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É morto Giacinto Facchetti
aranciata_bottecchia - 04/09/2006 alle 15:10

Ho appena sentito alla radio che si è spento questo grande campione del passato.


Ottavio - 04/09/2006 alle 15:13

Non sapevo che la sua malattia fosse così grave. Se n'è andato un grande uomo di sport.


simociclo - 04/09/2006 alle 15:15

un grade uomo di sport e anche una persona perbene. nel calcio non ce ne sono moltissime. mancherà all'ambiente, mancherà tanto. da interista poi, non posso non ricordare che ha legato i suoi successi ai momenti più esaltanti della storia nerazzurra. ciao giacinto.


Andrea_Web - 04/09/2006 alle 15:18

[b]Addio Facchetti[/b] [quote][i]Originariamente inviato da GiboSimoni [/i] Addio Facchetti Bandiera nerazzurra Si è spento a Milano per una grave malattia un simbolo dell'Inter: dalle 634 gare con 79 gol al ruolo di presidente. Leader della Grande Inter di Herrera, capitano per eccellenza dell'Italia “Se ne è andata l’ultima bandiera”: frase sempre evocativa, spesso retorica e soprattutto fuori moda in un calcio business e senza anima. Ma questa volta possiamo proprio dire che l’ultima bandiera ha smesso di sventolare e, purtroppo, per sempre. Piange l’Inter, piange il mondo del calcio, per l’addio di Giacinto Facchetti, spentosi a 64 anni dopo una malattia dura e terribile, quanto veloce nel strapparlo ai propri affetti. Giacinto aveva scoperto il male solo pochi mesi fa. Muore un mito, muore il capitano per eccellenza, ma si sa che i miti sono immortali e allora sembra di vederlo ancora lì. Sulla fascia sinistra ad interpretare per primo il ruolo di terzino fluidificante; a guardare la monetina che sanciva la vittoria italiana nell’Europeo casalingo del 1968; stampato per sempre nella formazione-mantra Sarti-Burgnich-Facchetti e via dicendo della Grande Inter di Helenio Herrera; monumento azzurro capace di accompagnare l’Italia attraverso 3 Mondiali con la folle e storica notte di Italia-Germania 4-3 a Messico ’70; e alla fine di recitare il ruolo di presidente nell’Inter di Massimo Moratti dopo aver fatto grande i nerazzurri di papà Angelo. GLI INIZI Giacinto era nato a Treviglio, provincia di Bergamo, il 18 luglio 1942: non ha mai abbandonato le sue radici (abitava a Cassano d’Adda) perché amava vivere nel verde dove ritrovava l’equilibrio. Padre ferroviere, madre casalinga, un fratello e tre sorelle: ambiente sereno e pulito, il massimo per crescere una speranza. Il grande amore con l’Inter nasce però da uno “sgarbo”. Facchetti venne raccomandato a 16 anni da Meazza per un provino all’Inter, ma venne scartato dai soloni della società. Lui si rivolse all’Atalanta, firmò, ma un factotum della società milanese lo convinse a rimanere inattivo fino a novembre e quindi passare all’Inter. Era il 1958, l’inizio della leggenda. Lo spilungone di Treviglio strappato all’atletica, lavora sodo: mattina a scuola, panini al volo, poi di corsa alla stazione (accompagnato in bici dal papà), treno, tram, allenamenti e ritorno. LA GLORIA Herrera lo vede e intuisce la stoffa del campione, fino a farlo debuttare il 21 maggio 1961 in Roma-Inter 0-2. La settimana dopo ancora in campo e partita sbloccata con un gol in Inter-Napoli 3-0. Facchetti cresce, supera le critiche di San Siro per una stagione opaca e nel 1963 si laurea campione d’Italia per la prima volta. E’ l’anno della conferma perché il 27 marzo debutta con l’Italia ad Instanbul con la Turchia (0-1). Non si sfilerà più la maglia azzurra: 94 presenze, 70 da capitano e 3 gol con il trionfo dell’Europeo 1968 e il titolo di vice-campioni del mondo nel 1970. Il Mago Herrera lo trasforma nel primo terzino-bomber della storia, il primo terzino fluidificante che attacca sulla fascia, il punto di riferimento di sua maestà Beckenbauer. Nel 1964 perde lo spareggio scudetto con il Bologna, ma si rifà con la Coppa Campioni e Intercontinentale. Il bis nel 1965 in Europa, nel Mondo e anche in Italia con il secondo scudetto. Il 1966 porta ancora tricolore e la prima fascia di capitano con l’Italia: a Milano il 1° novembre nel successo sull’Urss dopo la disfatta mondiale con la Corea del Nord (il ricordo più doloroso della carriera). LA FAMIGLIA Le vittorie si accoppiano con lo stile, l’eleganza e la serietà. Il matrimonio con il nerazzurro è felice e nel 1967 si “affianca” a quello di vita con l’amata Giovanna, conosciuta in una balera di Rivolta d’Adda. Viaggio di nozze ad Orvieto: lui in caserma per servizio militare, lei in una pensioncina. Quattro figli coroneranno il sogno d’amore: Barbara, Vera, Gianfelice e Luca (attaccante con carriera in serie C e D). Sul campo Giacinto gioca e vince: il quarto scudetto arriva nel 1971 e l’ultimo successo è la Coppa Italia del 1978, quando la carriera è al termine. Saluta il campo a 36 anni, il 7 maggio ’78 in Inter-Foggia 2-1 con un autogol: quasi una beffa del destino per il terzino goleador che aveva collezionato 475 partite in serie A con 59 gol (634 in totale con 75 gol), tutto con la maglia nerazzurra. IL PRESIDENTE Dopo una brevissima parentesi di 9 mesi da vicepresidente dell’Atalanta nel 1980 (sempre il nerazzurro…), Giacinto rientrò in orbita Inter come dirigente nel 1985 con Pellegrini. Dieci anni dopo arriva Massimo Moratti: il simbolo è sempre al suo fianco, nel novembre 2001 diventa vicepresidente, soffre per il 5 maggio e dal gennaio 2004 è la bandiera del club. Miglior persona non si poteva trovare come 19° presidente dell’Inter, miglior carriera nerazzurra non poteva capitare al “Cipe”, come lo chiamava il Mago Herrera dopo che Buffon gli aveva storpiato il cognome in “Cipelletti” nel ’60. L’UOMO Lascia un uomo tutto di un pezzo: venne definito “terzino e gentiluomo”. Troppo poco per un giocatore che chiuse la carriera con la Nazionale come capitano non giocatore nel 1978. Poteva ribellarsi ad un ruolo non suo: invece zero polemiche, aiutò sempre Bearzot nel Mondiale argentino e trovò la “gloria letteraria” nell’eroe di “Azzurro tenebra”, il romanzo di Giovanni Arpino, suo grande amico e padrino di Gianfelice. Il gigante che da piccolo sognava di fare il muratore, perché era felice quando dal primo piano di una casa in costruzione poteva tuffarsi su un mucchio di sabbia, chiudeva una carriera esemplare (un solo rosso per un applauso ironico all’arbitro Vannucchi nel 1975 con San Siro) tra i dolci ricordi e la consapevolezza di essere un simbolo del calcio italiano. Sempre a testa alta, in campo e fuori, amato dagli interisti e non solo. Ci mancherà, sembra retorica, ma non lo è. (fonte: gazzetta.it) uno dei poki che ci ha sempre tenuto all'inter addio Giacinto.....:^o^:( [/quote]

