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Autore: Oggetto: La Lanterna e il Tricolore

Livello Fausto Coppi




Posts: 2142
Registrato: Jun 2005

  postato il 24/06/2007 alle 20:35
"Il giardino [qui] vicino, che appare fra i tetti e le case, tutto fiorito di rose rosse e fresco per le acque delle piccole fontane, è l'Acquasola: la passeggiata pubblica, dove la banda militare suona gaiamente, dove i veli bianchi delle genovesi si radunano numerosi, e dove le famiglie nobili della città, con gli abiti da cerimonia, se non con perfetta saggezza, girano intorno nelle carrozze di gala".
Charles Dickens, in visita a Genova a metà dell’800, cosi descriveva la Spianata dell’Acquasola , il parco pubblico situato nel centro della città, tra Piazza Corvetto e Carignano.
Non sapevo che Dickens , e con lui Stendhal ed altri viaggiatori illustri dell’Ottocento fossero rimasti colpiti da quel luogo in cui, a metà degli anni sessanta, esisteva una piccola pista in cemento sulla quale si poteva pedalare allegramente.
Ero un assiduo frequentatore di quella pista. Ci andavo spesso perché, con una piccola spesa, si poteva noleggiare una bicicletta e inanellare giri su giri, ingaggiando improvvisate sfide con altri coetanei Mica era una vera pista da bici , sia ben chiaro: ma con un po’ di fantasia diventava – se non il Vigorelli- almeno il Carlini.
Poi c’era il chiosco dei gelati, ed il laghetto con i cigni : per essere al centro della città non era poi tanto male.
Ci fu un tempo ( a cavallo tra gli anni 70 e 80) in cui l’Acquasola ospitò concerti, specie nel periodo estivo. Ascoltai Teresa De Sio , Mimmo Locasciulli, (quand’’era intorno ai trent’anni) e Pino Daniele, in una festa del primo maggio, accompagnato dal grande James Senese.
Poi gli abitanti della zona si lamentarono perché c’era troppo chiasso e gli spettacoli (gratuiti!) finirono.

Fu proprio alla Spianata dell’Acquasola che si disputò, nel 1886, la terza edizione del campionato nazionale per biciclisti e triciclisti su pista. Le gare , disputate su una pista di 600 metri di sviluppo, realizzata per l’occasione, accolsero , oltre la gara definita d’incoraggiamento, gli “Juniori” e- piatto forte della competizione- la prova del campionato nazionale bicicli che si svolgeva sulla distanza di 6600 metri.
Parteciparono in cinque, il meglio che potesse offrire il panorama nazionale della specialità: oltre a Giorgio Davidson, beniamino del pubblico genovese, c’era il campione uscente Enrico Tralarini. Completavano la starting list il vogherese Mazza, Luigi Storero, di Torino, e il milanese Giuseppe Loretz. Fu una gara appassionante, corsa a quasi 40 km all’ora, che vide la vittoria di Adolfo Mazza.
L’indomani si disputarono le gare dei tricicli e, nella prova dei “professionisti”, si impose Giuseppe Loretz. Per le prove su strada, invece , ci si trasferì a Busalla. Centoventi chilometri di gara dalla località della Valle Scrivia sino a S.Giulietta (via Serravalle, Voghera e Casteggio) e ritorno.
Dopo cinque ore e 48 minuti fu Davidson a precedere in volata il forte Loretz
Fu un successo quella manifestazione e Genova, negli anni a seguire , ospitò nuovamente competizioni a carattere nazionale. Come nel 1892, l’anno di Colombo e, ancora , l’anno successivo.
Nel 1893 si registrò un fatto curioso: al momento della partenza della gara per l’assegnazione del titolo di campione italiano, i corridori si presentarono in abiti borghesi e senza bicicletta Fu una specie di sciopero motivato – pare- dalla asserita insicurezza del percorso.
Si replicò dieci anni dopo, nel nuovo velodromo in legno (337 metri di sviluppo) costruito nella spianata del Bisogno. Furono giorni di fine giugno intensi , con grande partecipazione di pubblico incoraggiato –anche- dal fatto che i prezzi erano gli stessi di vent’anni prima! Alle gare di velocità e resistenza (così venivano chiamate) seguì, come gran finale, una spettacolare gara di tandem.
Che tempi! avrebbe detto Govi (ma in senso positivo, s’intende).
Poi, dopo gli anni ruggenti ( ma anche nel calcio era andata così, con il Genoa grande protagonista nei primi campionati) , la Superba dovette cedere il passo ad altri palcoscenici.
Ci fu, è vero, un campionato nazionale di ciclocampestre, negli anni d’oro del grande Luigi Ferrando, ma ne dovette passare del tempo, prima che la Lanterna rivedesse il Tricolore


