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Autore: Oggetto: Il gruppo – Abilità specifiche e dinamiche di movimento.

Livello Marco Pantani




Posts: 1476
Registrato: Mar 2005

  postato il 12/10/2009 alle 15:24
Ciao belli,
questa discussione per continuare e approfondire i temi sviluppati nel thread sul ciclista eritreo Teklehaimanot, che rischiavano seriamente di diventare un ingombrante Off Topic.


Il gruppo – Abilità specifiche e dinamiche di movimento.

Correre su strada in bicicletta è essenzialmente un esercizio riconducibile all’ambito degli sport di endurance. Discipline nelle quali lo sforzo è prolungato, il gesto ripetitivo e gli aspetti di forza e resistenza sono, ritengo, complessivamente prevalenti sulle abilità coordinative e tecniche.
Nondimeno ogni disciplina ha degli elementi specifici che la differenziano dalle altre ed ogni sciatore di fondo, maratoneta, nuotatore outdoor o ciclista vi potrà parlare a lungo dell’importanza dei materiali, della tecnica di corsa, delle correnti marine e via dicendo. Ognuno avrà sviluppato conoscenze ed esperienze tali da portarlo a valutare questi fattori come basilari e così importanti da determinare la differenza fra una sconfitta e una vittoria.

Tutto vero. E tutto vero anche che questi fattori sono diversi a seconda della disciplina sportiva.
Noi però siamo qui a parlare di ciclismo e quindi restiamo su quello.
Ebbene, qual è il fattore determinante, a livello tecnico, per le gare ciclistiche su strada? La risposta più corretta ci dice che molto dipende dalle caratteristiche di ogni singolo corridore, in quanto a uno scalatore non vengono richieste le medesime abilità di un velocista e viceversa. Comunque, volendo generalizzare, penso di poter dire che l’aspetto fondamentale è quello di saper gestire le fasi di gara in gruppo.
Questo perché riunisce sia capacità squisitamente fisiche (equilibrio, coordinazione, visione periferica, decontrazione) a qualità nervose (capacità di concentrazione, valutazione dei rischi, agonismo) fino a qualità che chiamerò (inventando di sana pianta) di “relazione con i concorrenti”, (cioè la capacità di mantenere rapporti, di dire la parola giusta, di usare il tono che ci vuole per chiedere strada e di avere, insomma, una certa autorevolezza nel destreggiarsi negli spazi).
Tutte questi skills dovranno fondersi in una specie di “cultura del gruppo” che è una specie di abilità formata da istinto, esperienza, rapporti e fisicità.
Insomma, non basta essere funamboli. Bisogna anche conoscere la “lingua” di un gruppo. Riconoscere le fasi di gara, riconoscere le parti del gruppo e anche, soprattutto, muoversi con un progetto, cioè avere in mente che in ogni dato momento della corsa ci sono un comportamento e una posizione da tenere a seconda di cosa si intende fare.
Badate bene che questa cosa non si può insegnare. Ognuno la impara a modo proprio.
Certo, ogni direttore sportivo dirà ai propri ragazzi di correre davanti per evitare le cadute e non farsi sorprendere dalle fughe, oppure di correre coperti per risparmiare energie, i più evoluti spiegheranno una specie di tattica di gara, ma difficilmente qualcuno si attarderà a spiegare bene quali movimenti, traiettorie, posture del corpo sarà meglio mettere in pratica per ottenere la posizione nel gruppo desiderata.
A tal proposito ho sempre pensato che il miglior direttore sportivo per un ragazzino sia quello che esce in bicicletta con la squadra. Un giovane e in forma direttore sportivo deve mescolarsi ai suoi ragazzi, osservarne la postura, le paure, i tentennamenti e provare a correggere gli errori o esaltarne le qualità. Ma deve anche mostrare come si fa! In allenamento, in un gruppo di una quindicina di unità si possono simulare con efficacia situazioni che poi si troveranno in gara e abituare i ragazzi ad affrontarle.
Personalmente credo che l’ammiraglia vada bene qualche volta, ma una bella bicicletta sarebbe meglio per il direttore sportivo, che ne uscirebbe ingigantito come figura autorevole e credibile.

Ma torniamo al nostro gruppone.

Il gruppo, l’insieme dei concorrenti che nel ciclismo tende a rimanere unito, assemblato e compattato dai vantaggi dell’effetto scia, è senz’altro lo specifico più evidente della nostra disciplina. Anche le altre hanno il “fattore gruppo”, ma penso di poter dire che incide in maniera minore rispetto al ciclismo. Forse il gruppo di una gara di nuoto in acque libere “pesa” in qgual modo, ma è solo una intuizione. Acqua e aria hanno diverse densità e non so che tipo di “effetto idrodinamico” si possa attribuire a un gruppo di nuotatori.
Invece la velocità di un gruppo di biciclette è ben superiore quella di un gruppo di maratoneti e di sciatori di fondo ed è essenzialmente per questo motivo che un comportamento che riesca a sfruttare al meglio questo aspetto, reca al concorrente un grosso beneficio in termini di risparmio delle energie.
Il gruppo di una gara in bici si comporta come un elemento vivo, dotato di dinamiche proprie e non riconducibili a le sole azioni di ogni singolo componente. Le diverse fasi di gara vengono affrontate secondo disposizioni e schemi dalla geometria variabile e ogni ciclista impara sulla propria pelle i segreti (apparentemente semplici) del mantenersi in questo brodo umano lanciato in velocità.
Questa capacità di mantenere la velocità è la prima cosa che ogni ciclista al debutto nota. Il nostro neofita si troverà a viaggiare a velocità elevatissime stando nella pancia del gruppo, senza peraltro girare più di una pedalata ogni 2/3 secondi. Immediatamente alcune cose saranno chiarissime:
1. Per andare in fuga bisogna effettuare una accelerazione prolungata che costa una quantità di energie molto grande. Una volta acquisito un certo margine bisogna almeno viaggiare alla stessa velocità del gruppo, velocità che, in quel momento, da dentro, pare supersonica.
2. Stare allo scoperto (davanti o sui lati) è fottutamente faticoso. La differenza fra lo stare davanti e nella pancia del gruppo non è nemmeno quantificabile. Sono due sport diversi.
3. Mantenere le posizioni è fottutamente difficoltoso. Il gruppo è un blog che ribolle di movimento, sembra privo di logica anche perché il punto di osservazione di ogni singolo è estremamente riduttivo. Dai lati i corridori risalgono fino alla testa per poi essere inesorabilmente inghiottiti da altre ondate successive
4. Il gruppo, nella sua pancia, è fottutamente pericoloso. I contatti e le cadute sono sempre in agguato. Ogni minima distrazione può essere fatale, regna una specie di anarchia violenta e prevaricatrice. La debolezza e la generosità non sono ammesse. La paura non è ammessa (o meglio non è ammesso ammetterla, soprattutto a se stessi).

Tutto concorre a fare si che la capacità di gestire “lo stare in gruppo” sia un aspetto di importanza capitale nella carriera di un giovane ciclista. Un atleta in grado di disimpegnarsi in gruppo in modo decontratto, senza spendere troppe energie nervose, risparmiando fatica fisica vera e propria arriverà nei finali di gara con il capitale di energie quasi intatto e potrà produrre azioni efficaci per risultare fra i protagonisti. Viceversa il ciclista nervoso, impaurito, teso o semplicemente meno abile dovrà spendersi in un continuo risalire la china del gruppo, passando dall’esterno, il tutto con evidenti scompensi.
Un ciclista di abilità consolidata potrà veicolare la propria concentrazione nell’osservazione degli avversari, dello svolgimento e del percorso di gara, il tutto a vantaggio di accrescimento culturale della prassi della gara. Avete mai visto Freire? Avete visto quante gare abbia vinto dando l’impressione di avere calcolato tutto al centesimo. Da cosa credete che dipenda?
Ve lo dico io. Decontrazione assoluta, padronanza della situazione, capacità di estraniarsi dal contesto e però di focalizzare con immediatezza le situazioni critiche e dulcis in fundo, completa padronanza dei propri movimenti all’interno di quel mondo misterioso e terribile che si chiama “gruppo”.

