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Autore: Oggetto: Per l'architetto Claudio: Giampaolo Verdi

Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




Posts: 4217
Registrato: Oct 2003

  postato il 25/11/2005 alle 13:25
Potrei prendere una sonora stecca, ma devo aver letto, o sentito, che il corridore della foto in calce, fosse un amico dell’architetto più pazzoide, virtuoso e geniale incontrato nel mio intorno di vita. Il soggetto, a cui dedico questo miniritratto, è, ovviamente, il nostro Claudiodance, un nick che echeggia chissà perché moderni musical, quando in realtà è una semplice sommatoria del nome e di parte del cognome reali.
Strano a dirsi, ma il Claudio Dancelli, prima di riqualificarsi agonista di Girade, bicirallysta di Caedagne, o di ritemprarsi attraverso il fruscio dei ricordi che solo lui sa raccontare con sublimi intrecci di sensazioni e ironia, era pur sempre un volonteroso apprendista corridore dall’ingombrante agnomen. Non si direbbe, viste le risultanze sempre sottolineate da par suo, ma quello che la strada non seppe per lui tracciare in sincronia col cognome, lo lasciò la sua curiosità e la sua sete di conoscere retroscena di personaggi vissuti in lui come attori d’un copione che par sentire con artistica immanenza. L’itinerario di missaggi lungo la dorsale che dal lago d’Iseo si immette nel romanzo del ciclismo, formando nel Dancelli non campione in bicicletta un mazzo di quesiti, è davvero contagioso per uno come me. Certo, il tempo lungo come il segmento che può tracciare un bimbo di quinta elementare sul quaderno, ed i pensieri dei miei continui infortuni di cammino, mi costringono ad interlocuzioni lente e simili al tempo della memoria svanita, ma qualche fuocherello ritorna a circolare e per l’architetto simpatico, graffiante e fantasioso, qualche sorpresella riemerge.

Eccolo qua, il corridore ben più vero del Dancelli forumista, ma di lui amico. Non si tratta d’un omonimo del nostro architetto: come ben si vede, non è il fantasioso e grande Michele, tanto veloce e scaltro in bicicletta, quanto “odisseo” verso l’accattivante e coinvolgente pianeta femminile. E manco si tratta di tal Alessandro Dancelli, anch’egli bresciano e buon corridore dilettante nel cuore degli anni novanta. Il tipo, ha un cognome che spinge verso quell’inno nazionale mai diventato tale, per la non nobilissima scelta d’una marcetta, ed è un personaggio che ricordo come la versione ciclistica reale, di tanti tratti caratteriali e vispi del nostro Claudiodance.
Bèh….è ora che le solite personali divagazioni che mi portarono in dote l’appellativo di “Dottor Divago”, lascino posto alla concretezza delle generalità di questo corridore: Giampaolo Verdi.


Giampaolo Verdi

Si nascondeva dietro due lenti che ti ricordavano immediatamente Laurent Fignon, il biondino francese che, dopo i fasti vissuti con Eddy Merckx, m’aveva fatto riscoprire il tifo. Di Giampaolo Verdi non conoscevo nulla, ero appena uscito da tre lustri di vita politica, dove avevo quasi del tutto cancellato, per mera impossibilità, l’interesse verso il mondo dei dilettanti.
S’era agli inizi degli anni novanta, quando, finalmente, la mia quotidianità si poté dischiudere su piste, palestre e campi, lasciando agli asfalti lo spazio per narrare quello che in me conviveva dai tempi del triciclo. Già, in tanti anni, il vecchio PCI, mai mi aveva chiesto qualche riga per l’Unità, anzi il mio leggere la Gazzetta, era un distinguo portator di nasi arricciati, ed anche lì, mi resi conto di quanto Berlinguer, l’uomo che più ho stimato, ed al cui cospetto D’Alema, Veltroni e l’ossuto Fassino non superano il l livello di pasta frolla, fosse avanti gli altri. Un giornale quotidiano, le cui velleità erano tali da ambire all’oscuramento di un concorrente il cui nome richiamava il resto di una moneta di poco valore, mi aveva aperto le porte, lasciandomi scrivere tutto quello che volevo: dagli amati asfalti, praterie di “ruote a razze”, ai placcaggi; dalla nobiltà dei movimenti del corpo, a quella della scherma pugilistica. Insomma, ero un uomo che dai trentacinque anni, era stato riportato ai venti.
Una domenica di quelle che dall’inverno del calendario ti portan dolci carezze primaverili, andai per scrivere sul Circuito dei Monti Coralli, dove era di scena il “Giro Ciclistico Città delle Ceramiche”, una classica per dilettanti del faentino. Ai colori ed al fruscio delle ruote mi ero già riabituato dopo anni di ibernazione, alle cadute un po’ meno. Il cast di quella corsa era ottimo, perlomeno per quello che avevo capito dai corsi accelerati di conoscenza che mi ero imposto, ma di Verdi il più pieno anonimato. Non così la visione del riscaldamento pregara, dove quegli occhiali alla Fignon, pur collocati su uno sfondo riccioluto e crespo di color castano, mi avevano stuzzicato la curiosità di vedere quella versione italiana del professoressino parigino. Il Verdi era già un anzianotto nella categoria, ma io ancor non lo sapevo. Pedalava davanti e ciò me lo fece immaginare come il classico e comune dilettante, pronto a preparare una sortita anticipata per farsi vedere e poi, ripreso, ritirarsi. In altre parole, dubitavo assai sulla qualità dell’occhialuto. Il circuito, facile, nonostante una salitella, non provocava selezione, ed era fin troppo logico domandarsi come fosse possibile una soluzione diversa da quella del volatone. La giornata, più calda del solito di stagione, incentivò il ricorso alle borracce direttamente distribuite dai classici box immaginari, quel pomeriggio collocati a nicchia fra un mare di folla.
Camminai a lungo per cercare una posizione felice all’osservazione di quelle facce, interne e significative, che ogni corridore lancia esterne. C’è sempre un punto che ti fa capire cosa c’è dentro ogni singolo in corsa e quel punto sta quasi sempre nei paraggi dei “borracciai”. Trovai finalmente la posizione ideale nelle adiacenze di una curva con l’asfalto in evidente pendenza: una svolta abbastanza spaccaritmo, da preparare bene. Lì, c’erano i rifornitori che avrebbero potuto assistere anche il sottoscritto, così impegnato a parlare, fra richieste e storia, ad ogni intervallo fra un passaggio e l’altro. Certo, parlavo, ma ero pure impegnatissimo ad osservare, soprattutto quei tipi che la povertà dei team, non si poteva permettere professionali, i borracciai appunto. Gente spesso improvvisata, accompagnatori, magari parenti dei corridori, ma non sempre capace di quel gesto “dolce e fermo” che impone il passaggio di una borraccia in corsa. Gesto banale all’apparenza, ma tutt’altro che ovvio. Vidi un tipo con la tremarella ed una borraccia in mano e mi scappò un affermazione: “Quel tizio prima della fine della corsa fa un macello”. “Ma dai, non cadrà nessuno” – s’affrettò a rispondermi uno che fino a quel momento s’era bevuto i miei tasselli sulla storia di Eddy Merckx. “Sarà, ma una borraccia piena che rotola in mezzo al gruppo è come una pallottola” – aggiunsi convinto. E così fu. Nel giro successivo, il signore tremolante lasciò la presa del contenitore, ben prima che il suo corridore, in terza posizione, potesse afferrarla e questa cadde rotolando velocemente in mezzo al gruppo. Qualche scarto e poi l’inevitabile impatto con una ruota: era quella di Giampaolo Verdi. La caduta, le sue urla di dolore, nonché la frattura “dell’osso del ciclista”: la clavicola.
Gli andò comunque bene, perché nessuno gli finì addosso. La ressa impedì al sottoscritto di prendere a male parole l’imbranato borracciaio.
Quell’epilogo mi spinse ad informarmi meglio su Giampaolo e le voci d’ambiente mi parlarono di un “cagnaccio”, il classico modus tipicamente ciclistico e romagnolo in particolare (vero Cassani?) di definire un tosto, un furbo, uno dalle sette vite. Ed effettivamente, quello che mi si diceva su Verdi, andava dritto nella direzione dell’interesse, perché il ciclismo non è solo campioni o gregari, ma uno spaccato di stravaganze e qualità non sempre collegabili al fisico, specie fra i dilettanti. L’occhialuto bresciano alimentava la mia curiosità, ma il ritmo crescente del mio lavoro in Polisportiva, mi impedì di coltivare con dovizia quella spinta, ma sarebbe arrivata prima o poi, l’occasione d’approfondire.

