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Autore: Oggetto: San Pellegrino in Alpe: l'ora di Zaina

Livello Fausto Coppi




Posts: 2142
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  postato il 04/04/2007 alle 19:34
Una vecchia cartolina , di quelle in bianco e nero,incuriosisce sempre.
Se poi raffigura un luogo sconosciuto, ancora di più.
La vedevo sin da bambino, tra le quelle conservate da mia zia. Era una cartolina che raffigurava un cippo sormontato da una croce e, sullo sfondo, una catena montuosa.
In alto, a destra, una chiara indicazione in rima:”Risponde, com’eco-di voci lontane, la bianca visione – de l’Alpi Apuane”.
Quindi doveva trattarsi della Toscana, perchè là erano posizionate le Alpi Apuane, bianche sì, ma non di neve.
Mica le avevo mai viste dal vivo, beninteso, ma le foto sul sussidiario rendevano bene l’idea. E poi quel racconto su Luni, la città di candido marmo,distrutta dai barbari che la saccheggiarono convinti di essere arrivati a Roma.
“Ma dov’è San Pellegrino in Alpe?” chiedevo incuriosito.
“Fammi vedere, chi l’ha scritta?…Ah, è di Eufemia! Allora deve essere dalle sue parti,vicino a Castelnuovo, in Garfagnana”.
La Garfagnana : mi sembrava un luogo quasi inaccessibile.
Castelnuovo era il paese di origine di una simpatica amica di famiglia che , quando andava in visita ai parenti, non mancava mai di scrivere cartoline. Di solito raffiguravano il paese, ma quella volta scrisse da San Pellegrino.
Mia madre ricordava un viaggio in corriera, da Aulla a Castelnuovo .
A distanza di anni,me ne parlava come un incubo: tante curve, strade polverose, sembrava che non si arrivasse mai. Pareva fosse avvenuto nel Far West e non nell’Italia dei primi anni Cinquanta.
E poi sapevo che Giovanni Pascoli aveva vissuto in quelle zone: ce lo spiegava il maestro , prima di assegnare lo studio a memoria di una sua poesia.(“ Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi”.)
“Ma dov’è San Pellegrino?” chiedevo a mia zia. “Eh, dev’essere in Garfagnana!”

Fu al Giro dell’89 che venne scoperto San Pellegrino in Alpe.
Era un Giro duro, con tante salite . Dopo le Dolomiti , Torriani aveva inserito due tappe appenniniche prima della conclusione a Firenze.
La prima (Voghera – la Spezia, di 220 km) era un continuo saliscendi , con cinque GPM(Penice, Mercatello, Tomarlo. Montevacà e Cento Croci). Fu vinta da Fignon che suggellò il suo secondo successo al Giro
Quella successiva , da La Spezia a Prato, prevedeva un tracciato movimentato, con ulteriori cinque GPM, di cui due inediti: San Pellegrino in Alpe e il Sammommè.
La Garfagnana, in verità, non era nuova ad accogliere tappe del Giro. Negli anni 70, la breve ma dura salita del Ciocco aveva regalato intense emozioni.
Ma San Pellegrino mai. Era una novità assoluta. Il profilo altimetrico incuteva timore.Un’impennata secca verso il cielo, proprio alle spalle di Castelnuovo, al confine tra Toscana ed Emilia .Poco più di tredici chilometri per salire fino ai 1525 metri del Santuario, più un altro chilometro e mezzo per raggiungere il Passo del Pradaccio.
Ma quell’anno era collocata troppo distante dal traguardo e, pur temuta, non fece registrare sconquassi. Neppure ebbe l’onore delle diretta televisiva . La superarono in tanti senza eccessivi patemi e Gianni Bugno scelse di involarsi in fondo alla discesa delle Piastre per cogliere un bel successo a Prato