Cosa accade in un gruppo?
Beh, distinguiamo. Diciamo che quello che siamo abituati a vedere in tv è una verità a parte. È uno stato maturo delle cose. Il gruppo di professionisti, specialmente in corse come i GT, è fortemente gerarchizzato e strutturato. Esistono le squadre con i loro ruoli ben definiti, esistono gerarchie chiare e nette che determinano un ordinamento dello “stare in gruppo”. La maglia rosa avrà sempre diritto di stare nella zona avanzata e di seguire i compagni senza fastidi. Gli uomini di classifica non verranno ostacolati da carneadi al momento di attaccare nelle prime posizioni del gruppo le salite e i velocisti non tollerano che gli si vadano a infilare nelle ruote dei non specialisti nei convulsi finali delle tappe pianeggianti. Insomma, ci sono regole ben precise, consolidate negli anni e attraverso le generazioni. Queste regole si traducono in geometrie, configurazioni, atteggiamenti e sono massimamente costruite per mantenere una certa sicurezza, minimizzare le cadute e gli eventi imprevisti. Non è un caso che le cadute siano in grande parte concentrate nelle prime tappe dei GT, nelle quali, oltre al numero di corridori ancora intatto, c’è la questione di gerarchie e precedenze ancora da stabilire.
In un gruppo di giovani indiavolati questo non avviene. Il gruppo di una gara giovanile è un gran casino. La mancanza di esperienza? Uhm, sì anche, ma è soprattutto la mancanza di un struttura gerarchica a far diventare il gruppo una massa informe di ragazzini che urlano, si urtano, sbandano e inevitabilmente cadono a terra.
Ogni ciclista cerca di guadagnare la posizione che ritiene ottimale e lo fa secondo un proprio metodo che ritiene adatto alla bisogna. Non c’è regola, c’è il caos. Dal caos i migliori emergono e i peggiori vengono estromessi. Darwinianamente un gruppo seleziona i suoi leader e già nel corso di una stagione agonistica (ad esempio in una provincia) emergono personalità, capi carismatici, elementi devianti etc.
Come già detto uno dei problemi dell’apprendistato è dato dal fatto che l’osservazione “da dentro” di cui dispone ogni atleta non è la migliore per capire cosa avviene nell’insieme. Il ragazzo è troppo impegnato a controllare le immediate vicinanze e gli scarti improvvisi, per avvedersi in modo complessivo delle strutture e dei movimenti che innervano l’insieme. È un elemento da considerare, perché restando la prassi l’elemento imprescindibile, bisognerebbe porre attenzione anche ad aspetti teorici di facile approccio.
Ad esempio “vedere” una gara in televisione può essere molto educativo. Le spettacolari riprese dall’elicottero sono spesso autentiche perle di didattica per il giovane osservatore. Infatti i movimenti di tipo ragionato e funzionale che i professionisti applicano al loro lavoro sono esattamente quello cui ogni giovane ciclista dovrebbe tendere.
Ho sempre pensato che esistesse una sorta di “cultura” della bicicletta. Un complesso mondo di informazioni cui il giovane può attingere in modo multiforme.
In prima battuta la pratica: si impara a correre correndo. Poi le gare trasmesse in tv: imparare dai campioni (meglio se con il volume abbassato per evitare il commento pietoso/pietista che tanto di moda va oggidì). Poi le gare viste sul campo: vedere una gara da bordo strada per “respirare” un po’ di aria di bicicletta. E ancora la lettura, l’ascolto dei “vecchi” etc.
Insomma, si può integrare in modo efficace la pratica con un brodo di sapere variegato e rintracciabile in diversi momenti della realtà sportiva.
Personalmente ricordo che, quando cominciai a correre, all’età di 14 anni e provenendo da una famiglia cresciuta a pane e bicicletta, avevo già macinato tanto di quel “ciclismo teorico” che la prima corsa non presentò delle vere e proprie sorprese.
Certo, c’erano la paura delle cadute, la confusione, le parolacce (le bestemmie) e la tensione che assale come un nemico, ma il tutto era ragionevolmente accettabile perché contestualizzato in un “ambiente” che complessivamente avevo già esplorato in qualche modo.
Due furono le cose che mi stupirono più di tutte, una squisitamente tecnica e l’altra solo percettiva: la facilità del gruppo a raggiungere e mantenere alte velocità e il terrorizzante urlo dei freni nei momenti di decelerazione massima.

In ogni modo il gruppo giovanile è segnato dall’improvvisazione, dalla distribuzione “naturale” dei movimenti.
Appare chiaro che questo banco di prova sia tanto educativo quanto più problematico sia. Il massimo della didattica si otterrebbe facendo fare al giovane corridore esperienze sempre più complesse.
Ecco perché sarebbe ideale iniziare con le gare nella categoria esordienti (13-14 anni). Le gare di esordiente durano dall/ora all’ora e mezza circa, presentano percorsi facili e i primi gruppi intorno alla cento unità. Nelle categorie precedenti (i primavera, si chiamano ancora così) il gruppo è raramente più folto di poche decine e i circuiti sono brevissimi. Si tratta di gare che somigliano più a delle “tipo pista” e in cui la giovane età dei concorrenti fa si che il gruppo sia una entità di la de definire. I bambini corrono sparpagliati, quasi giocando e il tipo di esperienza fatta non è completamente necessaria. (qui si aprirebbe un lungo discorso sull’età corretta per iniziare un giovane al ciclismo agonistico, ma non è la sede).
Ricapitolando, il giovane, nel giro di 4/5 anni mette insieme una serie di esperienze crescenti che lo “completano” dal punto di vista delle abilità psico-motorie e che adattano ogni atleta alla complessità di una gara da condurre in gruppo.
È normale osservare che con almeno 4 anni di apprendistato un ragazzo possa approdare alla categoria U23 avendo tutto il bagaglio di esperienze sufficienti per gestire le diverse fasi di gara, ognuno a seconda delle proprie caratteristiche tecniche. Una volta arrivati negli U23 i giovani corridori dovrebbero essere già formati tecnicamente. A 19 anni il grosso del bagaglio tecnico dovrebbe essere acquisito. Ecco perché iniziare dopo il 16esimo anno di età comporta qualche ritardo nell’apprensione delle abilità agonistiche specifiche , che frenano il giovane U23 che si trovi a competere con corridori “fatti e finiti”, privo di adeguati strumenti tecnici, tattici, fisici e psicologici.
La categoria che conta ai fini dello stabilire le condizioni per l’eventuale passaggio al professionismo è quella degli U23. I risultati ottenuti prima sono azzerati dal periodo passato in quella categoria che al tempo era denominata “dilettanti”. A nessuno interessa un ex campione regionale juniores che non vede mai l’arrivo da dilettante. Perciò possiamo dire che esordienti, allievi e juniores sono tipiche categorie di apprendistato.
In queste categorie sarebbe auspicabile dotare i giovani atleti anche di esperienze satellite rispetto alle gare su strada. Ciclocross e pista sono esperienze fortemente didattiche perché sottopongono il corridore a stress tecnici più accentuati in presenza di sforzi fisici di natura leggermente diversi da quello tipico delle gare “road”.
In particolare viene sempre citato il famigerato “colpo di pedale” del pistard. Il che è verissimo e che si abbina ad un altrettanto spiccato “colpo d’occhio”, laddove la mancanza di freni e l’utilizzo di scatto fisso obbliga il pistard a fondersi totalmente con il mezzo meccanico, con la velocità e il movimento impressi. Il tutto in un esercizio in cui lo stress tecnico quasi supera il dato fisiologico.

Emerge un fatto, che la vita in gruppo è difficile. Complicata da mille casini e mille situazioni inestricabili. Mettiamoci il vento di traverso, una sequenza di curve bifide, la pioggia o qualche altra disgrazia e si completa il quadro di un vero e proprio guazzabuglio.
È chiaro che alcuni aspetti di questa realtà conducano il giovane ciclista che si vuole affermare verso comportamenti a dir poco aggressivi. Il gruppo non è un luogo di gentilezze, ne di democrazia, ne di civiltà. È una piccola guerra, ne più ne meno. Si vince con la forza, con la perseveranza, con l’ardimento, ma anche col raggiro, con la prevaricazione o almeno con l’irruenza.
Ricordo che per me che non ero un fulmine di guerra (occhio, siamo già al secondo riferimento personale, lo so, vi vedo sbadigliare) un passo fondamentale per acquisire un minimo di autonomia fu accettare di dire volgarità gratuite in corsa. Già, non fate quelle facce, ma a 15/16 anni il testosterone ti crea un gran casino nel cervello e le cerchi tutte per sentirti uomo. La capacità di farsi largo in mezzo a cento coetanei scatenati in bici non fa parte della dotazione DNA umana. Devi forzarlo nel tuo cervello. Devi vedere lo spazio dove non c’è, devi accettare contatti prolungati di gomito e spalla, devi ammettere di aver avuto paura e riuscire a passare lo stesso.
In questo casino un brutto bestemmione urlato fa il suo effetto. È stupido, ma ottieni, non dico del rispetto, ma almeno della precauzione nei tuoi confronti.
Questo tizio non vuole darti strada? O sei Mc Ewen e passi lo stesso strisciandoti fischiettando sulla sua fiancata fino a farlo c…sotto. Oppure lo spaventi con un urlaccio. Ma ci deve essere della cattiveria. Altrimenti ottieni l’effetto contrario. E la voce deve essere convincente. Deve spaventare, se hai la voce come quella di Guidone Bontempi (un falsetto seicentesco) è meglio starsi zitti.

Che dire ancora.
Beh, potrei azzardare affermando che per risalire le posizioni di un gruppo partendo dalla pancia ci sono due modi base. Il corridore normale si sfilerà di qualche posizione, segnalerà a chi sta dietro che vuole spostarsi sul lato della strada e da quella posizione (dal bordo del gruppo) risalirà fino alla testa. È un modo molto faticoso, che obbliga a prendere molto vento in faccia. I capitani usano questo metodo perché hanno a disposizione i gregari che prendono il vento per loro e quindi avere un lato libero è più vantaggioso. Nelle gare giovanili in pianura (cioè la maggioranza) si assiste a una specie di continuo rimescolamento del gruppo, con le particelle (i corridori) che avanzano dal bordo, si portano in testa e vengono re-inghiottite al centro.

