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Cavalli comportamentali di ritorno....
Morris - 24/04/2009 alle 01:15

Stasera, leggendo le dichiarazioni di due “contendenti” dell'odierno ciclismo, le cui generalità sono lapalissiane, mi è venuta in mente una storia che si è presentata e materializzata in me, come quella memoria riflessa che giunge dopo una cena piccante immersa in un paio di litri di birra. O come quando, da italiano, per asfissia, sono costretto a vedere in ogni angolo di televisione, quella pelle tirata al punto, di trasferire l’orifizio anale sulla parte alta della fronte, come uno strano neo che i capelli trapiantati non riescono a nascondere. Una storia che mi fa ribrezzo e che solo la voglia di non giungere a disperazione o ferita, me la fa vedere tragicamente comica, o da teatrino. Uno spiegamento di striscianti e viscidi fatti che sono troppo vomitevoli per diventar leggenda, ma che ispirano compiutamente il titolo che segue.... [b]Cavalli comportamentali di ritorno... [/b] C'era un volta un tipo costruito, diciamo il balocco degli affari di reali e principi ben poco vassalli: il Regno di Carabas, che lo aveva ideato come un orologio svizzero non solo per reale dimora, ed i marchesi, che dalla Loira s'eran trasferiti sulla Senna, per fare dei loro itinerari, dei depositi dorati. Il tipo costruito, nell'ovvietà dell'ovvietà e di storie ingigantite per rendere fessi quelli che già perseveravano sulla strada delle fesserie, crescendo come penate di successo, richiamava ad idrovora sonanti soldoni, fino a diventare, ben presto, il padrone dei destinatari, che poi eran gli stessi costruttori del progetto. Un giorno, qualcuno volò su quell'ideale nido del cuculo, fino al punto di sfregiare, ben oltre il visibile, quel costruito divenuto, come era facile prevedere, altezzoso e monarca sui reali, sui marchesi e sui tanti beoti delle fesserie. A quel punto, il Costruito, la cui più palpabile umana dote, era quella di non essere uno stupido, impose ai marchesi, di usare ogni mezzo per non invitare al "suo" banchetto, quell'elefantino che lo aveva sfregiato e che poteva, volendo, trasformarlo nei topini di Cenerentola. Ovviamente, la direzione del marchesato ubbidì. Nel frattempo, con l'arma più tagliente, quella del ricatto, il quasi divenuto imperatore, richiamò la Reggia ai doveri di sottomissione. Ma gli imprevisti, parziali e limitati, sia ben chiaro, finirono ugualmente nell'otre del monarca, sottoforma di un “ciociaro-poraccio” che, ignorando i poteri di quel sire, aveva osato accostarlo all'ovvio. La reazione a scimitarra del costruito Re, fu così disgustosa, da trasformarsi in cloroformio per una parte del popolo dei beoti fessi. Come in tutte le storie, dopo i fatti, i fasti e le brutture, si incontra un segmento agnostico, o di relativo silenzio. Un periodo sul quale si muovono nuovi equilibri, magari concetti e, quasi sempre, nuovi interessi collegabili alla più grande delle malattie umane: il danaro. Ed immancabile subentra un colpo di coda che, pur non potendo inserirsi coi medesimi effetti nei tempi che furono, presenta sempre delle analogie sì forti, pronte a ricordare l’antropologico adagio, “dei cavalli di ritorno”…. Una novità di quel silenzio di segmento, nella storia originaria del costruito imperatore, stava nel corpo e nella mente di un burbero personaggio, inizialmente votato a fare il Cenerentolo per come gracchiava le parole, i loro significati e quel sublime senso di pace, che s’annida nella bellezza dei racconti e del saperli raccontare, ma poi convulso nell’intreccio degli interessi, a svolgere un ruolo, che in alcune terre definiscono, “da peli lunghi sullo stomaco”. Costui, avvinto nel vortice d’impreziosire un’occasione che capita una volta al secolo, e nella necessità di rendersi bravo come quella non scritta legge che definisce bravi solo chi soldi ha o procura, pensò di rispolverare il costruito, anche perché al banchetto dei quattrini che gravitavano negli indotti di quell’imperatore negli anni precedenti, proprio lui, il burbero, nonché la sua contea, non avevano partecipato. E così, con la feluca sulla testa, il non divenuto Cenerentolo, s’incamminò nel lungo viaggio per raggiungere la reggia-provetta-alveare del Costruito. Come un re magio sprovvisto di bussola e macchina del tempo, portò a quel suo Signore, una sacca contenente l’oro di due milioni di scudi vecchio-continentali, l’incenso della devozione avvolta in pura lana pecorina e la mirra, sottoforma di un estratto di profumo di selvatica giunchiglia, avente il dono di confondere l’ovvietà, con l’oppio delle giustificazioni dell’ignavia. Allo sguardo non ancora annunciator di adesione del Costruito, il burbero non divenuto Cenerentolo, strinse il suo portafortuna, anch’esso di purissima lana pecorina e mostrò il jolly dell’editto. Per non essere ostrogoto, vandalo o nibelungo e pur in possesso delle generalità d’una terra piena di difetti, fra i quali, fortunatamente, non esiste quello di una lingua orrenda e vomitevole come quella parlata dal Costruito, il Burbero-Agnello posò la feluca sul pavimento, s’inginocchiò, volse il fondoschiena al vento e lesse, nella lingua raglio dell’interlocutore sire, il testo del proclama: [i]Altissimo, Onnipotente, Sommo, Signore, i doni che umilmente ti ho portato, rappresentano la mia devozione alla tua causa Superiore, al tuo essere sublime dialogante con le massime divinità. Vada a te la garanzia di chi, come me, viene da una terra che ha per capo in tutto, dal governo alla televisione, dall’acqua alla distribuzione, dalle case alle latrine, un tuo uguale nel corredo talare, ed anch’egli possessore di essenze da Unto del Signore. Il mio oro, incenso e mirra sono tuoi, e con lor venga a te, il contratto della mia sudditanza, nel concederti la mia opera di lancette e orologi, affinché tu possa accelerare l’incontro con la tua maestosità. Si disponga a te, o mio lodato sire, il senso dello stravolgimento di un itinerario funzionale e collaudato, per lasciar posto al tuo più gradevole passeggio, senza pendenze e trabocchetti. Vada a te, mio Signore, tutto il dispiegamento di forze a tutela del tuo cammino, affinché tu possa sprigionare senza fastidi, il tuo canto e l’accompagnamento che ritieni idoneo. Mi obbligo per te, a non deviare in terra transalpina, lo strumento del nostra vicinanza, ovviamente sempre con me nelle parti della pecora, e ad usare la mirra che mi rimane, per confondere ai fessi, i sensi della confusione e della giustificazione di frane, neve o qualsiasi altro balzello, affinché i galletti, col loro becco ed i loro modi bruschi, non macchino la tua vellutata pelle. Vada a te, l’incenso della mia genuflessione, non procurandoti affronto, ponendoti sui viali del cammino, l’incontro fastidioso con quel Poveraccio della Ciociaria, che ha osato bestemmiare il tuo nome nominandolo invano. Si disponga per te, tutto l’impianto confondente della mia organizzazione, affinché tu possa mascherare il tuo sigillo d’acciaio, con un’umile e grandiosa opera meritoria. Sentitamente e dovutamente, tuo. [/i] Al sentir quelle parole, come un Achille intenerito dalle preghiere di un Priamo, il Costruito, incassò i doni, ed accettò di ritornare a fungere da vegliante le fesserie degli umili. Non prima di aver stretto un altro combinato-disposto all’editto: dividersi gli utili. Questa storia, qualcuno, per noia o per ragione, per ribrezzo o per passione, la raccontò al Poveraccio della Ciociaria, cercando di intenerire un poco i barbarici contenuti, con un confronto che ingigantiva la figura dello sventurato: gli ricordò, che prima di lui, nelle fauci metalliche del Costruito e della cricca dispotica e mefitica che lo contornava, c’era finito un Grande Elefantino che era volato sul nido del cuculo. “Essere osteggiati dal Vegliante Costruito, come quel Grande, significa onore, grandiosità, mal che vada, qualcosa in più di quel popolo di buoi e di asini, verso i quali, il sempre metallico soggetto, per mantenerli al ruolo di nullità, non risparmia complimenti” – aggiunse. [i] N.B. Ogni riferimento a fatti, persone o cose, è puramente casuale nella convinzione autoctona. Rappresenta l’ermeneutica di un mefitico monumento neorealistico e si dispone senza pretese di morale, semplicemente perché di messaggi non c’è traccia. Solo indigestione di zabaioni frutto di oggetti ovali, ma non di uova. Morris [/i]


