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Autore: Oggetto: EugeRambler eccoti......Heini Hemmi, la "piuma delle nevi"...

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 16/03/2006 alle 00:58
Così, Eugenio, ormai per tutti l’Euge nostro ricognitore di quei monti che sono l’aspetto più palpabile dei miti del ciclismo, ha compiuto vent’anni. E’ l’età dei primi passi verso i sogni, è il periodo dove ci si sente leggeri, perché, con noi, convive la verve della naturalezza; è il periodo che dona alla profondità delle idee, la forza prorompente di crederle attuabili. Eugenio è una bella penna, vive lo sport con le medesime intensità di quei credi che lo trasportano verso la volontà di aprire porte ben più importanti, per cambiare in meglio una società ogni giorno più contraddittoria e sempre meno degli uomini. E’ desideroso di scoprire cosa vi sia dietro il mondo delle emozioni, tanto spesso presenti sul palmo del gesto sportivo e, per questo, ama provarle e tradurle per donarle a chi può leggerle, ripercorrendo nell’insieme del racconto e del cammino, un processo di simbiosi. Euge è qualcosa di più di uno dei tanti promettenti, lo ha dimostrato più volte, ed è da questa realtà che dobbiamo sentirci fieri, grazie a lui e agli altri magnifici giovani del sito, di trovarci a vivere con Cicloweb, uno spazio dove le passioni non scadono nella miopia e dove i giovani possono crescere senza le deviazioni riscontrabili altrove.

Il ventesimo anno dell’EugeRambler però, mi da l’occasione di portare su queste pagine un campione dello sport che il nostro virtuoso neo-ventenne mi ricorda ad ogni occasione d’incontro. Spesso mi chiedo il perché. Forse per la costituzione fisica di entrambi, minuta e propugnatrice di leggerezza; forse per il fatto che ambedue vivono nel mese di febbraio le loro ricorrenze, oppure perché il campione tracciò il suo raggio più luminoso nell’intorno dei miei vent’anni, sei lustri fa; forse ancora per il comune amore verso la precisione in una sottile ricerca di trovare nell’apparente stravaganza un tratto funzionale e traducibile. Chissà perché insomma, ma tant’é.
Il campione che mai dimenticherò e che i più vecchi ricordano bene, è uno svizzero, non ciclista, ma sciatore: Heini Hemmi. Un’anima bianca, unica nel suo genere, nonostante tutto, per fondere il contrasto con la sua lunga barba nera. Un uomo che si intona col tempo di questi giorni e con quella Torino, proprio la città d’Eugenio, che è stata splendida ed inaspettata palestra olimpica e lui, l’elvetico del cantone tedesco, tanto anomalo per i rami che i preconcetti traccian sugli svizzeri, nato, vissuto e vivente in Churwalden, là dove la già stupenda stazione sciistica guarda dall’alto la pista per slitte più lunga del mondo, è stato e sarà per sempre un Campione Olimpico.




Heini Hemmi, la "piuma delle nevi".

Heini nacque il 17 gennaio 1949, come detto, a Churwalden, un paesino a due ore d’auto dal confine italo-svizzero, che s’immerge nella neve per quasi tutto l’inverno. Era dunque fin troppo naturale vederlo il prima possibile con gli sci ai piedi. Il ragazzino però, scoprì ben presto che il suo fisico, gracilino e piccolo, non lo faceva un predestinato all’agonismo, ed anche il tempo e la sua pazienza, non riuscivano a cambiare le sostanze. Le prime gare furono inesorabili: tutto collimava sull’impossibilità di pronosticargli un futuro da evidente. In discesa non esisteva, nello slalom la poca potenza gli impediva di schizzare oltre i paletti e ben poco poteva la sua armoniosità. Sullo slalom gigante, scelto subito dal giovane Hemmi come specialità da amare, l’esigenza di possedere una certa velocità, cozzava col suo peso piuma. Insomma, un disastro, anche se i piazzamenti, grazie ad una sensibilità non comune verso quegli strumenti ai piedi, erano discreti. Heini, taciturno, ma simpatico, intelligente e con un innata devozione verso i frutti dell’osservazione, non si diede per vinto. Aspettò, cercando di costruirsi nel cervello le vie per stringere la mano ai pegni della sua passione. S’aggrappò alla barba che gli era crescita presto, prima dei coetanei e degli avversari, quasi a salutare il sopraggiunto punto d’arrivo dello sviluppo fisico. Ne fece un distinguo di maturità di fronte a chi lo guardava, tutti o quasi dall’alto in basso. Capì che doveva inventare qualcosa per recuperare il gap che lo separava dagli altri sulle piste e per interessare il mondo dello sci. Già, perché il suo status di giovanissimo maestro, confuso per il barbone coi colleghi più anziani, non era e non poteva essere la sua meta.