Il Giro del 95 la riscoprì, in una tappa che prevedeva l’ascesa alla Foce dei Carpinelli, e la conclusione al Ciocco
Castellano ripropose il San Pellegrino all’undicesima tappa: partenza da Pietrasanta e arrivo al Ciocco, dopo 174 chilometri.. Ed era ben posizionata, stavolta, in grado di dare uno scossone forse decisivo alla corsa , prima dell’ultima salita
Una tappa pensata per Pantani, si disse. E Marco andò a provarla , quell’inverno, in compagnia del fido Siboni. Salita impegnativa , la definì il Pirata: non tanto nei primi chilometri, quanto nel finale, da paura. Un paio di chilometri- in alcuni punti la pendenza è prossima al 20%- che costrinsero Marco a utilizzare il 24. Avrebbe preferito che la tappa del Giro terminasse lassù, ma la durezza della salita, secondo il romagnolo, avrebbe comunque lasciato il segno prima dell’erta finale , anch’essa temibile.
Poi il romagnolo fu vittima di un incidente, poco prima dell’inizio del Giro e non potè presentarsi alla partenza delle corsa rosa.

Quel 25 maggio partimmo in moto, Rosa ed io, alla scoperta della Garfagnana e di San Pellegrino.
Autostrada sino ad Aulla (non ancora famosa, all’epoca, per il monumento a Bettino Craxi), poi la Foce Carpinelli.
Paesaggio verdissimo,la Garfagnana, luoghi incontaminati: ma quante curve! Era divertente sulle due ruote, ma solo allora compresi che , percorrere quel tratto in corriera, non doveva essere stato altrettanto gioioso.
Fu una fortuna andare in moto. Il transito per le auto era gia stato interdetto , ma per la Guzzi fu disco verde. A Pieve Fosciana un cenno di assenso del poliziotto mi fece aprire il gas con maggiore convinzione.
La prima parte della salita non presentava particolari asperità:costante, ma senza pendenze eccessive.
Dopo alcuni chilometri la strada spianava e, addirittura, c’era un tratto in leggera discesa.
Poi, improvvisamente, un muro. Da lì sino al millenario santuario un percorso durissimo: nulla da invidiare ad una salita alpina.
In prossimità della chiesa il tratto più ripido , e anche la moto (un vecchio 350) faticava a mantenere una buona andatura.
Quel cartello che indicava il 18% di pendenza non sembrava rispecchiare l’effettiva durezza della salita che, almeno in certi punti, pareva assai più severa.
Dopo il santuario, la salita proseguiva fino a raggiungere il Passo del Pradaccio, ma in realtà la vera vetta era proprio lassù, all’altezza di quella chiesa fondata- si dice - da un discendente del re di Scozia.
Un luogo suggestivo, una terra di confine contesa per secoli tra emiliani e lucchesi che, alla fine, decisero salomonicamente di dividere a metà anche il santuario con il risultato che i resti dei due santi custoditi all’interno (San Pellegrino e San Giovanni Bianco) sono per metà in Toscana e per metà in Emilia.

Ci piazzammo poco prima del Santuario per attendere il passaggio dei corridori.
Era una di quelle giornate magiche, ricche di sole ma con l’aria ancora frizzante della primavera. Su alcune vette dell’Appennino tosco emiliano c’erano tracce di neve: il monte Cimone si distingueva benissimo.
Pur essendo un giorno feriale c’era la folla delle grandi occasioni, con gli appassionati toscani a farla da padrone.
Rominger era in maglia rosa , seguito in classifica da Berzin e Ugrumov. Insieme al duo della Gewiss, si aspettavano grandi cose soprattutto da Casagrande e da Chiappucci. Il Diablo, assente Pantani, sarebbe stato capace di infiammare gli animi dei tifosi rendendo vita dura all’elvetico della Mapei? E Casagrande avrebbe provato a lasciare il segno nella sua terra?

Fu una fuga a lunga gittata a caratterizzare quella tappa: poco dopo la partenza partirono in 12 a velocità folle:quasi 49 chilometri percorsi nella prima ora, oltre 42 nella seconda.
E c’era Podenzana, in maglia tricolore, e Cipollini-in maglia ciclamino- che sentiva aria di casa.
E c’erano Zaina , Miceli e Saligari e con loro Scinto e Vatteroni, Molinari e Canzonieri, Pagnin, Meyer e Undermann.
Sulla Foce Carpinelli transitò per primo il campione d’Italia , applaudito dal babbo che lo aspettava lassù, all’altezza del GPM. .Neppure una caduta,nella successiva discesa, ostacolò la fuga.
La valle del Serchio, anzi, ricompattò i fuggitivi che si presentarono, tutti insieme, all’attacco del San Pellegrino.
In cima, nel frattempo, passava Bartali alla guida della sua Golf bianca , e fu entusiasmo da stadio.
“C’è Bartali, babbo”, disse un tifoso all’anziano genitore che , un po’ barcollando, fece appena in tempo ad esclamare “Gino!” all’indirizzo del vecchio campione.
Mi girai , e dietro alle lenti vidi gli occhi umidi.