 

[Modificato il 04/09/2006 alle 15:23 by Monsieur 40%]


stress - 04/09/2006 alle 15:19

[img] http://img402.imageshack.us/img402/7306/ciaobandierahy0.png[/img]

 

[Modificato il 04/09/2006 alle 15:24 by stress]


Andrea_Web - 04/09/2006 alle 15:22

Non si può che rammaricarsi di fronte a questo lutto, un grande uomo dello sport si è spento oggi, uno degli ultimi grandi uomini del calcio italiano. Da interista non posso che essere ancor più triste. Ciao Giacinto e condoglianze a tutta la famiglia.


Monsieur 40% - 04/09/2006 alle 15:24

Ciao cugino.


robby - 04/09/2006 alle 15:24

quando se ne vanno personaggi così è sempre triste ma come detto giustamente i miti sono immortali...ciao Giacinto, buon viaggio :( :^o^


marco83 - 04/09/2006 alle 15:27

Condoglianze vivissime alla famiglia di questo campione del passato e del presente, uno dei due interisti che ho avuto modo di apprezzare come vero uomo di sport (l'altro era l'avvocato Prisco). :^o^:^o^:^o^


Stef88 - 04/09/2006 alle 15:31

[img] http://www.calcioblog.it/uploads/facchetti.jpg[/img] [b]CIAO GRADISSIMO..!! OGNI VITTORIA è X TE..!! 6 INDIMENTICABILE..!![/b]


Stella alpina - 04/09/2006 alle 15:32

[quote][i]Originariamente inviato da Andrea_Web [/i] un grande uomo dello sport si è spento oggi, uno degli ultimi grandi uomini del calcio italiano. [/quote] quando qualcuno dei grandi uomini dello sport se ne va è come se lo sport perdesse un po' della sua grandezza ... ma sono proprio queste persone che hanno reso grande lo sport ... loro sono, e resteranno i "nostri" miti. addio giacinto e condoglianze alla famiglia


