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Pantani, le verità di mamma Tonina
Bahamut - 14/09/2005 alle 13:19

Tratto da tuttobiciweb.it: Pantani, le verità di mamma Tonina Mamma Tonina apre le porte di casa Pantani: "Vi racconto il mio Marco segreto" CESENATICO - Mamma Tonina ci accoglie col sorriso cordiale della zdoura (signora romagnola, in dialetto romagnolo, ndr). Gli occhi nascosti dietro alle spesse lenti degli occhiali. Lo sguardo composto, la mente che viaggia a ritroso, nell'intricato dedalo di domande senza risposta e, ogni tanto, quando parla del suo Marco, le gote le si rigano di lacrime. Caso Pantani Signora Tonina è trascorso un anno e mezzo da quel 14 febbraio 2004: pensa che sia stato detto tutto sul caso Pantani? "Purtroppo no. Si continua a speculare sul nome di Marco. Già lo facevano quando era vivo, continuano anche adesso che non c'è più. E quelli che gli hanno fatto del male, li incontro ogni giorno per strada". A proposito di speculazioni, vogliamo parlare della trasmissione della signora Pivetti? "Non so come si faccia a mandare in onda un video così. E' stato uno schiaffo alla memoria di Marco ed un’offesa nei nostri riguardi". Ma la Pivetti si è almeno scusata? "Proprio domenica sono stata tre ore al telefono con lei e con la Produzione. Lei mi ha detto che quell'immagine non l’ha vista, ma appena sono tornata dall’ospedale, ho subito guardato la cassetta e il corpo di Marco, che io sapevo benissimo dove si trovava, era perfettamente visibile. Sa cosa le ho detto? Signora Pivetti lei ha figli, vero? Immagini che cosa deve essere stato per me vedermi sbattuto in tivù il cadavere di Marco...". Si è parlato anche di possibili azioni legali da parte vostra... "Ci ho pensato ed ho chiesto informazioni al nostro legale, ma mi ha risposto che, secondo lui, non ci sarebbero gli estremi...". Le si riempiono gli occhi di lacrime, ma Mamma Tonina ricaccia in gola il magone: "Sa, mio marito vorrebbe che la smettessi di rilasciare interviste, ma io voglio combattere fino alla fine dei miei giorni per togliere tutto il fango che è stato gettato su di lui. Mio figlio non ha mai fatto del male a nessuno, se non a se stesso. Anche quando non stava bene, quando era sotto l'influsso di quella roba non è mai stato violento, anzi era ancora più dolce. Mi cercava in continuazione, mi accarezzava i capelli..." La stanza del Residence Signora Tonina che effetto le ha fatto rivedere quella stanza? "Rivederla così, con tutto quel caos.. beh, non posso fare a meno di pormi una domanda: come è possibile che nessuno abbia sentito niente? Come è possibile che Marco abbia chiamato i carabinieri e nessuno sia intervenuto? E poi ci sono tante cose che non mi tornano...". Ad esempio? "Ad esempio nel bagno sono stati spostati i sanitari, letteralmente divelti dai muri. Com’è che Marco non aveva neanche un graffio sulle mani? E com’è che l’unico segno lo aveva sulla testa?". Poi c’è il mistero dei giubbotti ritrovati nella stanza... "Sì, Marco era andato via dalla casa di Manuela (l’ex manager Ronchi, ndr) con addosso solo due cose. Nella stanza del Residence, invece, c’erano due giacchetti, uno della Diesel e uno della Iceberg, che non erano suoi. E allora: come ci sono arrivati lì? Io sono convinta che, nelle ultime ore della sua vita, Marco non fosse solo. C'era qualcuno con lui, spero che, prima o poi, la verità venga fuori". Il Monumento Signora Tonina, che effetto le fa vedere la statua di Marco in piazza Marconi senza nome? "Sinceramente mi fa male. C'è chi continua a trattarlo come il peggiore dei criminali. Accadeva anche quando era in vita, con ben sette procure che indagavano su di lui". Signora Tonina, dopo la morte di Marco, qual è il suo rapporto con la città di Cesenatico? "Ho degli amici di cui mi fido e con cui trascorro le mie giornate a ricordare. Purtroppo ci sono anche persone che ci vogliono male, gente invidiosa che sparla di noi e di Marco. Quando lavoravo al chiosco da mezzogiorno alle 3 di notte c’era chi mi accusava di rubare il pane agli altri, dopo che l’abbiamo venduto dicevano che io volevo fare la signora. Ma la realtà era un’altra: io il chiosco lo tenevo per Marco, per lui era un punto di riferimento. Ci teneva tanto, mi diceva: "mamma, magari tu non ci lavori più ma teniamolo", c’era affezionato." Le donne Signora Tonina chi era la donna della vita di Marco? "Mi ricordo che, durante una trasmissione "compagni di classe", a Marco fu chiesto chi era l’unica donna della sua vita. Lui, nonostante fosse già fidanzato con Cristine, rispose che ero io. Noi avevamo un rapporto simbiotico, forse sembrerà strano ma io riuscivo quasi a prevedere quello che gli sarebbe capitato. Se un giorno ero inquieta perchè prendeva la bici, potevi star sicuro che cadeva." Cristine lo amava? "Secondo me no. Ha avuto degli atteggiamenti non coerenti con la figura di donna innamorata. Faccio un esempio: se mio marito uscisse da solo tutte le sere mi girerebbero le scatole; a lei invece non gliene fregava nulla. Quando Marco tornò a casa dopo il Giro del ’99 vennero messe in giro delle voci sul fatto che avesse messo incinta una ragazza, lei non si scompose neanche in quell’occasione." Poi la storia si è conclusa e ci sono state altre donne: chi era la Korovina? "Una prostituta che vendeva il suo corpo, e forse a Marco ha venduto anche qualcos’altro... ma presentarsi in tivù ed avere il coraggio di indicarla come la sua ultima compagna ce ne vuole. Sembrava un travestito. Io l’ho vista due o tre volte. Una volta, prima che entrasse nell'appartamento di Marco, la obbligai a spogliarsi completamente perché non mi fidavo. Lei mi rispose che a Marco non portava droga ma solo la f...". La Grecia Signora Tonina, sono state dette molte cattiverie sul fatto che voi foste in Grecia quando Marco è morto: perché eravate lì? "Qualche giorno prima che Marco morisse eravamo stati a San Patrignano per capire come dovevamo comportarci con lui. Ci era stato suggerito di allontanarci, di lasciarlo solo per un po’. Il nostro matrimonio stava andando a pezzi e così, dopo aver insistito inutilmente perché Marco venisse con noi, abbiamo deciso di partire comunque. Ma io avevo dei brutti presentimenti, così - prima di partire - avevo fatto togliere di mezzo la pistola ed il fucile di Marco, e mi ero raccomandata affinchè una corda che penzolava nella stalla fosse tolta. Purtroppo, anche quella volta i miei presagi erano fondati". L’uomo Mamma Tonina com’era Marco? "Una persona buona: nella sua squadra avrebbe potuto prendere chiunque, ma alla fine sceglieva sempre chi aveva bisogno. Era talmente buono che diceva che anche gli spacciatori erano suoi amici". La casa Si apre la porta del garage e sembra di vederlo. Ci sono le due moto, l’Harley in prima fila, le sue due auto d’epoca: "La Ferrari e la Porsche le abbiamo vendute, sappiamo che Marco non ci teneva. Alle auto d’epoca è interessato Conti (lo storico gregario, ndr), ma siamo combattuti". E poi entriamo in casa, la sua casa, è tutto ancora come se Marco dovesse tornare da un giorno all’altro. In cucina ci sono gli scatoloni con le magliette per la fondazione, in salotto una composizione di foto in bianco e nero che lo ritrae anche con Papa Woytjla, si respira un’aria dolce e amara allo stesso tempo. La stanza da letto è tutta dipinta di blu: "E’ stato Marco a volerla così, diceva che il blu lo rilassava. E poi, ultimamente scriveva sui muri, e quindi il bianco gli faceva paura". Nel suo bagno ci sono ancora il suo spazzolino, il suo rasoio ed il suo dopobarba. C’è anche un altro bagno: "L’ha dipinto di giallo - ci svela mamma Tonina - dopo aver vinto il Tour de France". C’è la stanza relax dove Marco si faceva sauna e solarium. E poi lo studio dal gusto retrò e, in un angolo, conservato come un cimelio, il bastone di nonno Sotero e le tante foto che lo ritraggono. E poi arriviamo in una stanzina segreta e lì dentro, custoditi come tesori, ci sono i quadri dipinti da Marco. Belli, colorati, profondi o forse figli di un delirio mistico. Raccontano la complessità di un personaggio unico, il travaglio interiore di un uomo che, forse, in pochi hanno capito. Irene Vella da "la Voce di Romagna" del 13 settembre 2005 by tuttobiciweb.it