La corsa, nel frattempo, era entrata nel vivo, e il gruppo dei fuggitvi cominciò a sgretolarsi.
All’inizio della parte più dura della salita Luca Scinto si trovò da solo al comando della corsa.
Alle sue spalle resisteva Vatteroni, che venne ben presto raggiunto da Zaina.
L’atleta della Carrera proseguì nella sua azione, raggiunse il temporaneo fuggitivo e, sulle rampe più dure della salita, lo staccò.
Il bresciano si presentò da solo in vista del Santuario , tra un tripudio di folla.
Per poterlo vedere bisognava sporgersi, farsi largo tra i tifosi.
Zaina era preceduto dalla moto della televisione : dietro di lui una moto della polizia stradale.
Rosa, presa dall’entusiasmo, si sporse troppo. Apparve in primo piano, in diretta televisiva, ma il suo braccio andò ad incocciare il parabrezza della moto. Il poliziotto. pur barcollando vistosamente, riuscì a mantenersi in qualche modo in equilibrio , non mancando di lanciare un’occhiataccia a Rosa (e forse anche qualche parola irripetibile che, nel trambusto generale, non si riuscì a percepire.).
Fu quasi un miracolo se non accade di peggio.
Intanto era rinvenuto fortissimo Nelson “Cacaito” Rodriguez che dapprima raggiunse Vatteroni e, poco dopo, Scinto.
Il gruppetto della maglia rosa seguiva ad oltre due minuti. L’elvetico chiedeva ripetutamente acqua agli spettatori, ma nessuno si lasciò commuovere. E con lui, tra gli altri, c’erano Casagrande e Rebellin, Berzin e Ugrumov, Cenghialta e Lanfranchi,
Dopo il loro passaggio i distacchi cominciarono a farsi pesanti. Passò Cipollini, che sembrava quasi fermo.
Le ammiraglie procedevano lentissime e fu un miracolo se nessuna frizione si bruciò.
Zaina fu il re del San Pellegrino: scollinò per primo in vetta , da solo, e la lunga discesa della Foce delle Radici lo accolse regalandogli, almeno all’inizio, un po’ di frescura.
Gli fecero compagnia , poi, anche Rodriguez e Scinto e, insieme ,ritornarono nella Valle del Serchio.
Alle loro spalle intanto, si era formato un gruppetto di ardimentosi: c’era Zatteroni (ancora lui!)con Madouas, Furlan, Elli e un ragazzo trentino: Gilberto Simoni. Più staccato il gruppo della maglia rosa, scortato dai suoi scudieri, Tafi in testa.
I tre proseguirono affiatati, conservando un vantaggio che permise loro di affrontare insieme la salita finale. Scinto si staccò ben presto, e restarono in due a giocarsi la tappa.

Zaina , quel giorno, meritò la vittoria. Sulle rampe del Ciocco tentò ripetutamente di liberarsi di Rodriguez che, particolarmente “azzeccoso”, non tirò un metro, restando incollato alla ruota del bresciano.
Insieme (“Nella terra solitaria siamo in due, sempre in cammino”) si presentarono sulla pista di tartan e, nonostante il disperato tentativo del piccolo colombiano, Zaina seppe resistere e tagliò per primo il traguardo.Confessò che aveva vinto anche per la moglie e per il figlio di otto mesi che aveva visto sul percorso : storie di un ciclismo antico.
Dopo di loro arrivò Simoni che, su quelle salite , capì che prima o poi avrebbe potuto lottare per il primato in un grande Giro.
Quel giorno molti avrebbero voluto vedere trionfare un altro uomo con la maglia della Carrera: Zaina in qualche modo fece le sue veci regalando , come scrisse qualcuno, “ momenti da Pantani.”