L’altro metodo è quello che ti fa sentire onnipotente. Passare in mezzo. Passare in mezzo non è una operazione così facile. Se il gruppo è abbastanza fitto diventa proibitiva. I gregari non servono, anzi, un corridore si muove meglio da singolo. Torniamo al nostro amico Freire, se avete la fortuna di indivudarlo nelle riprese dall’elicottero rappresenta un vero spettacolo didattico. Per avanzare usa questo metodo: punta le mezze ruote e si inserisce nei varchi, forzandoli ad uno a uno. Ogni volta che riesce ad affiancare una coppia di corridori (ci passa in mezzo) questi si allargano impercettibilmente e lui li sopravanza di mezza ruota. In questo modo va a insidiare la coppia che è davanti e che probabilmente è disposta in modo leggermente assimetrico rispetto alla precedente. Lui infila ancora una mezza ruota (operazione pericolosissima, che spesso viene mal tollerata dal resto del gruppo) e impone anche ai circostanti la sua nuova disposizione geometrica dei corpi sulla strada. Forza anche il secondo blocco e passa.
Questa sequenza di passaggi deve essere velocissima. Il nostro si mette in pericolo di caduta fin quando non riesce ad affiancare di spalla la coppia di ciclisti. Naturalmente userà anche la voce: dirà cose come OCCHIO!, STAI Su!, VIA!, ATTENTO!, o amichevoli toccatine col dorso della mano. In caso di mancato rispetto della richiesta di strada le parole diventeranno parolacce, urli, oppure spallate. Fino alle testate, alle gomitate che possiamo vedere utilizzate solo nelle fasi infernali di un sprint di gruppo.
Senza arrivare a queste follie, resta il fatto che un corridore che va in testa al gruppo passando dal centro dello stesso non spende alcuna energia fisica (al centro del gruppo, in pianura, si pedala molto poco), ma ne spende a livello nervoso. Naturalmente un corridore molto abile riuscirà a consumare pochissimo anche a livello di concentrazione, perché tutto gli verrà naturale.

Qui devo riferire di una cosa che mi pare di avere osservato e sulla quale vorrei il conforto del vostro parere.
Ho sempre pensato che corridori di minore abilità in gruppo finissero con il sopperire al difetto con una accentuata capacità di sopportazione degli sforzi o di abitudine o di maggiore allenamento al vento in faccia.
Mi viene da pensare al monzese Gianni Bugno, corridore dai mezzi fisici superbi e però poco abile nei contatti gomito a gomito (anche nelle discese, non brillava per ardimento), che spesso si esponeva in prima persona al vento più per incapacità di stare a ruota nel caos del groppone, che per scelta tattica. Mi sembrò che questo ed altri corridori poco dotati tecnicamente avessero sviluppato altri skill di resistenza psicofisica alla corsa condotta in testa.

Ecco, questa incompleta e raffazzonata introduzione per cominciare a discutere di gare su strada centrando il problema su “il gruppo”, nella radicata convinzione che sia un elemento centrale per la comprensione (e il godimento) delle gare ciclistiche.
Potrà essere questo il luogo per contributi di ogni tipo. Critici, teorici, racconti di esperienze, ma anche domande di appassionati che desiderano risposte in merito.
Potranno i “non praticanti” porre delle questioni e i numerosi praticanti suggerire delle possibili risposte.
Ma anche, perché no, dinamicamente, i non esperti suggerire temi di riflessione ai cosiddetti “imparati”, anche perché, come detto, la prospettiva “inside” può non essere la migliore per comprendere appieno una corsa in bicicletta.
Forse non sarà il caso del pilone del rugby che dopo una mischia o un raggruppamento e sentendo il fischio dell’arbitro si volge ai compagni arretrati domandando con lo sguardo “qualcuno mi dice cos’è successo mentre ero la sotto’”, ma talvolta le situazioni più intricate di gruppo non sono il massimo per vedere le cose con obiettività.

Forza, espertoni, velocisti, neofiti e imbranati di ogni genere, dite la vostra, se vi piace.
Ciao belli
claudio

 

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“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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Livello Luison Bobet




Posts: 774
Registrato: Jan 2005

  postato il 12/10/2009 alle 15:37
Allora riporto la mia opinione, quella che avevo scritto nell'altro thread:

Ciao Peek,
ti posso dire la mia opinione.
Io mi sono ritrovato in un gruppo la prima volta da esordiente 2 anno, e mi ricordo fu abbastanza traumatico, risalivo per via esterne, mi trovavo coperto nelle prime posizioni, e dopo qualche sbandata del gruppo ero immediatamente in fondo.
Questa cosa e' durata 2-3 gare, poi ho iniziato a stare bene in gruppo davanti, a tenere le posizioni.
Per riuscire a mio parere ci vuole tranquillita (che ti evita di toccare i freni appena vedi una fila davanti a te che si sposta o frena) e grinta (per non far infilare via via gente che ti ruba posizioni).Secondo me non e' nemmeno tanto una capacita di guida del mezzo.
Se non hai questi ingredienti, meglio rinunciare. La sensazione che provi e':
-continua tensione
-fai millemila scattini per recuperare dai colpetti di freno inutili che dai
-ti becchi insulti dagli altri
- secchezza delle fauci

Capisci bene che per rendere bene con questi presupposti dovresti avere una forza tripla rispetto agli altri.

Ora, la questione se e' troppo tardi o meno, mi pare soggettiva. Non si puo' dire 21 anni e' tardi o presto, dipende dall'elasticita mentale della persona. C'e' gente che inizia a 30 anni ad arrampicare, e progredisce in maniera stupefacente, altri a 20 sembrano gia inibiti dall'apprandere e assimilare nuovi movimenti.

 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Dec 2004

  postato il 12/10/2009 alle 23:13
bravo claudio
magistrale

appunti: il bestemmione se non è accompagnato da abilità specifiche serve a poco
in gruppo tutti bstemmianoo o meglio imprecano insultano
non è sempre l' inferno che tu dici, ci sono anche fasi tranquille
ancora: per imparare avere vicino qualcuno bravo, seguirlo, aiuta ad imparare e a stare a galla
il ruolo della squadra.
nella mia esperienza essere in una squagra forte che sa stare unita e ha un disegno aiuta.
perfino un ciofo come me in una squadra si è sempre trovato meglio, con meno fatica di quando è isolato-, forse perchè sent meno tensione

su una cosa hai ragione. la temenda tensione e nervosismo che chi non è bravo sente a vercare di stare davanti in gruppo: io spesso aspettavo la prima salita come una liberazione, almeno potevo rinculare senza problemi

ciao
gianni

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 12/10/2009 alle 23:42
Per quel poco che son stato in gruppo, ricordo anch'io che la violenza verbale (non tanto la parolaccia) era necessaria per ottenere quel che si voleva. Verbale e non solo..
Ricordo un mio compagno di squadra (stiamo parlando di Allievi) che si vantava di aver preso a pugni sulla schiena un ragazzo doppiato che non collaborava in fuga, ad esempio. Ma gli episodi, nelle categorie minori, sono tantissimi. Basterebbe solo accennare ai tremendi napoletani: raramente si osava andare a correre in Campania, e quando venivano quelli da noi era sempre rissa...

 

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...E' il giudizio che c'indebolisce.

 
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Livello Miguel Indurain




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Registrato: Jan 2009

  postato il 13/10/2009 alle 05:19
Originariamente inviato da mestatore

per imparare avere vicino qualcuno bravo, seguirlo, aiuta ad imparare e a stare a galla



Ho imparato così,
con uno che mi diceva: "vai!" "scansati" "lima" Appoggiati" mentre tutti dicevano altro.

 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Nov 2005

  postato il 13/10/2009 alle 10:45
Bella disquisizione Claudio.

Quella dello stare in gruppo è stata sempre una mia fissa fin da bambino quando assillavo il mio babbo per chiedergli come facevano i corridori a star appaiati l'uno all'altro e ad andare a quelle velocità. Veramente non me ne capacitavo!

Poi pian piano ho cominciato a prendere la bici seriamente e ho imparato dapprima a guidare il mezzo, poi ad avere occhio soprattutto nelle traiettorie in discesa e poi pian piano a confrontarmi con altre persone che uscivano in bici con me, ma per imparare a stare in gruppo c'è voluta un po' di esperienza agonistica.

Non è che abbia corso molto, ma mi è servito, ECCOME! L'andare in bici a livello cicloturistico è un altro sport rispetto a quello agonistico, non c'è che dire.

io ho corso solo le annate juniores ricordo. Ho fatto la preparazione con i miei compagni di squadra da ottobre a gennaio senza bici con palestra e corsa in montagna e me la cavava anche discretamente, poi una volta presa la bici ho visto la differenza tra la mia pratica e la loro. Uscivo in bici prima, è chiaro, e nel carnet avevo già Gavia, mortirolo, stelvio Izoard, Monte campione, ma mai avevo avuto modo di uscire con gente abituata alle corse.

Le prime due uscite non riuscivo a stare nemmeno nel gruppetto coi miei compagni di squadra, non riuscivo a limare bene le ruote come facevano loro, ma poi mi son abituato tanto che loro stessi rimanevano stupiti di come da non agonista mi fossi adattato così presto.

però poi....è arrivato il momento di correre. alla prima gara avevo fino a mai una paura fottuta dello stare in gruppo, non ero proprio abituato e dopo essere stato per la maggior parte del tempo tra metà e fine gruppo mi son ritirato manco a metà gara, non ero stanco, era proprio lo stress nervoso dello stare in gruppo che mi aveva bruciato.