Monsieur 40% - 04/09/2006 alle 15:40

Uno spettacolo di terzino sinistro, credo sia stato il capostipite dei terzini talentuosi, abbandonando un po' il vecchio "credo" del terzino "scarparo" e "picchiatore": [img]http://external.cache.el-mundo.net/eurocopa/2004/html/albums/oncedeoro/facchetti/imagen1.jpg[/img] [img]http://www.srn.it/inter/storia_giacintofacchetti1.jpg[/img] FACCHETTI GIACINTO (IL GIGANTE DI TREVIGLIO) nato a TREVIGLIO (BERGAMO) il 18/7/42 TERZINO SINISTRO-LIBERO M 1,88 (anno) (squadra) (serie) (presenze) (gol) 1960/61 INTER A 3 1 1961/62 15 0 1962/63 31 4 1963/64 32 4 1964/65 32 2 1965/66 32 10 1966/67 34 4 1967/68 28 7 1968/69 30 6 1969/70 28 5 1970/71 30 5 1971/72 27 4 1972/73 29 1 1973/74 28 2 1974/75 23 0 1975/76 28 3 1976/77 27 1 1977/78 28 0 NAZIONALE ITALIANA 94 3 TITOLI: 1 CAMPIONATO EUROPEO (1968) - capitano dell'Italia 4 CAMPIONATI ITALIANI (1963, 1965, 1966, 1971), 1 COPPA ITALIA (1978), 2 COPPE DEI CAMPIONI (1964, 1965), 2 COPPE INTERCONTINENTALI (1964, 1965). (fonte: utenti.lycos.it/calciomirzan)

 

[Modificato il 04/09/2006 alle 15:43 by Monsieur 40%]


Abruzzese - 04/09/2006 alle 16:26

Mi sembra giusto,nonostante parteggi per la sponda rossonera di Milano,rendere le più sentite condoglianze per la scomparsa di questo grande uomo e giocatore che tanto ha dato al calcio italiano,protagonista in prima persona dell'epoca in cui l'Inter sapeva veramente appassionare il pubblico italiano. Mi piacerebbe tanto leggere un ritratto di Facchetti tracciato da Morris,come solo lui sa fare.


Andrea_Web - 04/09/2006 alle 16:31

Lo farà sicuramente. Pensare che proprio Morris in una telefonata qualche mese fa mi aveva preannunciato il male di Giacinto... :(


Andrea_Web - 04/09/2006 alle 16:41

I saluti dalla sua squadra e dai rivali storici. Da Inter.it [b]Era già Sua la storia. Ora siede sul trono dell’Eternità.[/b] Giacinto Facchetti ci ha lasciato troppo velocemente per non confondere, in questi attimi, il dolore e la rabbia, il senso d’ingiustizia e la preghiera. Ci ha lasciato dopo aver giocato, con determinazione e stile, l’ultima partita. Spinto nel campo del dolore da un destino nascosto, improvviso, bastardo. L’atleta, nella testa e non solo nel fisico, nella morale e nei riti di una vita quotidiana all’insegna della lealtà e dello sport, ha lasciato il posto all’uomo di 64 anni sorpreso, colpito, ferito, ma non vinto. Ha stretto i denti, ha combattuto sorretto dall’affetto dei suoi cari, di Massimo Moratti, di tutta l’Inter e di tutti gli interisti, mai abbandonato dal campionato infinito di amici che aveva, che ha, che lascia attoniti, storditi, in Italia e nel mondo. Oggi ci ha lasciati il diciannovesimo presidente della storia dell’Inter, il campione nerazzurro e azzurro indimenticato e indimenticabile, il dirigente italiano stimatissimo in Fifa e Uefa, il marito, il padre, il nonno, l’amico. Oggi ci ha lasciato Giacinto Facchetti, una persona per bene. F.C. Internazionale Da Juventus.com La Juventus F.C. apprende con infinita tristezza la notizia della scomparsa di Giacinto Facchetti e si unisce al dolore della sua famiglia, dell’Inter e dei suoi tifosi e di tutti gli sportivi italiani per la perdita di un simbolo e di una bandiera del calcio mondiale. Da ACMilan.com [b]L'ultimo saluto ad un uomo leale[/b] Giacinto Facchetti era e resterà per sempre uno dei simboli più veri e autentici del patrimonio di una Milano calcistica irripetibile e indimenticabile. Sportivo vero, appassionato di calcio nel senso più partecipe del termine, ha fatto del comportamento e dello stile una bandiera sia in campo che fuori. Tutti gli sportivi milanesi e gli sportivi di tutta Italia erano in ansia per lui ormai da mesi. Oggi, la notizia. Tutti i tifosi del Milan, e tutte le persone che vivono e lavorano nel Milan, l’hanno accolta costernati. Per questo rivolgono vere e sentite condoglianze ai congiunti di Giacinto Facchetti e a tutti i suoi amici, i suoi collaboratori che hanno lavorato e condiviso emozioni con lui in tanti anni dedicati all’Inter.


guigia - 04/09/2006 alle 16:48

Un grande uomo di sport... addio Giacinto. Condoglianze alla famiglia.