E –forse- anche nel 2000 Zaina avrebbe potuto fare la sua corsa sul San Pellegrino.
Il quel Giro, infatti, il San Pellegrino venne nuovamente inserito nel tracciato.
Era la dodicesima tappa , da Prato all’Abetone. Tappa corta , 138 chilometri appena, dedicata alla memoria di Gino Bartali, scomparso da pochi giorni, con il San Pellegrino piazzato a circa 25 chilometri dall’arrivo.
Non passò la Golf bianca di fronte al Santuario, ma Gino era lo stesso lassù, tra la sua gente.
Fu il giorno di Francesco Casagrande che, vincendo sulle strade di casa, accarezzò il sogno rosa che mai, come quell’anno, sembro sul punto di realizzarsi. Scattò sulle rampe del San Pellegrino, transitando da solo in vetta (24” su Di Luca , Garzelli e Frigo) e gettandosi a capofitto in discesa . Ai piedi della salita finale aveva due minuti di vantaggio sugli inseguitori e l’Abetone fu suo, conquistando, con la vittoria di tappa, anche le insegne del primato.
Ma fu nuovamente, anche se in modo diverso, il giorno di Zaina.
Anche quell’anno il bresciano era compagno di squadra di Pantani.
Marco aveva deciso di correre il Giro d’Italia appena un mese prima . La tappa dell’Abetone rappresentava per lui un vero e proprio test.
Ma il San Pellegrino , la salita che aveva provato pochi anni prima in una gelida giornata invernale,quel giorno lo respinse.
Si staccò dai migliori , circondato dai suoi compagni di squadra.
Garzelli decise (o gli fu ordinato) di fare la sua corsa , riportandosi sul gruppetto all’inseguimento di Casagrande, splendido e solitario fuggitivo.Col senno di poi, fu una decisione giusta, almeno sotto il profilo strategico : se Garzelli fosse rimasto con Pantani, difficilmente avrebbe vinto il Giro d’Italia.

Anche Zaina avrebbe voluto involarsi su quelle rampe che lo avevano visto protagonista cinque anni prima.(“ Lascia che guardi dentro il mio cuore, lascia ch'io viva del mio passato”).
Il San Pellegrino lo esaltava e su quei tornanti ritrovava l’energia dei giorni migliori, quelli che gli avevano permesso di salire sul podio del Giro dell’86. Non scattò il bresciano, e restò accanto a Marco,scortandolo sin sul traguardo, dove arrivarono dopo quasi sette minuti.
Fu sacrificio per il suo capitano o l’obbedienza agli ordini ricevuti dall’ammiraglia?
Si disse che Zaina, in realtà, avrebbe voluto involarsi perché si sentiva bene, ma Martinelli glielo impedì, ordinandogli di stare accanto a Marco. Alla sera pare che il bresciano fosse arrabbiatissimo e litigò furiosamente con Martinelli, decidendo di ritirarsi dal Giro (“O stanco dolore, riposa!”.)
Neppure Marco fu risparmiato dallo sfogo del suo compagno di squadra,.( “Non vidi che nero, non bebbi che fiele; ma ingrato non sono:ti lodo per ciò che non ebbi; che non abbandono”.)
In ogni caso, quali che fossero i messaggi ricevuti nell’auricolare, per Zaina non fu una giornata facile , ed è facile immaginare i sui sentimenti, quella sera..
Che avrebbe pensato di lui, l’amico Marco? Lui,che, a Madonna di Campiglio , aveva vissuto con Marco la giornata più brutta della sua, anzi, della loro vita.
Lasciò il ciclismo alla fine di quella stagione, ma le strade della vita lo condussero, tre anni dopo, ad assistere ad un tappa del Giro. Lo muoveva la nostalgia del suo passato o , forse, la speranza di ritrovare qualcuno? Non lo diceva, Zaina, ma in cuor suo sapeva la risposta.

L’abbraccio che gli regalò quel giorno Marco, quando lo rivide sul traguardo di Faenza ,valeva più di una vittoria.
Magari anche più di quella ottenuta un giorno di maggio, sulle rampe del San Pellegrino in Alpe.



Una vecchia cartolina: saluti da San Pellegrino in Alpe


L'altimetria della tappa del 95


zaina sulle rampe più dure della salita, applaudito da Rosa


Il bresciano transita all'altezza del Santuario



E' dura la salita....


..E qualche aiuto è gradito..