Nel caldo torrido di luglio ‘91, per una testata di proprietà d’un uomo che il tetro e sordo destino italico, volle proprio due anni dopo suicida, senza stuzzicar negli investigatori il più che probabile omicidio, mi ritrovai in quel di Sant’Ermete, nel riminese, là dove si correva un’insorgente gara, già classica al punto di radunare una bella fetta del gotha dilettantistico italiano: la Coppa della Pace-Trofeo F.lli Anelli. Un gran bel percorso, duro a sufficienza per far emergere la qualità orizzontale d’un corridore, ben lungi dal solito specialistico, sul quale si stava avviando il ciclismo. Bèh, proprio lì, rincontrai la “rimembranza parigina” di Moniga del Garda, il “cagnaccio” Giampaolo Verdi. Il ragazzo, ormai anziano per la categoria, con già oltre un quarto di secolo alle spalle, ed ovviamente ignaro dell’osservatorio da me elevato, mi rispose nei fatti come meglio non si poteva. Quella faccia da furbetto e quegli occhiali pronti a mimetizzare intenzioni, tattiche e sofferenza, per ergere un tridimensionale dall’odor di biblioteca, furono uno spettacolo di come si può interpretare al meglio una gara, ben sapendo di non aver il patrimonio dei più forti. Tirò le corde dell’intelligenza come gli acuti chitarristici di David Gilmour, il colpo d’occhio d’un tiratore di volo a dispetto della miopia e l’anticipo d’un Andrè Agassi, finendo per immortalarsi in un finisseur ciclistico proprio su quell’emulo che non avevo intuito immediatamente: Jan Raas. E già, dell’occhialuto olandese, aveva riproposto, in versione dilettantistica e minore, la Sanremo ’77, andando a vincere accompagnato dall’applauso, poco gradito dai giornalistici romagnoli, del sottoscritto.
Parlar con lui a fine corsa: per l’ottica dei taccuini o dei più numerosi piccoli registratori, fu come anticipare di 14 anni l’incontro con Claudio Dancelli, l’architetto. Gli inviai le telecamere orientando le domande per far raccogliere quel personaggio che, per me, l’evidenza partoriva a fiotti. Giampaolo Verdi, in persona, era proprio il Raas della gara: intelligente, scaltro, furbo, depistatore, simpatico, ma pure carognetta come il “cagnaccio” del romanzo ciclistico.
Da quel giorno continuò a vincere: quattro corse nel ’92, due nel ’93, 2 nel ’94 e tutte più o meno col fare di quella giornata riminese di luglio ’91. Chiuse la carriera nel ‘95, quando le primavere erano ormai trenta, essendo nato a Desenzano sul Garda il 4 aprile 1966.
Insomma, pur rimanendo nell’incertezza di una possibile stecca, questo coetaneo dell’architetto, può ben essere suo amico: in fondo una base comune, oltre alla geografia, si materializza in quel virtuosismo che entrambi posseggono a iosa.

Di Verdi non so più nulla da una decina d’anni e sarei curioso di sapere che fine ha fatto e che fa oggi quell’istrione in bicicletta che da Fignon si spostò in Raas. Ma se non ho steccato, ed il “cagnaccio” è veramente in collegamento con l’agonista di Girade e Caedagne, vorrei lo venisse a raccontare qui, nell’università di Cicloweb.


Morris


P.S. Senza aprire un altro thread, all’ormai riferimento di ricordi chiamato Claudiodance, voglio portare qui, il ringraziamento per la foto ove appare giovanissimo e “picotto”, accanto ad un corridorino abbastanza piccoletto, forte dilettante e poi anonimo professionista, Ivan Luna. Vidi costui nella Coppa Caduti di Reda ‘91, quando correva per la Domus 87 del signor Locatelli. Arrivò al traguardo dopo aver domato, assieme al compagno di fuga e di club, Nicola Loda, le velleità e la generosità di un piemontese, tal Andrea Rabbacchin, che lo speaker, un po’ troppo avvinazzato, continuò a chiamare lungamente “Barbacchin”. L’epilogo della corsa, non fu uno sprint a due, ma una passerella con la vittoria di Loda, senza colpi e accelerazioni.
Ero convinto che Luna potesse fare meglio fra i prof, ma si sa, dalla botte d’Olivano, sono emersi nel ciclismo vero e sempiterno, solo il 10-15% dei troppi corridori passati sulle pietre spartane di quel diesse.
Che dire? Tanto fior fiore di gioventù ciclistica, maciullata per aggiungere collezione di gare di serie B/C e per arricchire la fama di un tipo, espressione d’un ciclismo da seppellire!

 

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"Non discutere con gli stupidi, perchè scenderesti al loro livello e ti batterebbero per la loro esperienza".

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 25/11/2005 alle 13:29
morris, maledetto...c'ho un groppo in gola!
GianPaolo Verdi, detto Leo...semplicemente il mio migliore amico di sempre e testimone di nozze...e un sacco di altre cose....baffo....sei qualcosa di grosso"

che altro dire....grazie!!!
claudio

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 25/11/2005 alle 13:43

Leo, una vita come un romanzo.
Vive a Monaco di baviera, gestisce i bar di un paio di “kunsthalle” della capitale bavarese. Lo vedo troppo poco, ma questa gliela riferirò. Eccome.

La mia vita si è incrociata con la sua e oggi sono davvero felice. Morris, grazie ancora. Mi impegno a continuare questo thread su Leo, lo merita tutto.
La mia famiglia è “nata” a una sua corsa…e ho già detto tutto.
Lo cercherò e lo chiamerò qui fra noi….

Ciao belli
claudio


 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 25/11/2005 alle 14:34
Morris, la vittoria di San Ermete, è la vera perla della carriera del Leo. Non sai quante volte me l’ha raccontata e l’emozione del lunedì che passò a farmi rivivere ogni attimo di quella gara.

Un contropiedista nato. Un gigante delle gare del martedì, dove, correndo da solo, riusciva a gabbare gli squadroni dei velocisti.
Rimaneva tranquillo tutta la gara. Fra la quinta e la decima posizione, per non faticare nelle ripartenze dopo le curve e poi faceva uno scatto solo. Un colpo solo, come il cacciatore di Cimino.
La pugnalata la piantava un attimo prima che la velocità lo rendesse impossibile. A tre o quattro chilometri dalla fine. Prima era troppo distante, dopo, troppo tardi.
Mi raccontava spesso di come preparasse mentalmente quelle fucilate, giro dopo giro. Studiando la sequenza di curve, le traiettorie, l’asfalto.
Partiva a tutta e nonostante non avesse un grande cambio di ritmo, né una grande velocità di punta (nei nostri allenamenti insieme facevamo delle volate alla morte e l’ho sempre “limato”) gli bastava guadagnare 10 metri sul secondo.
A quel punto era una questione mentale.
Lui, Leo, era in grado di tenere quella velocità siderale fino al traguardo, se il suo inseguitore avesse desistito, si sarebbe creato un buco immediato, che poteva proiettarlo al traguardo. Sceglieva con cura il momento, cercando di “farsi inseguire” dal corridore che aveva valutato come il più vulnerabile. Furbissimo, un grande, uno “spettacolo” del ciclismo!

La vittoria di San Ermete giunse su di un percorso fin troppo duro, ma fu il coronamento di una carriera.
A presto per altri racconti sul “mio” Leo Verdi.

Ciao belli
claudio


 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 25/11/2005 alle 15:47
Originariamente inviato da Morris
...l’inevitabile impatto con una ruota: era quella di Giampaolo Verdi. La caduta, le sue urla di dolore, nonché la frattura “dell’osso del ciclista”: la clavicola.

Morris, tu lo raccattasti da terra che piagnucolava, ma io lo accudii per tre settimane e sebbene piagnucolasse meno, fu una bella rottura di balle! Il braccio bloccato e una famiglia sparsa per il mondo lo resero davvero poco autonomo. Così me lo sobbarcai a colpi di pastasciutte preparate, di stoviglie lavate, di accompagnamenti all’ospedale per fare le lastre, di lavaggio dei capelli (i suoi, ricci come il Mago G.) in collaborazione di una nostra amica comune…non pensare male…se la ripassò solo lui, anni dopo.
Quella spalla rotta, fu come se me la fossi rotta anche io!

Dovete sapere che io e Leo verdi eravamo compaesani, di Moniga del Garda. Lui natio e io acquisito. Unici del paesino con la passione vera per la bici, divenimmo inseparabili intorno al 1989. Io avevo già smesso i panni del brocco aspirante campione da un paio d’anni, mentre lui entrava negli anni migliori della sua epopea fra i “puri”, quelli che ora si chiamano under 23.

Imperversammo per un paio di estati, sempre in caccia di ragazze e di una vita che ne valesse la pena. Senza tema di smentita ci riuscimmo. Io studiavo, lui correva in bici, entrambi con passione, non facevamo nulla di speciale, ma l’uno per l’altro fummo i migliori amici che si potesse desiderare.

Un ragazzo dal cuore grandissimo, Leo. Che magari dopo una mezza giornata non lo sopporti più, ma il giorno dopo lo chiami per sapere se si è allenato.
Nei suoi allenamenti di scarico io mi aggregavo spesso, concedendomi pause allo studio. Spalla contro spalla, manubri che si toccano senza spaventarsi, manco fossimo gemelli siamesi.
Via di chiacchiere tutto il tempo e poi infinite volate al cartello, al cassonetto, al palo della luce, fino a sfiancarci…..vincevo sempre io, in volata era un vero paracarro!!!


 
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  postato il 25/11/2005 alle 15:50
Siete due grandissimi. Anzi, tre con GianPaolo!

 

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CICLISTI
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 28/11/2005 alle 09:20
....baffo....sei qualcosa di grosso"


Bèh qualcosa di “grosso” lo sono di certo….Diciamo più largo che alto…. E sono stato ben più grosso di oggi…. Il mio massimo storico lo raggiunsi nell’intorno del mio 43esimo compleanno. Passai quella data in casa di Charly Gaul, in Lussemburgo. Il vecchio “Angelo della Montagna” è più alto di me di un dito, non di più. Bene, lui, a quel tempo, s’era ridotto rispetto ai 118 chili raggiunti nel 1984, a “soli” 106…. e continuava a ripetermi che i miei 103, dimostravano che era proprio lui il più magro, perché più alto….e, di lì le risate del presente-arbitro Acacio Da Silva. Poi….. ci pensava il gelato a metterci in pari….al rialzo…


Aldilà del grosso, le tue parole ed i particolari che stai portando sul gran personaggio Verdi, mi hanno reso davvero contento. Potevo prendere una stecca, ma Leo (d’ora in avanti lo chiamerò anch’io così), avrebbe comunque meritato un ritratto, perché era davvero straordinario nel suo modo di correre e di interpretare l’acuto agonistico. I tuoi riporti, che mi son bevuto d’un fiato, mi hanno donato conferme e mi confortano: avevo davvero osservato bene. Già, perché in fondo, il virtuoso Leo, l’ho visto correre solo due volte.

