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Autore: Oggetto: Gino Bartali-mito

Livello Giro del Lazio




Posts: 60
Registrato: Jun 2008

  postato il 14/06/2008 alle 18:54
Ho "ereditato" la mia passione per ciclisimo dal mio suocero (buon anima). Lui era un gran tifoso di Coppi,e studiandalo (Coppi), ho trovato la storia di Gino Bartali. Ora sono, e saro, un gran tifoso di questo mito.

Ecco la sua storia da Wikipedia (se e troppo lungo mod, cqancellate pure, per piacere)

Gino Bartali detto Ginettaccio (Ponte a Ema, 18 luglio 1914 – 5 maggio 2000) è stato un ciclista italiano.

Vincitore di tre Giri d'Italia e due Tour de France tra gli anni trenta e cinquanta.

Nativo di Ponte a Ema, una frazione di Bagno a Ripoli, oggi parte di Firenze, Gino Bartali scrisse alcune delle più famose pagine delle corse ciclistiche dell'epoca. La carriera di Bartali, più vecchio di Fausto Coppi di cinque anni, fu notevolmente condizionata dalla seconda guerra mondiale, sopraggiunta proprio nei suoi anni migliori.


Soprannominato Ginettaccio, fu grande avversario di Coppi. Leggendaria la loro rivalità, che divise l'Italia nell'immediato dopoguerra (anche per le presunte diverse posizioni politiche dei due). Celebre nell'immortalare un'intera epoca sportiva - tanto da entrare nell'immaginario collettivo degli italiani - è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano una bottiglietta durante una salita al Tour del '52. Non fu mai chiarito se fosse stato Coppi a dare la bottiglia a Bartali o viceversa, mistero che anche i protagonisti contribuirono in un certo qual modo a preservare (entrambi sostennero di aver aiutato l'altro). Nel film realizzato dalla RAI nel 2006, Gino Bartali - L'intramontabile, è Bartali a passare una borraccia a Coppi.

Da ricordare in particolare la sua vittoria al Tour del 1948, che contribuì ad allentare la tensione in Italia dopo l'attentato a Palmiro Togliatti.


Gino Bartali, esordì come ciclista dilettante nei primi anni Trenta con la società "Aquila divertente". Nel 1935 si sentì pronto al passaggio al professionismo, ma si iscrisse alla Milano-Sanremo come indipendente. Incredibilmente si trovò in testa dopo aver staccato Learco Guerra. Disturbato mentalmente ad arte con un'intervista in corsa dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo, finì per essere ripreso e battuto in volata, finendo 4°.

Venne ingaggiato dalla scuderia Frejus con la quale corse il suo primo "Giro d'Italia" finendo 7° con una vittoria di tappa. Finirà la stagione con la vittoria al Criterio di Monitniujch, al Giro dei Paesi Baschi ed al Campionato Italiano.

Casa Natale di Gino Bartali
La consacrazione (1936-1937)
Nel 1936, passò alla Legnano capitanata da Learco Guerra, che intuite le qualità del nuovo arrivato si mise al suo servizio come gregario per permettergli il successo alla Corsa rosa di quell'anno; successo che arrivò in modo trionfale, con 3 vittorie di tappa. Pochi giorni dopo Bartali pensò seriamente di abbandonare la carriera in seguito la morte del fratello minore Giulio, avvenuta a causa di un incidente in una gara di dilettanti. L'anno si chiuse con la vittoria nel Giro di Lombardia.

Nel 1937, ormai capitano della Legnano e numero uno del ciclismo Italiano, vinse il suo secondo Giro d'Italia e fu designato per tentare la conquista del Tour de France, vinto solo due volte da un italiano, Ottavio Bottecchia nel 1924 e 1925.

Purtroppo, mentre era in maglia gialla, una brutta caduta nel Torrente Colau durante la tappa Grenoble-Briançon, con conseguenti ferite alle costole, ed una grave bronchite, lo costrinsero al ritiro.


Primo trionfo in Francia e alla "Sanremo" (1938-1939) [modifica]
Nel 1938 fu spinto dal regime a saltare il Giro per preparare il Tour de France, nel quale trionfò aggiudicandosi anche due vittorie di tappa.

Nel 1939 riuscì finalmente a vincere la Milano-Sanremo, ma malgrado 4 vittorie di tappa perse il "Giro" a favore di Giovanni Valetti.


Il giro del 1940 e Fausto Coppi
Nel 1940 bissò il successo alla "Sanremo" e si preparò per cercare di vincere il suo terzo "Giro". Nella squadra della "Legnano" era arrivato un promettente ragazzo alessandrino di nome Fausto Coppi, voluto da Bartali stesso come gregario. Durante una tappa in pianura, attardato da una foratura, Bartali cadde e si fece male a causa di un cane che gli tagliò la strada proprio mentre si stava ricongiungendo alla testa della corsa.

Pavesi, direttore del team, decise allora di puntare su Coppi, che era il meglio piazzato in classifica. All'arrivo della tappa Bartali fece i complimenti a Coppi e si mise al suo servizio, come aveva fatto Guerra con lo stesso Bartali nel 1936.