Eh, sì, ci vuole una spinta!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/04/2007 alle 20:05
Bravo Mario. Racconto stupendo...

 

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Rebellin... l'ultimo Gattopardo

 
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  postato il 04/04/2007 alle 20:37
Davvero bellissimo questo racconto Mario

 

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Un uomo comincerà a comportarsi in modo ragionevole solamente quando avrà terminato ogni altra possibile soluzione.
Proverbio cinese

Jamais Carmen ne cédera,
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/04/2007 alle 22:32
aggiugno i miei ringraziamenti e complimenti a cancel che ci ha regalato un'ennesima perla!ciao mario!
 
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  postato il 04/04/2007 alle 23:05
Superbo racconto, mio caro Mario, sapiente insieme di esperienze personali, storie di sport e di vita.
Grazie per averci ancora una volta deliziati nella lettura.

Ricordo bene le tre circostanze in cui il Giro ha fatto tappa sul San Pellegrino, in nessuno dei casi abbiamo assistito a tappe banali, spero che nei prossimi anni la carovana rosa possa di nuovo affrontare questa terribile erta.
Nel periodo del mio soggiorno bolognese pensai di fare un'escursione proprio su Abetone e San Pellegrino ma poi, dopo essermi studiato l'altimetria di quest'ultima, decisi che in questo mondo c'erano ancora un bel po di cose da fare per me quindi optai per l'Abetone e basta

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 04/04/2007 alle 23:20
Ecco, uno per dodici anni archivia il giro del 1995 come il più inutile della storia.
Ma, leggendo Cancel, si fa sempre in tempo a cambiare idea

 
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  postato il 04/04/2007 alle 23:37
Mario, tu ci vizi
grazie

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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  postato il 04/04/2007 alle 23:51
Originariamente inviato da ProfRoubaix

Ecco, uno per dodici anni archivia il giro del 1995 come il più inutile della storia.
Ma, leggendo Cancel, si fa sempre in tempo a cambiare idea


In effetti ricordo quel Giro come quello dei rimpianti legati all'assenza di Pantani, solo lui avrebbe potuto dare qualche grattacapo ad un Rominger che, corroborato dagli stage in Sudafrica col Dott. Ferrari, si presentò alla corsa rosa nelle vesti di cannibale.
I suoi avversari Berzin e Ugrumov non furono mai in grado di impensierirlo, anche perchè erano troppo impegnati a farsi la guerra tra di loro, nonostante fossero compagni di squadra alla Gewiss.

 

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Livello Rik Van Steenbergen




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  postato il 05/04/2007 alle 00:44
Grande Cancel,la tappa Pietrasanta-Il Ciocco è stata la prima della mia vita che abbia vissuto in prima persona.Nel 95 avevo dieci anni e mi ricordo che quella mattina non andai a scuola e mi feci accompagnare da mia mamma in piazza Duomo a Pietrasanta a vedere per la prima volta dal vivo i miei idoli ciclistici,che bei ricordi!Cancel se non ti chiedo troppo potrei sapere dove si era conclusa la tappa del giorno precedente e l'ordine d'arrivo della Pietrasanta-Il Ciocco.Ciao e grazie di tutto.
 
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  postato il 05/04/2007 alle 03:56
Proprio un bel racconto.Io delle 3 volte che il Giro è passato di lì ho visto solo l'edizione più recente,quella del 2000 e mi ricordo benissimo quel giorno tra le altre cose,un Josè Gutierrez Cataluna,allora piuttosto sconosciuto,che il giorno prima aveva preso la maglia rosa,letteralmente piantato sulle prime micidiali rampe del San Pellegrino.
Dell'edizione del 1995 ho visto anche una foto in cui Massimiliano Lelli,in crisi nera,viene letteralmente spinto su da Mario Cipollini,allora suo compagno alla Mercatone Uno.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/04/2007 alle 08:06
...me lo leggo in pausa pranzo che ora son subissato ma ti faccio i complimenti già da ora