Seconda gara, bella, tosta e importante dove la squadra aveva anche possibilità di vittoria visto che c'era la salita che da gussago porta alla Forcella (che il Dancelli conosce a memoria) dove avevamo due compagni che potevano fare la differenza. io parto inkazzato e mi dico che non posso avere paura a stare in mezzo a gente come me. patisco i primi due giri ma mi adatto pian piano e prendo sicurezza in me, ancora non riesco a stare nelle posizioni migliori ma dopo metà gara sono ancora lì fresco. I miei compagni rimangono sorpresi, io pure e mi gaso. Sta di fatto che arrivo alla fine della gara riuscendo anche a dare una tirata prima dell'ultimo scatto in salita del mio compagno. Arrivo nel penultimo gruppetto )la salita della Forcella l'ho fatta morto salendo forse a 5 all'ora!!!) ma soddisfatto e pieno di me. Cominciavo a capire come fare a correre in gruppo

terza gara tutta pianura a Leno, sto sempre nel gruppone e capisco sempre meglio come fare a starci. All'arrivo siamo in una quarantina (partiti un centinaio gli altri tutti ritirati) e io arrivo nei 15 dopo aver aiutato un mio compagno arrivato terzo in volata

Da lì' mi son convinto di aver "imparato" a star con gli altri

Dalla gara mi son detto che avrei dovuto cominciare a frmi rispettare, ma ricordo che era una gara internazionale, in provincia di Treviso, c'erano russi, tedeschi, polacchi e altra gente. Noi eravamo una squadretta ma ben organizzata...ma quelo che ho visto in quella gara..dio mio!!!! testate, gomitate per prendere la posizione,spintoni...non ero proprio abituato, e al terzo giro all'ennesima chiusura di una curva a gomito da parte di un tedesco capitombolo e nella concitazione della caduta infilo la mia mano nella sua ruota posteriore distruggendo tutti raggi facendo perno sul carro posteriore. Mi distruggo una mano (ho ancora la grossa cicatrice) e mi dico. "c.azzo, na non avevo imparata a stare in gruppo????"

Insomma stare in gruppo è davvero difficile e molta differenza tra gli agonisiti e li amatori la vedo ancora adesso nelle GF

c'è tanta, troppa gente che non sa stare in gruppo, non sa limare la ruota e che è di un pericoloso da morire.

Esempio lampante il nostro buon Diego..quello lì lo sappiamo tutti ha un motore da paura, e nonostante gli anni di GF si vede che non ha mai corso. Lui in gara o tira costantemente i gruppi in cui si trova o non reisce a stare nella pancia del gruppo ma sempre ai lati. io ho un motore molto inferiore al suo, eppure vedo che quando sono in forma nella pancia del gruppo anche a 60 all'ora ci sto senza problemi.

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Marco Pantani




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Registrato: Mar 2005

  postato il 23/10/2009 alle 23:07
Caro Robby, non ho esperienza di Gran fondo, ma quello che ci dici conforta una mia impressione da esterno. E cioè che le gran fondo rappresentino una tipologia di gara diversa dal ciclismo delle categorie minori, dove la distanza, le difficoltà e l'impegno sono commisurati alle capacità dei partecipanti.
Questo determina il fatto che il ciclista cresca come abilità e potenziale atletico.
Nelle gran fondo l'impressione è che ci sia una distanza troppo grande fra la difficoltà dei percorsi (e anche dalle difficoltà imposte dal numero dei partecipanti) e la qualità delle prestazioni medie dei partecipanti. Questo determina un approccio mediamente "prudente", di basso profilo prestazionale, di agonismo limitato.
Insomma, il granfondista che non abbia precedenti nelle gare giovanili faticherà ad acquisire abilità specifiche di gruppo, mentre migliorerà senz'altro la propria resistenza organica a sforzi prolungati di media intensità.

Nel mondo amatoriale, le gare in circuito, per certi versi ossessive, riprendono meglio le fila del ciclismo agonistico vero e proprio. Ci sono più mattoncini basici di apprendimento. C'è più didattica.

Nelle gran fondo ci si confronta con il mito dei grandi percorsi di montagna. Immagino sia gratificante ed emozionante.

 

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“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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Livello Giro




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Registrato: Feb 2006

  postato il 24/10/2009 alle 00:35
Bel thread, preciso e completo, quoto tutto (da ex-corridore...). Concordo anche sul fatto che il DS in bici sia impagabile, l'anno prossimo devo fare l'affiancamento (sono io il tirocinante...) e credo che lo farò per lo più in questi termini.

Ho fatto anche l'amatore per qualche anno, e in effetti si: nelle gare cicloamatoriali ad un certo punto si è tutti ex-corridori (che in gruppo ci sanno stare) oppure "nuovi" ma che hanno imparato a starci negli anni da amatore. (Con piacere noto anche che i "nuovi" che imparano a stare in gruppo poi imparano anche a muoversi bene tatticamente... è probabile che sia un riflesso della loro apertura mentale, ma è solo un'ipotesi.)

Bravo!

 

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La rivoluzione non è un pranzo di gala
o una festa letteraria;
non si può fare con tanta eleganza,
con tanta serenità e delicatezza,
con tanta grazia e cortesia.

La rivoluzione è un atto di violenza.

-Mao Tse Tung

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 24/10/2009 alle 22:10
Originariamente inviato da Sikhandar

Bel thread, preciso e completo, quoto tutto (da ex-corridore...). Concordo anche sul fatto che il DS in bici sia impagabile, l'anno prossimo devo fare l'affiancamento (sono io il tirocinante...) e credo che lo farò per lo più in questi termini.

Ho fatto anche l'amatore per qualche anno, e in effetti si: nelle gare cicloamatoriali ad un certo punto si è tutti ex-corridori (che in gruppo ci sanno stare) oppure "nuovi" ma che hanno imparato a starci negli anni da amatore. (Con piacere noto anche che i "nuovi" che imparano a stare in gruppo poi imparano anche a muoversi bene tatticamente... è probabile che sia un riflesso della loro apertura mentale, ma è solo un'ipotesi.)

Bravo!


Grazie Sik.
Complimenti per il tuo prossimo impegno come diesse. Messaggi come il tuo danno grande fiducia.
Spero tu possa trasferire le tue esperienze ai ragazzi?
Non so che categorie seguirai, ma il mio parere è che fino a 16 si debba apprendere e basta. Tecniche di gruppo, conoscienza del proprio corpo, sperimentazioni tattiche, tecniche di allenamento.
Da Juoniores cercare qualche soddisfazione e poi, dopo il primo anno di apprendistato, da U23 sparare qualche cartuccia convincente.
In bocca al lupo, facci sapere.
claudio

 

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“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 24/10/2009 alle 22:57
Originariamente inviato da claudiodance

Originariamente inviato da Sikhandar

Bel thread, preciso e completo, quoto tutto (da ex-corridore...). Concordo anche sul fatto che il DS in bici sia impagabile, l'anno prossimo devo fare l'affiancamento (sono io il tirocinante...) e credo che lo farò per lo più in questi termini.

Ho fatto anche l'amatore per qualche anno, e in effetti si: nelle gare cicloamatoriali ad un certo punto si è tutti ex-corridori (che in gruppo ci sanno stare) oppure "nuovi" ma che hanno imparato a starci negli anni da amatore. (Con piacere noto anche che i "nuovi" che imparano a stare in gruppo poi imparano anche a muoversi bene tatticamente... è probabile che sia un riflesso della loro apertura mentale, ma è solo un'ipotesi.)

Bravo!


Grazie Sik.
Complimenti per il tuo prossimo impegno come diesse. Messaggi come il tuo danno grande fiducia.
Spero tu possa trasferire le tue esperienze ai ragazzi.
Non so che categorie seguirai, ma il mio parere è che fino a 16 si debba apprendere e basta. Tecniche di gruppo, conoscienza del proprio corpo, sperimentazioni tattiche, tecniche di allenamento.
Da Juoniores cercare qualche soddisfazione e poi, dopo il primo anno di apprendistato, da U23 sparare qualche cartuccia convincente.
In bocca al lupo, facci sapere.
claudio

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 25/10/2009 alle 14:38
Beh, vi ringrazio davvero, una lezione importante per chi non ha fatto agonismo e vuol capire meglio le dinamiche di una corsa e dei racconti appassionanti delle vostre esperienze.

Ancora una domanda, siete a conoscenza di ciclisti che pur disponendo di un ottimo potenziale atletico siano stati costretti a rinunciare perché non sono riusciti a migliorarsi sotto il profilo tecnico-psicologico? Oppure è difficile individuare casi del genere perché chi non ce la fa rinuncia già nelle categorie giovanili?

 
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Livello Tour




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  postato il 25/10/2009 alle 17:13
Originariamente inviato da claudiodance
Non so che categorie seguirai, ma il mio parere è che fino a 16 si debba apprendere e basta. Tecniche di gruppo, conoscienza del proprio corpo, sperimentazioni tattiche, tecniche di allenamento.
Da Juoniores cercare qualche soddisfazione e poi, dopo il primo anno di apprendistato, da U23 sparare qualche cartuccia convincente.