North Wind - 14/09/2005 alle 13:56

Il carisma e la tenacia della madre di Marco non finirà mai di stupirmi. Nonostante l'enorme dolore che stanno vivendo e il continuo riaprirsi di quella ferita che molte persone ancora gli provocano, lei è ancora li.. caparbia e decisa a difendere la dignità del proprio figio. Non è da tutti fare così.. molte persone si chiudono nel silenzio, lei invece è ancora qui a lottare a testa alta. :clap:


Knightlake98 - 14/09/2005 alle 14:01

Marco Marco.... porka pu.... ma che kaxxo hai combinato!:OIO:grr:


itammb - 14/09/2005 alle 14:40

Ogni mamma conserva nel anima il meglio dei propri figli.. quindi il meglio della propria vita... Auguro che il tempo doni pace a questa famiglia e rimargini, almeno in parte, la miseria e cattiveria, cui il mondo è capace. Ci sono stelle che brillano per sempre nel firmamento, altre che sono cadenti ma ugualmente belle e speciali. Ci manchi tanto.


55x11grimpeur - 28/11/2005 alle 18:23

tra i mille thread su pantani, questo mi sembrava il più attinente per postare quest'ansa ciao PANTANI: TRE CONDANNE CON PATTEGGIAMENTO A RIMINI (RIPETIZIONE CON ALTRA CATEGORIA) (ANSA) - RIMINI, 28 NOV - Quattro anni e 10 mesi per Fabio Miradossa, 3 anni e 10 mesi per Ciro Veneruso. Queste le pene inflitte con patteggiamento dal Gip di Rimini all'uomo che materialmente ha consegnato l'ultima partita di cocaina risultata mortale a Marco Pantani, ucciso da un mix di droga e farmaci la notte di San Valentino del 2004, e allo spacciatore napoletano che l'aveva procurata. Un anno e 11 mesi e' invece la pena ''concordata' dal barman peruviano Alfonso Gherardo Ramirez Queva, accusato di aver ceduto una dose di ''neve'' al Pirata il 26 dicembre 2003 in un altro albergo riminese. Quella sera Pantani venne salvato da alcuni amici dopo essersi sentito male ed essere stato abbandonato dalla sua ultima compagna, la ballerina russa Elena Korovina. Con Miradossa e Veneruso, doveva rispondere di spaccio di droga in concorso e morte come conseguenza di altro reato anche il talent scout di modelle, Fabio Carlino. Il 27enne ha patteggiato 1 anno e 10 mesi per la cessione di droga ad un ragazza, mentre ha scelto di giocarsi le proprie carte in tribunale per la morte di Pantani. Sara' giudicato sempre a Rimini il prossimo 4 maggio, assieme alla Korovina; lei dovra' rispondere di spaccio, reato di cui ha sempre sostenuto di non essersi mai macchiata. Tutto, o quasi tutto, e' andato come gia' definito nei mesi precedenti con il Gup del tribunale di Rimini. L'unico ''sussulto'' in aula l'ha offerto il Pubblico Ministero Paolo Gengarelli, quando ha detto di avere ricevuto da Miradossa, tuttora detenuto, una lettera in cui chiedeva un ulteriore sconto di pena. Missiva di cui il proprio difensore e' venuto a conoscenza solo durante l'udienza di oggi. (ANSA).