Come nella vita, anche nello sport, che dell’esistenza era e rimarrà solo un tassello, le difficoltà o la vera e propria disperazione, portano ad arguire le proprie facoltà e così Heini, col fisico ed il portamento di un hippy, trovò la strada per inventare. Certo, perché lasciando perdere l’impossibile discesa libera, quei paletti dello slalom e dell’amato gigante, andavano affrontati e superati nel minor tempo possibile. Guardò cosa accadeva, ogni giorno, proprio nella vita, su quelle strade più o meno frequentate e più o meno dense di altri ostacoli, in grado di determinare, a seconda delle scelte, il tempo di percorrenza fra partenza e destinazione. In fondo, una gara di gigante, era come una rappresentazione dell’ogni giorno. Arrivò così la folgorazione: grazie a quella semplice osservazione, spesso la via più lunga ma più libera per giungere alla meta, era nella realtà la più veloce, ed il tempo, alla fine, rendeva più efficace la scelta apparentemente peggiore. Ed allora, perché aggredire i paletti sulle “strade” degli sci? Perché raccogliere lo stress degli urti su quei bastoni e le conseguenti necessità di rilanciare il ritmo? Non era forse meglio fondare tutto sulla scorrevolezza? In fondo, sotto quegli strumenti non c’era asfalto, ma un soffice manto nevoso da leggere ed accarezzare per ricevere la spinta dettata dal pendio. Quella riflessione sull’osservazione costruì in Heini Hemmi un rivoluzionario: non avrebbe più affrontato i pali degli slalom come fossero una sfida, ma li avrebbe dribblati a distanza, azionando una velocità più costante sulle punte ideali, in grado probabilmente di azzerare e superare la maggior lunghezza del determinato percorso. Il piccolo elvetico alto 1 metro e 63 centimetri, con un peso non superiore ai 60 chili, cominciò così a far del nuovo stile il suo vangelo, ed i piazzamenti migliorarono al punto di suscitare il tanto agognato interesse della nazionale svizzera. Per lui s’aprirono, finalmente, le porte della Coppa del Mondo dove trovò la curiosità dei tecnici, ma anche tanta sufficienza circa gli effetti della sua innovazione. D’altronde, i piazzamenti di Heini, non proprio da predestinabile ad una costanza da podio, non favorivano processi imitativi. “Meglio così” – diceva a se stesso la “piuma delle nevi” elvetica. Intanto, si godeva nel silenzio quei miglioramenti che sentiva ogni giorno più tangibili accanto a sé e che si tradussero, nelle tre settimane d’intorno al suo ventunesimo compleanno, in un quinto posto nello slalom di Wengen, addirittura in un quarto nel gigante di Kranjska Gora e nel nono fra i pali stretti di Madonna di Campiglio. Un terno che lasciava presagire qualcosa, soprattutto per lui e per i suoi progetti.



