accettabile. Si parla, si discute, a tratti in modo anche animato. La grinta non manca. Non tutti prendono parte alla diatriba. C’è chi preferisce ascoltare e chi da Morfeo è ancora parecchio rapito. Ma coloro che intervengono lo fanno con il cuore, a prescindere dalle posizioni espresse. Siamo un bell’esempio di democrazia. Ognuno vuole trasmettere qualcosa ai compagni di viaggio, e allo stesso tempo è desideroso di imparare dagli altri, da chi è più riflessivo, più preparato, o semplicemente più grande. Abbiamo due prof in gruppo, ma questa mattina non ci sono cattedre e banchi. Solo una stanza dentro la quale siamo tutti uguali. XXXI Pessima idea andare a mangiare una pizza a Cracovia. Una di quelle cose da annotare sull’agenda e non ripetere mai più. Intesi? Però quando il tempo te lo porta via lo shopping, o perlomeno il tentativo di acquistare qualcosa, e la fame chiama… I prezzi sono bassi, ma non trovo nulla che mi aggrada. Quindi non acquisto. Semplice! XXXII Il sonno mancato della notte inizia a farsi sentire dopo pranzo. E manca ancora l’assemblea. La passeggiata fino alla Facoltà di Giurisprudenza di Cracovia non produce effetti destanti. E i seggi dell’aula magna sono tremendamente comodi. A dire il vero è proprio una bella struttura. O sarà l’abitudine a Palazzo Nuovo?! Mi concedo qualche minuto di sonno prima che cominci il comizio. Mi sveglia l’applauso iniziale. E sono subito pronto. Ho proprio voglia di sentire cosa si dirà, sono curioso. Il tema è spinoso. L’aula prende dopo poco una strana piega. Sicuramente il momento più basso di un viaggio fantastico. Libertà di parola e niente censura: armi a doppio taglio. XXXIII Per fortuna la serata è decisamente migliore. Sabina ci porta a mangiare in un ristorante polacco niente male. E poi concerto al Rotunda. Ci arriviamo in taxi con gli sloti contati. Menomale che qualcuno è spuntato fuori dalle tasche durante il tragitto altrimenti… I Fratelli di Soledad animano la serata, assieme alla birra ovviamente. Ho proprio voglia di fare casino. Qualche media e mi scateno un po’ nel pogo. Come ai vecchi tempi. E chi l’avrebbe mai più pensato? E’ lo spirito di festa che mi ha definitivamente contagiato. Va bene così! Alla fine, praticamente ci cacciano dal locale e, stavolta a piedi, facciamo ritorno all’ostello. “Ma dove "particolare anatomico che, se rotto, simboleggia seccatura" va Kennedy?” XXXIV Siamo in cucina quando Ken spunta dalla porta con birra e vodka in mano. Ce n’è per tutti. Notte di festa allora. E questa notte siamo più della passata. Inventiamo un gioco: ci scambiamo a turno le prime impressioni che i compagni di viaggio, volti divenuti familiari ormai, hanno destato in noi. E’ divertente. E il tempo vola. E’ subito mattino. XXXV Tempo di valigie, e di pensieri rivolti al ritorno. Alla spesa da fare per i pasti sul treno, agli ultimi souvenir da regalare. Poche e convulse manciate di minuti e siamo di nuovo sulla via di casa. In stazione siamo costretti ad aspettare il treno per più di un’ora. L’attesa è snervante. Abbiamo occupato pacificamente il sottopasso della stazione. Il modo migliore per passare il tempo, neanche a dirlo, è un po’ di festa. Giusto? Spunta qualche chitarra e qualche bongo. Basta poco per creare gioia e regalare un sorriso. Arriva il treno. Ciao Cracovia! XXXVI La musica continua a farla da padrona anche mente la locomotiva marcia spedita verso la meta. Si canta, si beve e si mangia. Ovviamente fa la ricomparsa anche il tremendo e acre odore del fumo. Il protagonista. XXXVII Il treno corre verso il tramonto. Veloce. Il resto è storia già narrata. Eugenio Vittone


Carrefour de l arbre - 29/06/2007 alle 00:14

[quote][i]Originariamente inviato da miky70 [/i] Sto leggendo "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafon - Mondadori Le prime 40 pagine sono un po' lente, mai poi il libro diventa intrigante ed affascinante.... Lo trovo bellissimo. [/quote] vedrai verso la fine, ti inchioda letteralmente alle pagine. Dopo aver letto le prime pagine ero scettico anch'io, ma diventa sempre più coivolgente.


superalvi - 29/06/2007 alle 21:03

a proposito il giorno 26 è spirato Luigi Meneghello all'eta di 85 anni grande scrittore vicentino del dopoguerra, fra le sue bellissime opere ricordo Libera Nos a Malo del 1963 stupendo romanzo culturale dove italiano e dialetto danno vita a una specificità linguistica senza pari,uno dei classici della letteratura italiana degli ultimi 50 anni. é stato anche titolare della cattedra di lingua e letteratura italiana a Reading daò 1947 al 2000 segnalo il triste evento perchè Meneghello con Zanzotto, Rigoni Stern ha dato voce nel secolo passato ad una Cultura Veneta vera e propria, altro che quella che ci viene propinata dalla classe dirigente a forza di radicchio e sagre paesane. consiglio a tutti i libri di Meneghello


ianni - 30/06/2007 alle 06:46

Io ho cominciato a leggere. "Un altro giro di giostra" di Tiziano Terzani[i] [/i] Sottolineo un passagio: I miracoli? Certo che esistono, ma sono convinto che ognuno deve essere artefice del proprio.Soprattutto sono convinto che la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi è ancora estremamente limitata e che dietro le apparenze, dietro ai fatti, c'è una verità che davvero ci sfugge, perchè sfugge alla rete dei nostri sensi,ai criteri della nostra scienza e della cosidetta nostra ragione.


magliarossa - 29/09/2007 alle 12:58

Ieri sera ho letto un racconto di fantascienza dello scrittore americano Bruce Sterling (Il riparatore di biciclette, scritto nel 1996 e ora contenuto nell'antologia Un futuro all'antica, edita in Italia da Mondadori) in cui il protagonista è un giovane meccanico di biciclette, in un futuro neanche troppo lontano. La cosa divertente è che nel racconto ci sono un paio di citazioni ciclistiche: a un certo punto si parla del vincitore del Tour de France del 2033, un certo Aldo Cipollini, poi si fa riferimento alla "Summer Classic di Liegi", che sarebbe stata vinta da un certo Marco Cenghialta... :D:D:D


Felice - 01/11/2007 alle 11:50

Da: "La zattera di pietra" di José Saramago. *********************************************************** [i]Atto difficilissimo è quello dello scrivere, una tra le maggiori responsabilità, basti pensare al lavoro estenuante di disporre in ordine cronologico gli avvenimenti, prima questo, poi quello, oppure, se più convenga alle necessità dell’effetto, il fatto di oggi posto prima dell’episodio di ieri, e altre non meno rischiose acrobazie, il passato come fosse avvenuto adesso, il presente come un continuo senza presente né fine, ma per quanto si sforzino gli autori, c’è un virtuosismo che non possono compiere, mettere per iscritto, contemporaneamente, due fatti avvenuti nello stesso tempo. C’è chi ritiene che la difficoltà si risolva dividendo la pagina in due colonne, fianco a fianco, ma l’espediente è ingenuo, perché prima se n’è scritta una e solo dopo l’altra, senza dimenticare che il lettore dovrà leggere prima questa e poi quella, o viceversa, a chi va bene sono i cantanti d’opera, ciascuno la propria parte nel gran finale, tre quattro cinque sei fra tenori bassi soprani e baritoni, tutti a cantare parole diverse, per esempio il cinico beffeggiante, l’ingenua supplicante, il prim’attore tardo ad accorrere, allo spettatore quello che interessa è la musica, ma per il lettore non è così, lui vuole tutto spiegato, sillaba per sillaba e una dopo l’altra, come si vedono qui. E’ per questo che, visto che si è parlato per primo di Joaquim Sassa, solo adesso si parlerà di Pedro Orce, mentre Joaquim che lancia una pietra in mare e Pedro Orce che si alza dalla sedia sono due fatti avvenuti in un unico istante, anche se per gli orologi ci sarebbe stata un’ora di differenza, per via che questi è in Spagna e quello in Portogallo.[/i]


Carrefour de l arbre - 24/08/2008 alle 13:08

[i][...]"ma se non sapete più da chi, se non sapete più dove andare! Bisogna pure, vedete, che ogni uomo abbia la possibilità di andare da qualcuno! Arrivan infatti certi momenti in cui occorre assolutamente poter andare da qualcuno! [...][/i] L'impiegato Marmeladov, Delitto e castigo, Dostoevskij


violetta - 26/08/2008 alle 14:01

consiglio a chi ama leggere autori stranieri ed appartenenti a culture diverse dalla nostra: il cacciatore di aquiloni


Abajia - 26/08/2008 alle 14:45

Quel libro mi è stato consigliato anche dalla mia prof di filosofia, solo che in quel periodo stavo leggendo il "mattone" [i]Mondo senza fine[/i] di Stephen King e non avevo molta voglia di intraprendere altre letture (anche perché ero totalmente preso da quel libro: meraviglioso). Ora però un pensierino credo di potercelo fare... ;)


Carrefour de l arbre - 12/10/2008 alle 15:47

E' possibile rinominare questo thread in "Parliamo di libri (del passato e del presente)"? Ho aspettato che finisse la stagione per chiederlo: abbiamo davanti un lungo inverno, e mica possiamo sempre finire a parlare di "....com'era bello quel giorno il Gianni sul Grammont" [cit.] :D


Carrefour de l arbre - 23/10/2008 alle 21:25

Dopo uno scmabio di opinioni con Felice in mp, abbiamo scelto di non rinominare il thread ma di far sì che si parli di libri il più possibile, non solo per indicare brani particolarmente "sentiti", ma per consigli, mini-recensioni, suggerimenti. Inauguro io il nuovo corso parlandovi di un libro che ho appena terminato, cioè "una vera follia" di James Crumley. Sono un appassionato di hard boiled, e sono stato trattato come un appestato quando, poco più di un mese fa, è morto proprio lo stesso Crumley senza che io non solo non avessi letto nulla, ma che neppure lo avessi mai sentito nominare. Ho deciso così di colmare questa lacuna facendo qualche ricerca per poi passare in biblioteca: purtroppo non c'era "l'ultimo vero bacio", unanimemente considerato il suo vertice, così ho ripiegato per "una vera follia". Non l'avessi mai fatto. Una storia strampalata condita da un detective brutto, sporco e cattivo che alla fine trova il bandolo della matassa, con metodi alla rambo e linguaggio finto scurrile. Mentre lo leggevo lo paragonavo agli ultimi obbrobri tarantiniani, relativamente a storie strampalate condite di morti (così non si medita sulla trama), e ad un Pinketts che si prende sul serio.... Per chi, come me, si è divorato tutti i romanzi della serie della Factory di Derek Raymond, "il mio nome era Dora Suarez" rimane un acme inarrivabile. P.S. Non so se sia per una questione culturale o cosa, ma mi riesce sempre difficile apprezzare la letteratura americana. Vado in trip quando rileggo il dialogo tra Svidrigajlov e Raskolnikov o quando ritrovo il passaggio del grande inquisitore, ma anche altri romanzi, come il pluridolatrato "furore" di Steinbeck, non mi hanno mai entusiasmato.


desmoblu - 23/10/2008 alle 21:33

Eh.. in tema di confessioni: non sono mai riuscito a finire Tropico del Cancro di Miller. Consigli? Finisco i due-tre libri che sto leggendo, poi dico qualcosa. Il classicone che intanto sto riscoprendo è il Don Chisciotte.


Felice - 31/10/2008 alle 23:29

[quote][i]Originariamente inviato da Carrefour de l arbre [/i] Dopo uno scmabio di opinioni con Felice in mp, abbiamo scelto di non rinominare il thread ma di far sì che si parli di libri il più possibile, non solo per indicare brani particolarmente "sentiti", ma per consigli, mini-recensioni, suggerimenti. Inauguro io il nuovo corso parlandovi di un libro che ho appena terminato, cioè "una vera follia" di James Crumley.....[/quote] Carrefour, dice bene. Aggiungo che tutte le informazioni concernenti libri e letteratura in generale (salvo se dedicati al ciclismo, perché esiste un thread apposito) sono le benvenute. Questo concerne anche le manisfezazioni dedicate a questi temi: per esempio, qui a Parigi si tiene a giugno "le marché de la poésie". Si svolge ogni anno a Place Saint Sulpice, non concerne solamente la "poesia", ma la letteratura e i libri in generale, ed é un'eccellente occasione per venire a contatto con case editrici sconusciute o quasi. Ovviamente a margine ci sono manifestazioni varie, letture e commenti di testi, incontri con gli autori,ecc. Insomma, se avete in progetto di fare un salto a Parigi, e se queste cose vi interessno, programmatelo per il mese di giugno. Per ulteriori informazioni, digitate "marché de la poésie" su google e avrete date e informazioni varie.


miky70 - 01/11/2008 alle 15:33

Sto leggendo tantissimi classici: I Tre Moschettieri; Viaggio al Centro della Terra; La Tigre della Malesia; I Ragazzi della Via Pal; Il Corsaro Nero; Ventimila Leghe sotto i Mari; Le avventure di Tom Sawyer; Hackelberry Finn... e altri. Ho cominciato a leggerli per appassionare i miei figli perchè da piccola non li avevo mai letti e ho finito per leggermeli da sola. Hanno un modo vecchio di esprimersi, ma sono avvincenti. Il Signore degli Anelli l'ho letto anni fa, stupendo e lunghissimo, ora vorrei leggere Guerra e Pace.


Salvatore77 - 01/11/2008 alle 16:04

Non ho mai letto Guerra e Pace ma l'ho sempre considerato quasi come il mio Everest da scalare, perchè chiunque lo ha letto mi ha detto che è poco entusiasmante, lento e pesante. Ma visto che è un classico va letto a prescindere dell'opinione degli altri. Arriverà anche per me il monento di "Guerra e Pace". Comunque non leggerlo ai tuoi figli:no:


Carrefour de l arbre - 01/11/2008 alle 18:55

io, invece, sono alle prese con i Karamazov. Mi piacerebbe trovare un saggio in cui si analizza l'aspetto umoristico dei romanzi di Doestojevski: perchè già in "delitto e castigo" il personaggio di Svidrjgailov era eccezionale (" Siamo abituati a pensare all'aldilà come a qualcosa di immenso: e se l'aldilà non fosse altro che un bagno rustico, ammuffito, con i ragni agli angoli? Io l'avrei fatto proprio così" dice più o meno in uno dei suoi dialoghi con Raskolnikov), ma nei fratelli karamazov mi sembra che il padre dei tre fratelli, Fedor, sia sulla quella lunghezza d'onda....


bianconiglio - 03/01/2009 alle 22:32

[quote][i]Originariamente inviato da claudiodance [/i] Ecco il mio contributo a questo meraviglioso thread del grande Felice. Il libro è "Q", scritto dal collettivo di autori chiamato Wu Ming all’epoca usavano lo pseudonimo multi-uso Luther Blisset). Il romanzo è uno di quelli che mi hanno cambiato la vita. Sicuramente mi ha rivelato un modo di scrivere talmente vicino alla mia sensibilità da indurmi, qualche anno dopo, a buttare giù qualche frase organizzata. Lo consiglio a tutti, è un vero capolavoro. Il passo che riporto è sostanzialmente l’inizio. Non un vero incipit perchè vengono prima un paio di capitoli a prologo. [/quote] Ho da poco finito anch'io di leggerlo ed è veramente un libro fantastico...I suoi autori (che oggi si fanno non-chiamare Wu Ming) l'hanno definito un manuale di sopravvivenza! Mi è piaciuto talmente tanto che sono andato a cercarmi anche le altre opere. Tra l'altro nel loro sito c'è un mucchio di materiale che si può scaricare liberamente (sono convinti detrattori del copyright)http://www.wumingfoundation.com/italiano/presentazione.htm


lemond - 04/01/2009 alle 13:42

[quote][i]Originariamente inviato da Salvatore77 [/i] Non ho mai letto Guerra e Pace ma l'ho sempre considerato quasi come il mio Everest da scalare, perchè chiunque lo ha letto mi ha detto che è poco entusiasmante, lento e pesante. Ma visto che è un classico va letto a prescindere dell'opinione degli altri. Arriverà anche per me il monento di "Guerra e Pace". Comunque non leggerlo ai tuoi figli:no: [/quote] A me non è parso pesante, magari un po' lento in certe parti, ma è un romanzo storico e questo forse per me "fa premio" su ogni considerazione negativa. Ad es. mi rammento invece che in gioventù provai a leggere "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust e dopo poche pagine, ero d'accordo con Fantozzi :D:Od::D


miky70 - 05/02/2009 alle 23:49

Spinta da un commento di Fotorode sul forum di Ivan Basso, ho comprato "l'eleganza del riccio". Sono quasi al termine, bello, bellissimo, mi affascina l'intimità di cui la protagonista è capace, mi arriva nell'animo. E' un'appassionata di romanzi russi, per cui dovrò proprio leggermi "Guerra e Pace". Ma partirò da Anna Karenina. :)


Salvatore77 - 14/02/2009 alle 11:42

fonte:www.corriere.it Dopo il «Codice», torna Dan Brown Cultura «La chiave di Salomone» sui misteri della massoneria. Dopo il «Codice», torna Dan Brown. Protagonista è ancora il professor Robert Langdon, esperto in simbologia religiosa ed esoterica di Harvard Dopo l’Opus Dei, tocca alla massoneria, forse per pareggiare i conti tra società segrete. Il nuovo romanzo dello scrittore americano Dan Brown The Solomon Key («La chiave di Salomone»), di cui si è cominciato a parlare già nel 2004, pare finalmente in dirittura d’arrivo. L’autore, che ha venduto la bellezza di settanta milioni di copie (cinque solo in Italia) con Il Codice da Vinci (Mondadori), uscito nel 2003, ora punta a bissare il successo mondiale con una storia sui misteri dei massoni che vedrà nuovamente protagonista il professor Robert Langdon, esperto in simbologia religiosa ed esoterica della Harvard University, già eroe del precedente bestseller. Dan Brown. La notizia è trapelata a Ginevra, durante la presentazione del film Angeli e demoni — tratto da un altro romanzo di Brown, precedente al Codice da Vinci — che uscirà nelle sale in America il prossimo 15 maggio. A rivelare che lo scrittore avrebbe ormai terminato la sua fatica è stato il regista Ron Howard, che ha diretto la nuova pellicola e nel 2006 aveva realizzato la versione cinematografica del Codice da Vinci, oggetto di dure contestazioni anche in Italia da parte dei fedeli cattolici, indignati per il modo in cui l’opera di Brown reinterpreta la vicenda terrena di Gesù Cristo. Dopo la prima esternazione, compiuta in una conferenza stampa che lo vedeva al fianco dell’attore Tom Hanks e dell’attrice Ayelet Zurer, protagonisti di Angeli e demoni nella versione di celluloide, Howard è tornato sull’argomento in un’intervista al programma televisivo americano Entertainment Tonight, ma non si è sbottonato molto. Ha anzi ammesso di non conoscere la trama di The Solomon Key, ma ha aggiunto che, secondo Brown, si tratterebbe di un intreccio «molto eccitante». Ancora meno è trapelato dalla portavoce della casa editrice americana Doubleday, che pubblicherà la nuova opera di Brown. Interpellata sulla sortita di Howard, Susanne Herz ha dichiarato che lo scrittore sta facendo «grandi progressi» nello stendere il suo libro, che sarà il primo dopo , ma ha aggiunto che ad oggi non è stato ancora deciso ufficialmente il titolo né vi sono Il Codice da Vinci indicazioni attendibili circa la data di pubblicazione. Qualche elemento in più si può ricavare dal sito ufficiale di Brown, dal quale risulta che il romanzo, ambientato nella città di Washington, sarà una sorta di viaggio all’interno della massoneria. Visto che l’opera precedente pare aver giovato più che nuociuto all’Opus Dei, presa pesantemente di mira nel Codice da Vinci, può darsi che anche i «liberi muratori» ne ricavino un’ampia pubblicità gratuita. Antonio Carioti 14 febbraio 2009


miky70 - 16/02/2009 alle 08:09

Ho finito "l'eleganza del riccio" :( Toccante, emozionante, profondo, con un finale che non mi aspettavo. Forse se la protagonista avesse continuato a vivere nel suo guscio, affrontando con distacco tutte le persone che le si avvicinavano, non avrebbe vissuto l'imprevisto tragico. Certamente però non si sarebbe fatta avvolgere dalla sensibilità dei nuovi amici. Davvero una bella storia. Si può iniziare a vivere anche a 50 anni.