thepirate87 - 28/11/2005 alle 19:41

Commuove vedere una mamma riuscire a parlare della morte del figlio come fa la signora Tonina, cercando di fare chiarezza, dicendo cose che altre madri non direbbero mai perchè credono sia più dignitoso. Mamma Tonina così facendo fa del bene a Marco perchè sta cercando di spiegare le circostanze che lo hanno portato a quella brutta fine e tutto quello che c'era dietro ad una controversa superficie; fa del bene ad altri genitori che si trovano ad affrontare simili situazione perchè fa da esempio e fa bene anche a se stessa, perchè anche lei, forse più di chiunque altro, ha bisogno di un pò di pace e di tranquillità materna. Forza Marco, Forza Tonina:clap::clap::clap:


shamrock - 29/11/2005 alle 18:57

Cesenatico non è più la stessa da quel giorno.... Non ti dimenticheremo


Monsieur 40% - 14/12/2005 alle 12:13

Bellissima intervista: [i]Mamma Pantani: sì alla riesumazione del corpo di Marco Dopo i sospetti urlati tra logica e disperazione, mamma Tonina non è più sola. Le anticipazioni del libro-choc del giornalista francese Philippe Brunel hanno riacceso i riflettori su un’inchiesta che - secondo la madre del Pirata - è stata consegnata agli archivi troppo in fretta. Una „verità‰ che, malgrado l’irritazione della Procura di Rimini, mamma Tonina ripropone con forza anche in questa intervista-sfogo che, tra concetti ormai datati, regala anche spunti inediti e di grande interesse. L’inchiesta «Marco è stato ucciso, ne sono sempre più convinta. Non si può morire in quel modo, cadendo giù dal letto, dritto. La posizione in cui è stato trovato non è naturale. E poi non si può devastare una stanza ed avere le mani senza un graffio. Anzi i graffi, a dire il vero, ce li aveva, ma sul viso...». Che intende dire? «Un giorno, prima della sua morte, si era recato in profumeria per comprare un cosmetico, una specie di fard per coprire i graffi. Perchè nessuno si è chiesto chi gliel‚aveva procurati?». Sì, ma i graffi non possono, da soli, reggere la tesi di un omicidio... «Infatti, ma come la mettiamo con i segni sul collo? Aveva due piccoli triangoli all‚altezza della giugulare, come se qualcuno avesse premuto con le dita proprio in quel punto». Poi c’è la storia dei giacchetti che non dovevano trovarsi nella stanza... «Sì, ma c’è dell’altro. Ad esempio, non si è mai parlato del cappellino dal quale Marco non si separava mai: perchè non è stato più ritrovato? Nella stanza sono sparite anche delle calze ed io non posso pensare che siano tutte coincidenze». Signora Tonina, ci dica lei allora che cosa potrebbe essere accaduto in quella stanza... «Io penso che le cose siano andate più o meno così: lui era di spalle ed è entrato qualcuno da dietro, che lo ha afferrato per il collo e gli ha messo in bocca della cocaina. Ecco Marco è morto cosi. Poi, sempre quel qualcuno ha risistemato per benino la stanza e tutto il resto». A distanza si due anni qual è la sua speranza? «Che la verità venga a galla. Io temo che, per far questo, si debba anche riesumare il corpo di Marco, e non so se riuscirei a sopportarlo. Sarebbe uno strazio, ma per la verità farei anche questo. Non voglio morire con questo dubbio che non mi lascia vivere». Molti la accusano di parlare più con la disperazione che con la logica... «Guardi, proprio l’altra sera in tivù ho visto la storia di un calciatore che sembrava morto perchè investito da un camion (mamma Tonina si riferisce al programma Chi l’ha visto, ndr). Il padre denunciò subito delle anomalie sulla sua morte, ma nessuno voleva credergli. Insomma, alla fine, si è scoperto che il ragazzo era stato ucciso perchè era finito involontariamente dentro un giro di droga. Come vede, a volte le apparenze ingannano». Il club Magico Pantani «Quando era vivo Marco aveva tanti amici. Tutti lo cercavano e tutti lo volevano. Poi, quando è morto, molti di loro sono spariti». Qual è la cosa che più l‚ha ferita? «Impossibile dimenticare Madonna di Campiglio, ma soprattutto impossibile dimenticare le parole di Gilberto Savini (presidente del Club Magico Pantani, ndr) in quell‚occasione. Venne a casa mia, mi diede una pacca sulle spalle e mi disse: “Credimi, meglio così Tonina, altrimenti Marco lo facevano fuori sul serio”. Mi confidò che gli era stata fatta una telefonata in cui lo avvertivano proprio di questo, ma alle mie pressanti domande sull’autore della telefonata, lui non mi ha mai risposto. Una volta la telefonata era arrivata da una cabina telefonica, un’altra da un cellulare, una volta dal sud, poi dal nord, ma la verità non l’ho mai saputa«. E quindi cosa pensa? «Penso che lui sappia altre cose che non mi abbia detto per paura che potesse capitargli qualcosa». Il museo Signora Tonina, come nasce l’idea di dedicare un museo a Marco? «Era da tempo che se ne parlava. Mio marito ci teneva in modo particolare che il nome di Marco avesse un posto speciale a Cesenatico. Così, quando ci hanno presentato il progetto, abbiamo subito accettato». Non c’è il rischio che l’iniziativa diventi, alla fine, soprattutto un fatto di business? «Io vorrei che fosse chiaro a tutti che noi lo facciamo solo per sostenere quelli che erano i sogni ed i progetti di Marco. Tant‚è che noi, come famiglia, abbiamo messo nel progetto una cospicua parte di soldi (100mila euro, ndr). Ma lo abbiamo fatto a fondo perduto. Quello che ha messo il Comune, invece, è una minima parte». Furti al cimitero «Sulla tomba ci vado ogni mattina da quel maledetto 14 febbraio 2004. Aspetto che i tifosi si allontanino e poi mi godo qualche momento d’intimità con mio figlio. Pulisco la tomba, aggiusto i fiori, sistemo i regali, ma purtroppo ci sono esseri umani cattivi, che non si fermano davanti a niente». Che intende dire? «Ultimamente ci sono stati strani furti nella tomba. Sono spariti oggetti che avevano un grande valore affettivo. E questo mi fa male, perchè è uno scempio, una mancanza totale di rispetto verso Marco. Lo vorrei dire a certi tifosi: non è così che si rende omaggio al vostro idolo». Che cosa è sparito, in particolare? «Delle foto ed una serie di oggetti, ma l’ultima cosa che mi hanno portato via fa davvero male. Una mattina sono arrivata ed ho trovato sulla tomba un rosario con delle perle azzurre ed un grande crocifisso. Io l’ho sistemato a forma di cuore, vicino alla foto e poi sono tornata a casa. A pranzo mi chiama la persona che l’aveva portata dicendomi che aveva sognato Marco che le chiedeva di portare una coroncina al cimitero e di far benedire la tomba. Sono tornata al cimitero, ma il rosario non c’era più. Ho poi fatto benedire la tomba, la signora ha riportato un altro rosario benedetto, ma mi sembra assurdo che il mio Marco non possa nemmeno riposare in pace. Sono certa che la mano che colpisce è di Cesenatico». Irene Vella - La Voce di Romagna (fonte: tuttobiciweb.com) [/i] Un applauso al coraggio della mamma di Marco, ed un bravissima ad Irene Vella!!


robby - 14/12/2005 alle 13:29

Bravissima Tonina!!!! non è facile sostenere queste tesi con così tanto coraggio e senza la paura di essre praticamente da sola!!!