Andando verso una disamina tecnica, con Verdi incontriamo uno stereotipo dell’atleta che sopperisce con la “testa” prima ancora che con la volontà, la mancanza di doti fisiche in grado di favorire differenze e conseguenti vantaggi. Nella storia del ciclismo, ma di tanti altri sport ad onor del vero, sono molti i casi dei “monaci dell’allenamento e della programmazione” diventati così per totale necessità, ma sono pochi quelli che hanno saputo correggere al massimo del possibile, con l’intelligenza e la fantasia, le loro carenze atletiche. In questi casi è fondamentale la consapevolezza estrema dei propri limiti. Leo li aveva intuiti con la forma dell’intelligenza migliore, nella vita quanto nello sport: quella che sgorga dall’istinto. La sua conformazione fisica, le sue gambe classiche da passista, senza rilevanze particolari nei polpacci, con muscoli allungati al punto di nascondersi dietro quel “finto grasso” su cui cadono tanti soloni del dopaggio, erano le prove della sua poca esplosività. Nella sua cassa toracica, in quel centro basilare dei sistemi cardiocircolatorio e respiratorio, ci stavano i suoi distinguo migliori. Sono sicuro che su specifici test, in particolare le sue capacità respiratorie, sarebbero risultate di nota. Sono infatti queste le peculiarità dei finisseur, di coloro che sanno tenere la velocità prodotta dal “motore muscolare”, senza caduta, per tempi lunghi (la fascia classica è contenuta all’interno dei sette chilometri, chi va oltre, più che finisseur è…. un cronoman). Per fare un esempio, Verdi, in una gara d’inseguimento su pista, avrebbe sicuramente fatto meglio sull’antica distanza dei professionisti, 5 km, piuttosto che sui 4 km, un tempo riservata ai dilettanti ed oggi di tutti gli “open”: sulla distanza più breve, infatti, l’incidenza del lancio, quindi del prodotto dell’esplosività muscolare, è maggiore. Un riferimento, fra i tanti possibili a conferma di ciò, ci viene da un olandese, evidente, oltre sei lustri fa nello spaccato di questa specialità: Renè Pijnen. Costui, poi fortissimo seigiornista e grandissimo sui derny, non era un esplosivo e sui 4 km si confondeva fra i tanti all’ombra di uno dei più grossi fenomeni precoci dell’intera storia del pedale: l’altrettanto tulipano Tiemen Groen. Passato al professionismo, sui 5 km divenne uno dei più forti, mancando l’iride per poco, a San Sebastian nel ’73 al cospetto del fortissimo Hugh Porter e finì terzo ai mondiali successivi, prima di cambiare specialità.
Leo, pur non possedendo lo scatto al fulmicotone sapeva rendere deleteria la sua “unica” fucilata, per le doti mentali che possedeva, nella scelta di tempo, nella precisione del fendente, proprio come quei pugili non potenti, ma precisi, passati poi alla storia per un palmares denso di KO. La sua azione a Sant’Ermete, filmata, dovrebbe essere usata come dispensa di studio a Scienze Motorie e lo dico convinto. Fu semplicemente da manuale.
Ora, per quelli che leggono e che magari pensano a questa nostra interlocuzione solo come ricordi condensati nel “buonismo” dell’amicizia, è bene che sappiano che il dimenticato e sconosciuto Giampaolo “Leo” Verdi, solo nel mio parziale archivio (non conosco infatti il suo ruolino fino al ’90 compreso), risulta vincitore di 4 corse nel ’91, 4 nel ’92, 2 nel ’93 e 2 nel ’94, tutte (e sono 12) colte con colpi di mano nel finale. Ricordo inoltre che in quegli anni, una vittoria fra i dilettanti contava molto, ma molto di più, di una degli odierni under 23-Elite, perché davanti alla categoria c’era un numero di professionisti italiani tre volte inferiore all’odierno, su un numero complessivo di corridori (dilettanti e prof italiani) superiore del 10% abbondante. Oggi è certo cresciuta l’entità degli stranieri “stanziali” in Italia, ma la qualità ciclistica non è aumentata, anche per l’imbroglio, costante ed asfissiante, della sperimentazione che i soloni del doping continuano a mietere ad epitaffio sulla salute di talenti (in particolare dell’est europeo) certo meno puri di quelli di un tempo, ma pur sempre di nota e da tutelare. Lo dico nella più piena convinzione di un credo che mi porta ad esser sempre più indifferente alla categoria Under 23, per le bugie che contiene e per il necessario bisogno di compiere quei distinguo che solo il professionismo concretizza compiutamente. Le vittorie dei Locatelli’s boys contano come il fante di coppe quando la briscola è di bastone e questo dovrebbe essere ben stampato nella testa dei giovani (nonché dei relativi genitori!) che credono di avere un futuro nel ciclismo.
Fossi il manager di un team professionistico, andrei a visionare direttamente gli under e sceglierei indipendentemente dall’età, dalle vittorie e dalle squadre di riferimento; mi tapperei le orecchie di fronte ai ciarlatani che guidano ammiraglie con dottore che tocca loro il fondoschiena, e porterei in squadra, magari dei 19enni, imponendomi, per il reciproco bene, di non pensare alla possibile maturazione con due anni in più fra gli under.
Un Verdi lo porterei al professionismo, perché se anche non sfondasse, mi sarebbe sempre utilissimo in squadra: per la sua intelligenza e per quelle facoltà accessorie determinanti nella lettura della corsa, che potrebbero sempre servire ai suoi compagni.
Se penso che oggi un Leo lavora com’è suo diritto in altri campi, non posso comunque non rammaricarmi, da appassionato ed operatore orizzontale di sport, nel vederlo esterno ad una disciplina che potrebbe insegnare con dovizia, al posto di uno dei sempre troppi caproni con la scala Wechsler.Bellevue a 59, uscieri di ambulatori medici e con aspirina e pasticche di caffeina nel cruscotto dell’ammiraglia.

Ed ora, per finire, caro Claudio, appena potrò ti riporterò quello che scrissi, a fine luglio ’91, su Verdi. E’ un testo breve, che fa parte del mio personale diario di corsa. Si tratta di note che mi servivano per le segnalazioni che a fine stagione inviavo a chi ti puoi immaginare… Il problema della trasmissione è tecnico, perché fanno parte di un vecchio floppy, inciso con un programma di scrittura molto vecchio: l’Assist 2. So dove trovare un computer idoneo per l’apertura, ma non l’ho in casa. Provvederò.

Un caro saluto. A presto!

P.S. Se hai beccato quel mattacchione di Leo, fallo iscrivere a Cicloweb.

 

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Non registrato



  postato il 28/11/2005 alle 09:35
Siete immensi voi 2 VECCHIOTTI!!!
Si si, vecchiotti, quanto vi ammiro...il Claudio che con le sue storie mi ricorda tanto le mie, il ruolo di aspirante brocco a ruota di una promessa del ciclismo, che bei ricordi mi tornano in mente.
E Morris, beh che dire, sfortuna (economica) sua, fortuna culturale nostra, che scrive in queste pagine. Potrebbe riempire libri e libri, perciò consiglio a tutti di leggere quelli finora scritti.
Spero tu possa tornare qui più spesso dandoci l'idea per il regalo del tuo 51° compleanno: Una tastiera!!! Ma promettici di consumarla qui, con noi
Claudio, tu ricordati invece che avanzo un favore,...macchè vittoria...l'analisi di Parahulo o la tua fa lo stesso...e qualche foto me la mandi o no???

 

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Livello Miguel Poblet




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  postato il 28/11/2005 alle 19:34
io verdi l'avevo conosciuto nel 94..era il primo anno che correvo e l'avevo trovato ad una tipo pista e d avevamo fatto 2 chiacchere.
 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 23/12/2005 alle 09:17
Parecchi anni fa, Valtenesi, inseguiamo Cecco Moser in macchina, Leo lo convince a interrompere l’allenamento. Foto e autografo sul braccio ingessato.
Oh yeah!

…uhm…vediamo se abbocca…..




Bella eh?

Ciao belli
claudio


 
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Non registrato



  postato il 23/12/2005 alle 09:27
E quel Dancelloso in maglia rossa sarai mica te?

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 23/12/2005 alle 09:33
Originariamente inviato da WebmasterNSFC

E quel Dancelloso in maglia rossa sarai mica te?

Chi altri?

 
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Livello Marco Pantani




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  postato il 23/12/2005 alle 11:10
Rieccolo, anzi, rieccoci, molti riccioli meno per lui e la barbetta in più per me….non stiamo più inseguendo dei recordman dell’ora, ma l’arte dell’antica grecia alla Gipsoteca di Monaco….
Guest star Roberta.



Ciao cicci

 
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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 24/12/2005 alle 10:52
Come avevo promesso al grande Dancè e nella comune speranza che il virtuoso Leo si faccia vivo o si tolga la maschera (Woobinda….l’originalità del nick, sembra proprio una traccia…), riporto quello che scrissi a fine luglio ’91, ricopiato da un vecchio floppy inciso sul preistorico programma “Assist 2”……

Luglio 1991.
Note del mese.