Carrefour de l arbre - 08/03/2009 alle 19:42

Ho divorato "la sonata a kreutzer" di Tolstoj. Adattissimo a chi ha forti palpitazioni (negative, of course) solamente a sentir pronunciare la parola "matrimonio" :D E poi, rien à fair: la letteratura russa dell' '800 batte resto del mondo e delle ere 2-0 secco.


miky70 - 11/03/2009 alle 07:05

Dovevo andare in biblioteca a prendere il mio primo romanzo russo da leggere, ma il figliolo di terza elementare ha bisogno di aiuto nello studiare e così la sera leggo come è nato l'universo, come si sono formati i continenti, cosa sono le montagne e le colline, passando per il ciclo dell'acqua e la fotosintesi. Ieri sera il fiore e l'impollinazione. A quanto pare il sistema funziona, i voti migliorano... Il romanzo russo dovrà aspettare.


nino58 - 11/03/2009 alle 13:10

Miky, in attesa della letteratura russa, ti consiglio la letteratura pesarese. Sto finendo di leggere un romanzo, opera prima, scritto e pubblicato di recente da un'autrice di Cagli, Maristella Olivieri il cui titolo è "Il mio cane di Gino" . E' un libro scritto con un lessico ricchissimo, ironico e profondo insieme: un gioiellino. Per trovare più informazioni sul libro vai su " www.faraeditore.it" e clicca sul titolo, che trovi nella colonna centrale dell'homepage. Il consiglio non vale solo per Miky, ovviamente.


Carrefour de l arbre - 11/03/2009 alle 14:54

[quote][i]Originariamente inviato da miky70 [/i] Dovevo andare in biblioteca a prendere il mio primo romanzo russo da leggere [/quote] ti avverto: entri in un tunnel da cui non si esce più! :D


plata - 31/03/2009 alle 22:17

Quando andavo a scuola l'odiavo, adesso non saprei farne a meno: Giacomo Leopardi. Di seguito riporto una poesia di rara bellezza IL PENSIERO DOMINANTE Dolcissimo, possente Dominator di mia profonda mente; Terribile, ma caro Dono del ciel; consorte Ai lùgubri miei giorni, Pensier che innanzi a me sì spesso torni. Di tua natura arcana Chi non favella? il suo poter fra noi Chi non sentì? Pur sempre Che in dir gli effetti suoi Le umane lingue il sentir proprio sprona, Par novo ad ascoltar ciò ch'ei ragiona. Come solinga è fatta La mente mia d'allora Che tu quivi prendesti a far dimora! Ratto d'intorno intorno al par del lampo Gli altri pensieri miei Tutti si dileguàr. Siccome torre In solitario campo, Tu stai solo, gigante, in mezzo a lei. Che divenute son, fuor di te solo, Tutte l'opre terrene, Tutta intera la vita al guardo mio! Che intollerabil noia Gli ozi, i commerci usati, E di vano piacer la vana spene, Allato a quella gioia, Gioia celeste che da te mi viene! Come da' nudi sassi Dello scabro Apennino A un campo verde che lontan sorrida Volge gli occhi bramoso il pellegrino; Tal io dal secco ed aspro Mondano conversar vogliosamente, Quasi in lieto giardino, a te ritorno, E ristora i miei sensi il tuo soggiorno. Quasi incredibil parmi Che la vita infelice e il mondo sciocco Già per gran tempo assai Senza te sopportai; Quasi intender non posso Come d'altri desiri, Fuor ch'a te somiglianti, altri sospiri. Giammai d'allor che in pria Questa vita che sia per prova intesi, Timor di morte non mi strinse il petto. Oggi mi pare un gioco Quella che il mondo inetto, Talor lodando, ognora abborre e trema, Necessitade estrema; E se periglio appar, con un sorriso Le sue minacce a contemplar m'affiso. Sempre i codardi, e l'alme Ingenerose, abbiette Ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno Subito i sensi miei; Move l'alma ogni esempio Dell'umana viltà subito a sdegno. Di questa età superba, Che di vote speranze si nutrica, Vaga di ciance, e di virtù nemica; Stolta, che l'util chiede, E inutile la vita Quindi più sempre divenir non vede; Maggior mi sento. A scherno Ho gli umani giudizi; e il vario volgo A' bei pensieri infesto, E degno tuo disprezzator, calpesto. A quello onde tu movi, Quale affetto non cede? Anzi qual altro affetto Se non quell'uno intra i mortali ha sede? Avarizia, superbia, odio, disdegno, Studio d'onor, di regno, Che sono altro che voglie Al paragon di lui? Solo un affetto Vive tra noi: quest'uno, Prepotente signore, Dieder l'eterne leggi all'uman core. Pregio non ha, non ha ragion la vita Se non per lui, per lui ch'all'uomo è tutto; Sola discolpa al fato, Che noi mortali in terra Pose a tanto patir senz'altro frutto; Solo per cui talvolta, Non alla gente stolta, al cor non vile La vita della morte è più gentile. Per còr le gioie tue, dolce pensiero, Provar gli umani affanni, E sostener molt'anni Questa vita mortal, fu non indegno; Ed ancor tornerei, Così qual son de' nostri mali esperto, Verso un tal segno a incominciare il corso: Che tra le sabbie e tra il vipereo morso, Giammai finor sì stanco Per lo mortal deserto Non venni a te, che queste nostre pene Vincer non mi paresse un tanto bene. Che mondo mai, che nova Immensità, che paradiso è quello Là dove spesso il tuo stupendo incanto Parmi innalzar! dov'io, Sott'altra luce che l'usata errando, Il mio terreno stato E tutto quanto il ver pongo in obblio! Tali son, credo, i sogni Degl'immortali. Ahi finalmente un sogno In molta parte onde s'abbella il vero Sei tu, dolce pensiero; Sogno e palese error. Ma di natura, Infra i leggiadri errori, Divina sei; perché sì viva e forte, Che incontro al ver tenacemente dura, E spesso al ver s'adegua, Né si dilegua pria, che in grembo a morte. E tu per certo, o mio pensier, tu solo Vitale ai giorni miei, Cagion diletta d'infiniti affanni, Meco sarai per morte a un tempo spento: Ch'a vivi segni dentro l'alma io sento Che in perpetuo signor dato mi sei. Altri gentili inganni Soleami il vero aspetto Più sempre infievolir. Quanto più torno A riveder colei Della qual teco ragionando io vivo, Cresce quel gran diletto, Cresce quel gran delirio, ond'io respiro. Angelica beltade! Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro, Quasi una finta imago Il tuo volto imitar. Tu sola fonte D'ogni altra leggiadria, Sola vera beltà parmi che sia. Da che ti vidi pria, Di qual mia seria cura ultimo obbietto Non fosti tu? quanto del giorno è scorso, Ch'io di te non pensassi? ai sogni miei La tua sovrana imago Quante volte mancò? Bella qual sogno, Angelica sembianza, Nella terrena stanza, Nell'alte vie dell'universo intero, Che chiedo io mai, che spero Altro che gli occhi tuoi veder più vago? Altro più dolce aver che il tuo pensiero?


UribeZubia - 26/04/2009 alle 12:15

E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, tra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. Salvatore Quasimodo


Alanford - 10/05/2009 alle 22:55

"In fondo al pozzo, gli sventurati abbandonati urlavano di terrore. Avevano ormai l'acqua alla vita. Il rumore del torrente li stordiva......e ciò che finiva di sconvolgerli erano i nitriti dei cavalli, chiusi nella scuderia, un grido di morte, terribile, indimenticabile, di animale sgozzato." Germinal di Emile Zola Uno dei libri che più ho amato!


Carrefour de l arbre - 07/06/2009 alle 14:05

Dopo aver letto "elogio dell'ozio", sto divorando tutte le opere di Bertrand Russell. Adesso ho appena iniziato il suo "perchè non sono cristiano". E' stato sicuramente un grande pensatore


Gabro - 02/08/2009 alle 15:15

Chateaubriand Memorie d'oltretomba; libro decimo, cap. 3: "Se al tempo potessimo dire: “un momento!” lo fermeremmo alle ore dei piaceri;ma siccome non si può,non soffermiamoci quaggiù; andiamocene prima di aver visto fuggire i nostri amici, e i soli anni che il poeta trovasse degni della vita: [i]Vita degnior aetas[/i] . ciò che incanta nell’età degli amori diventa nell’età dell’abbandono motivo di sofferenza e di rimpianto. Non si auspica più il ritorno dei mesi che ridono alla terra; anzi lo si teme: gli uccelli, i fiori,la bella sera di fine aprile, una bella notte iniziata la sera col primo usignolo,finita la mattina con la prima rondine, quelle cose che vi fanno sentire il bisogno e il desiderio della felicità vi uccidono. Tali incanti,li sentite ancora, ma non sono più per voi; la gioventù che li assapora al vostro fianco vi rende geloso e vi fa capire meglio quanto la vostra solitudine sia profonda. La freschezza e la grazia della natura,ricordandovi le vostre passate felicità,accrescono la bruttezza delle vostre miserie. Ormai non siete altro che una macchia nella natura, ne rovinate la l’armonia e la soavità con la vostra presenza,con le vostre parole e perfino con i sentimenti che potreste osare esprimere. Potete amare, ma non potete più essere amati. la vista di tutto ciò che rinasce,di tutto ciò che è felice,vi riduce alla dolorosa memoria delle vostre gioie."


Admin - 18/08/2009 alle 20:43

Un deferente, umile e rispettoso grazie a un personaggio fondamentale della cultura italiana che oggi ci ha lasciati. Con Fernanda Pivano se ne va un mondo. Sono davvero triste. :gluglu:


Admin - 18/08/2009 alle 20:46

[img]http://www.fernandapivano.it/immagini/galleria/hem4.jpg[/img] [i](www.fernandapivano.it)[/i] [img]http://www.nottidiluce.com/edizione2002/pivano/pivano.jpg[/img] [i](www.nottidiluce.com)[/i] Tanto per dire di chi parliamo...


desmoblu - 27/08/2009 alle 13:45

Piccolo suggerimento: 'Disoccupazione creativa' di Ivan Illich. Altro saggio, breve ma molto interessante, che propone un'analisi a tutto tondo dello sviluppo sostenibile e "umano" all'interno della civiltà capitalistica (anzi, in negazione alla). Ad esempio un leit motif di questo originalissimo pensatore: la negazione della scuola o dell'assistenza sanitaria. E attenzione: Illich era un intellettuale, è stato un religioso, colto (ma non nel senso sartriano del termine). la sua critica alla scuola è una critica alla omologazione, alla certificazione, al soffocamento del talento, all'obbligo. Ma l'analisi di Illich si sposta alla mobilità sostenibile, al riuscire a sviluppare delle capacità e dei modi di vivere non regolati dalle 'professioni', al tramutare una società ad alto tasso di profitto in una ad alto tasso di lavoro. È un approccio serio, quasi scientifico, alla cosiddetta 'decrescita'. Soprattutto, è un approccio ante litteram (il testo risale a 4 decenni fa). Lo consiglio a tutti, soprattutto se è piaciuto 'elogio della bicicletta'. Alla prossima ;)


lemond - 27/08/2009 alle 14:04

Sulla scuola, ho letto, quando facevo l'insegnante, alcuni suoi articoli e sono sempre stato d'accordo. Ciao e grazie del suggerimento. :cincin:


Bitossi - 02/11/2009 alle 13:54

[i]"Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri"[/i] (da "Fiore di Poesia") Alda Merini, 1931-2009


UribeZubia - 02/11/2009 alle 20:54

Addio Alda. :gluglu:


nino58 - 03/11/2009 alle 12:17

Addio a una persona fatta come vorrei essere fatto anch'io. ciao alda. ti saluto come si saluta un'amica :cincin:


Abajia - 04/11/2009 alle 22:31

Anch'io, come Lorenzo, voglio ricordare Alda Merini con una citazione. [i]Il peccato mi fa riposare[/i] "La vita facile" Ciao, Alda. Non è un addio: i poeti non muoiono.


annasci - 04/11/2009 alle 23:10

Riporto una poesia tratta dal suo sitoufficiale http://www.aldamerini.com/index.php A tutte le donne Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio malgrado le tue sante guerre per l'emancipazione. Spaccarono la tua bellezza e rimane uno scheletro d'amore che però grida ancora vendetta e soltanto tu riesci ancora a piangere, poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci meravigliata e allora diventi grande come la terra -------------------------------------------------------------------------- grande poetessa e anche grande donna: ha trovato la forza di riemergere


pacho - 12/04/2010 alle 15:57

non so se si possa definire letteratura. comunque, dopo anni torno a leggere un romanzo perchè ho bisogno di staccare un po'. Nanni Balestrini, 'Vogliano tutto'. Spero che sia bello quanto gli Invisibili. leggibile e stampabile qui. http://www.bibliotecamarxista.org/balestrini/vogliamo%20tutto/vogliamo%20tutto.htm


lemond - 03/06/2010 alle 10:56

* La purga * di Sofi Oksanen (Ed. Guanda, trad. di Nicola Rainò, pp. 394, euro 17,50). Aliide è estone. Nel suo villaggio non è rimasto nessuno, a parte qualche vecchio ubriacone e un manipolo di teppisti nullafacenti, che con le loro scorribande terrorizzano i pochi superstiti. Forse è una di loro la ragazza che un giorno compare nel suo cortile, vestita di stracci, buttata a terra come un sacco. Aliide la accoglie, ma la diffidenza è tanta. Eppure le due donne hanno molto in comune, un passato di sofferenze e soprusi all'epoca dell'occupazione russa e delle purghe staliniane. In questo libro c'è tutta l'urgenza di raccontare una pagina fra le più buie della storia europea.


lemond - 07/06/2010 alle 14:58

Avrei intenzione di scrivere, a puntate, una sintesi di alcuni racconti che mi sembrano interessanti e questa sarebbe la prima. Per le altre aspetto il "nulla osta" dell'autore che rivelerò alla fine. Buona lettera per chi vuole. :cincin: [b]Vestire gli ignudi (I) [/b] Raggiungere il luogo delle vacanze negli anni '60 era sempre un'avventura (per chi dal Nord doveva andare a Sud). Papà (io direi babbo, ma ... ;) ) saltava sul treno appena questo raggiungeva il binario di partenza e guadagnava uno scompartimento, mentre la mamma, con l'aiuto di qualche anima buona, infilava il bambino (lo chiameremo Nino, così per brevità), piccolo e gracile, nel finestrino, dove veniva recuperato dal padre, il quale doveva subito scendere per passare alla mamma (salita) le valige e la borsa dei viveri. Questa era un'operazione comune a decine di famiglie che ... Scendevano a Pescara alle 4 e 40, era ancora notte e l'aria era sempre un po' troppo fredda per la mamma e quindi a Nino veniva infilato il golfino di lana che pizzacava le braccia, dandogli un fastidio d'inferno. :mad: Si "accomodavano" nella sala di aspetto fin verso le sei. Alle cinque e tre quarti il rito della pastiglia: Nino soffriva di mal d'auto, figuriamoci l'autobus :mad: specie se ci sono diverse curve. A Francavilla, Nino aveva già lo stomaco sottosopra, ad Ortona aveva vomitato una prima volta e a San Vito ... L'arrivo era prima di mezzogiorno ed attesa di un'altra ora, prima dell'ultimo calvario: i quindici chilometri precedenti la meta, sullo sterrato. :no: L'ultimo chilometro era il più allucinante, perché la strada arrivava sul paese dall'alto, attraverso una specie di ottovolante, ma Nino non riusciva proprio a divertirsi. :OIO Il paese appariva, all'inizio di agosto, come il vestito di Arlecchino: il giallo dei campi, su cui erano rimasti i gambi recisi del frumento, il marrone dei pochi appezzamenti dove si era già arato, l'argento degli ulivi, il verde intenso delle macchie boschive, della quercia, del càrpino e ... l'azzurro del mare all'orizzonte. Quest'abito gli avevano ritagliato gli uomini e la natura e quest'abito avevano indossato le generazioni che si erano succedute nel tempo in quel territorio. :clap: (segue se ...)


lemond - 08/06/2010 alle 14:07

[b]Vestire gli ignudi (II) [/b] Ei trascorreva ivi un mese ogni anno, esplorando quei luoghi con i coetanei in un paese di poco più di mille abitanti, dove le vie erano attrezzate per gli zoccoli, più che per gli pneumatici delle quattro (4) auto circolanti, ma in una situazione cosmolpolìta (come neppure alla coppa Kobram ;) ) Era questo un altro aspetto dell'abito di quel paese: il ritrovarsi delle persone nel luogo delle proprie origini e potersi scambiare le conoscenze dei mondi da cui si proveniva. (un cicloweb ante litteram, insomma ;) ) E Nino respirava tutto insieme: la natura selvaggia, le abitudini degli "indigeni" che talvolta si scontravano con quelle ormai acquisite dai .., i profumi del pane raffermo bagnato nell'acqua e spalmato d'olio e di pomodoro maturo, della pecora e dell'asino, del sedano fresco nella minestra della sera ... e delle more raccolte sui rovi ed affogate nel gelato preparato alle tre del mattino. :clap: Dagli anni '70 molte cose cambiarono: ogni anno c'era qualcosa di nuovo, che mai però stonava con l'abito lasciato l'anno precedente; un cambiamento graduale, che non lasciava spazio a nostalgie. ;) Non era cambiata la purezza dell'aria e la vista rasserenante sulla valle, con gli antichi borghi che attorniano i castelli o i loro resti. :cincin: (segue)


lemond - 09/06/2010 alle 14:14

[b]Vestire gli ignudi (III) [/b] Nell'agosto del 2007 Nino sapeva che sarebbe stato costretto a vedere lo scempio, perché sull'abito di Arlecchino si erano aggiunte pezze di un nuovo colore: il nero. :OIO Il fuoco era stato appiccato (dolosamente?) in un posto lì vicino ed il suo avanzare fu, in principio, sottovalutato dagli abitanti; il suo potere devastante venne però moltiplicato dalla siccità. La temperatura aveva sfiorato i 40 gradi ed il famigerato garbino (scirocco) contribuì al ... Gli abitanti si trovarono di fronte alla più grande emergenza della loro storia, simile (ma forse peggio) al passaggio del fronte durante la seconda guerra mondiale. Furono coraggiosi e non persero la testa e, nonostante la poca acqua a disposizione, riuscirono a far barriera intorno alle case, ma a centinaia di ulivi, oltre che ai boschi della montagnola, che Nino aveva visto piantare nel 1969, venne sottratta la linfa vitale. Nessun morto, né feriti, però ... il pilota del Canadair il giorno dopo precipitò in un prosieguo d'intervento non lontamo da lì! :OIO Questa notizia riempiì di sgomento quegli animi, così già provati. :mad: Nel punto più colpito, quello degli alberi che circondavano il pollaio, Nino osservò che spuntavano dal terreno nuovi germogli a forma di spada, che i bulbi delle canne avevano già riprodotto: una bandiera della forza vitale di quell'essenza. :clap: Il sarto stava già provando a rendire l'abito ... nuovamente indossabile. :)