Donchisciotte - 26/02/2007 alle 18:58

Sul forum della Fondazione Tonina Pantani ha annunciato, finalmente ufficialmente, che sta scrivendo un libro su suo figlio Marco insieme al giornalista di Bicisport Enzo Vicennati. Splendida notizia. La verità dei genitori di Marco e la penna di Vicennati. Vicennati su Marco aveva già scritto Leggende , un bellissimo libro ,a me lo stile un po' alla Marquez di Vicennati piace molto, noto che lo sta accentuando nei suoi ultimi articoli e mi piace pensare a questo tipo di sguardo su Marco. Io spero che sia un libro lunghissimo, per entrare davvero nel mondo del Panta e che ce lo restituisa anche in un'immagine non morbosa, di ragazzo normale e eccezionale, quale Marco era. Mi aspetto che venga fuori l'ossimoro che Marco era e che i genitori e una persona intelligente e sensibile come Vicennati sapranno farci conoscere. Non vedo l'ora che esca.:IoI


lorenzofiori - 28/02/2007 alle 09:38

Certo che emerge una figura della personalità di Pantani davvero complessa (io ce l'ho con la psicologia degli atleti): sembra una persona molto sensibile, che può ferirsi l'anima con veramente poco; poi stà storia che socializzava con gli spacciatori è incredibile: sembra quasi che non abbia la normale cattiveria, la giusta diffidenza per difendersi dai 'cattivi': troppo troppo buono; mi chiedo allora come abbia fatto a stare in un mondo, quello del ciclismo, dove è una lotta continua per sopravvivere tra leoni, dove vale la legge del più forte, dove è uno sgomitare dalla mattina alla sera....da ciclista eroico sembrava una persona che si portava dietro un vissuto psicologico-esperenziale difficile, dove fortissimo era il senso della rivalsa, boh...quasi un riscatto per il suo vissuto personale...viene da pensare ad un infanzia difficile...tutte cose che potrebbero aver contribuito al suo triste epilogo.


david 724 - 28/02/2007 alle 10:45

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] come abbia fatto a stare in un mondo, quello del ciclismo, dove è una lotta continua per sopravvivere tra leoni, dove vale la legge del più forte, dove è uno sgomitare dalla mattina alla sera.... [/quote] ti posso assicurare che molti corridori quando salgono in bici cambiano completamente personalità


lorenzofiori - 28/02/2007 alle 11:10

[quote][i]Originariamente inviato da david 724 [/i] [quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] come abbia fatto a stare in un mondo, quello del ciclismo, dove è una lotta continua per sopravvivere tra leoni, dove vale la legge del più forte, dove è uno sgomitare dalla mattina alla sera.... [/quote] ti posso assicurare che molti corridori quando salgono in bici cambiano completamente personalità [/quote] Però nella vicenda Pantani quella che sembra essere risultata determinante è stata la personalità della 'vita di tutti i giorni' di Marco, cioè quella pervasa da un fondo di sensibilità oserei dire quasi ingenua... Sei per caso un'agonista? Io nella mia passata attività ciclistica ero sempre la stessa persona, sia in bici sia a piedi, con le mie debolezze e i miei punti di forza. A meno che non ci si 'maschera' pirandellianamente: Pantani sembra aver pagato l''immagine'che ha voluto dare di sè come ciclista, cioè quello dell'estroso personaggio-eroe di cui forse era schiavo!! Forse non era lui quello...da come apprendiamo dalle parole della madre Tonina... Il ciclismo è un modo di 'farsi forza' da solo per superare le proprie debolezze...lui per le note vicende di doping sembrava che ci fosse ritornato dentro alle sue debolezze...senza più uscirne. Sarebbe stato interessante fare alla madre Tonina la domanda chiave che può essere fatta a qualsiasi altro ciclista: 'Cosa per Marco rappresentava realmente la bicicletta'?

 

[Modificato il 28/02/2007 alle 11:23 by lorenzofiori]


lorenzofiori - 28/02/2007 alle 11:26

Sarà come dici tu: "il ciclismo a volte è una malattia ed è difficile uscirne"


Donchisciotte - 28/02/2007 alle 17:35

A chiunque capitasse una storia come quella di Marco, non credo conserverebbe un invidiabile equilibrio psichico. Fino a che la vita scorre più o meno normalmente le nostre bizzarrie, le nostre ossessioni, i nostri squilibri, le nostre infanzie infelici, non sono prove a carico, sono cose che accadono, è la vita, tutti fatichiamo a mantenere la rotta, spesso. Ma quando la ruota gira con la violenza con cui è girata quella di marco, allora le normali stranezze, infelicità, bisogno di ipercompensare magari qualche senso di inadeguatezza e bizzarrie di tutti, diventano prove a carico . Anche perché spesso l’intento è scaricare la coscienza ( era così da sempre, era destino, non è colpa di nessuno). Io spero ( sono certa) che questo libro ci mostri come era Marco quando tutto non era utilizzabile contro di lui, quando tutto non era una prova a carico, quando tutto era solo la sua vita e il suo amore per la bicicletta ( anche per realizzarsi attraverso il suo talento e compensera le cose che non erano andate, come capita a tutti)..


david 724 - 28/02/2007 alle 22:01

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Sei per caso un'agonista? Io nella mia passata attività ciclistica ero sempre la stessa persona, sia in bici sia a piedi, con le mie debolezze e i miei punti di forza. [/quote] si sono un'agonista, ho la doppia personalita quando sono in sella divento abbastanza nervoso, ma penso che sia normale. per quanto riguarda Pantani penso che la bicicletta sia stata per lui l'unico mondo, solo che purtroppo si è sentito ripudiato da questo mondo, e non ha saputo trovare altre realta in cui inserirsi, io penso che se avesse avuto una moglie e dei figli, o una persona seria accanto forse oggi sarebbe ancora qui.