Magari il mondo fosse così bello...

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 26/10/2009 alle 08:12
Originariamente inviato da peek

Beh, vi ringrazio davvero, una lezione importante per chi non ha fatto agonismo e vuol capire meglio le dinamiche di una corsa e dei racconti appassionanti delle vostre esperienze.

Ancora una domanda, siete a conoscenza di ciclisti che pur disponendo di un ottimo potenziale atletico siano stati costretti a rinunciare perché non sono riusciti a migliorarsi sotto il profilo tecnico-psicologico? Oppure è difficile individuare casi del genere perché chi non ce la fa rinuncia già nelle categorie giovanili?



Ciao Peek, guarda, nella mia squadra di Juniores (parecchi anni fa) correva un ragazzo agli esordi. Aveva cominciato tardi, a 17 anni, e si trovava in una certa difficoltà. Non era il solito “imbranato”, ma l’esperienza gli faceva davvero troppo difetto e in gara era spesso allo scoperto. Era anche un discreto scalatore, ma insomma, un tizio dal carattere molto pacato, non un fulmine di guerra in gruppo. Corse solo due anni, corrispondenti alla sponsorizzazione che l’azienda del padre fece della squadra di Gavardo, poi cambio attività sportiva.
La cosa divertente è che si trattava di Andrea Dalla Villa, quello che in seguito sarebbe diventato un eccellente rallysta a livello nazionale. Vincitore di titoli nazionali e gare importanti.
Quando cominciai a leggere che Andrea si andava affermando nelle gare in macchina fui molto colpito (oltre che felice). In bici era “normale” non certo uno spericolato come ne avevo visti tanti. E invece in auto si rivelava un guidatore oltre il comune.
Questo fatto mi convinse ed è la riprova che le abilità necessarie al ciclismo sono del tutto “uniche” e composte da molti fattori.
Ecco il link el rallysta bresciano.

http://www.andreadallavilla.com/vittorie.html

 

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  postato il 04/11/2009 alle 23:44
La voglia di capire dal di dentro determinate dinamiche mi sta spingendo verso l'idea di iscrivermi a una GF l'anno prossimo.

Bel thread Dance

 

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Amarti m'affatica, mi svuota dentro
qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto
Amarti m'affatica, mi dà malinconia
che vuoi farci, è la vita... è la vita, la mia

(Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping)

 
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  postato il 04/11/2009 alle 23:48
Originariamente inviato da Admin

La voglia di capire dal di dentro determinate dinamiche


Oddio, ho peccato di superbia.
Avrei dovuto scrivere "dal di dietro".

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 09:45
Magari inizia con delle cicloturistiche: anche le GF (soprattutto le GF) sono piene di teste di rapa che si credono in diritto di avere strada ad ogni costo..

 

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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 05/11/2009 alle 09:47
Sissì, meglio le cicloturistiche.
Almeno i primi 15-20 km li fanno piano tutti insieme.

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 09:53
Originariamente inviato da uffa

Magari inizia con delle cicloturistiche: anche le GF (soprattutto le GF) sono piene di teste di rapa che si credono in diritto di avere strada ad ogni costo..


Per loro ci sono le borracce nei raggi...
Si, ti consiglio anche io le cicloturistiche per prendere confidenza con il gruppone.
Alle GF rischi di essere sorpassato sopra/sotto/a dx e a sx e le prime volte ti potrebbe prendere un minimo di agitazione/panico.
Figata sto thread.
Per mia esperienza devo dire che non ero un gran limatore da giovanissimo, ma ora mi son ambientato bene.
Nelle GF è molto facile tenere le posizioni perchè la maggior parte sono pecoroni e si riescie a sorpassare bene e a rimanere a ridosso dei primi (difficoltà altimetriche permettendo).
Quest'anno ho fatto anche 5-6 circuiti, dove temevo di naufragare nelle ultime posizioni, invece ho visto che rispetto alle giovanili sono migliorato moltissimo nello stare in gruppo... purtroppo quando trovi degli aeroplani che tirano a 50 dall'inizio alla fine curve comprese il gruppo si mette in fila indiana e a quel punto c'è poco da limare e si usa il gergo "cigliooo"!

 

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Chi non indossa il casco non ha nulla nella testa che valga la pena proteggere.
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Livello Marco Pantani




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  postato il 05/11/2009 alle 10:47
Caro Admin, queste sono notizie!!
E’ molto bello che tu voglia fare queste esperienze. Saresti per altro un rarissimo ciclista barbuto e le groupie delle GF farebbero a gara per porgerti le borracce!

Comunque, mi allineo al bravo Nievole. Le Gran Fondo, per quanto non proprio “cattive” come gestione degli spazi di gruppo, potrebbero esserlo troppo per un debutto.
Mi sembra saggio passare da una o due ( o più) cicloturistiche e magari approfittare di qualche allenamento in gruppetto per fare l’occhio sulle distanze e sul controllo delle traiettorie.

Tranquillo, non serve essere degli equilibristi, ma meglio andarci con cautela. L’incontro fra asfalto e pelle umana è sempre a scapito di quest’ultima e quindi è meglio non prendere rischi. Inoltre la cosa peggiore che può capitare a un principiante è quella di causare involontariamente la caduta di altri. Per gradi, per gradi. E poi ti devi divertire. La paura non è divertente.
Allenati, casco in testa, prendi confidenza con il mezzo e con te stesso su quel mezzo. Prova a stare vicino a qualcuno che sa andare. Rimani dietro, impara. Scordati ciclocomputer e cardiofrequenzimetri. Togliti dalla testa di allinearti a una qualsiasi gara (anche cicloturistica) senza almeno 5/600 chilometri fatti con continuità. Non per avere “la gamba”, ma l’occhio.

In bocca al lupo e benvenuto Marco, un abbraccio.
claudio

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 11:22
Claudio, credo tu l'abbia già spaventato abbastanza

solo solo con quel
Togliti dalla testa di allinearti a una qualsiasi gara (anche cicloturistica) senza almeno 5/600 chilometri fatti con continuità. Non per avere “la gamba”, ma l’occhio.




Dai Marco che ti vogliamo vedere alla CKC competitivo!!!!!

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 11:42
Toh che bel thread, dopo tanto. Non a caso, poco affollato.

Claudio sei stato magistrale. Anche nel farmi conoscere l'uso della bestemmia nelle gare del lombardo-veneto. Vivendo al Nord, dove ho sentito la prima e unica smadonnata ad una assemblea condominiale dopo 13 anni che vivevo lì, pensavo che la bestemmia agonistica fosse prerogativa di solo noi toscani.

Io ho imparato a stare in gruppo prima nelle GF, iniziando da quelle con la prima salita al km 3, dove il problema sono soprattutto i piccoli slalom e le ripartenze a causa di chi ti è partito davanti in griglia ma già molla...

Poi negli ultimi anni mi sono dato alle amatoriali, e lì la musica cambia. Nelle GF dopo 20-25 km sei già in un gruppetto di 20-30-40 unità che procede ad andatura regolare e cooperando. Nei circuiti sei tutti assieme e le dinamiche sono le stesse che Claudio descrive per le corse giovanili: una completa anarchia, con tutti che vogliono stare davanti, tutti che vogliono tentare la fuga, tutti pronti a smadonnare al tuo primo errore (o a volte per loro errori che ti attribuiscono per incapacità di usare il cervello). Solo nelle fasi cruciali di gara subentra qualche forma di gerarchia, quando i "big" riconosciuti vanno davanti dopo essere stati per un bel pò dietro a sonnecchiare o le loro squadre iniziano a fare l'andatura.

Un mese fa ho provato sulla mia pelle questo senso della gerarchia "delle fasi cruciali": all'ultimo giro sono risalito perchè volevo stare in testa nelle fasi concitate per eviatare cadute. Beh, arrivato in testa c'era una fase di indecisione e ne ho approfittato, io Carneade senza speranza e con il vento contro, per andarmene. Sulle prime mi hanno seguito in due che poi scoprirò essere gregari del primo e del terzo dello sprint. Non ricevendo cambi ho dato una seconda accellerata e sono rimasto solo a menare come un matto. Quando mi sono voltato, avevo guadagnato un 70 metri ma... nessuno, dico nessuno, faceva niente per riprendermi. Un'occasione irripetibile? No! Era il messaggio dei big: guarda che non fai paura a nessuno, veniamo a riprenderti quando vogliamo. L'ho capito e mi sono rialzato. Mi hanno ripreso, ho rifatto un km nei primi dieci, poi quando la corsa è entrata davvero nel vivo uno, che aveva spazio all'esterno, si è guadagnato la mia posizione con una spallata alla gamba, alla quale ho risposto con un moccolo e una minaccia, giusto per fare capire che "lei non sa chi sono io"

Passando oltre la testimonianza, aggiungo una cosa al già esaustivo trattato di Claudio, e che si può collegare anche all'interpretazione delle medie orarie come indicatore o meno dell'uso di doping tra i professionisti (e non solo, ma per gli amatori valgono anche altri fattori): Claudio giustamente ha detto che correre dentro al gruppo o davanti (o in fuga) sono sport diversi. Giustissimo. E a corollario aggiungo: non staccarsi dal gruppo che fila a velocità impressionante, non è difficile, conoscendo qualche malizia di base e avendo una buona condizione. Ben più difficile è non staccarsi quando il gruppo fa "la fisarmonica" in continuo, passando decine di volte dai 35-40 all'ora ai 55-60, con accellerazioni tremende che prima che recuperi si riparte ancora, e avanti così fin quando d'improvviso o molli di testa o ti si spegne la luce (magari perchè non hai mangiato, concentrato com'eri sugli scatti).
Ecco, aprendo e chiudendo subito un piccolo OT, per questo motivo non prendo certo le medie orarie per dire se rispetto a altri tempi c'è più o meno doping. Mi preoccupo di più quando vedo il gruppo compatto nonostante corse "avvelenate" dagli scatti. E tatticamente mi rammarico perchè nonostante la maggiore resistenza dei corridori negli ultimi anni, la maggior parte delle squadre e dei loro Ds preferiscono condurre la corsa nei tratti decisivi (soprattutto nelle salite dei GT ma anche nei finali di una Sanremo o di un mondiale) con treni a velocità alte ma costanti che scremano molto meno di quanto potrebbero fare un paio di scatti secchi.