Le stagioni successive di Heini però, furono magre di risultanze: solo un ottavo ed un nono posto in slalom nel ’71 e ’72 e poi una vera e propria scomparsa nel ’73 e ’74. La realtà non era così nera, in quanto spiegabile con qualche malanno e, soprattutto, nella volontà di affinare il nuovo stile lungo le piste di Churwalden, ai margini della sua attività di maestro di sci. L’inventore Heini, trascinò sui suoi passi il fratello Christian, di cinque anni più giovane, con un fisico ben più attrezzato, ma di gran lunga inferiore come sensibilità sciistica. Il maggiore degli Hemmi, cercava il momento per considerarsi interiormente pronto a ritornare, con velleità, nel grande circo bianco di Coppa del Mondo. All’alba della stagione ’74-’75, a quasi ventisei anni, si riguadagnò la nazionale e le sue risposte sulle piste furono di spessore. Ad Adelboden, in quel gigante che già al tempo poteva essere considerato come il mondiale annuale della specialità, giunse ottavo, ma con una grande seconda manche, quindi, sempre sull’amato gigante, finì quarto a Fulpmes e a Naeba, per chiudere l’anno con un grande secondo posto a Garibaldi, in Canada, dove solo l’enfant prodige svedese Ingemar Stenmark, riuscì a stargli davanti.

A metà degli anni settanta, lo sci alpino mondiale poteva contare su autentici campioni, forgiati sulle qualità che la natura aveva donato loro: non erano ancora arrivate le punture o le fiale spargimuscoli e resistenza, c’era l’improvvisazione del gesto ed una ricerca ancora empirica, naturalmente più genuina per quel messaggio intriso di contorni e sensibilità condensabili col mondo dell’arte. C’erano uomini che avevano fatto degli sci una necessità che superava i richiami comunque esistenti ed insistenti nel confronto agonistico. Si vivevano gli ultimi fuochi di un’antropologia, poco dopo seppellita sull’altare dei conti e di quell’orrida matematica che, qui, come nell’intero intorno umano, ha cancellato la bellezza e l’intelligenza positiva, per la crudeltà di un progresso quasi sempre amico dei cinici e dell’applauso blasfemo dei fessi. Fra i paletti dell’amor di Heini, si muovevano le gesta di interpreti sontuosi, alcuni dei quali in grado di cambiare il volto di una gara sulla spinta degli stimoli inventivi. Su tutti, quattro si facevano preferire: gli italiani migliori di quella che al tempo era veramente la “valanga azzurra”, ovvero Gustav Thoeni, di Trafoi, uno che faceva parlare gli sci, piuttosto che la sua nasale voce e la confusione d’una lingua, l’italiano, che lo richiamava a sforzi più impegnativi di una scalata alla Marmolada e Piero Gros, piemontese di Sauze d'Oulx, esuberante e virtuoso, con fare tanto birichino quanto efficace nella danza fra i paletti. Ai due azzurri, s’aggiungeva l’austriaco Hans Hinterseer, di Kitzbuel, un figlio d’arte (il padre Hernst era stato un gran campione a cavallo degli anni sessanta), tanto lineare sugli sci, quanto amato dalle donne, a cui stava per dedicarsi sulla scia del leggendario connazionale Tony Sailer, attraverso un’altra forma artistica: la musica folk. Il quarto, il più giovane di tutti, Ingemar Stenmark, veniva da Tarnaby, in Svezia, una terra che anteponeva, per scelta oltremodo ovvia, lo sci nordico a quello alpino. Era un ragazzone perennemente sorridente, ma dentro quel corpo e sulla sua scia, aveva già fatto capire quanta leggenda fosse pronto a narrare; uno che pareva la simbiosi della perfezione fra le carezze, la forza e l’abilità che lo sci, da sempre, richiede. Proprio lo svedese, col linguaggio dell’istinto che solo i supremi possiedono a iosa, guardava il piccolo barbuto svizzero come un geniale e, senza ricercarsi, aveva già interiormente deciso di copiarne le traiettorie, le più efficaci per esaltare il suo motore alato, il migliore mai visto da chi scrive.