nino58 - 24/04/2009 alle 09:30

Folgorati da metafora evidente, veder vorrei li due protagonisti che, digrignanti, per non esser visti, lanciano strali allo scrittor gaudente. Gaudente non sarebbe verbo esatto nel dire a tutti quello che ha nel cuore chi, come Morris, macina dolore nel veder grande dipinto come matto. E noi condividiam tale disgusto nell'udire gli osanna tintinnanti per chi non volevam veder davanti più ai nostri occhi, dalle gambe al busto. Sembrerebbe astio pervicace ciò che ci rode, ne siam certo coscienti, 'che gli altri ci ritengon deficienti pel nostro non riuscire a darci pace. Ma ciò che è stato amato non ti lascia - la memoria di un affetto è assai più forte della rassegnazion che porta sempre morte - dissotterrar ti fa di guerra l'ascia. Una guerra senz'odio e senza ferro ma di rabbia, sentimento franco, sincero, non nascosto sotto il banco, che ipocrisia pariglierebbe a un verro. Mi par d'essere andato giù pesante anch'io, come come pel nostro buon maestro Ricci, che ragione antepone a li capricci, per onorare nostro amico grande. (a Marco, con un ringraziamento a Maurizio) nino 24.4.2009


nino58 - 24/04/2009 alle 09:31

Togliere un "come" dal terzultimo verso.