Proprio su una salita sulle Alpi, Bartali era davanti di poche decine di metri a Coppi, alle prese con la classica "cotta" e fortissimi dolori alle gambe. Fausto stava per scendere dalla bici con l'intenzione di lasciare il giro. Bartali se ne accorse, tornò indietro, e ricordandogli i sacrifici fatti riusci a farlo risalire in bicicletta e gli urlò: "Coppi sei un acquaiolo! Ricordatelo! Solo un acquaiolo!". Bartali intendeva così dicendo (con un fiorentino dell'epoca e oggi non più usato) che chi non beveva un po' di vino, era un uomo di poco valore, appunto un acquaiolo. A Bartali piaceva mangiare e bere anche prima delle gare, differentemente da Fausto Coppi che stava attentissimo alla dieta.

Coppi alla fine vinse il "Giro". La corsa, già disertata dagli stranieri, si chiuse il giorno prima dell'entrata in guerra dell'Italia e sancì l'interruzione della carriera per i due campioni.


La guerra
Costretto a lavorare come riparatore di ruote di biciclette, Bartali fra il settembre 1943 e il giugno 1944 si adoperò in favore dei rifugiati ebrei, compiendo numerosi viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, trasportando documenti e foto tessere nascosti nei tubi del telaio della bicicletta affinché una stamperia segreta potesse falsificare i documenti necessari alla fuga di ebrei rifugiati. Ricercato dalla polizia fascista sfollò a Città di Castello, dove rimase nascosto da parenti ed amici cinque mesi.

Esiste una testimonianza di un'adesione di Bartali alla GNR e alla Repubblica Sociale Italiana.[1] Tale testimonianza, non ha però altri riscontri. Per quanto riguarda la lettera del 1943, va considerato che solo dopo l'invasione tedesca in seguito all'8 settembre, e la liberazione di Mussolini del 12 settembre, sarebbe stata dichiarata il 23 settembre la Repubblica Sociale. Dunque il 12 agosto Bartali faceva parte della Milizia stradale del Governo Badoglio.


Il primo dopoguerra (1945-1947)
Ripresa la carriera nel 1945, Bartali ormai 31enne era dato per "finito", mentre Coppi, di sei anni più giovane, era considerato l'astro nascente (anche se la prigionia in tempo di guerra gli rese difficile la ripresa).

Nel 1946 Bartali vinse il Giro d'Italia, mentre Coppi passato alla "Bianchi" terminò alle sue spalle a soli 47 secondi. Non potendo partecipare al "Tour", precluso agli ex belligeranti, Bartali stravinse il Giro della Svizzera.

Nel 1947, vinse la Milano-Sanremo e perse il Giro d'Italia a favore di Coppi, anche per un banale guasto meccanico. Bissò il successo al Giro della Svizzera, all'epoca il più ricco e prestigioso tra le corse a tappe del dopoguerra.


Il trionfo del 1948
Il 1948 lo vide in difficoltà per vari motivi nella parte iniziale della stagione e attardato da una caduta al "Giro", terminò solo 8°, osservando la conclusione che portò Coppi al ritiro per protesta per la mancata squalifica di Fiorenzo Magni a causa delle spinte ricevute in salita e che costarono il giro a Ezio Cecchi. Bartali fu quindi l'unico tra i big a poter rappresentare l'Italia al Tour de France (Coppi non si riteneva pronto e Magni non era "gradito" ai francesi per ragioni politiche) e venne designato capitano. Messa in piedi una "squadra da quattro soldi", come era stata definita, si apprestò al più grande trionfo della carriera.

Malgrado la non eccelsa squadra, l'astio dei francesi nei confronti degli italiani, e l'età (con i suoi 34 anni era più giovane solo del vincitore del Tour del 1937, Roger Lapebie, che finirà terzo), entrò nella leggenda del Tour. Leggendaria in particolare la sua fuga sulle Alpi che gli consentì di vincere la Cannes-Briançon, attraverso il Colle d'Allos il Colle di Vars e il Colle dell'Izoard (dove è ricordato con una stele), recuperando gli oltre venti minuti di svantaggio che lo separavano da Louison Bobet. Il giorno successivo vinse nuovamente nella tappa Briançon-Aix le Bains, di 263 km, attraverso i colli di Lautaret del Galibier e della Croix de fer, conquistando la maglia gialla.

L'impresa di Bartali aiutò a distogliere l'attenzione dall'attentato di cui era stato vittima Palmiro Togliatti, allora segretario del PCI, avvenimento che aveva provocato una grande tensione politica e sociale in Italia. Si dice che fossero stati Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti a telefonare allo stesso Bartali per incitarlo chiedendogli un'impresa epica che potesse rasserenare gli animi.

Purtroppo l'anno si chiuse con il disastroso "Mondiale" di Valkenburg in cui lui e Coppi anziché collaborare rimasero indietro controllandosi a vicenda si ritirarono tra la delusione degli immigrati italiani.



 

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Gino Bartali: mito come ciclista, mito come uomo
~Tifo tutti i ciclisti di sangue italiano,
ma specialmente Bennati, Basso, e Di Luca~

Forza Liquigas
Giro d'Italia
Totus Tuus

 
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