Delfino - 04/09/2006 alle 17:36

Ci ha lasciati un grande campione, ma soprattutto un grande uomo. Ciao Giacinto Condoglianze alla famiglia


janjanssen - 04/09/2006 alle 18:00

rip. campione di sport e di vita.


Admin - 04/09/2006 alle 18:29

[quote][i]Originariamente inviato da Monsieur 40% [/i] Uno spettacolo di terzino sinistro, credo sia stato il capostipite dei terzini talentuosi, abbandonando un po' il vecchio "credo" del terzino "scarparo" e "picchiatore": [/quote] Relativamente al calcio italiano senza dubbio. Altrove c'erano già stati i Nilton Santos (per fare un nome) a indicare la via. Spiace per la morte di Facchetti, una delle poche facce credibili del calcio italiano. Il vergognoso Diego Della Valle non più tardi di un mese fa l'aveva proposto come presidente della Lega, pur sapendo (come tutti nell'ambiente) delle sue condizioni di salute. Vero: il calcio attuale non si meritava uno come Facchetti.


nino58 - 04/09/2006 alle 18:35

Ciao gran signore.


W00DST0CK76 - 04/09/2006 alle 19:14

Sono rimasto davvero sbigottito per questa notizia, non sapevo che fosse malato. Con lui se ne va, e in questo caso non si può certo parlare di retorica, una delle bandiere del calcio italiano e dell'inter, eroe dello squadrone di Herrera, dei mondiali di Mexico 70 e di mille altre battaglie condotte in campo sempre con quella lealtà che l'ha contraddistinto per tutta la sua vita non solo sportiva. Un commosso addio ed uno degli ultimi gentleman del calcio, ciao Giacinto.


super cunego - 04/09/2006 alle 20:26

ADDIO...NON SO CHE ALTRO DIRE... una persona stupenda...ciao:clap:


Felice - 04/09/2006 alle 20:27

Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. E' Coppa dei Campioni. E' Inter-Liverpool. E' il ritorno. All'andata é andata male, si é perso con due gol di scarto. In quello stadio di Liverpool, con quel tifo indiavolato, con quei cori irridenti... Ah, me li ricordo bene quei cori, ero davanti al televisore, rosso di rabbia: maledetti, cantate, cantate, ve la faremo pagare, sì ve la faremo pagare, vi aspettiamo a Milano... E il momento é venuto, quello in cui bisogna prendersi la rivincita. Comincia la partita. Pochi minuti ed é 1-0. Ne passano pochi altri e siamo 2-0, con quel gol beffardo di Peirò, che soffia la palla al portiere mentre costui la fa rimbalzare per terra. Siamo al 10° del primo tempo e siamo alla pari. 80 minuti da giocare, davanti al pubblico amico. Via, ce la facciamo, li sbattiamo fuori questi del Liverpool, insieme ai loro tifosi, quelli che mi hanno trasformato il fegato in bile... Finisce il primo tempo ed é sempre 2-0. Comincia il secondo tempo. Il tempo passa. Palla a Facchetti, lunga discesa sulla sinistra, come solo lui fra i difensori di quei tempi sapeva fare. L'area si avvicina, parte una cannonata: GOOOOOL!!!!! E' 3-0. La finale di coppa e lì, a portata di mano. Ora basta difendere il risultato, ma non é un problema: l'Inter di allora era maestra in questo... Grande Giacinto, quanti ricordi... Ora hai raggiunto Armando. Addio campione...