Termino con una nota di colore: non pensiate che andando alle gare e imparando a stare in gruppo, impariate a stare in bici. 18 giorni fa mi sono fratturato un gomito in allenamento, da solo, su strada deserta, in leggera salita. dopo avere corso un bel pò di gare, oltretutto. però almeno ho imparato a usare un pò la sinistra. Anche per scrivere al computer. Meno male che domani mi tolgono il gesso.

 

[Modificato il 05/11/2009 alle 11:45 by Frank VDB]

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 11:57
Originariamente inviato da Frank VDB

Termino con una nota di colore: non pensiate che andando alle gare e imparando a stare in gruppo, impariate a stare in bici. 18 giorni fa mi sono fratturato un gomito in allenamento, da solo, su strada deserta, in leggera salita. dopo avere corso un bel pò di gare, oltretutto. però almeno ho imparato a usare un pò la sinistra. Anche per scrivere al computer. Meno male che domani mi tolgono il gesso.


Poche balle, il gomito te lo sei rotto per saltare la MMM e non buscarle da Claudio...

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 05/11/2009 alle 16:07
Secondo me, per capire davvero come ci si comporta in gruppo bisognerebbe partecipare a gare "agonistiche", questo non vale solo per Admin, ma è un discorso in generale, poichè nelle ciloturistiche nesuno si sogna di "limare" nel vero senso sportivo del termine, perchè visto che non c'è classifica nonn vale la pena di spendere delle energie nervose , in campo agonistico invece si capisce bene come muoversi nel gruppone (soprattutto nei circuiti), come destreggiarsi, come evitare brusche frenate, le traiettoie ecc

Certo, se è poco che si va in bici, o siamo agli inizi, per cominciare non ci si può buttare subito su corse agonistiche, si rischia di farsi male e fare del male agli altri, benissimo le cicloturistiche, però per imparare davvero a stare in gruppo, dopo un adeguato "apprendistato" è necessario un pò di agonismo, anche se nelle GF c'è troppa gente che pur di arrivare 196° invece di 197° è capace di darti delle spallate in volata (mi è successo in volata in salita [ ] alla GF olmo 2008)

 

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io sono un saavvvoonnnéééésse

Un uomo solo al comando... la sua divisa è bianco-celeste... il suo nome è Fausto Coppi
CAMPIONE DEL MONDO FANTACICLISMO CICLOWEB 2008 vincitore del Giro del Piemonte, MEDAGLIA DI BRONZO alla crono mondiale

FANTACICLISMO CICLOWEB 2009
DOPPIETTA AMSTEL GOLD RACE - FRECCIA VALLONE
VINCITORE CLASSICA DI AMBURGO,VINCITORE MEMORIAL CIMURRI, innumerevoli piazzamenti

FANTACICLISMO CICLOWEB 2010
BRONZO CRONO MONDIALE, ARGENTO MONDIALE IN LINEA
VICITORE GIRO DI LOMBARDIA

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Livello Federico Bahamontes




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  postato il 05/11/2009 alle 16:14
io ho cominciato ad andare in bici da soli tre anni, non ho mai gareggiato e avuto esperienza di gruppo. in genere esco da solo, l'unica volta che mi sono accodato ad un gruppo di una trentina di amatori mi sono messo, appunto, in coda, da ultimo. ed ho fatto una fatica boia!...tanto che dopo pochi km mi sono staccato
e qui volevo fare una domanda a chi se ne intende: a stare in coda al gruppo si spende più o meno che stare nella pancia?

 
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 05/11/2009 alle 16:21
Originariamente inviato da bianconiglio

a stare in coda al gruppo si spende più o meno che stare nella pancia?


Se il vento è in faccia fatichi uguale, se è laterale fatichi di più, se è da dietro forse un pò di meno, in assenza di vento di vento più o meno uguale, poi dipende anche se si è in fila indiana oppure il gruppo è "largo" sulla strada...

correggetemi se sbaglio...

 

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Livello Giuseppe Saronni




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  postato il 05/11/2009 alle 16:30
La mia poca esperienza personale di circuiti amatoriali e di GF mi porta a confermare le parole di cannibale.

Questa stagione ho avuto la fortuna di partire davanti in alcune GF e assicuro che con gente capace anche chi non è un fulmine di guerra riesce a starsene coperto. Idem per i circuiti: se conosci quelli che "fanno la corsa" la cosa migliore è stargli vicino ed imparare.
Però Luca,mi riaccodo al tuo "dover fare gare agonistiche per imparare i comportamenti": altro discorso è partire dopo mille persone, e trovarsi con gente che come te a ruota ci sa stare a 30 all'ora, ma non ai 45.

Sullo stare in bici.. Frank, ammetti che stavi mangiando una barretta, non avevi le mani sul manubrio ed una folata di vento ti ha steso. Non si cade da soli

 

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  postato il 05/11/2009 alle 16:38
In coda si fa moooooolta più fatica in genere.

Parliamo di una gara...le posizioni migliori sono quelle nei primi 20 posti del gruppo: Non sei troppo avanti per dover tirare, sei comunque coperto dal vento e non sei troppo in mezzo al gruppo per rischiare cadute e soprattutto stando davanti si ha un ritmo più regolare soprattutto in quei momenti in cui questo ritmo cambia, magari bruscamente...La frustata di un cambio di ritmo repentino (ad esempio all'uscita di una curva) la si sente tanto più forte quanto si è ditro al gruppo. Se sei nei primi posti magari passi dai 50 ai 40 all'ora per poi ritornare ai 50 (range -10 +10 km/h non troppo difficile da recuperare) invece indietro è facile che questo range raddoppi o triplichi addirittura (dai 50 all'ora ai 25 per poi tornare ai 50 vuol dire -25 +25 km/h). E' presto detto come sia molto più dispendioso (oltre che pericoloso per le cadute) stare in fondo al gruppo

 

[Modificato il 05/11/2009 alle 16:52 by robby]

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  postato il 05/11/2009 alle 16:39
Originariamente inviato da bianconiglio
a stare in coda al gruppo si spende più o meno che stare nella pancia?


Secondo la mia esperienza di più in coda:devi continuamente chiudere i piccoli buchi che si formano, soprattutto quandi si viaggia in fila indiana.

 

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  postato il 05/11/2009 alle 16:52
Bravo Admin!

Ecco i consigli derivanti dalla mia piccola esperienza in gruppo:
nelle cicloturistiche piu' che limare le ruote e' importante
capire chi si ha davanti e al fianco in modo da evitare gli
imbranati (nell'ultima che ho fatto uno e' riuscito a cadere da solo
per miracolo senza coinvolgere altri....).
Comunque e' utile per prendere confidenza con lo spazio intorno.

Nelle GF si capisce di piu' ma finche si e' inesperti (come me)
si sopravvive nella pancia per un tempo limitato poi bisogna
avere l'occhio o la fortuna per aggregarsi a gruppi piu' ristretti
dove si procede in fila. Come nelle uscite fra amici.

E' un mestieraccio.

 

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"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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  postato il 05/11/2009 alle 16:58
Originariamente inviato da pedalando

...nelle cicloturistiche piu' che limare le ruote e' importante capire chi si ha davanti e al fianco in modo da evitare gli imbranati (nell'ultima che ho fatto uno e' riuscito a cadere da solo per miracolo senza coinvolgere altri....)...


Così, di primo acchito, mi ricorda specificatamente qualcuno...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/11/2009 alle 17:04
Originariamente inviato da Monsieur 40%

Originariamente inviato da pedalando

...nelle cicloturistiche piu' che limare le ruote e' importante capire chi si ha davanti e al fianco in modo da evitare gli imbranati (nell'ultima che ho fatto uno e' riuscito a cadere da solo per miracolo senza coinvolgere altri....)...


Così, di primo acchito, mi ricorda specificatamente qualcuno...


qualche annetto fa in zona lago di garda vero?

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Giugno 2009




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  postato il 05/11/2009 alle 17:13
Originariamente inviato da Nievole

La mia poca esperienza personale di circuiti amatoriali e di GF mi porta a confermare le parole di cannibale.