lorenzofiori - 01/03/2007 alle 08:52

[quote][i]Originariamente inviato da david 724 [/i] [quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Sei per caso un'agonista? Io nella mia passata attività ciclistica ero sempre la stessa persona, sia in bici sia a piedi, con le mie debolezze e i miei punti di forza. [/quote] si sono un'agonista, ho la doppia personalita quando sono in sella divento abbastanza nervoso, ma penso che sia normale. per quanto riguarda Pantani penso che la bicicletta sia stata per lui l'unico mondo, solo che purtroppo si è sentito ripudiato da questo mondo, e non ha saputo trovare altre realta in cui inserirsi, io penso che se avesse avuto una moglie e dei figli, o una persona seria accanto forse oggi sarebbe ancora qui. [/quote] Posso farti una domanda tu che sei un agonista (amatore, dilettante?)?: riesci a pensare solo alla bicicletta oppure pensare solo a quella brucia troppo il cervello come è successo a me? C'è stato un periodo in cui ho tentato di investire tutto sulla bici con il risultato che mi sentivo una specie di rincoglionito-deficiente che non sapeva rilassarsi e apprezzare le altre cose della vita: troppa tensione, troppe aspettative che mi producevano una sorta di 'nausea' da bicicletta; era diventata una vera e propria 'malattia' che potremmo chiamare 'sindrome del professionista', quando la cosa la si prende un pò troppo sul serio; insomma credo che si abbia l'esigenza di pensare anche ad altro una volta scesi dalla bici ed è quello che forse è mancato a Pantani come tu stesso hai detto....giusto?


lorenzofiori - 01/03/2007 alle 09:19

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Sarà come dici tu: "il ciclismo a volte è una malattia ed è difficile uscirne" [/quote] D'accordo, però Marco i suoi 'demoni' li aveva già dentro e poi sono esplosi: non credo si possa pensare che la vita sia sempre buona e riconoscente con i 'buoni' e cattiva e ostile con i 'cattivi', spesso invece nella vita accade il contrario; questo Marco forse non lo aveva capito (almeno non subito) e non ha saputo reagire, crogiolandosi invece nell'idea ossessiva del mondo o del destino che gli ha definitivamente voltato le spalle Insomma ritorna sempre questa forma di ingenuità da parte di Marco: quanti altri ciclisti sono rimasti coinvolti in strane vicende di doping, ad esempio Gotti, ma hanno saputo reagire senza prendersela più di tanto... se Marco era colpevole allora ha fatto una 'pantomima indegna' con il pretesto assurdo che 'tutti lo facevano e solo lui pagava', cosa assolutamente non vera o comunque non giustificante (ma allora non era una nemmeno pienamente cosciente di quello che faceva); se era innocente allora avrebbe dovuto smettere subito come ha fatto Ullrich e uscire a testa alta con la coscienza a posto.


prof - 01/03/2007 alle 12:50

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] [quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Sarà come dici tu: "il ciclismo a volte è una malattia ed è difficile uscirne" [/quote] D'accordo, però Marco i suoi 'demoni' li aveva già dentro e poi sono esplosi: non credo si possa pensare che la vita sia sempre buona e riconoscente con i 'buoni' e cattiva e ostile con i 'cattivi', spesso invece nella vita accade il contrario; questo Marco forse non lo aveva capito (almeno non subito) e non ha saputo reagire, crogiolandosi invece nell'idea ossessiva del mondo o del destino che gli ha definitivamente voltato le spalle Insomma ritorna sempre questa forma di ingenuità da parte di Marco: quanti altri ciclisti sono rimasti coinvolti in strane vicende di doping, ad esempio Gotti, ma hanno saputo reagire senza prendersela più di tanto... se Marco era colpevole allora ha fatto una 'pantomima indegna' con il pretesto assurdo che 'tutti lo facevano e solo lui pagava', cosa assolutamente non vera o comunque non giustificante (ma allora non era una nemmeno pienamente cosciente di quello che faceva); se era innocente allora avrebbe dovuto smettere subito come ha fatto Ullrich e uscire a testa alta con la coscienza a posto. [/quote] Mah, cosi' dai un po' la sensazione di ripararti dietro al fatto che Marco potesse o no "avere dei demoni dentro" e non mi pare francamente sia questa la tua intenzione. O almeno cosi' credo, alla luce di quanto hai scritto anche in altri posts. Tutti quanti abbiamo il demone di dentro, fa parte della nostra condizione umana: il male è insito nella nostra natura e la nostra stessa vita è lotta tra bene e male. Ammenochè non crediamo alla favola del buon selvaggio... Marco era apparentemente fortissimo poi, d'un tratto ha conosciuto la cattiveria e l'ipocrisia del suo stesso mondo: io sono personalmente convinto che un ruolo fondamentale l'abbiano avuto proprio quegli stessi del suo ambiente: i colleghi, gli "uomini del gruppo", i dirigenti, i giornalisti, le invidie, le ostilità e tutte le meschinerie di cui può essere capace un demi-monde come quello di cui faceva parte. Tutti quanti noi siamo portatori di un potere fortissimo, che è quello di ferire, fare soffrire e financo uccidere il nostro prossimo. Non sempre, per farlo, è necessario fare ricorso alla violenza delle armi, proprie od improprie che siano. A volte, spesso, tanto spesso, le parole bastano ed avanzano. I nostri stessi figli, cresciuti in un ambiente sereno, fors'anche ovattato e pieno di cure per loro, un bel giorno smettono di mangiare, si spengono notte dopo notte ed alla fine muoiono. Se ti può consolare puoi anche pensare che sia colpa dello stato imperialista delle multinazionali o dell'inquinamento ma se ci sei passato o l'hai visto da vicino capisci che siamo ben oltre queste miserabili banalizzazioni secolaristiche. Il male c'è, eccome che c'è. A Dio piacendo, però, c'è anche il bene ed è solo il bene che dà giustificazione di ogni sofferenza. Per questo motivo non dobbiamo mai perdere di vista il bene. Mai, ragazzi, mai...


lorenzofiori - 01/03/2007 alle 15:07

Beh sinceramente io me ne sono accorto sin da subito che è un mondo piuttosto ostile quello delle due ruote, specie a chi tenta di emergere, fatto di diffidenza, arroganza, indifferenza, invidia, rivalità, presunzione; possibile che Pantani se ne sia accorto solo alla fine.....? Ognuno dovrebbe essere in grado di dire basta in qualsiasi momento...chi non ci riesce soccombe. Pantani invece sembrava completamente succube del mondo del ciclismo e non riusciva a mettere dei paletti e a comandare il gioco in proprio favore. Inoltre in Pantani, ai miei occhi, c'era ancora qualcosa della mentalità dell'adolescente, non ancora pienamente maturo, vedi ad esempio l''idea della gloria'.