La stagione che avrebbe portato all’Olimpiade di Innsbruck, s’aprì dunque sul segno di quel quadrilatero dominante fra i paletti, di Heini Hemmi, solo la traccia della simpatia che il suo essere barbuto puntino, tracciava sulle nevi: l’osservatorio non lo vedeva proprio.
L’appuntamento olimpico rappresentava per Heini un obiettivo assoluto: sapeva bene che le sue 27 primavere erano troppe per pensare ad una prossima occasione. Sicuro della selezione in virtù della grande stagione precedente, cercò di affinare al massimo il suo stile originale e di raggiungere la forma pian piano. Giunse a gennaio senza particolari piazzamenti, ma era quello il mese su cui affondare un poco, soprattutto in gigante. Arrivarono così i settimi posti di Adelboden e Morzine, seguiti dal sesto di Zweisel: quanto bastava per sentirsi pronto per la gara dei cinque cerchi.

Lo storico oro di Innsbruck
L’incantevole città austriaca, si preparò alle Olimpiadi, elevando fra il verde ed i monti che la guardano come protettori, piste ed impianti tra i più avveniristici della storia dei Giochi. La discesa libera maschile, prima gara del programma olimpico, che proponeva uno dei tracciati più difficili che i nostri occhi abbian mai visto, si concluse con la vittoria di Franz Klammer sull’immenso stilista svizzero Bernard Russi e l’italiano Herbert Plank, confermando appieno quelli che erano i pronostici della vigilia. Alla luce di quella gara, le impressioni dell’osservatorio per lo slalom gigante che si sarebbe svolto in due giorni, il 9 e 10 febbraio, si cementarono ulteriormente sui nomi dei quattro più possibili, ovvero Thoeni, Stenmark, Gros e Hinterseer, col possibile inserimento, semmai, dell’italiano Franco Bieler che, 20 giorni prima nella prova di Coppa del Mondo di Morzine, aveva dato segno di grandi condizioni di forma. Agli svizzeri e ad Heini Hemmi in particolare, nemmeno il ruolo di outsider. La prima manche, abbastanza lineare, ma resa impegnativa dal fondo molto ghiacciato, sconvolse una buona fetta delle previsioni sui favoriti. Hinterseer affondò completamente, Stenmark un po’ meno, ma accumulò un ritardo enorme. Non andò molto meglio a Piero Gros, anch’egli seppellito da un distacco di un paio di secondi dalla testa. A salvare le previsioni della vigilia, il primo posto di Gustav Thoeni, capace di scendere al meglio della sua fama e lasciare lo svizzero Ernst Good, secondo, a 41 centesimi. Il terzo della graduatoria di manche, a 1”22 dal grande sciatore di Trafori, fu proprio il barbuto ed inaspettato Heini Hemmi. La discesa del maestro di Churwalden, così anomala rispetto a quella dei più, non destò interesse nemmeno di fronte alla constatazione di una posizione in graduatoria che avrebbe dovuto far riflettere. Nei commenti della serata, in considerazione dei distacchi, si dava a Thoeni la pressoché certa vittoria, a Good qualche chanches per una medaglia, mentre al piccolo con la barba, dallo stile più originale del cast, solo il ruolo di sorpresa di manche. Il giorno dopo però, successe di tutto.