superalvi - 04/09/2006 alle 21:04

ciao Giacinto un grande


Morris - 05/09/2006 alle 02:32

Guglielmo, detto “Bargamén”, il bidello reso sciancato da una bomba a mano durante la seconda guerra mondiale, aveva due vizi: tenere sempre a puntino il livello di frumento nel “recipiente della sofferenza”, ove chi non sapeva bene le “tabelline” era costretto, per punizione, ad adagiare le ginocchia, nonché mettere sempre troppo inchiostro nei calamai. Un giorno di febbraio del 1963, mentre frequentavo la seconda elementare, il comunque simpatico vecchietto Bergamén, si superò: il mio calamaio, al pari di quello di diversi altri, era davvero sull’orlo della tracimazione. Maria, la nostra ligia ai doveri e severa maestra, non tardò molto ad accorgersi del pericolo che gravava sui nostri grembiuli e sui vecchi legni di quei banchi. Non volendo richiamare l’anziano bidello, per l’enorme rispetto provava per lui, ordinò alla batteria dei Maurizio - ben quattro, due in seconda classe ed altrettanti in prima - di provvedere con carte assorbenti, ed un paio di piccoli recipienti di fortuna che s’era da tempo costruita lei stessa, a riportare il livello d’inchiostro a limiti ragionevoli. Quei piccoli lavoretti occasionali in classe, al pari del giardinaggio e del giornalino di classe, rappresentavano il suo modo di interpretare la didattica universale di Cèlestin Freinét, un grande pedagogista che i più fortunati di noi, han poi avuto occasione di studiare. Quel giorno dunque, toccava ai portatori di quel nome così in voga nei genitori degli anni cinquanta, far vedere la loro abilità e lei, Maria, coi suoi occhi nascosti da lenti chissà perché scure, dopo la consegna dei materiali accessori, come tante altre volte, si eclissò per raggiungere la collega dell’aula al piano superiore, dimora delle classi terza, quarta e quinta elementare. Quel suo atteggiamento, aveva una ragione che spiegò più volte a mia sorella, già maestra, ed insegnante di uno sperimentale doposcuola: non voleva metterci in imbarazzo e lasciarci liberi di interpretare ogni improvvisato mestiere. A me, Maurizietto, nella classificazione di vezzeggiativi, diminutivi e superlativi, a cui era costretta, per dividerci dalla omonimia dei nomi, toccò il ruolo di capoclasse in quel segmento operativo e la responsabilità di fare un bel lavoro. Iniziammo il delicato “travaso” con la massima attenzione, ma sul banco di Fesani - bambino intelligente, ma più vecchio di noi in quanto bocciato per ragioni di famiglia all’esame di seconda - l’inchiostro, a causa di un urto sul banco, era tracimato finendo addirittura sul pavimento di granito ruvido. Pulirlo non era facile, bisognava passare lo straccio a gran velocità, prima dell’assorbimento. “Fesa”, come lo chiamavamo tutti, mi disse che se fossi riuscito a cancellare le tracce dell’accaduto, mi avrebbe regalato la figurina di un calciatore. Preso com’ero dalla preoccupazione di trovarmi responsabile, senza colpa, del pavimento macchiato, non pensai alla promessa e al suo contenuto per me abbastanza nuovo e, come un fulmine, presi uno degli stracci che stavano nel bagno, lo inzuppai d’acqua e lo passai velocemente sul granito. Con mia somma soddisfazione, ne uscì un lavoro perfetto: non si vedeva traccia dell’inchiostro. Nel frattempo, gli altri Maurizio, avevano ultimato bellamente il riordino in sicurezza dei calamai. Ero salvo e “Fesa”, già bravo col pallone a dispetto della miopia, mantenne la promessa. S’alzò dal suo banco, si tolse dalla tasca del grembiule nero una figurina grossa di cartone (niente di simile a quelle d’oggi e di pochi anni dopo) e me la diede. “Lo so che preferisci giocare coi coperchini e vuoi diventare un corridore – mi disse - ma siccome dici che sei dell’Inter, anche se ti piace Sivori, io ti do la figurina di un interista. Chissà che non ti venga voglia di giocare con noi domenica in parrocchia, ho visto che corri forte”. Ringraziai il “Fesa” che, dell’Inter, era il capo tifoso della scuola e guardai per la prima volta “quell’oggetto” a me sconosciuto. Osservai il volto di un ragazzo castano biondo e lessi le sue generalità:[b]Giacinto Facchetti – Internazionale. [/b] [b]Caro Giacinto, sei entrato in me così. [/b] Oggi, ti piango, nonostante sapessi da giugno, quale lotta impossibile t’attendeva. Non si è mai preparati a notizie del genere e poi, che preparazione ci può essere di fronte all’irreparabile! Oggi, ho