 

[Modificato il 01/03/2007 alle 15:17 by lorenzofiori]


Donchisciotte - 01/03/2007 alle 17:36

E' stata pubblicata mercoledì sul quotidiano La Voce di Romagna l'intervista ad Enzo Vicennati di Bici Sport, il giornalista che sta scrivendo il nuovo libro su Marco Pantani, insieme alla famiglia. CESENATICO – (n.b.) Un nuovo libro su Marco Pantani. E’ il giornalista di Bici Sport Enzo Vicennati, insieme alla famiglia Pantani, artefice del nuovo progetto editoriale. Un nuovo libro che però segue una linea tutta sua, fatta di racconti, fatta di un solo protagonista, Marco Pantani. Senza tanti fronzoli su di una tesi piuttosto che su di un’altra, lo stesso Vicennati lo definisce come un libro-racconto, il cui unico obiettivo è quello di ripercorrere la vita di un uomo, prima ancora che di un campione. E proprio con lo stesso Vicennati abbiamo parlato di questa nuova avventura editoriale. Quando è nata l’idea di questo libro? “Avevo in passato scritto un volume di una collana di Bici Sport. L’idea di scrivere il libro è stata un ‘concorso di colpa’, perché sono stato a trovare la famiglia Pantani l’anno scorso e già avevo in mente di far qualcosa, ma ai genitori di Marco non ho detto nulla. Successivamente, dopo i mondiali di Salisburgo dell’anno scorso, sono stati Tonina e Paolo a chiedermi di scrivere questo libro con la loro collaborazione e sono stato onorato di poter accettare. Ho sempre bazzicato la loro casa, basti pensare che ho iniziato a fare il giornalista sportivo nel ’92, quando Marco vinse il Giro dilettanti e poi siamo andati avanti parallelamente. Ora continuo a fare il giornalista sportivo senza più Marco purtroppo.” C’era già un libro sottoscritto dalla famiglia, quello della Ronchi, perché dunque la necessità di un nuovo libro? “Perché non credo che il libro della Ronchi abbia raccontato di Marco, ma il periodo in cui lui e la manager si sono conosciuti, dando più spazio al negativo che al positivo e raccontando una versione dei fatti che è di parte, considerato che a scriverlo è stata la stessa Ronchi. Voglio precisare che non c’è nulla contro la ex manager, diciamo che Marco è stato anche bambino e ci piacerebbe raccontare anche questo.” Sul suo lavoro è giunta una spinta ulteriore anche dalla recente fiction? “In realtà sto lavorando a questo libro già da novembre. Il film a mio parere non è stato bello, mi aspettavo molto di più, il ritratto era quello di un Marco con aria sconfitta anche nei momenti felici, lontano da come lo conoscevamo.” Sarà un libro biografia o un libro denuncia? “Sarà un libro di racconto e credo che nel racconto ci sia tutto, né a favore, né contro nessuno. Si limita a raccontare la storia di Marco attraverso chi gli è stato vicino e dall’intreccio di quelle storie, ritengo che possa emergere come era effettivamente Marco. La linea guida è quella di mostrare il Marco che non tutti hanno conosciuto. I più hanno conosciuto l’atleta ed in pochi l’uomo, mentre una valutazione completa terrà conto di ciò che ha passato l’uomo prima ancora del campione.” In cosa si differenzierà dai precedenti volumi pubblicati? “Il protagonista della storia sarà Marco-uomo. Il grosso equivoco cui abbiamo assistito dopo l’accanimento mediatico nei suoi confronti è stato legato al fatto che i tantissimi attacchi che ha sopportato erano riferiti ad una persona, non ad un’icona. Questo sarà Marco Pantani per chi l’ha conosciuto e mi ha raccontato. Io l’ho conosciuto quando non era nessuno ed il filo conduttore sarà lui, senza caricare né in bene, né in male.” In questo libro, dalle prime indiscrezioni, si parlerà anche e soprattutto di Madonna di Campiglio... “Si parlerà di Madonna di Campiglio, ma non ‘anche e soprattutto’. Mi piacerebbe sapere la verità su ciò che accadde, ma non sarà possibile finché qualcuno non la dirà. Mi spiace se ci si attende questo dal mio libro.” Ritiene che, al di là di Campiglio, vi siano altri momenti nebulosi della vita di Pantani che debbano essere spiegati e chiariti? “Non vorrei si pensasse che sia un libro per far luce. Nella vita di Marco ci sono stati bei momenti, poi episodi oscuri sui quali mi piacerebbe far chiarezza, ma le prove e le indagini spettano ai giudici ed ai tribunali. Ciò che mi preme sottolineare è che Marco è stato preso ed è stato malmenato nell’orgoglio e nello spirito e questo è qualcosa che si può raccontare.”


prof - 01/03/2007 alle 18:28

Ciao, Maria Rita, Visto cosi' ho il forte timore che il libro che ne uscirà sia solo uno dei tanti e non so proprio se ve ne sia bisogno... Dopo il film mi aspetto di tutto e di peggio. Sono solo mie sensazioni ma quell'intervista non promette nulla di buono...Pur con tutta la stima che ho per Vicennati. Ciao, Alberto


Donchisciotte - 01/03/2007 alle 19:50

No, Alberto, io ho molta fiducia in questo libro. L'idea del racconto mi pare una bella idea e penso che raccontare Pantani uomo sia l'unica cosa che in tutti i libri e film che sono stati fatti,non è stata mai fatta. I libri sono quasi tutti sugli ultimi mesi di Marco, quello di Rendell è un libro che vuole dimostrare che Pantani era un pazzo, dopato e drogato ( nonché omosessuale, invidioso ecc.) sin dal triciclo. Questo libro vuole raccontare l'uomo ( e il campione) partendo dall'inizio, mostrando gli effetti di certi accanimenti, ma non solo questo, la storia di Marco non inizia il 5 giugno 1999. Su Campiglio mi pare un discorso onesto, saranno probabilmente mostrati i dubbi ma la verità non può venire che da qualcuno che, per qualsiasi motivo, decida di parlare. Mi sembra importante anche che nel libro ci sarà spazio per i ricordi di Paolo Pantani, molto riservato ma che ha seguito il figlio sin da ragazzino, come ciclista. E poi, certo, Vicennati, la sua competenza e il suo stile, sono una garanzia assoluta.