lemond - 10/06/2010 alle 14:15

[b]Vestire gli ignudi (IV) [/b] Un comune dal minuscolo territorio, compreso e compresso fra quelli di Milano e di Rho, nel secondo dopoguerra fu quasi totalmente riempito da insediamenti industriali di ogni genere, mentre il numero di abitanti, dal '50 al '70, aumentò di cinque volte. Il livello di inquinamento dell'aria e delle acque è difficilmente descrivibile a chi non l'abbia visto con i proprio occhi e fiutato con ... (nota mia: riguardo a quest'ultimo caso proprio a Santa Croce, di cui Staffoli è frazione ... odorare per credere :Od: ) L'abito era grigio e Nino passava in questo luogo undici mesi all'anno. :OIO Nel 1970 ci furono i primi segnali di attenzione e fu fatta un'indagine (nel burocratese, si aggiungerebbe *conoscitiva* :D )epidemiologica su malattie e cause di morte della popolazione locale e si constatò che alcuni tumori erano decisamente superiori al complesso della realtà italiana. Il livello di consapevolezza generale stava decisamente aumentando negli anni settanta e il comitato che sorse alla fine di quegli anni (il secondo, perché il primo era nato troppo presto) si affidò a studiosi qualificati e le assemblee pubbliche, da loro organizzate, furono molto partecipate, ma ... si dovette aspettare il 1982 perché un terzo gruppo e poi un quarto "Gruppo salute" nascesse con basi diverse. Al centro non c'era tanto l'inquinamento quanto la salute, o meglio le conoscenze necessarie a difenderla. La prima sfida nella quale si cimentarono fu la copertura di un tratto di fiume e la costruzione di un ponticello pedonale per attraversarlo. Tale iniziativa ebbe come effetto insperato una risistemazione anche delle sponde, di cui si fece carico l'Ente di manutenzione del fiume Olona. Il metodo di intervento si ripetè per altri problemi inquinatorii, ma la battaglia più dura da vincere fu quella per non farsi considerare come il "101° Cavalleria", cioè eroi senza macchia, né paura e che la giustezza di una lotta non era data dalla riuscita materiale, sempre auspicabile peraltro, ma dall'elevazione culturale ed etica di chi aveva partecipato, o solo beneficiato. :cincin: Il metodo è dunque il contrario di quello tenuto da Renzo con l'Azzeccagarbugli: non considerarsi mai del tutto ignoranti in nessuna materia, non delegare a tecnici e politici la definizione dei limiti del bene e del male, non misurare la bontà di un'idea dalla vittoria. :clap:


lemond - 11/06/2010 alle 13:11

[b]Vestire gli ignudi (V) [/b] Nel fondovalle, la costruzione di una centrale a gas è quasi completata. Le sue emissioni altereranno significativamente quella parte dell'abito di Arlecchino, colorato con il colore che non si vede, la purezza dell'aria? Agli abitanti la risposta. :cincin: (Fine primo racconto)


lemond - 12/06/2010 alle 14:16

[b]Alloggiare i pellegrini (I) [/b] Il nonno di Nino era forte e partiva ogni mattina con l'asino, il cane e una pecora verso la campagna, situata in altura, che, proprio per .., non era molto generosa nella resa. Ma lui partiva ed arrivava senpre di buon umore: quella campagna era stata la conquista della sua vita e per farlo aveva dovuto girare il mondo per vent'anni a cominciare dall'Argentina. La moglie restò con due infanti e la vita era resa ancor più dura dagli impegni pubblici che si sentiva in obbligo di ... per le sue idee socialiste. Non esitò neppure a nascondere in casa documenti di propaganda antifascista. :clap: Il nonno tornò in Italia nel 1935 e fece appena in tempo a dissodare il piccolo campo che aveva comprato (insieme ad una casetta di due stanze), che era di nuovo in partenza. L'Italia aveva occupato l'Etiopia e il nonno fu attratto dalle lusinghe della propaganda imperiale. Faceva conto di diventare proprietario in quei luoghi, ma i criteri di assegnazione delle terre non erano propriamente quelli che nell'antico Impero venivano riservati ai veterani e si ritrovò a lavorare "sotto padrone" esattamente come in Argentina, ma in questo caso non poté inviare neppure un centesimo a casa. La guerra poi fece richiamare anche i "coloni", inseriti a pieno titolo nell'esercito e Lui fu fatto prigioniero nel 1941 e tornò a casa soltanto nel 1946. Cosa fece nei cinque anni di prigionia? L'agricoltore, per conto della corona, ovviamente. :mad: Tornato in Italia, era diventato "coltivatore diretto", padrone e signore unico del suo pezzo di terra, che dava giusto da vivere. I suoi figli: il maggiore a cercar fortuna a Milano, perché la campagna non era la sua vocazione, la figlia si era sposata ed il minore si era imbarcato per il Venezuela.


lemond - 13/06/2010 alle 15:00

[b]Alloggiare i pellegrini (II) [/b] Nino amava ascoltare i racconti del nonno e soprattutto uno lo meravigliava: quello della "mebba". In Africa, c'era una malattia (la mebba), di cui mai descrisse né i sintomi, né il decorso, che poteva essere curata solo con l'uva. Il nipote non pose mai la domanda sulla natura della malattia, perché temeva di essere considerato maleducato nel chiedere anche solo un chiarimento che potesse manifestare i suoi sospetti sulla veridicità del racconto. L'altra domanda che si teneva per sé, era: "Uva bianca o nera?" :D "Come ti trattavano?" era invece la domanda più ricorrente. Dell'Argentina parlava poco: aveva vissuto in un territorio immenso e pressoché disabitato e le maggiori impressioni ricevute erano che laggiù si parlava soltanto il castigliano e non era ben tollerato l'uso di altri idiomi. :mad: L'emigrazione degli italiani in Sudamerica ebbe caratteristiche nuove, rispetto agli spostamenti umani dei secoli precedenti, ove si andava per conquistare. Questo movimento di masse umane che "rincorrevano la fortuna", termine fantastico per denominare la vendita della forza lavoro: ed in ogni luogo si poteva solo parlare solo la lingua del colonizzatore. :mad: Parlava con molto più piacere dell'Africa e non riusciva a celare, neppure davanti alla moglie, la sua sperticata ammirazione per la bellezza delle donne africane. Ricordava quel periodo, nonostante lo "status" di prigioniero, con allegria e con riferimento a quanto detto prima, in casa aveva due piatti di ceramica sui quali spiccava il bassorilievo di due donne di linea slanciata e forme perfette. ;) La nonna non ne era gelosa ed anzi ne rideva con il marito. E Nino pensava "Però sono stati lontani per vent'anni, probabilmente si sono dovuti "distrarre" chi con le bellezze africane, chi con i "sovversivi" ed ora sono qui a servizio totale, l'uno dell'altra. Che strani percorsi intreccia la vita." A Nicola e Rosina e alle vittime di tutti i colonialismi, cominciando dal nostro. :mad: (Fine secondo racconto)


lemond - 14/06/2010 alle 13:37

[b]Dar da mangiare agli affamati (I) [/b] Il primo giorno di lavoro (in fabbrica) di Nino fu a diciannove anni e mezzo, dopo tredici di brillante carriera scolastica. In quel posto ci era arrivato per scelta ideologica e religiosa (la Fabbrica, per il movimento e gli ultimi ...) [Nota mia, uno dei tanti a credere nel Concilio Vaticano II e mi ci metto pure io :OIO ] Questa decisione fece "crollare il mondo addosso" a suo padre, che lo desiderava laureato. [Nota, Mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più di un cantante ... ;) ] Nino non potè andare a lavorare all'Alfa perché con i turni non avrebbe potute tenere la sera i corsi di scuola popolare per adulti e così ottenne solo un posto come operaio generico alla S. (reparto offficina). Lo fornirono di un camice blu e fu presentato al suo istruttore: Carletto. C. aveva perso, durante la guerra, il suo occhio destro (... taglio) e avvisò subito Nino di stare attento alla macchina, perché ... Cosa volesse dire Nino lo scoprì alla prima accensione: appena spostata la leva dell'interruttore e messisi in funzione i due motori ... le spazzole si staccarono dal cilindro e andarono a sbattere sulla lamiera, che, fortunatamente, separava il piatto girevole dall'addome degli operai. ;) Da allora quando si sostituivano le spazzole, alla prima accensione, Nino si accovacciava per ... :mad: Il primo compagno di lavoro si chiamava Carmine e, nato in Calabria, era però tornato dall'Argentina solo due mesi prima e colà aveva ben imparato il mestiere di fresatore, tornitore e rettificatore ;) e insegnò a Nino tutti i segreti. :cincin:


lemond - 15/06/2010 alle 14:09

[b]Dar da mangiare agli affamati (II) [/b] Pur con quasi cento dipendenti, in quell'azienda non vi era alcuna rappresentanza sindacale, ma proprio in quel periodo, insieme a Nino, furono assunti diversi coetanei che avevano "respirato" in quegli anni i valori di eguaglianza sociale e del rifiuto dello sfruttamento del lavoro umano. Si iscrissero in molti al sindacato. Si viveva in una strana situazione: "toccava" ad una decina di ragazzini far la parte dei maestri sulle questioni sindacali e questo metteva un po' a disagio, anche se vedere alcuni padri (e madri) di famiglia partecipare agli scioperi in un ambiente dove, fino al giorno prima, dovevano chiedere gli aumenti con il cappello in mano, apriva il cuore di felicità ai nostri "sbarbatelli". :clap: La battaglia più aspra fu quella per essere riconosciuti come soggetto giuridico. Nino confrontava la teoria che aveva studiato (valore e plus valore) con quel che viveva e si accorse che ciò che veniva definito con interessato disprezzo "ideologia", era soltanto la fotografia della realtà. Si accorse che il pane, oltre che in campagna, si produceva lì, solo che il pane era per tutti e il "companatico" solo per qualcuno. :mad: [Nota mia, in questo caso non sono d'accordo con l'autore sia sul fatto che la teoria del valore lavoro di Ricardo, poi utilizzata da Marx, è solo una delle possibili (e non la migliore) spiegazione della realtà economica (fra l'altro Karl era più filosofo che economista) e poi occorre intendersi quando si parla di ideologia, perché in molti casi è un paraocchi che impedisce proprio di trovare quel che si cerca]. Nino capì pure che la lotta di classe era qualcosa che per il 98% era attuata dai padroni e per il restante ... dagli operai. :mad: Ad agosto arrivò la prima volta delle ferie (non più vacanze), che passò in una tenda canadese, in campeggio, con due suoi compagni di lavoro e quattro ragazze: camminare tra gli alberi per rigenerare i polmoni ed ascensioni nel gruppo del Bernina. ;)


lemond - 16/06/2010 alle 14:09

[b]Dar da mangiare agli affamati (III) [/b] A settembre, di nuovo im pista. Verso la fine dell'autunno agli operai vengono sottoposte due lettere: una di dimissioni dall'azienda ed una di assunzione in una nuova società. Il tutto per poter aggirare lo Statuto dei lavoratori, ma nessuno firma, anche se la preoccupazione è palese. Infatti la direzione prepara una terza lettera: quella di lcenziamento. Ma il sindacato contrattacca e si arriva ad un accordo con il quale agli assunti dalla nuova società si applicherà comunque lo Statuto d.l. ad eccezione dell'articolo 18. Di lì a pochi mesi si tenne a Roma la manifestazione nazionale dei metalmeccanici e, dei 14 dipendenti dello stabilimento, in cinque saltarono su uno dei treni speciali. Alla fine di luglio Nino prese una settimana di ferie per godersi un po' di montagna con la fidanzata, senza sapere che era il prodromo di un'altra vacanza (più lunga) nelle file dell'esercito italiano. Il rientro al lavoro nel 1980, coincise con l'espulsione dalla Fiat di diverse migliaia di lavoratori e con l'occupazione di Mirafiori. Alla manifestazione di sostegno alla lotta dei lavoratori Fiat parteciparono duecentomila persone, a quella dei quadri Fiat quarantamila (scarsi, molto scarsi), ma il Sindacato sposò (vergognosamente) la tesi padronale, nominamdo sconfitta ... il tradimento. :OIO A partire da lì, e senza interruzione alcuna fino ad oggi, questo *atto* rese più deboli i lavoratori in tutti i luoghi di lavoro. Nino fu trasferito l'anno succesivo nell'unità lavorativa più lontana da casa e raggiungibile solo in auto e con lui anche due ragazzi senza patente, la 127 di Nino si trasormò così in una sorta di scuolabus. ;) Il reparto montaggio a Nino non dispiaceva, però ... a) ebbe un infortunio ad una vertebra che risente anche ad una quarto di secolo di distanza temporale. b) più preoccupante era il fatto che alla fine della settimana vedeva un gonfiamento ai linfonodi sottomandibolari. :mad::mad::mad: La fidanzata cercò di fargli comprendere che forse era venuto il momento di cambiare lavoro, anche se allora la richiesta di manodopera stava diminuendo. :mad: Più per curiosità che per convinzione, partecipò ad un concorso per bibliotecario in un comune limitrofo: arrivò comunque sesto su centoventi. I posti "vincenti" erano solo tre, ma si convinse che quella era una strada ... In ottobre infatti un concorso lo vinse, proprio nel comune di residenza (come amministrativo) e ci fu, per lui, lo sbarco in un altro pianeta, la cui atmosfera era impregnata di *veleni* diversi (ma sempre tali) :mad: Sentiva l'invidia dei compaesani che lo vedevano sistemato in un Comune dove già lavorava suo padre. :OIO Ma Nino non se curò e continuò a vedere il mondo con le lenti che aveva sul naso da sempre; quelle che gli permisero di comprendere che il pane si produce per tutti e il companatico ... e che il livello di civiltà di un popolo (nota mia: oltre che dalle carceri) si vede dalla non ricattabilità del prestatore d'opera nel suo luogo di lavoro. :clap::clap:


lemond - 17/06/2010 alle 13:53

[b]Consigliare i dubbiosi (I) [/b] La radiosveglia si accese, come ogni mattina, alle sette e con i suoi ritmi Nino riusciva tranquillamente a timbrare tre o quattro minuti prima dell'ora "X" della fabbrica. In quei giorni era uscito due volte con G. e alla fine quei due incontri avevano sancito il loro "mettersi insieme" ;) Quella mattina (12/12/1980) la prima notizia che la radiosveglia gli "cacciò nelle orecchie" fu quella della morte di Walter Pezzoli, un suo amico d'infanzia. :grr: "Due terroristi erano stati uccisi in un conflitto a fuoco con i carabinieri e uno dei due era Walter." Anni prima Nino, Walter ed altri coetanei avevano provato insieme a capire il mondo per riuscire ad avere "Più coscienza e meno obbedienza". Il mondo invece vedeva le due superpotenze non curarsi delle democrazia e molti popoli dell'Africa e dell'Asia cercavano invano di affrancarsi dal colonialismo e i popoli dell'America Latina, dai loro regimi violenti e corrotti. Capire il mondo? Che bel casino. :mad: I due avevano invece facilmente avevano compreso come essere, perché la linea di discrimine fu fu presto definita tra il fare le cose per interesse o farle per ... :yes: Finché quindi si trattò di lavorare nel paese per svolgervi una politca sociale non vi furono divergenze, ma quando si pose, nella mente di ognuno, l'enorme dubbio sulla giustezza della violenza in quel momento storico ...:yes::no: Ciascuno era cosciente che la violenza, in sé, fosse male, ma che invece quella successiva all'otto settembre fosse stata indispensabile. Ci si chiedeva: "Quello di oggi è un frangente storico comparabile al dopo armistizio?" Solo un paio di loro, tra cui Walter, ritennero in cuor loro ... [nota mia, "e la sventurata rispose"] :grr:


lemond - 18/06/2010 alle 14:10

[b]Consigliare i dubbiosi (II) [/b] Altri presero strade diversissime, ma l'amicizia rimase. Quando si incontravano, evitavano di porre domande specifiche e nessuno tentò di fare proselitismo, men che meno coloro che avevano scelto la lotta armata. La "buona stampa" ripeteva, con zelo, che la partecipazione ai funerali avrebbe rivelato chi fossero i "fiancheggiatori" dei terroristi. :nonono: Nino si trovò di fronte al dilemma: ritrovarsi con il "marchio" di còmplice o dar retta al "buonsenso" (nota: secondo me sarebbe stato meglio definirlo sensocomune) e starsene a casa, per non avere ... Nino ... :clap: tornò a salutare i famigliari dell'amico e vide che i compagni, di cinque anni prima, c'erano tutti. :clap::clap: Tutti i giovani presenti presero (a turno) la bara sulle spalle fino alla vicina chiesa e poi al cimitero (tutt'altro che vicino). Prima dell'inumazione, si fece aventi una persona, non del paese e con un fazzoletto sul viso, verosimilmente appartenente ... che cominciò anche ad improvvisare un discorso, ma fu subito invitato dalla mamma di Walter ad interrompersi. :clap: Il padre non parlò, ma aveva già detto la sua in precedenza: "Se mio figlio aveva un debito con la giustizia, gli è stato fatto pagare molto caro." :mad: Nino, nel tornare verso il centro del paese, venne affiancato dai fotografi ed alzò bene la testa, affinché le foto riuscissero meglio. :cincin: Come previsto dovettero constatare di poter essere presi di mira per aver accompagnato un amico all'ultimo "riposo" e per qualcuno anche un passaggio nelle patrie galere, oerdita di lavoro, fine del matrimonio ... ma in cuor loro tutti sapevano di aver agito secondo coscienza, nel rispetto di una persona che aveva sbagliato (certo), ma che sapevano degnissima per le sue qualità umane e che aveva sempre affermato con loro il primato della ... pietà. (la faccina adatta non c'è)


simociclo - 19/06/2010 alle 11:22

Ieri ci ha lasciato uno dei più grandi scrittori contemporanei, José Saramago. Amo i sui libri, su tutti "L'anno della morte di Ricardo Reis", ma anche "Cecità" e molti altri. Spirito critico e polemico (aspetto che mi è piaciuto meno, ma alcuni grandi spunti li ha dati anche in questa veste), lo saluto postando anche qui una frase di un suo libro: [i]Calma, dirà Maria Sara, non ci stanno più cose in un anno che in un minuto soltanto perché si tratta di un minuto e di un anno, non è la dimensione del vaso che importa, ma quello che ognuno di noi riesce a mettervi, anche se dovrà traboccare e andare perduto. [/i] da "Storia dell'assedio di Lisbona" Mi piace pensare che ora stia chiacchierando con Pessoa.