La seconda manche era di 300 metri più corta della prima, ma presentava un percorso con dieci porte in più (73 invece di 63), angoli molto evidenti, ed a metà, una gobba spacca-ritmo. Fra i grandi, il primo a scendere fu lo svedese Ingemar Stenmark, che interpretò il percorso con la foga di chi deve recuperare e lo stile di quello svizzero ancora troppo sconosciuto per il grande circo, ma non per lui. Lo scandinavo fece un tempone che lo collocò con ampio margine al primo posto parziale. Piero Gros, anch’egli bisognoso di una grande prestazione, si distese come se i pali fossero quelli dello speciale e, ben presto, uscì di gara. La manche andava dunque interpretata facendo della scorrevolezza il perno sul quale costruire ogni movimento e traiettoria. S’arrivò così ai tre del podio parziale. Il primo a scendere fu proprio Heini Hemmi. La barbuta piuma delle nevi, presentò al mondo il suo modo di sciare rivoluzionario. La sua discesa fluida come nessuna, accarezzò il percorso e dribblò le porte come se fosse una gara di pattinaggio. Stupì anche gli scettici per la costanza della sua velocità e per l’armoniosità con la quale impose agli sci di andare a braccetto con la neve. Quando giunse al traguardo, pur perdendo 66 centesimi nel tempo di manche a vantaggio di colui che più di ogni altro potrà esser considerato, chissà per quanti anni ancora, il più grande della storia fra i pali degli slalom, si collocò al primo posto, sicuro dunque di una medaglia. Ernst Good, lui davvero alla gara della vita e vera sorpresa di quella giornata (chiuse la carriera senza aver vinto nessuna prova di Coppa del Mondo) si difese al meglio, ma pur riuscendo nell’impresa di star davanti a Stenmark, non riuscì a contenere la grande prestazione del connazionale, finendogli dietro di 20 centesimi. Fra Hemmi e l’oro, rimaneva solo il gardenese Thoeni. L’asso di Trafoi, olimpionico uscente, colui che più di tutti pareva leggere ogni gigante dall’alto di una classe cristallina, non riuscì, invece, ad interpretare il tracciato. Ingaggiò una lotta coi paletti e gli angoli, senza riuscire a trovare la chiave migliore per dar velocità alla sua azione. In ritardo ad ogni intermedio, finì per giocarsi il titolo olimpico e qualsiasi medaglia, chiudendo sul legno del quarto posto: Heini Hemmi era il nuovo monarca a cinque cerchi!
Come per il saltatore in alto Dick Fosbury nel ‘68, la gara olimpica, aveva presentato un vincitore dallo stile rivoluzionario, eppure, ancora una volta, una parte dell’osservatorio, non riusciva a notarlo, giudicando Heini, un vincitore tanto sorprendente quanto probabilissima meteora. Ma non fu così.

I top-height del Gigante Olimpico di Innsbruck
1. Heini Hemmi SUI 3’26”97
2. Ernst Good SUI 3’27”17
3. Ingemar Stenmark SWE 3’27”41
4. Gustav Thoeni ITA 3’27”67
5. Phillip Mahre USA 3’28”20
6. Engelhard Pargátzi SUI 3’28”76
7. Fausto Radici ITA 3’30”09
8. Franco Bieler ITA 3’30”24

Heini Hemmi consolida la sua rivoluzione
La rivincita olimpica venne servita a Mont Sant Anne, in Canada, un mese dopo Innsbruck, ed il risultato diede occasione alla barbuta “piuma delle nevi” elvetica, di smentire quella parte dell’osservatorio che lo vedeva come vincitore fortunato e casuale delle Olimpiadi. Heini vinse quel gigante con quasi 3” di vantaggio su Piero Gros, quasi 4” sul connazionale Good ed a quasi 5” finì Stenmark! Fu proprio lo svedese a dichiarare che il piccolo svizzero “stava insegnando a tutti come si deve interpretare uno slalom gigante”. La stagione seguente fu la consacrazione di Hemmi, che vinse in Coppa del Mondo in Val d’Isere, ad Ebnat Kappel e sullo storico tracciato di Adelboden. Ai tre successi, aggiunse i secondi posti di Garmisch e Sierra Nevada, ed il terzo di Sun Valley. A fine stagione si fregiò della conquista della Coppa di specialità. A quel punto, anche chi aveva sostenuto fosse una meteora, fu costretto a ricredersi. Nel frattempo, sulla sua scia, anche il fratello minore Christian iniziò a piazzarsi fra i migliori, pur dimostrando di non riuscire ad interpretare al meglio l’invenzione di Heini.
Nel 1978, l’esplosione del talento di Ingemar Stenmark, costrinse il maggiore degli Hemmi ad un’infinità di piazzamenti: tre secondi posti, quattro quarti posti ed un quinto. Soprattutto finì quarto ai mondiali di Garmisch e quel risultato lo convinse a chiudere con la stagione successiva.