david 724 - 01/03/2007 alle 23:20

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Posso farti una domanda tu che sei un agonista (amatore, dilettante?)?: riesci a pensare solo alla bicicletta oppure pensare solo a quella brucia troppo il cervello come è successo a me? C'è stato un periodo in cui ho tentato di investire tutto sulla bici con il risultato che mi sentivo una specie di rincoglionito-deficiente che non sapeva rilassarsi e apprezzare le altre cose della vita: troppa tensione, troppe aspettative che mi producevano una sorta di 'nausea' da bicicletta; era diventata una vera e propria 'malattia' che potremmo chiamare 'sindrome del professionista', quando la cosa la si prende un pò troppo sul serio; insomma credo che si abbia l'esigenza di pensare anche ad altro una volta scesi dalla bici ed è quello che forse è mancato a Pantani come tu stesso hai detto....giusto? [/quote] quest'anno sono under 23, ma fino all'anno scorso ero amatore, devo dire che da amatore non dovevo render conto a nessuno se mi allenavo o meno forse è stata la mia salvezza, almeno ho ancora voglia ed entusiasmo, purtroppo la mia scelta di tentare la carriera da curridur mi ha portato a dei sacrifici, tra cui mandare a quel paese molti "amici" ma non me ne importa nulla, sono contento di questa scelta a la vivo con serenità comunque vada a finire!


lorenzofiori - 02/03/2007 alle 09:15

Curridur? Che sei friulano? Beh da amatore ad under 23 è un bel salto senza aver fatto gli juniores, allora le doti sono ottime!! Eta?


david 724 - 02/03/2007 alle 20:46

[quote][i]Originariamente inviato da lorenzofiori [/i] Curridur? Che sei friulano? Beh da amatore ad under 23 è un bel salto senza aver fatto gli juniores, allora le doti sono ottime!! Eta? [/quote] si sono orgogliosamente di origine friulana, ho 20 anni, èh il salto l'ho sentito sopprattutto con i compagni di squadra, comunque il gap non è incolmabile.


lorenzofiori - 02/03/2007 alle 21:40

Comunque tornando al povero Pantani si legge direttamente da Wikipedia: "L'autopsia sul midollo spinale, i cui esiti furono divulgati molti mesi dopo la morte, esclusero in maniera categorica l'uso di sostanze dopanti atte a modificare le prestazioni sportive per un lunghissimo lasso di tempo che precedette la tragica morte." Aggiungiamo anche che fu scagionato anche dalla presunta di siringa di Montecatini e che l'ematocrito del 60% dopo la Milano-Torino potrebbe aver risentito forse del forte trauma ricevuto e dell'operazione subita... Non riusciamo con tutto il nostro sforzo ad immaginare nemmeno lontanamente lo stato psichico del Pirata nel suo personale dramma che lo ha condotto alla morte. Ricordo però in un servizio del TG1 dove l'ex fidanzata Cristine rivelò che si drogavano insieme già dal 98', e questo non va certo a favore del Pirata. Non si riesce a capire dunque se Pantani è stato un eroe positivo o in negativo: luci e ombre.

 

[Modificato il 02/03/2007 alle 21:49 by lorenzofiori]


Donchisciotte - 03/03/2007 alle 12:54

Ancora da La Voce di Romagna : CESENATICO – (n.b.) Mamma Tonina: “Ho letto il dolore di Marco in una nuova lettera, una lettera in cui parlava dell’avvenire.” Forse non aggiungerà nulla di nuovo all’epopea di Pantani, ma il rinvenimento dell’ultima lettera scritta dal Pirata ha sollevato grande commozione tra la famiglia: “La lettera è stata recuperata in questi giorni a Milano, all’hotel Touring – racconta mamma Tonina – è stata scritta tra il 31 gennaio ed il 9 febbraio 2004, dunque negli ultimissimi giorni di vita di mio figlio. Non l’ho potuta leggere ancora in maniera compiuta, ma ciò che emerge è la sofferenza di Marco, la sua ricerca della verità e soprattutto, in quelle righe, non lasciava intendere alcuna volontà di farla finita, tanto che parlava del suo futuro. Si capiva il dolore per l’accanimento che si era scatenato nei suoi confronti, non tanto come sportivo, ma come uomo. E l’accanimento, purtroppo c’è ancora, anche il processo di mercoledì è stato una delusione totale. Di lettere scritte da Marco ce ne sono tante, alcune mi sono state portate via da casa, ma tutte avevano lo stesso tenore: tanta sofferenza, è il dolore di un figlio, non di uno sportivo…” Un dolore che mamma Tonina vuole ora raccontare in un libro, scritto dal giornalista di BiciSport Enzo Vicennati, ma ispirato direttamente da lei. Signora Tonina che tipo di libro sarà? “Parlerà della vita di Marco, della realtà, lontana da quella scritta finora e poi metteremo mano a tanti scritti che Marco ha lasciato per cercare di scoprire la verità.” Perché la scelta di Vicennati come ‘penna’ per la stesura di questo libro? “Perché credo sia l’unico giornalista sincero e che veramente ha conosciuto Marco. Vicennati e mio figlio sono praticamente cresciuti insieme, c’era quindi una conoscenza di lunga data, poi si sono cercati fino all’ultimo Giro d’Italia. Da riconoscergli è il coraggio che ha dimostrato nello scrivere le cose come stavano su Madonna di Campiglio.” Perché la necessità di un nuovo libro e quali aspetti intende chiarire? “Ho visto e letto tanti libri in cui si parlava di Marco, ma nessuno di questi ha capito chi era veramente mio figlio, allora ho deciso di scrivere un libro. Voglio far chiarezza su ciò che è successo a Campiglio: mio figlio ha scritto fino all’ultima lettera di essere alla ricerca della verità.” Tra i volumi scritti finora ce n’è qualcuno che le è piaciuto? “Mi ha soddisfatto il libro di Stefano Fiori, “Pantani vive”e quello di Salima Barzanti “Marco Pantani, mito e tragedia” (sarà ristampato dopo essere andato a ruba, ndr.). “Un uomo in fuga” scritto dalla Ronchi non mi è piaciuto per nulla: se solo mi fossi accorta prima di ciò che conteneva, non l’avrebbe scritto. La Ronchi ci ha preso in un momento difficile, era appena morto Marco, ci ha chiesto deleghe per la pubblicazione del libro e per il film, e gliele abbiamo concesse. Ci siamo accorti dell’errore quando già non potevamo far più nulla.” Cosa non le piace del libro della Ronchi? “Da quel libro, l’unica che ne esce bene è lei. Non ho mai visto mio figlio come lo ha descritto lei, quel Marco non è mio figlio, non è la realtà. Non mi risulta nemmeno che lei fosse la sua confidente, la sua amica-salvatrice.” Capitolo fiction: dal libro della Ronchi sarà tratto un tv-movie per Sky… “Farò tutto ciò che è nelle mie capacità per fermarlo. Non ho mai impedito a nessuno di fare qualcosa su Marco, testimoni ne sono i tanti volumi scritti su di lui, ma impedirò che venga realizzato qualcosa basato solo sulla fantasia della gente.”