GIAMPAOLO VERDI
Si muove nel gruppo come un pantera, mentre sta per azzannare la preda. Felpato, sicuro, attento e sempre là dove è più facile interpretare i movimenti e le azioni essenziali della corsa: nelle prime posizioni. E’ esperto, smaliziato, lungimirante come se una corsa ciclistica fosse il romanzo intero d’una vita. Questo lombardo finalmente ha potuto completare quell’opera che avevo vista possibile sui Monti Coralli, poi bruscamente fermata da un tremolante e spaesato borracciaio. Mi ha colpito. I suoi occhialini sembrano faretti anche per chi è alla ricerca di personaggi e talenti. Al momento giusto colpisce e lo fa con un acuto che pare fermare il tempo, come un finisseur di razza e col curriculum lungo e denso. E’ uno spettacolo. Voglio mettere la sua vittoria di Sant’Ermete nei ricordi della mia carriera. La fatica però, l’ha fatta lui, ed io lo dovrei ringraziare per avermi divertito sullo sfondo della naturale ammirazione per il suo stupendo gesto tecnico. Non è più giovanissimo, ma questo ragazzo starebbe bene fra i professionisti, perché, al più, potrebbe sempre insegnare agli altri. Lo segnalerò ai prof. indipendentemente da quanto ancora raccoglierà di qui a fine stagione.

.........


P.S.
Bèh..... dall'ultima foto riportata dal Campione Mondiale di Caedagne (con la complicità del Web ), i chili, come gli anni, li collezionano anche i virtuosi......
Grandi!

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 24/12/2005 alle 16:44
Morris, che sviolinata per il Leo!
Se la leggesse gli verrebbe un coccolone. Quindi tu hai tenuto, forse tieni ancora, una serie di appunti sui dilettanti migliori. Parli di "segnalazioni ai prof". Come avvenivano? ti venivano fatte richieste specifiche, oppure eri/sei, una specie di scout per qualche team manager dei professionisti?
La cosa mi incuriosisce parecchio.
Nel luglio del 91 Leo aveva già 25 anni....l'ultimissimo treno per il professionismo era in transito....min.chia...gli verrà uno squaraus!!!

Leo, tranzillo, pensa se il Morris avesse convinto davvero qualcuno a farti passare! Naaaaa, invece di essere l'indiscusso protagonista della Movida monacense che sei ora, saresti forse a fare l'aiutante di un Fabio Bordonali.....sai che palle!!

ciao belli
claudio

 
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  postato il 25/12/2005 alle 11:40
Hehehe...un nick particolare, foto particolare, persone particolari, Cla, non è che abbiam trovato un nuovo capitano per i prossimi mondiali su Caedagne?

 

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  postato il 25/12/2005 alle 13:52

 
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  postato il 25/12/2005 alle 14:39
Ebbene si!!!! Mi avete smascherato!!!!!!!!

...volevo un pó stare in incognito ma va bene cosí!!
Sono veramente emozionato per i complimenti di morris!!!!
Io ho avuto una maturazione "atletica" lenta ho iniziato a correre in bicicletta a 15 anni e quando sono passato dilettante a 19 anni per essere alto 1,79 pesavo 63kg praticamentenon non avevo finito ancora lo sviluppo adolescenziale.Per farla breve(poi se vuoi racconteró nei dettagli)passai i primi due anni a lottare nei dilettanti per poi al terzo anno vincere 4 corse.poi uno strano anno nella F.O.R. 3 di bergamo e infine Militare normale per poi riprendere nel 1990 vincere 4 corse in 1 mese e mezzo.(fine agosto primi di ottobre)
Arrivai nel 1991 ai monti coralli con piu di 5500km di cui 3500 nell'ultimo mese,avevo corso il giorno prima al trofeo "Gemelli" a bagnacavallo famosa corsa poiché prima della partenza una Bella miss sul palco ci delizió spontaneamente delle sue bellezze nel momemento dell'abbassamento della bandierina di partenza,con un leggero soave movimento delle due mani sollevó la minigonna...........
Io essendo in prima fila insieme agl'altri partimmo e i primi 2 km eravamo sconvolti e la velocitá non superó i 35 km all'ora!!!!
Famosa corsa anche per il vincitore.
Un giovane promettente che alla premiazione lo avvicinai e gli dissi:
" Complimenti hai vinto una corsa non facile(corta ma impegnativa) farai
strada!!! " Questi era Fabio Casartelli(Domus) che vinse in volata sul gruppetto di testa.( Io arrivai col 2 gruppetto a 2 min)( per poco sul secondo passaggio sul monte carla non rimanevo agganciato)
Il giorno dopo andai ai monti coralli 17 giri piu di 160 partenti stranamente stavo bene avendo corso il giorno prima a 5 giri dalla fine il fattaccio che Morris descrive perfettamente aggiungendo a mia colpa che essendo in salita avevo le mani sulle leve del freno cossicché incontrando la borraccia vagante scivolarono portandomi la spalla sull'asfalto!!
Rientrai il 14.04 a S polo di Torrile Parma addirittura 15°.
Ai monti coralli vinse Cembali Stefano (Giacobazzi)poi per qualche giorno maglia rosa al giro dilettanti1992 vinto da Pantani........
Per adesso vi saluto sono un po emozionato erano ormai piu di 10 anni che non parlavo di queste cose messe in un cassetto......Buon natale e a presto!!
Grazie Claudio(brav'uomo)Grazie morris ( pensavo all'epoca di essere solo di non essere visto. Se l'avessi saputo la mia presa di coscienza dei miei mezzi avrei forse fato di piu)

 

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  postato il 25/12/2005 alle 17:47
Spettacolare!
A volte la mancanza di un incitamento fa perdere un potenziale talento...e di questo Morris ne sa molto!

 

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  postato il 25/12/2005 alle 20:12
Originariamente inviato da Morris


P.S. Senza aprire un altro thread, all’ormai riferimento di ricordi chiamato Claudiodance, voglio portare qui, il ringraziamento per la foto ove appare giovanissimo e “picotto”, accanto ad un corridorino abbastanza piccoletto, forte dilettante e poi anonimo professionista, Ivan Luna. Vidi costui nella Coppa Caduti di Reda ‘91, quando correva per la Domus 87 del signor Locatelli. Arrivò al traguardo dopo aver domato, assieme al compagno di fuga e di club, Nicola Loda, le velleità e la generosità di un piemontese, tal Andrea Rabbacchin, che lo speaker, un po’ troppo avvinazzato, continuò a chiamare lungamente “Barbacchin”. L’epilogo della corsa, non fu uno sprint a due, ma una passerella con la vittoria di Loda, senza colpi e accelerazioni.
Ero convinto che Luna potesse fare meglio fra i prof, ma si sa, dalla botte d’Olivano, sono emersi nel ciclismo vero e sempiterno, solo il 10-15% dei troppi corridori passati sulle pietre spartane di quel diesse.
Che dire? Tanto fior fiore di gioventù ciclistica, maciullata per aggiungere collezione di gare di serie B/C e per arricchire la fama di un tipo, espressione d’un ciclismo da seppellire!


Morris, l'ex corridore dilettante Morris Luna (al centro di polemiche dopo che lo trovarono positivo), bresciano, è per caso parente di Ivan?
Ciao

 

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  postato il 26/12/2005 alle 15:05
Benvenuto, LEO!!!



P.S.: Già te l'avevo dato, il benvenuto, ma "solo" da Woobinda...

 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 26/12/2005 alle 16:02
Caro Giampaolo aka Leo aka Woobinda... benvenuto tra noi!!!

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 26/12/2005 alle 23:54
Il mio Buon Natale ciclistico è giunto, materializzato su un nick tratto da un serial di tanti anni fa, richiamante quell’Australia che amo fin da bambino. Ebbene sì, il nostro Woobinda che dell’aborigeno porta i richiami e si leva siamese al culto della terra, non è altri che il grande Leo Verdi, un signor corridore a dispetto dei curriculum e dei cognomi più comuni del romanzo ciclistico.

Sono davvero contento e gli echi di ricordo che l’odierno bavarese ha riportato, mi hanno immerso sugli anni in cui, fra una pista, un ostacolo, un’ovale, le nacchere, i guantoni, ed i palloni degli sport da palestra, trovavo modo di alimentare, in altra veste, i miei sogni sulle ruote a razze spinte da motore umano. Tempi in cui era facile per me definire (fregandomene degli sghignazzi dell’intorno) Marco Pantani il nuovo Charly Gaul e raccontare di corridori antichi o passati, perlomeno nella medesima intensità di chi vedevo correre e sui quali azzardavo anticipare il futuro.

Un periodo su cui mi gratificava e, nel contempo, mi deludeva, l’essere preso come un credibile “segnalatore di talenti” per il mondo professionistico…..Certo, e qui rispondo al grande Claudio, era stimolante sapere che nel sempre troppo chiuso ambiente dell’elite ciclistica, qualcuno si interessava alle mie opinioni, ma erano altresì poco digeribili quei “No” a Tizio o Sempronio, con motivazioni che si legavano al futile dell’altezza, del peso, dell’età, delle diottrie, del carattere supposto più che provato... In poche parole un’esperienza di cui non mi piace parlare e verso la quale debbo comunque la riconoscenza per avermi fatto aprire gli occhi su talune povertà del mondo ciclistico. Ed io, che segnalavo a chi non chiedeva gabelle sotto forma di sponsor personali, mi dovevo accontentare….dell’insegnamento. Certo, perché è di quegli anni l’esplosione del passaggio di tanti meno meritevoli, nonostante i famosi punti, solo perché dotati di sostenitori che portavano nelle casse dell’equipe prof, almeno quei settanta milioni di lire in grado di pagare lo stipendio ammontante a meno della metà della cifra portata in dote…. per poi poter dire: “anch’io ho fatto il professionista”…. Chiudo per allergia, senza dimenticare il ribrezzo della convinzione (per non dire constatazione) che il sistema continui a vivere, in parte, così…..