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Claudio Chiappucci




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  postato il 05/04/2007 alle 10:03
Complimenti, bellissimo articolo
San Pellegrino in Alpe è una salita che mi è rimasta nel cuore, poichè non avrei mai pensato di trovare ascese simili nel "mio" appennino tosco-emiliano.
Lo scorso anno andai con amici a fare un giro in bici da quelle parti; partendo da Piandelagotti, salendo verso il passo Pradarena (1579 m) e scendendo poi in toscana. Io, come al solito, avevo fatto il furbetto e sul Pradarena ero partito ad inizio salita scollinando da solo, ma lasciando molte energie lungo la strada. Si scese poi in toscana e guardando le cartine l'unico modo per tornare in emilia era una salita chiamata San Pellegrino in Alpe. Non so come, ma quel nome mi era famigliare, da qualche parte lo avevo già inconsciamente sentito...va beh...ci avviammo verso Castelnuovo in Garfagnana.
All'inizio della ascesa le gambe erano pesanti, lo stomaco in subbuglio, il respiro pesante e il contachilometri segnava già la tripla cifra di 110 km. Se avessi conosciuto prima le pendenze di quella stradina stretta che si inerpicava tra le verdi colline avrei buttato la bici in un fosso e chiamato casa per farmi venire a prendere, ma l'unica cosa che continuava a risuonarmi in testa era quel nome: San Pellegrino in Alpe, San Pellegrino in Alpe, San Pellegrino in Alpe...e mi si accese una lampadina! Si..ora ricordo! M****a...ora ricordo! Una volta assistendo ad un discorso tra cicloamatori della mia zona mi rimase impressa una frase : <>
Cerco di svuotare la mente e mi concentro solo sugli stretti tornanti che affronto nella prima parte del tragitto; la velocità di crocera è di 6 km/h (tengo a precisare, siamo ancora nel tratto "facile" ) Ma lo sguardo mi porta verso un motociclista che scende nella corsia opposta e guardandomi si punta l'indice alla tempia, tamburellando con il dito...andiamo bene, adesso ci danno anche dei matti.
Un mio amico proprio al primo chilometro si sente male e si ferma, scoprirò solo dopo che era anche svenuto. Anche io mi sento poco bene e purtroppo mi assale un problema grave, siamo nel mese di maggio e la mia indisposizione verso i pollini mi porta anche ad avere attacchi d'asma...panico. Io per quella strada devo salirci per forza se no non si torna a casa. Mi staccai dal resto della compagnia e proseguii del mio passo, ovvero sfidando la forza di gravità. Non volevo mettere piede a terra, nonostante le mie difficoltà non volevo inchinarmi a questa salita, l'orgoglio prima di tutto. Quando a circa metà salita vidi gli altri fermi sul lato della strada scesi anche io di sella per capire se ero ancora vivo. Chiediamo informazioni sul rimanente tratto di salita ad un abitante del luogo e questo arzillo montanaro ci risollevò il morale in questo modo: <>
Tratto facile??? Va beh dai abbiamo beccato l'unico malato di mente di questo posto sperduto, anche se a pensarci bene, non ero poi del tutto convinto...Si riparte e dopo altra salita la strada scende, allucinazioni? No, no..è proprio vero! Lo sapevo io che quello là scherzava, non faccio nemmeno in tempo a finire di ridere tra me e me che noto un cartello sul lato destro della strada: "18%" ? Guardo avanti e vedo un muro nero.
Provo a salire per 100 metri, ma il respiro non mi permette simili sforzi. Sto malissimo, mi fermo e mi accascio a terra. Dopo una decina di minuti prendo la bici a mano e percorro i 3 chilometri più lunghi della mia vita, la leggenda narra che in un tornante dell'ultimo chilometro le pendenze arrivino a toccare per un istante il 26 % e non stento a crederlo.
Arrivai in cima con il volto sfigurato e deciso a non tornare mai più da queste parti. Ritirata alle macchina e tutti a casa. La peggior crisi di sempre. Nei giorni a seguire mi bastava udire la parola San pellegrino che mi veniva voglia di smettere di andare in bicicletta, ma dopo qualche settimana il sentimento era l'opposto: dovevo tornarci, non posso essere sconfitto da una salita.
Così a Ottobre tornai per completare l'ascesa e questa volta le cose andarono molto bene (anche perchè arrivai in cima da solo ) ed effettivamente mi ricordavo una salita più aspra di quello che era in realtà, ma gli ultimi chilometri invece erano proprio così...purtroppo quelli non erano frutto di allucinazioni. Comunque mi presi una bella rivincita e da quel giorno San Pellegrino in Alpe mi è rimasta dentro e spero di tornare anche quest'anno a Castelnuovo in Garfagnana per soffrire per 13 km e scollinare oltre la croce posizionata sull'asperità toscana.
La prima esperienza mi ha comunque insegnato una cosa: fino ai 4,5 km/h si riesce ancora a stare in piedi
Sperando che il Giro torni a passare per quelle strade il più presto possibile, una salita da applausi