lemond - 20/06/2010 alle 09:55

[b]Perdonare le offese (I) [/b] Guido veniva alla luce nell'autunno del 1897 in una cascina milanese. Gli abitanti erano i fattori e i contadini (salariati o famigli) alle dipendenze dei proprietari dei terreni. La prospettiva di Guido e dei suoi fratelli era solo quella di lavorare la terra, però, proprio al limite della città di Milano all'inizio del nuovo secolo, ci fu la collocazione di numerosi insediamenti industriali. Così ai bambini e ai ragazzi della campagna circostante capitò che si aprissero prospettive diverse e Guido infatti si specializzò nella meccanica. Durante gli anni di apprendistato venne anche a contato con le idee socialiste, proprio mentre scoppiava la guerra mondiale, dove fu ferito (per fortuna non gravemente) e il fatto gli garantì la riforma ed il ritorno a casa. ;) Di nuovo in officina e, stante la buona oratoria e capacità di scrittura, si trovò presto a ricoprire un ruolo di direzione politica nei circoli socialisti della zona, tanto da ricevere il soprannome di "Lenin del Per" (Lenin del paese Pero) ;) Di Lenin, Guido non aveva certo la visione bolscevìco-machiavellica della conquista e della gestione del potere, ma possedeva un certo simile carisma (con le debite proporzioni). Ma si era nel "biennio rosso" e tutto ciò che voleva l'emancipazione dei lavoratori era, per definizione, considerato bolcevismo. (nota, come gli oppositori del Berluska sono definiti "tout court" ... :Od::D:Od: )


lemond - 21/06/2010 alle 14:12

[b]Perdonare le offese (II) [/b] Con l'avvento del fascismo, l'attività politica pubblica si era azzerata, anche se, per fortuna in paese non c'erano fascisti fanatici ed anche la scelta del Podestà non cadde su un personaggio di "provata fede". ;) Ci furono, e pur vero, due incursioni squadriste da fuori, ma furono facilmente respinte, anche perché il coraggio e le motivazioni degli assalitori non dovevano essere eccelse. :Od: Prima della seconda guerra mondiale il fratello di Guido aprì una sua fabbrichetta e gli chiese di andare a lavorare per lui. Lasciare la sicurezza di una grande fabbrica (Pirelli) per seguire le sorti di una piccola officina meccanica non era una decisione facile, ma ... :cincin: Negli anni di guerra lavorare fuori città significava correre molti meno rischi e forse lo salvò (vista la sua nomea) anche la deportazione in Germania, durante gli scioperi del 1943. Sempre in quell'anno maturò in Guido la decisione di entrare nelle file della Resistenza, anche se la sua età non era quella di un ragazzino ed inoltre aveva una famiglia da mantenere. Doveva continuare a lavorare ed operare per la cacciata delle truppe di occupazione e i pericoli che correva un partigiano in città erano perfino più grossi di quelli che ... Il P.S.I. aveva costiituito le "Formazioni Matteotti" e ad esse si erano aggregati anche gli anarchici, invisi ai comunisti fin dalla guerra di Spagna. (nota mia, nel 1937 il fronte repubblicano fu indebolito dal contrasto tra la componente comunista, sempre più forte per l’appoggio sovietico, e quella anarchica, che non intendeva rinunciare alle proprie istanze rivoluzionarie, divenne insanabile e sfociò nella sanguinosa eliminazione di anarchici e trotzkisti a opera delle truppe comuniste comandate dal colonnello Lister, di stretta osservanza stalinista.) :OIO


lemond - 22/06/2010 alle 13:48

[b]Perdonare le offese (III) [/b] A Milano, le formazioni Matteotti avevano intitolato le proprie strutture militari e due anarchici, uccisi dai fascisti e nazisti. A Guido furono affidati compiti quasi esclusivamente politici o, se operativi, di assoluta segretezza. Nei giorni dell'insurrezione furono proprio le brigate della Matteotti che riuscirono a sequestrare una cospicua quantità di materiale bellico, abbandonato dalle truppe in ritirata. Nei mesi successivi alla Liberazione a Pero non ci furono rappresaglie contro i fascisti, perché come già detto .., mentre il 31/3/1946 ci furono le elezioni amministrative. :cincin: Guido fu eletto sindaco :IoI e nella sua vita aumentò di molto lo "stress". Al lavoro tutto il giorno e poi in Municipio (il tutto per circa 18 ore giornaliere). Dieci anni così, fino al 1956, quando decise (o forse fu la moglie) di non ripresentarsi candidato ed in quell'anno si sposò la sua unica figlia e le stanze della casa diventarono tre, da due che erano. Nel 1963 l'officina chiuse e ed insieme a ciò, arrivò la comunicazione del fratello che non c'erano i soldi per la liquidazione di Guido e Nino, che aveva allora cinque anni, ricorda quei giorni come una tragedia per la famiglia. :mad::OIO:mad: Per tutti, tranne che per il nonno, che fece lui un dono ala fratello: [b]perdono. [/b] :clap: Si accontentò della pensione e si dedicò all'allevamento dei conigli, nell'orticoltura ed in attività collaterali.


lemond - 23/06/2010 alle 13:52

[b]Perdonare le offese (IV) [/b] Scendeva al mattino alle sette e mezzo e tornava a pranzo, per due ore, a mezzogiorno (nel contempo si leggeva tutto l'Avanti) e verso le tre tornava giù ai suoi affari, sempre con stivali di gomma e tuta blu, dal lunedì al sabato. La domenica abito di festa, con due ore per prepararsi, incluso il rito della barba. Nino lo osservava affascinato ed inebriato dal profumo della schiuma ed in più riceveva dal nonno, come mancia, una moneta color argento da cinquecento lire, con l'effige delle tre caravelle. (Nota mia, se le ha conservate, ora ... ;)) L'unico svago era il pomeriggio all'osteria, dalla quale tornava sempre un po' brillo, generalmente cantando. :cincin: Cecchina, la cognata, era sola e molto avanti con gli anni e decise di ritararsi al ricovero, non prima però, di vendere tutta la proprietà. Guido e la famiglia pensavano che interpellasse prima loro, in quanto inquilini e parenti, ma ...:OIO Anche qui ci sarebbero stati gli estremi per un'azione legale, ma Guido, al solito fece un dono alla Cecchina: [b]perdono [/b]. :yes::no: Fortunantamente gli acquirenti erano persone squisite e lasciarono il modesto affitto fino al momento della definitiva partenza, che avvenne dieci anni dopo. Nell'autunno del 1980 a Guido fu diagnosticato un cancro all'intestino e morì il 7 ottobre 1981, fu curato in casa principalmente dalla figlia, perché la moglie era, pure lei, malmessa. Nino andava a radergli la barba e ad accendergli i toscanelli (quasi suo unico nutrimento). :mad: Ex sindaco socialista visse sempre (e morì) in una casa senza riscaldamento, in, appena dignitosa, condizione economica. Un'eccezione? Non per gli uomini di quella generazione e di quello spessore morale.:clap::clap::clap: Uno sconfitto? Ancora meno. :IoI Neppure negli ultimi giorni rinunciò alle sue battute verso chi gli stava intorno con affetto e "Cuor contento, iddio l'aiuta" valeva anche per un ateo convinto come il Lenin del Per. :clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap::clap: (Nota mia, anche mio nonno si chiamava Guido, pure lui era socialista, non credeva in Dio, ma tollerante con tutti, in specie con la moglie devotissima: Addirittura lei aveva imparato a leggere sul libro, in latino, della messa a cui i "padroni" la portavano tutti i giorni, prima del lavoro, da quando aveva credo sei anni; insomma una persona ... In quattro anni di infermità (dal 1956 al 31/8/1960) non pronunciò mai un improperio e tutte le volte che penso a lui, mi vengono le lacrime agli occhi. Grazie Nino e grazie nonno.)


lemond - 24/06/2010 alle 14:54

[b]Visitare gli infermi (I) [/b] Luca venne alla luce il 30 settembre 1990, il travaglio era stato brevissimo, non più di un'ora, ma purtroppo, nelle ultime settimane di permanenza uterina il bambino era rimasto "a secco" e i medici, sospettando una serie di malformazioni, lo spedirono nel reparto di patologia neonatale. La madre, che aveva perso quasi un litro di sangue, si trovava in una condizione di grave anemia. :mad: Quella giornata che, come tutti, si aspettavano essere rilucente di gioia, si era tramutata in un incubo. Il giorno seguente G. cominciò a fare domande sulla sorte di Luca, ma nessuno, nel suo reparto di degenza, ne sapeva nulla e potè vedere il figlio (al piano di sopra) solo quando arrivò la "montata lattea". G. che era una pediatra, ma che si era ben guardata dal comunicarlo agli operatori sanitari, controllò bene la situazione ortopedica del bimbo e dedusse che non aveva nessuna malformazione e che il suo aspetto era derivato solo dalla malposizione in utero. Il giorno dopo arrivarono gli esami per l'anemia e una trasfusione era necessaria, ma in quei tempi di S.I.D.A. G. volle avere il sangue solo dai fratelli, che un po' :mad: acconsentirono. Per la poppata del mattino, G. chiese di essere accompagnata al piano di sopra dalle infermiere di turno, ma si sentì rispondere che loro non potevano lasciare il reparto :no:, chiese di far scendere Luca, ma ancora :no: e se lei non poteva salire, gli avrebbero dato il latte artificiale. :OIO Il seno le faceva male e le forze erano ..., ma attaccandosi al muro, raggiunse l'ascensore. Suonò il campanello del reparto di Luca e al: "Chi è", rispose con un filo di voce, che non fu udito e G. potè solo sedersi in terra in lacrime, davanti alla porta chiusa. :mad::OIO:mad: Per sua fortuna arrivò Laura, una donna che aveva partorito alcuni giorni prima di lei, già dimessa, ma che tornava per l'allattamento cinque volte al giorno. Da quel momento e fino all'uscita di Luca, Laura la accompagnò ad ogni poppata. G. continuò a chiedere il trasferimento del bambino al reparto ordinario, dato che non aveva nessuna malattia, ma il primario era ad un congresso e nessuno dei presenti si volle prendere la responsabilità di questa strategica decisione. :grr: G. dovette firmare per sé e per il figlio per tornarsene tutti a casa. Nino ammirò le decisioni che G. aveva saputo prendere in quei frangenti e gli tornò in mente quello che gli era capitato tredici anni prima ...


lemond - 25/06/2010 alle 14:46

[b]Visitare gli infermi (II) [/b] Il 13 maggio 1977 alle una e mezzo di notte, Nino si era svegliato con la stranissima sensazione di avere la testa piena d'acqua. :? Il primo pensiero fu di avere in corso un'emorragia celebrale, o forse (dato che rivedeva mentalmente la tappa del Giro del pomeriggio) allucinazioni. Cercò di calmarsi, ma i sintomi non scemavano. :mad: Non ebbe il coraggio di dire nulla ai suoi, e, anche se al mattino era completamente senza forze, se ne andò a scuola. Ma lì si accorse di non riuscire assolutamente a concentrarsi e forse :? chissà se ... Nel pomeriggio andò dal medico che richiese un esame elettroencefalografico e, in base ai risultati, gli dette una cura, che attenuava il fastidio, ma incideva poco sulla capacità di concentrazione. La depressione era in agguato, finché una domenica avvenne un fatto inaspettato e risolutivo. Ogni domenica veniva a dir messa don Cesare, un prete operaio, e riceveva gli amici in canonica. Nino aveva un rapporto stretto con Cesare, perché l'anno prima avevano "fondato" una scuola popolare per adulti. L'attività comprendeva anche incontri periodici tra gli animatori e quindi anche fra Nino e Cesare. :gruppo: Al termine della messa, Cesare si accorse subito che qualcosa non andava e Nino riferì brevemente ... e C. "A cosa ha reagito il tuo corpo, che lotta ti sta comunicando attraveso questi sintomi?" A Nino apparve già una prima risposta: era troppo spremuto e stava superando il punto di equilibrio fra quello che si voleva/doveva e quanto in vece si poteva. :hammer: L'ansia da eccesso, era quella la condizione di Nino in quel momento. L'illuminazione derivata da quell'incontro, da sola, gli fece recuperare il buonumore, insieme alla consapevolezza di non avere in corso alcuna malattia organica. (Nota mia, e questo in base al principio basilare della filosofia greca: "Conosci te stesso" ;)) Ovviamente, prima di trarre queste conclusioni, si era chiesto che cosa ne potesse sapere di medicina e psicopatologia un prete che da sette anni faceva l'operaio? La risposta stava nella storia personale di don Cesare dentro la fabbrica. Le sue conoscenze erano il frutto della scoperta maturata tra i lavoratori negli anni '60, dell'importanza della percezione negli operai dei fattori di nocività dell'ambiente di lavoro, il tutto applicato al corpo umano (sistemi ed apparati). Il punto essenziale è (come sempre) ricondurre la salute ad una visione complessiva della condizione della persona e soprattutto del cervello, in altre parole un atteggiamento scientifico (scienza sociale). :cincin: (Nota mia, se posso dare un consiglio in sintesi, meno preti a dire messa e più sacerdoti scienziati, anche se con i tempi che corrono può sembrare un ossimoro ;))


lemond - 26/06/2010 alle 14:21

[b]Seppellire i morti (I) [/b] L'ultima volta di Nino in treno di notte per l'Abruzzo era stato il 1° agosto 1969; dopo ci fu l'acquisto della 127 del padre e la Uno di Nino e tanti viaggi si fecero in auto fino all'estate del 2001. Sabato 8 settembre, la giornata precedente il rientro, Nino si avviò da solo, il pomeriggio era limpido, pur in assenza di vento e il cielo sgombro di nubi; Nino si fermò ad ascoltare il silenzio.:Old: Un pensiero si insinuò nella mente: il sentimento di pace che stava gustando era il prodromo di qualcosa destinato a perdersi, di un mondo che stava per finire. Un sentimento provato in anticipo. :mad: (Nota mia, confrontate "L'illogica allegria" http://www.youtube.com/watch?v=NO3Z26zAPMM L'anno successivo, Nino accompagnò solo un genitore, perché la mamma era alle prese con esami clinici, ma il padre non riusciva a resistere al richiamo della casa avita. Nel pomeriggio Nino accese la TV per vedere l'ultima tappa del Tour, ma il babbo gli si rivolse: "Lascia perdere codeste cose, che non sono importanti". Nino e M. avevano sempre avuto aspre discussioni per questioni di politica, però mai c'erano state osservazioni, se il figlio seguiva le sue passioni sportive e quindi Nino ne restò turbato e gli parve di cogliere un secondo presentimento. :mad: M. aveva una storia di salute alquanto travagliata, forse anche dovuta alla mancanza cronica di cibo fino al 1945. Il dopoguerra era diventato per molti l'occasione di recuperare il tempo perduto e, chi aveva la predisposizione alla pinguedine ed elle problematiche cardiovascolari, raramente sfuggì al destino di ... :OIO Nonostante ciò, M. non aveva mai manifestato il minimo segno depressivo, perché: "Chi ha visto la guerra non si spaventa per queste cose." ;) Il mattino seguente Nino salì sul treno per tornare a casa ed ogni volta il papà lo accompagnava in auto alla stazione, ma quel giorno fu Ugo (un amico di M.) ad offrirsi. Terzo presentimento :mad: Infine, alla partenza, M. baciò Nino sulle guance, mentre non era mai stato propenso alle effusioni ed anche questo tipo di congedo lasciò nell'animo di Nino una traccia di inquietudine :mad:, anche se accompagnata da una gioia interiore per aver comunicato attraveso il gesto più significativo dell'affetto. :)


lemond - 27/06/2010 alle 13:43

[b]Seppellire i morti (II) [/b] Alle sei e quarantacinque del 19 agosto 2002 il cellulare di Nino aveva ... Brutto orario per una chiamata ed infatti la notizia era che il padre stava per essere portato in ospedale per ricorrenti dolori al torace. Poco dopo si seppe che M. sarebbe stato trasferito all'ospedale di Lanciano, perché la situazione era seria. :mad: M. aveva voluto radersi, prima di uscire, perché non intendeva presentarsi in disordine all'appuntamento a cui aveva intuito di doversi presentare. Negli anni precedenti aveva subito due infarti, uscendone, sebbene ogni volta più provato, ma quel giorno non riuscì a superare la crisi. :no: Nino andò alla finestra della camera ed incominciò a pronunciare, sottovoce, con gli occhi lucidi: "Dove sei, dove sei?" I figli avevano 12 e 7 anni e si cercò di comunicare loro la notizia nel modo meno traumatico possibile. La piccola specialmente si cimentava in lunghe sfide con il nonno a "scala 40" e per tutto il giorno non disse più nulla. :mad::OIO:mad: Nino chiese di non diffondere la notizia ai gentilissimi vicini; doveva ancora crederci lui a quella notizia, prima di poterla comunicare agli altri. La famiglia lasciò il paese dicendo che anticipavano la partenza perché M. non era stato bene e ... si sarebbero rivisti il pomeriggio di fue giorni dopo, al funerale. :grr:


lemond - 28/06/2010 alle 14:11

[b]Seppellire i morti (III) [/b] Nino non sapeva quali sentimenti l'avrebbero attraversato davanti alla salma di suo padre. Il corpo aveva vestiti estivi, non adatti secondo le consuetudini, alla sepoltura e i lineamenti del volto erano già alterati. Nino lo baciò sulla fronte e lo accarezzò. Poi arrivarono due uomini delle pompe funebri e il più anziano suggerì di non restare nel locale, per la vestizione. Il figlio era combattuto, ma il rispetto per l'indifesa nudità del padre lo portò ad accettare il consiglio. L'altro momento forte da affrontare era l'incontro con la mamma; Nino le andò incontro per abbracciarla e notò lo sguardo perso, ... lontano e comprese la totale autarchia del dolore e la sua non-comunicabilità.:no::gruppo: Ci fu poi una frase, pronunciata da sua madre, che lo colpì particolarmente: "Adesso cosa faccio, io non so fare niente." :OIO Sfilarono parenti, amici, conoscenti e a Nino tornarono in mente i funerali che aveva visto negli anni settanta, anche se gli aspetti più estremi delle tradizioni delle antiche civiltà mediterranee si erano attenuate, ma restava l'obbligo morale di "avvolgere" il defunto in una sorta di ragnatela di affetto collettivo. Nel pomeriggio si recò all'agenzia per concordare ... ed i titolari furono molto cortesi, sentimento non di circostanza e Nino ebbe una subitanea simpatia per loro e gli fu chiaro in quell'istante che sarebbero piaciuti anche a suo padre e ... solo allora realizzò cosa rappresentasse la perdita di M., il non poter più nemmeno dire: "Sai, ieri ho incontrato ... e ... ":grr:


lemond - 29/06/2010 alle 14:05

[b]Seppellire i morti (IV) [/b] Durante il trasferimento verso Milano, Nino ricevette la telefonata di don Cesare per le condoglianze e per lui la risposta più importante da dare fu il trasmettere la "dignità e la non-paura" con le quali suo padre aveva affrontato la prova. :clap: Per il traferimento erano previste sette ore, ma potevano anche lievitare a dismisura in caso di ingorghi e quindi si effettuò una sola sosta per il rifornimento e qualcosa da mangiare per gli autisti. La moglie piantonò il carro, perché non se la sentiva di abbandonare il mariro nel viavai di un'area di servizio. Ingorghi non ce ne furono e la salma arrivò in tempo alla chiesa e, prima dell'inizio della messa, Nino si soffermò all'ingresso per ringraziare tutte le persone che vi entravano, anche se il periodo (21 agosto) non incitava all'affollamento. Ma gli amici che erano in paese vennero anche al funerale. Al cimitero Nino si sforzò di mantenere gli occhi asciutti (norta mia, questo non lo capisco :?) ed anche i figli fecero lo stesso. "Sembravate di ghiaccio" osservò G. rivolgendosi al marito e ai figli e Nino non replicò, perché effettivamente poteva aver dato quell'impressione e si era chiesto più volte se fosse più giusto ed onesto fare così, oppure liberare di fronte agli altri la manifestazione del proprio dolore. ?? Ma l'esempio di suo padre era stato quello di non esibire la sofferenza e quella via cercò di percorrere per quella volta e ... in seguito. (nota mia, "unicuique suum", ma anche perché i figli devono seguire gli esempi dei padri, a prescindere?)


nino58 - 29/06/2010 alle 19:14

Non devono seguire gli esempi dei padri a prescindere. Possono seguirli o non seguirli.