Ma oggi voglio salutare con la contentezza che mi pervade nell’averlo rincontrato, Leo Verdi, un ragazzo che meritava maggiori attenzioni perché era di valore, possessore dell’intelligenza pura dell’istinto e con la capacità di capire nell’intimo dell’intuito, ciò che attorno a lui era più conveniente e redditizio. Un atleta perfetto nella concezione di saper mantenere allenata quella mente che, nello sport, conta spesso quanto le gambe. Vederlo qui, raccontare di una bella pulzella pronta con la sua gonna a rammentar pegni di gioventù e naturalezza, proprio prima del gesto agonistico, rappresenta una qualità che molti, anzi troppi allenatori non capiscono, votati come sono a costruire monaci dell’allenamento come semplici oggetti di catena. Leo viveva lo sport, s’allenava il giusto del lecito e dell’obbligato per le gambe, senza uccidere il cervello, ovvero quella vita che deve sempre scorrere anche nell’atleta. Sapeva così raggiungere il massimo equilibrio fra le componenti essenziali per riuscire, nel tratto sportivo, al massimo del suo possibile. Ciò che non è venuto, ha tre motivi di fondo, ed indipendenti da lui: la miopia reale del suo intorno, che, per convincersi, avrebbe avuto bisogno di gambe alla Merckx o Pantani, oppure di raccomandazioni eccellenti, nonché da quel coefficiente atletico che, in Leo, non era stellare, anche se sufficiente per farne un evidente. Sono altresì sicuro che se il non ancora Woobinda, avesse avuto gambe nobilissime avrebbe fatto sfracelli. Lo dico convinto, proprio con quella convinzione che mi ha spinto, sovente, nella carriera, a non guardare il risaputo e che mi portò a puntare, nel versante meno conosciuto del ciclismo, su una atleta che stava smettendo e che oggi vanta un curriculum tra i migliori della storia.

Con le parole di Leo, giunte a noi da Monaco di Baviera, posso finalmente completare il suo curriculum: 20 corse vinte da dilettante, tutte alla maniera di chi ha una nobiltà complessa come quella dei finisseur. Un altro epigone del mio predicato in tutti questi anni è stato esaltato dal suo racconto. Quando dice: “ho iniziato a correre in bicicletta a 15 anni e quando sono passato dilettante a 19 anni per essere alto 1,79 pesavo 63kg, praticamente non avevo finito ancora lo sviluppo adolescenziale” , è da incorniciare e da prendere ad esempio per quei tanti diesse che ancora credono che il vincente per antonomasia a 15 anni sia un corridore, mentre lo staccato o l’immerso nelle difficoltà, un mediocre. Costoro, imparino a studiare con umiltà e senza l’arroganza dell’ignoranza costruita sui dogmi dell’idiotismo e vedranno altri Verdi, magari meno accentuati fra i dilettanti nonché, perché no, fra i professionisti. Leo fece il militare da normale, il ché voleva dire perdere, di fatto, quasi due anni, ma le sue 20 perle, sono lì, a dimostrare che il sottoscritto, che pure l’ha visto solo un paio di volte, non era un visionario.

Altro aspetto: Verdi non ha mai corso in quelle squadre dilettantistiche che paiono professionistiche, conta-vittorie, ed in possesso di quel quid di conduzione delle gare, dove è perfino facile che un mediocre con addosso quelle maglie, possa vincere a iosa. Lui, invece, trionfava partendo da formazioni minori, mettendo KO ugualmente le catene dei giochi di squadra. Avrebbe dovuto bastare questo per stuzzicare il pensiero degli osservatori tecnici, invece niente, ed il nobile finisseur non è mai passato prof. Mi si lasci dire che un’altra, delle tante miserie del ciclismo, s’è compiuta. D’altro canto come ho detto ancora, l’apparato tecnico del pedale italiano, ha vinto ben di più di quel che valeva e vale, giocando, su questo, un fondoschiena alla Gastone di disneyana memoria, nonché l’estrema, totale e supina devozione verso gli ambulatori.

Nella vita però, fortunatamente, non c’è solo il ciclismo e se oggi, come credo, Leo s’è realizzato in altri campi, ne sono davvero contento, ma da dirigente e da osservatore orizzontale di sport, non posso cancellare un certo rammarico per aver visto il suo talento imboccare la strada del dimenticatoio.

Passando al diretto, caro Leo, tu dici che se mi avessi incontrato in altra veste in quei giorni, avresti dato di più. Ne sono lusingato. Di sicuro mi sarei misurato con te seguendo il credo che mi ha sempre contraddistinto, ovvero cercare di esaltare al massimo le corde del talento d’ognuno, senza snaturare le singole predisposizioni. Avrei cercato di darti sicurezza e caricarti perché di carica c’è sempre bisogno, ma non avrei fatto molta fatica: eri già bravo coi soli richiami del tuo interno.
Un dirigente deve capire le voci dell’atleta e correggere l’ego a volte troppo ingombrante di un allenatore, perlomeno quando questi esce dall’intorno del singolo atleta, per massificarlo a seconda dei suoi crescenti dogmi. Ci sono atleti che sono violini, altri dei veri e propri cristalli: tutti hanno una loro chiave di lettura, ed i passepartout sono da lasciare a quei macellai o bacchettoni, da sempre adorati e riveriti dal ruffianismo dalla melma mediatica.
Tu, Giampaolo Verdi, in arte Leo, eri un atleta che avresti potuto recitare i tuoi acuti fra i servigi da amico o consulente fidato dei campioni, soprattutto quelli considerati unici ed anomali dalla morale offuscata di troppo osservatorio. Fra costoro, Marco Pantani, proprio il più grande, ne avrebbe tratto giovamento. Saresti stato per lui una fonte di equilibrio, in quanto tu, nella diversità delle caratteristiche e pur nell’inferiore talento, eri un suo collega non all’opposto, soprattutto capace di capire e concepire lo sport come un mestiere non soffocante tutto il resto. In te avrebbe trovato un riferimento in grado di trasmettere, col linguaggio dell’istinto, quel sottile parametro sempre esistente fra il possibile e non possibile “fare” nel cammino di una carriera.
Ho fantasticato? Mah…sapessi quante volte volo con la fantasia per approfondire meglio ciò che mi è passato davanti agli occhi e che non è andato come volevo o speravo, o s’è addirittura proiettato verso una tragedia!? E’ la vecchiaia incipiente forse…
Perlomeno, nel tuo caso, è un altro versante del rammarico per non averti visto fra i professionisti. Ma sei stato un gran bel corridore lo stesso!

Un abbraccio e benvenuto nell’università di Cicloweb!

Morris

 

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  postato il 26/12/2005 alle 23:55
Benvenuto Leo!

 

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"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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  postato il 27/12/2005 alle 00:31
Non so se posso dirlo...ma lo dico
Leo, perchè non racconti a Morris dei tuoi allenamenti da "postino"???
Son sicuro che avvaloreresti la sua tesi che ti vede "capace di capire e concepire lo sport come un mestiere non soffocante tutto il resto"...dai racconti di Maurizio e di Claudio, son proprio convinto che tu sia un grande...e guarda caso dove sei finito

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 27/12/2005 alle 08:57
ecche è? succede tutto a natale e santo stefano?
bellalì Leo, finalmente ti sei tolto il mascherone!
Comunque sei un bel fenomeno, ha voluto aspettare che il Morris sfoderasse tutto il suo bagaglio di complimenti, ma soprattutto non hai resistito quando Andrea ha paventato la tua capitanatura al prossimo mondiale su Caedagne....beh, mettitelo in testa....col caz.zo che ti faccio d gregario!!!

Ma di che mi preoccupo? ormai sarai sopra i cento chili, con una ventrazza di birra tedeschese che se dovessi avventurarti in sella a una bicicletta l'ombelico ti toccherebbe il tubo orizzontale....naaaaa....accompagnatore, gonfieur des pneumatiques, ecco il tuo ruolo......
ciao bello
a presto
claudio

 
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  postato il 27/12/2005 alle 09:32
Originariamente inviato da claudiodance
ormai sarai sopra i cento chili, con una ventrazza di birra tedeschese che se dovessi avventurarti in sella a una bicicletta l'ombelico ti toccherebbe il tubo orizzontale


mi sa che quello con la poltroncina a rischio allora sono io

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 27/12/2005 alle 09:42
Intervengo più seriamente sull'argomento Leo e il professionismo.
Le osservazioni del Morris sono tutte interessanti e forse è vero che il Leo avrebbe meritato una chanche. Il problema fu che oltre a una maturazione tarda il Leo mancava un pò di esplosività. Il fatto ne compromise molti risultati e un rendimento in salita non ….brillantissimo….heheheheheh...Haaaaaahahhahah!!.....uff, che fatica parlare seriamente del tuo migliore amico....

Riprendo con un tono meno aulico e più diretto.
Secondo me il Leo ogni anno si trovava davanti una ventina di dilettanti più competitivi di lui nelle gare internazionali, gente più veloce e più forte in salita. Atleti che erano più facili da notare. Nelle gare importanti ha fatto discretamente, ma non benissimo. Credo la ragione principale sia questa.
Però Morris ha ragione su una cosa, Leo era un fondista, e non si ammalava mai. Insomma avrebbe “fatto comodo” a parecchie squadre prof. Inoltre non era “consumato” dall’attività, quindi c’erano margini di miglioramento.

Una cosa mi ha colpito: Morris cita Pantani come possibile capitano ideale per il Leo, ebbene sarà Leo stesso, su queste pagine, a raccontarci di Marco….erano amici sai Morris, non so bene a che livello di amicizia, ma di sicuro il mio amico Leo non era indifferente a Marco Pantani…..

Leo, raccontaci qualcosa.
Tu lo sai, io non ho mai amato moltissimo Pantani e mi ricordo le nostre discussioni furibonde dopo Madonna di Campiglio. Ma qui è pieno di “fan” del Pirata….e anche a me, non lo nego, piacerebbe risentire di quella volta che lo hai incontrato alla sei giorni di Monaco……

Ciao bello
Un abbraccio
Claudio

Ps. Per togliere pathos al momento dirò che, in ogni ambiente che abbia frequentato, il mio amico Leo si è fatto notare….e insomma, non conoscerlo, era un’impresa davvero difficile!