 

[Modificato il 05/04/2007 alle 10:11 by Pirateattack]

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"La grinta non si può comprare: o ce l'hai o non ce l'hai. Puoi avere il tecnico migliore, lo stipendio più alto e tutti gli stimoli di questo mondo, ma quando sei al limite della fatica sono solo le tue doti ad aiutarti" Marco Pantani

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/04/2007 alle 12:03
Bellissimo racconto cancel, storia di uomini e di fatica e di amicizia... E bello anche il racconto di pirate, il punto di vista dell'uomo 'normale' che ripercorre le stesse strade dei grandi campioni... Io il S.Pellegrino l'ho fatto in moto nel 95 e mi rimase impresso un tornante a destra, così ripido da ritroversi l'asfalto a lato invece che in basso
Bisogna essere squinternati per affrontarlo in bici

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/04/2007 alle 15:59
Originariamente inviato da 21marco21

Grande Cancel,la tappa Pietrasanta-Il Ciocco è stata la prima della mia vita che abbia vissuto in prima persona.Nel 95 avevo dieci anni e mi ricordo che quella mattina non andai a scuola e mi feci accompagnare da mia mamma in piazza Duomo a Pietrasanta a vedere per la prima volta dal vivo i miei idoli ciclistici,che bei ricordi!Cancel se non ti chiedo troppo potrei sapere dove si era conclusa la tappa del giorno precedente e l'ordine d'arrivo della Pietrasanta-Il Ciocco.Ciao e grazie di tutto.


Caro Marco, il giorno precedente la tappa del san pellegrino al Giro era giorno di riposo.
Lunedi 24 maggio si era svolta la cronometro Telese Terme- Maddaloni, di 42 Km, vinta da Rominger.
Quanto all'ordine di arrivo di quel giorno, dopo i primi tre (Zaina, Rodriguez e Simoni a 22") si classificò Giorgio Furlan con un distacco di 35". Poi ,a 43", arrivarono Ugrumov, Rominger e Berzin (Non ricordo se con loro c'erano altri corridori) Chiappucci arrivò con un ritardo di 59", casagrande di 1'04".
Ciao!


 
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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jun 2005

  postato il 05/04/2007 alle 16:01
Originariamente inviato da Pirateattack

Complimenti, bellissimo articolo
La prima esperienza mi ha comunque insegnato una cosa: fino ai 4,5 km/h si riesce ancora a stare in piedi
Sperando che il Giro torni a passare per quelle strade il più presto possibile, una salita da applausi


Complimenti a te, Pirateattack, per il racconto della tua esperienza e per aver domato il San Pellegrino

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/04/2007 alle 19:14
Mio padre quando aveva 32/33 anni (circa 20 anni fa) con una Colnago d'acciaio del peso di 14 kg, partì da Pievepelago e fece il Passo delle Radici in 57' e qualcosa. Poi fece il San Pellegrino in Alpe (nel tratto duro mi dice che faceva i 6/7 km/h). In tutto un'ottantina di km.

 

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Rebellin... l'ultimo Gattopardo

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 05/04/2007 alle 21:33
Bravo Cancel!
Una bella descrizione dei miei posti. Direte voi: Frank ma tu sei di tutti i posti.
Beh, vivendo in una terra di confine...
in Lunigiana ci abito (ma non ad Aulla grazie al cielo), in Garfagnana ci vado in bici e durante tutti gli anni '90 ricordo i campi scuola come animatore lungo il lago di Gramolazzo o ai piedi della Pradarena, a Metello.
E la tappa del '95... c'ero, anche se andai al traguardo del Ciocco. Una bella giornata di sport e di amicizia anche se ha ragione Roubaix e a ruota Woodstock... quel Giro fu proprio un giro inutile...

Grazie comunque, Cancel

 

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La mia squadra ciclistica:http://altalunigiana04.comyr.com

 
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