lemond - 30/06/2010 alle 14:25

[quote][i]Originariamente inviato da nino58 [/i] Non devono seguire gli esempi dei padri a prescindere. Possono seguirli o non seguirli. [/quote] Tu ed io siamo d'accordo, ma l'autore mi pare proprio che la pensi in modo diverso. :Od: :cincin:


lemond - 30/06/2010 alle 14:48

[b]Ammonire i peccatori (I) [/b] Roberto si diplomò geometra nel luglio 1976 e stava pensando: ingegneria, architettura o lavoro? Ma un incidente stradale (vittima suo padre) scelse per lui: ricerca del lavoro: Allora se ne poteva avere uno a tempo indeterminato, ma lui non lo trovò come Geometra e dovette accettare la prima opportunità che gli si presentò: operaio in una fabbrica dove si assemblavano letti da ospedale. R. aveva frequentato l'Oratorio di S. Pietro ed aiutato ad insegnare il catechismo ai bambini delle elementari (nota mia, ed avrà certo ringraziato la provvidenza divina per il suo caso singolo :OIO), ma con il lavoro a tempo pieno ... Non aveva ancora avuto una ragazza fissa, perché con le donne non ci sapeva fare: nell'arte di non saper concludere, però era un fuoriclasse. :Od: D'altra parte le ragazze dell'oratorio facevano le preziose e nella sua classe delle superiori c'erano ventitré maschi e due femmine :mad: e nel posto di lavoro l'altra metà del cielo era composta da madri di famiglia piuttosto in là con gli anni. :OIO Da bravo ragazzo dell'oratorio sapeva che il sesso si poteva fare solo dopo il matrimonio, ma per lui la scelta era molto diversa: masturbarsi o no :?, perché pure quello sarebbe stato peccato. (nota mia, condannato con l'inferno :Od: ) Il suo modo di essere credente lo portava ad avere ammirazione soprattutto per quelle figure che praticavano un totale servizio verso le persone più povere, più malate o più infelici, come ad es. Madre Teresa. (nota mia, forza della "propaganda fides" :Od: )


lemond - 30/06/2010 alle 15:31

a proposito di ... I papi e il sesso - di Eric Frattini Ponte alle grazie - E 16,50 «Tutto il sesso (segreto) sotto l'ombra del Vaticano» di Luciana Cimino Diciassette papi pedofili, dieci incestuosi, dieci ruffiani, nove stupratori. E poi ancora pontefici sposati, omosessuali, travestiti, concubinari, sadici, masochisti, voyer. Nei giorni in cui la Corte Suprema Usa stabilisce che i preti possono essere processati per i reati di pedofilia e non si placano le polemiche per le perquisizione predisposte dalla magistratura belga nelle sedi episcopale del paese (definite da benedetto XVI «deplorevoli») esce in Italia per le edizioni Ponte alle Grazie il nuovo libro di Eric Frattini, giornalista, professore universitario a Madrid, autore di saggi sui sistemi spionistici tradotti in tutto il mondo. Frattini, originario di Lima, torna a occuparsi della chiesa cattolica con il documentatissimo "I papi e il sesso". Pagina dopo pagina, secolo dopo secolo, dai primi versi della Bibbia a Benedetto XVI, sfilano gli indicibili vizi passati all'ombra del Vaticano. Sottaciuti e nascosti, «non c'era internet - dice Frattini – ora la Chiesa non può far finta di niente e lo scandalo pedofilia gli è esploso in mano, il papa ha dovuto condannare pubblicamente la pedofilia ma è lo stesso che da cardinale definì i pederasti semplici peccatori e non delinquenti contribuendo ad alimentare così la congiura del silenzio. Lo trovo più efficace con la corruzione, Sepe lo ha allontanato subito». Ma non c' solo la pedofilia. Nel libro si racconta di Giovanni XII, stupratore di pellegrine e bambine, di Innocenzo III, collezionista di giochi erotici, di Leone X, papa omosessuale. LA VIDEO-INTERVISTA «Emblematica – dice Frattini – è la storia di Benedetto IX, chiamato il "Caligula del Laterano" per le sue perversioni. Con lui si ebbe addirittura un Sinodo sulla zoofilia. E c'è poi la storia di Maronzia, una senatrice romana che fu figlia di papi, amante di quattro papi, madre, nonna e bisnonna di pontefici. Possiamo considerarla una vera e propria papessa». Ma il libro di Frattini, oltre a essere un divertente almanacco di vizi nascosti nelle piaghe della storia, ci dice soprattutto altro. «Nessuna religione al mondo ha mai dibattuto tanto l'intimità sessuale come il cattolicesimo – scrive il giornalista– e nessuna ha mai imposto tanto dettagliatamente i suoi codici di comportamento: ancora oggi tolleranza zero verso le copie di fatto, l'aborto, la fecondazione assistita, la contraccezione». E allora come si spiega questa "doppia morale"? «Sicuramente c'è un'ipocrisia di fondo. C'è molto di Dottor Jekyll e Mister Hyde. C'è una morale che parte dalle mura di San Pietro e va verso la piazza, ai fedeli, e una e una che parte dalla basilica e va verso l'interno. La chiesa cattolica in che secolo vive? Io me lo chiedo quando alcuni alti prelati paragonano l'omosessualità alla pedofilia o quando insistono nel vietare l'uso del preservativo, mentalità da XVIII o XVII secolo». (segue)


lemond - 30/06/2010 alle 15:33

Ma questo atteggiamento della Chiesa cattolica è originato forse da una sorta di paura del sesso? «Io credo sia una questione di tradizione. Se ci pensiamo bene la chiesa cattolica è l'unica organizzazione a livello mondiale a considerare il sesso come qualcosa di proibito, da effettuare solo a scopo della procreazione e dunque ritiene chi pratica il sesso solo per piacere un peccatore. Un altro elemento a mio avviso importante è il celibato; se c'è qualcosa che ho imparato scrivendo questo libro è che il vero cancro della chiesa è il celibato. Se ci fosse stato in passato un papa che lo avesse eliminato non si sarebbe arrivati oggi alla situazione di pedofilia che tanto deploriamo, basta confrontarsi con le altre religioni» Che ne pensa dello scandalo pedofilia che ha coinvolto la chiesa negli ultimi mesi? È di questi giorni la polemica con il governo belga per gli interrogatori della polizia. Pensa che papa Ratzinger stia facendo il possibile? «Io distinguo il cardinale Ratzinger da papa Benedetto XVI che ha avuto grande coraggio. Riguardo al Belgio, la mia opinione è che gli investigatori si siano mossi come elefanti in una cristalleria. Ma ridicole sono anche le reazioni della Chiesa. Per quanto riguarda la pedofilia dobbiamo ricordare che Giovanni XXIII ha scritto un documento su come nascondere gli abusi sui minori, Giovanni Paolo II ha mantenuto questo approccio e Ratzinger ha aggiunto un allegato nel quale si descrivevano i pederasti non come delinquenti ma come peccatori e questo ha fatto si che aumentasse la "congiura del silenzio". Non credo alla lettera che ha scritto Papa Benedetto XVI ai prelati d'Irlanda, sono solo intenti. Lo scandalo è scoppiato perché adesso la chiesa si deve confrontare con i nuovi mezzi di comunicazione di massa, con internet. Il vaticano non poteva più far finta di niente. Quindi il pontefice ha dovuto condannare pedofilia e corruzione. Pensiamo al cardinale Sepe: era uno dei pilastri di Wojtyla ma appena son circolate le voci, Ratzinger lo ha mandato a Napoli, un piccolo passo però rivoluzionario» I suoi precedenti libri sulla chiesa in passato hanno suscitato vibranti polemiche. Si aspetta attacchi anche per questo saggio? «Scommetto tutto quello che posso che non ci sarà nessuna reazione su questo saggio, come è successo per "L'Entità (la precedente inchiesta sui servizi segreti del Vaticano, uscita per Fazi lo scorso anno, ndr). Invece l'Opus Dei ha protestato per un mio romanzo, "Il labirinto sull'acqua", attaccandomi violentemente. Raccontavo che forse Pietro non era così fantastico mentre Giuda non era così malvagio… non ho mai venduto tanti libri, stavo per dire "grazie a dio", ma dovrei dire "grazie all'Opus Dei"!» Si occuperà ancora di Chiesa cattolica nei suoi prossimi libri? «No, ho chiuso. Inoltre smetto di scrivere saggi perché è psicologicamente devastante. Per evitare denunce devi controllare ogni nota a piè di pagina, ogni riferimento. D'ora in poi solo romanzi, perché, come dite voi in Italia? "non me ne frega niente"». 30 giugno 2010 UNITA'


lemond - 01/07/2010 alle 14:05

[b]Ammonire i peccatori (II) [/b] Negli anni delle superiori aveva respirato l'aria dell'uguaglianza: il suo Istituto era stato un "faro" nei momenti più caldi delle lotte studentesche, ora in fabbrica ... conobbe il "ruffianismo" (verso i capi e capetti ed anche fra questi ultimi). Scoprì anche strani rapporti fra uomini e donne: uomini-gallo e donne-fatali, rigorosamente sposati, ma ... Una collega incita di due mesi (del marito) riuscì a portarsi a letto il più bello dei capireparto. :crazy: Roberto si era dovuto sottoporre agli "interrogatori" dei compagni/compagne e dovette raccontare tutto, ma si curò di non rivelare dettagli sulle sue difficoltà di "aggancio". Dopo quasi tre anni di lavoro venne avvicinato da A. una delle sue compagne più giovani ed una delle "prede" più appetibili. ;) Abitava nel suo stesso quartiere e andando a verso casa, A. gli disse. a testa bassa: "Roby, devo confidarti una cosa importante ... aspetto un bambino." Bene, disse Roberto, esprimendo la più ovvia delle considerazioni possibili.:cool: Invece, riprese A, questo per me e mio marito è un grosso guaio, perché la bambina di tre anni la può tenere mia madre, ma con questo dovrei lasciare il lavoro e ... tu sei la prima persona a cui lo dico. E perché? :? ... ma parliamone con calma dopo il lavoro. Per tutto il pomeriggio pensò al "cosa dire". L'avvenente collega si era rivolta a lui perché R. aveva un animo gentile e riusciva a dedicare parte del suo tempo agli altri, però sull'argomento, il punto di vista di R. era piuttosto chiaro: convincerla a non abortire, anche se A. con la scelta di rivolgersi a lui, incosciamente sapeva già di voler tenere il bambino. Con una certa discrezione, A. salì sulla macchina e si diressero fuori città, fermandosi presso un antico mulino. Robertò le comunicò tutte le ragioni per le quali riteneva giusto (già dai tempi della parrocchia) che i bambini (nota mia, i feti) non andassero "buttati". In sintesi, la pietà verso un essere indifeso (nota mia, però la chiesa accetta la pena di morte), ma soprattutto il cercare di evitarle una sofferenza che, successivamente, l'avrebbe comunque sempre accompagnata. (nota mia, affermazione un po' troppo apodittica, perché non per tutte è così). A. ascoltava, guardando quel dilettante, che si inventava prete confessore, filosofo, teologo, facendo proprie le ragioni che voleva sentirsi dire.:cincin:


lemond - 02/07/2010 alle 14:46

[b]Ammonire i peccatori (III) [/b] Anche a Roberto quel colloquio fece bene, perché alla fine gli uscì: "Decidi tu con tutta te stessa, testa e cuore." Il che significava comprendere/ammettere che nessuno poteva avere l'ultima parola se non la *donna* che viveva quella condizione. (nota mia, :clap::clap::clap: ) Non ne riparlarono più, ma la pancia crebbe e nacque Mattia. ;) Nel frattempo si avvicinava un importante appuntamento elettorale: i referendum abrogativi della "legge 184". Roberto aveva capito che, per limitare gli aborti, non si potevano reintrodurre sanzioni penali, a differenza della chiesa che sembrava ossessionata dalla necessità di punire il reo-peccatore, piuttosto che ottenere una diminuzione delle "interruzioni traumatiche di gravidanza". La domenica 17 maggio 1981 si recò al seggio, ma riconsegnò la scheda "bianca". Ignavia? No, un altro enorme passo avanti. (nota mia, se, come ho sottolineato, sono d'accordo sul primo, questo mi pare invece un ritorno al medioevo, quando le streghe (abortiste è lo stesso) si bruciavano, così come i "finocchi" che hanno preso questo nome spregiativo proprio perché, per attenuare l'odore di bruciato, si gettavano insieme alla persona da ardere quegli ortaggi :OIO:OIO:OIO) R. rifiutò di scegliere fra quelli che, in quel momento, per la sua coscienza, considerava due mali, nessuno dei quali minore: il diritto di abortire e quello di togliere alle donne il diritto di ricorrervi, sanzionandole pure. (Nota mia, credo che Roberto abbia fatto una notevole commistione o confusione fra la sfera religiosa e l'ambito legale in materia di aborto. La religione e la morale hanno il fine di rendere l'uomo buono e onesto (per la prima si fa per dire :Od: ), mentre la legge, lo Stato, per sua natura laicista, ha uno scopo minore: creare meno danni possibili nella convivenza fra uomini, che in qualche misura non sono né buoni, né onesti. Per es, odiare fino alla morte un'altra persona non è né morale, né (credo) religioso, però al diritto non interessa se l'odio rimane soltanto un sentimento e non si traduce in azione. Quindi se parliamo di aborto dal punto di vista della chiesa è ovvio che può essere un male ed è per questo che se un cattolico decide di abortire, dovrà sopportare un trauma dal punto di vista religioso. :mad: Ma se ci spostiamo nel diritto, la scena cambia: di fronte appariva, negli anni '70, un numero impressionante di aborti clandestini e di donne morte ad opera delle "mammane" ed allora il legislatore si chiese che cosa fare. Finta di nulla? Proviamo con le prediche? Con la prigione? Oppure con la pena di morte, come in Francia ai tempi dell'occupazione nazista? Altrimenti, possiamo prendere atto che il male esiste e che l'unica cosa da fare è cercare di renderlo meno dannoso per tutti? La legge sull'interruzione della gravidanza ha tentato di fare questo, niente di più, niente di meno: se l'aborto non si può sconfiggere, cercare almeno che sia fatto con il minimo spargimento di sangue! ) P.S. Se qualcuno non l'avesse capito, io, come quasi tutti, sono contrario all'aborto. ;)


lemond - 03/07/2010 alle 14:25

[b]Ammonire i peccatori (IV) [/b] La vita di R. ebbe un'importante svolta proprio in quell'anno: partecipò e vinse un concorso pubblico per Geometra al comune di Milano. :) Fu incaricato di seguire il procedere delle opere stradali che cominciavano e si completavano in ogni parte della città e quindi passò da un lavoro a catena ad uno "en plein air". Non guadagnava quanto prima, ma non era più "legato al pezzo". ;) La seconda importante svolta avvenne l'anno seguente, quando gli mise gli occhi addosso una ex compagna di classe di sua sorella, che tanto fece, da indurlo a dire ... :yes: (nota mia, credo in chiesa :D ) Intanto nel suo nuovo luogo di lavoro, si trovò a vivere una situazione simile a quella che era capitata ad A. : una collega di quasi quarantacinque anni incinta di due mesi, con l'aggravante del marito morto pochi giorni prima per un ictus. La differenza è che la signora V. rese partecipi tutti della situazione ed in particolare le colleghe del servizio sociale, che in grande maggioranza le consigliavano l'interuzione della gravidanza. Roberto questa volta si trovò di fronte alla possibilità di prendere la parola e di esprimere le sue posizioni. La situazione era obiettivamente diversa, ma il risultato fu lo stesso e nacque un nuovo Mattia. (nota mia, l'autore pensa che R. sia stato determinante, il mio giudizio è diverso). L'unione di R. fu feconda (due bambine). nel 1998 la seconda avrebbe ricevuto la prima comunione e la domenica precedente i comunicandi e i loro genitori furono invitati ad una giornata di ritiro e preparazione in una località del lago Maggiore. La giornata prevedeva momenti in cui i bambini giocavano, mentre i genitori discutevano sul senso della famiglia e dei sacramenti (nota mia, senso che chi ha letto "Nera Luce" ne ha un concetto ben preciso. :D :Od: :D ) Prima della messa finale il parroco tenne a precisare, con tono perentorio: "Ricordo che i genitori separati, conviventi con altri uomini o donne non possono ricevere la comunione". Per R. queste parole furono come beccarsi un pugno sul naso, perché conosceva le storie famigliari di molte coppie presenti: c'era chi era stato lasciato dal marito o dalla moglie e ... mentre c'era chi, pur formando regolare famiglia, scorrazzava al galoppo su ogni prateria gli si aprisse davanti. I primi :no: e gli altri :yes: :OIO Non c'era pratica di pietà in quel precetto ecclesiastico:mettere alla gogna i *peccatori*. Roberto non si sentì di prendere l'ostia quel pomeriggio. :mad: Poi, otto anni dopo, quando fu negato il funerale religioso a Piero Welby, nonostante l'umiltà da lui dimostrata nel chiedere il funerale religioso, smise anche di andare alla messa. (nota mia, per l'esattezza a Piero non gli importava una ... del funerale, però da radicale molto tollerante lasciò che la moglie Mina (purtroppo cattolica osservante) facesse quel che riteneva giusto. P.S. Non capisco (anzi lo comprendo bene, perché è un caso comune) questo volersi dire cattolici senza esserlo. La religione del Papa è ... e si può dire suo seguace solo chi la applica per intiero, il fai da te non è previsto, anzi è stata introdotta anche l'infallibilità del pontefice. :D Quindi a me i Roberti fanno solo un po' pena, perché non riescono proprio a scegliere e sono convinto che pur non andando a messa, il Nostro si considera pur sempre cattolico. :OIO


lemond - 04/07/2010 alle 15:07

[b]Consolare gli afflitti (I) [/b] L'accusa che si vide notificare dai Carabinieri al rientro dal lavoro fu di "acquisizione e detenzione di materiale pedopornografico". Intuì subito che cosa potesse essere successo: sua figlia aveva avuto per natale un computer e il collegamento a Internet, e l'intestatario del contratto era lui, Carlo, anche se non aveva mai toccato un "mouse" in vita sua.:no: La figlia tredicenne aveva seguito la solita trafila: scaricare ... La bambina era stata portata via pochi minuti prima, come da decreto del Tribunale di Milano, che si era mosso in base ai referti della polizia postale e quindi aveva giudicato pericoloso lasciarla a contatto con quel "mostro" del padre. Carlo, naturalmente, non aveva un avvocato di fiducia (che se ne fa un manovale? :) ) e quindi gliene dettero uno d'ufficio, poi la moglie ne trovò uno. Entrare in carcere con l'accusa di pedofilia era sinonimo di angoscia e l'unico desiderio, quello di essere già morto e sepolto. :grr: La ragione per la quale non maturò la scelta del suicidio era il desiderio di rivedere la figlia. La moglie sembrava la "madonna addolorata", insomma la "Giustizia" ne aveva fatti fuori tre in un colpo solo. :OIO Le ore d'aria in carcere erano pericolosi passaggi nella foresta pluviale dell'Amazzonia e l'odio inutile del senso comune accompagnava quei giorni infiniti. :mad: Viveva ivi anche un ragazzo di vent'anni con l'accusa di terrorismo e si era fatto già due mesi in isolamento, poi, per l'inconsistenza dell'accusa il reato derubricato a ... ed era stato traferito in una cella normale, ma di rilasciarlo non se parlava proprio, perché mai? :no::no::no: Lo Stato, deriso, per lustri come "buonista" si teneva ben stretto questo tipo di "colpevoli", mentre bocche senza cervello (nota mia, ogni riferimento a Di Pietro è puramente voluta :D) perpetuavano i pianti greci contro l'indulto. :OIO:grr::OIO


lemond - 06/07/2010 alle 12:32

[b]Consolare gli afflitti (II) [/b] Tra gli argomenti imperanti nel carcere c'era anche il disprezzo "verso/us" i porci del braccio "pedofili", che talvolta si trasformava in una vera e propria strategia di agguato. In più, mentre negli altri casi i compagni di cella riuscivano a rilevare le ingiustizie e gli errori dello Stato, verso i detenuti del settore maledetto c'era un giudizio "iuris et de iure" già scritto, per il solo fatto di essere lì. :OIO :grr: :OIO E comunque, si sa, quanto più è imbecille l'idea che si mette in circolo, tanto più si diffonde e con eccellenti risultati di ascolto e di gradimento (nota mia, per il mio amico Nino58, con il quale penso di convidere moltissime cose, non ti fa venire nulla in mente l'ultima frase?). Anche i più libertari, come S. (il ragazzo accusato di terrorismo) subivano forti tentazioni di cedere al "pensiero comune". In verità non credeva ad una sorte disgraziata, ma ad un errore di un procedimento, costruito peraltro bene in termini generali. Carlo non osava uscire nelle ore d'aria, ma alla fine, una volta prese coraggio e subito l'espressione migliore che si sentì affibbiare, anche se detta in generale, perché ai paria non si poteva nemmeno rivolgere la parola fu: "Ma chi è 'sta chiavich' e cesse?". Quel giorno poi l'occhio vigile degli agenti si era allentato e così un paio di energumeni riuscirono ad acciuffarlo. Uno gli avvolse il braccio intorno al collo, mentre l'altro si era già calato i pantaloni. S. partì come un razzo: non sapeva chi fossero quei due, ma il senso della vita, in quel momento, era togliere Carlo dalle loro grinfie ed il suo odio verso i luoghi comuni poté così trasformarsi in una pedata nei c... del boia di circostanza.:clap: :clap: :clap: L'energumeno non potè fare a meno di urlare, provocando l'intervento dei secondini che riuscirono a salvare S. che stava per diventare *lui* il nuovo bersaglio :grr::gruppo::grr: L'avvocato (l'autore non dice quando) riuscì finalmente a far arrivare agli orecchi dei giudici la più semplice delle ragioni ... Anche l'evidenza però fu messa in dubbio dai P.M. perché, pur non avendo mai Carlo utilizzato il computer, poteva ben essersi servito della figlia per farsi scaricare ... :yes: :gluglu: La figlia aveva, per fortuna, già raccontato i fatti nel modo in cui si erano svolti e Carlo fu prosciolto e, come lui, circa un terzo degli arrestati nella "sua" retata. :OIO:OIO:OIO:OIO:OIO (Nota mia, mi fa venire in mente il numero notevolissimo dei rilasciati (per omonimia ed altro) nel clamoroso co-arresto di Enzo Tortora. "La polizia arresta e i giudici scarcerano" fu il titolo in settima pagina di un giornale, scimmiottando dai polizieschi degli anni '70. P.S: Ma S. non risulta dal libro che lo abbiano ancora scarcerato :OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO:OIO