Nel 1972 il Giro dell’Appennino ( che in altre occasioni era stato inserito tra le prove per l’assegnazione del titolo tricolore) ha l’onore di ospitare la prova unica valida per l’assegnazione del campionato italiano professionisti.
Bitossi è il campione uscente che, dopo i successi dei due anni precedenti ,cerca il prestigioso tris nella corsa della Bocchetta. Ci sono tutti , a Pontedecimo, quel 25 giugno.
Gimondi e Motta, Dancelli e Zilioli, Bitossi e Balmamion: i piu bei nomi di quel ciclismo si danno appuntamento sulle strade dell’Appennino.
Ci sono anche il vecchio Aldo Moser e Silvano Schiavon. E Miro Panizza, reduce da un brillante quintio posto al Giro e, ancora , il ligure Perletto, giovane scalatore che cerca la gloria sulle strade della sua regione.
E’ una fuga di Armani a caratterizzare la prima parte della corsa . Mario Anni passa per primo sulla Scoffera ma a Genova sono tutti in gruppo. E’una processione laica , quella dei corridori, che passano tra due ali di folla : la stessa che- il giorno prima - aveva fatto corona alla processione di San Giovanni Battista, il patrono della Superba.
Santambrogio scatta dopo il rifornimento di Sampierdarena e attacca la Bocchetta con un esiguo vantaggio sul gruppo. Miro Panizza si esalta sulle prime dure rampe della salita ed opera la selezione. Motta non trova il passo giusto , e anche Zilioli fatica. Sono in tre a metà salita: oltre a Panizza, Fabrizio Fabbri e un sorprendente Lanzafame.
Quando De Zan apre la telecronaca diretta , le telecamere mobili inquadrano un uomo solo al comando, poco prima dello scollinamento. E’ Fabbri, che davanti al cippo del campionissimo precede di pochi secondi Panizza .Gimondi è terzo, a 17”. Perletto , incoraggiato in dialetto dalla sua gente è quarto, insieme a Lanzafame.
Il ragazzo di Dolcedo cade nella discesa su Voltaggio , mentre Bitossi e Dancelli , vecchi marpioni attardati in cima alla Bocchetta, agguantano i fuggitivi.
Sono in sette ad imboccare la Castagnola. Fabbri è in gran spolvero:cerca di andarsene, invano, ma è il primo ad affrontare la discesa verso Borgo Fornari. Ci sono da affrontare un paio di brutte curve e una di esse è fatale all’intraprendente ragazzo toscano. Cade , rompe la bicicletta :per lui svanisce il sogno tricolore.
Sono rimasti in sei davanti : tre vecchi leoni (Gimondi, Bitossi, Dancelli) un Panizza mai domo e due gregari (Lanzafame e Cavalcanti- quest’ultimo gregario di “cuore matto”).
Ci sono ancora i Giovi, dal versante di Busalla (i “Giovetti), e Dancelli non si lascia sfuggire l’ultima occasione. Michele scatta verso la cima e si lancia in discesa. Armani, che commenta la corsa con Dezan, giura sul buon esito della sortita. Ma il coraggio del bresciano non è premiato:gli altri non ci stanno e si dannano l’anima per riprenderlo. E ci riescono.
Il tempo di capire le intenzioni dei compagni di fuga e Gimondi allunga. Gli altri si guardano:chi deve scattare? Non certo Dancelli, che è stato appena ripreso, ma nemmeno i due della Filotex si muovono. E’ sufficiente un attimo di indecisione e Felice scompare dietro una curva di Mignanego, rapportone e testa bassa. Alza le braccia al cielo in Piazza Arimondi.
Bitossi precede in volata Dancelli e Panizza e deve rinunciare (ma l’appuntamento è solo rimandato) alla terza maglia tricolore.
Gran bella edizione, quella del 72, con un signor podio che rappresenta la sintesi di un epoca d’oro.

Devono passare altri 17 anni, ed è nuovamente una bella giornata di sole, quel 25 giugno dell’89.
E all’Appenino c’è aria di battaglia. Gianni Bugno cerca il poker, ma deve vedersela con Giupponi, uscito bene dal Giro. C’è Fondriest con la maglia iridata e Argentin, che ha domato la Redoute, ma non ancora la Bocchetta.
Erano partiti in 70, diciassette anni prima, ora sono quasi il doppio. C’è persino Saronni, ormai sul viale del tramonto. Anche il percorso è in parte cambiato, con la salita della Crocetta d’Orero. Ma il finale è sempre quello, perché la corsa si decide in quell’anello di cinquanta chilometri che è parte della storia del ciclismo. Sulla Bocchetta hanno promesso di esserci Ettore Milano e Andrea Carrea : sono di casa su quelle strade . Ricordano troppo bene il volo di Fausto nel 55, tant’è che Carrea minaccia di passare un mazzo di ortiche sulle gambe dei corridori se nessuno oserà attaccare sulla salita della leggenda.
La corsa è veloce, con alcuni tentativi di fuga di comprimari che si esauriscono sulla Scoffèra dove il Tista , Signore dell’Appennino ,scollina per primo.Il gruppo compatto attraversa Genova e sulla Bocchetta, come da copione, si accende la lotta.
Giupponi, Bugno, Giovanetti e Zaina sono i più attivi, ma anche Fondriest resiste fino al muro di Langasco, In cima passa Giupponi, ma non riesce a fare la differenza. C’è grande equilibrio, forse troppo. A Voltaggio sono in tredici e né la Castagnola né i Giovetti faranno ulteriore selezione. Solo Pozzi perde terreno. Giupponi, ancora lui, è l’unico a cercare la soluzione isolata : si ricorda di Gimondi e vuole imitarlo,proprio a Mignanego, ma la marcatura è spietata .
Si presentano in dodici a giocarsi il Tricolore. Un gruppetto composito, con campioni e comprimari.
Insieme a Bugno, Argentin, Giupponi e Giovannetti ci sono Cassani e Furlan, Colagè e Zaina, Vona e Volpi, Amadori e Passera.
Bugno e Argentin si lanciano in un appassionante volata e tagliano insieme il traguardo. Ci vorrà il fotofinish per decretare la vittoria del veneto. Quattro centimetri –quattro- allontanano Gianni dalla quarta vittoria consecutiva .