Questa stagione ho avuto la fortuna di partire davanti in alcune GF e assicuro che con gente capace anche chi non è un fulmine di guerra riesce a starsene coperto. Idem per i circuiti: se conosci quelli che "fanno la corsa" la cosa migliore è stargli vicino ed imparare.
Però Luca,mi riaccodo al tuo "dover fare gare agonistiche per imparare i comportamenti": altro discorso è partire dopo mille persone, e trovarsi con gente che come te a ruota ci sa stare a 30 all'ora, ma non ai 45.



Intendevo un'altra cosa: non "bisogna" fare agonistiche per imparare, bisogna fare le gare agonistiche per capire come ci si muove in corsa ad una certa velocità, ti faccio un esempio: qualche anno fa (mi sembra 2006) partecipavo alle corse cicloturistiche con finale agonistico e mi rendevo conto che dopo poche corse imparavo a stare in gruppo, poi in autunno ho fatto qualche circuito in Piemonte e mi sono reso conto che era un modo di stare in gruppo completamente diverso delle gare che facevo prima, ci ho messo un pò (anche le prime corse dell'anno dopo) però andando a fere le corse agontiche ho capito come ci si muove all'interno del gruppo, ho imparato a limare ecc... Adesso quelle corse non le faccio più perchè le ritengo troppo pericolose e noiose (non mi piacciono i circuiti da fare più volte) ma se è rimasto, come penso, lo stesso modo di correre è lì che si capisce e si impara anche, come dici, a stare a ruota ad alte velocità. Può darsi che la mia idea sia sbagliata, ma io la penso così... Certo, come ho già detto un neofita dovrebbe fare gradualmente, con vari step: prima cicloturistiche, poi gf, ed infine agonistiche

 

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io sono un saavvvoonnnéééésse

Un uomo solo al comando... la sua divisa è bianco-celeste... il suo nome è Fausto Coppi
CAMPIONE DEL MONDO FANTACICLISMO CICLOWEB 2008 vincitore del Giro del Piemonte, MEDAGLIA DI BRONZO alla crono mondiale

FANTACICLISMO CICLOWEB 2009
DOPPIETTA AMSTEL GOLD RACE - FRECCIA VALLONE
VINCITORE CLASSICA DI AMBURGO,VINCITORE MEMORIAL CIMURRI, innumerevoli piazzamenti

FANTACICLISMO CICLOWEB 2010
BRONZO CRONO MONDIALE, ARGENTO MONDIALE IN LINEA
VICITORE GIRO DI LOMBARDIA

ORGANIZZATORE CKC '09

 
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Livello Gand-Wevelvem




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  postato il 05/11/2009 alle 17:17
Io mi ricordo quando ero juniores ero sempre in fondo la gruppo nelle gare in circuito e c'era un mio compagno di squadra che mi diceva sempre: "te devi rischiare un po' di più" però lui era sempre per terra la domenica, io sono cascato una volta in tutta la stagione
 
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Livello Hugo Koblet




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  postato il 05/11/2009 alle 19:07
ho letto con molto interesse questa discussione e concordo con gran parte delle osservazioni fatte. Soprattutto è chiaro che stare in fondo al gruppo è più dispendioso dal punto di vista delle frustate, in caso di curve con carreggiata stretta e rotonde, oggi molto frequenti su tutti i percorsi. Tuttavia il problema delle prime posizioni, oltre al fatto già sottolineato da Claudio del continuo rimescolamento che risulta molto stressante da un punto di vista dell'attenzione, è che la percentuale di "copertura" è relativamente più bassa e la fatica che si risparmia rispetto alle frustate (che comunque ci sono) è compensata dal fatto che mentre dietro nelle fasi di rettilineo e carreggiata relativamente larga è come stare dietro ad un camion (tutti i corridori davanti creano un ampio cono di risucchio), stare davanti comunque comporta fasi in cui si è ai lati del cono ( aria parzialmente in faccia) o comunque in seconda terza posizione rispetto al corridore davanti che è ai lati del cono (magari sempre in 20 posizione del gruppo, ma sul lato ) e questo in percentuale è comunque una copertura minore ( è proporzionalmente minore la percentuale di forza che si risparmia ad esempio stando in seconda posizione di una fila rispetto allo stare in quinta o sesta). Stare davanti o dietro diventa più o meno conveniente anche a seconda del percorso e della carreggiata.

Per quanto riguarda il discorso d'origine della discussione, che veniva dalle considerazione fatte sulla possibilità di "imparare" l'abilità di limare le ruote, io trovo che in alcuni passaggi la fate troppo difficile.
Vero che il primo impatto è tragico, però con l'abitudine e normali attitudini psico-motorie si impara. Molte difficoltà vengono anche dalla diffidenza di chi ti corre vicino, che nelle prime gare non conoscendoti ( poi quando il colore della pelle è nero, non per razzismo ma per l'insolita visione in mezzo ad un gruppo di ciclisti) e temendo che tu gli faccia il buco, fa di tutto per sopravanzarti e ti ricaccia indietro, mentre un altro atleta già conosciuto viene lasciato lì senza problemi.
Nonostante dopo anni di professionismo Ivan Basso abbia ancora evidenti limiti di guida della bici in discesa non mi pare incontri delle difficoltà supplementari invece a correre in gruppo, anzi è sempre nelle prime posizioni anche in fasi concitate.

 

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su tutte le cime
v'è pace.

(Goethe)

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 05/11/2009 alle 19:35
gran bel 3d! oltre a tutto quello che avete giá detto, un metodo per imparare a limare e sgomitare mi rimarrá sempre impresso: fare dietro macchina a 65-70 all'ora in doppia fila durante l'allenamento. O limi all'osso, oppure dopo 3 km ti stacchi.P eró se rischi troppo finisci per terra, molto spesso in balia delle altre macchine che ti stanno dietro o vengono in direzione contraria. Insomma, na' roulette russa.

 

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I'm ipocrisy free

Io sto con Silvio che è
un gran furbacchione e con
la bellissima Oriana che ha
il coraggio di dire ciò che
tutti pensano ma nessuno dice
(si vocifera che la casalinga
di Voghera impallidisca
al suo cospetto).

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Solo chi non ha paura di morire di mille ferite riuscirà a disarcionare l'imperatore

 
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Utente del mese Gennaio 2009




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  postato il 05/11/2009 alle 21:10
Originariamente inviato da robby
Originariamente inviato da Monsieur 40%
Originariamente inviato da pedalando
...nelle cicloturistiche piu' che limare le ruote e' importante capire chi si ha davanti e al fianco in modo da evitare gli imbranati (nell'ultima che ho fatto uno e' riuscito a cadere da solo per miracolo senza coinvolgere altri....)...

Così, di primo acchito, mi ricorda specificatamente qualcuno...

qualche annetto fa in zona lago di garda vero?

Maligni
In quel caso il gruppo era formato da due persone ed una borraccia....

Per chiarire: le dinamiche proposte da Claudio sono molto piu'
complesse delle esperienze da me riportate.
E' un po' come portare d'esempio il moto sul piano inclinato in
una discussione sui ciclotroni.
Ma mi faceva piacere contribuire con semplici suggerimenti
per chi, come Marco, vuole provare l'esperienza.

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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Livello Francesco Moser




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  postato il 06/11/2009 alle 08:39
Non ho mai fatto né agonismo né GF, neppure cicloturistiche. Solitamente mi alleno da solo e, se lungo la strada trovo qualche gruppetto, mi ci accodo. Appunto, mi accodo, perché spesso me ne sto in fondo oppure, se l'andatura è troppo bassa, vado un po' in testa (facendomi così odiare...) a prendere vento.

Così mi ritrovo che in gruppo penso proprio di non saperci stare. Ipotetica d'obbligo, non avendo mai provato a correre in una gara agonistica.

Ma i segreti e i trucchi per imparare a stare bene in gruppo, oltre quelli dei post sopra citati e del meraviglioso saggio dancelliano, quali sono? Se ci sono...

 

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Francesco Sulas
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 06/11/2009 alle 13:36
Originariamente inviato da Nievole

Sullo stare in bici.. Frank, ammetti che stavi mangiando una barretta, non avevi le mani sul manubrio ed una folata di vento ti ha steso. Non si cade da soli


Sì, non avevo le mani sul manubrio da un secondo: mi ha squillato il fottutissimo cellulare che mamma e fidanzata vogliono che prendi sempre con te, ed ho staccato le mani. Prima ancora di girarle all'indietro per recuperarlo, ecco il tonfo, complice probabilmente una piccola buca cha a 20 all'ora è più dannosa che a 40, quando lo "slancio" permette alla ruota di superarla senza problemi.

Tolto oggi il gesso, ma che dolore a tutto l'avambraccio...

 

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Livello Francesco Moser




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  postato il 07/11/2009 alle 18:56
Ragazzi, stamattina mi è successa una cosa che mi ha fatto subito pensare a questa illuminante discussione. Niente a che fare con quanto accaduto al dis-equilibrista Davide_Frank VDB, tranquilli.

Dunque, ero in riviera, avevo fatto sì e no 20 km in solitaria ed ero ancora un po' freddino. Ad un certo punto un gruppo di tre persone mi passa in pianura (anche se qui pianura non ce n'è) ed io li riprendo, tenendomi in fondo ma riuscendo a tener il loro ritmo (saremo stati a 40 km/h).