riguardato i fotogrammi del tanto trascorso da quel giorno lontano. Istantanee e contenuti che avrei voluto stendere e narrare diversamente, senza l’angoscia del vuoto che si determina in ricordo cosparso di dolore. Scrivere così è sempre una gran sofferenza e la lucidità si scioglie come burro al sole. Eppure, la tua ellisse non può sfuggire al bisogno di raccontarti, come le tue valenze meritano. Sei stato un grande atleta prima ancora che come giocatore, ed un uomo accompagnato dall’antico e nobile timbro della lealtà: lasciamelo dire Giacinto, sei stato uno d’altri tempi. Migliori s’intende, troppo intensi per non farne un patrimonio indelebile per chi li ha potuti solo sfiorare. Ed anche da qui, ci viene la rabbia per l’imbecillità che ci ha ridotti ad essere moncherini di un genere. Sì Giacinto, mi sentirò presto con quelle voci che ogni tanto mi avvinghiano in un bisogno che si condensa fra sogno, infatuazione e gratificazione, fino a spingermi all’esser visto pazzo, perché rimescolo le figure che ho incontrato o solo visto su questa terra. Lì, caro campione di sport e di vita, c’è quell’incontro inconscio, che crea la personale voglia di scolpire dei totem, i simboli di un tratto eterno, l’unico definibile per chi non sa quel che verrà dopo. Lì, nel racconto, c’è l’unica opera che conosco senza togliermi qualcosa. Raccontare dei monti, degli esempi, delle cornici che voglion trattenere, per l’osservazione più oggettiva, il fulgido. Lì, ci sei tu Giacinto, come tutti quegli uomini che sono nati atleti e che han illustrato, spesso senza sapere, un messaggio. Solo questo so fare e tu, con una vita in cui gli errori si sono mossi circoscritti al tenue normale delle imperfezioni umane, hai irrorato nel silenzio di chi non si ricerca, perché è, i continui bagliori di una scuola antica. La vita ha creato lo sport per testimoniare un suo significativo tassello e tu l’hai interpretato con canti che echeggeranno perennemente, stordendo i tentacoli delle barbarie di quello che è diventato il mondo che t’ha visto tenore. Quell’insieme di riflessioni e ricordi, di disamine tecniche e di illustrazioni sui profeti dell’espressività sportiva, che sto preparando lentamente col solo linguaggio delle voglie o delle abulie dell’istinto, chiamato Graffiti, so che si fermerà prima o poi su Giacinto Facchetti.... [b]Il grande atleta [/b] Quando la Trevigliese lo portò al calcio, non furono pochi quelli che si intristirono nel vedere un simile fisico, al di fuori dell’atletica leggera. Già, Giacinto era un atleta sublime, uno che avrebbe potuto praticare con profitto una marea di sport. Il suo corpo era nato perfetto: gambe lunghe, muscolari, con cosce e polpacci pronunciati senza offendere giunture che parevano uscite da uno scultore dell’antica Gracia. Un corpo lungo il giusto per non disarmare la proporzione con le gambe, ed una cassa toracica e due spalle pronte a formare un trapezio rovesciato, la famosa “V”, che pareva l’ispiratrice delle matite dei creatori di Superman o Batman. L’accostamento di certe foto di Giacinto con quei due celebri fumetti è impressionante ancor oggi .....nell’era del “modellatore” GH. Ma il fisico perfetto, non sarebbe stato sufficiente a fare di Facchetti quello che abbiamo visto. In lui insistevano capacità coordinative incredibili per un uomo di quella stazza atletica, ed un equilibrio di fibre da lasciare a bocca aperta. Giacinto salutava le “rosse” della fatica, con una resistenza che ha pochi paragoni per l’era in cui ha vissuto, fatta di allenamenti meno ricercati e, soprattutto, senza quel lungo elenco di integratori più o meno giustificabili e/o leciti di oggi. Il suo recupero, per fare un paragone ciclistico, era degno di un grimpeur di razza, ed in più sapeva mettere sul campo, l’altro parte del consesso delle fibre: le bianche della forza. Certo, perché Facchetti era veloce, sapeva contrastare come pochi, anche se si tratteneva altrettanto come pochi, nel non voler far pesare il suo fisico. Possedeva pure una incredibile esplosività, che si esaltava nei colpi di testa e che si determinava a buoni livelli anche nell’aspetto meno adatto ad un fisico come il suo: lo scatto. Vedere un gigante muoversi in mezzo ad alette scattanti come quelle della sua epopea, senza far la figura del tordo, testimoniava, anche su quel versante, le sue straordinarie qualità. Il suo piede, lungo e ben poco ideale per trattare