lemond - 07/07/2010 alle 17:17

[b]Sopportare pazientemente le persone moleste [/b] Una ragazzina che, fin dalle medie, cova il desiderio di diventare la "dottoressa dei bambini" e che, per "allenarsi" si propone come "baby-sitter", deve ragionevolmente raggiungere l'obiettivo. Ed in effetti fu ottenuto già prima di ventinove anni e, siccome A. era nata nel 1960 ... Il sistema sanitario prevedeva da pochi anni la figura del pediatra di libera scelta e lei cominciò con il sostituire per sei mesi il pediatra del suo paese, che aveva preso un'aspettativa per provare a farsi assumere in ospedale e si formò già una certa ... Le mamme veneravano il pediatra maschio e da lui si facevano anche "maltrattare", mentre le cose andavano diversamente verso la dottoressa che si sapeva essere neolaureata e, per di più *supplente*. Quell'esperienza, però, le fu molto utile nella comprensione di ciò che si poteva dire e di ciò che invece ... per non scatenare le angosce. :Old: Quando il collega fu assunto in ospedale, quel primo lavoro ebbe termine ed A. presentò la sua domanda per l'assunzione negli "ambiti carenti" e le fu assegnato un posto in un paese alla periferia di Milano. In questa fase della sua vita lavorativa sperimentò per prima cosa la crudezza e l'assurdità della burocrazia. che avrebbe fatto perdere la pazienza anche ad un certo Giobbe (nota mia, personaggio di fantasia di un libro dove si trovano tante leggende e che, per questo, ha avuto molto successo commerciale :Od: ). Per fortuna riuscì ad avere l'aiuto di un collega che accettò di dividere con lei il suo studio, già omologato e quello di un'amica che la ospitò in casa sua, per consentirle di vedersi concedere la residenza (indispensabile :OIO ) In quel comune c'era già un altro pediatra e i genitori non si fidavano di una dottoressa giovane? No, però il numero dei bambini di A. si alzava in modo quasi impercettibile, perché i padre o la madre chiedevano solamente di iscrivere il bambino con *UN* pediatra ed i bambini finivano iscritti al collega (che non ne voleva più :mad: ) Amava però il suo lavoro e non si scoraggiò e così si cantava e si portava la croce; ad es. le richieste del venerdì che esordivano sempre con: "Sa, dottoressa, non vorrei che sabato o domenica ..." e che manifestavano la diffusa credenza che una visita "preventiva" non facesse ammalare: il tagliando come quello per l'auto :Od: ; oppure le richieste di fantomatiche certificazioni pretese da Direzioni di asili e Scuole di ogni ordine e grado, come quella per poter tenere in classe la bottiglietta dell'acqua. :Od: Glielo deve dire il pediatra che un bambino ha bisogno dell'acqua? Ripeteva a tutte in maniera sconsolata. :mad: :gluglu: :mad:


lemond - 08/07/2010 alle 11:51

[b]Sopportare pazientemente le persone moleste (II) [/b] Ma le mamme non sentivano ragioni, quando la scuola chiede ... :Old: :OIO Una Preside provò anche a pretendere il certificato per far svolgere ai ragazzi l'ordinaria attività di ginnastica. :Od: Poi c'erano i certificati per le mamme che dovevano stare a casa ad accudire il piccolo e molte volte si generavano discussioni che inacidivano il rapporto e "in cauda venenum" le "epiche battaglie" per fronteggiare le richieste di inutili visite domiciliari. :mad: Questo argomento meriterebbe un trattato, perché tali visite rappresentano il retaggio di un tempo in cui solo, o quasi, il medico (del paese) aveva un mezzo a motore per spostarsi. Quasi nessun bambino è intrasportabile (la prova è data dalle innumerevoli presenze al pronto soccorso), ma dal pediatra non vi può (vuole) andare. :mad: Ed una volta A. si sentì rivolgere la magica frase: "Se lei non viene a casa a vedere il bambino, io la denuncio".:mad::Old::mad: In seguito, la medesima espressione, capitava almeno un paio di volte l'anno. :OIO Lei, in questi casi, andava al domicilio, effettuava la visita e pregava i genitori di iscrivere il bambino da un altro pediatra, con reazioni, le più varie, ma un giorno si trascinò dietro il fidanzato per la paura di rimediare un occhio nero. :grr: Assecondare ogni richiesta di visita domiciliare avrebbe comportato, in certe giornate, la chiusura dello Studio, ma, far capire che solo quella regola permetteva di poter vedere tutti i bambini che ne avevano necessità, fu una grande impresa, che, non si sa come, però andò in porto. ;):clap::) Più passarono gli anni e più il versante "visite domiciliari" si stabilizzò :yes: Viceversa, più passavano gli anni e più si accorgeva che i genitori reggevano sempre meno qualunque piccolo problema dei bambini. :mad: Nessuna malattia aveva più un decorso, tutto doveva essere risolto immediatamente.:drink:


lemond - 09/07/2010 alle 14:12

[b]Sopportare pazientemente le persone moleste (III) [/b] Poi arrivarano i cellulari. :mad: Il lavoro del medico, come tutti del resto, comporta la necessità del riposo e proprio per questo la notte e i due giorni finali della settimana è stato istituito il servizio "guardia medica". Ma la mamma vuole solo il *proprio* pediatra, anche per ... :OIO A. intanto si era sposata ed aveva avuro una bambina che doveva "dividere" con il telefono e quindi la figlia crebbe con la repulsione verso gli oggetti teconologici. :mad: Lo studio A. lo aveva in un condominio (al terzo piano) (nota mia, ed ognuno si può immaginare i disagi che ne derivavano per i condomini e i clienti, ma ... soprattutto per lei. :grr: Quando capitò l'occasione di aprine uno nuovo alla periferia e a piano strada ed anche con spazio sufficiente da poterlo dividere con tre colleghe ...:clap::clap::clap: La compresenza di altre tre pediatre significava scambiare pareri, scaricare ansie, risolbvere dubbi, ma quando si verificò l'episodio che le avrebbe fatto perdere dieci anni di vita, era sola. :no::gruppo: :OIO Quel pomeriggio, durante una visita, sentì bussare alla porta con veemenza e quando aprì fu sconvolta dal terrore. Una mamma teneva in braccio il bimbo di circa sei-sette mesi con gli occhi rovesciati e ... sembrava morto.:gluglu::grr::gluglu: A. pensò che quello era un caso da "pronto soccorso", in ogni modo stese il piccolo sul lettino: il polso era presente, ma il respiro assolutamente no. Chiamò il 118 e recuperò il respiratore pneumatico e cominciò a "ventilare" il piccolo. La mamma ripeteva: "Me lo salvi, me lo salvi." Arrivò l'ambulanza, proprio mentre l'infante cominciava ad emettere alcuni suoni, per quanto lamentosi. Il medico soccorritore si fermò quasi mezz'ora prima di trasportarlo all'ospedale e intanto la respirazione era diventata buona, ma lo sguardo restava assente. :mad: "Speriamo non abbia subito danni celebrali" fu il pensiero inespresso di tutti, tranne la mamma che invece ... (nota mia, beata ignoranza) Quella sera A. ripensò a come la sua vita sarebbe potuta cambiare se quel bimbo non fosse sopravvissuto, addirittura poteva essere accusata di omicidio colposo, perché nei paesi la colpa deve essere sempre di qualcuno. :OIO


lemond - 10/07/2010 alle 12:23

[b]Dar da bere agli assetati (I) [/b] La partenza per il campeggio, ogni anno, veniva rigorosamente fissata ;) il primo sabato di luglio. Eravamo nella metà degli anni settanta, un po' uno spartiacque per le vacanze estive di bambini e ragazzi. Il coadiutore della parrocchia di un piccolo paese sul Lambro organizzava, ormai da tre anni, quindici giorni di campo in tenda. Aveva trent'anni ed il suo esser prete derivava dal vedere la vita come un dono (nota mia, però i doni si possono anche restituire, mentre secondo la chiesa ...:Od: ) e doveva essere messa a frutto nel "donarla" agli altri. Quello che gli riusciva meglio, del suo esser prete, era la capacità di saper parlare alle nuove generazioni, il che non è facile, come potrebbe sembrare. :yes: La destinazione di quell'estate era la Val d'Ayas e D. Alberto riempì sei auto ed un camioncino (per le cose). Quando i componenti l'allegra brigata montarono il campo nel terreno affittato e pagato alle due signorine proprietarie, non si aspettavano certo di restare osservati in ogni loro movimento, venendo, per di più, aspramente redarguiti nei frequenti casi di "inadempienza" alle norme di comportamento dettate dalle madame. (nota mia, forse si poteva usare il termine megere ;) ) Don Alberto lesse subito la pena del cuore nell'aggressività delle due e provò, senza grandi resultati in principio, a scalzare la loro "corraza relazionale". Uno dei ragazzi (Ciro) frequentava la scuola professionale per cuochi ed era venuto al campo non per fare faticose camminate, ma per "donare" la sua totale disponibilità in cucina. ;) Gianluca pensava invece solo alle camminate, alle ferrate ed alle cime, credendole raggiungibili con la stessa facilita con cui si delinea un desiderio fantastico. ;) Paolo era stato mandato dai genitori, perché "si tirasse fuori". Suo padre, in particolare, aveva notato in lui qualcosa di effemminato. Ma Paolo per il momento non pensava ad uomini o donne, ma solo a star bene con tutti e voleva tenere un atteggiamento di "basso profilo". Don Alberto aveva un diverso progetto: tutti dovevano fare tutto, fosse cucina, rigovernare, cura del campo e ascensioni. :yes::yes::yes::yes: La prima camminata fu al Colle delle cime bianche e dopo due ore si trovarono davanti un alpeggio deserto. I primi furono al colle dopo quattro ore di cammino, gli ultimi mezz'ora dopo. Dato che il sole si era visto poco, la marcia era stata relativamente agevole. La discesa fu invece per Gianluca ... :OIO aveva ai piedi soltanto un paio di calzettoni di lana e non erano sufficienti, perché lo sfregamento stava producendo un dolore sempre più ... :hammer: Quel giorno aveva conosciuto il piacere della conquista, ma anche il suo amaro retrogusto. Morale della favola ...


lemond - 11/07/2010 alle 11:06

[b]Dar da bere agli assetati (II) [/b] Tre giorni dopo, salita a quota 3036, le previsioni /indicazioni stradali avrebbero dato tre ore di percorrenza, ma per molti quel tempo si dilatò ampiamente. All'ultimo ruscello incontrato, le borracce erano ancora abbastanza piene e solo Ciro la riempì. Sulla costa morena non c'era più acqua e soltanto Ciro aveva da bere, ma perse contatto (selezione da dietro, in gergo ciclistico ;) ). Da sopra Don Alberto si sgolava: "Muoviti, che non arriviamo più." All'ultima sosta (tre quarti d'ora alla meta) l'arsura cominciava a far straparlare tutti quanti e la salvezza venne da Ciro (atteso per quaranta minuti) che riuscì a bagnare le labbra di ciascuno. (Gli ultimi in questo caso ... :D ) Ancora tre quarti d'ora di paura sulla cresta e poi svuotarono, a prezzi da centro storico, il bar del rifugio; poi riposino, quattro foto e ritorno al campo. (nota mia, forse è un mio limite, ma non ho mai capito che ci sia di bello nell'alpinismo, anche se potrebbe sembrare affine ad andare in bici in salita, ma per le le differenze sono molto importanti, ad es. non ho mai avuto paura ;) ) Nella seconda settimana, era in programma un'ascensione di due giorni, oltre i "quattromila". Al passo di Bettafourca cominciarono a tremare le gambe a Paolo ed il cuore ... :pomodoro: e addirittura in un punto innevato, cominciò a scivolare e per fortuna Gianluca riuscì ad afferrarlo energicamente per le cinghie dello zaino. Paolo si attaccò a Gianluca e sentì un brivido, ma non di paura questa volta. La notte, nel rifugio, si sdraiò vicino a lui, voleva sentire il suo profumo e continuava a guardarlo nella penombra. Gianluca ovviamente non si accorse di nulla, pensava al "suo" salvataggio e ne andava fiero, ma solo con sé stesso. Paolo invece nella notte cominciò a piangere in silenzio: aveva scoperto la propria natura e se n'era spaventato. (nota mia, la chiesa in questo ha avuto nella storia "meriti" non da poco :OIO :grr: :OIO )


lemond - 12/07/2010 alle 15:05

[b]Visitare i carcerati (I) [/b] La televisione, in bianco e nero, accompagnò la sua infanzia e misurò il "non sense" della vita con l'aiuto dei "Forti di Forte coraggio", ma la prima vera inquietudine gliela riservò uno sceneggiato, che ricostruiva la vita di Severino Boezio, ove Giuseppe non capì quasi per nulla il motivo della morte, decretata da re Teodorico, dopo una notte di tortura. :OIO Quella visione ( a tredici anni) lo turbò fino in fondo all'anima.:grr: Quell'uomo, imprigionato e offeso gli rimase nella memoria e così volle scoprire il motivo, che non arrivava dai lati oscuri della coscienza, ma dal ragionato calcolo politico del Re. :mad::yes::mad: Tre anni dopo, mentre raggiungeva la casa di un suo compagno di scuola, sentì un grido: "Era lui, era lui il ladro!" E vide un cerchio di persone urlanti che inveiva verso un uomo a terra. Ed altri due uomini, poliziotti in borghese, gli avevamo messo le "manette" ai polsi e lo colpivano sulla schiena con uno spazzolone, urlando: "Figlio di p..." A Giuseppe il cuore cominciò a battere forte e cercò altri occhi che stessero provando la sua stessa angoscia, ma ... :no:, solo "tifo da stadio". :grr: I singhiozzi di quell'uomo in manette gli fecero scoprire quel giorno il sentimento di odio verso i prepotenti e continuò a tremare per mezz'ora. :mad: :mad: :mad: Nei giorni e nei mesi seguenti cercò di metabolizzare l'accaduto, ma :no::no:, più ci pensava e più quei comportamenti gli risultavano intolleranti, crudeli e per di più inutili. :OIO Giuseppe era una persona gentile, ragazzo studioso e continuò la sua vita, diventando analista di laboratorio in ospedale, trovò anche una fidanzata e un giorno, in macchina con lei, udì la notizia della scomparsa, in Polonia, di padre J. Popieluszko, prete che sosteneva le lotte operaie nei cantieri di Danzica. Un rapimento per riscatto nella Polonia del 1984 era pura fantascienza, quindi ... (nota mia, ripensò a Teodorico). :no::grr::no: Fu ritrovato in fondo ad una cisterna dopo aver subito il rituale pestaggio, come Giacomo Matteotti nel ... (nota mia, e il radicale toscano (giornalista) Antonio Russo, ucciso in Russia nel novembre 2000). Giuseppe stava male, ma non si abituava al male, resisteva, con lo star male, all'assuefazione al male. :clap:


lemond - 13/07/2010 alle 09:01

"L'oro del Vaticano". In una parola: riciclaggio. di Michele Minorita E' una segnalazione di lettura, quella che oggi si propone: un libro particolarmente interessante: per il suo contenuto; e perché, volendo, può anche diventare un utilissimo strumento di iniziativa politica. Il libro si chiama "L'oro del Vaticano", è pubblicato dalla casa editrice Newton Compton, l'autore è quel Claudio Rendina che già ci ha dato un prezioso "La Santa Casta della Chiesa", un'impressionante antologia di intrighi, delitti, inganni, mercimoni che vedono per protagonisti pontefici, cardinali, vescovi, sacerdoti. Questo "L'Oro del Vaticano" è una lettura che ben si integra con un altro libro di cui si è parlato da questa radio, "Vaticano Spa" di Gianluigi Nuzzi, che attraverso una inoppugnabile documentazione racconta gli scandali finanziari e politici del Vaticano. "L'Oro del Vaticano" è una inchiesta sul mare di denaro che transita nei conti dello IOR, l'istituto delle Opere Religiose e poi si occulta nei mille paradisi fiscali sparsi nel mondo. Insomma, per chiamare le cose con il loro nome, riciclaggio. "L'Oro del Vaticano" offre anche un dettagliato censimento delle finanze e dei beni vaticani. E non manca l'attualità: quella delle indagini in corso sulla cosiddetta cricca, ma anche i movimenti azionari come gli investimenti dello IOR nel bond convertibile emesso dalla Banca Carige, un istituto genovese da sempre nel cuore del segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone. C'è tutto l'elenco degli immobili di Propaganda Fide, il patrimonio destinato a sovvenzionare le missioni, ma utilizzato in realtà per distribuire case ad amici e favori a complici. Sarebbe bello, che so, davanti ai portoni di queste proprietà, riuscire ad apporre dei fiocchi gialli. Il centro di Roma sarebbe tutto impacchettato. Il solo IOR, scrive Rendina, vanta un patrimonio di cinque miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i lingotti d'oro, dei quali è stata indicata l'esistenza nei caveau sottostanti il torrione che è sede dell'istituto: qualcosa come due tonnellate d'oro, e per quel che riguarda i titoli di stato, si parla di tre milioni di euro. Lo IOR ufficialmente non ha succursali, ma conta sul legame con la struttura missionaria delle isole Cayman, neppure a dire, un paradiso fiscale. Questa struttura è stata appositamente distaccata dall'arcidiocesi di Kingston in Giamaica, e fa capo direttamente al Vaticano, nella persona del cardinale Adam Joseph Maida, membro dello IOR con la qualifica di superiore: come tale ha la funzione di autentico deposito delle finanze vaticane: un centro finanziario off shore". Insomma, un libro che vale .


lemond - 13/07/2010 alle 14:06

[b]Visitare i carcerati (II) [/b] Il lavoro all'ospedale (di Genova) era ripetitivo, ma importante e non bisognava distrarsi. L'antitodo all'errore di ditrazione era soltanto la coscienza che Giuseppe si era formato anche con la "pietas" verso i màrtiri e i martirii. (Nota mia, il termine mi pare un po' (parecchio) esagerato, di sicuro se si allude a quelli cristiani, che non ce ne sono (quasi) stati nella storia, al di là della propaganda di regime, ma anche nei confronti dei carcerati. Certo quelli in attesa di giudizio, che poi sono riconosciuti ...:OIO:OIO, però il termine mi sembre anche qui, troppo forte.) Tutti gli ospedali della città furono allertati in quella terza settimana del 2001: tutti al lavoro e qualcuno non poteva neppure tornare a casa, perché gli accessi alle proprie dimore erano preclusi. Giuseppe poté vedere soltanto alla TV le immagini di un ragazzino di tredici anni, com'era lui davanti all'immagine di Boezio, ma con il sangue a colori, stavolta. Una premeditazione senza pietà, ad eccezione di chi aveva aperto le porte di chiese all'accoglienza dei perseguitandi e che per questo, per aver predicato il primato della pietà, fu probabilmente escluso dall'accesso al soglio di Pietro. (Nota mia, il riferimento è ovviamente al cardinale Dionigi Tettamanzi, che invece l'11 luglio 2002 fu nominato arcivescovo di Milano e fu da alcuni indicato come uno dei possibili «papabili», ma la maggioranza, chiunque lo sapeva, era in mano al pastore tedesco (erede designato dal papa-boia) e quindi dissento totalmente dall'ipotesi indicata nel libro.)


nino58 - 13/07/2010 alle 21:38

Non ho capito l'ultimo ragionamento. Mi pare che tu e l'autore stiate dicendo esattamente la stessa cosa.


lemond - 14/07/2010 alle 06:17

[quote][i]Originariamente inviato da nino58 [/i] Non ho capito l'ultimo ragionamento. Mi pare che tu e l'autore stiate dicendo esattamente la stessa cosa. [/quote] A me pare che l'autore pensi che la mancata elezione di Tettamanzi sia dovuta ai fatti di Genova, invece quegli avvenimenti lo hanno fatto *promuovere* (perché Milano credo sia più importante di Genova). D'altra parte l'elezione del pastore tedesco era prevista da anni (ben prima del 2001), in quanto il papa precedente era solo la bocca e i gesti (teatrali) dell'attuale.


nino58 - 14/07/2010 alle 08:19

L'autore non dev'essersi spiegato bene. Credo che la tesi sia che, siccome Tettamanzi ha "ricoverato" chi andava bastonato, che ha tenuto una posizione opposta a quella di nunzi apostolici e vescovi argentini dell'era del Condor, nel Conclave 2005 non sia stato votato.


lemond - 14/07/2010 alle 08:53

[quote][i]Originariamente inviato da nino58 [/i] L'autore non dev'essersi spiegato bene. Credo che la tesi sia che, siccome Tettamanzi ha "ricoverato" chi andava bastonato, che ha tenuto una posizione opposta a quella di nunzi apostolici e vescovi argentini dell'era del Condor, nel Conclave 2005 non sia stato votato. [/quote] Il concetto mi era chiaro e l'autore si è spiegato bene, solo che io continuo a credere che non lo votarono "a prescindere", così come non ebbe pochi partigiani il candidato più autorevole di tutti, vale a dire Carlo Maria Martini. :mad: In un conclave dove la maggioranza era/è stata nominata dal peggior papa della storia, come poteva ... A meno che tu non creda all'intervento dell spirito santo. :Od:


nino58 - 14/07/2010 alle 09:02

Contro la non-volontà degli uomini non ci sono Spiriti Santi che tengano.