 
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  postato il 27/12/2005 alle 14:50
Nell'attesa del racconto di Leo (che mi incuriosisce parecchio)
chiedo, a Morris in particolare, un approfondimento sul
"caso Leo", forse sono cose ovvie per chi segue il ciclismo
seriamente quindi chiedo scusa per le possibili ovvieta'.

Senza l'esplosivita' o la marcia in piu`in salita si puo'essere
"solo" un gregario?
Un atleta con l'opportunismo e l'intelligenza di gara attribuite
al nostro Leo che posto puo`trovare nelle squadre di oggi?
Non e' comunque uno spreco relegarlo al gregariato, anche se
per aiutare un campione?
Non sarebbe utilissimo anche come DS in ammiraglia?
Grzie in anticipo se avrete voglia e tempo per rispondermi.

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 01:57
Originariamente inviato da claudiodance

Intervengo più seriamente sull'argomento Leo e il professionismo.
Le osservazioni del Morris sono tutte interessanti e forse è vero che il Leo avrebbe meritato una chanche. Il problema fu che oltre a una maturazione tarda il Leo mancava un pò di esplosività. Il fatto ne compromise molti risultati e un rendimento in salita non ….brillantissimo….heheheheheh...Haaaaaahahhahah!!.....uff, che fatica parlare seriamente del tuo migliore amico....


Caro Claudio, l’esplosività, manca a tanti corridori ed anche fra i papabili di professionismo dell’epoca di Leo, erano in tanti ad avere difficoltà in quella direzione. Idem sul rendimento in salita. Eppure….molti fecero il salto… Un corridore che è passato alla storia per uno dei più evidenti degli ultimi venti anni, quando era dilettante, ad ogni cavalcavia penava, anzi potrei benissimo dire che era un autentico paracarro. Poi, da prof, è stato capace di azioni sulle salite non lunghe, tali da ….arricchire non poco il suo palmares…..

Riprendo con un tono meno aulico e più diretto.
Secondo me il Leo ogni anno si trovava davanti una ventina di dilettanti più competitivi di lui nelle gare internazionali, gente più veloce e più forte in salita. Atleti che erano più facili da notare. Nelle gare importanti ha fatto discretamente, ma non benissimo. Credo la ragione principale sia questa.


Le tue osservazioni sono giuste e condivisibili, ma alla fine non recuperano le miopie degli osservatori del tempo. Nell’epoca calda di Leo, non passarono fra i prof 30-35 corridori, ma 106. Che uno come Verdi non fosse fra costoro, mi sembra poco edificante per una categoria che alle qualità e alle prospettive, anteponeva troppo spesso le raccomandazioni e….l’auto-passaggio a mo’ di sponsor….

Però Morris ha ragione su una cosa, Leo era un fondista, e non si ammalava mai. Insomma avrebbe “fatto comodo” a parecchie squadre prof. Inoltre non era “consumato” dall’attività, quindi c’erano margini di miglioramento.


Giustissimo. Leo era ancora un “picotto”, non era consumato nel fisico e nella testa come la stragrande maggioranza dei corridori “made in Locatelli”…. Lasciamelo dire: un’altra miseria del ciclismo nostrano.

Una cosa mi ha colpito: Morris cita Pantani come possibile capitano ideale per il Leo, ebbene sarà Leo stesso, su queste pagine, a raccontarci di Marco….erano amici sai Morris, non so bene a che livello di amicizia, ma di sicuro il mio amico Leo non era indifferente a Marco Pantani…..

Leo, raccontaci qualcosa.
Tu lo sai, io non ho mai amato moltissimo Pantani e mi ricordo le nostre discussioni furibonde dopo Madonna di Campiglio. Ma qui è pieno di “fan” del Pirata….e anche a me, non lo nego, piacerebbe risentire di quella volta che lo hai incontrato alla sei giorni di Monaco……


Giuro che non sapevo nulla della loro conoscenza e/o amicizia. Quello che dici conforta i miei voli di fantasia, comunque basati sulla conoscenza di Marco, nonché sul colloquio e lo zoom sul personaggio e atleta, Leo.
Sono curioso di leggere quello che dirà Woobinda Verdi sul loro rapporto….

Ciao Campione Mondiale di Caedagne (presto ti farò una sorpresa)

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 02:01
Originariamente inviato da pedalando

Nell'attesa del racconto di Leo (che mi incuriosisce parecchio)
chiedo, a Morris in particolare, un approfondimento sul
"caso Leo", forse sono cose ovvie per chi segue il ciclismo
seriamente quindi chiedo scusa per le possibili ovvieta'.

Senza l'esplosivita' o la marcia in piu`in salita si puo'essere
"solo" un gregario?


Un tempo erano gregari corridori che oggi svaligerebbero i calendari. Il ciclismo, come altri sport ad azione individuale, è cambiato in peggio, poiché gli atleti di talento sono sempre meno (li prende quasi tutti il calcio, purtroppo!) e perché l’azione dei medici ha massificato il gruppo, alzando il valore della mediocrità. Ad eleggerti gregario, nel ciclismo di oggi, sono i giochi di squadra e l’economia degli obiettivi, ma gli spazi per gli acuti personali sono ben superiori a quelli di un tempo, anche perché le squadre sono molto più corpose e le gare tante di più.
Sono in tanti a non possedere esplosività e tenuta in salita. Costoro diventano gregari nelle gare più evidenti, ma hanno comunque la possibilità di colpire su traguardi medi. Alla fine le loro mancanze non sono troppo deleterie per la loro carriera. Lo erano di più un tempo.

Un atleta con l'opportunismo e l'intelligenza di gara attribuite
al nostro Leo che posto puo`trovare nelle squadre di oggi?
Non e' comunque uno spreco relegarlo al gregariato, anche se
per aiutare un campione?


Un Leo oggi fungerebbe da gregario nei grandi giri, con la possibilità di colpire in talune tappe ondulate, anche se il potere dei treni è diventato asfissiante al punto di far quasi sparire i finisseur. Nelle gare di un giorno, specie se in una squadra con capitano proiettato verso le corse a tappe, potrebbe anche fare dei colpacci. In ogni caso sarebbe sempre un compagno prezioso per un campione istintivo e virtuoso, proprio perché anche il nostro Leo lo era. Diciamo un diesse aggiunto. Certo, inadatto per talune squadre e per certi corridori, in particolare verso quei capitani meno talentuosi e bisognosi di allenamenti certosini ed asfissianti. Un Leo, l’Armstronz lo avrebbe mandato a defecare fino a farsi licenziare. Idem gli altri precisini. Forse sarebbe stato bene con Basso, ma avrebbe probabilmente dato uno scappellotto a Rijs….Il suo ideale, ripeto, era Marco Pantani.

Non sarebbe utilissimo anche come DS in ammiraglia?


Bèh…. su questo, caro Alberto, ci puoi scommettere! Le squadre targate Leo, sarebbero state tanto pazzerelle, quanto spettacolari, ed i talenti, con lui, sarebbero fioriti. Ci saremmo potuti divertire insomma…

Ciao!

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 16:20
Originariamente inviato da bauschan

Morris, l'ex corridore dilettante Morris Luna (al centro di polemiche dopo che lo trovarono positivo), bresciano, è per caso parente di Ivan?
Ciao


Cara Enula, mi ero scordato della tua richiesta. Purtroppo non posso esserti di aiuto, perché non lo so proprio, anche se la coincidenza della zona di residenza dei due Luna, fa pensare ad una parentela. Vi è da dire, comunque che, doping o non doping, lo spessore di Morris, era marcatamente inferiore a quello di Ivan Luna.

Ciao Mitica Bau!

 

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 16:28


Calma…..calma, calma, forumisti, non è la cartolina autografata del Campione del mondo di Caedagne, ma un suo sosia in maglia Legnano…..

Caro Architetto Pazzerello, ti avevo promesso una sorpresa e la mantengo….
Si dice a proposito delle coincidenze….
Ricordi quando cercammo di approfondire, con l’aiuto di tuo padre, il “caso” del vincitore del Trofeo Guizzi 1967?
Bèh quel Gianpiero Macchi che finirà in un mio prossimo libro, è proprio il corridore con la storica maglia Legnano……. ed è incredibile constatare…. quanto si tratti del tuo sogno professionistico…. anticipato di un quarto di secolo……!

Ma le sorprese non sono finite….perchè il tipo qui sotto, del Guizzi è stato la poesia……
Ricordi quando la sera del mio compleanno, ti dissi che Orfeo Pizzoferrato era passato professionista per due anni: il primo da isolato, ed il secondo nel Club Amici della Pista?
Bèh…eccola qua la foto probatoria!
La maglia è proprio quella del Club …..e risale al 1981….



Poche ciance, dopo queste sorprese, voglio……. l’investimento a speaker ufficiale, addetto stampa e pubbliche relazioni, nonché conferenziere unico, del prossimo Campionato Mondiale di Caedagne! Ovviamente, con relativa licenza poetica o satirica, senza presenza di critica!

Ciao Caedagne’s Number One!

 

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  postato il 28/12/2005 alle 16:31
Originariamente inviato da Morris

Poche ciance, dopo queste sorprese, voglio……. l’investimento a speaker ufficiale, addetto stampa e pubbliche relazioni, nonché conferenziere unico, del prossimo Campionato Mondiale di Caedagne! Ovviamente, con relativa licenza poetica o satirica, senza presenza di critica!


...ehm, ehm...

...addetto stampa e pìerre avrebbero già "uno" di ruolo...

...

 

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Mario Casaldi - Cicloweb.it

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Livello Fausto Coppi
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  postato il 28/12/2005 alle 16:52
Originariamente inviato da Monsieur 40%

...ehm, ehm...