L’ultimo anno d’attività della “piuma delle nevi” a cui ormai tutti avevano copiato lo stile, fu comunque denso di prestigio. Nei dieci giganti di Coppa del Mondo, salvo in un paio d’occasioni, chiuse sempre fra i primi cinque, ed il 19 marzo 1979, sul pendio di Furano, in Giappone, a 30 anni già compiuti, recitò il suo ultimo canto, giungendo secondo dietro a Stenmark, ovvero a colui che più di ogni altro, fece divenire la sua invenzione, la perfezione dello sci fra i paletti o le porte. Heini Hemmi si ritirò ad insegnare e ad avviare un’attività commerciale fra i suoi monti, lasciando ad altri il compito di rendere immortale il suo gesto. Ma chi ha avuto la fortuna di vederlo mentre accarezzava la neve, non scorderà mai quella sua versione. Un grande.

Morris

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 16/03/2006 alle 08:54

MI VIENE DA POSTARE SOLO QUESTO PER IL SOLITO IMMENSO MORRIS!!!!!

 

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EROE DEL GAVIA

A 2 Km dalla vetta mi sono detto "Vai Marco o salti tu o salta lui...E' saltato lui.
Marco Pantani.Montecampione 1998

27/28/29 giugno 2008...son stato pure randonneur

!platonicamente innamorato di admin!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 16/03/2006 alle 09:46
Come sempre, grazie Morris per averci fatto conoscere un altro mitico personaggio dello sport, e grazie anche per le bellissime parole spese per Euge e Cicloweb

(PS: quando Euge aveva la barba gli assomigliava, eccome! )

 

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"Se hai la fortuna clamorosa di diventare un cronista di ciclismo, non puoi fare a meno di essere coinvolto, trascinato in una passione infinita, irrinunciabile, che ti segna per sempre" - Pietro Cabras

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Livello Moreno Argentin




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  postato il 16/03/2006 alle 09:57
Il Mitico gnomo volante!! Mi commuovo!! A questo punto però mi tocca chiedere un paio di altre biografie... Connors (che con Agassi comprerà le coppe di Borg per donarle a Wimbledon) e Kareem...
 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 16/03/2006 alle 10:53
Può un "nano" essere un "Gigante"? Nel caso di Hemmy si.
La Svizzera ha sempre avuto grandi gigantisti. Ovvero grandi sciatori, essendo il "gigante" un pò il compendio di ogni qualità sciistica. Potenza, tecnica, sensibilità.
Fra i grandi gigantisti che ricordo mi sovvengono i vecchi Willy Favre, Dumeng Giovanoli e Edmund Bruggman, Werner Mattle, Heini Hemmy (il "nano") Ernst Good, Peter Luescher, Maximilian Julen, Pirmin Zurbriggen, Pauli Accola, Urs Kaelin, Michael Von Grueningen, forse il più grande. Hemmy, come ricorda Morris, rivoluzionò il modo di sciare. Senza fisico (poco più di 1,65 di altezza..) divenne il re del Gigante. incredibilmente, caro Morris, un "nano" arrestò definitivamente la "valanga azzurra". Ciao!!

 

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pedala che fa bene.....

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 16/03/2006 alle 11:20
grazie morris...un pensiero davvero eccezionale.
ricordo che mi promettesti di metterti subito al lavoro il giorno del mio compleanno e le parole che sìsei riuscito a tirare fuori sono per me immenso motivo di orgoglio.
peccato che io dello sciatore abbia ben poco: la prima, e fin'ora, unica volta che ho messo un paio di sci ai piedi, sono cascato facendomi anche parecchio male ad un ginocchio...però andavo forte per essere il battesimo sulle piste (chiedere a elisa per conferma).

ti saluto immenso morris e ti ringrazio di nuovo. ah no, ora che mi viene in mente: hanno visto il video del bondone i gaul?
saluti ancora.
a presto.
euge

 

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Eugenio Vittone, EROE DEL GAVIA

E' famosa la risposta che George Leigh Mallory diede ai giornalisti che gli domandavano perchè volesse andare sull'Everest. "Perchè c'è", disse semplicemente.

 
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  postato il 16/03/2006 alle 23:40
Che bello questo Thread, grazie Morris per avrsi fatto conoscere le gesta di questo campione davvero speciale, anzi "gigante". da lui possiamo imparare che possiamo crearci qualunque futuro senza dover essere schiacciati dai dogmi delle convenzioni.