con sensibilità e forza il pallone, riusciva a partorire comunque giocate inaspettate: i suoi passaggi erano precisi, i suoi tiri micidiali e persino il tocco fioco determinante per i dribbling, non possedeva i brividi della precarietà. Ne usciva così un uomo naturalmente portato al calcio atletico di oggi che, per i suoi tempi, poteva determinare, come è stato, una collocazione nello scacchiere in grado di fare scuola. Infatti, fu il primo europeo a poter essere definito terzino fluidificante. I casi precedenti, un paio, erano entrambi sudamericani: il brasiliano Nilton Santos in particolare e l’argentino Marzolini, almeno fino a quando, ancor giovane, non fu spostato a fare il libero, divenendo il primo fluidificante per quel ruolo che, poi, a fine carriera, ricoprirà lo stesso Facchetti. Altro aspetto pronto a testimoniare la grandezza atletica di Giacinto: non ha mai subito infortuni molto gravi, anzi potremmo dire che, salvo l’ultima stagione, i suoi acciacchi, sono stati ben sotto il livello morfologico di rischio per un atleta da sport di contatto. Ho visto il capitano dell’amata Inter quattro volte dal vivo e, per quattro volte, mi son chiesto quanto la televisione lo normalizzasse nel fisico. Era un atleta che ti lanciava ogni volta la domanda…… come fosse possibile essere così. Credo che a Scienze Motorie, anziché prendere ad esempio di studio i tanti artefatti di oggi, calciatori e non, sarebbe positivo l’acquisto di un cassa di filmati sul grande Giacinto. [b]L’atleta uomo [/b] Dire che Facchetti era un giocatore corretto, è il minimo. Oggi, un calciatore col suo fisico, non perderebbe occasione per dimostrarsi….roccioso. Giacinto marcava pulito, anzi le botte, sovente, era lui a prenderle.... ed assorbirle d’incanto. La pulizia dei suoi interventi, a memoria, ha un solo emulo in un altro giocatore della grande Inter: Aristide Guarneri. Sempre a memoria, credo che abbia subito meno di una cinquina di ammonizioni. Di sicuro una sola espulsione, nel 1975, non già per un fallo, bensì per aver applaudito ironicamente l’arbitro. Era il capitano perfetto, nell’Inter e nella Nazionale. Da notare che delle 94 presenze in azzurro (terzo di sempre), ben 70 le ha giocate con la fascia, un record. [b]Il dirigente [/b] Ieri ho sentito una dichiarazione di Massimo Moratti (che potrà essere un pollo per l’eccessivo filantropismo verso i giocatori, ma nessuno potrà dargli la patente di testa di caz.zo), che definisce un aspetto certo del suo rapporto con Facchetti: “Non ho fatto in tempo a ringraziarlo ulteriormente per tutta la pazienza che ha avuto con me!” Ecco, la pazienza, la bontà d’animo, il suo amore verso quella società che gli ha dato modo di esprimere compiutamente le sue grandi facoltà, sono i tratti evidenti del Giacinto dirigente. Le testimonianze e l’affetto che s’è guadagnato in tutti gli allenatori che Moratti con facilità ha defenestrato, sono la riprova della sua caratura di uomo, degno di quello che era stato come atleta. [b]Un aneddoto [/b] Un ragazzo della mia zona, che ha giocato nelle giovanili del Cesena alla fine degli anni settanta, nelle prime stagioni in bianconero, ebbe occasione di fare diverse volte il raccattapalle allo stadio Manuzzi. Bene, mi ha sempre detto che di quella esperienza, ricorda un solo giocatore, così gentile da ringraziarlo mentre gli porgeva o lanciava la palla per la rimessa in gioco: Giacinto Facchetti. [b]A Giacinto Facchetti [/b] Guardo gli altri dall’alto perché la natura m’ha fatto così ma non voglio essere diverso, ed allargo il cuore per toccare ciò che ci han dato per essere migliori fino a fare del sorriso una parola. Vorrei come tutti accarezzare il cielo ma m’accontento di un segno, di un grumo di lealtà per definirmi e sentirmi davvero uomo senza i luccichii apparenti così peggiori del buio. So che ogni mio gesto è guardato e vissuto da tanti, non posso confondere ed irridere è doveroso lasciare aperte le porte per le vie i cui lati sono tinti di rispetto e non disdegnano il sole. Sono fortunato nel mio cammino, è cosparso di fiori, gioie e speranze, sarebbe troppo avvilente farne luogo di dominio o tracciarne ripetuti gioghi per incontrare i sorrisi degli scolari boia. Abbracciare l’onestà della fatica consapevole del tanto ricevuto sapendo che nel mondo ci son crepe e sangue che non vivo per questo sono quel che sono ed ho fatto della tolleranza uno stile. Morris