Laura Idril - 14/07/2010 alle 09:03

Comunque secondo me Lemond dovresti parlare direttamente con l'autore eheheheh :P


lemond - 14/07/2010 alle 11:10

[quote][i]Originariamente inviato da Laura Idril [/i] Comunque secondo me Lemond dovresti parlare direttamente con l'autore eheheheh :P [/quote] E infatti ne avrei tutta l'intenzione (faccia a faccia, se lui è d'accordo) e naturalmente dopo che ne avrò rivelata l'identità a tutto il forum (perché è una persona nota. :cincin:


Laura Idril - 14/07/2010 alle 11:15

Io SO :D l'ho letto da un pò quel libro :D


lemond - 14/07/2010 alle 14:33

[b]Insegnare agli ignoranti (I) [/b] Aveva conseguito il diploma magistrale il 12 luglio 1982 e la notte precedente agli esami non dormì, come quasi nessuno: l'Italia stava festeggiando la vittoria a colori in diretta. (Nota mia, io avevo gioito invece per il secondo posto con Boninsegna e Mazzola, contro il grande Brasile di Pelé e Jairzinho, mentre dodici anni dopo avevo tifato per la Francia di Platini, Tresor e Giresse, brutalmente "fatta fuori" dagli arbitri, più che dalla Germania, con quel portiere, che ruppe una gamba a Battiston, lasciato in campo e poi dopo ... :OIO) La commissione fu di manica larga con tutti e Marcello si portò a casa un bel 48/60 e diventò un maestro in un mondo "al femminile" e, come un animale in estinzione, fu coccolato e protetto e gli fu anche facile l'accesso all'insegnamento. Il "pianeta elementari" era caratterizzato da un programma preciso: appropriazione dei numeri e delle lettere in prima, tabelline in seconda e poi e ... poi. L'innato senso di competizione tra bambini era sostenuto dalla gratificazione di un voto positivo, nonostante l'atteggiamento, invece, tendenzialmente materno di buona parte del corpo insegnante. Marcello si era iscritto alla facoltà di Storia ed arrivò alla laurea in otto anni. Dopo quindici anni di servizio aveva imparato in quale fase della loro crescita, gli scolari erano più "ricettivi" ed in quale più "intrattabili" e notava con stupore come molte colleghe continuassero a meravigliarsi dell'irrequietezza dei piccoli, dimenticando che quelli del ciclo precedente erano diventati "scatenati" proprio ... Ma il comportamento non piaceva loro e così si diceva ai genitori, che avevano, di solito, tre tipi di reazione: a) alcuni non venivano mai e più che reazione, questa sarebbe ... b) chi taceva per principio, perché, come dicono in america gli sbirri :" ... qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te" :D c) e infine c'erano i "giustizialisti" :OIO Gli unici argomenti che i genitori "maneggiavano" con impareggiabile competenza erano le gite scolastiche e le feste di fine anno. :Od: La discussione, quando si apriva, si svolgeva in senso pressoché univoco: il genitore entrava timido ed usciva "bastonato", pieno di sensi di colpa per il comportamento del figlio/a. Mai una domada sulla didattica o sul progresso intellettivo dei bambini. :mad: In certi momenti a Marcello pareva di essere soltanto una rotellina dell'ingranaggio e vi erano tutta una serie di protocolli che gli stavano stretti, soprattutto quando pensava al motivo vero del suo lavoro: suscitare nei bambini il desiderio di conoscenza e provare a dar loro gli strumenti per sodisfare quel bisogno. E lui era appunto alla perenne ricerca di quella molla che ... :yes::yes::yes: (Nota mia, è proprio questo il [b]P[/b]unto essenziale del fare scuola, ma al contempo è anche talvolta ... come l'araba fenice :OIO :grr: :OIO


lemond - 15/07/2010 alle 14:34

[b]Insegnare agli ignoranti (II) [/b] Mariella nel 1989 si era trovata senza lavoro, a trentasette anni con due figli, uno dei quali lavorava come apprendista idraulico. Aveva cercato inutilmente per sei mesi un lavoro nuovo, poi aveva desistito, anche perché si poteva resistere con due redditi e la casa di proprietà.:yoga: L'attività di casalinga portava via quasi tutta la giornata, ma le sembrò indispensabile trovare uno spazio nel quale mettere a frutto la sua capacità intellettuale. Nel quartiere era operante da anni un centro culturale e si offrì di collaborare per due pomeriggi settimanali al doposcuola della seconda media. Ma l'immagine che si era fatta del suo servizio, ben presto si accorse che non collimava per niente con la realtà, in quanto il suo "sapere" non coincideva più con quello imposto dalla scuola alle nuove generazioni. Tutti i compiti consistevano in rispondere a questionari, completare frasi, riempire puntini di sospensione e molto spesso i bambini, di fronte alle sue richieste, rispondevano:" Perché dire di più e non rispondere solo a quello che ci chiedono?" (Nota mia, nel meno ci sta anche il più! :Od: :Od: ) Ai ragazzini interessava pochissimo imparare gli argomenti, il loro solo interesse era quello di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. :OIO (Nota mia, che è l'esatto contrario del termine greco da cui deriva scuola :grr: ) Dopo due mesi di lavoro, la domanda che avrebbe voluto rivolgere era: "Ma se non ve ne frega niente, perché venite qui?" :help::no: L'unico senso che poteva avere questa attività era quello di una "battaglia" per "ribaltare il piano" e cercare di far nascere (ex nihil) quel minimo desiderio di ... :pc: E Mariella dedicò tutti i successivi anni a quel tipo di combattimento, riuscendo a comunicare con alcuni :clap: ed essendo respinta altri. :no:


lemond - 16/07/2010 alle 13:44

[b]Insegnare agli ignoranti (III) [/b] Nel 1999 Donato, un allievo del doposcuola di Mariella, decise di prendere la patente. Aveva terminato a fatica la scuola dell'obbligo e, dopo la terza media, era stato inviato in un istituto per ragazzi con leggeri "handicap" psichici. Aveva il chiodo fisso della patente e cercò l'aiuto di Mariella per prepararsi alla sfida della vita. Il sarcasmo fra i compaesani si sprecò. :Od: versus :mad: Anche per Mariella era una grossa sfida, ma alla fine risultarono vincitori e l'insegnante non riuscì trattenere le lagrime. :gluglu::yes:;) Morale della favola: La motivazione, come prima molla della conoscenza, non ci sono cretini quando si è alla ricerca di qualcosa di importante. :cup: (Nota mia, mi sembra un aforisma un po' troppo ottimista, perché io rammento un mio allievo *motivatissimo* e bravissimo nell'imparare tutti i libri quasi a memoria, che conosceva la definizione esatta di maggioranza assoluta, ma che di fronte ad A45% B35% e C20% dei voti ottenuti (le percentuali, venivano continuamente modificate, rimanendo naturalmente sotto il 50%), ma lui per un totale di circa 60 minuti, non riuscì mai a dare la risposta giusta; avete presente, lo studente agli esami di maturità in "Ecce bombo"? :D :Od: :D )


lemond - 17/07/2010 alle 14:00

[b]Insegnare agli ignoranti (IV) [/b] Marcello, una volta laureato, entrò in una scuola media e trovò (centuplicati) i difetti delle elementari. :mad: Inoltre, c'era una gerarchia ben definita: il preside, gli insegnanti delle materie "più importanti", gli altri, il personale di segreteria, quello di servizio, i genitori e, buon ultimi, i ragazzi. :OIO Rispetto all'ambiente di prima, M. notò una minore comunicazione tra insegnanti, riguardo all'apprendimento del singolo. Lo studente era giudicato, prima di tutto sul comportamento (derivante, a giudizio unanime, dalla famiglia) e poi sul profitto (in funzione della voglia o no). Ogni qual volta Marcello provava a porre la questione della "molla" veniva guardato con compassione da quelli che sapevano che c'era una muraglia pressoché invalicabile fra studenti e professori: la reciproca incomprensione. :no::gruppo::no: Mariella, periodicamente, andava a parlare dei suoi "doposcuolisti", ma veniva vista e collocata come un' "aliena". :gluglu: Marcello osservava quella donna, che metteva il naso in un mondo non suo e cercò di capire quali fossero le motivazioni e qual era il suo segreto. :? Anche Donato era della partita, perché fu chiamato proprio a svolgere le funzioni di servizio proprio in quella scuola media (Nota mia, quando si dice il caso :D ). Naturalmente veniva considerato un "tontolone" da tutti, tranne da Marcello e fu così che seppe di quella *donna* di nome Mariella. ;) Alla festa che Donato dette per festeggiare l'incarico a tempo indeterminato, il bidello spiegò all'insegnante come Mariella gli avesse trasmesso il calore dell'umanità. :clap: :clap: Al doposcuola i bambini non venivano né premiati, né puniti e, anche se, se n'era accorto solo dopo ... :yes::yes::yes: Marcello gli chiese di presentargliela e fu così che andò a cercare, nei suoi pomeriggi liberi, l'avventura di relazioni libere dal premiare e dal punire, libere dalle gerarchie del sopra e del sotto. ;):);) (Nota mia, parole stupende, però a me fa venire in mente anche quanto sotto: Così stupita guardava il cielo, il bello, i criminali ma senza impegno, come fanno le piante e gli animali. Era persino troppo emozionante per chi allena il suo cuore coi bei concerti, i discorsi importanti e le letture. Si camminava casti per la strada o in riva al mare come due innamorati della Cina Popolare. E tu non ridere mio dolce amico non dare ascolto alle mie stupide emozioni e tu non ridere che in fondo il mondo è (anche) quest'assalto di dolci confusioni.


lemond - 18/07/2010 alle 12:15

[b]Pregare dio per i vivi e per i morti (I) [/b] (Nota mia, non vedo a che cosa potrebbe mai servire, :? perché anche nell'ipotesi improbabile (anche se non impossibile) dell'esistenza del dio in questione, con la dottrina delle indulgenze si raggiungerebbe un punto estremo di estrincesismo diceologico (cioè imputazione di meriti totalmente altrui :OIO :grr: :OIO). In termini di giustizia (divina o no) è conforme che si possa essere giustificati per i meriti di un altro? E che Hitler meriti il paradiso, perché era in buoni rapporti con moltissimi devoti. :? ) Alle sei e quarantacinque ognuna delle nove consorelle si levava, si lavava, espletava altre incombenze e raggiungeva il Coro della Cappella dove, alle sette e trenta, si recitavano le Lodi, alla recita delle quali presenziavano in ascolto anche gli ospiti temporanei della Casa di Clausura. Le Lodi si recitavano nell'espressione del canto gregoriano ed era questa la principale ragione per la quale il "pubblico" vi assisteva con interesse e partecipazione non solo interiore. (Nota mia, come ad un bel concerto :Od: ) Agli ospiti (cui era impedita la vista di una parte del coro) non veniva richiesta una predeterminata tariffa, ma soltanto un'offerta che ciascuno, per sé, provvedeva a quantificare. (Nota mia, però a me viene in mente quella storiella che finisce con "Poco cacio fresco, meno SanFrancesco :Od: ) Veronica era alla soglia dei cinquant'anni e viveva in quella comunità da trenta, dopo un'infanzia ed un'adolescenza ed ogni cosa vissute serenamente e la sua scelta era stata *serenamente* per sempre. :yes::yes: Al termine del canto della Lodi, cominciava la messa e Veronica viveva quel momento come sua condivisione con la passione di Cristo. :?:?:? Il ricordo più "vecchio" della sua vita era quello di sé stessa, in braccio alla madre, che sentì dire da una donna che tornava dalla funzione del Venerdì santo:" Gesù è morto". (Nota mia, visto che Gesù è anche il Cristo e poi pure Dio, allora anch'io posso dire di aver ascoltanto quella frase nella mia giovinezza. ;) Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria o dell' eroe perchè è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto e un dio che è morto, nei campi di sterminio dio è morto, coi miti della razza dio è morto con gli odi di partito dio è morto...


lemond - 19/07/2010 alle 15:05

[b]Pregare dio per i vivi e per i morti (II) [/b] Veronica non conosceva chi fosse Gesù, non sapeva neppure che volesse dire *morto*, ma scoppiò in un pianto inconsolabile. Quel ricordo, che le sovveniva ogni giorno alla consacrazione dell'ostia, non era databile, ma a lei pareva una memoria precedente al tempo del suo poter comunicare con la parola. (Nota mia, un po' come la madonna che si manifesta alle pastorelle, mai ad un convegno di scienziati :OIO ) La mattinata era impegnata nello studio della storia della teologia: gli scismi e le eresie e raccomandava con le sue preghiere le anime di tutti coloro che avevano ricercato dio in ogni modo e che si trovavano esclusi dalla salvezza così com'era concepita dalla dottrina della chiesa. (Nota mia, non sapeva, poveretta, che ormai per costoro tutto era già deciso e che dall'inferno non si torna :D :Od: :D ) Alle dodici si ritirava in cappella per le orazioni e dopo il pasto vi era il momento di scambio di comunicazione fra le sorelle. I rapporti con l'esterno erano per lettera, con persone che si rivolgevano loro per richiedere le loro preghiere, per comunicar loro ammirazione (sic!) e vicinanza (sic! sic!). Scrivevano soprattutto coloro che avevano visitato il luogo della clausura e che avevano dentro l'inquietudine dell'anima. :mad: Per anni V. provò a rispondere a tutti, cercando di trasmettere certezze di fede (nota mia, mai ossimoro fu pervicacemente sostenuto come in questi casi :OIO), semi di speranza e slanci di fraterno amore. Ma trent'anni di ascolto e di lettura di sofferenze cominciavano a lasciare il segno e la domanda era sempre una: "Perché?" La risposta ufficiale veniva dalla fede. "Perché l'uomo è libero e può scegliere fra il bene e il male (nota mia, siamo proprio sicuri che tutti, proprio tutti, abbiano questa possibilità?). Perché dio ha inviato suo figlio per la redenzione di tutti (nota mia, anche quelli nati prima di lui :? ). Perché, essendo l'anima immortale, ogni sofferenza terrena potrà essere compensata dalla vita eterna. (Nota mia, questa teoria è stata portata al parossismo molte volte nel cattolicesimo, non ultima una certa c.d. M. Teresa che curava con la sola aspirina i malati terminali di cancro :OIO :grr: :OIO


lemond - 21/07/2010 alle 14:42

[b] Pregare dio per i vivi e per i morti (II) [/b] Questa risposta, però ogni giorno di più, le sembrava "consolatoria" e poi non sarebbe stato meglio salvare tutti gli uomini, creandoli immortali, anziché far agonizzare il proprio figlio su di un legno? Si chiedeva con crescente angoscia. E la vita eterna? Crederci non costa nulla (Pascal, la scommessa ;) ), ma non crederci significa restare soli sul ciglio del burrone, però è un po' troppo comodo, concludeva. :Old: Quando le frullava in testa questa ridda di domande, si rendeva anche conto di non sentire più dio, come un Padre Buono. :mad: Le restava Gesù (da amare) che però é, teologicamente dio; ed anche questa Verità cominciò a viverla come un bizantinismo. (nota mia, in realtà credo che, più che Gesù, sia il Cristo la seconda persona della trinità. Aveva espresso questi suoi dubbi alla superiora, alle compagne ed al confessore. Tutti si preoccuparono seriamente e si prodigarono ... ma quelle risposte ormai non le bastavano più. Lunedì 30 ottobre 2006, Veronica, dopo i Vespri, rientrò in cella, stipò in una borsa alcuni abiti e, dopo essere passata dal refettorio ad abbracciare e baciare le sorelle, uscì. (Nota mia, la prima scelta sensata nella vita di questa povera ragazza.) :clap: Telefonò alla sorella, che viveva a Milano ed a quella prese un mezzo accidente! :mad: Il viaggio in treno fu segnato dalla meraviglia per i volti che vedeva: incontrava un'umanità diversa da trent'anni prima e ne restò affascinata ed intimorita. Arrivò in viale Monza verso le dieci e mezzo (di sera) e le aprì Francesco (il nipote, terzo della famiglia insieme a Marcella e Luigi), Veronica comunicò che la sua non era stata una decisione improvvisa che consisteva nel prendere atto che d'ora in poi avrebbe avuto un compartecipazione maggiore con il suo amato Gesù: non solo pregare, ma anche chiedere per sopravvivere. Non riuscì (volutamente) a far loro capire che la sua era una scelta verso la povertà più assoluta. E così, dal giorno dopo, peregrinò mendicando, mangiando alla mensa dei poveri, dormendo in estate all'aperto e nelle altre stagioni in qualunque luogo (chiuso), anche se soffriva di aritmia e sono proprio i "barboni" con questi sintomi a cedere per primi al freddo. :mad: V. conobbe il mondo dei vagabondi dalla parte debole, ma molto debole, proprio perché donna ... :mad: :OIO :grr: Dopo un po' di tempo le venne il pensiero di essere incorsa nel peccato di superbia, perché forse nessuno, prima di lei, aveva scelto di fare quella vita, ma ormai ... Francesco, a volte e ad insaputa di sua madre, riusciva ad individuarla per portarle frutta, biscotti e qualche abito. Veronica ebbe anche molte volte la tentazione del suicidio, ma aveva il Demonio molto in inimicizia e quindi aveva una sola strada davanti, che percorse con amore, senza fede, né speranza: resistere, resistere, resistere ... fino all'ultima stilla di energia vitale. (Nota mia, non vedo molta differenza con il suicidio, ma "unicuique suum"). (Altra nota mia, mi sembra proprio un esempio illuminante di quanto detto più volte:gli effetti nefasti delle religioni e massime di quella cattolica e ringrazio Nino58, che è la'autore del testo che ho sintetizzato e commentato, di averlo scritto. :clap: :clap: :clap: :Old: [b]Nicola Di Paolo "Il primato della pietà" Fara editore [/b]


nino58 - 21/07/2010 alle 16:08

Me tocca. Quando, con messaggio privato, carlolemond mi ha chiesto il consenso per pubblicare il testo, da lui commentato, del "primato della pietà" ho avuto l'inevitabile timore che si percepisse odore di "combine" (anche perchè chi fosse l'autore credo si sia capito fin dal primo racconto). Invece lemond, dal momento nel quale ha concepito il progetto di mettere sul forum il testo del mio libro ed i suoi commenti, ha proceduto con il suo costituzionale piglio da carrarmato empolese a leggere, sintetizzare, lasciare, tagliare, commentare. Il tutto, ben condito con le faccine (trovata originale per commentare un libro di racconti). Il suo lavoro è stato solo apparentemente semplice. In realtà richiede tempo ed attenzione. Ne è praticamente venuta fuori un'altra opera. Più che un commento critico il suo è un entrare in una discussione continua con l'autore, attraverso considerazioni e conclusioni anche in risposta a semplici descrizioni di fatti (avvenuti o inventati)o in risposta alle tesi esposte nel testo. Intanto mi ha regalato un qualcosa che non è soltanto recensione o giudizio generale, anzi che non è proprio una recensione ma, praticamente, un genere nuovo. Dunque grazie a carlo per l'attenzione, lo sforzo e il risultato. ;) :cincin:


lemond - 21/07/2010 alle 16:23

Grazie a te per le parole, ma soprattutto per il libro che mi è proprio piaciuto e che spedirò anche e tutti i miei corrispondenti. Quanto al faccia a faccia con te, con Granfranco (mi pare di rammentare che sia questo il suo nome) Uribezubia, e con Lorenzo Bitossi, visto che non si può fare in agosto, per la tua assenza e noi tre saremmo costretti a giocare al tre sette col morto ed io non sono capace, :D :Od: :D se siete disposti a venire in Toscana, voi tre insieme, stabilite quando ed io sarò con piacere a vostra disposizione. Se poi qualcun altro volesse partecipare alla notra tavola rotonda sul tema politico/religioso non ha che da dirlo.:gruppo::gruppo::gruppo:


nino58 - 21/07/2010 alle 16:27

Troveremo il momento giusto.