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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  postato il 17/03/2006 alle 01:00
Un altro racconto stupendo,si puo' dire solo GRAZIE!

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 17/03/2006 alle 11:04
Come mi fece soffrire quel giorno il folletto del bosco !
Aveva gli sci che pesavano più di lui ma come li faceva scorrere !
Non calcava mai !
Anche a me pare che se Stenmark è diventato lo Stenmark delle 86 vittorie in coppa lo debba molto a lui, oltre che a madre natura.

 

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nino58

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 17/03/2006 alle 21:47
Originariamente inviato da nino58
Anche a me pare che se Stenmark è diventato lo Stenmark delle 86 vittorie in coppa lo debba molto a lui, oltre che a madre natura.


non sono un tecnico e quindi non posso dire se Stenmark copiò lo stile di Hemmi, però Stenmark era già un grande prima delle Olimpiadi del 1976: nel 1975 aveva perso la Coppa solo nel parallelo di Valgardena e nel 1976 l'avrebbe vinta a mani basse.

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 18/03/2006 alle 10:24
Che Stenmark abbia istintivamente copiato lo stile di Hemmi, non toglie nulla alla sua grandezza: per me, anche se l'ho fatto capire nel ritratto della "piuma delle nevi", lo svedese, resta il più grande sciatore, fra i pali e le porte, di tutti i tempi.
Così come Heini Hemmi.....rimarrà un perenne gigante della storia dello sci.

 

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 17/11/2007 alle 17:41
Oggi e domani, sono i compleanni di due grandi dello sci. Due icone indimenticabili che seppero andare oltre i confini del loro sport. Due poeti delle nevi….
Non potendo inserire un loro ritratto per motivi che, tortocollo, devo trovare ragionevoli, aggancio le loro ricorrenze a questo thread, anche per stare in sincronia con la stagione degli sport “bianchi”….


Oggi, Anton Sailer detto Toni (Kitzbuhel, 17 novembre 1935) compie settantadue anni.



Soprannominato “Il lampo di Kitzbuhel, fu il primo sciatore (l’altro è Jean Claude Killy) a vincere tutte e tre le gare di sci alpino alle Olimpiadi invernali (discesa libera, slalom speciale e slalom gigante). Accadde ai Giochi di Cortina d’Ampezzo nel 1956.

Il suo Palmares:
Olimpiadi: 3 Ori (1956)
Campionati Mondiali: 4 Ori (1 nel 1956 e 3 nel 1958) 1 Argento (1958)

Finita la carriera divenne un valente attore.





Domani, Karl Schranz (St. Anton am Arlberg, 18 novembre 1938), compirà 69 anni.



Aldilà del palmares copioso, Karl, rappresenta ai miei occhi uno sciatore che all’efficacia sapeva unire uno stile da favola. Ancora oggi, il suo modo di sciare, andrebbe proposto per le lezioni teoriche. Paradossalmente guascone e gentile, ha segnato un decennio per polivalenza (solo in slalom non vinceva, ma si piazzava così bene, da raggiungere….. l’oro in combinata) e protagonismo. Un riferimento della mia fanciullezza.

Palmares:
Olimpiadi: 1 Argento (Innsbruck 1964)
Campionati del mondo: 3 Ori, 1 Argento, 1 Bronzo
Coppa del Mondo: Vincitore della Coppa Generale nel 1969 e 1970 – Vincitore della Coppa di discesa libera nel 1969 e 1970 - Vincitore della Coppa di slalom gigante nel 1969. In totale 11 vittorie singole (8 in discesa e 3 in gigante), 3 secondi posti, 8 terzi posti.


Finita la carriera divenne albergatore in St Anton. Attività che svolge ancora oggi.

 

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Livello Gino Bartali




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  postato il 17/11/2007 alle 20:19
Magari se ne parla già in altre ezioni, ma non ne ho torvate, sapete darmi informazioni su Suter? Ciclista svizzero vincitore se non sbaglio di 7 Gp di Zurigo?
 