nino58 - 05/09/2006 alle 08:29

Nel particolare dei rigraziamenti al raccattapalle c'è tutto il senso di una vita.


Andrea_Web - 05/09/2006 alle 08:36

Ci metteva classe anche nelle piccole cose. :clap:


lolloso - 05/09/2006 alle 11:34

l'aneddoto che ha raccontato morris sul raccattapalle dice tutto sulla classe di quest'uomo addio giacinto


Monsieur 40% - 05/09/2006 alle 13:12

[quote][i]Originariamente poetato da Morris [/i] [b]A Giacinto Facchetti [/b] [...]fino a fare del sorriso una parola[...] [/quote] Questo verso è stupendo, da brividi.


laperla - 05/09/2006 alle 19:04

Ciao Giacinto! Sei stato un Grande in vita, e lo sarai ancora di più da Mito!


marco83 - 06/09/2006 alle 19:04

Finalmente ho avuto un attimo di tempo per leggere il ritratto di Facchetti realizzato da Morris... che dire, sempre grande il buon Maurizio quando si tratta di dipingere una persona con la tastiera... grazie! :clap:


Delfino - 06/09/2006 alle 19:37

Caro Cipe, non sono riuscito a dirti quello che volevo, per paura di farti capire che il tempo era inesorabile e la malattia terribile. Scusami, ma credo che ti debba ringraziare soprattutto per la pazienza che hai sempre avuto con me. Per i tuoi occhi che sorridevano, fino alla fine, ai miei entusiasmi o all’ironia con cui cercavo di superare insieme a te momenti difficili. Pochi giorni fa, pochissimi, mi parlavi con un filo di voce - e con l’espressione di chi ti vuole bene - dell’Inter, proiettando il tuo pensiero in un futuro che andava oltre le nostre povere, ignoranti, possibilità umane. Qualche mese fa ti chiedevo un po’ scherzando un po’ sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace. Fantastico. Non ne era capace la tua grande dignità, non ne era capace la tua naturale onestà, la sportività intatta dal primo giorno che entrasti nell’Inter, con Herrera che ti chiamò Cipelletti, sbagliandosi, e da allora, tutti noi ti chiamiamo Cipe. Dolce, intelligente, coraggioso, riservato, lontano da ogni reazione volgare. Grazie ancora di aver onorato l’Inter, e con lei tutti noi. Massimo Moratti Fonte www.inter.it


Cascata del Toce - 06/09/2006 alle 20:39

Non sono interista... ma quando una sportivo come il Signor Facchetti, che ebbi modo di conoscere all'Arena di Milano anni fa, ci lascia non conta il colore di una maglia o una fede sportiva.. si deve salutare ed onorare uno che ha portato l'Italia per il mondo--- Arrivederla Presidente... Lei è stato un grande...


falco46 - 06/09/2006 alle 23:49

omaggio all'ex presidente dell'inter, grande uomo grande calciatore, è andato via a soli 64 anni, 1 grave perdita del nostro calcio, 1 dei + onesti, 1 uomo che al calcio in questo momento serviva!!!ciao giacinto!!!


Stef88 - 07/09/2006 alle 09:38

[b]X MORRIS[/b] il tuo intervento mi ha molto colpito..!! m sono permesso di riportarlo nel CicloForum citando la fonte (MORRIS cicloweb.it)..!! 6 UN GRANDE..!! :clap: :clap: :clap:


aranciata_bottecchia - 07/09/2006 alle 18:51

Grazie Morris


Monsieur 40% - 08/09/2006 alle 03:21

L'Inter ha fatto richiesta alla Lega Calcio per poter ritirare la maglia numero 3.


Andrea_Web - 08/09/2006 alle 08:20

[quote][i]Originariamente inviato da Monsieur 40% [/i] L'Inter ha fatto richiesta alla Lega Calcio per poter ritirare la maglia numero 3. [/quote] E' giusto così. :clap:


Delfino - 08/09/2006 alle 16:26

Ecco un'altro articolo tratto da http://www.inter.it Dopo l’autorizzazione della Lega Calcio è arrivata anche quella dell’Uefa per la Champions League 2006-2007. Come richiesto da F.C. Internazionale, la maglia numero 3, quella indossata per 634 volte da Giacinto Facchetti, è stata ritirata. Nicolas Burdisso, a partire da oggi, avrà la maglia numero 16. “Per me è un orgoglio essere stato l’ultimo calciatore dell’Inter ad aver indossato la maglia numero 3 – dichiara il difensore argentino -. Per me è un onore cambiare oggi il numero in rispetto di Giacinto Facchetti, un uomo, e non solo un presidente, che mi è stato molto vicino quando, anch’io come uomo insieme con la mia famiglia, abbiamo attraversato un periodo difficile”. Un gesto molto bello nei confronti di un grandissimo uomo


faberz10 - 08/09/2006 alle 19:22

Si può dire tutto il bene possibile di Facchetti, ma faceva anche lui parte del sistema, anche lui telefonava ai designatori.


Monsieur 40% - 08/09/2006 alle 19:26

Telefonare ai designatori non è un reato, né una "macchia"; è il contenuto delle telefonate che "sporca".


falco46 - 08/09/2006 alle 22:46

daccordo con mario! cmq mancano le prove, io sono del parere che tutti sono coinvolti, ono usciti però solo alcuni ke hanno pagato x tutti!cmq purtroppo questo è il nostro sistema...


aranciata_bottecchia - 09/09/2006 alle 00:46

[quote][i]Originariamente inviato da falco46 [/i] daccordo con mario! cmq mancano le prove, io sono del parere che tutti sono coinvolti, ono usciti però solo alcuni ke hanno pagato x tutti!cmq purtroppo questo è il nostro sistema... [/quote] cmnq, cr flc, ls ch t l dc, scnd m, ntrvnnd n qst md nl thrd, dmstr d nn vr cpt n czz. Snz rncr


Zpaolo - 09/09/2006 alle 00:54

:clap::clap::clap: a morris!!! e un ricordo affettuoso anche se tardivo a un grande capitano, da un grande tifoso.