Monsieur 40% - 24/04/2009 alle 09:41

(mammma mia che personalità in questo forum... ma quanto siamo fortunati?) ;) :gruppo:


robby - 24/04/2009 alle 10:01

azzz l'Alighieri Dante de noaltri è arrivato e ha per giunta il segno lasciato ci sarà andato giù anche pesante ma è la passione del suo cuore che provoca sentimenti d'ardore nel ricordar l'amico grande ....... :D ok ok abbiamo abbassato per bene il livello di questo 3D poetico :D grazie Morris, grazie Nino


lemond - 24/04/2009 alle 10:39

[quote][i]Originariamente inviato da robby [/i] ok ok abbiamo abbassato per bene il livello di questo 3D poetico :D grazie Morris, grazie Nino [/quote] Io mi limito ad abbassarlo davvero :clap: ;)


Morris - 24/04/2009 alle 12:06

A Nino, che di cognome ricorda chitarristiche note d’una miniera l’inchino sentito che si volge la sera a chi nel giorno ci ha dato corda. Al compagno non conformista che non si piega alla morale perbenista di volgari catalogatori del comunista affinché il sannitico giogo insista. Allo scrittore raffinato nell’umano di sensi e debolezze splendido viale camminato da chi vive delle imperfezioni le bellezze. All’amico a cui appieno riconosco la grandiosità dei suoi sguardi sempre veri densi d’ironia nel ramingare seri su messaggi e spunti di quotidiano bosco. A lui il fraterno abbraccio della libertà che non è una prateria di corsa indemoniata ma l’equilibrio d’un parametro d’idoneità che non ferisce l’altrui strada camminata. A Nino, l’intensità del brio dell’ammirazione che nella complessità di vita fa della metafora di cui si ciba la simbiosi più profonda dell’umana imperfezione. E siamo proprio grandi perché imperfetti lasciando ai biechi di infausta religione morali, letture e dogmi di stringenti effetti nella maestosità del pessimismo della ragione. L’elevazione dell’ottimismo della volontà sta nella conoscenza, nel sorriso e negli incensi di chi come Nino ha queste qualità e ci si determina sul passo di sogni intensi. Caro compagno t’applaudo e t’abbraccio fraternamente per aver condiviso con la tua radiosa mente il disgusto per un simil mefitico stagno! :clap: :gruppo:


nino58 - 24/04/2009 alle 12:20

Grazie Morris (ed anche agli altri). Buon 25 aprile. :gruppo: :cincin:


Donchisciotte - 26/04/2009 alle 18:16

Premesso che apprezzo molto l'inventiva di morris in questo thread e quella degli altri, premesso che forse non dovevo postare qua ( non so dove, però), premesso che riporto a terra un volo pindarico poetico- metaforico, premesso che mi sento piccola perché dissento, per una volta, dal grandissimo Morris... Posso fare la “bastarda dentro”? Intanto pare ufficiale che Armstrong non subisca sanzioni per il ritardo all’antidoping ( come è giustissimo). Poi: Armstrong contro Simeoni ha interpretato il sentimento di gran parte del gruppo ( anche Cipollini ha avuto guai giudiziari per il suo presunto tentativo di boicottare Simeoni). Perché uno che non per eroismo ( non ha parlato PRIMA, ha parlato quando la strategia processuale lo richiedeva) fa un nome ( sia pure di un medico, finalmente, e non del solito ciclista) espone gli altri al timore che da questo nome nascano guai. Perché il ciclismo non è il calcio che può permettersi di non accettare i controlli a sorpresa e dove esce solo la cocaina. Di Luca e la sua surreale vicenda fa capire come stanno le cose. Solo per aver frequentato un medico dopatore ( senza mai risultare positivo a niente, nemmeno dopo il fatto assurdo della pipì degli angeli), ha scontato una squalifica e non può correre le classiche del nord e svariate altre corse ( solo il ciclismo si danneggia da solo in questo modo). E’ chiaro, quindi, che nel ciclismo chiunque parli rischia, minimo l’ostracismo degli altri. L’ha detto anche Torquemada Torri no? Basso iniziava a parlare ( magari avrebbe fatto il nome di un altro medico…) e Torquemada Torri ha detto in TV che rischiava di finire in un fosso. Chiaramente Basso è stato zitto, si è fatto due anni e adesso si farebbe tagliare una mano pur di non dire altro che le cose che va ripetendo da mesi. Dunque di che si stupisce Simeoni? Che Armstrong faccia pressioni perché non venga invitato al Giro? Quanti sponsor, media, visibilità e audience porta Armstrong e quanti Simeoni? In che squadra corre l’Amerikano e in che squadra corre Simeoni? Non gli sta bene? Questo è il capitalismo del libero mercato, facesse la rivoluzione. Ha mai detto una parola, anche di striscio, Simeoni quando dal Tour veniva escluso Pantani perché magari non gradito ad Armstrong e perché aveva una squadra che non gli garantiva il posto al Tour? E perché i tanti doping free del ciclismo non fanno un bello sciopero a favore di Simeoni? Una protesta ufficiale? Due parole qualsiasi? Perché magari qualche altro Simeoni potrebbe fare il nome di un altro medico? E perché Zomegnan, quello che cadeva dal pero il 5 giugno 1999 insieme a molti altri,scandalizzato e feroce con Pantani, non glielo dà il posto a Simeoni? Troppo facile dire solo che Armstrong è cattivo. Giorni fa, nel silenzio generale, è apparsa questa notizia, la sentenza d’appello su Frigo, da parte della giustizia ordinaria francese.. Da corridore divenne per due volte il simbolo dello scandalo. La prima al Giro 2001, quando gli trovarono in camera il misterioso flacone di Hemassist (emoglobina sintetica), poi rivelatosi semplice acqua salata. L’altra al Tour 2005, quando la moglie fu fermata alla frontiera con un thermos contenente fiale di prodotti illeciti destinate a superare il confine per raggiungere l’arrivo di tappa di Courchevel. Oggi, a quasi quattro anni di distanza da quell’episodio, che pose fine alla carriera di Dario Frigo, la giustizia francese restituisce almeno un po’ di dignità al biondino dalla faccia d’angelo, Il giudice d’appello di Chambery ha ridotto da 6 a 3 mesi (con la condizionale) la pena per il reato legato al possesso e al traffico di prodotti dopanti, riconoscendo la ricostruzione che Frigo aveva fatto agli inquirenti di un sistema di doping organizzato e praticamente IMPOSTO dai dirigenti della sua squadra di allora, la Fassa Bortolo. «Le pressioni riferite da Frigo — scrive il giudice nella sentenza — si possono riportare a pratiche sistematiche di doping istituzionalizzato nella sua squadra. Le umiliazioni e le vessazioni subite dai dirigenti lo hanno influenzato, FACENDO LEVA SULLA FRAGILITA’, all’interno di un sistema scandaloso ed estraneo a ogni etica». Le deposizioni di Frigo già al processo di primo grado di Albertville (settembre 2008) e il confronto in aula con gli altri testimoni hanno portato a considerare credibile il quadro della vicenda. Oggi Frigo, 35 anni, vive a Montecarlo con la moglie Susanna, 34. Il ciclismo è un mondo lontano. (gazzetta 25 apr 09) La giustizia francese ( non quella sportiva) riconosce la posizione di “minorità”, di fragilità del corridore rispetto a umiliazioni e vessazioni della squadra che IMPONE il doping. E di doping di squadra si parla anche per le ex squadre di Ullrich e Kloden, di doping di squadra ha parlato Fois ( quale squadra? ). Si sa come vanno le cose. Che disse Ferretti di Frigo? Canaglia, no? Ecco qua, la giustizia francese ricostruisce il sistema ( almeno in piccola parte) e fa luce sulla dimensione psicologica del ciclista. Naturalmente nel silenzio di tutti i media, sto aspettando di leggere un commentino di Capodacqua da qualche parte ma invano ( mi sarà sfuggito?). Evidentemente se non si può bastonare sempre e solo il ciclista non è divertente, del resto anche a Torquemada Torri mica è venuto in mente di andare a scavare un po’ meglio di come fosse impossibile impedire a Riccardino Riccò di frequentare,per anni, un medico che solo a frequentarlo si viene squalificati ( c’è scritto nelle motivazioni della sentenza). E allora, mi dispiace, ma io a mettermi nel coro di Armstrong cattivo e Simeoni eroe non ci sto. Sto con uno come Obama a cui non interessa punire il caporale Smith, forzato della guerra ed esecutore di ordini, ma che pubblica i memo di chi gli ordini li ha dati. E il primo che esce è quella della Rice, non del solito povero Cristo. BOOOOOOM!!!!!!