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Utente del mese Aprile 2010




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  postato il 17/11/2007 alle 21:35
Qua: http://www.cicloweb.it/forum/viewthread.php?tid=1490

 

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 19/11/2007 alle 01:00
Originariamente inviato da Greg Lemond

Magari se ne parla già in altre ezioni, ma non ne ho torvate, sapete darmi informazioni su Suter? Ciclista svizzero vincitore se non sbaglio di 7 Gp di Zurigo?


Di Henri Suter ne ho parlato qui:
http://www.cicloweb.it/forum/viewthread.php?tid=6804

 

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Livello Fausto Coppi




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Registrato: Jan 2005

  postato il 09/04/2010 alle 17:48
Sono passati 4 anni ormai, sembrano un'eternità.
Mi sono messo di grande impengo, ora so sciare e a quello gnomo barbuto ci assomiglio pure un po'

 

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Eugenio Vittone, EROE DEL GAVIA

E' famosa la risposta che George Leigh Mallory diede ai giornalisti che gli domandavano perchè volesse andare sull'Everest. "Perchè c'è", disse semplicemente.

 
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Livello Fausto Coppi




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  postato il 09/04/2010 alle 18:06
SO SCIARE è una affermazione un po' forte.. Diciamo che infili i piedi negli scarponi e gli scarponi negli attacchi Coniglietto, alla fine non abbiamo fatto nemmeno una giornata di neve quest'anno!!

 

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..vince, trionfa! Alza le braccia al cielo!!
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Asso di quadri
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Livello Fausto Coppi
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  postato il 10/04/2010 alle 02:05
Originariamente inviato da EugeRambler

Sono passati 4 anni ormai, sembrano un'eternità.
Mi sono messo di grande impengo, ora so sciare e a quello gnomo barbuto ci assomiglio pure un po'


Un ardito del Gavia, dopo aver intenerito i cuori montani di folle entusiaste, doveva proprio giungere ad una simile ammissione? Un autogol pazzesco in termini di marketing, caro Rambler!
Era meglio aspettare, allenarti in silenzio e sorprendere tutti con una esibizione di linee in perfetto stile gnomo, sulla Streif di Kitzbuhel. Ed a quel punto, i palati fini dell’osservatorio sciistico, avrebbero digitato in tutto il mondo che un nuovo Henni Heimi, dall’Olimpica Torino, s’era elevato a riferimento di altrettante nuove emozioni.
Così, caro Rambler, sarai perennemente il tordo delle simpatiche battute di Uffa!

Mi hai deluso....

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 10/04/2010 alle 09:55
Quel Fuffa lì è un concentrato d'invidia pronto ad esplodere in rumorose rosicate ad ogni nuova impresa del giovane Rambler.
I suoi spernacchiamenti sono la mia forza. E domani gliela faccio proprio sotto il naso, in casa del nemico!

 

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Eugenio Vittone, EROE DEL GAVIA

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 10/04/2010 alle 10:21
Originariamente inviato da EugeRambler

Quel Fuffa lì è un concentrato d'invidia pronto ad esplodere in rumorose rosicate ad ogni nuova impresa del giovane Rambler.
I suoi spernacchiamenti sono la mia forza. E domani gliela faccio proprio sotto il naso, in casa del nemico!


Azz... questo sì che è un atto da barbuto gnomo torinese!
Max Blardone è avvisato....
In attesa di Uffa, naturalmente....

 

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  postato il 10/04/2010 alle 10:48
Caror Morris, visto che Euge, grazie al 3D dedicatogli diventerà un provetto sciatore, a me toccherà diventare un pivot di basket NBA come Manute Bol?

Mi sa che ho qualche possibilità in più io!

Cazzarola, io non ho mai sciato, a meno che, scendere lungo un pendio innevato con le terga affondate in una camera d'aria non sia considerato sciare

 

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Vorrei morire in bici, in un giorno di sole, dopo aver scalato una di quelle montagne che sembrano protendersi verso il cielo, mi adagerei sull'erba fresca senza rimpianti, attendendo con serenità il compiersi del mio tempo. Non importa se sarà ...oggi o tra cent'anni, avrò in ogni caso trovato il mio giorno perfetto.

 
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