...addetto stampa e pìerre avrebbero già "uno" di ruolo...

...


SSSSSSShhhh....lo so, lo so, ma....parlando piano, il mio è solo un modo per poter installare delle microspie.....e rendere noti gli "imbrogli" del guascone.....

 

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  postato il 28/12/2005 alle 21:10
Hei hei piano!!! ....qui il cuore batte e le emozioni sono forti soprattutto riguardo all'analisi di morris mai stata cosí precisa e veritiera.....sai col senno di poi e una certa maturitá le cose si vedono in maniera diversa.Claudio invece nella sua sinceritá me lo diceva sempre che davanti a me avevo 20 dilettanti piu forti di me anche all'epoca(bell'incitamento!!!)


Venendo a conoscenza nel 91 del metodo alquanto strano per passare prof.
E qui Morris a pienamente ragione ed é vero.
Decisi di provare anch'Io una squadra di patron Cioli!!1993
Era all'epoca la Brescialat, che poi l'anno successivo sarebbe entrata nel mondo professionistico, diretta da Secondo Volpi un personaggio poco edificante che praticamente ci livelló tutti sullo stesso piano.
Io Iniziai di buona volontà....a casa non mi sentivo praticamente molto legato e per cui mi trasferii anche volentieri a miradolo terme.
In pratica in meno di un mese piu di 3500 km con i controlli assurdi alpena alzati di Volpi che ci pesava ad uno ad uno.( io avevo giá una mia agenda personaledove misuravo battiti e peso)Con storie tipo Ivan luna in camera con me che si mangiava un pacco di biscotti poiché la cena era veramente misera.tommasoni che andava insieme a Rampollo e cassani al paese vicino a fare la spesa di brioche e panini eppoi prendeva un 'aspirina la notte per sudare e avere meno liquidi la mattina per superare il test peso della mattina!!!!! di cui poi dipendeva l'allenamento

Io tutti questi meccanismi non li capivo o non volevo capire ,ero ingenuo pensavo che se si voleva fare il "prof" bisognava fare certi sacrifici
(mentre essere prof é una condizione di maturitá e di intelligenza)Infatti tutti quelli che andarono contro (di nascosto) a Volpi ,non per intelligenza, sono poi diventati professionisti (Luna,Rampollo,Cassani,Arazzi Moreni)(Moreni l'ho visto piangere per quello che Volpi gli aveva detto dopo una corsa!!!)

A quel pereiodo le uscite erano spesso di 180 km(siamo a gennaio)e dopo aver fatto la distanza sul penice, tornati ( dietro macchina), si faceva la solita battaglia tipo finta corsa con strappo finale. che puntualmente staccavo tutti.
Ovviamente non voglio sottolineare questo! Volevo evidenziare la mia condizione atletica e la mia capacitá (cone mi dissero vari dottori)
di lavorare sotto acido lattico.Capacitá fondamentale per......i finisseur!!!
Per i non adetti ai lavori quando scatti nel finale e dopo 500mt che vai a tutta e senti tanti piccoli gnomi che ti picchiano sui muscoli...ecco li é il momento di accellerare!!!!
Ecco in quel periodo pesai 65kg e mezzo persi in cosi poco tempo e presi una leggera influenza dovuta ad un affaticamento sarebbe bastato due giorni di riposo ed invece per non deludere e nello stesso tempo essendo livellati tutti quanti mi allenai lostesso....(poco dialogo con l'allenatore)
Conclusione.........Il nostro dottore all'epoca era Massimo Testa di Como
Mi fece un test dopo che nelle ultime uscite non superavo i 18km all'ora in pianura! Risultato: avendo avuto bisogno di energia e non avendo piu grasso e meno che meno zuccheri il mio corpo utilizzó le proteine a scapito dei muscoli! Mi disse che era capitato anche ad un pistard(non mi ricordo il nome)non mi diede niente e mi mandó a casa


 

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Livello Fausto Coppi




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  postato il 28/12/2005 alle 23:15
Racconti molto interessanti, appassionanti.
Visti certi episodi citati da Leo, sono contento che Cristiano Salerno sia passato al professionismo senza consumarsi per altri anni con Volpi, e mi fa piacere che Solovaggione entri nell'ambiente della Finauto di Scinto.

 
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  postato il 28/12/2005 alle 23:39
In pratica per sei mesi non andavo avanti neanche a spingermi.
Solo tatticamente riuscivo ad avere qualche piazzamento pensando poi di aver risolto il problema.....in vece nella gara sucessiva tornava il mal di gambe e lo sconforto

A questo proposito volevo raccontare in un giorno di maggio la visita al mio dottore della brescialat Massimo Testa.
In quel periodo ci seguiva piu no che si dato che la sua squadra era la motorola ed infatti quando sono entrato nel suo studio per fare i vari test sulla bicicletta incontrai due corridori della motorola.
Mejia ottimo scalatore colombiano(penso) 58Kg un chiodo. aveva fatto penso delle ottime apparizioni alle tappe di montagna nel tour.
Eppoi uno sconosciuto Americano di nome lance con il cappello da cow boy in testa. Massimo mi disse che era un ottimo corridore una buona cilindrata ma che i primi tre anni lo avrebbe dovuto frenare perché avrebbero impostato il "tour" e lo si poteva "costruire" in 3 4 anni.
Io con il mio inglese scolastico mi presentai e mi disse che da professionisti era dura faceva fatica.
Amstrong era giovane pensare che da li apoco vincesse il mondiale non me lo sarei aspettato....mah poi il resto é conosciuto.

I miei muscoli erano diventati carne macinata e massimo testa mi disse che se volevo potevo avere un po di cortisone tanto disse non lo cercano nell'antidoping sia da prof. sia nei dilettanti e aggiunse peró che il problema non si sarebbe risolto che avrei dovuto aspettare
( il cortisone me lo diede Volpi facendo capire che essendo stipendiato e mi facevano male le gambe per una non proprio ottima condizione avrei almeno aiutato i miei compagni di squadra)

(per questo per me quando parlate di doping nei professionisti sorrido un pó)

Il momento piu basso della stagione avvenne ad una corsa in prov di brescia.Ero in fuga (sempre per il mio carattere) e non riuscivo a dare il mio contributo mi accusavano di non tirare alla fine piangendo mi staccai finii la corsa in gruppo.la fuga andó all'arrivo e Io capii che era arrivato il momento di fare qualchecosa. Dopo sempre per la mia testa dura continuai a cercare la forma negl'allenamenti e nelle corse
Feci 20 giorni ad agosto senza toccare la bicicletta a casa sul lago della mia ragazza tedesca dell'epoca(Claudio conosce) Tra cibo senza diete,bagni in piscina,sole e .......ragazza!!!!!!!!! ( si dice cosí ma facevo defaticamento e la domenica andavo a correre)
A fine stagione stagione vinsi 2 corse dicui una a mezzana bigli il 12.10 1993
Di cui Morris ne sarebbe fiero.
Erano soltanto 130 km tre giri piccoli eppoi 5 giri grandi era andata via la fuga poi ripresa dalla nostra squadra compreso me nel tirare poi all'ultimp giro(20 km all'arrivo) rientro per ultimo con uno sforzo notevole sulla fuga di 20 corridori( se avesi aspettato un altro po avrei perso la fuga).Recupero,girimo in doppia fila a 4 km dall 'arrivo nesuno si muove.....all'ora decisi di scattare per compromettere la doppia fila ci riuscii incominciarono gli scatti a 3 km dall'arrivo

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 29/12/2005 alle 00:07
Leo, siamo daccordo. Non ti presentare a casa mia a mani vuote. Dopo questo pieno di complimenti mi devi come minimo portare una cassa di birra dalla Germanesia.
Adesso Morris esagera, già mi dovevo sorbire il fatto che tu avessi vinto qualche gara e io nulla. Che palle, proprio ora che non pensavi più al ciclismo, adesso chissà che boria metterai su?!
Digli almeno che chiedevi sempre il mio consiglio! che volevi vedermi sul percorso a suggerirti le tattiche, se no và a finire che sul forum tu diventi un mito e uno sfigatone!

Scherzi a parte, sono molto contento di come stanno andando le cose. Se Morris ti mette in questo risalto ne puoi andare fiero. Hai eletto la bicicletta al posto più alto della tua vita per parecchi anni, e questo è un premio non eccessivo al tuo impegno e al tuo talento.

Questo thread era un regalo generoso di Morris nei miei confronti. Il fatto che si stia trasformando nella retrospettiva sulla tua carriera mi fa piacere. È anche la celebrazione del tuo modo di essere corridore vincente in modo fuori dagli schemi soliti. Ma è anche uno spunto di analisi sul mondo delle gare dilettantistiche.

Aspettiamo la storia su Marco a Monaco (ricordavo bene? spero di sì, altrimenti correggimi pure), il giro d'italia con la selezione sarda e tutto quanto vorrai regalarci.

Io poi aspetto sempre di sentirti mentre il gruppo attacca la Cipressa alla Sanremo, telefonatina di due minuti, scambio di battute sui favoriti e poi ci si risente dopo l’arrivo. Oppure al Giro, ai mondiali. Come facciamo sempre.