Il fatto è che, arrivati a Recco, ci congiungiamo ad un gruppo più nutrito di pedalatori della domenica (e del sabato). Iniziamo la salita della Ruta, andatura tranquilla, doppia fila, ché quelli si conoscevano e chiacchieravano andando su, io in fondo. E già mi chiedo se non sia meglio risalire. Tanto che mi pongo questa domanda la strada s'impenna (8%, forse leggermente meno) e quelli sempre in doppia fila a salire in scioltezza. Io, sempre in fondo al gruppo, penso di tenere le ruote, ma perdo pian piano 5, 10, 20 metri, finché non li rivedo più.

La domanda non è facile, dovreste sapere come vado io, come vanno quelli, ecc.. ma mi chiedo ancora adesso come sia stato possibile perdere le ruote di quel gruppetto.
Se sapreste darmi una spiegazione (mi basta un abbozzo eh) ve ne sarei grato.

Lezione imparata: la prossima volta vado subito in testa e faccio il Sylwester Szmyd di turno.

(PS: notare che forse a causa di questo elastico che poi s'è spezzato ho tenuto più alto del solito il mio ritmo e migliorato il mio tempo di ascesa di ben tre minuti)

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 07/11/2009 alle 20:57
Originariamente inviato da SHORT ARM
........


Short, a me questo fenomeno è capitato centinaia di volte e la spiegazione, o almeno quella che ogni volta mi do io, è abbastanza semplice: il gruppetto andava più forte di te.

Forse è un po' troppo semplicistica, ma credo che la sostanza sia tutta lì: se in pianura è abbastanza difficile staccarsi da un gruppo, anche ad alta andatura, perchè in qualche modo si riesce a richiudere i buchi e a riportarsi sotto, in salita questo non è proprio possibile. Se attacchi una salita con un ritmo che non è tuo, o la distanza è abbastanza corta da darti modo di resistere e poi cerchi di rifiatare in discesa, oppure arriva un momento che devi per forza rallentare e tornare al tuo ritmo.
In realtà esiste anche una terza opzione: cerchi di resistere a tutti i costi, col cuore, con la grinta, e ad un certo punto la luce si spegne.... e allora devi solo pregare che rimanga poca strada alla cima della salita.

 

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"Per aspera ad astra" Seneca o Eros Poli ... non ricordo

Ad imperitura memoria di quando, dal 4 al 14 marzo 2009, fu "Livello Sean Kelly",
queste stelline pose:

 
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Livello Francesco Moser




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  postato il 07/11/2009 alle 22:16
Originariamente inviato da Zanarkelly

Originariamente inviato da SHORT ARM
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Short, a me questo fenomeno è capitato centinaia di volte e la spiegazione, o almeno quella che ogni volta mi do io, è abbastanza semplice: il gruppetto andava più forte di te. [...] In realtà esiste anche una terza opzione: cerchi di resistere a tutti i costi, col cuore, con la grinta, e ad un certo punto la luce si spegne.... e allora devi solo pregare che rimanga poca strada alla cima della salita.


Eh già Lore, quel km/h, magari anche 2, che in salita fanno la differenza mentre in piano non si sentono nemmeno. Il brutto è che appunto uno cerca di resistere con cuore, grinta, ma se vai troppo oltre poi paghi oltremodo.

(in realtà la domanda era piuttosto retorica ma quando mi succede così, cioè che mistacco in salita a poco a poco, per un paio di km/h in meno, sono sempre furente. Non mi resta che allenarmi di più e meglio, I think)

 

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Livello Gand-Wevelvem




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  postato il 07/11/2009 alle 23:30
Comunque una cosa è essere abili nel limare le ruote e cercare di pedalare risparmiando più energie possibili all'interno del gruppo un'altra è essere abili nel mantenere le prime posizioni.
Per consumare meno bisogna sapere prendere le scie, viaggiare dove l'asfalto è più scorrevole, prevenire i rallentamenti e in generale cercare di usare poco i freni.
Per mantenere le prime posizioni serve invece soprattutto coraggio e molto occhio per evitare le zone del gruppo dove si rischia di rimanere imbottigliati. Ovviamente per mantenere le prime posizioni bisogna anche saper limare.

 
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Livello Miguel Indurain




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  postato il 08/11/2009 alle 23:09
Originariamente inviato da Admin

Originariamente inviato da Admin

La voglia di capire dal di dentro determinate dinamiche


Oddio, ho peccato di superbia.
Avrei dovuto scrivere "dal di dietro".


Ecco, nel descrivere le mie prime esperienze nel gruppo ho dimenticato di dire la più importante, ossia quella dell prima volta:
la lingua tra i denti, le gambe che mulinavano a manetta ("stai agile! Stai agile" mi diceva l'amico che mi introduceva a quel mondo), la muraglia ondeggiante innanzi a me e dietro il nulla...

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 09/11/2009 alle 22:07
Fatica, più o meno.
Distinguiamola attraverso i percorsi.
Se si tratta di un circuito nervoso, con molte curve dalla ripartenza lenta, strade strette, oppure salitelle ,è decisamente sconsigliato correre nella seconda metà del gruppo. È già stato detto, si rimarrebbe obbligati a dei delta di ripartenza elevati e prolungati. In questi casi il corridore abile corre fra la decima e la ventesima posizione. I migliori interpreti dal sangue freddo sanno entrare in curva in decima posizione e uscirne sfruttando l'effetto gruppo per spendere il meno possibile: come? Con una tecnica furba che si può adottare quando NON si è in fila indiana. All'uscita di curva si evita di rilanciare la bici alla stessa velocità di chi ti precede. Si perde qualche metro e si verrà sorpassati da una decina di corridori, che, sostanzialmente, chiuderanno il buco al posto tuo.
Una volta ripresa la marcia normale si recupereranno alcune posizioni con abili movimenti interni al plotone (mai esternamente, vorrebbe dire riperdere il doppio delle energie risparmiate)
L'ho fatto diverse volte e ha dei pro (risparmio di energia, senso del dominio del gruppo), ma anche dei contro (tensione da manovra audace che si accumula, insulti di vario genere dagli avversari che * giustamente- non approvano, rischio di caduta*).

Invece in caso di percorso non troppo nervoso (ad esempio gara in linea, circuito lungo con strade ampie e curve veloci) si può tranquillamente correre il primo terzo di gara nella seconda parte del gruppo, si risparmieranno energie, ma ad alcune condizioni:
1. deve essere un gruppo folto, almeno cento unità. Altrimenti le fratture sono troppo probabili.
2. Le condizioni meteo devono essere "normali". No pioggia e soprattutto no vento teso. La ragione si intuisce facilmente. In queste condizioni la gara diventa una lotteria di fughe e controfughe con ventagli ad ogni piè sospinto. Bisogna stare davanti, anzi, meglio addirittura far parte delle iniziative, piuttosto che subirle.
3. il gruppo deve essere conosciuto. Non si corre dietro quando si va fuori provincia e non si conosce nessun corridore e nessuna modalità di gara.
4. Il corridore che decide di "riposare" all'inizio deve essere in ottimo stato di forma. Lo fa allo scopo di risparmiare energie per un finale vincente, ma all'occasione (fuga iniziale che prende troppo il largo, bagarre imprevista) deve essere in grado di produrre uno sforzo di grande spessore agonistico e recuperare gli eventuali distacchi subiti dagli attaccanti.


In tutto questo credo che una delle varianti più importanti nel determinare le dinamiche di gruppo sia la relazione fra percorso e numero di corridori presenti nel gruppo.
Infatti un gruppo folto è utile in caso di percorsi scorrevoli e consente di sfruttare l’effetto risucchio anche nella parte posteriore, ma viceversa un gruppo folto è una disgrazia per percorsi tortuosi e impone una gara di testa. Invece in caso di gruppo sparuto, un percorso facile si trasforma in una sequenza di trabocchetti e di occasioni per fare una fatica boia. E pensateci, nel caso di tracciato fitto di curve, un gruppo di pochi componenti consente un maggior relax e tutto sommato una maggiore regolarità negli sbalzi di velocità.

Insomma, chissà che non si riesca a stabilire una vera teoria del gruppo con tanto di parametri xy e via andare . Io no, ma Guido Profroubaix potrebbe provarci.

 

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“…..oh, ghè riàt Dancelli!....”


 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/11/2009 alle 22:18
Io nella mia modesta (ma issima issima issima) esperienza sono arrivato al punto che ho sto nelle prime posizioni oppure a centro gruppo ma in un lato (Percorsi rettilinei lato destro mentre in quelli tortuosi il sinistro).
Non mi piace stare in coda.
Il problema comunque è la mia pippaggine nelle curve a destra (non tutte per fortuna).
Fin quando sono da solo va tutto bene ma quando ho persone ai lati ho sempre il pensiero di arrotarmi.
Mica facile cominciare a 38 anni!!!!

 

[Modificato il 09/11/2009 alle 22:23 by stress]

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"MEGLIO NON ESSERE RICONOSCIUTO PER STRADA CHE ESSERLO ALL'OBITORIO.
IL CASCO SALVA LA VITA, LA CHIOMA VA BENE PER LA FOTO SULLA TOMBA"!!!


Articolo 27 della costituzione Italiana

La responsabilità penale è personale.
L'IMPUTATO NON E' CONSIDERATO COLPEVOLE SINO ALLA CONDANNA DEFINITIVA.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.

 
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