prof - 03/03/2007 alle 19:59

Dolce Maria Rita, rispetto il giornalista di ciclismo Vicennati e, pur senza conoscerlo di persona, credo di rispettare anche l'uomo. Detto questo però credo anche che, a meno di sorprese, sempre piacevoli e sempre benvenute per carità, ci voglia ben altro di un giornalista per descrivere questa vicenda. Se quel che ci dobbiamo aspettare è una cronaca della sua vita, non possiamo fare altro che mettere anche questo libro nel mucchio di quelli usciti sino ad ora. Potrà pure essere migliore delle porcherie che si sono viste e lo sarà senz'altro ma, alla fine, non aggiungerà granchè. C'è piuttosto qualcosa d'altro che va ricercato in questa tragedia: qualcosa che è ben al di là dei complotti e delle responsabilità personali di tanti e fors'anche dello stesso Marco, che pur ci sono ma la cui denuncia, francamente, non so quanta acqua possa portare ancora al mulino della verità. Che peraltro è ormai piu' che nota a chi la vuole vedere. Perchè ad un certo punto una vita felice, piena di speranze e di sogni solo in minima parte realizzati viene interamente risucchiata in quella dmensione a noi cosi' sconosciuta e purtuttavia cosi' contigua che è il male ? Vedo già il tuo sorriso: ma di che parla costui ? Parlo di tutti quelli che un bel giorno hanno rinunciato a vivere, proprio come Marco. Parlo di questa umanità la quale si sta esibendo in un balletto macabro che si appresta a celebrare la vittoria della morte sulla vita: non è che il lezzo si stia alzando e qualcuno, piu' sensibile di altri, lo senta e non ce la faccia piu' ? Ma che c'entra tutto questo ? Gia...ma che c'entra...


Donchisciotte - 05/03/2007 alle 01:22

Alberto, se capisco il tuo discorso ( che mi pare venga fuori anche da altri tuoi interventi, se così non fosse te ne chiedo scusa in anticipo) la cultura della morte che avanza sarebbe , in estrema sintesi, l'analisi ( superficiale e banale) del Papa tedesco e del fedele Ruini. Allora, se proprio di analisi epocale si deve trattare, mi sembrano molto più profonde le analisi di Galimberti, per dirne uno. La vicenda di Pantani sarebbe spiegata nelle pieghe di certe analisi di Galimberti, non certo da quelle di Ruini ( che, infatti, non scriverà il libro). Se , invece, si parla di Pantani, allora proprio Galimberti, in un commento alla sua morte ( Pantani nell'universo dei depressi), parlò, citando Holderlin, della nostra vita come " un colloquio" e dell'ascolto che era stato negato a Pantani. Ecco, a me piace pensare che questo libro sia un ascolto postumo, di un uomo che ha lasciato un numero spropositato di biglietti, messaggi in bottiglia, appunto perché, forse, la vita non era più ,per lui, colloquio ma monologo disperato. Che sia scritto in forma di racconto è una giusta idea, proprio perhé si tratta di costruire a posteriori un colloquio. Mi sembra sia giusto provare a capire che succede a chi viene stritolato da un sistema giudiziario e mediatico di una ferocia sproporzionata all'eventuale delitto. Che succede quando le persone intorno non sanno dare risposte e indirizzi giusti, quando vengono favoriti l'emarginazione e l'isolamento, quando , insomma, una persona viene strappata alla sua vita e al suo ambiente. Ecco, che succede quando non ci si pone ,prima di colpire con ferocia o di fare i propri interessi, la domanda che Gesù invitava a farsi ( chi credete che io sia?), ecco, chi crediamo sia l'altro che stiamo colpendo? Chi crediamo sia colui che viene immolato come capro espiaorio di un sistema? Penso che questo libro ce lo farà capire, perché, appunto, come dice Vicennati nella su intervista, di questo è possibile parlare.


prof - 05/03/2007 alle 20:26

Scusa Maria Rita ma non riesco a seguirti su questa china. Cedo volentieri il passo... Anche sulla riduzione del tutto ai problemi di udito di Galimberti... Perdonami e sappi però che ti voglio bene lo stesso :cincin:


Donchisciotte - 06/03/2007 alle 00:10

Non ho il dono della leggerezza mentre ho in abbondanza il fardello della permalosità, per cui non posso fare a meno di incazz......mi leggendo dei problemi di udito di Galimberti.


lorenzofiori - 06/03/2007 alle 09:18

Comunque anche sulla vicenda Pantani il tempo sta facendo i suoi inevitabili effetti: un Pantani ancora vivo si sarebbe ritirato da un pezzo, forse già nel 2004, lasciandosi comunque un vuoto come lo ha lasciato ora Ullrich, e non staremmo qui a parlare di lui (se non fosse per la sua tragica fine) perchè si sà: ai campioni si succedono altri campioni (ora c'è Basso) e non c'è nulla che possa fermare la tendenza all'oblio delle vicende del passato. Anche di Armostromg or ora non se ne parla quasi più, come se fosse un corridore del lontano passato, come a dire che la vita va avanti e non sono certo solo le imprese sportive a renderla stimolante e ardua.