UribeZubia - 21/07/2010 alle 19:01

[quote][i]Originariamente inviato da nino58 [/i] Troveremo il momento giusto. [/quote] Puoi giurarci !


Bitossi - 21/07/2010 alle 21:59

[quote][i]Originariamente inviato da lemond [/i] [b]Nicola Di Paolo "Il primato della pietà" Fara editore [/b] [/quote] E infine, per espresso desiderio di Carlo/Lemond, pubblichiamo la copertina del libro di Nino: ;) [IMG]http://img825.imageshack.us/img825/8199/copertina.jpg[/IMG]


nino58 - 22/07/2010 alle 08:10

Allora c'era la "combine" ? :D


lemond - 11/08/2010 alle 12:56

Estratto dal "Cavallo Rosso" di Eugenio Corti. Premessa: sto leggendo questo libro, perché mi sembra utile per conoscere certe vicende alle quali l'autore è stato partecipe (la spedizione italiana in Russia durante la seconda G.M.) ed in genere gli eventi fra il '40 e il '45. Lo scrittore credo sia degno di fede, nel senso che racconta quello che lui crede sia la verità storica, ma ciò nonostante e, contro sé stesso, fornisce anche la sua interpretazione e purtroppo si arguisce che vive in un mondo tutto suo, che non è assolutamente quello delle altre persone, ma soprattutto identifica il male nel bene e viceversa. :OIO Ad. es. la peggiore istituzione della storia: il cattolicesimo viene considerata proprio per il suo opposto: pace e amore in terra per gli uomini di buona volontà. :D Da quanto segue poi si arguisce che, se anche questo fosse (ma non è), i frutti di tale dottrina sarebbero sempre avvelenati. :grr: Capitolo Quattordicesimo (parte seconda), pag. 684 e segg. ... Manno stava rannicchiato ... e aveva un momento per riflettere. Cosa gli stava succedendo? Come mai queste ferite? Ferito lui che finora era stato invulnerabile, perché destinato da Dio a quell'ignoto compito ... In che modo avrebbe potuto assolverlo ... se gli fossero venute a mancare le mani? ... Si udì l'ordine di "fuori!". Il tenente (Manno) lo ripeté con forza e si buttò avanti con le mani fasciate, protese come quelle di un pugile; ...Cadde improvvisamente ... Aveva perso conoscenza. La riprese poco dopo ... Per lui era finita, non aveva più scampo ... Ma allora, come avrebbe potuto assolvere il suo compito? La Provvidenza forse l'aveva tenuto in serbo proprio per questo? (Per il riscatto degli italiani a Cassino) ... Ecco dunque il perché di quella barca pronta per lui in Africa e poi l'Albania e ... Ma allora già da tempo :D Dio stava predisponendo il recupero dell'Italia! Quanta pena si dava Dio per le cose degli uomini! :Od::clap: "Grazie, Signore Iddio", mormorò Manno col suo ultimo fiato "grazie". ... Quel giorno non riuscì agli italiani di raggiungere gli obiettivi prestabiliti e alla sera essi vennero ritirati sulle posizioni di partenza; avevano avuto 47 morti e 102 feriti. :grr: Morale della "favoletta". Il personaggio della storia è persino un intellettuale, che la retorica religiosa ottunde in maniera tale da sacrificare la propria vita inutilmente e con gioia. Rispetto ad essa anche il fasci/nazismo/comunismo sono ipotesi migliori, perché almeno ti dànno una prospettiva concreta, valutabile con sicurezza nel tempo. Ma l'altra ti dice solo "fai" senza nessun rischio, perché tanto lor signori son sicuri che dall'aldilà nessuno ritornerà mai a smentirli (quasi come i prigionieri italiani in Russia). :OIO:grr::OIO


lemond - 18/08/2010 alle 06:37

[b]Ancora, estratto dal "Cavallo Rosso" di Eugenio Corti. [/b] (Libro elogiato in copertina da Famiglia Cristiana, Studi cattolici e L'Osservatore Romano) e, si capisce bene il motivo da quanto segue, ove l'autore, secondo me raggiunge l'apice della dimostrazione di "essere fuori di testa". pag. 916 ..."Queste cose" finì un giorno per affrontare decisamente l'argomento Michele "noi ce le dobbiamo spiegare, se l'intelletto non ce l'abbiamo per scherzo. Dobbiamo individuare da cosa deriva questa incredibile marcia indietro del mondo verso la barbarie. E se sia possibile arrestarla oppure no." "Ho capito. E' la tua idea fissa della scristianizzazione, vero?" gli disse, volgendo verso di lui la faccia smunta padre Turla. ... senza la filosofia sviluppatasi nell'ambiente e nelle università protestanti, e in particolare senza Hegel e Feuerbach, le teorie di Marx e di Lenin non sarebbero mai potute nascere. ... Michele concluse, come altre volte, col ritrovarsi a rimuginare da solo ... non erano astrazioni gratuite le sue, non si trattava di un gioco: si trattava dell'obiettivo perché dei maggiori massacri della storia. L'eresia protestante ... eccoli qui i suoi frutti. Gli tornò in mente la paura, il timor panico addirittura che nel medio evo -nel suo medio evo- si aveva dell'eresia. ... E in effetti ecco che cosa era derivato dall'affermarsi dell'eresia: le decine e decine di milioni di morti prodotti dal comunismo e dal nazismo (nota mia: Gott mit uns :D ). ... Davanti a tale prospettiva, emozionato com'era, gli veniva quasi voglia di giustificare l'inquisizione. ... In fin dei conti, se con quelle poche migliaia di morti fossero davvero riusciti ad evitare tutti i milioni di oggi, quasi quasi ... ... Risolse che, certo, l'inquisizione andava condannata e senza scampo, ma a una precisa condizione: che a condannarla fossero i cristiani, non gli altri. :D:Od::D


lemond - 19/08/2010 alle 07:49

[b]Togliatti, uomo della Provvidenza [/b] da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti Quella sera a Milano l'onorevole Togliatti era rientrato nel suo albergo molto tardi ... il capo, (nel senso più propio del termine: cioè la testa che unica decideva per l'intero corpo) del P.C.I. rifletteva in solitudine ... da quand'era rimpatriato dalla Russia lui andava ripetendo a tutti ... che il partito doveva attenersi alle regole democratiche ... (ma) nessuno o quasi, a cominciare dai suoi, gli credeva. Certo i suoi fingevano di credergli ... Alcuni di questi non riuscivano a trattenersi, e ogni pochi giorni ammazzavano qualcuno; in Emilia per esempio ogni pochi giorni ammazavano qualche prete, e, se per caso la polizia li acciuffava, avevano il coraggio d'atteggiarsi a benemeriti del partito, gli incoscienti! ... Solo perché hanno davanti i guai in cui si dibattono i compagni greci, è solo questo che li imbriglia un po'. Non immaginano che c'è dell'altro, ben altro. E' che non hanno visto niente, non sospettano di niente. Lui sì che aveva visto e sapeva, lui e i pochi altri sopravvissuti alle terribili "repressioni" esercitate in Russia sui comunisti d'ogni nazionalità. Togliatti non riusciva ancora a spiegare a sé stesso ciò ch'era accaduto: ...quegli sterminati massacri di compagni fedeli. Le carneficine ... ("del resto non sono mai cessate del tutto") sarebbero presto ricominciate su grande scala. (segue)


lemond - 20/08/2010 alle 09:01

[b]Togliatti, uomo della Provvidenza (II) da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti [/b] C'erano troppi sintomi premonitori. Riandò col pensiero ai terribili anni trascorsi a Mosca, agli incubi di ogni notte in quel nefando albergo Lux, dove con lui erano ospitati tanti altri dirigenti antifascisti, italiani e no. La polizia vi faceva sistematicamente le sue retate notturne: prendeva un compagno indifeso e se lo portava via per sottoporlo a barbare torture o per ucciderlo subito. Dopo (ogni) prelevamento, al mattino, egli si sentiva addosso gli ochi terrorizzati dei superstiti, quasi fosse in suo potere fare qualcosa, mentr'era lui stesso indicibilmente angosciato per la propria sorte. ... Quanto ai non comunisti o, peggio, agli avversari del sistema, quelli non lo interessavano: certo anche di loro in Russia n'era stato ucciso un numero inconcepibile, addirittura decine di milioni, però questo fatto non lo toccava. A loro riguardo valeva sempre, per lui, la famosa argomentazione di Lenin, che cioè il comunismo aveva programmato d'essere unanitario coi propri avversari e, se non aveva potuto esserlo, ciò era dipeso unicamente da loro, dalle vittime. :OIO Ai tempi dell'albergo Lux a lui interessava soprattutto la sopravvivenza dei suoi: dei trecento, o giù di lì, compagni italiani, che per sottrarsi alle persecuzioni fasciste s'erano rifugiati in Russia; ...ebbene di quelli la polizia ne aveva soprressi in pochi anni non meno di duecento. A ripensarci era davvero incredibile! Costa per cominciare e Bruno Rossi, e Manservigi di Ferrara, uomo tra i più intelligenti. E il milanese Gorelli e quell'antifascista strenuo, Vincenzo Baccala e ...


lemond - 21/08/2010 alle 09:24

[b]Togliatti, uomo della Provvidenza (III) da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti [/b] Questa realtà però stava davanti a lui, capo del P.C.I. "Dovevo sorridere come un servo, fare la faccia disinvolta perché Stalin non fermasse gli occhi anche su me." .. Per stornare la mannaia dai suoi, egli si era trovato nella dura necessità d'essere spietato verso gli altri, specialmente verso quei poveri dirigenti polacchi, la cui eliminazione gli era stato chiesto d'avallare con impegno. .. Come corrispettivo gli era riuscito di strappare alla morte qualcuno, tra cui, suo cognato Paolo Robotti. (nota mia, L'8 marzo 1938 fu arrestato con l'accusa di attività provocatoria e di spionaggio e imprigionato nel carcere Taganka di Mosca, dove rimase fino al 4 settembre 1939, venendo sottoposto a estenuanti interrogatori e torture.) "Paolo l'ho tolto di mano ai cechisti che aveva ormai la colonna vertebrale rovinata ..." Questo episodio aveva finito col costituire il principio della sua rottura con la moglie Rita, in quanto l'aspetto incessantemente preoccupato e angosciato della donna gliene aveva un po' alla volta resa la presenza insopportabile. ... Quanto a Paolo, poveraccio, non s'era lamentato, non aveva fatto domande, da vero comunista si era subito applicato con grande zelo al nuovo compito assegnatogli: la campagna d'indottrinamento dei militari prigionieri. In tal modo lui, Togliatti, non era stato poi costretto a interdirgli il ritorno in patria, come ci aveva lasciato Armando Cocchi. ... Certo non si meravigliava più che il compagno Stalin se la prendesse con ogni individuo componente una società come quella sovietica, che ancora non si decideva a trasformarsi in socialista. Però come ogni cosa era lontana dalle attese della sua giovinezza, quando lui e i suoi compagni di studi, in particolare Gramsci. :mad:


lemond - 22/08/2010 alle 08:05

[b] Togliatti, uomo della Provvidenza (IV) da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti [/b] Già, Gramsci, [b]il gobbetto[/b] (nota, il neretto è mio, per evidenziare un esempio preclaro di ... cristiana). Quello, mentr'era in carcere, aveva elaborato un complesso di teorie ... secondo lui il potere andava preso mediante la conquista sistematica dei gangli della comunicazione sociale e della cultura. .. In Italia ci avrebbero pensato i cattolici modernisti, aveva lasciato scritto Gramsci, a cambiare la mentalità delle masse avversarie, rendendole anzitutto sanamente atee. Storie purtroppo :mad: (rifletteva Togliatti), si vedeva bene, ormai, dove quei cattolici erano finiti sotto le nerbate di un papa ringhioso come questo ... (nota mia, e non conosceva, il Nostro, quei due "stranieri" :Od: ) Beh basta; Togliatti guardò l'orologio: Ricapitoliamo: presto sarebbero ricominciati gli eccidi di comunisti a tutti i livelli e - lui non aveva dubbi - non si sarebbero limitati alla Russia, ma estesi a tutte le società dell'est. .. Alcuni dei capi attuali erano suoi amici personali fin dal tempo dell'albergo Lux ("Attento, devo tenermi pronto a sconfessarli ...") "Data questa situazione oggettiva, noi non dobbiamo sottrarci ai controlli che derivano dalla democrazia. Per evitare che anche nel nostro partito si arrivi a mangiarci fra di noi (quel Secchia!) dobbiamo consentire che con noi coesistani gli altri partiti, i quali con la loro vigilanza, il loro chiasso, ecc, ci renderanno in pratica impossibile un tal genere di eccessi. Questa, in fondo, è democrazia intesa nel senso occidentale, cioè reazionario, e non nel nostro? Va bene: allo stato delle cose essa ci è indispensabile, punto e basta."


lemond - 25/08/2010 alle 09:46

[b]Togliatti, uomo della Provvidenza (V) da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti [/b] Fortuna che in Italia la situazione non era come nell'Europa orientale. Qui non c'era l'armata rossa, ma gli americani ... e se compagni, avversari e dirigenti sovietici credono che io mi camuffi da democratico, lasciamoglielo credere. ... "Il democratico occidentale 'marcio', ma con le debite precauzioni", continuò .. Per cominciare il partito deve restare, al suo interno, com'è: ferreamente organizzato e con le sue brave scelte fatte tutte dall'alto, se no in che modo lo terrei più? .. E non sarà male che si conservi anche armato, perché non venga meno la prospettiva della rivoluzione. che è quella che me lo tiene insieme e condiziona anche chi sta fuori. ... Non s'illudano però (i borghesi) noi non lavoreremo mai per loro, anzi .. basterà impedirgli, giorno dopo giorno, di correggere ogni pur piccolo difetto, fare per esempio che non possano allontanare dalle cariche pubbliche chiunque si riveli elemento nocivo o ladro. ;) Questo ci sarà persino facile, se sapremo condurre la nostra azione sempre in nome della libertà .. finiremo addirittura per diventare i campioni della libertà. :Od: ... Fece una smorfia divertita: "Davvero splendido". :D


lemond - 26/08/2010 alle 08:03

[b]Togliatti, uomo della Provvidenza (VI) da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1089 e seguenti [Michele] [/b] Ragionando a freddo, si può dire che le vittime italiane non furono molte, confrontate con le ecatombi di altri paesi (come la Russia e la Germania). C'era da pensare che da noi si fosse fatto sentire in modo massiccio il peso di tutti i nostri santi, dall'interminabile splendida schiera che va da Francesco, Tomaso, Caterina fino ai più recenti Don Bosco, Don Orione, figlio d'uno scalpellino, e al vivente padre Pio. ... Vent'anni fa, dopo l'altra guerra, l'insurrezione rossa in Italia si è potuta evitare, ce la faremo anche adesso? [b] [L'autore] [/b] ... A distanza di anni possiamo presumere che il meccanismo salvifico della "società dei santi" (nota mia, probabilmente una s.p.a. :D ) stesse in quel tempo esplicando la sua azione. Possiamo presumere che il nuovo grande bagno di sangue non abbia vuto luogo perché i meriti hanno pesato più dei demeriti nella società italina di allora. Siamo, è chiaro, nel campo delle intuizioni, ... ma noi riteniamo che tutto ciò si sia verificato attraverso le scelte e l'azione - in sé tutt'altro che santa, ma risultata poi, nei disegni della Provvidenza salvifica - [b]del segratario del partito comunista Togliatti [/b], il quale in quei giorni era senza dubbio assai lontano dal rendersene conto. In conclusione Togliatti, *uomo della Provvidenza*, allo stesso modo di Mussolini prima di lui? [b]E' quel che pensiamo. [/b] Nota mia, ma qualcuno ha mai pensato a che cosa può portare la fede in un dio personale? :hammer::grr::OIO


lemond - 27/08/2010 alle 07:02

[b]Gran finale :OIO [/b] da "Il cavallo Rosso" di Eugenio Corti, pag. 1270 e seguenti La cosa appare ancor più inverosimile se, come credo, il Corti descrive il fatto vero della morte della moglie. :grr: ...Gli unici ad essere in guardia mentre si avvicinava il momento della morte di Alma, erano i due *angeli custodi*; quello gagliardo di Michele (nota mia, lui, il marito) e il suo, l'angelo cortese che Dio le aveva messo accanto prima che lei nascesse, quand'era ancora nel grembo della madre, a custodirla fin da allora (nota mia, ecco risulta, una volta per tutte, la questione del sesso degli angeli :D :Od: :D ). Furono i due angeli a ispirare alla donna una preghiera che essa - quasi intuendo l'origine della sollecitazione - rivolse appunto a loro: "Angeli di Dio che siete i nostri custodi ..." ... Alma tentava con tutte le forze di dominare il volante, ma invano. .. Sulla sua anima, come due falchi, piombarono ad ali chiuse i due angeli, pronti all'ultima difesa contro eventuali insidie all'ingresso nel mondo degli spiriti. Ma non ci furono insidie. .. Gli angeli - splendide creature a mezzo tra raggi di luce e soldati - diedero il benvenuto ad Alma ... intanto intorno a lei cominciavano a configurarsi altre presenze spirituali ... ed uno era una donna di incomparabile bellezza: Marietta. ... Era proprio Marietta "delle spole" che tante volte aveva accompagnato Alma infante in chiesa ... non aveva più i capelli repulsivi, né la faccia gialla, né le gambe storte (nota mia, a differenza di Gramsci che era rimasto gobbetto :mad:), aveva invece ancora -seppure non fatti di materia - i begli occhi neri d'agnello. ... "Nessuno, a pensarci bene, era più degno di te del paradiso" mormorò estatica Alma". Oh, se è per questo siamo qui in tanti, in tanti, perché non uno di quelli per cui Cristo è morto si perde, Alma cara, non uno. Vedrai Giustina e Stefano e il loro padre, vedrai il Foresto (nota, il comunista del posto, convertitosi in punto di morte) e anche il Praga che, grazie alle preghiere instancabili di Don Mario, il demonio non è riuscito a soggiogare sino alla fine. (nota, costui nel romanzo, rappresentava il peggio del peggio, in quanto era stato torturatore fascista nel ventennio e comunista assassino dopo :OIO, quindi siamo sicuri che anche Stalin ed Hitler erano nei paraggi :Od: :D :Od: ). A questo punto, l'angelo di Michele fece un gesto circolare di saluto: "Beh, devo tornar giù" disse con un mezzo sospiro, "il mio posto è ancora là", e schiuse le ali per lanciarsi nel tragico mondo degli uomini. FINE :D :Od: :D


simociclo - 27/08/2010 alle 11:49

60 anni fa moriva Cesare Pavese.... "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti" (Pavese, "La luna e i falò", Cap. 1)