Ciao bello. Ti voglio bene e ti rispetto sempre.
Buona notte gente.

claudio










 
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  postato il 29/12/2005 alle 00:10
........La fuga si divise 7 davanti 13 dietro.la gara la stavo perdendo e
cosí decisi!
Decisi di perderla....aspettai....( se fossi partito avrei perso veramente)tra di noi c'era Colombo (non quello famoso della san Remo)ma quello del quartetto della 100km del 92,93( tanta forza poco cervello) Scattó e logicamente si tiró tutti dietro arrivammo sotto i7 senza prenderli e si fermó ci allargammo a quel punto perti secco( i 7 avevano rilanciato la velocitá) e staccai i 13 all'inseguimento dei 7 quando stavo per prenderli rallentai come vidi che si allargarono ripartii deciso mancavano 1km e mezzo.Senza piu voltarmi e ripeto!senza piu voltarmi( nota dolente di molti corridori scattare e subito girarsi!!!)andai all'arrivo gli ultimi 100 mt in tranquillitá alzai le braccia per la gioia dei miei compagni Frattini e Missaglia etc etc e di mio padre! 2° Biagio Conte( mio amico e ottimo corridore.Ci divertivamo un sacco prima durante e dopo la corsa quando c'incontravamo)(Infatti lo rividi anni fa alla Partenza della SanRemo per la Saeco di Cipollini Neanche quasi mi salutó poiché tutto era concentrato su mario,non vinsero ma questo lo sentii prima giá alla partenza non era lui e per me la tensione era troppa non vi era quella tranquillitá che conoscevo di biagio Conte nelle sue gare dove dimostró di essere forte.......

vi lascio spero di non annoiarvi o di avere dei giudizi di leo onnipotente
..e soltanto che I ricordi sono forti e nel ciclismo sisa i ricordi sono importanti
sopratutto per chi li aveva dimenticati
Grazie di nuovo a Morris per cogliere sempre le giuste angolature
Grazie a pedalando e monsieur

P.S. ma chi era quello che mi aveva conosciuto in uno tipo pista???????

 
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  postato il 29/12/2005 alle 00:29
Originariamente inviato da Monsieur 40%

Originariamente inviato da Morris

Poche ciance, dopo queste sorprese, voglio……. l’investimento a speaker ufficiale, addetto stampa e pubbliche relazioni, nonché conferenziere unico, del prossimo Campionato Mondiale di Caedagne! Ovviamente, con relativa licenza poetica o satirica, senza presenza di critica!


...ehm, ehm...

...addetto stampa e pìerre avrebbero già "uno" di ruolo...

...

semma vale sempre la mia proposta (ai tempi del mondiale su caedagne)
di entrare attivamente in squadra.
Ho gia' pronta la maglia con sulla schiena la scritta dromeMario
(fatta da un esperto di trompe d'oil per ammortizzare il kway )
Inoltre potrei organizzarmi per avere alla partenza
qualche signorina di woobindiana memoria...
Allora si'che mi presenterei alla partenza....
io e Morris ad ubriacar le gentil donzelle con discorsi infiniti.

 

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"Non esistono montagne impossibili, esistono uomini che non sono capaci di salirle", Cesare Maestri

"Non chiederci la parola che mondi possa aprirti, si` qualche storta sillaba e secca come un ramo...
codesto solo oggi possiamo dirti: cio` che non siamo, cio` che non vogliamo.", Eugenio Montale.

 
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  postato il 29/12/2005 alle 00:30
eh Claudio.....grazie di cuore

Lo sai che ho tirato fuori dal ripostiglio il famoso libro
Sennó tutti i dati e chi se li ricorda!!
Tu sai qual'é??? non é vero!!??

 

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Livello Fausto Coppi
Utente del mese Luglio 2009




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  postato il 29/12/2005 alle 00:31
Semplicemente straordinario!
Leo, non avere timori sull'italiano, racconta, racconta, racconta! Il tuo è uno spaccato significativo, importante per capire tante cose del ciclismo, comprese quelle che si vorrebbero seppellire, ma che sono ancora lì, come un monito che fa venire i brividi.

Mi hai emozionato!
D'altronde le tue 20 vittorie sono 20 perle.
E poi quei riferimenti.... quell'assurda vita spartana con la più che probabile dieta delle carote come compagna... Nomi che mi rimbalzano comuni e che mi lasciano l'amaro in bocca.....Tristi figuri ancora a macerare ciclistica gioventù.....Insomma Leo non fermarti: per un po' donaci il tuo tempo libero. Considera questo thread come una tua palestra di ricordi.
Spero di vederti quanto prima, assieme all'architetto, che è un grande, anche se non è diventato nessuno nel ciclismo...

A proposito Claudio, non mi dici niente sul tuo sosia e "Mister Guizzi"?

Un abbraccio ad entrambi!

 

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Livello Marco Pantani




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  postato il 29/12/2005 alle 09:08
Bella Leo!
Il doppio contropiede con sorpassone dei fuggitivi ignari non me lo ricordavo, ma è un pezzo di bravura che ti deve aver procurato un brivido di goduria libidinosa.
Nel mio piccolo ho fatto un numerillo simile da Juniores, in una fase concitata di una gara a Muscoline: metà gara, gruppo in tre tronconi più tre in fuga davanti, io sono nell'ultimo e parto secco. Il primo lo raggiungo facile, rallentano e li sfilo in leggera discesa. Mi trovo di nuovo solo e allora vado a tutta verso il primo gruppo. Faccio fatica a riprenderli, ma quando entro in scia siamo alle porte di Gavardo e anche loro si allargano. Vedo davanti i fuggitivi e la fantasia irrompe nelle gambe. Fuori a tutta senza fermarsi, nessuno mi ha seguito. Riprendo la fuga ai piedi dello strappo del Torcol. Passo in testa e lo tiro a tutta.
Un'azione esaltante, mi sentivo alla grande.....ehm....purtroppo però ero un vero brocco e quella magia mi costerà carissima.
Corsa durissima e caldissima (mese di luglio) ci riprendono e subito dopo il gruppo esplode in mille pezzi....mi ritirerò all'ultimo giro....ah, che delusioni!
Del resto ....Woobinda-Claudiodance 20-0

Più propriamente l'ho visto da fare da Sercu nella sua ultima seigiorni a Milano (proprio quella che cita Morris in Graffiti). Da bimbo ci andavo sempre e in un'americana lui e Argentin hanno recuperato il giro in solitaria e sono ripartiti volando una parabolica all'esterno dei ciclisti che ricevevano il cambio e lasciando tutti esterrefatti. fantastico!

per Morris, grande Orfeo Pizzoferrato, che faccia da Bobby De Niro, da AL Pacino...io ci credo che abbia tagliato un'edizione del Guizzi, con quella faccia lì chi avrebbe avuto il coraggio di dirgli nulla. VOTO 10 EROE DEL POPOLO!

Invece che stai a dì? Macchi non mi somiglia per nulla, io sono molto più fico (con la C).

comunque grazie lo stesso, ormai mi stai viziando baffo.

per Leo, i tuoi quadernoni me li ricordo benissimo, mi rompevi le balle ogni giorno..." oggi 52 pulsazioni e 70 kg., invece ieri le pulsazioni erano 53 e pesavo 69!..."
Cheppalle oh!!

ciao raga
claudio

 
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  postato il 29/12/2005 alle 23:28
...mi ricordo che quando avevo circa 12 anni nel 1978 andammo insieme a mio padre e mio fratello, che correva nella inoxpran junores, a vedere la sei giorni di milano al vigorelli.
I biglietti li aveva procurati qualcuno della squadra.
Mi piacque da subito dato che seguivo volentieri le corse di mio fratello
ma l'atmosfera era diversa e lo sforzo in pista era visibilmente diverso per chi praticava ma anche per chi lo vedeva!!

Il ricordo piu nitido fu quando Moser diede il cambio al suo compagno(mi
sembra Pjnen ) entró nel suo camerino ai bordi della pista dopo circa non só 1 o 2 min non ricordo bene rientró diede il cambio e fece una progressione che diede un giro a tutti......

Per avallare poi le tesi di morris su come venivano cresciuti i giovani corridori per poi gia giudicarli dai risultati e non dalla dimensione totale della persona e delle qualitá dell'atleta,
volevo accennare dell'inizio della mia avventura da ciclista.
Sulla scia di mio fratello e dopo aver sbagliato in estate un rigore nella finale di calcio notturno per allievi, decisi di voler correre in bicicletta!
Andammo da un costruttore-artigiano di biciclette e allenatore nello stesso tempo. Angelo baldi dell' A.S. Erbitter di Gavardo(BS)
per i non piu giovani questa squdra negl'anni 60 era considerata uno squadrone!!! Il sig baldi (come lo chiamavamo noi ragazzi) era per noi quasi come un 2° padre mentre per lui noi eravamo suoi figli dato che sembra che perse suo figlio quando era giovane( una storia e una domanda mai approfondita)
Mi presentai una domenica mattina verso le 9:00 con una tuta da ginnastica!!! impietosito e capito il problema mi diede varie maglie e calzamaglie ciclistiche di lana(la bici era stata preparata precedentemente) il paio di scarpe le avevo giá.
Furono i miei primi 30 km della mia vita avevo i cinghietti e immaginate
alla prima esperienza quando si arrivava ad un semaforo, C'era nebbia e freddo ma questo mondo mi piacque subito e cosí continuai.
Dopo la scuola prendevo la bicicletta e dopo 10km ero nel suo negozio sulla panca di legno ad aspettare i compagni per il solito allenamento che lui stabiliva di volta in volta segnalando con precisione il percorso.

Nel frattempo peró passavano dilettanti e professionisti e amatori a fare 4 chiacchere diciclismo lui al lavoro gli altri sulla mitica panca.
Ogni tanto era accesa la televisione ma solo se c'era ciclismo(o Boxe 2°
sport che amava tanto)
Era un allenatore gia per l'epoca Antico ma vero sincero.
Mi aiutó molto mi spiegó non come dovevo correre ma come comportarmi,come pulire la bici come stare nel gruppo,come allenarmi cosa mangiare senza proibire niente dicendo che potevo mangiare un po di tutto e che la cosa piu importante e che dovevo studiare!!!!!
Mi allenai per un mese e quando ci fu la prima corsa della stagione lui disse.....

 

[Modificato il 30/12/2005 alle 13:11 by Admin]


 
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