E il prossimo primo luglio saremo ancora sulle nostre strade ad incoraggiare i corridori, ma stavolta non ci sarà bisogno di andare in Valpolcevera perché loro passeranno sotto casa.
Come nei giochi di ragazzi Via Fieschi sarà la nostra Bocchetta e Via Assarotti la Castagnola, o magari la Scoffèra o, per altri, i Giovi. Lo scenario -sontuoso- dell’arrivo sarà ben diverso da Piazza Arimondi , ma non mancherà un po’ di nostalgia nel ricordare quell’Appennino del 72 visto in bianco e nero e quello dell’89, seguito in moto sulla Crocetta, sulla Castagnola , sul muro di Langasco, e quell’ultima curva affrontata dai primi a rotta di collo.

La corsa passerà anche di fronte all’Acquasola ,come quella prima volta, e se qualche bimbo sarà a pedalare sulla pista di cemento (ma c’è ancora?) sono sicuro che smetterà non appena le sirene annunceranno il passaggio dei corridori.
E correrà sulla strada ad applaudirli.
Ci fosse Dickens, sono certo, lo farebbe anche lui.






















 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 24/06/2007 alle 22:25
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Livello Marco Pantani
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  postato il 25/06/2007 alle 00:37
Bel racconto.

 

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Verità e giustizia per Marco Pantani: una battaglia di civiltà.

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IO NON L'HO VOTATO.

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"E' tutto alla conoscenza di tutti" Marco Pantani,1997 ( tempi non sospetti),parlando di doping in un'intervista televisiva con Gianni Minà.

Non sono a favore del doping. Sono semplicemente contro l'antidoping.

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/06/2007 alle 21:11

Il trofeo assegnato a Giorgio "Geo" Davidson , vincitore de campionato italiano disputatosi a Genova nel 1886
E' in bella mostra nell'atrio del Museo dei campionissimi di Novi

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 27/06/2007 alle 10:27


Campionato Italiano 1989: la sfida sul filo dei centimetri tra Argentin e Bugno

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 29/06/2007 alle 18:12
Originariamente inviato da cancel58

a metà degli anni sessanta, esisteva una piccola pista in cemento sulla quale si poteva pedalare allegramente.
Ero un assiduo frequentatore di quella pista. Ci andavo spesso perché, con una piccola spesa, si poteva noleggiare una bicicletta e inanellare giri su giri, ingaggiando improvvisate sfide con altri coetanei Mica era una vera pista da bici , sia ben chiaro: ma con un po’ di fantasia diventava – se non il Vigorelli- almeno il Carlini.
Poi c’era il chiosco dei gelati, ed il laghetto con i cigni : per essere al centro della città non era poi tanto male.

............
La corsa passerà anche di fronte all’Acquasola ,come quella prima volta, e se qualche bimbo sarà a pedalare sulla pista di cemento (ma c’è ancora?)


C'è ancora la pista, all'Acquasola. non c'è più il noleggio bici, ma la pista è ancora lì
























 
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Livello Miguel Poblet




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  postato il 30/06/2007 alle 15:53
Originariamente inviato da cancel58

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a metà degli anni sessanta, esisteva una piccola pista in cemento sulla quale si poteva pedalare allegramente.
Ero un assiduo frequentatore di quella pista. Ci andavo spesso perché, con una piccola spesa, si poteva noleggiare una bicicletta e inanellare giri su giri, ingaggiando improvvisate sfide con altri coetanei Mica era una vera pista da bici , sia ben chiaro: ma con un po’ di fantasia diventava – se non il Vigorelli- almeno il Carlini.
Poi c’era il chiosco dei gelati, ed il laghetto con i cigni : per essere al centro della città non era poi tanto male.

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La corsa passerà anche di fronte all’Acquasola ,come quella prima volta, e se qualche bimbo sarà a pedalare sulla pista di cemento (ma c’è ancora?)


C'è ancora la pista, all'Acquasola. non c'è più il noleggio bici, ma la pista è ancora lì

























sbaglio o l'acquasola in questi anni l'hanno mezza sbancata per fare un park sotterraneo? infatti il venerdì sera non si può parcheggiare lì a babbo...

PS: grazie cancel, racconto stupendo, ignoravo molte delle cose che hai scritto.

 
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